Consiglio di Stato, Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1828

Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27 marzo 2013, n. 1828
Presidente Atzeni; Estensore Tarantino


1. L’impugnazione dell’aggiudicazione provvisoria da parte del concorrente non aggiudicatario è comunque e sempre condizionata, ai fini della sua procedibilità, alla tempestiva impugnazione con motivi aggiunti anche dell’aggiudicazione definitiva che successivamente intervenga. La relazione giuridica che lega l’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva si pone, infatti, su un piano sia sostanziale che processuale, nel senso che l’aggiudicazione provvisoria di una gara d’appalto, avendo natura di atto endoprocedimentale ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, è inidonea a produrre la definitiva lesione del concorrente non risultato aggiudicatario. Tale lesione si verifica solo con l’aggiudicazione definitiva – non costituente atto meramente confermativo di quella provvisoria – rispetto alla quale va verificata, in via esclusiva, la tempestività del ricorso. L’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva sono atti connotati, e tra loro distinti, da autonome valutazioni, tali che la rimozione della prima non comporta l’immediata ed automatica caducazione della seconda.

 

2. Nel caso in cui non venga posto in contestazione l’esito ma la possibilità stessa di indire la gara, il rapporto tra gli atti di indizione della procedura ritualmente impugnati e l’aggiudicazione definitiva si pone quale rapporto di consequenzialità immediata, diretta e necessaria. Non essendovi da compiere nuove ed ulteriori valutazioni discrezionali in merito alla scelta di affidare il servizio mediante gara pubblica, l’atto successivo risulta essere una inevitabile conseguenza di quello precedente. Ne consegue che, impugnata l’aggiudicazione provvisoria non costituisce condizione di procedibilità del processo innestato la successiva impugnazione di quella definitiva.

 

3. Non occorre impugnare gli atti di aggiudicazione ove siano impugnati quelli di indizione del procedimento di gara, in quanto l’annullamento del bando di gara travolge il provvedimento di aggiudicazione, sicché la mancata impugnazione di quest’ultima non determina l’improcedibilità del ricorso.

 

BREVI ANNOTAZIONI
L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Con la pronuncia in commento, viene posta all’attenzione del Supremo Consesso della giustizia amministrativa la questione – già affrontata in numerose precedenti occasioni e, in ultimo, risolta dalla Adunanza Plenaria n. 31 del 2012 – relativa alla impugnazione dell’aggiudicazione definitiva quale condizione di procedibilità dell’impugnazione di quella provvisoria.

