Tar Puglia – Lecce sez. II, sentenza 15 giugno 2016, n. 957
Nelle procedure di affidamento dei lavori i partecipanti alla gara devono indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l’esclusione dalla procedura, anche in assenza di espressa previsione in tal senso nel bando di gara. Non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3207 del 2015, proposto da:
Ra Costruzioni Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Nardelli, Domenico Mastrolia, Federico Massa, con domicilio eletto presso questo ultimo in Lecce, Via Montello, 13/A;
contro
Comune di Brindisi, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Trane, Emanuela Guarino, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Astuto in Lecce, Via Umberto I, 28;
nei confronti di
Consorzio Cooperative Costruttori Ccc Srl, Igeco rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, Via 95 Rgt Fanteria, 9;
Costruzioni Spa, Favellato Claudio Spa ,Costruzioni Barazzi Cobar Srl, Mp Lavori Srl, Unieco Società Cooperativa, Cogeir Srl (Costruzioni Generali), Cogit Spa;
per l'annullamento
del verbale n. 11 del 26.11.2015, mai comunicato, con il quale la Commissione di Gara ha escluso la ricorrente dalla gara, senza escludere le altre società rimaste, ed avente ad oggetto "la progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di gara sulla base del progetto preliminare predisposto dalla Stazione Appaltante, per la realizzazione di un sistema shuttle di collegamento Aeroporto di Brindisi Rete Ferroviaria.";
di tutti gli atti e i provvedimenti (anche quelli eventuali di silenzio-rigetto) di gara, dei verbali della procedura di gara, nonché, per quanto lesivi degli interessi della ricorrente, della lex specialis ed in particolare, ove occorra, dei verbali della Commissione di Valutazione dell'anomalia e, ove ancora valide, della determina n. 4 del 2015 e n. 38 del 2015 nella parte in cui non si è proceduto alla esclusione degli altri concorrenti rimasti in gara;
di ogni altro atto e/o provvedimento preliminare, presupposto, connesso o attuativo e/o consequenziale, sebbene non conosciuto o non conoscibile che con i provvedimenti di cui ai punti precedenti sia posto in qualsivoglia rapporto di correlazione;
per la declaratoria di inefficacia del contratto di appalto, ove nelle more stipulato;
per il risarcimento del danno.
Visto il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Brindisi;
Visto l'atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto dal Consorzio Cooperative Costruzioni Ccc Società Cooperativa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2016 la dott.ssa Claudia Lattanzi e uditi gli avv.ti D. Mastrolia, anche in sostituzione dell'avv. F. Massa, e G. Nardelli per la ricorrente, l’avv. L. Quinto, in sostituzione dell'avv. F.sco Trane, per il Comune, e l’avv. prof. E. Sticchi Damiani per la controinteressata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il comune di Brindisi, con bando di gara del 6 ottobre 2014, ha indetto una procedura aperta ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. c), d.lgs. 163/2006, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’affidamento della progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di gara sulla base del progetto preliminare disposto dalla Stazione appaltante, per la realizzazione di un sistema shuttle di collegamento Aeroporto di Brindisi – Rete Ferroviaria.
La gara era stata aggiudicata in via definitiva alla ricorrente, il 12 gennaio 2015.
Successivamente, l’Amministrazione, con verbale del 26 novembre 2015 n. 11, ha escluso la ricorrente in quanto ha ritenuto che non sono stati indicati gli oneri di sicurezza.
Avverso questo provvedimento e avverso i verbali della procedura di gara, nonché per quanto lesivi la lex specialis, i verbali della commissione di valutazione dell’anomalia e la determina n. 4 del 2015 e n. 38 del 2015 nella parte in cui non si è proceduto alla esclusione degli altri concorrenti rimasti in gara, è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi: 1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 86 e 87, 43 e 53 d.lgs. 163/2006; violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 207/2010 e del punto 4 dell’allegato XV d.lgs. 81/2008 e della lex specialis di gara. Eccesso di potere per illogicità manifesta, irragionevolezza, carenza di motivazione e di istruttoria e sviamento. 2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 86 e 87, 43 e 53 d.lgs. 163/2006; violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 207/2010 e del punto 4 dell’allegato XV d.lgs. 81/2008 e della lex specialis di gara. Eccesso di potere per illogicità manifesta, irragionevolezza, carenza di motivazione e di istruttoria e sviamento. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 86, 87 e 88 d.lgs. 163/2006 e della lex specialis di gara. Eccesso di potere per illogicità manifesta, irragionevolezza, carenza di motivazione e di istruttoria e sviamento.
Sostiene la ricorrente: che i costi della sicurezza si dividono in costi della sicurezza diretti (specifici dell’appalto) e costi di sicurezza indiretti o ex lege (generica o aziendale); che questi secondi sono compresi nei prezzi unitari dei lavori, che i costi ex lege non vanno compresi nella stima del PSC; che la stazione appaltante ha computato a monte anche i costi indiretti e ha escluso tutti e due dal ribasso d’asta; che ha riproposto i costi così computati dalla stazione appaltante in sede di progetto definitivo; che pertanto i concorrenti non dovevano indicare i costi aziendali perché gli stessi erano già computati a monte; che comunque la questione inerente l’indicazione dei costi è stata rimessa alla Corte di Giustizia; che prima di procedere alla esclusione non è stato instaurato il contraddittorio con l’impresa, che la valutazione della commissione sull’anomalia dell’offerta è irrazionale, in quanto non riguarda aspetti economici di prezzo ma la non idoneità dei veicoli offerti.
La ricorrente ha poi proposto ulteriori motivi di ricorso avverso la mancata esclusione dalla gara delle altre concorrenti, volti ad ottenere la riedizione della gara.
Motivi di ricorso riguardanti la ATI prima classificata CCC – Igeco Costruzioni - Favellato.
