Consiglio di Stato, Sez. III, 8 giugno 2016, n. 2450
1. È legittimo il provvedimento di esclusione da una gara di appalto adottato ai sensi dell’art. 38 lett. f), del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 per grave negligenza o malafede, adottato in relazione al fatto che era stata disposta la risoluzione di un contratto di appalto per violazione del divieto di subappalto nell’ambito di un precedente rapporto contrattuale, atteso che la violazione delle disposizioni in materia di subappalto, espressione di norme imperative, costituisce un fatto illecito dell’appaltatore in danno dell’Amministrazione che viola il vinculum fiduciae. (1)
2. L’art. 38 lett. f), del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, prevedendo che sono esclusi dalla partecipazione alla gara gli operatori economici che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate in pregressi rapporti, contempla in realtà un fatto complesso che impone la distinzione tra il giudizio afferente alla fase negoziale del pregresso rapporto e il giudizio relativo all’esercizio di poteri amministrativi. Il primo giudizio, avente ad oggetto la risoluzione del rapporto per grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni, è riservato alla cognizione del giudice ordinario. Il secondo giudizio, relativo all’esistenza di cause esterne che hanno determinato la rottura del rapporto fiduciario, con conseguente esclusione del concorrente da una gara ovvero annullamento dell’aggiudicazione già disposta, è devoluto alla giurisdizione amministrativo.(2)
(1) In senso contrario: Consiglio di Stato, Sez. V, 23 febbraio 2015, n. 846.
(2) Conformi: Consiglio di Stato, Sez. V, 27 marzo 2015, n. 1619; Consiglio di Stato, Sez. VI, 14 agosto 2013, n. 4174.
Il caso esaminato dal Consiglio di Stato origina da una procedura di gara, bandita dal Ministero dell’Interno e dall’Agenzia del Demanio, suddivisa in più ambiti infraregionali per l’affidamento del servizio di recupero degli autoveicoli oggetto di sanzioni amministrative.
La gara viene aggiudicata alla ditta appellante, la quale, nell’eseguire la prestazione in uno degli ambiti territoriali oggetto della procedura, viola ripetutamente il divieto di subappalto, esplicitamente sancito dalla lex specialis.
A fronte di tale reiterata violazione, l’articolazione periferica del Mnistero dell’Interno, competente nel relativo ambito territoriale, adotta la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c.
La disposta risoluzione induce, pertanto, l’amministrazione centrale ad escludere l’operatore da tutti gli ulteriori ambiti territoriali, ritenendo integrata nel caso di specie l’ipotesi dell’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 163/2006, secondo la quale sono esclusi dalle procedure di affidamento i soggetti “che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.
La pronuncia in commento si rivela particolarmente interessante nella misura in cui precisa e puntualizza ambito e portata della causa di esclusione prevista dal citato art. 38 lett. f). In primo luogo, la sentenza ribadisce il principio per cui la citata disposizione “contempla in realtà un fatto complesso che impone la distinzione tra il giudizio afferente alla fase negoziale del pregresso rapporto e il giudizio relativo all’esercizio di poteri amministrativi”.
Sulla base di queste premesse il Consiglio di Stato ritiene che la stazione appaltante abbia comunque motivato il provvedimento di esclusione, nell’ambito della propria discrezionalità, rilevando come la reiterata violazione del divieto in materia di subappalto, espressione di norme imperative, mini e pregiudichi l’elemento fiduciario che deve caratterizzare l’esecuzione del servizio. Sotto questo profilo, la sentenza precisa altresì che il sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), “deve limitarsi a vagliare la non manifesta illogicità o il palese travisamento dei fatti da parte dell’Amministrazione nel ritenere, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006, la grave negligenza e/o la malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara”, senza possibilità di estendere tale sindacato ai motivi di inadempimento che hanno condotto alla risoluzione, la cui cognizione spetta invece al giudice ordinario.
Merita ancora sottolineare che la sentenza riconduce alla mancata impugnazione dell’atto di risoluzione, nelle sedi civili, l’effetto preclusivo per l’appellante di rimettere in discussione nel giudizio amministrativo i motivi sottesi allo stesso atto risolutivo, anche in considerazione del rilievo per cui “la cognizione incidentale del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., non può sindacare i fatti – nel caso di specie la gravità dell’inadempimento contrattuale dell’impresa aggiudicataria che giustifichi la risoluzione del contratto ai sensi degli artt. 1453 e 1455 c.c. – che la parte ha deliberatamente omesso di sottoporre alla cognizione principale del giudice civile.”
