Consiglio di Stato, sez. V, 23 giugno 2016, n. 2813
La garanzia di moralità del concorrente che partecipa a un appalto pubblico non può limitarsi al socio persona fisica, ma deve interessare anche il socio persona giuridica per il quale il controllo ha più ragione di essere, trattandosi di società collegate in cui potrebbero annidarsi fenomeni di irregolarità elusive degli obiettivi di trasparenza perseguiti.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9383 del 2013, proposto da:
Aimeri Ambiente Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Saverio Profeta e Giovanni Todisco, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Todisco in Roma, viale Angelico, n. 12;
contro
Comune di Conversano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Felice Ingravalle, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, n. 180;
nei confronti di
Lombardi Ecologia Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Gennaro Rocco Notarnicola, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria, n. 2;
CNS – Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore;
Consorzio Gema, in persona del legale rappresentante pro tempore;
Teknoservice Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore;
Ciclat Ambiente Soc Coop, in persona del legale rappresentante pro tempore;
Antinia Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore;
Tradeco Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Aldo Loiodice e Isabella Loiodice, con domicilio eletto presso l’avv. Aldo Loiodice in Roma, via Ombrone, n. 12, Pal. B;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, n. 01287/2013, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di igiene urbana - Risarcimento dei danni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Conversano, di Lombardi Ecologia Srl e di Tradeco Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2016 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Fabio Elefante, su delega dell'avv. Saverio Profeta, Michele Perrone, su delega dell'avv. Massimo Felice Ingravalle, e Silvestro Lazzari, su delega dell'avv. Aldo Loiodice;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, Sez. I, con la sentenza 30 agosto 2013, n. 1287, ha respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dall’attuale parte appellante Aimeri Ambiente per l’annullamento: dei verbali della Commissione di gara nella parte in cui hanno disposto l’ammissione con riserva o l’esclusione di Aimeri Ambiente s.r.l. alla procedura aperta per l’affidamento dei servizi di spazzatura, raccolta, trasporto dei rifiuti urbani ed assimilati, servizi complementari, raccolta differenziata indetta dal Comune di Conversano; della comunicazione del Comune di Conversano, Servizio Politiche Ambientali prot. n. 0026962 in data 13.11.2012, con cui viene comunicata l’esclusione di Aimeri Ambiente s.r.l. dalla procedura aperta indicata al precedente punto; dell’aggiudicazione provvisoria della gara e del servizio meglio specificato al precedente punto, a favore di Lombardi Ecologia s.r.l., disposta dalla Commissione di gara in data 24.10.2012.
Il TAR in sintesi ha ritenuto che:
- il provvedimento di esclusione si fondava sulla constatazione dell’esistenza di condanne penali definitive a carico del Consigliere, Presidente e Amministratore delegato della società Biancamano s.p.a., società socia di maggioranza (attualmente socio unico) dell’odierna ricorrente Aimeri Ambiente s.r.l. (società con meno di 4 soci) per la quota del 99,9827%, nonché a carico di altro Consigliere e Vice Presidente della società Biancamano s.p.a.;
- dette condanne, peraltro dichiarate ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, sono state considerate dalla stazione appaltante relative a reati incidenti sulla moralità professionale dei soggetti in esame e quindi tali da comportare l’esclusione della ditta Aimeri;
- il riferimento normativo, contenuto nell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, come novellato sul punto dall’art. 4 D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, nella L. 12 luglio 2011, n. 106, applicabile ratione temporis alla procedura di gara in esame, al “socio di maggioranza” deve essere interpretato anche nel senso di socio di maggioranza - persona giuridica e non solo persona fisica, onde evitare la facile elusione della disciplina legislativa;
- le valutazioni espresse dalla stazione appaltante in sede di esclusione della società ricorrente in ordine alla gravità dei reati contestati, tipica espressione di discrezionalità tecnica, sono immuni da vizi macroscopici, essendo peraltro relative a fattispecie incriminatrici certamente pertinenti rispetto al servizio oggetto della procedura di gara per cui è causa.
L’appellante ha contestato la correttezza di tale sentenza, deducendo i seguenti motivi d’appello:
- Error in iudicando. Violazione dell’art. 38, comma 1, d.lgs. n. 163-2006. Violazione dell’art. 3 della Costituzione, Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta.
- Violazione dell’art. 38, comma 1, d.lgs. n. 163-2006. Eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento dei presupposti in fatto ed in diritto, irrazionalità, ingiustizia manifesta.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Conversano, la Lombardi Ecologia s.r.l. e la Tradeco s.r.l., chiedendo la reiezione dell’appello.