1. Violazione e/o falsa applicazione del punto 16) n. 4 del disciplinare di gara (in ordine alla dichiarazione di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto di lavoro di disabili). Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. I) d.lgs. 163/2006. 2. Violazione dell’art. 46, comma 1 bis, d.lgs. 163/2006. Incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta. 3. Violazione degli artt. 24-26 d.P.R. 207/2010 e del disciplinare di gara nella parte in cui stabilisce a pena di esclusione i documenti a corredo dell’offerta tecnica. Violazione dell’art. 46, comma 1 bis, per carenza di elemento essenziale dell’offerta. 4. Violazione e/o falsa applicazione del punto 12.2 lett. C.1.c) del disciplinare di gara, nonché degli artt. 37, 39, 41 e 42 d.lgs. 163/2006 e degli artt. 252, 261 e 262 d.P.R. 207/2010. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di motivazione e falso presupposto. 5. Violazione della lex specialis di gara; violazione dell’art. 38 codice dei contratti. Violazione dei più generali principi in materia di gare pubbliche. Eccesso di potere per illogicità manifesta e sviamento.
Sostiene la ricorrente: che la dichiarazione è retrodata e difforme da quella prescritta dal disciplinare di gara; che sussistono due dichiarazioni difformi in ordine alle quote di partecipazione delle imprese del raggruppamento; che non ha allegato l’elaborato richiesto a pena di esclusione dal titolo “censimento e progetto di risoluzione delle interferenze”; che la mandataria, con riferimento a servizi di progettazione nella classe V.02, ha indicato un solo servizio di punta mentre il secondo servizio è inferiore rispetto a quello minimo; che uno dei soci della società “Favellato Claudio” ha omesso di rendere le dichiarazioni ex art. 38 e comunque è privo dei requisiti morali ex art. 38 in quanto ha riportato delle pronunce penali; che gli atti di gara imponevano di dichiarare tutte le sentenze subite.
Motivi di ricorso riguardanti il Consorzio Unieco/Cogit/Cogeir.
1. Violazione e falsa applicazione del disciplinare di gara, nonché degli artt. 37, 39, 41 e 42 d.lgs. 163/2006 e degli artt. 252, 261 e 262 d.P.R. 207/2010. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di motivazione e falso presupposto. 2. Violazione della lex specialis di gara; violazione dell’art. 38 codice dei contratti. Violazione dei più generali principi in materia di gare pubbliche. Eccesso di potere per illogicità manifesta e sviamento.
Sostiene la ricorrente: che in relazione alla categoria V-03 la società che si occuperà della progettazione ha indicato un importo che però non è corretto in quanto il secondo servizio deve essere conteggiato al 50%; che la società Vito Prato Engineering non possiede i due servizi di punta; che la Unieco è stata destinataria di un provvedimento di risoluzione contrattuale e che questa risoluzione non è stata dichiarata;
Motivi di ricorso riguardanti la ATI Cobar s.p.a./M.P. Lavori.
1. Violazione e falsa applicazione del disciplinare di gara, nonché degli artt. 37, 39, 41 e 42 d.lgs. 163/2006 e degli artt. 252, 261 e 262 d.P.R. 207/2010. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di motivazione e falso presupposto.
Sostiene la ricorrente: che il costituendo raggruppamento di professionisti indicato dalla ATI quale progettista non ha il requisito relativo alla classe V.02 e non possiede i due servizi di punta.
Il Consorzio Cooperative Costruzioni – C.C.C. società cooperativa (di seguito CCC), il 16 gennaio 2016, ha depositato una memoria e un ricorso incidentale volto all’annullamento delle determinazioni della commissione di gara e dei relativi verbali nella parte in cui hanno inizialmente ammesso alla gara la ricorrente anziché disporne l’esclusione.
Con questo ultimo, CCC ha dedotto i seguenti motivi: Violazione e falsa applicazione degli artt. 263, comma 1, lett. b9 e 261, comma 7, d.P.R. 207/2010. Violazione della lex specialis di gara. 2. Violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 49, comma 2, lett. d, d.lgs. 163/2006. 3. Violazione degli artt. 46, comma 1 bis e 74, comma 2, 4 e 5 d.lgs. 163/2006. Violazione del capitolato speciale e del capitolato autobus. Violazione dei principi di autolimitazione della p.a. e par condicio dei concorrenti. Eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erronea presupposizione. 4. In subordine. Violazione dell’art. 88 d.lgs. 163/2006. Omessa esclusione per incongruità dell’offerta.
Ritiene CCC: che i mandanti del raggruppamento di progettisti indicati dalla ricorrente per la progettazione esecutiva non possiedono uno dei requisiti di ordine speciale; che la DAM, mandataria del raggruppamento temporaneo di professionisti, ha dichiarato di essere in possesso il requisito relativo alla categoria V.03 nel limite percentuale del 60% mentre le mandanti non possiedono il restante 40%; che la dichiarazione resa dall’ausiliaria ai sensi dell’art. 49 è carente non contenendo alcuna specificazione delle risorse, del personale e delle attrezzature messi a disposizione dell’aggiudicataria; che l’offerta della ricorrente andava esclusa in quanto è stato previsto l’utilizzo di veicoli con alimentazione esclusivamente elettrica anziché a metano o ibrida; che, in subordine qualora si dovesse ritenere che l’esclusione della ricorrente ha riguardato solo la mancata indicazione degli oneri aziendali, la commissione per la verifica della congruità ha concluso i lavori esprimendo un giudizio finale di non congruità.