Si osserva conclusivamente, per esigenze di completezza, che la disciplina dettata dall’art. 38, comma 1 lett f), d.lgs. 163/2006 sembra essere stata superata dal nuovo codice dei contratti pubblici, d.lgs. 50/2016, che trova applicazione per le gare bandite a partire dal 20 aprile 2016.
Il nuovo corpus normativo prevede all’art. 80, comma 5, lett. c), che “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6 qualora:
c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; (...)”
Il nuovo art. 80, comma 5, lett c), prevede dunque un accertamento svincolato dai presupposti soggettivi della malafede e della grave negligenza, che caratterizzavano la disciplina dell’art. 38, comma 1, lett. f), poiché la nuova formulazione si riferisce alle sole “significative carenze nell’esecuzione”.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 341 del 2016, proposto da:
Autocentro di Paolo Pecora, rappresentato e difeso dall’Avvocato Giuseppe Naccarato e dall’Avvocato Francesco Coppola, con domicilio eletto presso lo stesso Avvocato Giuseppe Naccarato in Roma, via Tagliamento, n. 76;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, Agenzia del Demanio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE I TER n. 00281/2016, resa tra le parti, concernente l’esclusione dalla gara pubblica per il servizio di recupero custodia e di acquisto dei veicoli oggetto di sequestro, fermo o confisca – risarcimento del danno.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e dell’Agenzia del Demanio;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 maggio 2016 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierno appellante Autocentro di Paolo Pecora l’Avvocato Giuseppe Naccarato e l’Avvocato Francesco Coppola e per le Amministrazioni appellate l’Avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Ministero dell’Interno e l’Agenzia del Demanio, con il bando di gara pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2012 – serie speciale contratti – hanno indetto, ai sensi dell’art. 55, comma 5, del d. lgs. n. 163 del 2006, la procedura aperta per l’affidamento, in 74 ambiti infraregionali, del servizio di recupero, custodia ed acquisto dei veicoli oggetto di provvedimenti di sequestro amministrativo, fermo o confisca ai sensi dell’art. 214-bis del d. lgs. n. 285 del 1992.
1.1. All’esito delle operazioni di gara l’Autocentro di Paolo Pecora (di qui in avanti, per brevità, l’Autocentro) è risultato essere aggiudicatario in via provvisoria negli ambiti infraregionali di Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia, nonché secondo classificato in quello di Catanzaro e di Matera.
1.2. Con lettera del 28 novembre 2014 la Prefettura di Crotone ha comunicato di aver provveduto, in data 23 settembre 2014, alla risoluzione di diritto del contratto stipulato dall’Autocentro per il medesimo servizio in seguito a ripetute violazioni della clausola che vietava il subappalto, contenuta nello stesso contratto.
1.3. Il Ministero dell’Interno e l’Agenzia del Demanio, con la determina congiunta del 23 novembre 2015, hanno perciò deciso di escludere l’Autocentro da tutti gli ambiti provinciali nei quali era risultato aggiudicatario provvisorio o si era classificato secondo.
2. Avverso tale determina l’Autocentro ha proposto ricorso al T.A.R. per il Lazio, lamentando l’illegittimità di siffatta determinazione per sette distinti motivi, chiedendone, previa sospensione, l’annullamento.
2.1. Si sono costituite nel primo grado di giudizio le Amministrazioni intimate per resistere al ricorso.
2.2. Con sentenza n. 281 del 12 gennaio 2016, resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., il T.A.R. per il Lazio ha respinto il ricorso, compensando le spese di lite.
2.3. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’Autocentro, proponendo sette motivi di censura che saranno di seguito esaminati, e ne ha chiesto, previa sospensione, la riforma, con conseguente annullamento dell’esclusione in primo grado impugnata.
2.4. Si sono costituite le Amministrazioni appellate per resistere al ricorso.
2.5. Con ordinanza n. 396 del 4 febbraio 2016 è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione proposta dall’Autocentro.
2.6. Infine nella pubblica udienza del 5 maggio 2016 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
3. L’appello è infondato e deve essere respinto.
3.2. Tutti i sette motivi di gravame proposti dall’Autocentro, che qui di seguito si riportano e si analizzano sinteticamente, sono infondati.
4. Con il primo motivo (pp. 16-18 del ricorso) l’Autocentro lamenta l’omesso esame, da parte del T.A.R., del motivo relativo alla violazione dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990.