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Attraverso la pronuncia in esame, il Consiglio di Stato torna nuovamente, ma con rilevanti precisazioni, sulla questione relativa alla improcedibilità del ricorso per non aver l’interessato proceduto ad impugnare (nei termini) con motivi aggiunti l’aggiudicazione definitiva dopo aver impugnato quella provvisoria.
Nel caso di specie, nell’ambito di una procedura per l’affidamento di un servizio per la raccolta e trasporto rifiuti, veniva impugnata – da parte di una società interamente partecipata dalla Provincia e dalla stessa individuata come soggetto affidatario della gestione del ciclo integrato della raccolta dei rifiuti in ambito territoriale – l’aggiudicazione pronunciata da un Comune nei confronti di società privata in luogo dell’affidamento diretto come da obblighi di legge alla stessa Provincia, ricorrente per il tramite della relativa società. La società ricorrente in primo grado contestava in radice l’espletamento della gara stessa ed impugnava l’aggiudicazione provvisoria.
La difesa della stazione appaltante, tra gli altri motivi, invocava l’improcedibilità del ricorso per non esser stata impugnata l’aggiudicazione definitiva, ma solo quella provvisoria.
Alla luce di tali premesse, il Consiglio di Stato ha svolto alcune considerazioni ed alcuni importanti distinguo, in relazione alla natura endoprocedimentale dell’aggiudicazione provvisoria e al relativo interesse sotteso al ricorso.
In primo luogo, il Collegio ha confermato quanto fin qui sostenuto dalla maggioritaria giurisprudenza amministrativa. È stato, infatti, ribadito come la relazione giuridica che lega l’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva avvenga su un piano non soltanto sostanziale ma anche processuale,  “nel senso che l’aggiudicazione provvisoria di una gara d’appalto, avendo natura di atto endoprocedimentale ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, è inidonea a produrre la definitiva lesione della concorrente non risultata aggiudicataria, che si verifica solo con l’aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente confermativo della prima e in riferimento esclusivamente alla quale, quindi, va verificata la tempestività del ricorso”.
Per tali ordini di ragioni, l’impugnazione dell’aggiudicazione provvisoria “…è comunque condizionata, ai fini della sua procedibilità, alla tempestiva impugnazione con motivi aggiunti anche dell’aggiudicazione definitiva che successivamente intervenga (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2011 n. 2482, in questa Rassegna 2011, I, 607; Cons. Stato, Sez. V, 26 novembre 2008 n. 5485; Cons. Stato, Sez. VI, 18 marzo 2003 n. 1417, in Cons. Stato 2003, I, 651)” (così, Cons. St., Ad. Plen., n. 31/2012).
Tale principio appare granitico nel caso in cui ad impugnare l’aggiudicazione provvisoria sia il concorrente non aggiudicatario. Infatti, il ricorso avverso l’aggiudicazione provvisoria deve esser valutato improcedibile in caso di mancata impugnazione di quella definitiva, stante l’autonomia che i due atti manifestano in relazione all’interesse legittimo del concorrente legittimo non aggiudicatario. Entrambi gli atti sono autonomamente lesivi dell’interesse legittimo. Va però specificato che la stessa instabilità degli effetti dell’aggiudicazione provvisoria renda non obbligatoria l’immediata impugnazione della stessa, bensì facoltativa. Risulta, allora, determinante per il concorrente pretermesso l’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva, in quanto cristallizzazione delle valutazioni, eventualmente già lesive in sede di aggiudicazione provvisoria, compiute dalla stazione appaltante. I due atti, quindi, sono “connotati da autonome valutazioni dell’amministrazione in merito all’esito della gara, tali che la rimozione della prima non caduca automaticamente la seconda, poiché quest’ultima non ne è l’esito ineluttabile, ma il frutto di ulteriore esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione. Pertanto, il bene della vita del concorrente che assume di essere stato illegittimamente pretermesso viene leso da due distinti provvedimenti: l’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva, l’ultimo dei quali cristallizza la lesione inferta al suo interesse legittimo”.
Nel caso in commento, al contrario, l’impugnazione proveniva da un soggetto che contestava in radice la scelta stessa della stazione appaltante di bandire la procedura. Più chiaramente, l’originario ricorrente non contestava l’esito, bensì la possibilità stessa di poter indire la gara, in quanto il bene della vita fatto valere non è quello di risultare aggiudicatario, ma affidatario diretto del servizio.
