T.A.R. Lazio, Sez. II bis, 30 maggio 2023, n. 9167

Deve ritenersi che, una volta disposta la proroga dell’affidamento di un servizio pubblico in appalto ai sensi e nei limiti di cui all’art. 106 comma 11 del d.lgs. 50/2016, fino alla scadenza del termine a tale scopo previsto già nel disciplinare e nel contratto (nel caso di specie, sei mesi), il termine possa essere differito ancora, laddove ciò sia strettamente necessario al completamento della gara (indetta nella pendenza della proroga originaria) secondo buona fede e ragionevolezza; in tal caso, il rapporto prosegue tra le parti agli stessi patti, salvo ricorrano le condizioni in presenza delle quali è possibile modificare i prezzi a mente dello stesso art. 106, commi da 1 a seguire.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11372 del 2019, proposto da società Massimi Aurelio e Figli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sabatino Alessio Marrama, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Ladispoli, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Benedetto Croce, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

A) della Determinazione Dirigenziale n. 1071 del 02/07/2019, a firma del Responsabile Area III – Settore I – Lavori Pubblici, Ambiente, Igiene Urbana Integrata, Ing. Paolo Pravato, avente ad oggetto RIU 52/2019 – Servizio Igiene Urbana Integrata – Proroga Tecnica Contratto Rep. 4596/2014, con la quale l'Amministrazione resistente ha determinato di:

-                 1) procedere ad una seconda proroga “tecnica” del Contratto di Appalto Rep. 4596 del 07.01.2014 già in essere con la ricorrente, per un periodo stimato di 56 giorni e, quindi, dal 07.07.2019 al 31.08.2019 e, comunque, non oltre la data di assunzione del servizio da parte del subentrante aggiudicatario della nuova gara;

-                 2) di dare atto che il fine della proroga “tecnica” è garantire la continuità della regolare esecuzione di un servizio pubblico essenziale ex art. 97 della Costituzione nelle more della conclusione della nuova procedura di gara;

-                 3) durante il periodo della proroga “tecnica” rimangono valide tutte le condizioni del Contratto rep. 4596/2014, del relativo Capitolato d'Oneri ed allegati tecnici, delle varianti intervenute in corso d'opera, comprese le condizioni economiche, fatti salvi gli investimenti per i quali si è concluso il periodo di ammortamento ed i servizi completamente ultimati al 06.01.2019;

-                 4) di impegnare, ai sensi dell'art. 183, comma 1 del D. Lgs n. 267/2000 le seguenti somme corrispondenti ad obbligazioni giuridicamente perfezionate, con imputazione agli esercizi in cui le stesse sono esigibili: importo euro 929.288,90 iva compresa.

B) della Determinazione Dirigenziale n. 1337 del 08/08/2019, a firma del

Responsabile Area III – Settore I – Lavori Pubblici, Ambiente, Igiene Urbana Integrata, Ing. Paolo Pravato, avente ad oggetto RIU 67/2019 – Servizio Igiene Urbana Integrata – Proroga Tecnica Contratto Rep. 4596/2014, con la quale l'Amministrazione resistente ha determinato di:

-                 1) procedere ad una ulteriore proroga “tecnica” del Contratto di Appalto Rep. 4596 del 07.01.2014 già in essere con la ricorrente, a decorrere dal 01.09.2019 e fino alla data di assunzione del servizio da parte del subentrante aggiudicatario della nuova gara;

-                 2) di dare atto che il fine della proroga “tecnica” è garantire la continuità della regolare esecuzione di un servizio pubblico essenziale ex art. 97 della Costituzione nelle more della conclusione della nuova procedura di gara;

-                 3) durante il periodo della proroga “tecnica” rimangono valide tutte le condizioni del Contratto rep. 4596/2014, del relativo Capitolato d'Oneri ed allegati tecnici, delle varianti intervenute in corso d'opera, comprese le condizioni economiche, fatti salvi gli investimenti per i quali si è concluso il periodo di ammortamento ed i servizi completamente ultimati al 06.01.2019;

-                 4) dare atto che alla copertura economica del servizio si è provveduto con l'assunzione dell'Impegno n. 1260/2019 sul Cap. 1571/1 e.f. 2019;

C) nonché di tutti gli atti presupposti, connessi o consequenziali, seppur non noti.

  Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ladispoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2023 il dott. Salvatore Gatto

Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

La ricorrente espone di aver conseguito dal Comune di Ladispoli l’affidamento del servizio di igiene urbana integrata, come da contratto sottoscritto il 7.01.2014 Rep n. 4596, con durata di anni 5 (art. 6, punto 1) e scadenza al 6 gennaio 2019, per un importo pari ad euro 22.930.655,45, oltre Iva come per legge.

Ai sensi dell’art. 6, punto 2. le parti avevano espressamente previsto che “… qualora allo scadere del presente Contratto di appalto non siano state completate le formalità relative alla nuova procedura di affidamento del servizio, l’Affidataria dovrà garantire l’espletamento fino alla data di assunzione del servizio da parte della subentrante. Durante tale periodo di servizio, nel limite massimo di sei mesi rimangono ferme tutte le condizioni stabilite nel presente Contratto e nel relativo capitolato d’oneri ed allegati tecnici”.

Scaduto il termine del quinquennio e non avendo ancora provveduto il Comune a bandire il nuovo esperimento di gara, con Determinazione Dirigenziale n. 2146 del 21/12/2018 il medesimo Comune di Ladispoli determinava di procedere ad una prima proroga “tecnica” del Contratto di Appalto rep. 4596 con la ricorrente per un periodo massimo di 6 mesi e, quindi, fino al 6 luglio 2019.

Nelle more bandiva la gara con DD 478 del 28 marzo 2019.

Con le successive due DD impugnate, l’Ufficio disponeva - rispettivamente - la seconda e la terza proroga tecnica agli stessi patti e condizioni.

Queste ultime, secondo la ricorrente, sarebbero divenute lesive in quanto non più sostenibili a causa del prolungarsi del rapporto negoziale che avrebbe comportato oneri maggiori di quanto originariamente previsto e pattuito, in specie per l’assunzione di personale in più, che analiticamente la ricorrente descrive in atti, chiedendo di esserne tenuta indenne.

Conclude quindi per:

“annullare i provvedimenti impugnati, quale la Determinazione Dirigenziale n. 1071 del 02/07/2019 e la Determinazione Dirigenziale n. 1337 del 08/08/2019, entrambe a firma del Responsabile Area III – Settore I – Lavori Pubblici, Ambiente, Igiene Urbana Integrata del Comune di Ladispoli, …nella parte in cui hanno determinato di prorogare il contratto di appalto Rep. 4596 del 7 gennaio 2014 agli stessi patti e condizioni economiche nonché tutti gli altri atti presupposti, connessi o consequenziali, seppur non noti e, conseguentemente, condannare il Comune di Ladispoli, in persona del suo Sindaco pro tempore, al risarcimento/indennizzo di tutti i maggiori oneri e costi sostenuti dalla ricorrente nella esecuzione del contratto di appalto nel periodo successivo al 6 luglio 2019, nella misura che verrà quantificata e/o risulterà all’esito del presente giudizio, con espressa riserva sul punto di depositare memorie e documenti e/o motivi aggiunti”.

Si è costituito il Comune di Ladispoli, che resiste al ricorso e che, dopo aver riferito in punto di fatto circa precedenti contenziosi, deduce che il corrispettivo versato nel periodo delle proroghe dal Comune di Ladispoli alla Soc. Massimi Aurelio e Figli S.r.l., pari a circa Euro 470.000 mensili, era comprensivo sia di quanto previsto originariamente dal contratto rep. 4596/2014 sia di quanto successivamente disposto dalle varianti intervenute in corso d'opera (puntualmente indicate nelle determinazioni n. 1071/2019 e n. 1337/2019) comprese le condizioni economiche, al netto degli investimenti per i quali si è concluso il periodo di ammortamento ed i servizi completamente ultimati alla data del 6/1/2019.

In replica, la ricorrente insiste ed afferma che aveva espressamente dichiarato di accettare con riserva entrambe le D.D. impugnate, “ … al solo fine di garantire il buon andamento e la continuità dell’attività della pubblica amministrazione …, con riserva di gravame e ripetizione di tutti i maggior oneri conseguenti”; il maggioro costo sostenuto per garantire la continuità del pubblico servizio essenziale sarebbe dimostrato per tabulas con il deposito dei documenti meglio elencati in atti (dettaglio dei costi del personale, riepilogato in una tabella contenente il nominativo di ciascun dipendente, il periodo di lavoro considerato - anno 2019 e anno 2020- con il relativo costo per singola unità delle retribuzioni corrisposte e delle visite mediche di sorveglianza obbligatoria fatte eseguire; - buste paga anno 2019 ed anno 2020 di ciascun dipendente riportato nell’elenco nominativo di cui al precedente e dalla prima nota aziendale, attestante sempre ciascun nominativo, le singole voci di retribuzione corrisposta; fatture emesse per il periodo per cui è causa dalla società incaricata della sorveglianza sanitaria del predetto personale dipendente e così via).