4.1. L’appellante fa rilevare che per il lotto di Catanzaro è intervenuta l’aggiudicazione definitiva e il fatto che essa si sia classificata al secondo posto non esclude certo il suo interesse a permanere in graduatoria, con la conseguenza che la mancata comunicazione di cui al citato art. 7 lederebbe il suo diritto alla partecipazione procedimentale.
4.2. Analogamente il diritto alla partecipazione procedimentale dell’odierna appellante, esclusa dalla gara, doveva altresì essere garantito anche per gli altri lotti in cui è intervenuta l’aggiudicazione provvisoria.
4.3. Il motivo è infondato.
4.4. L’esclusione da una gara, disposta in esito al riscontro negativo circa il possesso di un requisito di partecipazione, come quello di cui qui si controverte, non postula la previa comunicazione di avvio del procedimento, per costante giurisprudenza di questo Consiglio, attenendo ad un segmento necessario di un procedimento della cui pendenza l’interessato è già necessariamente a conoscenza (cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 21 dicembre 2010, n. 9324; Cons. St., sez. III, 13 aprile 2016, n. 1471).
5. Con il secondo motivo (p. 18 del ricorso) l’odierno appellante lamenta, poi, l’omesso esame della censura relativa alla violazione delle garanzie relative al diritto di difesa e al contraddittorio, per la affermata indefettibilità del contraddittorio anche in questa specifica materia.
5.1. La censura è sterilmente ripetitiva di quella appena esaminata – al di là del richiamo a taluni precedenti giurisprudenziali e a non meglio precisati principi del diritto europeo – e, nella sua apoditticità, trascura di considerare che la verifica dei requisiti è una fase necessaria dell’evidenza pubblica, che il concorrente non può e non deve ignorare, allorché decide di partecipare alla gara, non potendo lamentare di non esserne stato messo preventivamente a conoscenza.
6. Con il terzo motivo (pp. 18-20 del ricorso) l’appellante lamenta che il T.A.R. avrebbe erroneamente annesso decisiva importanza ad un fatto, la mancata impugnazione della risoluzione, dalla quale non conseguiva in via automatica un giudizio di inaffidabilità dell’impresa.
6.1. Il primo giudice, peraltro, avrebbe trascurato le seguenti circostanze (pp. 19-20 del ricorso):
a) permaneva un rapporto di fiducia con le Amministrazioni centrali intimate e con la Prefettura di Cosenza, confermato dalla prosecuzione di tutti gli altri appalti, compreso quello analogo con la Prefettura di Cosenza;
b) l’eventuale prosecuzione del contenzioso avrebbe potuto rallentare o pregiudicare l’iter per ottenere la certificazione dei crediti, alla quale il ricorrente si era visto costretto a fare ricorso a fronte dei ritardi dell’Amministrazione nel pagamento dei corrispettivi;
c) il contratto risolto era sostanzialmente esaurito e in scadenza, in vista dell’affidamento del nuovo contratto, sicché non sussisteva alcuna particolare utilità economica;
d) la Prefettura di Crotone, nel disporre la risoluzione di diritto, si era limitata semplicemente a contestare la violazione del divieto di subappalto, senza qualificare tale comportamento dell’appaltatore come espressione di “grave negligenza” o di “malafede”.
6.2. L’Autocentro, dunque, non avrebbe avuto alcun interesse ad impugnare immediatamente l’illegittima risoluzione e, anzi, aveva valide ragioni per non instaurare da subito un contenzioso, pur avendo formalmente mosso le proprie contestazioni al fine di evitare acquiescenza.
6.3. Il motivo è infondato.
6.4. Come ha rilevato correttamente il T.A.R., seppure con motivazione invero troppo stringata e non del tutto sufficiente, non vi è dubbio che la mancata impugnazione della risoluzione avanti al giudice civile non consente all’Autocentro di rimettere qui in discussione i motivi di questa, nemmeno invocando strumentalmente, ai sensi dell’art. 8, comma 1, c.p.a., la cognizione incidentale del giudice amministrativo sulla gravità dell’inadempimento posto a base della risoluzione ai sensi dell’art. 1456 c.c., come si dirà meglio, più avanti, esaminando il settimo motivo.
6.5. Le ragioni di opportunità che hanno indotto l’Autocentro a non impugnare la risoluzione non rilevano affatto in questa sede.
7. Con il quarto motivo (pp. 20-23 del ricorso) l’Autocentro contesta che il T.A.R. non avrebbe nemmeno tenuto conto, comunque, che dalla risoluzione del contratto non può discendere ipso iure il giudizio di inaffidabilità dell’impresa, il quale deve fondarsi su di una autonoma valutazione della grave negligenza o malafede nell’esecuzione di precedenti commesse, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006, senza adagiarsi acriticamente sulla risoluzione del precedente rapporto contrattuale.