Per tali motivi, a differenza del caso sottoposto all’Adunanza Plenaria n. 31 del 2012, il rapporto tra gli atti di indizione della gara, ritualmente impugnati, e l’aggiudicazione definitiva si pone nel senso di un rapporto di consequenzialità immediata, diretta e necessaria. Invero, “l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono da compiere nuove e ulteriori valutazioni discrezionali in merito alla scelta di affidare il servizio mediante gara pubblica, con la conseguenza che non occorre impugnare gli atti di aggiudicazione ove siano impugnati quelli di indizione del procedimento di gara, in quanto l’annullamento del bando di gara travolge il provvedimento di aggiudicazione, sicché la mancata impugnazione di quest’ultima non determina l’improcedibilità del ricorso (cfr. Cons. St., sez. V, 8 marzo 2011, n. 1463; Id., 28 ottobre 2008, n. 5384; Id. 2482/2011)”. Nel caso in esame, quindi, non sussisterebbe un nuovo esercizio di discrezionalità amministrativa. L’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva sarebbero entrambi atti direttamente consequenziali alla scelta, operata ab origine dal Comune, di indire una gara pubblica piuttosto che affidare direttamente il servizio.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato fornisce un’importante specificazione in merito alla natura endoprocedimentale dell’aggiudicazione provvisoria e, soprattutto, chiarisce i limiti entro cui tale peculiare natura possa influire sull’interesse al ricorso.
Secondo il Supremo Consesso amministrativo la necessità di procedere all’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva a seguito dell’impugnazione di quella provvisoria, pena la pronuncia di improcedibilità del ricorso, deve ravvisarsi nello stretto legame che unisce il bene della vita azionato e l’esercizio del potere da parte della Pubblica Amministrazione. L’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva, pur inserendosi all’interno del medesimo procedimento di gara, sono espressione di valutazioni separate, disgiunte, ognuna delle quali ha implicato l’esercizio di nuove, autonome ed indipendenti valutazioni discrezionali da parte della stazione appaltante. Per tale ordine di ragioni, è onere del ricorrente pretermesso da una gara, qualora decida di impugnare l’aggiudicazione provvisoria, gravare con specifici motivi aggiunti anche quella definitiva (atto con il quale si cristallizzano le valutazioni, eventualmente sfavorevoli, della stazione appaltante: pena l’improcedibilità del ricorso originariamente proposto. In altri termini, la ‘finale’ lesione degli interessi del concorrente avviene con l’aggiudicazione definitiva, che non costituisce un atto meramente confermativo della prima. Quindi, l’improcedibilità scaturente dalla mancata impugnazione dell’aggiudicazione definitiva a seguito di impugnazione della provvisoria, poggia sull’idea che le valutazioni contenute nell’aggiudicazione provvisoria ed in quella definitiva siano manifestazione di un’autonoma lesione dell’interesse legittimo azionato dal concorrente non aggiudicatario.
Al contrario di quanto detto finora, nel caso sottoposto al Consiglio di Stato, l’interesse tutelato e asseritamente leso non scaturisce dall’esito di una gara, ma dall’indizione della gara stessa. Il bene della vita per cui si agisce non è quello di risultare aggiudicatario ma, piuttosto, quello di divenire (rectius di non essere stato) affidatario diretto del servizio. In tal caso, quindi, il rapporto tra indizione procedura, aggiudicazione provvisoria e aggiudicazione definitiva si trovano in uno stretto rapporto di consequenzialità immediata, diretta, nonché necessaria. Le valutazioni compiute dal Comune nelle varie fasi di gara sono costante espressione di tale scelta, effettuata all’origine dal Comune stesso.
La scelta, contestata dal ricorrente, di procedere all’individuazione del soggetto a cui affidare il servizio di raccolta e/o smistamento rifiuti con gara pubblica riverbera, quindi, i suoi effetti e si pone come presupposto per tutti gli atti di gara.
In conclusione, una volta impugnata l’aggiudicazione provvisoria ed accertata la fondatezza delle ragioni avanzate dal ricorrente nei termini di cui sopra, gli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria si riverbereranno anche sull’aggiudicazione definitiva. Non vi è, nella sostanza, un nuovo esercizio di discrezionalità amministrativa, tanto che sia l’aggiudicazione provvisoria che quella definitiva sono espressione di una mera conferma della scelta operata in sede originaria di indizione di gara.
Questa sentenza dei Giudici di Palazzo Spada ha, dunque, operato un importante – quanto necessario – distinguo all’interno della ‘schiera’ degli atti impugnati (e impugnabili) nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica. In un’ottica di reale garanzia di giustizia, l’attenzione all’elemento sostanziale piuttosto che a quello meramente formale ha condotto il Consiglio di Stato a chiarire che le valutazioni di ammissibilità e procedibilità dei ricorsi giurisdizionali non possono attestarsi sempre (e solamente) su apodittici principi, ma devono calarsi sempre nelle particolarità dei singoli casi sottoposti a giudizio.