Sostiene che, decorso il termine di ulteriori 6 mesi dalla scadenza contrattuale, sussisterebbe il diritto della ricorrete appaltatrice ad essere indennizzata di tutti i costi sostenuti per l’esecuzione del servizio, eccedenti quelli conteggiati e/o conteggiabili all’atto della formulazione della propria offerta economica e, comunque, non ammortizzabili in un periodo medio-breve, quale quello delle ulteriori proroghe tecniche deliberate.

Richiama a proprio favore i precedenti sia del Consiglio di Stato (sez. V, n. 274 del 2018; n. 3588 del 2019) che della Corte di Cassazione (Sez, Un. Ord. n. 2811 del 31 ottobre 2019); invoca l’applicazione dell’art. 106, comma 11, del D.Lgs. n. 50/2016 secondo il quale “La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l'individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all'esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante”.

In materia di rinnovo o proroga dei contratti pubblici di appalto di servizi non vi sarebbe alcuno spazio per l'autonomia contrattuale delle parti stante il principio inderogabile, fissato dal legislatore per ragioni di interesse pubblico, in forza del quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa eurounitaria, l'amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4192/2013).

Nella pubblica udienza del 26 aprile 2023, la causa è stata trattenuta in decisione. Osserva il Collegio che l’odierna domanda introduttiva del giudizio rientra nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo (giurisprudenza costante, Consiglio di Stato sez. V, n. 274 del 2018; n. 3588 del 2019; di Cassazione Sez, Un. Ord. n. 2811 del 31 ottobre 2019), venendo in rilievo un potere pubblicistico di differimento della scadenza del termine del contratto che – derogando dagli ordinari criteri della consensualità – si impone al contraente il quale è vincolato alla determinazione amministrativa.

Ritenuta la giurisdizione e qualificato nei termini che precedono l’atto con il quale la S.A. ha disposto la proroga del contratto ai fini della copertura del servizio nel periodo di rinnovo della gara, appare evidente che il ricorso è infondato e va respinto.

A fondamento dell’azione, nel corpo del primo motivo di ricorso, parte ricorrente invoca in maniera inappropriata i principi desumibili dall’art. 23 della l. n. 62/2005, che, nel prevedere un limite “massimo” di sei mesi costituirebbe l’esito di una “procedura di infrazione” della normativa UE.

Invero, la disposizione invocata contempla il “principio del divieto di rinnovo dei contratti di appalto scaduti”, che, in giurisprudenza, è riconosciuto possedere “valenza generale e preclusiva sulle altre e contrarie disposizioni dell'ordinamento” ed “esprime un principio generale, attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato CE (che, in quanto tale, opera per la generalità dei contratti pubblici)”; tuttavia, la stessa giurisprudenza chiarisce che “la semplice proroga può essere accordata per un tempo predeterminato e limitato, oltre ad essere prevista ab origine negli atti di gara, e viene esercitata in modo espresso e con adeguata motivazione” (cfr. T.A.R. , Napoli , sez. V , 02/04/2020 , n. 1312, dalla quale sono tratti i riferimenti appena riportati; ed anche T.A.R. , L'Aquila , sez. I , 09/02/2018 , n. 54, T.A.R. , Roma , sez. II , 04/09/2017 , n. 9531 ed altre).

L’odierna fattispecie è regolata, invece, dall’art. 106, comma 11, del d.lgs. n. 50/2016, che del resto è la stessa parte ricorrente a richiamare nei propri scritti difensivi, ma che non depone a favore delle relative tesi.

Invero, si osserva come le proroghe successive dopo la prima sono finalizzate allo scopo di consentire l’espletamento della gara e il ri-affidamento del servizio del quale la ricorrente è gestore uscente, ossia quel medesimo scopo cui la prima proroga era funzionale.