7.1. Le Amministrazioni appellate, in questa prospettiva, non si sarebbero dovute accontentare di un pedissequo richiamo per relationem alla risoluzione del 2014, ma al contrario avrebbero dovuto esternare una specifica motivazione circa l’inadempimento, incentrata sull’elemento soggettivo di questo e scevra da formule di stile.
7.2. E ciò, peraltro, considerando che la stessa Prefettura di Crotone, all’atto di risoluzione, non ha proceduto alla segnalazione al Casellario informatico, ai sensi dell’art. 8, comma 4, del d.P.R. n. 207 del 2010, secondo cui devono essere segnalati «episodi di grave negligenza o errore grave nell’esecuzione dei contratti ovvero gravi inadempienze contrattuali».
7.3. Il motivo è anch’esso infondato.
7.4. Esso muove certamente dalla corretta premessa che la disposizione contenuta nell’art. 38 lett. f), del d. lgs. 12 aprile 2006 n. 163, prevedendo che sono esclusi dalla partecipazione alla gara gli operatori economici che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate in pregressi rapporti, contempla in realtà un fatto complesso che impone la distinzione tra il giudizio afferente alla fase negoziale del pregresso rapporto e il giudizio relativo all’esercizio di poteri amministrativi.
7.5. Il primo giudizio è riservato all’Amministrazione che, quale parte di un pregresso rapporto, può ritenere che l’altra parte abbia posto in essere, nell’esecuzione delle prestazioni, un comportamento connotato da grave negligenza o malafede e decidere di risolvere il contratto stipulato.
7.6. In questo caso, qualora insorgano contestazioni, la competenza a dirimerle spetta al giudice ordinario che esercita un controllo pieno sulle cause interne che hanno condotto alla interruzione del rapporto negoziale.
7.7. Il secondo giudizio spetta all’Amministrazione che, considerati i pregressi rapporti negoziali, adotta, nell’esercizio di un potere pubblico, la determinazione con la quale esclude una impresa da una gara ovvero annulla una aggiudicazione già disposta.
7.8. Si tratta di un potere discrezionale che deve valutare se il fatto pregresso abbia concretamente reso inaffidabile l’operatore economico con possibile pregiudizio dell’interesse pubblico connesso alla realizzazione di determinati servizi e in questo caso, se insorgono contestazioni, la competenza a dirimerle spetta al giudice amministrativo, che esercita un controllo sulle cause esterne che hanno determinato la rottura del rapporto fiduciario al fine di accertare se esiste una figura sintomatica dell’eccesso di potere idonea a comportare l’illegittimità degli atti amministrativi (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 26 giugno 2015, n. 2641).
7.9. Ora, pur movendo da questa condivisibile premessa, la censura non perviene ad una parimenti condivisibile conclusione quando assume che il giudizio discrezionale dell’Amministrazione circa la negligenza dell’Autocentro sia nel caso di specie mancato o, comunque, sia stato di mero stile, con motivazione stereotipa.
7.10. Al contrario il provvedimento di esclusione, qui contestato, ha espressamente rilevato che la risoluzione disposta per violazione – poco rileva, a differenza di quanto assume l’Autocentro, se in via definitiva o meno – del divieto di subappalto nell’ambito di un precedente rapporto contrattuale tra le stazioni appaltanti e la stessa Autocentro, avente lo stesso oggetto, «integra la grave negligenza e malafede idonea a minare l’elemento fiduciario che deve necessariamente sussistere tra il soggetto che indice la gara e il futuro contraente», poiché la violazione delle disposizioni in materia di subappalto, espressione di norme imperative, costituisce un fatto illecito dell’appaltatore in danno dell’Amministrazione che viola il vinculum fiduciae, se così può dirsi, che deve sorreggere l’esecuzione di un servizio tanto delicato come quello di cui si controverte.
7.11. È questa una motivazione, all’evidenza, esente da vizi di macroscopica illegittimità o da eccesso di potere, poiché ben spiega, pur nella sua sintetica formulazione, in cosa consista il vulnus, la rottura dell’elemento fiduciario che giustifica – anzi, secondo l’Amministrazione, impone – l’esclusione dalla gara.