Nella propria memoria CCC ha rilevato: che la stazione appaltante non ha quantificato gli oneri aziendali per la sicurezza ma i diversi costi di cui all’art. 17, comma 2 lett. d, d.P.R. 207/2010; che non c’è coincidenza tra gli oneri aziendali per la sicurezza e i costi indicati nell’elaborato di sui all’art. 17 lett. f; che comunque l’esclusione è stata disposta anche in ragione del giudizio di non congruità dell’offerta; che l’eterogeneità dei veicoli offerti impedisce la comparazione tra i costi stimati dalla stazione appaltante e i prezzi indicati dalla ricorrente; che la dichiarazione resa dalla ditta Favellato è del 27 novembre 2014 e quindi non è retrodatata; che nell’ulteriore dichiarazione resa, non richiesta dalla disciplina di gara, la Favellato ha fornito il dettaglio dei dipendenti alla data del 26 novembre 2013; che comunque questa dichiarazione sarebbe sanabile con il soccorso istruttorio; che le dichiarazioni con riguardo alle quote di partecipazione del raggruppamento temporaneo di professionisti sono coerenti in quanto da un parte è stato considerato unitariamente l’importo della progettazione mentre dall’altra sono state considerate separatamente le due categorie V0.2 e V0.3; che in relazione all’elaborato mancante la Commissione ha evidenziato che l’esclusione può giustificarsi solo in assenza dei contenuti di ciascun elaborato e non in presenza di quegli stessi contenuti rilevabili da altro elaborato; che con riferimento alla categoria V.02 l’inciso importo totale indica la possibilità della sommatoria dei due servizi di punta; che il sig. Favellato, soggetto che non ha reso le dichiarazioni ex art. 38, è persona fisica in possesso della maggioranza di quote di una società che detiene il 10% delle quote della società Favellato Holding socio di maggioranza della società Favellato Claudio che ha partecipato alla gara; che pertanto il sig. Favellato non doveva effettuare queste dichiarazioni; che la società Favellato Claudio è composta da cinque soci; che comunque il Tribunale di Isernia ha dichiarato l’estinzione dei reati e di ogni effetto penale; che per le altre violazioni una è stata depenalizzata mentre l’altra è stata abrogata.
Il Comune si è costituito con atto del 19 gennaio 2016.
La ricorrente, con memoria del 15 febbraio 2016, ha rilevato che i professionisti indicati hanno costituito un raggruppamento di tipo misto e quindi non si applica l’art. 261 d.P.R. 207/2010; che comunque la società Breng possiede anche il requisito previsto dall’art. 12.2. par c.1. lett. b), che nella dichiarazione di avvalimento sono state indicate le risorse e i mezzi messi a disposizione, che la censura relativa all’offerta di un veicolo ad alimentazione elettrica è tardiva; che comunque la possibilità di migliorare la proposta è stata oggetto di apposito esame da parte della Commissione; che la stazione appaltante non ha l’obbligo di escludere la società sulla base del giudizio di incongruità della Commissione. La ricorrente ha poi controdedotto nel merito in relazione agli oneri di sicurezza.
Le parti hanno depositato ulteriori memorie.
Alla pubblica udienza del 28 aprile 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Ritiene il Collegio di dover prendere le mosse dallo scrutinio del gravame principale poiché quest'ultimo si appalesa infondato per le ragioni di seguito illustrate.
2. Con il ricorso principale si censura, anzitutto, il provvedimento di esclusione adottato dalla stazione appaltante per mancata indicazione degli oneri di sicurezza.
A tale proposito è da rilevare che con sentenza dell'Adunanza Plenaria 20 marzo 2015 n. 3 è stato ritenuto che nelle procedure di affidamento dei lavori i partecipanti alla gara devono indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l’esclusione dalla procedura, anche in assenza di espressa previsione in tal senso nel bando di gara.
Il principio è stato ribadito dal successivo intervento dell'Adunanza Plenaria del 2 novembre 2015 n. 9 che, chiamata a risolvere una questione di diritto intertemporale, ha ritenuto che in sede di gara pubblica non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure, come quella oggetto del presente giudizio, in cui la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell'Adunanza Plenaria 20 marzo 2015, n. 3.
Posti questi principi, è da ritenere la legittimità del provvedimento di esclusione basato sulla mancata indicazione degli oneri di sicurezza.
Non ignora il Collegio che, con ordinanza del 16 dicembre 2015 n. 1745 la Seconda Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte ha rimesso alla Corte di giustizia la questione pregiudiziale in ordine alla compatibilità con i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto - unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, di cui (da ultimo) alla direttiva n. 2014/24/UE - di una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dal combinato disposto degli artt. 87, comma 4, e 86, comma 3-bis, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 e dall'art. 26, comma 6, del d.lg. 9 aprile 2008, n. 81, così come interpretato, in funzione nomofilattica, ai sensi dell’art. 99 c.p.a., dalle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nn. 3 e 9 del 2015, secondo la quale la mancata separata indicazione dei costi di sicurezza aziendale, nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di lavori pubblici, determina in ogni caso l’esclusione della ditta offerente, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato né nella legge di gara né nell’allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte, ed anche a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale.
Tuttavia, si ritiene che, allo stato, il consolidato indirizzo nomofilattico della giurisprudenza interna consente comunque di risolvere la controversia, senza dover attendere la decisione della Corte di Giustizia, anche alla luce dei principi di celerità e speditezza che informano il processo amministrativo e che risultano ancor più accentuati nel rito speciale in materia di contratti pubblici, in cui, come può inferirsi dalla brevità dei tempi di conclusione del giudizio e dei termini processuali interni, esigenza prevalente è quella di una rapida definizione delle controversie al fine di conciliare tutela giurisdizionale con istanze di speditezza e continuità dell'azione amministrativa (cfr. Tar Napoli, sez. I, 11 febbraio 2016, n. 838).
3. Non può poi ritenersi, come sostiene la difesa della ricorrente, che i costi di sicurezza fossero già stati determinati dalla stazione appaltante, con la conseguenza che i concorrenti non dovevano indicare i costi aziendali atteso che i medesimi erano già stati computati a monte dalla stazione appaltante ed erano stati resi non soggetti a ribassi.
I costi di sicurezza, come precisato dalla Plenaria, si dividono in quelli da interferenze e quelli interni o aziendali.
