Cons. Stato, Sez. V, 25 marzo 2022, n. 2221

L’unicità dell’atto regolatorio impugnato fa sì che la distinzione fra la natura interpretativa e non vincolante della parte I e quella prescrittiva e vincolante della parte II receda nell’apprezzamento della portata immediata e direttamente lesiva – e quindi impugnabile in sede giurisdizionale amministrativa – delle Linee-guida nel loro complesso. 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8960 del 2019, proposto da

Edma Reti Gas s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Ferla ed Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Alberico II, 33;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, nonché ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono elettivamente domiciliati; Utilitalia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Daniela Anselmi e Giulio Bertone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Simona Barchiesi in Roma, via degli Scipioni, 281;

nei confronti

 

Comune di Ancona, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Prima, n. 7936/2019, resa tra le parti.


Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione e di Utilitalia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2022 il Cons. Valerio Perotti e preso atto delle richieste di passaggio in decisione, senza discussione, depositate in atti dagli avvocati Ferla, Manzi, Anselmi e Bertone, nonché dall’avvocato dello Stato Pluchino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio, la società Edma Reti Gad s.r.l. impugnava le Linee-guida ANAC n. 11, recanti “Indicazioni per la verifica del rispetto del limite di cui all’articolo 177, comma 1, del codice, da parte dei soggetti pubblici o privati titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture già in essere alla data di entrata in vigore del codice non affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione Europea”, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie generale del 2 agosto 2018, n. 178.

L’impugnazione veniva inoltre estesa a tutti gli atti ad esse presupposti e conseguenti.

Le Linee-guida erano state adottate ai sensi dell’art. 177 d.lgs. n. 50 del 2016, a mente del quale (in attuazione dell’art. 1, lett. iii) della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 e fatto salvo quanto previsto dall’art. 7 del Codice dei contratti pubblici) i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, servizi pubblici o forniture già in essere alla data di entrata in vigore del medesimo Codice, non affidate con la formula della finanza di progetto o con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea, erano obbligati ad affidare mediante procedure ad evidenza pubblica una quota pari all’80% dei “contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo pari o superiore a € 150.000 e relativi alle concessioni”.

Per la restante parte (20%), i contratti potevano invece essere eseguiti da società “in house” per i soggetti pubblici, ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, oppure ancora tramite operatori individuati mediante procedure di evidenza pubblica, anche di “tipo semplificato”.

L’art. 177 cit. proseguiva inoltre stabilendo:

- che le concessioni già in essere dovevano adeguarsi alle predette disposizioni entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016;

- che gli atti relativi alle procedure di affidamento, indette dai concessionari a tal fine, dovevano contenere previsioni idonee a garantire la stabilità del personale impiegato e la salvaguardia delle professionalità;

- che fossero annualmente individuate ed all’occorrenza sanzionate, con l’applicazione di penali contrattuali, le eventuali situazioni di squilibrio;

- infine, il comma 3 della norma demandava all’ANAC l’individuazione, con apposite “Linee-guida”, delle modalità che dovevano essere seguite per verificare il rispetto, da parte dei concessionari, dei limiti percentuali indicati al comma primo.

Con delibera n. 614 del 4 luglio 2018, l’ANAC adottava le Linee-guida n. 11, peraltro ad oltre tre mesi dallo scadere del termine assegnato ai concessionari per adeguarsi alle disposizioni del comma primo (ventiquattro mesi dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016).

La prima parte delle Linee-guida conteneva indicazioni di natura interpretativa, rese ai sensi dell’art. 213, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, per favorire la corretta ed omogenea

applicazione della normativa; la seconda parte, invece, conteneva indicazioni operative, rese ai sensi dell’art. 177, comma 3 del Codice, aventi indubbiamente carattere vincolante.