7.12. La violazione delle disposizioni in materia di subappalto, alla luce del sindacato giurisdizionale sulle cause “esterne” dell’esclusione appena menzionato e qui solo consentito, costituisce senza dubbio una forma di grave negligenza, ai sensi e per gli effetti del citato art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006, trattandosi di servizio, quello di recupero, custodia e acquisto dei veicoli oggetto dei provvedimenti di sequestro amministrativo, fermo o confisca, ai sensi dell’art. 214-bis del d. lgs. n. 285 del 1992, nel quale l’intuitus personae assume una connotazione fondamentale dell’elemento fiduciario.
7.13. Di qui, per le ragioni esposte, l’infondatezza del quarto motivo qui proposto.
8. Con il quinto motivo (pp. 23-25 del ricorso) l’Autocentro lamenta, comunque, che la fiducia non sarebbe venuta meno perché le Amministrazioni intimate non hanno considerato la circostanza che esso ha continuato e continua a gestire regolarmente e puntualmente l’analogo servizio per la Prefettura di Cosenza e a gestire altri delicati servizi, affidati dalla stessa Agenzia del Demanio con le convenzioni meglio indicate alle pp. 23-24 del ricorso.
8.1. Tali circostanze denoterebbero, inequivocabilmente, la permanenza del rapporto di fiducia tra la medesima stazione appaltante e l’appaltatore.
8.2. Il motivo non può essere condiviso.
8.3. L’appellante invoca, a sostegno della sua tesi, il precedente di questo Consiglio di Stato, sez. V, 28 settembre 2015, n. 4512, ma il caso esaminato da tale sentenza riguardava i servizi «affidati nel periodo di tempo ricompreso fra la risoluzione del (precedente) contratto e l’affidamento del servizio in gara, a testimonianza non solo della persistenza dell’elemento fiduciario verso l’impresa affidataria, che (in positivo) compendia il requisito prescritto (in negativo: assenza di negligenza e mala fede) dall’art. 38, comma 1, lett. f) d. lgs. n. 163 del 2006, ma altresì della corretta esecuzione delle prestazioni eseguite dopo la risoluzione del contratto».
8.4. Nel caso di specie, invece, non risulta né l’appellante ha specificamente allegato, nel motivo qui esaminato, che le Amministrazioni abbiano affidato nuovi contratti all’Autocentro o abbiano prorogato quelli già in essere dopo la risoluzione del contratto, poiché anche le proroghe prodotte nel primo grado di giudizio (v., per esempio, docc. 57, 68, 59, 60, 74, 75) sono tutte antecedenti alla risoluzione del contratto, risalente al 2014.
8.5. E del resto la stessa Prefettura di Cosenza, in seguito ai fatti di cui è causa, ha immediatamente indirizzato all’Autocentro il preavviso di risoluzione del proprio contratto, quale conseguenza della stessa esclusione, concedendogli un termine di dieci giorni per le eventuali controdeduzioni.
9. Con il sesto motivo (pp. 25-31 del ricorso) l’odierno appellante censura comunque, sul piano del c.d. controllo esterno, la motivazione dell’esclusione, nella parte in cui non avrebbe fornito un’adeguata motivazione ed avrebbe voluto ricavare in modo acritico dalla risoluzione pregressa gli elementi per ritenere l’inaffidabilità dell’impresa.
9.1. Il T.A.R., deduce l’appellante, non ha esaminato questo profilo, essendosi limitato a decretare un automatismo tra la risoluzione contrattuale pregressa e l’esclusione, mentre un’adeguata istruttoria e un maggiore sforzo motivazionale avrebbe condotto a ben diverse conclusioni.
9.2. La risoluzione intervenuta nel 2014 non denotava affatto e non denota a tutt’oggi, secondo la tesi propugnata dall’Autocentro, alcuna grave negligenza o malafede, essendosi la Prefettura di Crotone limitata a contestare, in quella occasione, la violazione del divieto di subappalto, peraltro riferito su limitati casi su 2.100 veicoli trattati, senza tuttavia qualificare il comportamento dell’Autocentro come di tale gravità da ledere il rapporto di fiducia.
9.3. L’appellante espone una serie di elementi fattuali che deporrebbero nel senso di una totale mancanza di negligenza o di malafede rispetto alla contestazione di avere subappaltato il servizio all’ausiliario Autosilana, che sarebbe abilitato solo alle operazioni di soccorso stradale non anche a quelle di depositeria giudiziaria, considerato che Autosilana non era iscritto nello speciale elenco di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 571 del 1982, risalente al 2002.