I primi sono quantificati a monte dalla stazione appaltante, nel D.U.V.R.I (documento unico per la valutazione dei rischi da interferenze, art. 26, D.Lgs. n. 81 del 2008) e, per gli appalti di lavori, nel PSC (piano di sicurezza e coordinamento, art. 100, D.Lgs. n. 81 del 2008); i secondi sono quelli propri di ciascuna impresa connessi alla realizzazione dello specifico appalto, sostanzialmente contemplati dal DVR, documento di valutazione dei rischi, rispetto ai quali: a) vi è l’obbligo delle imprese che partecipano alle gare di indicarli specificamente, dato che trattasi di valutazioni soggettive rimesse alla loro esclusiva sfera valutativa; b) la valutazione che si impone all’amministrazione non è la relativa predeterminazione rigida ma il dovere di stimarne l’incidenza, secondo criteri di ragionevolezza e di attendibilità generale, nella determinazione di quantità e valori su cui calcolare l’importo complessivo dell’appalto.
In sostanza, i costi della sicurezza che derivano, in caso di lavori ex Titolo IV, dalla stima effettuata nel Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) ai sensi dell'art. 100 del D.Lgs. 81/2008 s.m.i.). sono costi a cui l’impresa è vincolata contrattualmente (costi contrattuali) in quanto rappresentano l’ingerenza del committente nelle scelte esecutive della stessa.
Gli oneri aziendali della sicurezza afferenti all’esercizio dell’attività svolta da ciascun operatore economico (detti anche, in giurisprudenza piuttosto che in dottrina, costi ex lege, costi propri, costi da rischi specifici o costi aziendali necessari per la risoluzione dei rischi specifici propri dell’appaltatore), relativi sia alle misure per la gestione del rischio dell’operatore economico, sia alle misure operative per i rischi legati alle lavorazioni e alla loro contestualizzazione, sono aggiuntivi rispetto a quanto già previsto nel PSC e comunque riconducibili alle spese generali.
Tali oneri, in virtù della normativa vigente in materia (art. 15 e art. 95 del D. Lgs. 81/08 e s.m.i.), dovranno essere sostenuti e valutati dall’operatore economico partecipante ad un appalto. Tali importi riguardano sia gli oneri gestionali della sicurezza annui sostenuti dall’operatore economico in attuazione della normativa vigente in materia, a prescindere dai singoli e specifici contratti (ad esempio: quota parte delle spese sostenute per le visite mediche, formazione ed informazione di base dei Lavoratori ecc.), sia di contenuti riconducibili espressamente a oneri operativi rappresentativi di tutte le spese relative alle misure di prevenzione connesse allo specifico appalto (ad esempio: la formazione integrativa necessaria agli stessi lavoratori, alcuni DPI particolari ecc.).
Nel caso in esame, gli oneri presi in considerazione dalla stazione appaltante sono quelli c.d. da interferenze. Infatti, questi sono stati stimati nell’elaborato D8 “Prime indicazioni e misure finalizzate alla tutela della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro per la stesura dei piani di sicurezza” e ricalcolano quelli previsti nell’art. 17, art. 1, lett. f), d.P.R. 207/2010, per il quale il progetto preliminare “è composto dai seguenti elaborati … f) prime indicazioni e misure finalizzate alla tutela della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro per la stesura dei piani di sicurezza con i contenuti minimi di cui al comma 2”.Per il successivo comma 2 “I contenuti minimi dell'elaborato di cui al comma 1, lettera f), sono i seguenti: a) l'identificazione e la descrizione dell'opera, esplicitata con: 1) la localizzazione del cantiere e la descrizione del contesto in cui è prevista l'area di cantiere; 2) una descrizione sintetica dell'opera, con riferimento alle scelte progettuali preliminari individuate nella relazione di cui agli articoli 18 e 19; b) una relazione sintetica concernente l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi in riferimento all'area ed all'organizzazione dello specifico cantiere nonché alle lavorazioni interferenti; c) le scelte progettuali ed organizzative, le procedure e le misure preventive e protettive, in riferimento all'area di cantiere, all'organizzazione del cantiere, e alle lavorazioni; d) la stima sommaria dei costi della sicurezza, determinata in relazione all'opera da realizzare sulla base degli elementi di cui alle lettere da a) a c) secondo le modalità di cui all'articolo 22, comma 1, secondo periodo”.
Per l’art. 22, comma 1 “il quadro economico, articolato secondo quanto previsto all'articolo 16, comprende, oltre all'importo per lavori determinato nel calcolo sommario della spesa, gli oneri della sicurezza non soggetti a ribasso, determinati in base alla stima sommaria di cui all'articolo 17, comma 2, lettera d)”.
In sostanza, gli oneri indicati dalla stazione appaltante sono quelli stimati dall’amministrazione e non soggetti a ribasso, differenziandosi da quelli aziendali, di cui alle sentenze della Plenaria citate, propri di ciascuna impresa, e soggetti a ribasso.
4. In conclusione, il ricorso principale è infondato nella parte in cui è volto ad impugnare l’esclusione della ricorrente.
5. Va poi analizzato il ricorso principale anche per la parte in cui è finalizzato a censurare la mancata esclusione delle altre imprese rimaste in gara.
Per quanto riguarda le censure proposte avverso la mancata esclusione di CCC è da rilevare quanto segue.
5.1 Con il quarto motivo si sostiene l’illegittimità delle dichiarazioni rese dalla mandante Favellato in ordine al rispetto della disciplina sul diritto al lavoro dei disabili, in quanto la stessa dichiarazione sarebbe retrodatata e difforme rispetto a quanto richiesto dal disciplinare.
A tale proposito basta rilevare che la CCC ha correttamente reso la dichiarazione il 27 novembre 2014, e quindi nei termini, compilando il Modello 3, così come richiesto dalla stazione appaltante e specificando “di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili e di non essere assoggettabile agli obblighi di assunzione obbligatoria di cui alla legge n. 68/99, in quanto occupa non più di 15 dipendenti”.
5.2. Infondato è anche il motivo con cui si ritiene l’incertezza dell’offerta della CCC con riguardo alle quote di partecipazione del RT di professionisti, in quanto vi sarebbero due dichiarazioni che riportano percentuali diverse.
In realtà, come esplicitato nella memoria della CCC, le due dichiarazioni difformi riguardano una l’importo totale della progettazione e l’altra l’importo delle percentuali separate delle due categorie (V0.2 e V.03) per le quali si concorreva.