All’udienza pubblica del 5 maggio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio rileva in punto di fatto che la vicenda oggetto del giudizio riguarda l’esclusione dell’appellante dalla procedura di gara per l’affidamento dei servizi di spazzatura, raccolta, trasporto dei rifiuti urbani ed assimilati, servizi complementari, raccolta differenziata, indetta dal Comune di Conversano.
L’appellante è una società costituita da meno di quattro soci e tra i soci è ricompresa una persona giuridica, Biancamano spa, società quotata, titolare del 99.9827% del capitale sociale dell’appellante, partecipata da altri soggetti per una quota dello 0,0173%.
L’appellante ha prudenzialmente reso dichiarazione ai sensi dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 anche in relazione alle figure del Presidente e del Vicepresidente di Biancamano spa, dichiarazione da cui risultava l’esistenza di condanne penali.
In particolare, risultava la condanna per il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata (rifiuti non pericolosi), in concorso ex art. 110 c.p. e art. 51, comma 4, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22” del Presidente e del Vice Presidente del Consiglio di amministrazione della Biancamano spa.
2. Osserva la Sezione in via preliminare che non è ragionevole ed anche priva di razionale giustificazioni la limitazione della verifica sui reati ex art. 38 del D. Lgs. N. 163 del 2006 solo con riguardo al socio unico persona fisica o al socio di maggioranza persona fisica per le società con meno di quattro soci, atteso che la garanzia di moralità del concorrente che partecipa a un appalto pubblico non può limitarsi al socio persona fisica, ma deve interessare anche il socio persona giuridica per il quale il controllo ha più ragione di essere, trattandosi di società collegate in cui potrebbero annidarsi fenomeni di irregolarità elusive degli obiettivi di trasparenza perseguiti.
Se lo spirito del Codice dei contratti pubblici è improntato ad assicurare legalità e trasparenza nei procedimenti degli appalti pubblici, occorre garantire l’integrità morale del concorrente sia se persona fisica che persona giuridica.
In caso contrario, verrebbe violato il principio della par condicio dei concorrenti in quanto una società concorrente con socio unico o socio di maggioranza che sia persona fisica sarebbe soggetto alla dichiarazione e non invece un concorrente che sia persona giuridica.
Peraltro il problema della irragionevolezza della norma relativa alla causa di esclusione ex art. 38, comma 1, lett. c), del Codice dei contratti pubblici, è circoscritta alla sola ipotesi testuale del socio unico persona fisica e non è pertanto rilevante nella specie, ove come detto Biancamano spa, società quotata, è titolare del 99.9827% del capitale sociale dell’appellante, ma è partecipata da altri soggetti per una quota dello 0,0173% e, dunque, non è socio unico.
3. Infatti, l’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. cit., nell’attuale versione novellata dall’art. 4, comma 2, lett. b), l. n. 106-2011, estende il novero dei soggetti delle società di capitali di cui occorre accertare la moralità professionale ai fini dell’ammissione alle gare pubbliche al “socio unico persona fisica” ed al “socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci”.
Il dato testuale della norma indica che, con riferimento al “socio di maggioranza”, il legislatore non ha incluso alcuna specificazione in relazione alla natura giuridica del socio, con la conseguenza che si avvalora l’opzione ermeneutica per la quale l’espressione testuale vale tanto per la persona fisica, quanto per la persona giuridica, in conformità ad un approccio sostanzialistico alla normativa che attribuisce rilievo ai requisiti di moralità di tutti i soggetti che condizionano la volontà degli operatori che stipulano contratti con la pubblica amministrazione, a prescindere dalla circostanza che siano persone fisiche o giuridiche, in ossequio ai principi di lealtà, correttezza, trasparenza e buona amministrazione.
Sotto questo profilo, ad orientare l’interprete, non deve esser sottovalutato l’argomento antielusivo utilizzato dal TAR a sostegno della sua decisione, atteso che la locuzione “socio di maggioranza”, contenuta nell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (come novellato sul punto dall’art. 4 decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2011 n. 106), è riferibile anche al socio di maggioranza - persona giuridica e non solo persona fisica, per evitare la facile elusione della disciplina legislativa, facile elusione a maggior ragione prospettabile nella specie, in cui il socio di maggioranza ha pressoché la totalità delle quote dell’offerente.
4. Peraltro, come osserva correttamente il controinteressato, a sostegno della tesi sopraindicata milita il contenuto dell’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE. Tale norma, infatti, nell’imporre l’esclusione dalla partecipazione agli appalti pubblici del candidato o dell’offerente che abbia riportato condanne per talune ipotesi di reato, dispone: “in funzione del diritto nazionale dello Stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell’offerente”.