Nella parte prima, in particolare al punto 2.1, le Linee-guida specificavano che i contratti da affidare con procedure ad evidenza pubblica, al fine di garantire il rispetto delle percentuali indicate dall’art. 177, comma 1, erano quelli afferenti “tutte le prestazioni oggetto della concessione e sono quindi necessarie per l’esecuzione della stessa, anche se svolte direttamente dal concessionario”, rimanendo escluse solo le ipotesi previste al punto 1.4 delle Linee-guida 11; sempre al punto 2.1 veniva poi chiarito che le convenzioni in essere dovevano essere integrate con l’indicazione degli obblighi derivanti dall’art. 177 (punti 3.1-3.3).

La ricorrente, società operante nel settore della distribuzione del gas naturale nella Provincia di Ancona, deduceva che gli affidamenti concessori in suo favore ricadrebbero nel campo di applicazione delle Linee-guida impugnate; peraltro, trattandosi, in particolare, di concessioni legittimamente in essere fino allo svolgimento delle gare di ambito, dovevano ritenersi conformi al diritto europeo ratione temporis applicabile. In ragione di quanto previsto al punto 2.1 delle Linee-guida, sarebbe indistintamente sorto l’obbligo, per i concessionari, di affidare con procedure ad evidenza pubblica anche le prestazioni che gli stessi eseguivano direttamente, con impiego di mezzi e maestranze propri, ragion per cui l’adeguamento richiesto avrebbe determinato la necessità di dismettere parte del patrimonio e di licenziare un gran numero di dipendenti, tra l’altro senza alcuna garanzia che gli stessi sarebbero poi stati ripresi in carico dai futuri affidatari delle prestazioni.

Per quanto più specificamente attiene il contenuto delle censure, la ricorrente rappresentava che, malgrado la dichiarata portata interpretativa delle previsioni contenute nella parte I delle Linee-guida, esse avrebbero comunque una portata precettiva e vincolante, in difetto della quale, del resto, neppure le previsioni contenute nella parte II avrebbero potuto avere la portata vincolante loro dichiaratamente attribuita.

Più nello specifico, ANAC avrebbe erroneamente ritenuto che “i contratti da inserire nella base di calcolo delle percentuali individuate dall’articolo 177” dovessero riguardare anche le prestazioni direttamente svolte dal concessionario.

Al riguardo, per l’ipotesi che non fosse possibile ricavare un’interpretazione – costituzionalmente

orientata – dell’art. 177 tale da escludere dal suo campo di applicazione l’esecuzione diretta delle attività rientranti nella concessione, chiedeva che fosse sollevata questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 1, 3 (comma primo), 4, 35-36, 41, 42 e 76 Cost.

Costituitasi in giudizio, l’ANAC eccepiva preliminarmente l’inammissibilità del gravame, in ragione del al carattere generale ed astratto delle Linee-guida, con conseguente carenza di immediata lesività delle stesse e connesso difetto di legittimazione ad agire della ricorrente.

Al riguardo, precisava l’ANAC, le Linee-guida, laddove impartivano direttive di interpretazione dell’art. 177, individuavano le tipologie di concessionari tenute al rispetto di tale norma in modo generico e per categorie generali, senza peraltro disciplinare in modo specifico gli affidamenti di una particolare categoria di concessionari e senza tener conto della peculiare disciplina vigente nello specifico settore.

Successivamente si costituiva in giudizio, con atto di intervento ad adiuvandum, anche Utilitalia, federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell'acqua, dell'ambiente, dell'energia elettrica, del gas e delle telecomunicazioni, aderendo alle censure formulate dalla ricorrente.