Proprio l’esame delle due dichiarazioni rivela come l’importo indicato conduca al medesimo risultato.
In particolare, mentre nella prima sono state dichiarate le seguenti quote di partecipazione: D’Apollonia spa 60%, I.G.&P Ingegneri 31,419% e Cilento Ingegneria 8,509%, nella compilazione del Modello 7 si precisa: categoria V0.2, D’Apollonia spa 60%, I.G.&P Ingegneri 40%, categoria V0.3 D’Apollonia 60% e Cilento Ingegneria 40%.
Facendo un ulteriore verifica si evince che il 40% della categoria V0.2 corrisponde esattamente al 31,419 del totale dell’importo della progettazione, mentre il 40% della categoria V0.3 corrisponde all’8,509% del totale dell’importo della progettazione.
Ne consegue che le due dichiarazioni non sono contraddittorie ma del tutto corrispondenti.
5.3. Con ulteriore motivo (motivo 6) si contesta la mancata esclusione della CCC, dovuta in quanto questa non aveva prodotto nella propria offerta tecnica l’elaborato dal titolo “Censimento e progetto di risoluzione delle interferenze”.
In realtà, tale mancanza è stato oggetto di specifico esame da parte della stazione appaltante che, nella nota del 18 dicembre 2014, ha ritenuto “la documentazionetrasmessa pur non essendo formalmente aderente a quanto richiesto letteralmente dal bando … esaustiva per l’ammissione alle successive fasi della procedura di gara”.
In particolare, la stazione appaltante, prendendo le mosse dall’art. 26, comma 1, lett. l d.P.R. 207/2010, ha evidenziato che “nella redazione del progetto definitivo i progettisti non abbiano ritenuto necessario redigere l’elaborato previsto al punto vii) della voce busta offerta tecnica, ritenendo esaustivo in merito quanto previsto nella relazione generale al punto 1.2. e, secondo quanto dichiarato è facilmente verificabile dalla commissione negli elaborati grafici di progetto … Come ulteriore precisazione il sottoscritto ritiene che l’interpretazione debba anche essere legata ai contenuti degli elaborati previsti alla voce busta offerta tecnica C), in sostanza è sicuramente da valutare più penalizzante un elaborato formalmente perfetto ma dai contenuti diversi da quanto previsto. Per assurdo è sicuramente da escludere un offerta tecnica per la quale sia stato previsto all’interno della relazione generale argomenti non attinenti al titolo dell’elaborato”.
Ad ogni buon conto, è da rilevare che, anche volendo ritenere mancante il documento di cui sopra, ciò non avrebbe potuto essere un motivo di esclusione.
Infatti “non è dubbio che la novella portata dall'art. 39 comma 1 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, all'art. 38, d.lgs. 163/2006, ha chiarito (cfr. Cons. St., Ad. Plen., n. 16/2014) la volontà del legislatore di evitare (nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell'ammissione alla gara delle offerte presentate) esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali (ivi compresa anche la mancanza assoluta delle dichiarazioni)” (Cons. St., sez. V, 19 maggio 2016, n. 2106).
In sostanza, il soccorso istruttorio previsto dall’art. 38 d.lgs. 163/2006, anche sulla base della novella legislativa di cui alla legge 114 del 2014, ha ampliato la sua portata consentendo l’integrazione documentale delle carenze dell’offerta, anche in caso di mancanza, incompletezza e irregolarità anche essenziale La volontà del legislatore è quella di privilegiare la sostanza rispetto alla forma, pur salvaguardando in ogni caso la discrezionalità dell'amministrazione nelle sue valutazioni e nel rispetto dei principi europei del favor partecipationis e della par condicio.
5.4. Con l’ultimo motivo (motivo 7) la ricorrente ritiene che la CCC dovesse essere esclusa per un duplice ordine di motivi: innanzitutto perché la mandataria non era in possesso dei due servizi di punta per ciascuna classe e categoria richiesti dal bando e perché comunque il requisito dei due servizi di punta doveva essere posseduto anche dalle mandanti.
Il Disciplinare prevedeva, sulla base dell’art. 263 d.P.R. 207/2010, che il progettista indicato dovesse “aver svolto, nell’ultimo decennio anteriore alla data di pubblicazione del bando due servizi di cui all’art. 252 D.P.R. n. 207/2010, relativi a lavori appartenenti ad ognuna delle classi e categorie … per un importo totale non inferiore ad un valore di 0,60 volte l’importo stimato per ogni classe e categoria …”.
La ricorrente, ritiene che entrambi i due servizi dovessero essere di valore non inferiore a quello indicato dal disciplinare mentre la CCC possiede il requisito suddetto solo sommando i due servizi.
La giurisprudenza, alla quale questo Collegio, aderisce, ha precisato: “A livello testuale, ritiene questo Collegio, è condivisibile ritenere, come ha dedotto il TAR, che dalla parola "totale" contenuto nella disposizione di cui all'art. 263, comma 1, lett. c), si possa dedurre che l'importo dei servizi di punta richiesto dalla stazione appaltante risulti raggiungibile con la somma di due distinti servizi quale che sia l'importo di ciascuno di essi. Infatti, la norma testualmente richiede l'avvenuto svolgimento, negli ultimi dieci anni di due servizi di cui all'art. 252, relativi ai lavori, appartenenti ad ognuna delle classi e categorie dei lavori cui si riferiscono i servizi da affidare, individuate sulla base delle elencazioni contenute nelle vigenti tariffe professionali, per un importo totale non inferiore ad un valore compreso fra 0,40 e 0,80 volte l'importo stimato dei lavori cui si riferisce la prestazione. Tale disposizione aggiunge, sempre testualmente, che detto importo totale deve essere calcolato con riguardo ad ognuna delle classi e categorie, non escludendosi, dunque, che all'interno delle categorie possano sommarsi singoli servizi (almeno in numero di due) per un "totale", appunto, compatibile con quanto fissato dal bando. Significativamente la norma utilizza il termine "totale", che presuppone in astratto una sommatoria, e non il termine "singolare" che, invece, avrebbe consentito di ricondurre l'importo richiesto ai singoli servizi. 3. Piuttosto vero è che non è contestabile l'obiezione secondo cui la norma di cui all'art. all'art. 263, comma 1, lett. c), che consente l'unificazione degli importi dei due distinti servizi, potrebbe produrre in astratto alcune aberrazioni applicative, nel caso ad esempio che il concorrente presenti due servizi di cui uno di importo pari al 99,9% di quanto richiesto e l'altro di importo pari allo 0,1% di quanto richiesto.
