Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza 12 dicembre 2012, n. 6373.
Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza 12 dicembre 2012, n. 6373
Presidente Severini; Estensore Castriota ScanderbegIn presenza di clausole del bando chiare ed inequivoche nel prescrivere l’adempimento di oneri formali di collazione dell’offerta tecnica (onere di timbratura, numerazione in sequenza e siglatura degli elaborati), non residua alcuno spazio applicativo per il ricorso al meccanismo dell’integrazione documentale o dei chiarimenti di cui all’art. 46 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici). Difatti, quest’ultima disposizione non può essere utilizzata dalle stazioni appaltanti, pena la violazione del principio della par condicio competitorum, per colmare eventuali carenze documentali o inadempienze dei concorrenti nei casi in cui si è in presenza di previsioni di lex specialis, dalla portata inequivoca, rimaste inadempiute.
BREVI ANNOTAZIONI
L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA
Con questa pronuncia il Consiglio di Stato conferma il proprio orientamento che impedisce alla stazione appaltante di ricorrere all’istituto di cui all’art. 46 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), quando il concorrente abbia omesso di osservare le prescrizioni di lex specialis, dichiarative o documentali, espressamente stabilite a pena di esclusione ed inequivoche nel loro tenore letterale.
IL PERCORSO ARGOMENTATIVO
Un’impresa, ricorrendo al Consiglio di Stato dopo il rigetto delle sue pretese in primo grado, tornava a lamentare l’illegittimità della sua esclusione da una gara, disposta dalla Stazione Appaltante in ragione della difformità formale della sua offerta rispetto al modello imposto dalla lex specialis, sotto espressa comminatoria di esclusione. Si doleva, inoltre, del mancato ricorso al meccanismo dell’integrazione documentale di cui all’art. 46 del Codice dei contratti, ciò che le avrebbe consentito la regolarizzazione delle irregolarità formali presenti nella propria offerta tecnica.
La Sesta Sezione, nel condividere le statuizioni dei primi Giudici, rigetta il ricorso, preso atto: (i) dell’inequivocità e della chiarezza delle prescrizioni di lex specialis in ordine alle modalità di redazione delle offerte (onere di timbratura, numerazione in sequenza e siglatura degli elaborati); (ii) della chiarezza anche con riguardo all’ambito del materiale documentale oggetto di tali speciali precauzioni formali (“tutti gli elaborati tecnici”); (iii) dell’espressa sanzione dell’esclusione prevista dalla lex specialis in caso d’inosservanza di dette previsioni formali; (iv) della ragionevolezza e proporzionalità degli stessi incombenti formali, previsti a presidio di preminenti interessi pubblici correlati al fondamentale principio del buon andamento amministrativo (genuinità dei documenti prodotti, in relazione al profilo dell’effettiva provenienza dalle imprese concorrenti e in funzione della speditezza delle operazioni di selezione delle offerte), rispetto ai quali la puntuale osservanza delle prescrizioni di gara non avrebbe comportato per i concorrenti alcun onere eccessivo o sovrabbondante.
Quanto, poi, alla richiesta di un soccorso istruttorio, i Giudici escludono tale possibilità, stante la chiarezza prescrittiva delle richiamate clausole del bando (oltre che l’espressa comminatoria di esclusione).
Difatti, l’art. 46 del Codice non può essere utilizzato dalle stazioni appaltanti, “pena la violazione del principio della par condicio competitorum, per colmare eventuali carenze documentali o inadempienze dei concorrenti nei casi in cui, come in quello di specie, si è in presenza di previsioni di lex specialis dalla portata inequivoca rimaste inadempiute”.
Ciò risulta confermato anche dalla costante interpretazione datane dalla giurisprudenza amministrativa attraverso la corretta ricostruzione, in termini di specialità, del rapporto tra l’istituto di cui all’art. 46 del Codice e quello disciplinato in via più generale dall’art. 6 della legge 6 agosto 1990, n. 241 (norma sui poteri istruttori del responsabile del procedimento, in funzione collaborativa con i soggetti coinvolti per il buon esito dello stesso). In sostanza, il primo, configurabile come species rispetto al genus rappresentato dal secondo, ben può essere assistito da disposizioni più stringenti in ordine alle procedure concorsuali di affidamento dei contratti pubblici, in ossequio ad esigenze di regolarità formale più avvertite in tale sede.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Come già anticipato, questa pronuncia conferma il granitico orientamento giurisprudenziale che esclude il ricorso al soccorso istruttorio di cui all’art. 46 del Codice, in presenza due condizioni afferenti alle disposizioni di lex specialis che prescrivono oneri formali; le stesse devono: (i) essere chiare ed inequivoche nel loro tenore letterale; (ii) prevedere l’espressa sanzione dell’esclusione in caso d’inosservanza (cfr. Cons. St., Sez. V, 5 settembre 2011, n. 4981; Tar Campania, Napoli, Sez. VIII, 4 novembre 2009, n. 6867; Tar Campania, Salerno, Sez. I, 19 giugno 2009, n. 3300).