Ciò comporta, quale effetto, la prosecuzione senza soluzione di continuità del rapporto (agli stessi patti e condizioni di cui meglio oltre) poiché non si era ancora verificata la condizione alla quale erano riservati i relativi effetti (ossia la rinnovazione delle procedure di gara).

Vero è che il contratto prevedeva un termine di possibile proroga (durante il quale si conveniva espressamente che sarebbero rimaste in vigore le pattuizioni relative al prezzo) di sei mesi e che, pertanto, con la seconda e terza proroga di fatto si perveniva ad una estensione della durata dell’appalto maggiore di quanto originariamente previsto; tuttavia, la disposizione (che parte ricorrente stessa invoca) di cui all’art. 106, comma 11, del d.lgs. 50/2016 è chiara nel prevedere che il riaffidamento del servizio è la condizione essenziale affinchè possa disporsi la proroga (alle altre condizioni meglio precisate anche in giurisprudenza, v. ex plurimis, da ultimo, T.A.R. , Napoli , sez. VIII , 10/02/2022 , n. 891) ed, altresì, che quest’ultima avviene agli stessi patti e condizioni dell’affidamento originario (che, nel caso di specie, includono – circostanza pacifica – anche le variazioni medio tempore intervenute nell’estensione e nel pagamento del servizio).

Nella sua più ampia formulazione, l’art. 106 del codice appalti contempla tassativamente i casi nei quali, in pendenza del rapporto (e quindi anche nella fase di proroga del contratto di affidamento) è possibile accedere ad una revisione o adeguamento dei prezzi e nessuna di queste ipotesi è dedotta nell’odierna fattispecie (ad esempio, in caso di evento imprevedibile, cfr. T.A.R. , Bolzano , sez. I , 02/11/2022 , n. 271).

Deve quindi ritenersi che, una volta disposta la proroga dell’affidamento di un servizio pubblico in appalto ai sensi e nei limiti di cui all’art. 106 comma 11 del d.lgs. 50/2016, fino alla scadenza del termine a tale scopo previsto già nel disciplinare e nel contratto (nel caso di specie, sei mesi), il termine possa essere differito ancora, laddove ciò sia strettamente necessario al completamento della gara (indetta nella pendenza della proroga originaria) secondo buona fede e ragionevolezza; in tal caso, il rapporto prosegue tra le parti agli stessi patti, salvo ricorrano le condizioni in presenza delle quali è possibile modificare i prezzi a mente dello stesso art. 106, commi da 1 a seguire.

Come accennato, siccome il fine – consentito dalla legge e convenuto tra le parti che lo contemplano nel contratto – della possibile proroga è quello di assicurare la copertura del servizio nelle more della indizione della nuova gara d’appalto, l’avveramento della relativa condizione dedotta quale termine di una possibile proroga va apprezzato secondo buona fede e ragionevolezza.

Nell’odierna fattispecie, non è dedotta una ragione di inerzia dell’Ente tale da far configurare il maggior tempo di durata dell’appalto della nuova aggiudicazione in termini di negligenza o comunque di fatto imputabile a responsabilità della Stazione Appaltante, tale da rendere quest’ultima obbligata ad indennizzare il gestore uscente di maggiori oneri contrattuali rispetto a quelli pattuiti (nei limiti del più volte richiamato art. 106 cod.appalti).

Sotto quest’ultimo profilo, peraltro, non può non osservarsi che l’affidamento del servizio comporta per l’appaltatore l’assunzione del rischio d’impresa, ossia della eventualità che l’assolvimento delle prestazioni assunte in via negoziale possa comportare un costo maggiore di quello che è stato preventivato ed assunto a base del contratto (costo che, come documenta il Comune, ha tenuto conto dei successivi adempimenti richiesti all’appaltatore stesso) ed anche quello derivante dalla necessità, per la committenza pubblica, di proseguire il rapporto con il gestore uscente nelle more del rinnovo dell’affidamento.

Correttamente, quindi, il Comune di Ladispoli deduce di avere appaltato il “servizio” di igiene urbana, cioè il servizio nella sua accezione letterale, tenendo conto di quanto prescritto nel bando di gara e nei documenti a questo allegati, compresi il piano aziendale e tutti i costi necessari per l'esecuzione del servizio (personale, mezzi, carburante, vestiario, scope, carrettini, ecc.), da remunerarsi a corpo e non a misura (ossia in una modalità sensibile alla diversa estensione dell’espletamento dell’attività che ne forma oggetto), così che, se nel corso dell'appalto la società ha ritenuto necessario assumere ulteriore personale perché parte di quello presente (indicato nell'offerta) è risultato assente o non operativo per cause diverse, i relativi costi non possono essere conteggiati ed addebitati all'Amministrazione comunale. Conclusivamente, dunque, il ricorso è infondato e va respinto, sia pure con giuste ragioni per disporre la piena compensazione dellespese di lite tra le parti, avendo riguardo alla circostanza che le proroghe di cui si discute sono intervenute oltre il termine originario di sei mesi pattuito in contratto.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 aprile 2023.

 

 

 

GUIDA ALLA LETTURA 

L’art. 106, comma 11, del D.Lgs. n. 50/2016 prevede che: “La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l'individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all'esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante”. La previsione normativa di cui al citato comma 11 è chiara ed esaustiva, tanto che: “In materia di rinnovo o proroga dei contratti pubblici di appalto di servizi non vi sarebbe alcuno spazio per l'autonomia contrattuale delle parti stante il principio inderogabile, fissato dal legislatore per ragioni di interesse pubblico, in forza del quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa eurounitaria, (pertanto) l'amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara pubblica” (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 4192/2013).

Tuttavia, occorre verificare la fattispecie sottoposta all’esame con la sentenza in commento, per comprendere se, eventuali ulteriori proroghe successive, disposte dalla S.A., possano essere considerate legittime e quindi fondate.

Preliminarmente, corre l’obbligo rappresentare i fatti oggetto di giudizio. La Stazione appaltante ha disposto ulteriori proroghe, rispetto a quella prevista originariamente nella legge di gara, dando atto che “il fine della proroga “tecnica” è garantire la continuità della regolare esecuzione di un servizio pubblico essenziale ex art. 97 della Costituzione, nelle more della conclusione della nuova procedura di gara”; trattandosi di un servizio molto delicato (servizio di igiene urbana integrata) e – contestualmente – considerato che non è stata ancora disposta alcuna aggiudicazione per il nuovo Contratto d’appalto.

Precisamente:

  1. Alla scadenza del contratto d’appalto, il Comune non aveva ancora pubblicato il bando di gara. Pertanto, ha disposto la prima proroga contrattuale (prevista dalla lex specialis);
  2. Nelle more dell’espletamento della gara, il Comune ha provveduto a pubblicare il bando e quindi a disporre di due ulteriori proroghe (agli stessi patti e condizioni).

Ad avviso della ricorrente (appaltatore uscente), le due ulteriori proroghe, sono risultate lesive “in quanto non più sostenibili a causa del prolungarsi del rapporto negoziale che avrebbe comportato oneri maggiori di quanto originariamente previsto e pattuito, in specie per l’assunzione di personale in più”.

In proposito, il Giudice di Primo grado, con la sentenza in commento, ha preso atto del fatto che il contratto prevedeva un termine di una possibile proroga (durante il quale si conveniva espressamente che sarebbero rimaste in vigore le pattuizioni relative al prezzo) di sei mesi e che, pertanto, con la seconda e terza proroga di fatto si perveniva ad una estensione della durata dell’appalto maggiore di quanto originariamente previsto. E’ anche vero, tuttavia, che il citato art. 106, comma 11, del d.lgs. 50/2016, prevedendo l’applicazione dell’istituto della proroga, ne dispone il “riaffidamento” del servizio agli stessi patti e condizioni dell’affidamento originario.

Pertanto, il Giudice – con la sentenza in esame – afferma che “Deve quindi ritenersi che, una volta disposta la proroga dell’affidamento di un servizio pubblico in appalto ai sensi e nei limiti di cui all’art. 106 comma 11 del d.lgs. 50/2016, fino alla scadenza del termine a tale scopo previsto già nel disciplinare e nel contratto (nel caso di specie, sei mesi), il termine possa essere differito ancora, laddove ciò sia strettamente necessario al completamento della gara (indetta nella pendenza della proroga originaria) secondo buona fede e ragionevolezza; in tal caso, il rapporto prosegue tra le parti agli stessi patti, salvo ricorrano le condizioni in presenza delle quali è possibile modificare i prezzi a mente dello stesso art. 106, commi da 1 a seguire”.