Deve tuttavia rilevarsi che non è certamente questa la situazione che accade nel caso concreto e che, comunque, l'esistenza di ipotesi al margine che creino alcune anomalie applicative per i casi estremi non è di per sé sintomo di irragionevolezza della norma ex art. 3 Cost. (peraltro neppure dedotta in questo giudizio) e non può certo essere un valido criterio ermeneutico per capovolgere il significato che emerge dalla mera analisi letterale e testuale della norma che ha primaria importanza. Alcuni difetti applicativi, peraltro limitati da ipotesi al limite, come quelle paventate dall'appellante, possono essere corretti dal legislatore ma non dal giudice che deve limitarsi ad applicare la norma, specie, quando il testo è inequivocabile come nella specie” (Cons. St., sez. V, 31 marzo 2016, n 1271).
Pertanto, risulta infondata la censura proprio in quanto la mandataria possiede il suddetto requisito attraverso la sommatoria di due servizi da lei svolti.
Anche la censura che sostiene la necessità che il possesso del requisito dei servizi di punta fosse posseduto da tutti i soggetti facenti parte del RT, e quindi anche dalle mandanti, è infondato, posto che la giurisprudenza, alla quale si aderisce, ha affermato che “il Consiglio di Stato, nella decisione 23 dicembre 2008, n. 6523, con argomentazione condivisa da questo Collegio, ha stabilito che: “era sufficiente che "un unico componente il raggruppamento" possedesse la coppia di servizi di punta riferita almeno ad una delle classi o categorie di lavori cui si riferivano i servizi da affidare e purché il raggruppamento, nel suo complesso, possedesse, in base a quanto dichiarato da tutti i componenti, i due servizi di punta in tutte le classi e categorie richieste” (Cons. Giust. Amm. Sic., 22 dicembre 2015, n. 738).
6. In conclusione, è infondato il ricorso principale anche nella parte in cui deduce l’illegittimità dell’operato della stazione appaltante laddove non ha provveduto ad escludere CCC dalla gara in questione.
7. La legittimità della partecipazione della concorrente CCC esime il Collegio dal valutare le censure avverso la mancata esclusione di altre partecipanti alla gara, proposte dalla ricorrente al fine di ottenere la riedizione della gara.
8. In conclusione, il ricorso principale è infondato.
9. A seguito del rigetto del ricorso principale, va dichiarata l'improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso incidentale, volto a paralizzare l’azione del ricorrente principale.
10. Le spese possono essere compensate per eccezionali motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dichiara improcedibile il ricorso incidentale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2016 con l'intervento dei magistrati:
Eleonora Di Santo, Presidente
Claudia Lattanzi, Primo Referendario, Estensore
Marco Rinaldi, Referendario
GUIDA ALLA LETTURA
La principale questione giuridica posta all'attenzione della seconda sezione del Tar Lecce nel giudizio in esame riguarda le ripercussioni sulla partecipazione di un'impresa ad una gara che scaturiscono dall'omessa dichiarazione dei costi interni per la sicurezza sul lavoro.
Il tema è stato affrontato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, nella sentenza n. 3 del 20 marzo 2015, ha ritenuto che nelle procedure di affidamento dei lavori i concorrenti devono indicare nell’offerta economica gli oneri della sicurezza aziendale, pena l’esclusione dalla gara, anche in assenza di espressa previsione in tal senso nel bando.
Non vi è, a parere della Plenaria, alcuna disposizione normativa del D.lgs. 163/2006, del suo regolamento attuativo e del T.U. in materia di sicurezza da cui emergono prescrizioni o elementi preclusivi dell’indicazione dei costi interni nelle offerte per l’affidamento di lavori.
Al contrario, l’obbligo di procedere alla previa indicazione di tali costi, pur se non dettato expressis verbis dal legislatore, si ricava in modo univoco da un’interpretazione sistematica delle norme regolatrici della materia date dagli articoli 26, c omma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008 e 86, comma 3-bis 2 , e 87, comma 4, del Codice[1].
Per evitare una soluzione ermeneutica irragionevole e incompatibile con le coordinate costituzionali si deve accedere ad una interpretazione delle disposizioni normative in parola nel senso che l’obbligo di indicazione specifica dei costi di sicurezza aziendali non possa che essere assolto dal concorrente, unico in grado di valutare gli elementi necessari in base alle caratteristiche della realtà organizzativa e operativa della singola impresa, venendo altrimenti addossato un onere di impossibile assolvimento alla stazione appaltante, stante la sua non conoscenza degli interna corporis dei concorrenti.
Si aggiunga che un approccio ermeneutico che non imponesse la specificazione dei costi interni nell’offerta per lavori priverebbe il giudizio di anomalia delle necessarie indicazioni al riguardo da sottoporre a verifica così inficiando l’attendibilità del giudizio finale.
Da quanto sopra consegue che, ai sensi dell’art. 46, comma 1-bis, del Codice, l’omessa specificazione nelle offerte per lavori dei costi di sicurezza interni configura un’ipotesi di “mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice” idoneo a determinare “incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta” per difetto di un suo elemento essenziale, e comporta perciò, anche se non prevista nella lex specialis, l’esclusione dalla procedura dell’offerta difettosa per l’inosservanza di un precetto a carattere imperativo che impone un determinato adempimento ai partecipanti alla gara (cfr. Cons. Stato, A.P. sentenza n. 9 del 2014), non sanabile con il potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante, di cui al comma 1 del medesimo articolo, non potendosi consentire di integrare successivamente un’offerta dal contenuto inizialmente carente di un suo elemento essenziale.