Pertanto, non solo il diritto dell’Unione non osta alla verifica della sussistenza dei requisiti morali rispetto alle persone giuridiche e non solo alle persone fisiche, ma impone di effettuare il controllo ne confronti di ogni soggetto che, nella sostanza, “eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell’offerente”, come nell’ipotesi in esame, in cui certamente il Presidente del Consiglio di amministrazione della Biancamano spa, la quale ha la quasi totalità delle quote dell’offerente, è nella posizione di esercitare anche un potere di decisione e di controllo nei confronti dell’offerente medesima.
Infatti, il soggetto che possieda il 99,9827% della società appellante, con meno di quattro soci, ha un “significativo” se non esclusivo, “ruolo decisionale e gestionale societario” nell’ambito della stessa e, come tale, soggiace all’obbligo di accertamento della verifica dei requisiti morali in capo ai soggetti muniti di poteri di rappresentanza e direzione tecnica in seno allo stesso.
5. Per quanto riguarda la valutazione dell’incidenza del reato sulla moralità professionale, si deve rilevare che devono condividersi le conclusioni assunte dall’Amministrazione, atteso che la “gravità” dei reati per i quali sono stati condannati in via definitiva i Consiglieri della Biancamano spa emerge sia all’evidenza dalla motivazione addotta dalla sentenza di condanna del Tribunale di Imperia del 28.12.2004 per la mancata concessione delle attenuanti generiche, sia dal fatto che gli stessi hanno continuato a gestire l’impianto oggetto del processo senza rispettare le prescrizioni e gli ordini dell’Autorità, sia dal mancato adempimento delle prescrizioni cui il Giudice aveva subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena, sia dall’insussistenza della declaratoria di estinzione del reato de quo e dalla loro mancata riabilitazione.
Peraltro, il lasso di tempo trascorso dai fatti che hanno originato il giudizio è stato preso in considerazione ed è stato valutato non rilevante ai fini di escluderne l’incidenza sul giudizio di moralità professionale in modo non irragionevole, atteso che è trascorso un periodo di gran lunga inferiore se si considera la data del passaggio in giudicato delle sentenze di condanna e se si considera l’entità delle condanne che bilanciano ampiamente, secondo una valutazione di spettanza dell’Amministrazione non macroscopicamente irragionevole, il periodo di tempo trascorso dalla condanna.
6. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi in ragione della novità della questione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello principale come in epigrafe indicato, lo respinge.
Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Guida alla lettura
La sentenza in commento ha offerto al Consiglio di Stato la possibilità di tornare su aspetti (solo apparentemente) di mero principio e di operare un “riepilogo” in merito ad alcuni fondamenti della disciplina dei contratti pubblici.
In particolare, il fulcro del decisum dei giudici amministrativi si incentra sulla verifica della sussistenza dei requisiti “di ordine generale”, ex art. 38 D.Lgs. 163/2006, in capo ai partecipanti alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, in specie per quanto concerne la presenza in capo ad essi di condanne penali. Ai sensi della disposizione citata, infatti, sono esclusi dalla partecipazione alle suddette procedure (anche) coloro nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato o sia stato emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, e via dicendo. Così come vengono, del pari, esclusi coloro di cui sia accertata la partecipazione ad un’organizzazione criminale. E l’elenco potrebbe continuare.
Orbene, tanto premesso, occorre soffermarsi sul punto di diritto specificamente affrontato dai giudici. La Quinta Sezione, in via preliminare, afferma a chiare lettere che non è ragionevole, oltre che privo di razionale giustificazione, limitare la verifica menzionata, ai sensi della norma citata, solo ed esclusivamente al socio unico persona fisica o al socio di maggioranza persona fisica per le società con meno di quattro soci. Tale limitazione si mostra, innanzitutto, destituita di fondamento positivo. Non v’è, infatti, nel corpo dell’art. 38, alcun appiglio chiaro ed inequivocabile per fondare siffatta esclusione, con relativa limitazione ai soci persone fisiche. Sicché, può affermarsi con buona dose di certezza che il dato normativo non va a suffragare alcuna interpretazione restrittiva della disposizione in parola. In secondo luogo, come l’arresto precisa, giunge a sostegno di tale opzione ermeneutica soprattutto un motivo di ordine applicativo-sostanziale. Sarebbe, infatti, del tutto irrazionale ed irragionevole limitare la verifica della sussistenza dei requisiti lato sensu “morali” in capo al solo socio persona fisica poiché è proprio con riguardo ai soci-persone giuridiche, e cioè nelle società collegate, che possono “annidarsi fenomeni di irregolarità elusive degli obiettivi di trasparenza perseguiti”. Anzi, controlli e verifiche di questo genere, per la ragione appena esposta, si giustificano a fortiori con riguardo al socio-persona giuridica. È ben noto, d’altronde, che lo strumento societario, pur nella sua grande utilità e potenzialità anche nei settori pubblici, si è sovente prestato (e, purtroppo, continua tuttora a prestarsi) a finalità praeter o, più spesso, contra legem, di modo da vanificare in concreto gli obiettivi perseguiti dal Legislatore. La sua duttilità ha costituito la sua grande fortuna ma, per certi versi, anche il suo “limite”.