Con sentenza 18 giugno 2019, n. 7936, il giudice adito dichiarava inammissibile il ricorso, non ravvisando, in capo alla ricorrente, “un interesse attuale e concreto ad ottenere l’annullamento delle impugnate previsioni delle Linee Guida n. 11”, sorgendo solo con “l’atto mediante il quale gli enti concedenti contesteranno agli operatori economici, all’esito della prima verifica annuale successiva alla scadenza del termine per l’adeguamento alle previsione dell’art. 177, comma 1, l’esistenza di una situazione di squilibrio” l’interesse concreto a sollecitare un controllo giurisdizionale sulla corretta applicazione ed interpretazione dell’art. 177. Avverso tale decisione Edma Reti Gas s.r.l. interponeva appello, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:

1) Preliminarmente, sulla carenza di interesse della società ricorrente per estraneità dei relativi affidamenti, scaduti ex lege, nel settore della distribuzione del gas dall’ambito di applicazione delle linee guida n. 11.

2) Sulla errata statuizione della sentenza appellata in ordine alla non lesività delle linee guida n. 11 (violazione dell’art. 35, lett. “b”, c.p.a.).

3) Sulla devoluzione dei motivi proposti in primo grado e non esaminati nel merito dal T.A.R.

Costituitasi in giudizio, ANAC contestava la fondatezza del gravame, chiedendo che fosse respinto.

Anche Utilitalia si costituiva, insistendo invece per l’accoglimento dell’appello.

Con ordinanza 19 agosto 2020, n. 5129, la V Sezione del Consiglio di Stato – preso atto che le censure sollevate dall’appellante e le relative questioni controverse non differivano da quelle esaminate dalla Sezione nel ricorso n.r.g. 8857 del 2019, trattenuto in decisione nel corso della medesima udienza ed in relazione al quale, con sentenza non definitiva, deliberata nella stessa camera di consiglio, era stato dichiarato ammissibile il ricorso di primo grado, integrato da motivi aggiunti, ed era stata contestualmente sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma primo, lett. iii) della l. n. 11 del 2016 e dell’art. 177, comma primo, del d.lgs. n. 50 del 2016 con riferimento agli artt. 42, comma primo, 3, comma 2, e 97, comma 2, Cost. – disponeva la sospensione impropria (ex Ad. plen. 15 ottobre 2014, n. 28) del processo fino all’esito della definizione delle suddette questioni di costituzionalità.

Con sentenza 23 novembre 2021, n. 218, la Corte costituzionale dichiarava l’illegittimità costituzionale dell’art. 177, comma primo, del d.lgs. n. 50 del 2016 e la conseguente illegittimità

costituzionale dei successivi commi 2 e 3; in conseguenza di ciò, con istanza depositata il 13 gennaio 2022, l’appellante chiedeva che fosse fissata l’udienza per la prosecuzione del giudizio ex art. 80, comma primo, Cod. proc. amm.

Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 3 marzo 2022 la causa veniva trattenuta in decisione.

Ad un complessivo esame delle risultanze di causa, il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame del primo motivo di appello, concernente la questione della possibile carenza di interesse al ricorso di primo grado (e quindi all’appello) per inapplicabilità dell’art. 177, d.lgs. n. 50 del 2016 e, conseguentemente, delle Linee Guida n. 11, nel settore della distribuzione del gas e alle attuali gestioni ope legis, successive alle già intervenute scadenze dei precedenti affidamenti diretti.

Alla luce della pronuncia della Corte costituzionale da ultimo citata, infatti, l’appello va accolto nel merito.

Va però in primo luogo esaminato, per evidenti ragioni di pregiudizialità giuridica e logica, il secondo motivo di appello, con il quale la sentenza impugnata viene censurata per aver dichiarato l’inammissibilità del ricorso per difetto di un oggettivo interesse in tal senso in capo all’odierna appellante.

Il motivo è fondato.

In effetti, sebbene formalmente le Linee-guida in esame siano articolate in due parti, tuttavia esse costituiscono nel loro complesso, dal punto di vista logico e sistematico, un corpus regolatorio unico, in cui la parte prima (di natura dichiaratamente interpretativa) è finalizzata ad individuare il corretto ambito di applicazione dell’art. 177, su cui sono destinate ad incidere le indicazioni contenute nella seconda parte.

La descritta unicità dell’atto regolatorio impugnato fa sì che la distinzione fra la natura interpretativa e non vincolante della parte I e quella prescrittiva e vincolante della parte II receda nell’apprezzamento della portata immediata e direttamente lesiva – e quindi impugnabile in sede giurisdizionale amministrativa – delle Linee-guida nel loro complesso.

A tal fine deve piuttosto ricordarsi che la giurisprudenza afferma, in linea generale, che l’atto programmatorio, pianificatorio, a contenuto generale o regolamentare (categoria in cui possono annoverarsi latu sensu anche le Linee-guida vincolanti), non è di per sé impugnabile se non in una con l’atto applicativo che ne abbia in concreto reso attuale la lesione nella sfera giuridica di un determinato soggetto (ex multis, Cons. Stato, V, 19 luglio 2018, n. 4401; V, 2 febbraio 2009, n. 529; VI, 2 marzo 2015, nn. 994 e 995; VI, 5 marzo 2015, n. 1095; VI, 18 aprile 2013, n. 2144), ciò anche in ragione del fatto che solo a seguito di tale atto applicativo può acquisirsi la pena conoscenza e percezione della prescrizione generale pregiudizievole per l’interessato (Cons. Stato, V, 6 ottobre 2016, n. 4130).

Tuttavia è stata riconosciuta l’impugnabilità degli atti anche generali o regolamentari aventi portata immediatamente prescrittiva, ovvero che vincolino la successiva attività amministrativa, di guisa che il successivo atto si atteggi quale atto meramente dichiarativo o ricognitivo (Cons. Stato, V, 23 aprile 2019, n. 2572).

Nel caso di specie – anche a voler prescindere dalla circostanza che la censura con cui l’appellante ha lamentato che con le Linee-guida in questione l’ANAC avrebbe regolato in concreto aspetti non rientranti nei limiti indicati dal comma 3 dell’art. 177 sarebbe già di per sé sufficiente a rendere lesive le predette Linee-guida ed ammissibile il relativo ricorso (indipendentemente dalla sua fondatezza) – le Linee-guida costituiscono comunque vincoli conformativi puntuali alla successiva attività degli enti concedenti e dei concessionari, in capo ai quali non residuano facoltà di modulazione quanto al contenuto ed all’estensione, neppure sotto il profilo temporale (quest’ultimo in realtà già fissato direttamente dalla legge).

Ciò vale, in particolare, per una serie di indicazioni in esse contenute:

- le modalità operative, attraverso nuove esternalizzazioni; il rinnovo con procedure di evidenza pubblica delle esternalizzazioni già avvenute a mezzo di contratto man mano che scadono; la cessazione degli affidamenti diretti a società in house o collegate, eventualmente previo recesso, e temporali, entro l’anno successivo, per il riequilibrio delle situazioni di criticità;

- le modalità di calcolo della sanzione (sull’importo complessivo dei contratti affidati senza gara oltre i limiti percentuali consentiti dalla norma nella misura in cui lo squilibrio non sia recuperato nell’anno successivo);

- gli obblighi di pubblicazione dei dati sulle concessioni a carico degli enti concedenti e dei concessionari (in particolare, per gli enti concedenti: data della sottoscrizione del contratto; oggetto della concessione; valore stimato della concessione; stato della concessione, con indicazione delle attività svolte e delle attività residue; dati del concessionario; per i concessionari: dati ed informazioni riferiti ai contratti affidati con procedura ad evidenza pubblica; programma annuale degli affidamenti; incidenza percentuale dei contratti affidati con gara sul totale dei contratti relativi alla concessione; entità delle eventuali situazioni di squilibrio e interventi proposti per il riequilibrio, con indicazione del relativo cronoprogramma; informazioni circa i contratti affidati senza gara) e la altrettanto puntuale indicazione delle modalità di verifica delle quote di affidamento da parte degli enti concedenti.

