Tar Lazio, Roma, Sez. III, 14 gennaio 2015 n. 539
Tar Lazio, Roma, Sez. III, 14 gennaio 2015 n. 539
Pres. Corsaro, Est. Vallorani
1. Anche le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (I.P.A.B.) possono rientrare fra i soggetti legittimati a partecipare alle gare d’appalto, non sussistendo – anche alla stregua della giurisprudenza comunitaria – l’esistenza di un divieto per gli operatori pubblici a partecipare alle procedure ad evidenza pubblica. Infatti, la definizione comunitaria di impresa non discende da presupposti soggettivi, quali la pubblicità dell’ente o l’assenza di lucro, ma da elementi puramente oggettivi quali l’offerta di beni e servizi da scambiare con altri soggetti.
2. Anche alla stregua della giurisprudenza comunitaria, deve ritenersi che la partecipazione a finanziamenti pubblici non precluda in assoluto l’ammissione dell’ente pubblico alle gare pubbliche. L’unico limite all’ammissibilità delle offerte di soggetti pubblici non imprenditori può semmai derivare, eventualmente, da clausole statutarie auto-limitative ovvero dallo statuto giuridico proprio di quel tipo di ente (sia esso pubblico o privato) sulla base delle normativa nazionale di riferimento: sarà cioè necessario effettuare, caso per caso, un esame approfondito dello statuto di tali persone giuridiche al fine di valutare gli scopi istituzionali per cui sono state costituite.
BREVI ANNOTAZIONI
L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA
Nella presente pronuncia, la questione specifica di cui si dibatte ha ad oggetto la legittimazione per un ente qualificato come IPAB di partecipare ad una procedura di gara indetta per l’affidamento di un servizio, in particolare di assistenza alla comunicazione rivolta agli alunni con disabilità uditiva e visiva. Secondo la tesi sostenuta dal ricorrente, stante la predetta qualificazione, esso si configurerebbe come un ente pubblico escluso dal novero dei concorrenti ammissibili alle procedure di evidenza pubblica, individuati dall’art. 34, comma 1, D.Lgs. n. 163 del 2006, disposizione che, pur fornendo un elenco non tassativo dei soggetti che possono presentare offerte, non consente certamente una “indiscriminata ammissione dei soggetti, cui possono essere affidati appalti pubblici”. In particolare si osserva che tale ente, in quanto ente pubblico, è un’amministrazione aggiudicatrice ex art. 3, comma 25, D.Lgs. n. 163 del 2006, assumendo così una vesta incompatibile con il ruolo di operatore economico legittimato a partecipare ai pubblici affidamenti; a ciò si aggiunge, ad avviso della ricorrente, la circostanza della partecipazione e comunque dell’influenza (statutariamente predeterminata) da parte degli Enti pubblici territoriali nella gestione dell’ente medesimo.
IL PERCORSO ARGOMENTATIVO
Diversa la tesi sostenuta dalla difesa dell’ente controinteressato ed accolta dai giudici amministrativi, i quali pervengono alla confutazione di tutte le argomentazioni prima esposte.
Si osserva anzitutto che trattasi di tipologia soggettiva caratterizzata da un notevole “ibridismo” giuridico in cui, a fronte di un rilievo certamente pubblicistico delle finalità perseguite (peraltro non più riservate allo Stato e agli enti pubblici a tale scopo istituti, nel rinnovato quadro costituzionale che, grazie all’art. 38 Cost., ammette l’assistenza privata accanto a quella pubblica) emerge una notevole autonomia patrimoniale, gestionale e contabile, da ultimo confermata dal D.Lgs. n. 207 del 2001 che innova profondamente la materia.
Peraltro nel quadro di principio derivante dall’art. 38, comma 5, Cost. secondo cui “l’assistenza privata è libera”, le I.P.A.B. “costituende” possono certamente assumere una personalità di diritto privato (quali associazioni o fondazioni) secondo le disposizioni del codice civile in materia.
Alla luce di tali premesse, l’istituzione in esame, si ritiene, non debba essere giudicata in astratto sotto il profilo della natura della sua personalità giuridica (pubblica ovvero privata) quanto, piuttosto, in concreto, con riferimento all’assetto strutturale ed organizzativo desumibile dallo Statuto oltre che dalle disposizioni di legge che ad essa si applicano.
Con queste precisazioni si perviene alla conclusione che si tratta di un ente formalmente pubblico, in quanto non ha modificato la propria natura di IPAB, ma con accentuati elementi di “ibridismo” che avvicinano l’ente in questione ad una istituzione privata del tipo “fondazione”, in quanto ha il suo elemento qualificante di fondo nella costituzione di un patrimonio destinato al perseguimento di determinate finalità (cfr. artt. 14,15, 16, 25 e 28 cod. civ.) ed evidenzia chiaramente una autonomia patrimoniale (l’ente persegue i suoi scopi attraverso un proprio patrimonio privato produttivo di rendite), gestionale (in quanto le scelte e le decisioni sono assunte liberamente dai propri organi, Presidente e Direttore generale, nei limiti dello Statuto e senza una influenza determinante da parte dell’ente pubblico di riferimento, che è la Regione), contabile-finanziaria (l’ente ha un suo bilancio ed entrate proprie di natura privata, derivanti dalle rendite patrimoniali e dai corrispettivi contrattuali e/o convenzionali per i servizi resi in favore di soggetti non solo pubblici, ma anche privati). Quest’ultimo aspetto dell’autonomia è particolarmente rilevante, perché dimostra che l’ente non grava sul bilancio della regione o di altro ente pubblico, né gode (se non marginalmente) di finanziamenti pubblici dovendo perseguire in proprio l’economia di gestione e l’obbiettivo del pareggio di bilancio.
Chiarito tale aspetto, l’ulteriore passaggio motivazionale della sentenza muove dall’analisi della giurisprudenza europea in cui la nozione di impresa è nozione dai confini ampi tale da comprendere qualsiasi ente che esercita un’attività economica consistente nell’offerta di beni e servizi su un determinato mercato, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (cfr. da ultimo, in tal senso, Corte di giustizia CE, sentenza 26 marzo 2009, causa C-113/07 P, Selex Sistemi Integrati/ Commissione e Eurocontrol);
In particolare, confutando anche su tale punto la tesi sostenuta dal ricorrente, si osserva che la Corte di giustizia CE ha avuto modo di precisare che anche gli enti pubblici che beneficiano di sovvenzioni erogate dallo Stato, che consentono loro di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli altri offerenti non sovvenzionati, sono espressamente autorizzati dalla direttiva a partecipare a procedure per l’aggiudicazione di appalti pubblici (sentenza 7 dicembre 2000, causa C-94/99, ARGE): deve perciò ritenersi che gli enti pubblici non economici possono partecipare a quelle gare che abbiano ad oggetto prestazioni corrispondenti ai loro fini istituzionali, con la conseguente necessità di operare una verifica in concreto dello statuto al fine di valutare la conformità delle prestazioni oggetto dell’appalto agli scopi istituzionali dell’ente, optando per un’interpretazione che non riconosce carattere tassativo all’articolo 34 del Codice;
Alla luce di tali osservazioni, il Tar perviene al rigetto del ricorso.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Può dunque conclusivamente osservarsi che le disposizioni della direttiva 2004/18, ed in particolare quelle di cui al suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, che si riferiscono alla nozione di “operatore economico”, devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un’impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le università e gli istituti di ricerca nonché i raggruppamenti costituiti da università e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi. Pertanto, deve considerarsi ammesso a presentare un’offerta o a candidarsi qualsiasi soggetto o ente che, considerati i requisiti indicati in un bando di gara, si reputi idoneo a garantire l’esecuzione di detto appalto, in modo diretto oppure facendo ricorso al subappalto, indipendentemente dal fatto di essere un soggetto di diritto privato o di diritto pubblico e di essere attivo sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale, o, ancora, dal fatto di essere sovvenzionato tramite fondi pubblici o meno. L’effettiva capacità di detto ente di soddisfare i requisiti posti dal bando di gara deve essere valutata durante una fase ulteriore della procedura, in applicazione dei criteri previsti agli articoli 44-52 della direttiva 2004/18.
BIBLIOGRAFIA
F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, VIII Ed., 2015.
F. CARINGELLA, M. GIUSTINIANI, I contratti pubblici, in Manuale di diritto amministrativo, Vol. IV, 2014.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11419 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla
Domus Caritatis Società Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e nella qualità di Capogruppo del RTI con Associazione Virtus Italia Onlus – Consorzio di solidarietà sociale, in persona del legale rappresentante p.t. e con Soc. Coop. Segni di Integrazione a r.l. Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., tutte rappresentate e difese dall'avv. Michele Perrone, con domicilio eletto presso il dott. Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria, 2;
contro
Provincia di Roma, in persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Giovanna De Maio, con domicilio eletto presso l’avv. Giovanna De Maio in Roma, Via IV Novembre, 119/A;
nei confronti di
Centro Regionale S Alessio - Margherita di Savoia per i ciechi, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Stelio Mangiameli, con domicilio eletto presso l’avv. Stelio Mangiameli in Roma, Via Poerio, 56;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia
- della determina dirigenziale prot. 4781 del 19.8.2014 della Provincia di Roma che dispone l’aggiudicazione definitiva relativa al Lotto 2 al Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i Ciechi;
- di tutti i verbali di gara ed in particolare di quelli di preselezione del 3.6.2014 e del verbale di gara del 14.8.2014, con cui al termine delle operazioni di gara, il Presidente della Commissione aggiudicatrice ha dichiarato aggiudicatario provvisorio il Centro predetto;
- degli atti del sub procedimento di verifica dell’anomalia;
- occorrendo, del bando di gara anche nella parte in cui non esclude espressamente gli enti pubblici tra i soggetti esclusi dalla gara;
- della determinazione dirigenziale n. 122 del 10.9.2014 del Direttore del Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i Ciechi;
- di ogni ulteriore atto connesso e/o presupposto;
NONCHE’
Per la declaratoria di inefficacia del contratto ove stipulato ai sensi dell’art. 121, lett. c) e d) e 122 CCP e per l’aggiudicazione dell’appalto in suo favore ovvero, ove stipulato, per il subentro nel contratto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 124 CCP;
NONCHE’ IN SUBORDINE
nell’ipotesi della mancata aggiudicazione e stipula del contratto in suo favore, per il risarcimento per equivalente dei danni tutti conseguenti al mancato conseguimento del contratto in oggetto ai sensi degli artt. 30 e 124 c.p.a.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Roma e del Centro Regionale S Alessio - Margherita di Savoia per i ciechi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2014 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con bando pubblicato sulla GUUE del 19.4.2014 (doc. 1 ric.) la Provincia di Roma indiceva la gara, basata sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento del servizio di assistenza alla comunicazione rivolta agli alunni delle scuole di ogni ordine e grado del territorio provinciale, con disabilità sensoriale uditiva (lotto 1) e visiva (lotto 2) relativamente agli anni scolastici 2014 /2016.
Nel termine fissato dal bando pervenivano n. 3 offerte per ciascuno dei due lotti, tutte ammesse nella seduta pubblica di preselezione del 3.6.2014 (doc. 4 ric.).
All’esito dei propri lavori la Commissione giudicatrice, per il lotto 2, assegnava i seguenti punteggi relativi alle offerte tecniche presentate:
- Domus Caritatis: 65;
- Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i ciechi: 64;
- Socio Culturale Coop Sociale ONLUS: 61.
In esito alla successiva seduta del 18.7.2014 venivano invece assegnati i seguenti punteggi alle offerte economiche dei concorrenti:
- Domus Caritatis: 21,45;
- Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i ciechi: 30;
- Socio Culturale Coop Sociale ONLUS: 23,39.
Il Presidente dichiarava quindi quale migliore offerta quella del Centro S. Alessio (con il punteggio complessivo di 94) e seconda classificata la Domus Caritatis (con un punteggio di 86,45).
L’aggiudicazione provvisoria veniva subordinata all’esito della verifica dell’anomalia, risultando l’offerta del Centro S. Alessio superiore alla soglia (doc. 5 res.).
Seguiva apposita richiesta di informazioni, da parte del responsabile del procedimento ai sensi degli artt. 87 e 88 del D.Lgs. n. 163 del 2006 (doc. 6 res.) a cui l’aggiudicatario provvisorio dava prima riscontro con nota del 31.7.2014 (doc. 7 res.) e quindi, dopo ulteriore sollecitazione informativa da parte dell’Amministrazione, con nota del 6.8.2014 (doc. 9 res.) a cui allegava una tabella riassuntiva del piano economico elaborato per formulare l’offerta, con descrizione delle tipologie del personale impiegato e relativo inquadramento.
In data 7.8.2014 venivano convocati dinnanzi alla Commissione giudicatrice i responsabili del Centro S. Alessio che fornivano ulteriori delucidazioni sui costi del personale considerati, depositando a tal fine una nota apposita di cui la Commissione dava atto a verbale (verbale n. 3 del 7.8.2014 doc. 3 res.).
La Commissione, ritenuta congrua l’offerta, nella successiva seduta pubblica del 14.8.2014 dichiarava l’aggiudicazione provvisoria del lotto 2 a favore del Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i ciechi.
Con determinazione dirigenziale n. 4781/2014 si provvedeva all’aggiudicazione definitiva in favore del Centro medesimo.
L’Amministrazione ha successivamente rettificato un mero errore materiale delle predetta determina con d.d. n. 5418 del 2014 e, quindi, con d.d. 5351 del 2014 ha disposto l’affidamento anticipato dell’esecuzione del servizio (prima della stipula del contratto) sussistendo ragioni di necessità ed urgenza connesse alla tutela del diritto allo studio per gli alunni con disabilità visiva nell’imminenza dell’apertura dell’anno scolastico 2014/2015, riconducibili alla previsione di cui all’art. 11, commi 89 e 12, D.Lgs. n. 163 del 2006.
La Provincia si è riservata la formalizzazione del contratto in relazione all’esito della decisione del TAR sul presente ricorso, spedito a notifica in data 12.9.2014 e depositato entro i termini di rito con cui il RTI in epigrafe, rappresentato dalla Domus Caritatis soc. coop. sociale, impugna l’atto di aggiudicazione sopra specificato e gli atti di gara ad esso prodromici e connessi (ivi compresi quelli inerenti la verifica dell’anomalia) per i motivi che di seguito si sintetizzano:
I. Violazione di legge. Inammissibilità dell’odierno controinteressato (Centro regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i ciechi) a partecipare alla procedura di gara. Falsa applicazione dell’art. 34 del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163. Eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria. Violazione del principio di “par condicio” tra i concorrenti: sostiene la Cooperativa ricorrente che, stante la qualificazione di IPAB (Istituzione pubblica di Assistenza e Beneficienza) dell’Ente aggiudicatario (secondo quanto prevede il suo stesso Statuto) esso è un ente pubblico escluso dal novero dei concorrenti ammissibili alle procedure di evidenza pubblica, come individuati dall’art. 34, comma 1, D.Lgs. n. 163 del 2006, disposizione che, pur fornendo un elenco non tassativo dei soggetti che possono presentare offerte, non consente certamente una “indiscriminata ammissione dei soggetti, cui possono essere affidati appalti pubblici”: in particolare il Centro controinteressato, in quanto ente pubblico, è un’amministrazione aggiudicatrice ex art. 3, comma 25, D.Lgs. n. 163 del 2006, assumendo così una vesta incompatibile con il ruolo di operatore economico legittimato a partecipare ai pubblici affidamenti; a ciò si aggiunge, ad avviso della ricorrente, la circostanza della partecipazione e comunque dell’influenza (statutariamente predeterminata) da parte degli Enti pubblici territoriali nella gestione del Centro Regionale S. Alessio, mediante la nomina dell’organo amministrativo (monocratico) da parte del Presidente delle Regione Lazio e, ciò che più conta in questa sede, per mezzo della presenza, nel Comitato di Programmazione e Sorveglianza del Centro, di un rappresentante della Provincia di Roma, che è l’ente che ha bandito la gara; la non ammissibilità del Centro S. Alessio alla gara si desumerebbe altresì dall’art. 2 del suo stesso Statuto che sembra escludere la possibilità di svolgere attività imprenditoriale e comunque di stipulare contratti di appalto potendo esso soltanto stipulare “apposite convenzioni” con i soggetti istituzionalmente competenti; inoltre la fruizione, da parte del Centro, di “finanziamenti da enti ed istituzioni pubbliche e private” per il perseguimento dei propri scopi istituzionali, secondo quanto previsto dall’art. 3 dello Statuto, pone detto Ente in una posizione di inaccettabile vantaggio concorrenziale rispetto a soggetti che, come la ricorrente, operano nel mercato secondo criteri imprenditoriali e, comunque, di necessaria sostenibilità economica dell’attività svolta;
II. Violazione dell’art. 2 del Disciplinare di gara. Eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria. Violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 48 D.Lgs. n. 163 del 2006. Violazione e falsa applicazione del’art. 75 D.P.R. n. 445 del 2000: ad avviso della cooperativa ricorrente poiché l’ente controinterssato eroga i propri servizi di assistenza ai disabili visivi attraverso convenzioni “ad hoc” stipulate con gli enti locali e non mediante contratti, le sue entrate non possono qualificarsi, tecnicamente, come corrispettivi dipendenti da contratti secondo la definizione di cui all’art. 3 D.P.R. n. 633 del 1972 (legge sulla disciplina dell’IVA); deriverebbe da ciò che esso non potrebbe vantare un vero e proprio “fatturato”, da intendersi secondo le regole commerciali e fiscali, come “ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali”, corrispondente al volume di affari del contribuente risultante dalle operazioni registrate o soggette a registrazione di cui all’art. 20 D.P.R. n. 633 del 1972 (cfr. al riguardo anche l’art. 13 del D.P.R. cit.); non avendo un fatturato il Centro regionale S.Alessio Margherita di Savoia per i ciechi, secondo la ricorrente, non ha fornito dichiarazioni rispondenti al vero quando, in sede di gara ha affermato il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria richiesti dall’art. 2, lett. r) del disciplinare di gara, fondati espressamente sul fatturato globale (che non deve essere inferiore al 50% dell’importo a base di gara per ciascun lotto, Iva esclusa) e sul fatturato specifico per servizi resi nel settore oggetto della gara (non inferiore al 25 % dell’importo a base di gara per ciascun lotto, Iva esclusa); stante quanto previsto dall’art. 38, comma 1 ter, D.Lgs. n. 163 / 2006 ed attesa la falsità di quanto dichiarato dal soggetto controinteressaato, quest’ultimo doveva essere escluso dalla gara;
III. Violazione e falsa applicazione degli art. 86 e ss. del D.lgs. n. 163 del 2006. Carenza di istruttoria e di motivazione: la manifesta anomalia dell’offerta dell’aggiudicatario (peraltro rilevata dalla stessa S.A. che lo ha sottoposto alle verifiche di cui agli artt. 87 e 88 D.Lgs. n. 163 del 2006) doveva condurre alla sua esclusione; risulterebbero apertamente violate le disposizioni sulla quantificazione del costo del personale e le norme di legge che contengano un sia pur minimo margine di utile.
Si sono costituti in giudizio, depositando memorie difensive e documenti, la Provincia di Roma (resistente) ed il Centro regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i ciechi (aggiudicatario/contro interessato).
Da parte della Provincia si deduce l’infondatezza delle censure di cui al punto I del ricorso avversario in quanto alla luce della più recente giurisprudenza amministrativa e comunitaria deve escludersi ogni tassatività dell’elenco di cui all’art. 34 del D.Lgs. n. 163 del 2006 dei soggetti ammessi a partecipare alle procedure di evidenza pubblica, tra i quali possono annoverarsi anche gli enti pubblici che eroghino stabilmente servizi corrispondenti o analoghi a quelli oggetto di affidamento, stante la definizione di “operatore economico” legittimato a presentare offerte in una gara pubblica derivante dall’art. 1 della Direttiva n. 2004/18/CE del 31.3.2004, la quale trova rispondenza, nel diritto interno, nella definizione di “operatore economico” di cui all’art. 3, comma 22, D.Lgs. n. 163 del 2006, che appare ben più ampia di quella di “imprenditore”.
L’Ente territoriale evidenzia inoltre il ruolo marginale e non gestionale (ma di mero controllo) del Comitato di sorveglianza, in seno al quale, in base allo Statuto del Centro regionale S.Alessio , è prevista la presenza di un soggetto nominato dalla Provincia il quale, in ogni caso, non svolge la sua funzione “in rappresentanza” dell’Ente. L’Ente resistente sottolinea (in opposizione al motivo di ricorso sub III) di avere svolto, all’indomani dell’aggiudicazione provvisoria, una approfondita verifica circa la sostenibilità economica dell’offerta dell’aggiudicatario, la quale, come documentato dai documenti prodotti (vedi in part. docc. 7 – 11 res.), ha condotto a considerare congrua l’offerta stessa (v. Verbale n. 3 del 7.8.2014).
Il Centro regionale S.Alessio Margherita di Savoia per i ciechi, nella propria prima memoria svolge un dettagliato “excursus” storico e normativo sulle IPAB (Istituti pubblici di assistenza e beneficienza), categoria nella quale deve ricondursi il Centro stesso evidenziando come la stessa natura pubblicistica di questa tipologia di enti non è affatto scontata, permanendo elementi di accentuato “ibridismo”, stante il rilievo pubblicistico degli stessi, relativo alle finalità assistenziali da essi perseguite cui si accompagna però una notevole autonomia patrimoniale, gestionale e contabile (come riconosciuta dal D.Lgs. n. 207 del 2001, fonte statale che continua a disciplinare il fenomeno delle istituzioni IPAB nella Regione Lazio che, nonostante le funzioni legislative esclusive in materia di assistenza attribuite alle regioni dall’art. 117, comma 4, Cost., fino ad oggi ha ritenuto di non introdurre una normativa regionale organica in materia), autonomia che esclude ogni strumentalità dell’ente rispetto alla Regione ed ogni “controllo analogo” di quest’ultima sull’ente, nascendo il Centro regionale S. Alessio, storicamente, da un’iniziativa privata assimilabile alla costituzione di una fondazione ed avendo da sempre conseguito i propri ricavi (non da finanziamenti o erogazioni pubbliche) bensì dalle rendite derivanti dai beni del suo patrimonio, da liberalità private e dai corrispettivi per i servizi di assistenza per disabili visivi - settore nel quale è professionalmente specializzato - i quali vengono resi sia a soggetti pubblici che privati.
Ciò rende a maggior ragione infondato il motivo sub I, anche alla luce dei medesimi argomenti difensivi svolti dalla Provincia resistente circa la possibilità degli enti pubblici e, comunque, privi dello “status” di imprenditore di partecipare agli affidamenti pubblici (a condizione che abbiano ad oggetto attività compatibili e pertinenti all’oggetto ed allo scopo statutario).
Sostiene inoltre il controinteressato che non vi sono nel proprio Statuto limiti o preclusioni alla sua capacità di partecipare a gare di appalto ove compatibili con il proprio scopo istituzionale, come nel caso in esame, dove il servizio da rendere al sistema scolastico provinciale riguarda proprio l’assistenza ai ciechi.
In merito all’anomalia il controinteressato contesta il carattere esplorativo e generico della censura nonché la sua fondatezza, avendo il Centro regionale S.Alessio dimostrato (in sede di verifica dell’anomalia) la sua capacità a sostenere l’impegno offerto sulla base dei dati forniti alla S.A. circa i costi del personale impiegato nel servizio di assistenza scolastica, per i disabili visivi e gli ipovedenti, il che è confermato dalla circostanza che anche negli anni scolastici antecedenti a quello in corso aveva erogato regolarmente il medesimo servizio per un corrispettivo inferiore a quello derivante dall’offerta economica presentata nella gara in oggetto.
Alla camera di consiglio del 15.10.2014, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare della ricorrente, i difensori delle parti hanno domandato che la causa fosse direttamente rinviata al merito.
Con ricorso per motivi aggiunti (“integrativi”) spedito a notifica lo stesso 15 ottobre la ricorrente Domus Caritatis coop. soc. ha contestato sotto ulteriori profili (carenza di istruttoria e motivazione) la verifica dell’anomalia compiuta atteso che, alla luce dell’esame dei verbali del sub procedimento, non vi sarebbe stata, da parte dell’ente aggiudicatario, specificazione del monte ore pro capite dei collaboratori da impiegare nel servizio, né del loro livello di inquadramento né del costo medio orario. Non sarebbero stati inoltre correttamente definiti i costi orari del lavoro, in conformità al CCNL di riferimento.
In vista dell’udienza di merito hanno depositato memorie ex art. 73 c.p.a. la ricorrente e la Provincia resistente mentre ha depositato “memoria di replica” il Centro regionale S. Alessio.
All’udienza pubblica del 12 novembre 2014 la causa è stata discussa e quindi assunta in decisione.
DIRITTO
Ad avviso del Collegio nessuno dei motivi di ricorso appare meritevole di accoglimento per le ragioni che di seguono si espongono, secondo il medesimo seguito dalla Cooperativa ricorrente.
1. Quanto al motivo sub I il Collegio ritiene che non siano fondate le ragioni addotte a sostegno della non ammissibilità del Centro regionale S. Alessio alla procedura di affidamento per cui è causa.
1.1. Si rileva, innanzitutto, che la qualificazione di IPAB dell’ente aggiudicatario, comporta diverse criticità in merito alla sua natura di ente pubblico.
Come giustamente nota la difesa dell’ente controinteressato nella propria memoria difensiva, trattasi di tipologia soggettiva caratterizzata da un notevole “ibridismo” giuridico – dovuto a ragioni di evoluzione storica a partire dalla nota Legge Crispi n. 6972 del 1890 che assoggettò i preesistenti enti morali di assistenza ai poveri ed ai bisognosi a penetranti controlli pubblici, imponendo ad essi la forma pubblicistica dell’Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficienza, IPAB – dove a fronte di un rilievo certamente pubblicistico delle finalità perseguite (peraltro non più riservate allo Stato e agli enti pubblici a tale scopo istituti, nel rinnovato quadro costituzionale che, grazie all’art. 38 Cost., ammette l’assistenza privata accanto a quella pubblica) si osserva una notevole autonomia patrimoniale, gestionale e contabile, da ultimo confermata dal D.Lgs. n. 207 del 2001 che innova profondamente la materia.
Peraltro nel quadro di principio derivante dall’art. 38, comma 5, Cost. secondo cui “l’assistenza privata è libera”, le I.P.A.B. “costituende” possono certamente assumere una personalità di diritto privato (quali associazioni o fondazioni) secondo le disposizioni del codice civile in materia, assumendo liberamente la qualificazione formale che sia più conforme alle proprie caratteristiche strutturali mentre l’assunzione della personalità di diritto pubblico con l’assoggettamento ad un regime di accentuato controllo pubblicistico, necessaria ed inderogabile secondo la Legge Crispi (ispirata ad un principio di monopolio pubblicistico dell’assistenza, anche ove originata dall’iniziativa privata), deve considerarsi oggi opzionale anche con riferimento alle Istituzioni di assistenza preesistenti all’entrata in vigore della Carta Costituzionale (quale è il Centro regionale S. Alessio derivante dalla fusione tra due antichi istituti di ispirazione religiosa), alla luce della nota sentenza della Corte costituzionale n. 396 del 1988 che ebbe a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 17 luglio 1890, n. 6972 ("Norme sulle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza") nella parte in cui non prevede che le I.P.A.B. regionali e infraregionali possano continuare a sussistere assumendo la personalità giuridica di diritto privato, qualora abbiano tuttora i requisiti di un'istituzione privata.
Con queste precisazioni di principio l’istituzione in esame, si ritiene, non debba essere giudicata in astratto sotto il profilo della natura della sua personalità giuridica (pubblica ovvero privata) ma, piuttosto, in concreto, con riferimento all’assetto strutturale ed organizzativo desumibile dallo Statuto oltre che dalle disposizioni di legge che ad essa si applicano.
Con queste precisazioni si perviene alla conclusione, già sopra anticipata, che si tratta di un ente formalmente pubblico, in quanto non ha modificato la propria natura di IPAB, ma con accentuati elementi di “ibridismo” (peraltro ricorrenti, come visto, in questi peculiari soggetti giuridici), che avvicinano il Centro regionale ad una istituzione privata del tipo “fondazione”, in quanto ha il suo elemento qualificante di fondo nella costituzione di un patrimonio destinato al perseguimento di determinate finalità (cfr. artt. 14,15, 16, 25 e 28 cod. civ.) ed evidenzia chiaramente una autonomia patrimoniale (l’ente persegue i suoi scopi attraverso un proprio patrimonio privato produttivo di rendite), gestionale (in quanto le scelte e le decisioni sono assunte liberamente dai propri organi, Presidente e Direttore generale, nei limiti dello Statuto e senza una influenza determinante da parte dell’ente pubblico di riferimento, che è la Regione), contabile-finanziaria (l’ente ha un suo bilancio ed entrate proprie di natura privata, derivanti dalle rendite patrimoniali e dai corrispettivi contrattuali e/o convenzionali per i servizi resi in favore di soggetti non solo pubblici, ma anche privati).
Quest’ultimo aspetto dell’autonomia è particolarmente rilevante, perché dimostra che l’ente non grava sul bilancio della regione o di altro ente pubblico, né gode (se non marginalmente) di finanziamenti pubblici dovendo perseguire in proprio l’economia di gestione e l’obbiettivo del pareggio di bilancio (in termini di copertura dei costi organizzativi e gestionali, mediante le entrate conseguite dalla sua attività e dal suo patrimonio e, eventualmente, dalle liberalità private).
Non mancano gli elementi di matrice pubblicistica - stante la rilevanza pubblica delle I.P.A.B. secondo la loro natura, laddove non abbiano inteso assumere uno statuto privatistico come sopra descritto - tra i quali il più rilevante è ravvisabile nel potere di nomina, spettante al Presidente della Regione, del Presidente del Centro che, a sua volta nomina, il Direttore Generale.
L’influenza pubblica regionale peraltro si esaurisce nella nomina (e nell’eventuale revoca) del suddetto Organo, non essendo previsti, statutariamente, altri momenti di penetrante controllo né di indirizzo gestionale costante, sicché ci si trova di fronte ad un rapporto (quello tra Centro e Regione Lazio) ben diverso dal “controllo analogo” proprio del rapporto tra società “in house” ed ente territoriale di riferimento, connotato da un accentuato e costante potere di indirizzo gestionale, strategico, economico ecc. da parte dell’ente pubblico che fa di questo tipo di società, come noto, enti strumentali dell’ente pubblico di riferimento che di essi si avvale come di una propria “longa manus”.
Quanto al Comitato di controllo di cui all’art. 14 dello Statuto (su cui la ricorrente fonda parte delle sue censure sub I, evidenziando che nel suo ambito è presente un componente nominato dalla Provincia), esso è formato da nove membri di cui soltanto quattro nominati da enti pubblici territoriali e, di questi, soltanto uno nominato dalla Provincia di Roma.
Deriva da ciò che in seno al Comitato, che è Organo di Vigilanza e non di amministrazione/gestione:
- il potere deliberativo prevalente non è riferibile agli enti pubblici ma ai componenti designati da Associazioni private espressamente indicate nell’art. 12 cit. (Unione Italiana Ciechi, Ass. Naz. Privi di Vista più altre);
- l’Amministrazione provinciale nomina un solo membro su nove.
Per le ragioni sopra esposte la natura pubblica dell’ente va intesa in un senso del tutto peculiare, limitato all’aspetto formale della conservazione della personalità giuridica di diritto pubblico ed alla influenza regionale sull’amministrazione del Centro, che si esplica nell’ iniziativa di nomina-revoca del Presidente.
Per il resto, quanto in particolare alla sua attività, il Centro agisce nell’esercizio della propria autonoma privata entro i limiti dell’oggetto e dello scopo statutari.
1.2. Chiarito quanto precede, le censure del ricorrente, legate alla qualificazione del Centro S.Alessio come ente pubblico, non colgono nel segno, considerato che gli attuali ed ormai consolidati orientamenti della giurisprudenza, sia amministrativa che della Corte europea di giustizia, ammettono alle procedure di affidamento di pubbliche commesse, sia gli enti pubblici (al ricorrere di determinate condizioni), che gli enti privati che non siano imprenditori.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto si rammenta la significativa pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3897/09 dove si perviene al riconoscimento della legittimazione di una fondazione privata a partecipare ad una procedura aperta, indetta dall’Università di Milano, per la fornitura di un radiofarmaco a scopo diagnostico, in base al seguente ordine di argomenti (cfr. par. 4 sent. cit.):
- la previsione legislativa nazionale (art. 3, punto 19, del codice dei contratti) riferisce i termini di imprenditore, fornitore e prestatore di servizi ad “una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico ( GEIE ) costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”;
- parimenti la norma comunitaria (art. 1, par. 8, della direttiva n. 2004/18/CE) indica che “i termini «imprenditore», «fornitore» e «prestatore di servizi» designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente, la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti o servizi”;
- “….Non v’è quindi ragione di escludere che anche soggetti economici senza scopo di lucro, quali le fondazioni, possano soddisfare i necessari requisiti ed essere qualificati come “imprenditori”, “fornitori” o "prestatori di servizi" ai sensi delle disposizioni vigenti in materia, attese la personalità giuridica che le fondazioni vantano e la loro capacità di esercitare anche attività di impresa, qualora funzionali ai loro scopi e sempre che quest'ultima possibilità trovi riscontro nella disciplina statutaria del singolo soggetto giuridico”;
- al riguardo si osserva che l’elencazione dell’art. 34 non è tassativa e tale conclusione trova conforto in altre norme del codice degli appalti che definiscono la figura dell’imprenditore o fornitore o prestatore di servizi nell’ambito degli appalti pubblici (art. 3, commi 19 e 20) e nelle disposizioni comunitarie prima richiamate le quali (art. 1, comma 8, 4 e 44 della direttiva 2004/18/CE) indicano che il soggetto abilitato a partecipare alle gare pubbliche è l’ “operatore economico” che offre sul mercato lavori, prodotti o servizi, secondo un principio di libertà di forme (persone fisiche o persone giuridiche); la stessa giurisprudenza comunitaria ha affermato che per “impresa”, pur in mancanza di una sua definizione nel Trattato, va inteso qualsiasi soggetto che eserciti attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (Sentenza Corte di giustizia 1.7.2008, causa C-49/07, e richiami ivi indicati); che costituisce attività economica qualsiasi attività che consiste nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte di giustizia 10.1.2006, causa C-222/04 relativa a una fondazione bancaria che sia stata autorizzata dal legislatore nazionale a effettuare operazioni necessarie per la realizzazione degli scopi sociali, tra i quali anche la ricerca, l’educazione, l’arte e la sanità); che l’assenza di fine di lucro non esclude che un soggetto giuridico che esercita un’attività economica possa essere considerato impresa (Corte di giustizia 29.11.2007, causa C-119/06, relativa a organizzazioni sanitarie che garantiscono il servizio di trasporto d’urgenza di malati e che possono concorrere con altri operatori nell’aggiudicazione di appalti pubblici, a nulla rilevando che i loro collaboratori agiscono a mezzo di volontari ed esse possono presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli altri concorrenti);
- per quanto precede, conclude sul punto la pronuncia in commento, “si deve convenire ….che la definizione comunitaria di impresa non discende da presupposti soggettivi, quali la pubblicità dell’ente o l’assenza di lucro, ma da elementi puramente oggettivi quali l’offerta di beni e servizi da scambiare con altri soggetti, nell’ambito quindi di un’attività di impresa anche quando non sia l’attività principale dell’organizzazione….A diversa conclusione non induce l’osservazione del giudice di primo grado che la Fondazione godrebbe di un regime fiscale di favore idoneo a incidere sulla dinamica concorrenziale, sia perché la Fondazione è solo una delle partecipanti alla costituenda ATI, sia perché il regime fiscale di favore assiste anche altri soggetti, quali le cooperative, senza che si possa sostenere che queste siano escluse dagli appalti pubblici (anzi sono espressamente contemplate nell’art. 34 del codice), ovvero le ONLUS che secondo la recente giurisprudenza amministrativa (Cons. di Stato, VI, n. 185 del 2008; V, n. 1128 del 2009) possono essere ammesse alle gare pubbliche quali “imprese sociali”, cui il d. lgs. 24 marzo 2006 n. 155 ha riconosciuto la legittimazione ad esercitare in via stabile e principale un’attività economica organizzata per la produzione e lo scambio di beni o di servizi di utilità sociale...”.
1.2.1. Sul fronte degli enti pubblici, in termini analoghi, il carattere aperto ed esemplificativo dell’elencazione di cui all’art. 34 del D.Lgs. n. 163 / 2006 dei soggetti ammessi a partecipare alle gare pubbliche e l’assenza di norme generali di divieto nei confronti degli stessi, preclude ogni aprioristica chiusura delle procedure di affidamento nei confronti di tale ampia categoria di soggetti.
A tali conclusioni è ormai saldamente pervenuta la giurisprudenza amministrativa, sulla scorta di fondamentali principi elaborati ed affermati dalla Corte europea di giustizia che possono essere così sintetizzati (cfr. al riguardo, per una efficace ricostruzione, AVCP, determinazione n. 7 del 21.10.2010):
a) per il diritto comunitario, la nozione di impresa è nozione dai confini ampi tale da comprendere qualsiasi ente che esercita un’attività economica consistente nell’offerta di beni e servizi su un determinato mercato, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (cfr. da ultimo, in tal senso, Corte di giustizia CE, sentenza 26 marzo 2009, causa C-113/07 P, Selex Sistemi Integrati/ Commissione e Eurocontrol);
b) per quanto concerne gli enti pubblici non economici, la Corte di giustizia CE ha già avuto modo di precisare che gli enti pubblici che beneficiano di sovvenzioni erogate dallo Stato, che consentono loro di presentare offerte a prezzi notevolmente inferiori a quelli degli altri offerenti non sovvenzionati, sono espressamente autorizzati dalla direttiva a partecipare a procedure per l’aggiudicazione di appalti pubblici (sentenza 7 dicembre 2000, causa C-94/99, ARGE): deve perciò ritenersi che gli enti pubblici non economici possono partecipare a quelle gare che abbiano ad oggetto prestazioni corrispondenti ai loro fini istituzionali, con la conseguente necessità di operare una verifica in concreto dello statuto al fine di valutare la conformità delle prestazioni oggetto dell’appalto agli scopi istituzionali dell’ente, optando per un’interpretazione che non riconosce carattere tassativo all’articolo 34 del Codice;
c) La Corte, pur riconoscendo che, in talune circostanze particolari, l'amministrazione aggiudicatrice ha l'obbligo, o quanto meno la facoltà, di prendere in considerazione l'esistenza di aiuti non compatibili con il Trattato, ha affermato che "le disposizioni della direttiva 2004/18, ed in particolare quelle di cui al suo art. 1, nn. 2, lett. a), e 8, primo e secondo comma, che si riferiscono alla nozione di “operatore economico”, devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un'impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le università e gli istituti di ricerca nonché i raggruppamenti costituiti da università e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi" e, pertanto, deve considerarsi ammesso a presentare un'offerta o a candidarsi qualsiasi soggetto o ente che, considerati i requisiti indicati in un bando di gara, si reputi idoneo a garantire l'esecuzione di detto appalto, in modo diretto oppure facendo ricorso al subappalto, indipendentemente dal fatto di essere un soggetto di diritto privato o di diritto pubblico e di essere attivo sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale, o, ancora, dal fatto di essere sovvenzionato tramite fondi pubblici o meno. L'effettiva capacità di detto ente di soddisfare i requisiti posti dal bando di gara deve essere valutata durante una fase ulteriore della procedura, in applicazione dei criteri previsti agli articoli 44-52 della direttiva 2004/18 (cfr. sentenze 18 dicembre 2007, causa C-357/06, Frigerio Luigi & Co, 12 luglio 2001, causa C-399/98, Ordine degli Architetti, 7 dicembre 2000, causa C-94/99);
d) Alla stregua dell'orientamento espresso dalla Corte di Giustizia con la sentenza esaminata, non sembra potersi affermare, in via generale, l'esistenza di un divieto per gli operatori pubblici a partecipare alle procedure ad evidenza pubblica. In sostanza, la definizione comunitaria di impresa non discende da presupposti soggettivi, quali la pubblicità dell’ente o l’assenza di lucro, ma da elementi puramente oggettivi quali l’offerta di beni e servizi da scambiare con altri soggetti.
L’unico limite all’ammissibilità delle offerte di soggetti pubblici non imprenditori può semmai derivare, eventualmente, da clausole statutarie auto-limitative ovvero dallo statuto giuridico proprio di quel tipo di ente (sia esso pubblico o privato) sulla base delle normativa nazionale di riferimento: sarà cioè necessario effettuare, caso per caso, un esame approfondito dello statuto di tali persone giuridiche al fine di valutare gli scopi istituzionali per cui sono state costituite. In sostanza, come rilevato dall’AVCP nella determinazione n. 7 del 21.10.10, la stazione appaltante deve verificare se gli enti partecipanti alla gara possano statutariamente svolgere attività di impresa offrendo la fornitura di beni o la prestazione di servizi sul mercato, pur senza rivestire la forma societaria (cfr. Cons. Stato sez. VI 16/6/2009 n. 3897, ma anche Cons. Stato, SAd. Plen., n. 10/2011) “anche se non ricompresi nell’elenco di cui all’articolo 34 del Codice, qualora i soggetti giuridici in questione annoverino, tra le attività statutariamente ammesse, quella di svolgere compiti aventi rilevanza economica possono, limitatamente al settore di pertinenza, - e se in possesso dei requisiti richiesti dal singolo bando di gara - partecipare a procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di contratti aventi ad oggetto servizi compatibili con le rispettive attività istituzionali”.
Applicando le coordinate che precedono alla struttura ed all’attività del Centro regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i ciechi, come sopra descritte, si perviene agevolmente alla conclusione che non vi è alcuna ragione per escludere detto ente dalla partecipazione a procedure di affidamento quale quella indetta dalla Provincia di Roma per l’assistenza scolastica dei disabili visivi e degli ipovedenti.
Per quanto sopra ampiamente esposto, infatti, non può essere ragione ostativa alla partecipazione la qualificazione pubblica dell’ente (si tratta di un’IPAB e cioè, come visto, di un ente pubblico “sui generis”, con caratteristiche privatistiche molto accentuate sotto diversi profili).
In virtù della giurisprudenza comunitaria sopra richiamata, inoltre, neanche la partecipazione a finanziamenti pubblici preclude in assoluto l’ammissione dell’ente pubblico alle gare pubbliche. Peraltro, nel caso di specie, il Centro S. Alessio, in ciò assimilabile alle fondazioni private, deriva le sue entrate (oltre che dai corrispettivi dell’attività assistenziale svolta) dalle rendite economiche frutto dei beni ad esso conferiti dalle liberalità dei privati, sicchè l’ente dimostra una completa autonomia patrimoniale ed economica dall’ente pubblico di riferimento (la Regione Lazio), non essendo peraltro previsti (né a livello statutario, né a livello legislativo) meccanismi di ripianamento, a carico della Regione, di eventuali situazioni di indebitamento in cui il Centro si venisse a trovare.
1.3. In merito alla compatibilità del servizio oggetto della procedura aperta in esame rispetto all’oggetto statutario ed allo scopo istituzionale del Centro non si pongono dubbi, avendo esso come fine istituzionale statutario la cura del benessere dei ciechi e degli ipovedenti.
Con riferimento all’ulteriore limite statutario desumibile, secondo la deduzione della Domus Caritatis, dall’art. 2, comma 3, dello Statuto (secondo cui “le attività ed i servizi del Centro saranno realizzati nell’ambito della competenza assegnata dalla legislazione nazionale e regionale, con il concorso di strutture regionali e di altri soggetti istituzionalmente competenti anche mediante apposite convenzioni”) il quale consentirebbe all’ente di operare soltanto con lo strumento delle convenzioni tra soggetti pubblici e non con lo strumento contrattuale, in generale, ed a mezzo contratti di appalto di servizio, in particolare, il Collegio ritiene che, come eccepito dalla difesa del Centro S.Alessio, l’utilizzo del termine “anche” dimostri che la convenzione non costituisca l’unico ed esclusivo modulo di erogazione dei servizi riservato all’ente.
In secondo luogo, in assenza di più precisi e pregnanti divieti statutari o legislativi (nella specie non individuabili) all’ente, anche se pubblico, deve riconoscersi la generale capacità privatistica di agire e l’autonomia privata necessarie al perseguimento dei propri fini istituzionali, mediante il perfezionamento di tutti gli atti negoziali (tipici come atipici) ammessi in generale dall’ordinamento.
A maggior ragione si perviene a tale conclusione ove si rifletta sulla circostanza che l’ente in questione non è dotato di poteri di natura pubblicistica/autoritativa sicché è nell’autonomia privata che esso soltanto può rinvenire gli strumenti per il perseguimento dei propri scopi statutari di rilievo pubblicistico i quali diverrebbero di difficile se non impossibile realizzazione, ponendo l’IPAB in una situazione “paralizzante” laddove si ritenesse nello stesso tempo: - da un lato, secondo la tesi di parte ricorrente, esclusa la partecipazione dell’ente controinteressato alle procedure di gara finalizzate all’aggiudicazione di appalti;
- dall’altro, secondo i principi di derivazione UE (vedi in particolare l’art. 2 del D.Lgs. n. 163 del 2006), tendenzialmente impraticabile l’affidamento diretto del servizio al suddetto ente mediante convenzione quando, al contrario, i richiamati principi postulano l’affidamento in base a procedure comparativo-selettive di aggiudicazione ad evidenza pubblica.
Per tutte le ragioni che precedono il motivo è da respingere.
2. Non merita accoglimento neanche il secondo motivo di impugnazione.
Il Disciplinare di gara richiedeva ai partecipanti determinati requisiti di capacità economica e finanziaria connessi al fatturato globale ed al fatturato specifico per servizi svolti nel settore oggetto della gara (vedi art. 2, comma 2, lett. r) e s) del Disciplinare di gara). Lo stesso Disciplinare nulla richiedeva in merito alla fonte e cioè ai titoli negoziali in virtù dei quali detti fatturati dovevano essere conseguiti, sicché non c’è differenza, al riguardo, tra somme incassate in base ad appalti ovvero a convenzioni o ad altro titolo, in quanto ciò che rileva è che i ricavi siano in correlazione sinallagmatica con il tipo di servizio svolto.
Con riferimento all’ente risultato aggiudicatario non si pongono dubbi (né vengono forniti dalla cooperativa ricorrente elementi di prova al riguardo) in ordine al fatto che i ricavi dichiarati - e successivamente documentati medianti i bilanci prodotti ex art. 48 D.Lgs. n. 163 del 2006 - siano maturati in relazione alle prestazioni svolte a favore di terzi committenti o comunque richiedenti il servizio.
In altri termini il Centro regionale S. Alessio ha dimostrato di avere conseguito un certo fatturato (sia globale che specifico), avendo incassato somme a titolo di compenso per l’attività svolta.
Quanto alle sovvenzioni provinciali (e non inquadrabili nei corrispettivi dei servizi resi) di cui il Centro avrebbe beneficiato, è stato chiarito e documentato dalla Provincia che essa ha erogato al Centro un solo contributo nell’anno 2010 per Euro 2.500,00, che è stato poi effettivamente pagato nel 2012 per il finanziamento del progetto “Corso base di letto-scrittura e metodi di insegnamento di I livello” (vedi doc. 18 Provincia). La circostanza assume rilievo anche ai fini dell’esclusione di un vantaggio concorrenziale che deriverebbe all’ente dalla sua partecipazione ad erogazioni pubbliche.
3. Merita di essere egualmente respinto il terzo motivo di ricorso, come integrato dai motivi aggiunti di cui all’atto spedito a notifica in data 15.10.2014 e depositato in data 20.10.2014.
Al riguardo la Provincia ha dimostrato di avere svolto le attività necessarie alla verifica dell’anomalia dell’offerta, ai sensi degli artt. 87 e 88 D. Lgs. n. 163 del 2006 (vedi docc. 7 – 11 res.).
Quanto ai singoli elementi dell’offerta che non sarebbero stati adeguatamente giustificati dall’aggiudicatario sotto il profilo della sostenibilità dei costi, si può rilevare che la documentazione prodotta dalla Provincia ha permesso di accertare che:
- il numero degli addetti non richiedeva alcuna indagine integrativa in sede di verifica dell’anomalia in quanto trattasi di dato già fornito, secondo la previsione di cui all’art. 8, comma 1 del Disciplinare, nell’offerta tecnica in cui il Centro regionale S. Alessio indica in 165 tale numero;
- quanto al monte ore pro capite che non è stato fornito: non sembra trattarsi di dato che andava predefinito (non in sede di offerta, ma neanche in sede di verifica dell’anomalia) rispetto alla successiva fase di concreto espletamento del servizio, in quanto, ai sensi dell’art. 5, comma 6, del Capitolato d’oneri, è compito dell’ente aggiudicatario suddividere il monte ore totale garantito (pari a 187.000 ore da suddividere per i due anni scolastici) per ciascun collaboratore, stante l’impegno assunto di “organizzare l’attivazione degli interventi presso le sedi scolastiche richiedenti secondo la pianificazione di tempi e modalità concordate con la Provincia”;
- con riferimento alla eccepita omessa indicazione del costo orario e delle tipologie di personale inquadrato: risulta dai chiarimenti forniti dal Centro S. Alessio in corso di verifica (vedi nota 6.8.2014) che sono state espressamente inquadrate nelle rispettive Categorie di contrattazione le figure (titolari di contratto a tempo indeterminato) del coordinatore del progetto, del coordinatore degli operatori e del funzionario amministrativo mentre i 165 collaboratori sono impiegati con contratti di collaborazione al progetto di assistenza scolastica biennale. Per questi ultimi, il cui profilo non è ancora oggi riconosciuto dalla contrattazione collettiva, non sembra possibile riferirsi ad alcuna tabella se non a quella ministeriale del 2013 riferita al CCNL per i lavoratori delle Cooperative socio- assistenziali, tabella che è la S.A. ha ritenuto osservata dal Centro regionale S. Alessio.
Per tutto quanto precede il Collegio ritiene che il controllo ex art. 88 D.Lgs. n. 163 del 2006 sugli elementi critici dell’offerta è stato effettuato dalla S.A. per il tramite della Commissione giudicatrice. La conclusione di essa nel senso della congruità dell’offerta appare sufficientemente motivata alla luce ed in relazione ai chiarimenti forniti dall’aggiudicatario.
Non emergono né elementi di illogicità, né di irragionevolezza, né travisamenti di fatto nelle valutazioni compiute sicché non sono ravvisabili profili di illegittimità nel giudizio, nei limiti in cui è ammissibile un sindacato del G.A. su operazioni valutative quali sono quelle che le stazioni appaltanti compiono sull’anomalia dell’offerte, mediante giudizi che sono espressione di discrezionalità tecnica, riservata agli organi della p.A..
Deve pertanto rigettarsi il terzo motivo di ricorso al pari del ricorso per “motivi integrativi” depositato in data 20.10.2014.
4. Conclusivamente, per tutte le ragioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato con spese di lite a carico della ricorrente soccombente nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge al pari dei “motivi integrativi”;
condanna la Domus Caritatis Soc. coop. sociale, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento degli onorari di lite che liquida in Euro 3.000,00 (euro tremila/00) in favore della Provincia di Roma, in persona del legale rappresentante p.t. ed in Euro 3.000,00 (euro tremila/00) in favore del Centro Regionale S. Alessio Margherita di Savoia per i ciechi, in persona del legale rappresentante p.t., oltre Iva, Cassa Avvocati ed oneri tutti di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Silvio Lomazzi, Consigliere
Claudio Vallorani, Referendario, Estensore