PERCORSO BIBLIOGRAFICO
I. Mauro, Il rapporto esistente tra aggiudicazione provvisoria e definitiva e le ricadute in termini processuali commento alla sentenza del Consiglio di Stato 19 novembre 2012, n. 5844, pubblicato in questa stessa rivista; F. Caringella, M. Protto, Codice dei Contratti Pubblici, Ed. Dike, 2012; L. R. Perfetti, Codice dei contratti pubblici commentato, 2013.
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3497 del 2012, proposto da:

Comune di Lauro, rappresentato e difeso dall’avvocato Donato Pennetta, con domicilio eletto presso Nicola Petracca in Roma, via Ennio Quirino Visconti 20;

contro

Soc. Irpiniambiente Spa, rappresentato e difeso dall’avvocato Giancarlo Viglione, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lungotevere dei Mellini, 17;

nei confronti di

Raffaele De Cicco, Lucio Caliendo, Biagio Sepe, Raffaele Caliendo, Aniello Ventre, Antonio Scala, Aniello Rega, Domenico Rega, Silvio Bossone, Vincenzo Severino, Nicola Peluso, Francesco Sepe, Comune di Marzano di Nola, Comune di Domicella, Comune di Pago del Vallo di Lauro, Soc.Coop."Irpina Avanti", Valentina Iovino, Veronica Sepe, Gianfranco Mastroieni, Roberto Ruggiero, Andreina Sepe, Alessandra Ferraro, Rosangela Sola, Angelo Vittorio Ferraro, Carmela Stingone, Mario Ferraro, Silvana Carmela Rega, Maria Pacia, Maria Siniscalchi, Giuseppina Siniscalchi, Bianca Siniscalchi, Massimiliano Siniscalchi, Giosuè Sepe, Elia Norberto Siniscalchi, Diego Sepe, Antonio Corcione, Rossana Siniscalchi, Vittorio Ferraro, Francesca Vecchione, Ottorino Ferraro, Matilde Giuseppina Ferraro, Francesco Sepe, Adele Minieri, Raffaele Menna, Stefano Menna, Remola Siniscalchi, Francesco Menna, Sabata Venezia, Alba Acerra, Michele Iannone, Giuseppe Ferraro, Rocco Schiavone, Giovanni Bossone, Margherita Schiavone, Michele Aschettino, Pasquale Addeo, Mario Bianconi, Salvatore Iannone, Paride Pesapane, Antonella Castaldo, Felice Andrea Iovino, Anna Pesapane, Caterina Pesapane, Luciana Fusco, Laura Ferraro, Angelo Fusco, Sara Concetta Ferraro, Adelaide Pesapane, Michele Sepe, Gennaro Ferraro, Francesco Iovino, Bruno Manna, Fiorinda Alfieri, Carmine Nunziata, Anna Amalio, Diego Bellini, Sabato Moschiano, Alessandro Fasano, Francesco Lauro, Giuseppina Ilenia Lauro, Mario Amelia, Rita Bianconi, Giacinto Bossone, Eriste Graziano, Tommaso Buonfiglio, Filomena Graziano, Pietro Buonfiglio, Francesca Imperia Buonfiglio, Emilia Buonfiglio, Felice Graziano, Franca Fiorentina Scibelli, Francesca Scafuro, Francesca Pugliese, Angelo Graziano, Mariantonia Ferraro, Antonio Graziano, Vincenzo Colello, Benedetto Addeo, Filomena Venezia, Michele Buonfiglio, Fortunatina Aprano, Antonio Aprano, Franco Buonfiglio, Gennaro Buonfiglio, Vincenzo Buonfiglio, Giovanna Esposito, Gennaro Buonfiglio, Angelina Buonfiglio, Antonio Graziano, Francesco Maffettone, Arturo Graziano, Raffaele Quindici, Carmine Manfredi, Giuseppe Manfredi, Vincenzo Maffettone, Nunziante Scibelli, Adelaide Esposito, Annacarmela Mercolino, Antonio Buonfiglio, Mariateresa Buonfiglio, Clementina Romano, Michele Graziano, Carmine Graziano, Ivana Manzi, Sebastiano Colello, Michele Vivenzio, Giuseppe Angieri, Rosa Ferraro, Sebastiano Addeo, Rachele Pacia, Umberto Ferraro, Lorenzo Ferraro, Marta Ferraro, Maria Grazia Ferraro, Paola Scafuro, Giovanni Sepe, Clementina Scafuro, Mario Scafuro, Andrea Santaniello, Clemente Scafuro, Rosalinda Santaniello, Anna Sepe, Nicolina Ferrante, Anna Santella, Felice Caliendo, Maria Angelina Santella, Giovanni Caliendo, Michele Scafuro, Giuseppe Damiano, Emilio Damiano, Antonio Menna, Cristina Santaniello, Giovanna Nambuletti, Salvatore Pauciullo, Ioselita Schettino, Claudio Rosario Addeo, Francesco Mazzocca, Filomena Mazzocca, Cinzia Siniscalchi, Salvatore Mazzocca, Michele Schettino, Stefano Addeo, Salvatore Vivenzio, Michele Nappi, Annamaria Mazzocca, Antonio Mazzocca, Giovanna Ferraro, Beatrice Mazzocca, Romina Acerra, Alessandro Caliendo, Annuziata Schettino, Giulio Pauciullo, Trifone Greco, Carmine Crisci, Clemente Stefanile, Franco Addeo, Antonella Grandi, Vincenza Sorbisiero, Anna Nappi, Anna Scialò, Domenico Castaldo, Luca Castaldo, Emilio Addeo, Salvatore Saverio Addeo, Francesco Addeo, Giuseppe Addeo, Giuseppe Moccia, Domenico Addeo, Salvatore Addeo, Maria Luisa Delle Donne, Fortunato Ariano, Giovanni Sirignano, Trifone Corbisiero, Giovanni Santaniello, Raffaele Napolitano, Aniello Nappi, Umberto Addeo, Giuseppina Addeo, Saverio Addeo, Gennaro Ariano, Michele Maddaloni; Provincia di Avellino, rappresentata e difesa dagli avvocati Gennaro Galietta, Oscar Mercolino, con domicilio eletto presso Gianluigi Cassandra in Roma, via Gallia N. 86;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO SEZIONE II n. 00801/2012, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZIO DI RACCOLTA RIFIUTI PORTA A PORTA E TRASFERIMENTO ALLA DISCARICA CON MEZZI DI PROPRIETÀ DEL COMUNE DI LAURO - MCP;