9.4. Nell’ottica di un controllo giurisdizionale esterno della motivazione del provvedimento impugnato, che l’appellante qui invoca, mentre si potrebbe dibattere circa la validità, o meno, dell’elenco “annuale” del 2002, della legittimità del ricorso all’Autosilana, delle modalità di avvalimento dell’ausiliario, certo sarebbe che tali circostanze non sarebbero sufficienti ad integrare l’ipotesi della grave negligenza e della malafede, sicché la motivazione, ancorché sia espressione di discrezionalità da parte dell’Amministrazione, apparirebbe nella specie meramente apparente, appiattita sulla risoluzione e, pertanto, palesemente illegittima, per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e per illogicità e contraddittorietà manifesta.
9.5. Il motivo deve essere respinto.
9.6. Il sindacato giurisdizionale sulle cause esterne dell’esclusione non può anzitutto spingersi, come assume l’appellante, sino al punto di sindacare i motivi di inadempimento che hanno condotto alla risoluzione, la cui cognizione spetta al giudice ordinario, nemmeno adìto, come detto, dall’Autocentro.
9.7. Tale sindacato, nel caso di specie, deve limitarsi a vagliare la non manifesta illogicità o il palese travisamento dei fatti da parte dell’Amministrazione nel ritenere, ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006, la grave negligenza e/o la malafede da parte dell’Autocentro nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara.
9.8. Ebbene, proprio alla luce di tale sindacato, deve qui escludersi che il provvedimento di esclusione sia affetto dai vizi denunciati dall’Autocentro, anche tenendo presenti gli elementi fattuali rappresentati dall’appellante nel motivo qui esaminato.
9.9. Valga qui solo osservare, a confutazione della riduttiva e svalutante ricostruzione dei fatti contestatigli offerta dall’appellante, che l’Autocentro ha subappaltato parte del servizio ad un soggetto, l’Autosilana, non iscritto nell’elenco prefettizio di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 571 del 1982, con un contegno contrattuale la cui gravità, ai fini che qui rilevano, non può essere scalfita dall’argomento, erroneo, che tale elenco risalente al 2002, non aggiornato di anno in anno in base alla dovuta ricognizione periodica, avrebbe perso la sua efficacia.
9.10. L’elenco prefettizio di cui all’art. 8, comma 2, del d.P.R. n. 571 del 1982, solo perché non aggiornato annualmente, non perde la sua efficacia e, comunque, resta il fatto che l’Autocentro non ne abbia chiesto alla Prefettura l’elenco per accertarsi dei soggetti ai quali potesse rivolgersi nell’ipotesi, di cui ora si vedrà, dell’art 17 del contratto stipulato con l’Amministrazione.
9.11. È evidente la grave negligenza dell’Autocentro, accertata dall’Amministrazione, nell’avere fatto ricorso al meccanismo della delega di autorizzazione ad espletare il servizio di recupero dei veicoli, così eludendo il dettato della previsione contrattuale dell’art. 9 del capitolato tecnico, che impegnava l’aggiudicatario a prestare i servizi direttamente, e raggiungendo sostanzialmente il medesimo risultato sotteso al divieto del subappalto totale o parziale del servizio, previsto dall’art. 16 del contratto.
9.12. Si deve ricordare, infatti, che l’art. 17 del contratto stipulato tra l’Autocentro e l’Amministrazione prevedeva espressamente che, nelle ipotesi in cui il custode acquirente si fosse trovato nelle condizioni di temporanea indisponibilità nell’assunzione in custodia, si sarebbe potuto avvalere delle depositerie rientranti nell’elenco previsto dall’art. 8 del citato d.P.R. n. 571 del 1982, dandone immediata e motivata comunicazione alla stazione appaltante.
9.13. Ora l’Autocentro ciò non ha fatto né ha dedotto di avere fatto, nemmeno nelle deduzioni di cui al motivo qui in esame, non essendosi avvalso di depositeria rientrante in detto elenco né avendone dato, comunque, comunicazione all’Amministrazione, con evidente violazione delle disposizioni contrattuali che le vietavano il subappalto se non nei limiti, chiari, inequivocabili e rigorosi, fissati dall’art. 17 del contratto.
9.14. Tutti gli ulteriori argomenti spesi dall’appellante nel motivo sin qui esaminato, alla luce di quanto detto, sono del tutto ininfluenti giuridicamente ai fini che qui rilevano.
9.15. Il motivo, dunque, è infondato.
10. Le argomentazioni sin qui esposte conducono anche alla reiezione del settimo ed ultimo motivo (pp. 31-35 del ricorso), con il quale l’Autocentro assume che il primo giudice, venendo meno al proprio dovere di scrutinare incidentalmente, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., il contegno contrattuale dell’odierno appellante, avrebbe omesso di censurare la mancanza di una adeguata motivazione nel provvedimento di esclusione qui contestato.