Diversamente opinando, infatti, si sancirebbe un’infondata, indebita e immotivata disparità di trattamento. Una disparità, cioè, non sorretta da alcuna solida e valida giustificazione. Una difformità che, come già anticipato, andrebbe a porre nel nulla e a svuotare di valenza applicativa i principi affermati dal Codice del 2006, in primis, secondo quanto la sentenza ci rammenta, quelli di legalità e trasparenza. La loro affermazione e il primario rilievo loro attribuito, come lo scrivente ha avuto modo di evidenziare in una precedente trattazione su questa rivista, valgono a differenziare in maniera sensibile la previgente disciplina dell’evidenza pubblica (risalente agli anni ’20) da quella di conio unionale, tutta orientata alla valorizzazione e alla tutela della concorrenza e del mercato. Donde, appunto, la necessaria operatività di legalità e trasparenza, al fine di evitare – sia detto per inciso – anche potenziali infiltrazioni della criminalità organizzata.
Ovviamente, com’è agevole intendere, affinché siffatti principi non restino relegati nella dimensione delle mere affermazioni sì da rimanere solo nel testo di legge, occorre garantire l’integrità morale del concorrente, al di là della sua “veste giuridica”, sia esso persona fisica o persona giuridica. Ecco, dunque, la quadratura del cerchio. Se così non fosse, e lo si è già accennato, verrebbero violati non solo i menzionati principi di legalità e trasparenza ma anche quello di par condicio fra i partecipanti alla gara. Ciò poiché si verrebbe ad instaurare una infondata disparità di trattamento, cui si è fatto riferimento.
Ma v’è di più. La lettera dell’art. 38 non si limita a non avvalorare siffatta interpretazione restrittiva, e cioè riferita esclusivamente ai soci persone fisiche di società partecipanti alle gare. Dal tenore dell’articolo, così come novellato nel 2011 con riguardo alla sua lett. c), in questa sede rilevante, è possibile evincere una portata applicativa diametralmente opposta rispetto a quella “restrittiva”. A dimostrazione di tale assunto, i giudici di Palazzo Spada affermano: “l'art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. cit., nell'attuale versione novellata dall'art. 4, comma 2, lett. b), l. n. 106-2011, estende il novero dei soggetti delle società di capitali di cui occorre accertare la moralità professionale ai fini dell'ammissione alle gare pubbliche al "socio unico persona fisica" ed al "socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci". Il dato testuale della norma indica che, con riferimento al "socio di maggioranza", il legislatore non ha incluso alcuna specificazione in relazione alla natura giuridica del socio, con la conseguenza che si avvalora l'opzione ermeneutica per la quale l'espressione testuale vale tanto per la persona fisica, quanto per la persona giuridica, in conformità ad un approccio sostanzialistico alla normativa che attribuisce rilievo ai requisiti di moralità di tutti i soggetti che condizionano la volontà degli operatori che stipulano contratti con la pubblica amministrazione, a prescindere dalla circostanza che siano persone fisiche o giuridiche, in ossequio ai principi di lealtà, correttezza, trasparenza e buona amministrazione”.
In conclusione, giova porre in evidenza altri due dati. In primo luogo, come la pronunzia in analisi non omette di precisare, milita a favore della tesi esposta anche il diritto dell’Unione e, in specie, l’art. 45 della Dir. 2004/18/CE. Tale norma, infatti, nell'imporre l'esclusione dalla partecipazione agli appalti pubblici del candidato o dell'offerente che abbia riportato condanne per talune ipotesi di reato, dispone: “in funzione del diritto nazionale dello Stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell'offerente”. Se ne deduce che il diritto comunitario impone di effettuare il controllo ne confronti di ogni soggetto che, nella sostanza, eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell'offerente. In secondo luogo, appare utile rilevare che, nel tessuto normativo del nuovo Codice dei contratti pubblici, entrato in vigore da poche settimane, è possibile rinvenire un corrispondente dell’art. 80 del D.Lgs. 163/2006 negli artt. 80 e 83, collocati nella sezione dedicata alla selezione delle offerte e rispettivamente rubricati “Motivi di esclusione” e “Criteri di selezione e soccorso istruttorio”.