Le indicazioni ora richiamate, oltre ad essere immediatamente applicabili senza bisogno dell’intermediazione di ulteriori provvedimenti attuativi, sono pertanto da ritenersi del pari immediatamente lesive, nella misura in cui, come sottolineato dall’appellante, pongono i concessionari di fronte all’alternativa tra l’adeguarsi ad esse o subirne le conseguenze a mezzo del successivo provvedimento applicativo della penale.

Neppure rileva la circostanza, dedotta dall’ANAC, secondo cui il giudizio di cui si discute verterebbe “esclusivamente sulla prima versione delle Linee Guida 11, emanata originariamente con deliberazione n. 614 del 04/07/2018” e che pertanto oggetto del presente appello sarebbe “un provvedimento non più attuale”.

In realtà, la suddetta deliberazione ANAC è stata sì aggiornata – a seguito dell’emanazione del d.l. 18 aprile 2019 n. 32 (convertito con l. 14 giugno 2019, n. 55) – con la successiva deliberazione del Consiglio dell’Autorità n. 570 del 26 giugno 2019, ma limitatamente alle modifiche apportate dalla legge di conversione (recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”), che nel caso di specie ha semplicemente previsto che “bb) all'articolo 177, comma 2, le parole: «ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice» sono sostituite dalle seguenti: «il 31 dicembre 2020»”.

In breve, la modifica ha riguardato esclusivamente la proroga temporale dell’efficacia delle disposizioni di cui al comma primo del medesimo articolo di legge, senza per contro apportare modifiche sostanziali o di merito.

Per tutte le ragioni esposte, in accoglimento del secondo motivo di appello la sentenza impugnata deve essere riformata ed il ricorso di primo grado di Edma Reti Gas s.r.l. va dichiarato ammissibile.

Con il terzo motivo di appello vengono invece riproposti, nel merito, i motivi di impugnazione non esaminati dal primo giudice, con i quali, in estrema sintesi, si contesta la correttezza del principio, sotteso alle Linee- guida n. 11 (par. 2.1), per cui “i contratti da inserire nella base di calcolo delle percentuali individuate dall’articolo 177 sono quelli che riguardano tutte le prestazioni oggetto della concessione e sono quindi necessarie per l’esecuzione della stessa, anche se svolte direttamente dal concessionario”. Tale principio si porrebbe infatti in contrasto con lo stesso disposto normativo e, comunque, sarebbe incompatibile con gli artt. 41 e 42 Cost. e con i principi di ragionevolezza e proporzionalità (di rilievo sia comunitario sia costituzionale ex art. 3, comma 1, Cost.), anche in relazione alla tutela costituzionale del lavoro (artt. 1, 3, 35 e 36 Cost.), “in quanto imporrebbe all’impresa concessionaria un divieto assoluto di svolgere direttamente (e quindi, correlativamente, l’obbligo, altrettanto assoluto, di esternalizzare) qualunque prestazione inerente alla concessione, con conseguente forzata dismissione delle proprie strutture interne preposte”.

Il motivo dev’essere accolto (in particolare, il motivo n. 2 di censura della sezione III dell’appello), alla luce della dichiarata illegittimità costituzionale dell’art. 177 d.lgs. n. 50 del 2016, costituente il presupposto normativo legittimante l’emanazione delle Linee-guida fatte oggetto di impugnazione.

Invero, l’espunzione dell’art. 177 nel suo complesso, unitamente alla norma della legge delega che ne era alla base – l’art. 1, comma 1, lettera iii) della l. n. 11 del 2016 – per violazione degli artt. 3 e 41 Cost. travolge anche la disposizione (il terzo comma dell’art 177) che demandava all’ANAC il compito di definire le modalità di verifica in merito all’ottemperanza degli obblighi di esternalizzazione.

Le suddette Linee-guida, in quanto ormai prive di un fondamento giuridico che ne legittimi l’adozione e la persistenza, vanno dunque annullate. L’appello va pertanto accolto e con esso – in riforma dell’impugnata sentenza – il ricorso originariamente proposto da Edma Reti Gas s.r.l.

La novità e la particolarità della vicenda controversa giustificano l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese di lite del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l’effetto accogliendo, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso originariamente proposto da Edma Reti Gas s.r.l.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

 

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia n. 2221 del 25 marzo 2022, la V Sezione del Consiglio di Stato ha riconosciuto la portata immediata e direttamente lesiva delle Linee-guida dell’ANAC n. 11/2018.

Il Collegio ha preliminarmente rilevato che, sebbene le Linee-guida – atto avente carattere regolamentare e, pertanto, generalmente sottratto al sindacato giurisdizionale – siano articolate in due parti, esse nondimeno costituiscono nel loro complesso un corpus regolatorio unico, in cui la parte prima – di natura interpretativa – è finalizzata a individuare il corretto ambito di applicazione della norma di riferimento, su cui sono destinate a incidere le indicazioni prescrittive e vincolanti contenute nella seconda parte.

Tale unicità dell’atto regolatorio impugnato fa sì che “la distinzione fra la natura interpretativa e non vincolante della parte I e quella prescrittiva e vincolante della parte II, receda nell’apprezzamento della portata immediata e direttamente lesiva – e quindi impugnabile in sede giurisdizionale amministrativa – delle Linee-guida nel loro complesso”.

Il Collegio, nell’esaminare il caso sottoposto alla Sua attenzione, prende le mosse dal consolidato orientamento secondo cui l’atto programmatoriopianificatorio, a contenuto generale, ovvero regolamentare (categoria alla quale sono ascrivibili le Linee-guida vincolanti) è impugnabile solo unitamente all’atto applicativo che ne ha in concreto leso attuale la lesione della posizione giuridica di un determinato soggetto (Cfr., ex plurimis, Cons. Stato, V, 19.7.2018 n. 4401; V, 2.2.2009 n. 529; VI, 2.3.2015 nn. 994 e 995; VI, 5.3.2015 n. 1095; VI, 18.4.2013 n. 2144), in ragione del fatto che solo a seguito di tale atto applicativo, il soggetto leso acquisisce piena percezione della prescrizione generale pregiudizievole (Cfr. Cons. Stato, V 6.10.2016, n. 4130).

Ciò premesso, il Collegio, ponendosi nel solco di un recente arresto della Sezione V del Consiglio di Stato in s.g. (Cfr. Cons. Stato, V, 23.4.2019, 2572), ha tuttavia ritenuto decisiva, al fine di riconoscere l’immediata impugnabilità degli atti generali e regolamentari, la circostanza per cui tali atti abbiano portata immediatamente prescrittivatale da vincolare la successiva attività amministrativa in essi descritta, conseguendone che il successivo atto applicativo si atteggia quale atto meramente dichiarativo.

Di talché, nella pronuncia in esame, il Collegio procede alla elaborazione di una serie di canoni ermeneutici rispetto ai quali l’atto generale – di norma sottratto al sindacato giurisdizionale in quanto privo di una portata immediatamente e direttamente lesiva – possa costituire, invece, un vincolo conformativo alla successiva attività amministrativa, rispetto al quale non residua alcuna facoltà di modulazione e, pertanto, dotato della portata immediatamente prescrittiva che ne rende possibile l’immediata impugnazione in sede giurisdizionale.

In dettaglio, vanno riconosciute come direttamente lesive – e, pertanto, impugnabili – le indicazioni contenute nell’atto generale che risultano immediatamente applicabili, senza l’intermediazione di ulteriori provvedimenti attuativi (come, ad esempio, le indicazioni relative alle modalità operative, ovvero alle modalità di calcolo delle sanzioni), tali da porre i destinatari della norma nella condizione binaria e alternativa per cui o ci si adegua alle prescrizionio se ne subiscono le conseguenze, a mezzo del successivo provvedimento sanzionatorio.