10.1. Ciò, deduce l’appellante, per un duplice ordine di considerazioni:
1) la “scarsità” o, per meglio dire, la scarsa importanza del presunto inadempimento, ai sensi dell’art. 1455 c.c., essendo stati limitati i casi di ricorso all’ausiliario – 395 su ben 2.100 veicoli nell’anno 2014 per la sola Provincia di Crotone – come risulterebbe dagli atti istruttori posti a fondamento della risoluzione, recentemente acquisiti dall’Autocentro;
2) l’assenza di effettivo subappalto, per essere le prestazioni demandate all’ausiliario ben distinte da quelle oggetto di contratto, afferendo le prime alla sola messa in sicurezza d’urgenza del veicolo sequestrato/fermato, consentita dall’art. 2, comma 3, del capitolato tecnico e da una lettura combinata dello stesso art. 17, comma 2, del contratto, sopra richiamato, laddove consente all’ausiliario di provvedere in via di urgenza all’assunzione temporanea in custodia del veicolo, salvo poi destinarlo alla custodia definitiva presso la depositeria del custode-acquirente.
10.2. L’appellante deduce, in particolare, che l’ausiliario del ricorrente non ha mai operato alcun recupero di veicoli né alcun ricovero presso la propria depositeria, limitandosi ad intervenire d’urgenza sulla strada e ad attendere i mezzi dell’Autocentro, come risulterebbe dagli stessi verbali di fermo/sequestro con affidamento diretto all’appellante anche nei casi di intervento dell’ausiliario, atti tutti, poi, comunicati alla Prefettura.
10.3. Ancora l’esistenza di un effettivo subappalto sarebbe esclusa dalle deposizioni del titolare della ditta, Fabio Massimilla, e dai dipendenti di questa, Salvatore Muraca e Giovanni Chiarelli, raccolte dall’odierno procuratore dell’appellante, avvocato Coppola, con verbale di assunzione di sommarie informazioni testimoniali rese ai sensi dell’art. 327-bis c.p.p., oltre che dal fatto che i verbali di custodia fossero intestati direttamente al custode-acquirente dalle forze di polizia.
10.4. Né potrebbe, infine, contestarsi l’affidabilità dell’ausiliario, che risultava essere egli stesso consegnatario e depositario di fiducia delle forze di polizia, in una situazione di assoluto caos e mancanza di valido elenco prefettizio annuale ai sensi dell’art. 8 del più volte citato d.P.R. n. 571 del 1982.
10.5. Il motivo è infondato.
10.6. La cognizione incidentale del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., non può anzitutto sindacare i fatti – nel caso di specie la gravità dell’inadempimento contrattuale dell’impresa aggiudicataria che giustifichi la risoluzione del contratto ai sensi degli artt. 1453 e 1455 c.c. – che la parte ha deliberatamente omesso di sottoporre alla cognizione principale del giudice civile, pur avendo essa l’onere processuale di farlo, poiché le strategie opportunistiche della parte, che ha deciso di non contestare tali fatti davanti al giudice munito di apposita potestas iudicandi, non possono condizionare né aggirare il riparto di giurisdizione con lo strumentale ricorso all’esercizio della cognizione incidentale da parte del giudice amministrativo.
10.7. Nel caso di specie, peraltro, l’esercizio della cognizione incidentale, oltre che non consentito, non è nemmeno necessario ai fini che qui rilevano, «per pronunciare sulla questione principale» ai sensi dell’art. 8, comma 1, c.p.a., poiché non si tratta qui, per le ragioni vedute, di accertare la non scarsa importanza dell’inadempimento, peraltro superata e preclusa, quanto al fatto oggettivo della non scarsa importanza dell’inadempimento, dall’espressa previsione della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 1456 c.c., ma della grave negligenza e della malafede ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), del d. lgs. n. 163 del 2006.
10.8. In questa sede, per dirla altrimenti, il giudice amministrativo è chiamato a valutare se l’Amministrazione, nel valutare il pregresso inadempimento contrattuale quale fatto storico (e non quale causa giuridica della risoluzione), ne abbia correttamente tratto la conclusione che tale fatto integri gli estremi della negligenza e della malafede quale causa esterna dell’esclusione, scrutinabile dallo stesso giudice amministrativo nei limiti consueti del suo sindacato di legittimità dianzi ricordati.
10.9. La valutazione dell’Amministrazione, per le ragioni esposte nell’esame del sesto motivo di appello, va esente da censura.