Il principio è stato ribadito dal successivo intervento dell'Adunanza Plenaria del 2 novembre 2015 n. 9 che, chiamata a risolvere una questione di diritto intertemporale, ha ritenuto che in sede di gara pubblica non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure, come quella oggetto del presente giudizio, in cui la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell'Adunanza Plenaria 20 marzo 2015, n. 3.
Entrambe le richiamate decisioni non si curano, rationae temporis, dell'intervenuto comma 1-ter dell'articolo 46, del Codice, che ammette la regolarizzazione in “ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni”[2], per cui resta il dubbio se nel caso di specie sia o meno possibile il nuovo soccorso istruttorio di cui al comma 2-bis dell'articolo 38.
Ogni questione interpretativa sullo specifico tema è, tuttavia, evaporata con l'entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti (D.lgs. 50/2016) che, all'art. 95, comma 10, prescrive chiaramente, senza distinzioni di sorta, l'obbligo per i concorrenti di indicazione nell'offerta economica dei “propri costi aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.” Il legislatore, recependo le evoluzioni giurisprudenziali in materia, ha quindi imposto alle imprese di ottemperare al suddetto adempimento nella fase di presentazione dell'offerta e rispetto a tutti gli appalti pubblici, quale che sia il loro oggetto.
Sempre il nuovo Codice sembra, inoltre, escludere la possibilità di attivazione del soccorso istruttorio rinforzato per colmare l’eventuale carenza dichiarativa riferita agli oneri di sicurezza interni. L’art. 83, comma 9, sottrae, infatti, all’ambito applicativo dell’istituto in parola il caso dell’omessa dichiarazione di elementi essenziali dell’offerta, sia tecnica che economica.
Rimane, invece, irrisolto il dubbio circa la conciliabilità della citata normativa con l'ordinamento europeo. Al riguardo è utile ricordare che, con ordinanza del 16 dicembre 2015 n. 1745, la seconda sezione del Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte ha rimesso alla Corte di giustizia europea la questione pregiudiziale in ordine alla compatibilità con i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto - unitamente ad altri principi (libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, parità di trattamento, non discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza) - della normativa nazionale, così come interpretata dalle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nn. 3 e 9 del 2015, secondo la quale la mancata separata indicazione dei costi di sicurezza aziendale, nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di lavori pubblici, determina in ogni caso l’esclusione della ditta offerente, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato né nella legge di gara né nell’allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte, ed anche a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale[3].
Il dubbio sorge in considerazione del fatto che la necessità di tale indicazione deriva con certezza, per l’ordinamento nazionale, non dalla lettera delle disposizioni di legge ma solo dal c.d. diritto vivente, ossia dalla richiamata interpretazione nomofilattica del quadro normativo vigente.
In sostanza, nell'assenza di una norma di legge che prescriva espressamente l’obbligo di indicazione separata, nell’ambito dell’offerta economica, degli oneri di sicurezza aziendale, si pone un problema di tutela del legittimo affidamento dei concorrenti ogniqualvolta anche la disciplina di gara nulla disponga al riguardo.
Il dilemma che il giudice europeo è chiamato a risolvere è se il suddetto principio della tutela del legittimo affidamento, insieme a quelli della certezza del diritto e della proporzionalità, come riconosciuti nel diritto dell’Unione europea, ostino, o no, ad una regola del diritto italiano, come sopra ricostruita (anche sulla base della giurisprudenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato), che consenta di escludere da una procedura di evidenza pubblica un’impresa che abbia fatto affidamento, per l’appunto, sulla completezza degli atti amministrativi con i quali sia stata indetta una gara.
Aspetto centrale della questione è la valutazione dell’effettiva sussistenza di una colpa inescusabile nel comportamento dell’impresa che sia stata esclusa per la mancata indicazione degli oneri di sicurezza: si assume, infatti, che tale impresa, nel silenzio degli atti di gara, fosse tenuta ad eterointegrare la lex specialis non semplicemente con riguardo a quanto disposto, in via generale, dalla legge (oggettivamente di incerta applicazione) ma nei sensi derivanti dalla richiamata interpretazione estensiva fatta propria dall’Adunanza plenaria, anche indipendentemente dal fatto che quest’ultima si sia pronunciata anteriormente alla conclusione della fase di presentazione delle offerte.
Poste in questi termini le perplessità sollevate dal tribunale piemontese vengono meno con l'entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti nell'ambito del quale, come già ricordato, è ora previsto espressamente uno specifico obbligo di allegazione dei costi di sicurezza aziendale all'offerta economica (vds. Art. 95, comma 10, D.lgs. 50/2016, cit.), per cui nessun dubbio si pone in ordine all’eterointegrazione del bando ad opera della corrispondente disposizione normativa.
La questione rimane, invece, aperta per i contenziosi riguardanti le procedure di gara avviate sotto l'egida del previgente Codice (D.lgs. 163/2006).
Nella maggior parte dei casi i giudici amministrativi, sulla scorta dell'iniziativa assunta dal Tar Piemonte, si stanno orientando, prudenzialmente, nel senso della sospensione pregiudiziale dei giudizi pendenti nell'attesa che la Corte di giustizia si pronunci sulla questione predetta[4].
Singolare è, invece, la posizione assunta nella sentenza in commento dalla seconda sezione del Tar Lecce che opta per una risoluzione immediata della controversia, senza attendere la decisione della Corte di giustizia, ciò alla luce di un orientamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato ormai consolidato nel ritenere immanente al D.lgs. 163/2006 la regola della separata indicazione nell'offerta economica dei costi interni sulla sicurezza e in applicazione dei principi di celerità e speditezza che informano il processo amministrativo e che risultano ancor più accentuati nel rito speciale in materia di contratti pubblici, in cui, come può inferirsi dalla brevità dei tempi di conclusione del giudizio e dei termini processuali interni, esigenza prevalente è quella di una rapida definizione delle controversie al fine di conciliare tutela giurisdizionale con istanze di speditezza e continuità dell'azione amministrativa[5].