Accanto al limite del tenore chiaro e inequivoco della lex specialis, la giurisprudenza amministrativa individua altri impedimenti all’operatività dell’istituto di cui all’art. 46 del Codice, tra cui primeggia il principio della par condicio, anch’esso tenuto presente nella sentenza annotata. Come efficacemente chiarito già dal T.A.R. Lazio in una pronuncia di alcuni anni fa, “nell’ambito delle gare per l’affidamento di contratti pubblici, il rigore formale alle stesse impresso e l’imposizione di severi regimi sanzionatori e di decadenza, rispondono all’esigenza di garantire la par condicio tra i concorrenti, che non può certo assumere carattere recessivo rispetto al – spesso configgente – principio del favor partecipationis dei concorrenti. Ed infatti, occorre in proposito ricordare come nelle procedure concorsuali pubbliche il formalismo sia preordinato alla tutela del principio della parità tra i concorrenti, i quali devono poter contare su regole stabili valide per tutti, dovendosi garantire una cornice di certezza e di trasparenza competitiva nell’applicazione delle clausole di gara. L’esigenza del rispetto puntuale delle formalità prescritte dalla lex specialis quale efficace presidio a garanzia della par condicio può bene essere oggetto di temperamenti, dovendosi scongiurare un’applicazione meccanica del formalismo procedurale che sorregge il sistema delle gare che contraddica, alla luce delle specifiche circostanze del caso concreto, la fondamentale ed immanente esigenza di ragionevolezza dell’attività amministrativa, finendo così per porsi in contrasto con le stesse finalità di tutela alle quali sono preordinati i generali canoni applicativi delle regole della contrattualistica pubblica e dell’esigenza di favorire la massima partecipazione al fine di fruire dei benefici derivanti dalla competizione concorrenziale. Ne consegue che la regolarizzazione, pur essendo un istituto di carattere generale, volto ad evitare che l’esigenza di assicurare la massima partecipazione alla gara venga compromessa da carenze di ordine meramente formale nella documentazione, incontra tuttavia taluni limiti applicativi rappresentati, innanzitutto, dal rispetto della par condicio tra i concorrenti, che comporta il divieto di ricorrere alla regolarizzazione per supplire all’inosservanza di adempimenti procedimentali o all’omessa produzione di documenti richiesti a pena di esclusione dalla gara”. (cfr. Tar Lazio, Roma, Sez. I bis, 16 dicembre 2008, n. 11405).
PERCORSO BIBLIOGRAFICO
M. Monteduro, Commento all’art. 46, in F. Caringella, M. Protto (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Ed. Dike, 2012, pp. 355 ss.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2038 del 2011, proposto da:
Logica Servizi s.r.l., in proprio e quale capogruppo in ati con Lico Santo s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Michele Valente, con domicilio eletto presso Massimo Ozzola in Roma, via Germanico, 172;
contro
Università degli Studi della Basilicata, in persona del rettore e legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. BASILICATA - POTENZA: SEZIONE I n. 66/2011, resa tra le parti, concernente gara per gestione integrata del patrimonio edile ed impiantistico università - risarcimento danni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi della Basilicata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 novembre 2012 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato Buccellato, per delega dell'avvocato Valente, e l'avvocato dello Stato Lumetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.-E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo della Basilicata 11 febbraio 2011, n. 66 che ha respinto il ricorso della odierna appellante Logica Servizi s.r.l., in proprio e quale capogruppo in ati con Lico Santo s.r.l., avverso la sua esclusione dalla gara indetta dall’Università della Basilicata per la gestione integrata del patrimonio edile ed impiantistico dell’Università.
L’appellante insiste anche in questo grado nel reiterare i motivi di censura già disattesi dai giudici di primo grado, lamentando la erroneità della gravata sentenza che li avrebbe ritenuti infondati sulla base di una interpretazione formalistica e incongrua delle disposizioni di lex specialis relative alle modalità di collazione dell’offerta tecnica. Insiste per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado, con consequenziale annullamento, in riforma della impugnata sentenza, degli atti in primo grado impugnati.
Si è costituita in giudizio l’Università della Basilicata per resistere al ricorso in appello e per chiederne la reiezione.
All’udienza del 13 novembre 2012 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- La società appellante torna a riproporre col ricorso la questione dell’illegittimità del provvedimento di esclusione adottato dalla stazione appaltante in suo danno in ragione della difformità dell’offerta prodotta rispetto alle previsioni contenute nell’art. 9, paragrafo “considerazioni comuni”, del disciplinare di gara, censurando la impugnata sentenza che avrebbe ritenuto non equivoca la rilevata difformità formale della offerta rispetto al modello imposto, sotto espressa comminatoria di esclusione, dalla lex specialis e avrebbe altresì irragionevolmente escluso il ricorso al meccanismo della integrazione documentale di cui al codice dei contratti pubblici.