10.10. A tali ragioni vanno qui solo aggiunte alcune brevi, ulteriori, considerazioni.
10.11. L’avere l’Autocentro fatto ricorso ad un ausiliario non autorizzato ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 571 del 1982, senza peraltro darne notizia preventiva all’Amministrazione, integra correttamente l’ipotesi della negligenza, se non della malafede, nell’esecuzione del contratto, violando di fatto il divieto di subappalto, poiché l’Autocentro ben conosceva gli obblighi discendenti dalla legge, dal capitolato tecnico e dallo stesso contratto, e non può pretendere di giustificarsi con l’esiguità dei mezzi affidati, a suo dire solo in via di urgenza, all’Autosilana o con il caos amministrativo nell’aggiornamento annuale dell’elenco prefettizio o, ancora, con il fatto, puramente affermato, che anche le forze di polizia affidassero in custodia all’Autosilana i veicoli sequestrati.
10.11. Si tratta di argomentazioni tutte ad colorandum che non intaccano tuttavia, nel suo nucleo essenziale, la gravità della condotta tenuta dall’Autocentro, quale fatto storico posto a fondamento dell’esclusione, perché integrante quantomeno gli estremi della grave negligenza, per essersi avvalsa, nell’esecuzione del servizio, di soggetto non autorizzato, fatto di cui non ha dato nemmeno preventiva notizia all’Amministrazione.
10.12. L’elenco, di cui all’art. 8 del d.P.R. 29 luglio 1982, n. 571, è la lista, predisposta annualmente dal Prefetto, dei soggetti ai quali può essere affidata la custodia dei veicoli a motore sottoposti a sequestro amministrativo e la lista, in pratica, è una ricognizione dei luoghi (“idonei locali”, secondo l’art. 394 del d.P.R. n. 498 del 1992, sostanzialmente ripetitivo dell’art. 8 cit.), nei quali può essere trasportato e custodito il veicolo sequestrato, quali, in genere, autorimesse, garage, parcheggi, depositi di autoveicoli, gestiti da soggetti privati (Cons. St., sez. III, 14 giugno 2011, n. 3615).
10.13. Ne deriva, con tutta evidenza, che «il deposito di veicoli affidati alla custodia dell’odierno appellante in aree prive di autorizzazione realizza una gestione del servizio pubblico svolta in maniera illegittima, a fronte della quale alcuna illogicità o travisamento è ravvisabile nell’operato dell’amministrazione, che in sostanza ha preteso che un’attività svolta a tutela della legalità venga, a sua volta, condotta legittimamente» (Cons. St., sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 348; Cons. St., sez. III, 14 giugno 2011, n. 3615).
10.14. Le sommarie informazioni testimoniali rese ai sensi dell’art. 327-bis c.p.p. dal titolare dell’Autosilana e dei dipendenti dell’Autocentro, lungi dallo smentire la circostanza dell’affidamento non autorizzato ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 571 del 1982, confermano che il titolare dell’Autosilana effettuava, seppure in via di urgenza, l’attività di messa in sicurezza dei veicoli, non autorizzata né comunicata, veicoli «che venivano sottoposti a sequestro e/o fermo amministrativo nella provincia di Crotone, nel frattempo che giungessero [sic] i suoi [dell’Autocentro, n.d.r.] mezzi con il suo personale da Mirto» (dichiarazioni di Fabio Massimilla rese il 10.12.2015 all’Avvocato Coppola, doc. 6 fasc. parte ricorrente in primo grado).
10.15. Di qui, per tutte le ragioni sopra esposte e quelle appena evidenziate, l’infondatezza del settimo motivo qui esaminato.
11. L’appello, in conclusione, è infondato e deve essere respinto, in una con le consequenziali domande di inefficacia dei contratti nel frattempo stipulati, del subentro o del risarcimento per equivalente (p. 35 del ricorso), meritando conferma, seppure per le diverse ragioni esposte, la sentenza impugnata.
12. Le spese del presente grado di giudizio, considerata, comunque, la complessità del caso qui esaminato e la non completa (auto)sufficienza delle ragioni esposte dalla sentenza impugnata, possono essere interamente compensate tra le parti.
12.1. Rimane definitivamente a carico dell’odierna appellante, attesa la sua sostanziale soccombenza, il contributo unificato versato per la proposizione del gravame.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto da Autocentro di Paolo Pecora, lo respinge e per l’effetto conferma, con diversa motivazione, la sentenza impugnata.
Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Pone definitivamente a carico di Autocentro di Paolo Pecora il contributo unificato versato per la proposizione dell’appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri, Consigliere