In ragione dei delineati principi la Sezione ha ritenuto legittimo il provvedimento di esclusione da una gara per l'affidamento della progettazione esecutiva ed esecuzione di lavori adottato nei confronti dell'impresa ricorrente a causa dell'omessa indicazione dei propri costi aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Il Collegio ha rigettato il ricorso anche sulla scorta di ulteriori motivi di contestazione riguardanti la mancata esclusione delle altre ditte partecipanti alla gara. Essi meritano una segnalazione, insieme alle doglianze contenute nel ricorso incidentale proposto dalla controinteressata (anche queste ritenute infondate), non tanto per il contenuto dei rilievi mossi, ma per la questione di rito che vi è sottesa e che riguarda le novità introdotte dall'art. 204 del D.lgs. 50/2016 e le modifiche da esso recate all'art. 120 del codice del processo amministrativo (D.lgs. 104/2010).
Con la suddetta disposizione normativa viene, in particolare, introdotto, nel corpo del citato art. 120, il comma 2bis a mente del quale “il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante.... L'omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l'illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale.”
La norma impone, dunque, l’onere di impugnativa immediata delle “ammissioni”, precludendo la possibilità di far valere, anche in sede di ricorso incidentale, gli eventuali vizi dei predetti provvedimenti a titolo di illegittimità derivata degli atti sopravvenuti.
La ratio è chiaramente quella di ridurre e semplificare i giudizi avverso l’aggiudicazione, blindando la fase delle ammissioni nella quale si annidano la maggior parte dei germi dell’attuale contenzioso.
I primi commentatori hanno evidenziato alcuni rischi legati all'applicazione della novella normativa. Il principale è che “gli esclusi potrebbero essere indotti ad impugnare, oltre alla propria esclusione, anche l’ammissione altrui; e finanche gli ammessi - ossia coloro che si trovano in posizione del tutto favorevole e sono in corsa per l’aggiudicazione – potrebbero essere indotti a contestare la posizione degli altri concorrenti ammessi ove ritenessero la preclusione processuale prevista dalla norma in ordine ai vizi delle altrui ammissioni eccessivamente rischiosa e penalizzante per le proprie aspirazioni. Ciò a prescindere dalle chance di effettiva aggiudicazione che i concorrenti ammessi abbiano (nella fase di ammissione, ovviamente, le offerte tecniche ed economiche non sono ancore note). È una logica processuale oggettivamente gravida di complicazioni, che trova la sua unica giustificazione e forza nella scommessa – si spera vincente – che nessuno spenderà danaro ed energie processuali per impugnare le ammissioni, rassegnandosi a dirigere le proprie contestazioni esclusivamente nei confronti dell’aggiudicazione.”[6]
Il timore è, invero, che nelle procedure di gara di maggior rilievo economico e strategico potremmo assistere ad una significativa crescita del contenzioso durante la fase del procedimento di gara con conseguente allungamento dei tempi di definizione della stessa[7], ciò in chiara controtendenza con la ratio semplificatrice della norma.
[1] Nessuna delle citate norme prescrive in modo espresso l’obbligo dei concorrenti di esporre i costi della sicurezza nelle offerte per lavori; esse sembrano prima facie riguardare, per l’indicazione dei costi in tutti i tipi di appalti, soltanto gli enti aggiudicatori mentre l’art. 87, comma 4, del Codice, richiama l’indicazione nelle offerte dei costi per la sicurezza soltanto per gli appalti di servizi e forniture, ai fini della valutazione dell’anomalia.
[2] Ambedue si riferiscono a bandi pubblicati prima dell’entrata in vigore della legge 114/2014, che ha introdotto nel corpo normativo del D.lgs. 163/2006 l’istituto del soccorso istruttorio “rinforzato”.
[3] La questione è stata peraltro rimessa dalla sez. V, con sentenze n. 1090 del 17 marzo 2016, all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
[4] Cfr. ex multis Tar Molise, sez. I, 12 febbraio 2016, n. 77; Tar Marche, sez. I, 19 febbraio 2016, n. 104; Consiglio di Stato sez. III, sentenza (non definitiva) 957 del 09.03.2016, che ha sospeso un giudizio relativo alla contestata legittimità del provvedimento di esclusione di un’impresa da una procedura di gara disposto sul presupposto dell’omessa indicazione dei costi da rischio specifico nell’offerta economica. Motivo di contestazione era appunto la mancanza di qualsiasi prescrizione in tal senso nel bando. Nella specie si è fatta applicazione dell’istituto della sospensione c.d. “impropria” del giudizio principale per la pendenza della questione di conformità di una norma nazionale a quelle dell’Unione Europea, applicabile nel processo de quo ma sollevata in una diversa causa; sull’applicabilità dell’istituto in parola rileva la Sezione che l’ampiezza del rinvio, operato dall’art. 79, comma 1, cod. proc. amm., alla sospensione del processo come disciplinata dal codice di procedura civile comporta l’applicabilità nel processo amministrativo dell’intera gamma delle disposizioni che governano la materia, dunque non solo dell’art. 295 c.p.c. (cfr., da ultimo, TAR Lazio, I, ord. n. 1512/2016, nonché – concernente la questione qui in esame – TAR Campania, I, ord. n. 451/2016).
[5] Cfr. Tar Napoli, sez. I, 11 febbraio 2016, n. 838.
[6] Cfr. G. Veltri - “Il contenzioso nel nuovo codice dei contratti pubblici: alcune riflessioni critiche”, pubblicato il 26 maggio 2016.
[7] Sul punto cfr. G. Veltri - “Il contenzioso nel nuovo codice dei contratti pubblici: alcune riflessioni critiche”, cit. “la possibilità di un’impugnazione estesa anche alle ammissioni potrebbe rendere ineluttabile la sospensione della gara durante il giudizio. V’è infatti il rischio che la norma sia traguardata dalle amministrazioni come un sigillo giudiziario alla fase delle ammissioni o, detto diversamente, una sorta di omologa necessaria al fine di procedere alla successiva e finale fase”.