L’appellante in particolare sostiene che lì dove il disciplinare di gara ha imposto che “tutti gli elaborati tecnici di cui a tutti i punti da 1 a 4 devono, pena l’esclusione, essere timbrati, numerati in sequenza in ogni pagina,siglati in ogni pagina e firmati per esteso nell’ultima pagina, da parte dell’offerente o, nel caso di raggruppamento temporaneo non ancora costituito, da parte di tutte le imprese raggruppate” abbia inteso riferirsi soltanto ai documenti frutto di elaborazione concettuale e non già alle semplici relazioni sui servizi pregressi svolti dall’offerente ovvero alle certificazioni allegate alla offerta.
3.- Il Collegio ritiene che l’appello, sotto tale assorbente motivo, sia destituito di fondamento e vada pertanto respinto.
Come correttamente osservato dal giudice di primo grado, l’art. 9, paragrafo “considerazioni comuni”, nella parte dianzi richiamata non lasciava adito a dubbi riguardo alle modalità con cui i concorrenti avrebbero dovuto ottemperare all’onere di timbratura, numerazione in sequenza e siglatura degli elaborati né su quale doveva necessariamente ritenersi il materiale documentale oggetto di tali speciali precauzioni formali. A tal proposito, come già ricordato, il disciplinare di gara faceva espresso riferimento a tutti gli elaborati tecnici di cui a tutti i punti da 1 e 4, di talché tutti gli atti ricompresi nella busta B (contenente l’offerta tecnica) avrebbero dovuto essere sottoposti a quegli oneri formali la cui inosservanza, anche parziale, non poteva che comportare la esclusione del concorrente dalla gara, ai sensi dell’art. 15 del disciplinare di gara (nella parte in cui, con clausola di chiusura, così sanzionava “le imprese che avranno redatto l’offerta con modalità difformi da quelle stabilite nel presente disciplinare”).
Corretta pertanto appare, alla luce dei rilievi svolti, la determinazione di esclusione adottata dalla stazione appaltante in confronto della odierna appellante, avuto riguardo alla riscontrata carenza della numerazione delle pagine della relazione sulle pregresse esperienze di lavoro (punto 2 dell’art. 9), nonché della relazione (punto 3 dell’art. 9) recante la descrizione del personale destinato in forma esclusiva o parziale al servizio ed infine delle certificazioni di qualità (richieste al punto 4 dell’art.9).
A fronte di tale chiarezza prescrittiva delle richiamate clausole del bando, imponenti l’adempimento dei descritti oneri formali di collazione dell’offerta tecnica, non poteva residuare alcuno spazio applicativo per il ricorso al meccanismo della integrazione documentale o dei chiarimenti di cui all’art. 46 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ( Codice dei contratti pubblici).
Non par dubbio infatti che tale ultima disposizione, anche in base alla costante interpretazione datane dalla giurisprudenza (da ultimo, Cons. Stato, III sez., 30 ottobre 2012, n. 5542 che ha evidenziato il carattere speciale della norma rispetto all'art. 6 della legge 6 agosto 1990, n. 241 - che è norma generale sui poteri istruttori del responsabile del procedimento, in funzione collaborativa con i soggetti coinvolti per il buon esito dello stesso - e detta disposizioni più stringenti in ordine alle procedure concorsuali di affidamento dei contratti pubblici, in ossequio ad esigenze di regolarità formale più avvertite in tale sede), non può essere utilizzata dalle stazioni appaltanti, pena la violazione del principio della par condicio competitorum, per colmare eventuali carenze documentali o inadempienze dei concorrenti nei casi in cui, come in quello di specie, si è in presenza di previsioni di lex specialis dalla portata inequivoca rimaste inadempiute.
Quanto al carattere non arbitrario o eccessivo degli incombenti formali imposti ai partecipanti nel richiamato paragrafo del disciplinare di gara, il Collegio ritiene che gli stessi non abbiano esorbitato dai canoni della ragionevolezza e proporzionalità, posto che l’adempimento di quegli oneri è stato posto sia a garanzia della genuinità dei documenti prodotti, in relazione al profilo della loro effettiva provenienza dalla imprese concorrenti, sia in funzione della speditezza delle operazioni di selezione delle offerte, e quindi a presidio di preminenti interessi pubblici correlati al fondamentale principio del buon andamento amministrativo; d’altra parte, la puntuale osservanza delle prescrizioni di gara non avrebbe comportato per i concorrenti alcun onere eccessivo o sovrabbondante rispetto alle finalità perseguite dalle disposizioni risultate violate.
In definitiva, l’appello va respinto sotto l’esaminato ed assorbente profilo della divergenza della offerta tecnica prodotta dalla odierna appellante rispetto al modello imposto dalla lex specialis e va confermata l’impugnata sentenza.
Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, ricorrendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello (RG n. 2038/2011) , come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del presente grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti, Consigliere