La S.A., secondo il Giudice, non è stata inerte, poiché ha provveduto a pubblicare la procedura di gara e a disporre delle due proroghe, al fine di assicurare il servizio primario dell’igiene pubblica: pertanto, l’utilizzo dell’istituto della proroga deve esser considerato con un apprezzabile buon senso da parte della S.A., secondo i principi di buona fede e ragionevolezza.

In pratica, “Nell’odierna fattispecie, non è dedotta una ragione di inerzia dell’Ente tale da far configurare il maggior tempo di durata dell’appalto della nuova aggiudicazione in termini di negligenza o comunque di fatto imputabile a responsabilità della Stazione Appaltante, tale da rendere quest’ultima obbligata ad indennizzare il gestore uscente di maggiori oneri contrattuali rispetto a quelli pattuiti (nei limiti del più volte richiamato art. 106 cod.appalti)”. Al contrario, la S.A. ha pubblicato la nuova procedura di gara e, nelle more, dell’individuazione del nuovo aggiudicatario (poi appaltatore), ha disposto le proroghe del contratto in corso.

La disamina della sentenza, secondo le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 50/2026, stimolano anche una lettura di quanto è previsto dal D.Lgs. n. 36/2023, la cui efficacia sarà prevista a breve: 1° luglio 2023.

In proposito, come per l’art. 106 del D.Lgs. n. 50/2016, l’istituto della proroga nel nuovo Codice dei contratti pubblici è previsto nell’art. 120 che, ai commi 10 e 11, stabilisce quanto segue: “10. Nel caso in cui nel bando e nei documenti di gara iniziali sia prevista un’opzione di proroga il contraente originario è tenuto a eseguire le prestazioni contrattuali ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto o, se previsto nei documenti di gara, alle condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante. 11. In casi eccezionali nei quali risultino oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della procedura di affidamento del contratto, è consentito, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura, prorogare il contratto con l’appaltatore uscente qualora l’interruzione delle prestazioni possa determinare situazioni di pericolo per persone, animali, cose, oppure per l’igiene pubblica, oppure nei casi in cui l’interruzione della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare. In tale ipotesi il contraente originario è tenuto all’esecuzione delle prestazioni contrattuali ai prezzi, patti e condizioni previsti nel contratto”.

Fino a qui, nessuna questione rilevante, ma una continuità rispetto alle disposizioni, di cui al D.Lgs. n. 50/2016.

Tuttavia, di fronte ad una fattispecie come quella in esame, in cui si dispongono ben due proroghe della durata del contratto, prolungando i termini della stessa proroga, originariamente previsti nel bando di gara, si potrebbe paventare un'altra questione all’orizzonte. In particolare, si volge lo sguardo alla clausola – ormai obbligatoria – della revisione dei prezzi, prevista nell’art. 60 del D.Lgs. n. 36/2023 (e citata nel primo comma dell’art. 120 dello stesso D.Lgs.), che già al primo comma prevede quanto segue: “Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi”.

Ora, nel caso esaminato dalla sentenza in commento, effettivamente, nella legge di gara, era prevista la proroga per sei mesi, precisando altresì che “… qualora allo scadere del presente Contratto di appalto non siano state completate le formalità relative alla nuova procedura di affidamento del servizio, l’Affidataria dovrà garantire l’espletamento fino alla data di assunzione del servizio da parte della subentrante. Durante tale periodo di servizio, nel limite massimo di sei mesi rimangono ferme tutte le condizioni stabilite nel presente Contratto e nel relativo capitolato d’oneri ed allegati tecnici”. Tuttavia, le due ulteriori proroghe disposte potrebbero anche rappresentare “particolari condizioni di natura oggettiva”, che determinano una variazione del servizio, tanto da applicare l’obbligatorio istituto della revisione dei prezzi (e quindi non agli stessi patti e condizioni del contratto originario), ex art. 60 del D.Lgs. n. 36/2023, anche ai sensi dell’art. 9, comma 1 del nuovo Codice, secondo il quale: “Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali”. Ciò tenendo conto del fatto che si è svolto il contratto per tutta la sua durata naturale e le successive proroghe intervengono in un momento eccessivamente lontano, rispetto a quando l’operatore ha formulato la propria offerta, sopravvenendo – quindi – una esigenza nuova e mutata, alterando quindi l’equilibrio originario del contratto, in ottemperanza all’art. 9, comma 5 del D.Lgs. n. 36/2023.