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Soc. Irpiniambiente Spa e di Provincia di Avellino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2013 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Pennetta, Viglione, Mercolino e Galietta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La sentenza, adottata ex art. 60 c.p.a., oggetto dell’odierno gravame ha accolto il ricorso introduttivo ed il ricorso con motivi aggiunti spiegati dalla Irpiniambiente s.p.a. (società costituita a norma dell’art. 1 del D.L. 30/12/2009 n. 195, dalla Provincia di Avellino della quale è socio unico ed indicata dalla Provincia medesima come ente al quale affidare la gestione del ciclo integrato della raccolta dei rifiuti in ambito territoriale provinciale) avverso gli atti con i quali il Comune di Lauro ha disposto di procedere all’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti porta a porta e di trasporto degli stessi alla discarica con mezzi di proprietà comunale dati in comodato, di approvazione degli atti di gara e di aggiudicazione provvisoria della gara alla Cooperativa “Irpinia Avanti” per il periodo dal 1 febbraio al 30 giugno 2012. Per l’effetto il TAR Campania, Salerno, Sez. II, ha annullato gli atti sopra indicati con effetto caducante per l’aggiudicazione definitiva medio tempore intervenuta.

2. Il primo Giudice respinta l’eccezione di intempestività del ricorso sollevata dall’odierno appellante in ordine alla impugnazione della deliberazione n. 61 del 7 dicembre 2011 della GM del Comune di Lauro, in quanto non immediatamente lesiva delle ragioni dell’originaria ricorrente, riteneva fondate nel merito le ragioni della Irpiniambiente s.p.a. sulla scorta della ricostruzione della legislazione statale e regionale in materia di coordinamento del servizio di gestione dei rifiuti nella Regione Campania, oggetto di conduzione in stato d’emergenza a norma dell’art. 5 della legge 24/2/1992 n. 225 di cui è stata dichiarata la cessazione al 31 dicembre 2009 dall’art. 19 del D.L. 23/2/2008 n. 90 (convertito nella legge n. 123/2008).

2.1. Il filo logico-giuridico seguito nella sentenza appellata può essere riassunto nei seguenti termini: a) l’art. 201, comma 1, d.lgs. 152/2006, ha previsto che regioni e province autonome disciplinino forme e modi di cooperazione tra enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, “…prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d’ambito di cui al comma 2, alle quali è demandata, nel rispetto del principio di coordinamento con le competenze delle altre amministrazioni pubbliche, l’organizzazione, l’affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti”; b) l’art. 15, l.r. Campania, 28 marzo 2007, n. 4, individua come ATO il territorio di ciascuna provincia; c) l’art. 2, comma 186 bis, l. 191/2009, ha soppresso le Autorità d’ambito previste dal comma 2 del suddetto art. 201 del D.lgs. n. 152/2006, ma non le circoscrizioni territoriali ottimali, e ciò con decorrenza ad un anno dalla data d’entrata in vigore della legge (termine poi prorogato al 31/12/2012 dall’art. 13 comma 2 del D.L. n. 216/2011 convertito nella legge n. 14/2012), con l’ulteriore previsione per la quale nel medesimo termine di un anno le Regioni “attribuiscono con legge le funzioni esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza” e previsione per la quale “Le disposizioni di cui agli artt. 148 e 201 del D.lgs. n. 152/2006 sono efficaci in ciascuna Regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al periodo precedente”; d) l’art. 11, comma 2, d.l. 195/2009, ha previsto per la Regione Campania che: “…le amministrazioni provinciali, anche per il tramite delle relative società da intendere costituite, in via d’urgenza, nelle forma di assoluta ed integrale partecipazione e controllo da parte delle amministrazioni provinciali, prescindendo da comunicazioni o da altre formalità ed adempimenti procedurali, che, in fase di prima attuazione, possono essere amministrate anche da personale appartenente alle pubbliche amministrazioni, subentrano, fatto salvo quanto previsto dal comma 2-ter, nei contratti in corso con soggetti privati che attualmente svolgono in tutto o in parte le attività di raccolta, di trasporto, di trattamento, di smaltimento ovvero di recupero dei rifiuti. Le amministrazioni provinciali, in alternativa all’assunzione del servizio per il tramite delle suddette società possono affidare il servizio in via di somma urgenza, nonché prorogare i contratti in cui sono subentrate per una sola volta e per un periodo non superiore ad un anno con abbattimento del 3 per cento del corrispettivo negoziale inizialmente previsto”; e) l’art. 11, comma 2-ter, d.l. 195/2009, ha previsto in via transitoria la possibilità fino al termine del 31 dicembre 2011 (prorogato al 31 dicembre 2012 dall’art. 13 comma 5 del D.L. n. 216/2011 convertito nella legge n. 14/2012), che le sole attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuino ad essere gestite secondo le attuali modalità e forme procedimentali dai Comuni; f) l’iniziativa del Comune di Lauro si colloca al di fuori della deroga prevista dal comma 2-ter dell’art. 11, d.l. 195/2009, perché muta modalità di gestione del servizio esternalizzandolo, mentre prima vi provvedeva in proprio; g) da ultimo, la pronuncia gravata disattendeva le censure di costituzionalità manifestate dall’amministrazione resistente nei confronti del citato art. 11, per violazione degli artt. 114, 117, commi 1-3 e 118 commi 1-2, Cost. in tema di autonomia degli enti locali, ritenendole manifestamente infondate.

DIRITTO

1. Propone appello il Comune di Lauro che espone numerose eccezioni processuali e di merito tese all’annullamento della sentenza gravata e ripropone questione di costituzionalità dell’art. 11, d.l. 195/2009. Si costituiscono in giudizio la Irpiniamiente s.p.a. con memoria di costituzione del 10 maggio 2012 e successiva produzione di memoria del 30 maggio 2012 e la Provincia di Avellino con memoria di costituzione del 28 maggio 2012, chiedendo la reiezione dell’appello e la conferma della pronuncia gravata.

2. Preliminarmente va valutata l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo già proposta in prime cure e disattesa dal TAR campano. La Irpiniambiente s.p.a. non ha impugnato la delibera G.C. n. 61/2011, che manifesta la volontà di non affidamento del servizio all’odierna appellata, nonostante della stessa fosse a conoscenza come si evincerebbe dal ricorso introduttivo e dalla determina dirigenziale n. 270/2011. In primo grado, l’eccezione è stata respinta sulla scorta del carattere non immediatamente lesivo della delibera in questione, atteso che la stessa demanda al responsabile del servizio la scelta tra l’affidamento del servizio con procedimento di evidenza pubblica e della mancata indicazione da parte del Comune di Lauro dell’atto con il quale l’odierna appellata sarebbe venuta a conoscenza della stessa. La ricostruzione proposta dall’amministrazione comunale appellante non convince per distinti profili. Innanzitutto, la delibera citata impegna un organo della stessa amministrazione comunale e non produce quegli effetti esterni, che si manifestano solo con la pubblicazione degli atti di gara. Inoltre, la delibera in questione esprime indirizzi finalizzati all’affidamento del servizio senza annullare completamente i margini di valutazione del responsabile del servizio, pertanto anche sotto questo profilo appare corretta la valutazione del primo giudice di non far discendere dalla mancata impugnazione della citata delibera l’inammissibilità del ricorso introduttivo.

3. Con una seconda eccezione la difesa del Comune appellante invoca l’improcedibilità del ricorso per non avere la Iripiniambiente s.p.a. impugnato l’aggiudicazione definitiva, ma solo quella provvisoria, non potendosi nella fattispecie invocare alcun effetto caducante sull’aggiudicazione definitiva dall’annullamento degli atti presupposti. A sostegno del proprio assunto l’appellante richiama numerose pronunce anche di questo Consiglio. L’eccezione è, però, infondata nei termini che seguono. Com’è noto la giurisprudenza amministrativa con orientamento consolidato, confermato, da ultimo, da Cons. St., Ad. Plen., n. 31/2012, ha più volte ribadito la relazione giuridica che lega l’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva sul piano sostanziale e processuale, nel senso che l’aggiudicazione provvisoria di una gara d’appalto, avendo natura di atto endoprocedimentale ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, è inidonea a produrre la definitiva lesione della concorrente non risultata aggiudicataria, che si verifica solo con l’aggiudicazione definitiva, che non costituisce atto meramente confermativo della prima e in riferimento esclusivamente alla quale, quindi, va verificata la tempestività del ricorso.

Pertanto, l’impugnazione dell’aggiudicazione provvisoria “…è comunque condizionata, ai fini della sua procedibilità, alla tempestiva impugnazione con motivi aggiunti anche dell’aggiudicazione definitiva che successivamente intervenga (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2011 n. 2482, in questa Rassegna 2011, I, 607; Cons. Stato, Sez. V, 26 novembre 2008 n. 5485; Cons. Stato, Sez. VI, 18 marzo 2003 n. 1417, in Cons. Stato 2003, I, 651)” (così, Cons. St., Ad. Plen., n. 31/2012). Questo principio appare granitico nel caso in cui ad impugnare l’aggiudicazione provvisoria sia il concorrente non aggiudicatario: è la fattispecie analizzata dall’Adunanza Plenaria, sopra richiamata, mentre la problematica presente profili da discutere nel caso in cui l’impugnazione provenga da un soggetto che contesti in radice la scelta della stazione appaltante di bandire la procedura di gara.

La soluzione prescelta di valutare improcedibile il ricorso avverso l’aggiudicazione provvisoria in caso di mancata impugnazione dell’aggiudicazione definitiva poggia sull’idea che i due atti manifestino un’autonoma lesione all’interesse legittimo azionato dal concorrente non aggiudicatario. Epperò, l’instabilità degli effetti dell’aggiudicazione provvisoria non obbliga all’immediata impugnazione, ma facultizza alla stessa. Si tratta di due atti connotati da autonome valutazioni dell’amministrazione in merito all’esito della gara, tali che la rimozione della prima non caduca automaticamente la seconda, poiché quest’ultima non ne è l’esito ineluttabile, ma il frutto di ulteriore esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione. Pertanto, il bene della vita del concorrente che assume di essere stato illegittimamente pretermesso viene leso da due distinti provvedimenti: l’aggiudicazione provvisoria e quella definitiva, l’ultimo dei quali cristallizza la lesione inferta al suo interesse legittimo.

Nel caso in questione, la situazione è distinta in quanto l’originario ricorrente contesta non l’esito della gara, ma la possibilità stessa della gara, in quanto il bene della vita fatto valere dalla Irpiniambiente s.p.a. è quello relativo alla possibilità di risultare affidatario diretto del servizio nel caso di mancato esercizio del potere di deroga assegnato alle amministrazioni comunali ex art. 11 comma 2-ter, d.l. 195/2009. In questo senso il rapporto tra gli atti di indizione della gara, ritualmente impugnati e l’aggiudicazione definitiva si pone nel senso di un rapporto di consequenzialità immediata, diretta e necessaria. L’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono da compiere nuove e ulteriori valutazioni discrezionali in merito alla scelta di affidare il servizio mediante gara pubblica, con la conseguenza che non occorre impugnare gli atti di aggiudicazione ove siano impugnati quelli di indizione del procedimento di gara, in quanto l’annullamento del bando di gara travolge il provvedimento di aggiudicazione, sicché la mancata impugnazione di quest’ultima non determina l’improcedibilità del ricorso (cfr. Cons. St., sez. V, 8 marzo 2011, n. 1463; Id., 28 ottobre 2008, n. 5384; Id. 2482/2011). Nel caso in questione non vi è sul punto di cui si duole l’odierna appellata nuovo esercizio di discrezionalità amministrativa, tanto che l’aggiudicazione definitiva appare mera conferma della scelta operata con gli atti di indizione del bando di gara di esternalizzare il servizio. Pertanto, anche quest’eccezione va disattesa.

4. Con una terza eccezione processuale il Comune di Lauro invoca la violazione degli artt. 60 e 74 c.p.a. in quanto “…molti cittadini del Comune di Lauro hanno notificato alle parti costituite atto di interventi ad opponendum. L’originale di tale atto non è stato possibile ritirarlo dall’Ufficio notifiche e depositarlo all’udienza del 29 marzo 2012 in cui è stato fatto presente ciò”. Pertanto, vi sarebbe stata violazione del principio del contradditorio. La tesi in parola non è corretta. La disciplina della cd. sentenza resa in forma semplificata prevede che in sede cautelare è possibile definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata a patto che sia accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria. La disposizione in parola si ispira al rispetto dei principi del giusto processo ex art. 111 cost. e si articola su due distinti livelli: 1) la completezza del contraddittorio tra le parti che devono partecipare al giudizio (da ultimo, Cons. Stato Sez. III, 28-11-2011, n. 6291); 2) la necessità di ascoltare le parti costituite in giudizio circa l’opportunità di seguire tale scelta. Nella fattispecie nessuna delle due condizioni appare violata. Non la prima in quanto gli interventori in questione non sono parti necessarie del processo amministrativo, e neanche la seconda atteso che l’avviso in ordine alla definizione del giudizio con la sentenza in forma semplificata risulta essere stato correttamente dato.

5. Quanto alle censure di merito, quella sub III del ricorso in appello è mal posta atteso che la violazione dei principi di economicità non può certo essere imputata alla sentenza gravata ed il risparmio di spesa ottenuto fronteggiando il costo del servizio a carico del Comune di Lauro in concreto erogato per il periodo dal 1 febbraio al 30 giugno 2012 dall’aggiudicataria Cooperativa “Irpinia Avanti” rispetto a quello indicato dalla Irpiniambiente s.p.a. non incide sulla legittimità degli atti di gara, anche per la non omogeneità delle offerte in questione, posto che, ad esempio, la Cooperativa “Irpinia Avanti” ha svolto il servizio servendosi dei mezzi comunali dati in comodato, il che significa che i costi degli stessi sono rimasti a carico dell’amministrazione comunale, mentre, non essendo chiarito diversamente, deve presumersi che Irpiniambiente s.p.a. si sarebbe servita di propri mezzi manlevando l’amministrazione comunale dai correlati costi. In ogni caso si tratta di una aspetto della vicenda che involge valutazioni strategico-politiche, che se pur fondate non sanerebbero l’illegittimità che caratterizza la soluzione prescelta dal Comune di Lauro.

6. La seconda delle censure di merito è quella che tocca il cuore della controversia in esame, ossia l’esegesi del comma 2-ter dell’art. 11, d.l. 195/09. La norma in questione a giudizio del Comune di Lauro non sarebbe stata violata atteso che l’amministrazione avrebbe utilizzato lo stesso modulo procedimentale dell’affidamento all’esterno del servizio di gestione dei rifiuti in armonia inoltre con le indicazioni comunitarie che spingono per la liberalizzazione del settore dei servizi pubblici locali, con una significativa apertura al regime della concorrenza tra gli operatori del mercato. Anche questa doglianza non appare fondata.

Il servizio di gestione di rifiuti, infatti, dapprima gestito in proprio dal Comune di Lauro è stato esternalizzato nonostante il citato comma 2-ter sia pure con termini differiti per due volte (da ultimo fino e non oltre il 31 dicembre 2012) prevedesse la mera possibilità che le sole attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuino ad essere gestite secondo le attuali modalità e forme procedimentali dai comuni. Pertanto, la soluzione adottata dall’amministrazione comunale appare come illegittima, nella misura in cui nel corso del termine assegnato di volta in volta dal citato art. 11, muta modalità di gestione del servizio, così optando per una soluzione alternativa rispetto a quella di continuare a gestire il servizio in proprio, ovvero di affidarlo alla Iripiniambiente s.p.a., che viola la ratio e la lettera del citato comma 2-ter (cfr. anche TAR Lazio, n. 7130/2011).

7. Da ultimo, appaiono manifestamente infondate anche le prospettate censure di costituzionalità per violazione degli artt. 114, 117 e 118 Cost. L’art. 11, d.l. 195/2009, infatti, interviene nella materia della tutela dell’ambiente rimessa all’esclusiva competenza del legislatore nazionale, al fine di regolare dopo lunghi anni la cessazione dello stato di emergenza rifiuti nella regione Campania, senza soluzioni di continuità rispetto agli atti compiuti nella fase emergenziale. La disposizione è inoltre improntata al rispetto della richiamata legge regionale Campania n. 4 del 2007, regolatrice della materia, così come, naturalmente, risultante per effetto della pronunzia resa dalla Corte Costituzionale 4 dicembre 2009, n. 314 in relazione alla legge regionale Campania n. 4 del 2008, che, ha apportato modifiche alla prima. La legittimità sotto il profilo costituzionale dell’intervento del legislatore statale è stato ancora più di recente conclamato da Corte cost., 3 marzo 2011, n. 69 secondo la quale: “È costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 69, della L.R. 21 gennaio 2010, n. 2 della Regione Campania, il quale abroga la disposizione contenuta nell’art. 32-bis della L.R. n. 4 del 2007 della Regione Campania, che disponeva l’immediata cessazione dell’attività dei consorzi obbligatori per lo smaltimento dei rifiuti e il trasferimento delle relative funzioni alle Province, precisando che il subentro di queste ultime in rapporti attivi e passivi avvenga fin dal momento dell’avvenuto trasferimento dei servizi al nuovo soggetto gestore. Orbene, la norma regionale censurata è lesiva della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, in quanto determina uno slittamento temporale dell’effettivo passaggio delle funzioni amministrative in tema di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Campania e, in ultima analisi, individua, in modo eccentrico rispetto alla legge statale, l’ente pubblico responsabile dell’intera attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti”.

8. Da ultimo, va rimarcato come il difetto di competenza dell’amministrazione comunale trovi conferma attraverso un argomento richiamato dagli stessi atti difensivi anche dell’odierna appellante: l’art. 1, comma 1, d.l. 1/2013, infatti, attribuisce nuovamente le funzioni di organizzazione e gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani (art. 14, d.l. 78/2010, comma 27, lett. f) alle amministrazioni comunali a partire dal 30 giugno 2013. Si conclama in questo modo l’assenza nel lasso di tempo in cui sono stati adottati i provvedimenti oggetto dell’originario ricorso il difetto di competenza da parte del Comune di Lauro nei termini sopra descritti.

9. La complessità delle questioni trattate consente la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Manfredo Atzeni, Presidente FF

Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore