Consiglio di Stato, Sez. III, 8 gennaio 2013, n. 26

 

Consiglio di Stato, Sez. III, 8 gennaio 2013, n. 26

Presidente Lodi - Estensore Simonetti

 

La procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara riveste carattere di eccezionalità rispetto all’obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, per cui la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nella individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’amministrazione committente dimostrare l’effettiva esistenza; con particolare riguardo al caso in cui la scelta della procedura negoziata sia effettuata per “ragioni di natura tecnica”, le quali presuppongono l’esistenza di una sola impresa in grado di eseguire la prestazione oggetto del contratto, è necessario accertare in via preventiva tale condizione attraverso una puntuale indagine conoscitiva, da effettuarsi in ambito europeo. 

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittima una procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara - ai sensi dell’articolo 57 comma 2, lett. b) del Codice dei contratti – per la quale non fossero sussistenti quelle ragioni tecniche di natura oggettiva che la legge richiede per l'affidamento del servizio ad un soggetto economico determinato. Il Collegio ha, inoltre, ritenuto opportuno sollevare questione pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in merito alla sorte del conseguente contratto di appalto, nel caso di avviso volontario per la trasparenza.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Con questa pronuncia, la Terza Sezione ribadisce l’orientamento ormai pacifico della giurisprudenza amministrativa in tema di deroghe alle procedure ad evidenza pubblica disciplinate dal Codice dei contratti. Nel caso di specie, il giudice ha preliminarmente ribadito qual è l’intensità del sindacato del giudice amministrativo che, in ossequio sia a disposizioni costituzionali (articoli 24, 103 e 113 Cost.) che di rango primario (articolo 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 – Codice del processo amministrativo), può legittimamente sindacare l’attendibilità di scelte tecniche compiute dall’amministrazione. Il primo giudice ha, quindi, correttamente verificato la sussistenza della “ragioni di natura tecnica” che, in base alla norma richiamata, fonderebbero il potere dell’amministrazione di aggiudicare una procedura senza previa pubblicazione del bando di gara.

Nel merito della questione, la procedura ex articolo 57 deve costituire un’ipotesi derogatoria e, quindi eccezionale, che va sorretta da congrua motivazione dalla quale emerga che: a) l’affidamento di un contratto ad un soggetto economico determinato senza la previa pubblicazione di un bando deve essere preceduto da una preventiva indagine di mercato al fine di accertare che la prestazione richiesta non è normalmente disponibile; b) anche in mancanza di tale indagine, tuttavia, l’amministrazione può derogare alla procedura aperta solo in presenza di un’oggettiva impossibilità di affidare i medesimi servizi ad operatori economici diversi; c) al contrario, non sono ammissibili motivazioni riconducibili a ragioni di eccessiva difficoltà nell’affidare un servizio ad un soggetto diverso, in ragione degli oneri di programmazione dell’attività di approvvigionamento di beni e servizi, che consentono alle amministrazioni di superare eventuali difficoltà tecniche legate all’aggiudicazione ad un nuovo soggetto; d) infine, neanche eccessivi oneri economici potrebbero giustificare la deroga alle procedure ad evidenza pubblica, atteso che il confronto concorrenziale non può che ingenerare un abbassamento dei prezzi, a beneficio della stazione appaltante.

Il Collegio, dunque, nel circoscrivere il potere dell’amministrazione, ha ritenuto illegittima la procedura seguita dalla stazione appaltante nel caso di specie, in ciò confermando la sentenza di primo grado. Per quanto riguarda la sorte del relativo contratto, tuttavia, il giudice ha ritenuto opportuno proporre rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sulla base dell’incongruenza che discende dall’interpretazione letterale dell’articolo 122, comma 5, lett. b), del Codice del processo amministrativo, che determinerebbe, comunque, l’efficacia del contratto ove la stazione appaltante abbia pubblicato – come nel caso in esame - l’avviso volontario per la trasparenza di cui all’articolo 79 bis del Codice dei contratti, indipendentemente dalla gravità della violazione delle norme del Codice.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La sentenza che si annota conferma come le deroghe alle procedure ad evidenza pubblica siano eccezionali e debbano essere sorrette da una congrua motivazione, possibilmente previa istruttoria dell’amministrazione dalla quale emerga la necessità della deroga. L’affidamento diretto di un contratto ad un determinato soggetto senza previa pubblicazione del bando, infatti, deve essere sorretto da ragioni oggettive di impossibilità di affidare i medesimi servizi ad operatori economici diversi, ragioni che non devono risiedere in ritardi organizzativi della stazione appaltante o difficoltà tecniche legate all’affidamento del servizio ad un soggetto diverso. Rimane, tuttavia, aperto il problema della sorte del contratto aggiudicato con la procedura annullata: l’interpretazione letterale dell’articolo 122, comma 5, lett. b, sull’avviso volontario per la trasparenza, infatti, ne salverebbe l’efficacia, ma questo risultato costituisce, ad avviso del giudice, un paradosso che richiede l’interpretazione pregiudiziale della Corte di Giustizia delle Comunità Europee.

 

                PERCORSO BIBLIOGRAFICO

I. Franco, A. Meale, Commento all’art. 57, in F. Caringella, M. Protto, Codice dei contratti pubblici, Dike, 2012, pp. 484 ss.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5526 del 2012, proposto da:
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Fastweb S.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Stella Richter, presso il cui studio ha eletto il domicilio in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 11;

nei confronti di

Telecom S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. ti Francesco Cardarelli e Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso il primo di essi in Roma, via G. Pierluigi Da Palestrina,.47;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: sezione I TER n. 4997/2012, resa tra le parti, concernente la procedura negoziata senza bando per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a favore del Dipartimento di pubblica sicurezza e dell'Arma dei Carabinieri, quali servizi di fonia vocale, fonia mobile trasmissione dati

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Fastweb S.p.a. e di Telecom S.p.a.;
Visto l’appello incidentale di Telecom S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2012 il Cons. Hadrian Simonetti, uditi per le parti gli avvocati Stella Richter, Cardarelli e l’avvocato dello Stato Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Fastweb s.p.a. ha impugnato l’ avviso di aggiudicazione, pubblicato il 16.2.2012, della procedura negoziata, senza previa pubblicazione del bando di gara, indetta dal Ministero dell’Interno per la “fornitura di servizi di comunicazione elettronica a favore del Dipartimento di pubblica sicurezza e dell’Arma dei Carabinieri, quali servizi di fonia vocale, fonia mobile, trasmissione dati”, disposta in favore di Telecom s.p.a.
Premettendo di avere in precedenza già manifestato al Ministero il proprio interesse ad essere invitata a partecipare a future gare, Fastweb ha censurato la scelta di non bandire una procedura di gara, deducendo la violazione dell’art. 28 della Direttiva 2009/18/CE e dell’art. 57 del d.lgs. 163/2006, nonché il difetto di motivazione e l’eccesso di potere, sul rilievo che non ricorrevano le condizioni per avviare una procedura negoziata senza bando.
Ha quindi chiesto l’annullamento dell’aggiudicazione e, ove già stipulato, la dichiarazione di inefficacia del contratto.
Con successivi motivi aggiunti ha impugnato altri provvedimenti in precedenza non ancora noti, in particolare la determina del 22.12.2011 che individuava Telecom quale operatore con cui negoziare l’affidamento del servizio, ed ha dedotto ulteriori violazioni di legge, con riferimento all’art. 16 della l. 241/1990 e agli artt. 17, 59 e 79-bis del d.lgs. 163/2006, censurando in particolare la scelta compiuta dall’Amministrazione di disciplinare la fornitura attraverso un accordo quadro, con oggetto indeterminato e per una durata temporale assai ampia, e le modalità attraverso le quali si era giunti alla stipula della convenzione il 31.12.2011, atto preceduto dall’avviso volontario per la trasparenza preventiva di cui ha dedotto la carenza dei suoi elementi fondamentali e, come tale, la sua inidoneità a produrre gli effetti di cui all’art. 121 co. 5 c.p.a.
2. Il Tar ha respinto le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa erariale e da quella di Telecom (con la sola eccezione dell’impugnazione del decreto di segretazione, giudicata inammissibile), anche sul rilievo che Fastweb avrebbe potuto eseguire il servizio affidato alla controinteressata, se non interamente in proprio, comunque attraverso gli istituti dell’avvalimento e del raggruppamento temporaneo di imprese. Nel merito della controversia, dopo avere lungamente ripercorso le contrapposte deduzioni di parte (da p. 9 a p. 20) ed il quadro normativo di riferimento (da p. 21 a p. 23), ha giudicato che la scelta compiuta dal Ministero non fosse immune dalle censure proposte da Fastweb e che i dati e le circostanze indicati dall’Amministrazione non integrassero quelle “ragioni tecniche” che, ai sensi dell’art. 57 co. 2 lett. b) del d.lgs. 163/2006, fanno sì che “il contratto possa essere affidato unicamente ad un solo operatore economico determinato”, quanto piuttosto “ragioni di opportunità e difficoltà che potrebbero derivare dall’affidamento dei servizi ad operatori economici diversi da Telecom”. Ciò anche dalla luce del fatto che alcuni dei servizi rientranti nella procedura contestata avevano costituito oggetto di contratti quadro stipulati all’esito di gare indette da centrali di committenza nazionali (CNIPA e Consip).
Accolta la domanda di annullamento, il Tar ha ritenuto che nel caso di specie non fosse possibile pronunciare l’inefficacia del contratto ai sensi dell’art. 121, dovendosi applicare il co. 5 di tale articolo, per effetto dell’avviso volontario per la trasparenza ex art. 79 bis, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 20.12.2011; ma che ciò non significava che il contratto non potesse essere dichiarato pur sempre inefficace ai sensi dell’art. 122, ricorrendone le condizioni.
Ha quindi dichiarato inefficace la convenzione sottoscritta il 31.12.2011, con decorrenza solamente dal 31.12.2013.
3. Il Ministero dell’Interno ha impugnato la sentenza con un facondo atto di appello (62 pagine, non divise in paragrafi, né precedute da un indice), nel quale ha riproposto le eccezioni sollevate in primo grado per poi censurare la sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., laddove avrebbe rinvenuto negli atti difensivi di Fastweb censure mai dedotte o articolate in maniera generica, e per un’errata applicazione dell’art. 57 del d.lgs. 163/2006, con particolare riferimento al requisito delle “ragioni tecniche” e sul presupposto che la relazione istruttoria prodotta in primo grado fosse esaustiva nel dimostrare la loro sussistenza nel caso di specie.
Ha censurato la sentenza anche nel capo contenente la statuizione sull’inefficacia del contratto, assumendo che nella fattispecie in questione non potesse applicarsi l’art. 122 ma solo l’art. 121 co. 5 che tale pronuncia di inefficacia espressamente esclude.
Ha proposto appello, in via incidentale, anche Telecom, sulla base di argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle del Ministero, quindi contestando la legittimazione ad agire di Fastweb, lamentando che il Tar avrebbe disatteso il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e che, nel merito, non avrebbe tenuto nella debita considerazione la relazione istruttoria depositata in primo grado dalla quale sarebbero emerse le ragioni tecniche a fondamento della scelta compiuta dal Ministero.
Si è costituita Fastweb, replicando con articolata memoria difensiva.
All’udienza pubblica del 14.12.2012, in vista della quale le parti hanno depositato ulteriori memorie, l’Avvocatura chiedendo anche la cancellazione di alcune parole ritenute offensive, la causa è stata discussa ed è passata in decisione.
4. Il Collegio richiama in premessa il dovere di sinteticità, che deve guidare il giudice come le parti nella redazione degli atti del processo (v. artt. 3 e 26 del c.p.a.). Tanto più nel caso in esame, nel quale entrambi gli appellanti ripropongono in appello argomentazioni difensive in massima parte già sviluppate in primo grado (v., tra le tante, Cass. sez. un., n. 6538/2010 e , sez. I, n. 13169/2005).
4.1. Si osserva inoltre, preliminarmente ad ogni altra questione, come la richiesta di cancellazione, presentata dalla difesa erariale con la memoria di replica (v. a p. 3), non possa essere accolta non ravvisandosi nelle parole “incriminate” espressioni autenticamente ingiuriose o comunque offensive quanto, piuttosto, l’utilizzo per confutare le tesi di controparte di formule enfatiche e retoriche, nel quadro di un confronto di idee acceso e vivace, ma pur sempre rimasto nei limiti della continenza verbale
5. Su questa premessa, in punto di legittimazione all’originario ricorso è sufficiente osservare come Fastweb sia un noto operatore del settore (dato pacifico e di comune esperienza, per cui si può prescindere dalla documentazione depositata sul punto dalla difesa appellata il 23.11.2012), che ha più volte stipulato contratti di fornitura con le pubbliche amministrazioni e che si duole del fatto che, nel caso di specie, il Ministero dell’Interno anziché bandire una gara, abbia fatto ricorso ad una procedura negoziata con la sola Telecom, sul presupposto – fermamente contestato - che tale impresa fosse l’unica alla quale la fornitura in questione potesse essere affidata.
Ciò posto, se è vero che la legittimazione a ricorrere avverso l’affidamento diretto di un contratto non può essere riconosciuta automaticamente e indistintamente a tutte le imprese del settore, è anche vero che nel caso in esame la posizione di Fastweb è sufficientemente differenziata e qualificata in ragione della sua partecipazione a precedenti gare e dell’interesse manifestato per tempo, a maggio del 2011, a che il Ministero dell’Interno la invitasse a partecipare a future gare.
La tesi di fondo delle odierne appellanti - secondo cui, date le dimensioni e la complessità dell’oggetto della fornitura, nel caso di specie Fastweb non avrebbe avuto i requisiti di qualificazione sufficienti per presentare un’offerta, ove il Ministero avesse mai bandito una gara pubblica - per un verso ipotizza un’esclusione futura allo stato del tutto eventuale, considerata anche la possibilità di un frazionamento dell’oggetto del contratto (v. Infra); e, per altro verso, con uno sguardo rivolto al passato, dimentica che il diritto europeo ha da tempo previsto, proprio per aprire i mercati alla concorrenza e superare monopoli ed oligopoli, istituti quali il raggruppamento temporaneo di imprese e l’avvalimento.
Dopodiché, pretendere che, sin da ora, Fastweb dimostri in quale composizione, ovvero in collaborazione con quali altre imprese del settore, avrebbe ipoteticamente partecipato alla gara ove questa gara il Ministero dell’Interno avesse bandito, sino al punto da richiedere (così sembra di potersi leggere nella memoria Telecom del 3.12.2012 a p. 9) ) la presentazione di un ricorso collettivo con tali imprese, appare al Collegio una soluzione del tutto eccentrica rispetto all’orientamento giurisprudenziale finora maggioritario (cfr. Cons. St., V, n. 5426/2009; 6797/2007; 546/1999) e che, ove accolta, comprimerebbe intollerabilmente il diritto di difesa fissando l’asticella della legittimazione ad agire ad un’altezza difficilmente raggiungibile da chiunque singolarmente.
6. Quanto alla asserita genericità dei motivi dedotti avverso gli atti impugnati, con il ricorso e con i motivi aggiunti di primo grado, reputa il Collegio che il grado di dettaglio delle censure di Fastweb dovesse e debba essere rapportato al grado di dettaglio delle motivazioni poste in origine dall’Amministrazione a fondamento della propria scelta.
Ciò sul rilievo che l’originaria motivazione dell’Amministrazione, contenuta nell’avviso di aggiudicazione impugnato con il ricorso introduttivo e nella determina del 22.12.2011 impugnata con i motivi aggiunti, è stata integrata solamente in un secondo momento e solamente nel corso del giudizio di primo grado, in esecuzione di un incombente istruttorio disposto dal Tar, con la relazione tecnica depositata dal Ministero il 28.4.2012.
In disparte la dibattuta questione se sia o meno ammissibile l’integrazione in giudizio della motivazione (v. per la tesi negativa ad oggi ancora di gran lunga prevalente, Cons. St., VI, n. 65598/2011 e V, n. 8040/2010), è comunque da escludere che la parte ricorrente fosse onerata ad una nuova impugnazione nei confronti della relazione, ben potendo confutare le risultanze dell’istruttoria per mezzo di un qualunque atto difensivo, come certamente è consentito a fronte di qualunque incombente istruttorio che si compia nel corso del giudizio amministrativo.
7. Entrando più nel merito della questione – la legittimità di una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, motivata ai sensi dell’art. 28 par. 1 lett. e) della direttiva n. 2009/81/CE e dell’art. 57 co. 2 lett. b) del d.lgs. 163/2006 “per ragioni di natura tecnica” - è bene chiarire come il Tar non si sia fermato a considerare se la motivazione degli atti impugnati fosse adeguata, come prescrive il co. 1 dell’art. 57, ma, attraverso la richiesta di chiarimenti, sia andato al di là (della superficie) degli atti adottati, per valutare l’attendibilità della scelta compiuta, accertando se ricorressero i presupposti richiesti dalle norme richiamate
7.1. Tale modalità di giudizio è contestata da Telecom, sebbene più nella memoria conclusionale che nell’atto di appello incidentale, assumendo che il giudice avrebbe oltrepassato i limiti esterni della sua giurisdizione, richiamando a sostegno di questa tesi il precedente della Corte di Cassazione sez. un. n. 2312/2012.
A tale argomento, per quanto autorevole ne sia la fonte, si deve replicare come sul piano storico il sindacato del giudice amministrativo, benché in origine (e a lungo) incentrato sull’atto e non sul rapporto, abbia ben presto esteso il proprio oggetto anche a tutto il procedimento amministrativo, attraverso il vizio dell’eccesso del potere inteso progressivamente quale vizio della funzione (e non più del singolo atto), come dimostrano le “classiche” figure sintomatiche dell’errore di fatto e del difetto di istruttoria, poi confluite, con il passare del tempo, nei vizi di illogicità e di irragionevolezza.
Lungo questo percorso evolutivo (segnato dagli artt. 24, 103 e 113 Cost.) si è andata affermando, già da alcuni decenni, l’idea di un giudizio di accertamento dell’eccesso di potere nel quale il giudice amministrativo, pur non spingendosi sino a sindacare la valutazione dei vari interessi fatta dall’autore dell’atto, verifica tuttavia che tali interessi esistano davvero nella realtà fenomenica, che non vi siano omissioni o sostituzioni importanti e che vi sia una coerenza logica nella valutazione compiuta.
Ciò prima ancora che, in tempi più recenti, si cominciasse ad invocare la necessità di un sindacato intrinseco, reso possibile attraverso “nuovi” poteri istruttori, che permettesse un più penetrante accesso ai fatti in contestazione, verificando l’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo.
Il punto di approdo di questa lunga e non facile evoluzione, anche giurisprudenziale (v., per tutti, Cons. St., IV, n. 601/1999), si può cogliere chiaramente nel codice del processo amministrativo che si apre con la solenne affermazione che la “giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo” (art. 1.).
Tutto questo per ribadire come il giudizio sulla attendibilità delle scelte di natura tecnica, effettuate dalla pubblica amministrazione, rientri ancora nel perimetro di una “moderna” giurisdizione di legittimità e come, nella vicenda qui in esame, da tale perimetro il Tar non sia affatto fuoriuscito.
7.2. Tanto chiarito sul piano più generale, venendo al tema qui controverso deve essere ricordato come, secondo l’indirizzo accolto anche dalla Sezione (v. sent. n. 2404/2011), la procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara riveste carattere di eccezionalità rispetto all’obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, per cui la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nella individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza (v. Corte di giustizia CE, 8.4.2008, n. 337/05)
7.3. Con particolare riferimento all’ipotesi, già menzionata in relazione all’allora trattativa privata dalla normativa sulla contabilità speciale dello Stato (v. art. 41 del R.D. 827/1924), in cui la scelta della procedura negoziata sia effettuata per “ragioni di natura tecnica” le quali presuppongono l’esistenza di una sola impresa in grado di eseguire la prestazione oggetto del contratto, si è ritenuta la necessità di accertare in via preventiva tale condizione attraverso una puntuale indagine conoscitiva, da effettuarsi anche in ambito europeo (v. Cons. St., III, n. 2404/2011; V, n. 6797/2007).
Nel caso di specie, al contrario, non risulta essere stata compiuta nessuna indagine di mercato ex ante, la quale presuppone quanto meno il contattare un certo numero di operatori di mercato al fine di acquisire elementi in ordine ai loro prodotti, ma si è partiti dalla duplice premessa che Telecom fosse l’unico operatore possibile, per “conoscenze, strumenti e mezzi specifici” (alcuni dei quali protetti da diritti di esclusiva); e che l’indizione di una gara e l’eventuale affidamento ad operatori alternativi avrebbe comportato la necessità di modifiche della fornitura dei servizi di telefonia cui si sarebbero accompagnati costi economici sproporzionati e tempi tecnici non compatibili con la continuità del servizio (v. Determinazione 22.12.2011 impugnata con i motivi aggiunti).
7.4. Ebbene, anche a non voler considerare come di per sé sola dirimente l’omessa indagine preventiva di mercato, reputa il Collegio che l’amministrazione aggiudicatrice non abbia dimostrato le ragioni tecniche invocate a giustificazione della procedura adottata.
Non è infatti sufficiente, a tal fine, mutuare buona parte della motivazione racchiusa nella citata Determinazione 22.12.2011, e prima ancora nell’Avviso volontario per la trasparenza del 20.12.2011, direttamente dal 52° Considerando della direttiva 2009/81/CE, che disciplina gli appalti pubblici nei settori della difesa e della sicurezza. Né persuade lo sforzo della difesa erariale nell’enfatizzare tale Considerando (v. atto di appello a p. 37), una volta ribadito piuttosto come l’art. 28 par. 1 lett. e) della Direttiva coincida in massima parte con l’art. 57 co. 2 lett. b) del Codice dei contratti.
Ciò posto, emerge dall’insieme delle allegazioni svolte e della documentazione prodotta (compresa la relazione tecnica del 28.4.2012, che non apporta significativi elementi aggiuntivi rispetto agli atti impugnati), non già un’oggettiva impossibilità di affidare i medesimi servizi ad operatori economici diversi quanto l’asserita inopportunità di una tale soluzione, essenzialmente perché, a giudizio del Ministero, questo comporterebbe dei cambiamenti dei costi e dei tempi necessari di adeguamento.
7.5. Premesso che non poche ipotesi di subentro in appalti pubblici complessi di durata pluriennale comportano conseguenze del tutto o molto simili a quelle tanto temute nel presente caso, reputa il Collegio che l’amministrazione non abbia dimostrato, tra l’altro:
-che l’affidamento ad un diverso operatore avrebbe comportato davvero la necessità di far fronte a “condizioni economiche sproporzionate”, potendosi dubitare della validità di una affermazione così netta, considerando da un lato il corrispettivo non certo esiguo pattuito con la Telecom (pari complessivamente a 521 milioni di euro) e, dall’altro, il dato di comune esperienza per il quale il confronto concorrenziale determina semmai, nella fisiologia del sistema, un abbassamento dei prezzi, a beneficio di chi acquista;
-che i tempi necessari per la migrazione, dal vecchio al nuovo operatore, non sarebbero potuti essere inferiori rispetto alla stima di tre anni.
Se a questo aggiungiamo anche che il peso del Si.S.In. (Sistema di Supervisione Integrato), di proprietà di Telecom, nell’economia dell’appalto è assai modesto, essendo pari a meno dell’1% del valore dell’intero affidamento, e che i servizi oggetto dell’affidamento potevano essere scorporati o che comunque neppure la stessa Amministrazione dell’interno ha escluso tale ipotesi, peraltro già attuata da altre amministrazioni (Difesa e Giustizia), ma sembra averla considerata come eccessivamente complicata (v. relazione tecnica sub 5) e quindi in sostanza, una volta ancora, difficile piuttosto che impossibile; si può comprendere come correttamente il giudizio del Tar dal piano della motivazione si sia esteso a quello dell’eccesso di potere di cui, nella fattispecie in questione, ricorrono non poche delle figure sintomatiche di scuola.
Si può aggiungere ancora che, neppure sposando il punto di vista dell’Amministrazione e assumendo che la superiorità di Telecom su qualunque operatore alternativo fosse così vistosa e conclamata, si comprenderebbero le ragioni per le quali non lasciare che, nell’interesse della stessa Telecom, tale asserita superiorità trovasse conferma e più sicura legittimazione nel confronto concorrenziale delle offerte tecniche ed economiche in una gara pubblica.
7.6. Infine, vale a rafforzare l’eccesso di potere anche la tempistica attraverso la quale si è giunti all’affidamento del contratto: nel segno di una fortissima accelerazione impressa ad una scelta che l’Amministrazione aveva avuto anni per compiere (si sapeva infatti da tempo che la precedente convenzione firmata nel 2003, sempre con Telecom, sarebbe scaduta il 31.12.2011) e che, invece, nonostante l’importanza e la complessità dell’appalto, ha preso solo in prossimità della scadenza, concentrando in pochissimi giorni l’avviso volontario per la trasparenza, l’avvio formale della procedura (appena due giorni dopo avere ricevuto il parere dell’Avvocatura dello Stato), l’attività di negoziazione in senso proprio, la sottoscrizione della convenzione quadro.
7.7. Ne consegue, per tutte le ragioni sin qui evidenziate, che entrambi gli appelli sono in parte qua infondati e vanno respinti, confermandosi il capo della sentenza recante la pronuncia di annullamento degli atti della procedura negoziata, senza previa pubblicazione del bando, aggiudicata a Telecom.
8. Quanto alla inefficacia della convenzione quadro pronunciata dal Tar, entrambi gli appelli contestano, con articolate argomentazioni, la possibilità di applicare al caso in esame l’art. 122 del c.p.a. Ciò sul presupposto che, una volta accertata l’esistenza di un valido avviso volontario per la trasparenza pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’UE, la corretta applicazione della direttiva europea 2007/66 (art. 2-quinquies par. 4), e della normativa interna di recepimento (art. 121 co. 5 c.p.a.), imporrebbe sempre e comunque la salvaguardia degli effetti del contratto. Il che si tradurrebbe, sul piano del diritto interno, nel divieto di fare applicazione dell’art. 122 c.p.a. e quindi nell’impossibilità di dichiarare, neppure per tale via, l’inefficacia del contratto.
La difesa di Fastweb contesta simile tesi perché – assume - con essa si verrebbe a creare una zona franca proprio nel caso in cui la violazione della concorrenza è più forte.
Così riassunte in estrema sintesi le contrapposte tesi di parte, il Collegio osserva come su tale specifica questione non constino precedenti giurisprudenziali e come invece siano già emerse opinioni dottrinali che hanno posto in luce l’apparente paradosso della soluzione prospettata dagli odierni appellanti; sicché è pregiudiziale, ai fini del decidere, approfondire la portata esatta della citata direttiva 2007/66/CE, attraverso il rinvio della questione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, a norma dell’art. 267 lett. b) del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, come da separata ordinanza.
9. Ogni decisione sull’efficacia della convenzione quadro, come anche sulle spese del giudizio, è riservata all’esito dell’incidente comunitario e sino ad allora il presente giudizio è sospeso.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
non definitivamente pronunciando sugli appelli, riservata ogni altra decisione, così provvede:
1) respinge gli appelli, principale ed incidentale, relativamente al capo di sentenza che ha annullato gli atti di affidamento a Telecom s.p.a. dei servizi di comunicazione elettronica a favore del Dipartimento di P.S. e dell’Arma dei Carabinieri;
2) al fine di decidere sugli appelli proposti contro il capo di sentenza che ha dichiarato l’inefficacia della convenzione quadro, dispone a cura della Segreteria, come da separata ordinanza, la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Pier Luigi Lodi, Presidente
Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore
Dante D'Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere