Consiglio di Stato, Sez. V n.2709 del 11 aprile 2022

Ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale della stazione appaltante a causa della revoca per violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede occorre che, a prescindere dalla ricorrenza del formale provvedimento di aggiudicazione, venga valutata caso in caso lo sviluppo del procedimento e l’incidenza sul grado di affidamento incolpevole maturato dal concorrente.

dovendo intendersi provata l’esistenza del danno e non essendone certo l’ammontare, risolvendosi la relativa prova in una probatio diabolica, la richiesta formulata da parte ricorrente in quanto riferita ad una somma da ritenersi congrua, anche in base ad una valutazione equitativa ex art. 1126 c.c, può essere accolta.

E’ infatti noto che la valutazione equitativa del danno soccorre quanto ne sia certa l’esistenza ma lo stesso non possa essere provato nel suo preciso ammontare e l’attore assolva comunque all’onere di allegazione, offrendo elementi per la stima del danno (ex multis Cass. civ. Sez. I Sent., 15/02/2008, n. 3794 secondo cui “L'attore, che abbia proposto una domanda di condanna al risarcimento dei danni da accertare e liquidare nel medesimo giudizio, ha l'onere di fornire la prova certa e concreta del danno, così da consentirne la liquidazione, oltre che la prova del nesso causale tra il danno ed i comportamenti addebitati alla controparte; può, invero, farsi ricorso alla liquidazione in via equitativa, allorché sussistano i presupposti di cui all'art. 1226 cod. civ., solo a condizione che l'esistenza del danno sia comunque dimostrata, sulla scorta di elementi idonei a fornire parametri plausibili di quantificazione”).

Con questa recentissima pronunzia la Sezione è ritornata su l’argomento dei presupposti di configurabilità della responsabilità precontrattuale della Stazione Appaltante prendendo le mosse dal gravame avverso la pronunzia del TAR Lazio che, a sua volta, si era occupata della impugnativa promossa dalla concorrente seconda in graduatoria del provvedimento della Stazione Appaltante di revocare il procedimento di sottoscrizione del contratto avviato con la ridetta, dopo che l’aggiudicataria della procedura aveva inizialmente manifestato perplessità alla firma del contratto di appalto in assenza della rimodulazione delle condizioni economiche nel frattempo mutate, ed a riproporlo nei confronti dell’aggiudicatario originario dopo ripensamento di quest’ultimo.

Ebbene, con la sentenza in esame, il Collegio, dopo una prima chiosa in parte motiva in ordine alal impossibilità a che un provvedimento immediatamente lesivo e presupposto, quale il provvedimento di aggiudicazione in favore della controinteressata, possa mutuare in via derivata i vizi da un atto successivo, quale il provvedimento di arresto del procedimento relativo alla revoca della suddetta aggiudicazione e all’aggiudicazione a favore della società appellante e stipula con essa del contratto, in quanto detto ultimo atto assurge al rango di provvedimento, essendo espressione di un potere pubblicistico, secondo quanto affermato dall’orientamento del giudice di legittimità che attribuisce alla cognizione del giudice amministrativo anche le controversie relative alla fase successiva all’aggiudicazione ed antecedente alla stipula del contratto (Cass. SS.UU. n. 13191/18; Cass. SS.UU. n. 16418/17).

Peraltro “… se detto atto, come nella prospettazione attorea, assume di per sé connotato lesivo, comportando l’arresto di un procedimento volto alla stipula del contratto …, risulta all’evidenza come dal suo (eventuale) annullamento dovrebbe discendere l’obbligo di tipo conformativo della stazione appaltante, in sede di riesercizio del potere, di portare a conclusione il suddetto procedimento, a nulla rilevando pertanto il precedente provvedimento di aggiudicazione, destinato verosimilmente ad essere rimosso per effetto del suddetto obbligo conformativo; cosicché può senza dubbio disattendersi la censura attorea secondo cui il mancato annullamento del provvedimento di aggiudicazione, pur a fronte dell’illegittimità della suddetta nota di arresto procedimentale, si tradurrebbe in un vuoto di tutela…”.

Ma, quel che più rileva ai fini che si pone il commento alla sentenza è il successivo costrutto motivazionale assunto dal Collegio ai fini della ricostruzione di una possibile ipotesi di responsabilità precontrattuale della Stazione Appaltante, prendendo le mosse dalla giurisprudenza della Suprema Corte, confermata nella sede processuale in parola, per cui la volontà tacita di rinunziare ad un diritto si può desumere soltanto da un comportamento concludente del titolare che riveli la sua univoca volontà di non avvalersi del diritto stesso, non potendosi pertanto interpretare come rinuncia tacita per comportamento concludente l’impedimento momentaneo all’esercizio del diritto [ex multis Cass. Sez. L, Sentenza n. 13322 del 21/06/2005 secondo cui “La volontà tacita di rinunziare ad un diritto si può desumere soltanto da un comportamento concludente del titolare che riveli la sua univoca volontà di non avvalersi del diritto stesso, laddove l'inerzia o il ritardo nell'esercizio del diritto non costituiscono elemento sufficiente, di per sé, per dedurne la volontà di rinunciare del titolare, potendo essere frutto d'ignoranza, di temporaneo impedimento o di altra causa, e spiegano rilevanza soltanto ai fini della prescrizione estintiva. Ne consegue che il solo ritardo nell'esercizio del diritto, per quanto imputabile al titolare e per quanto tale da far ragionevolmente ritenere al debitore che il diritto non sarà più esercitato, non può costituire motivo per negare la tutela giudiziaria dello stesso, salvo che tale ritardo sia la conseguenza fattuale di un'inequivoca rinunzia tacita o di una modifica della disciplina, e ne costituisca quindi comportamento attuativo, mentre, in assenza di una precedente rinunzia o modificazione del patto, il silenzio o l'inerzia non possono avere da soli alcuna valenza dimostrativa, restando inoltre esclusa la loro valorizzabilità secondo il criterio degli standard sociali di comportamento in vigore in determinati ambienti economici o sociali, trattandosi di condotte tipiche tipizzate dall'ordinamento, che alla mera inerzia del titolare del diritto ricollega non la rinunzia allo stesso , ma la prescrizione”.

A tal punto pare fondata la pretesa risarcitoria della concorrente seconda in graduatoria che poi ha visto rinunziata nei suoi confronti la proposta di sottoscrizione del contratto di appalto, dal momento che “…Ed invero, come precisato con il recente arresto dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 29 novembre 2021 n. 21, secondo quanto evincibile dai principi formulati nei precedenti della medesima Adunanza Plenaria, “le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti, uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l’altro concernente invece la responsabilità dell’amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte. Oltre che distinti, i profili in questione sono autonomi e non in rapporto di pregiudizialità, nella misura in cui l’accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per danni nondimeno subiti dal privato destinatario degli stessi. L’«ordinaria possibilità che una responsabilità da comportamento scorretto sussista nonostante la legittimità del provvedimento amministrativo che conclude il procedimento» è stata in particolare affermata dalla citata pronuncia di questa Adunanza plenaria 4 maggio 2018, n. 5, in cui si è anche precisato che la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione nelle procedure di affidamento di contratti pubblici è una responsabilità «da comportamento illecito, che spesso non si traduce in provvedimenti illegittimi, ma, per molti versi, presuppone la legittimità dei provvedimenti che scandiscono la parabola procedurale» (….) L’affidamento «è un principio generale dell’azione amministrativa che opera in presenza di una attività della pubblica amministrazione che fa sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività» (Cons. Stato, VI, 13 agosto 2020, n. 5011). Pur sorto nei rapporti di diritto civile, con lo scopo di tutelare la buona fede ragionevolmente riposta sull’esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella reale, da altri creata (….) l’affidamento è ormai considerato canone ordinatore anche dei comportamenti delle parti coinvolte nei rapporti di diritto amministrativo, ovvero quelli che si instaurano nell’esercizio del potere pubblico, sia nel corso del procedimento amministrativo sia dopo che sia stato emanato il provvedimento conclusivo. A conferma della descritta evoluzione si pone l’art. 1, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale dispone che: «(i) rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede» (……). La disposizione ora richiamata ha positivizzato una regola di carattere generale dell’agire pubblicistico dell’amministrazione, che trae fondamento nei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97, comma 2, Cost.) e che porta a compimento la concezione secondo cui il procedimento amministrativo - forma tipica di esercizio della funzione amministrativa – è il luogo di composizione del conflitto tra l’interesse pubblico primario e gli altri interessi, pubblici e privati, coinvolti nell’esercizio del primo. Per il migliore esercizio della discrezionalità amministrativa il procedimento necessita pertanto dell’apporto dei soggetti a vario titolo interessati, nelle forme previste dalla legge sul procedimento del 7 agosto 1990, n. 241.

Concepito in questi termini, il dovere di collaborazione e di comportarsi secondo buona fede ha quindi portata bilaterale, perché sorge nell’ambito di una relazione che, sebbene asimmetrica, è nondimeno partecipata; ed in ragione di ciò esso si rivolge all’amministrazione e ai soggetti che a vario titolo intervengono nel procedimento (….). Le ragioni alla base dell’orientamento di giurisprudenza favorevole al privato venutosi a creare in questo settore si spiega sulla base del fatto che, sebbene svolta secondo i moduli autoritativi ed impersonali dell’evidenza pubblica, l’attività contrattuale dell’amministrazione è nello stesso tempo inquadrabile nello schema delle trattative prenegoziali, da cui deriva quindi l’assoggettamento al generale dovere di «comportarsi secondo buona fede» enunciato dall’art. 1337 del codice civile (come chiarito dall’Adunanza plenaria nelle sopra citate pronunce del 5 settembre 2005, n. 6, e del 4 maggio 2018, n. 5)”.

Il citato arresto dell’Adunanza Plenaria, per quel che rileva in questa sede, è importante anche laddove, affrontando un apparente contrasto tra la giurisprudenza della Corte di Cassazione e la prevalente giurisprudenza amministrativa afferma che “…per diffusa opinione nella giurisprudenza amministrativa (da ultimo: Cons. Stato, II, 20 novembre 2020, n. 7237), l’affidamento è legittimo quando sia stata pronunciata l’aggiudicazione definitiva, cui non abbia poi fatto seguito la stipula del contratto, ed ancorché ciò sia avvenuto nel legittimo esercizio dei poteri della stazione appaltante. L’aggiudicazione è dunque considerato il punto di emersione dell’affidamento ragionevole, tutelabile pertanto con il rimedio della responsabilità precontrattuale. Il recesso ingiustificato assume i connotati provvedimentali tipici della revoca o dell’annullamento d’ufficio della gara, che interviene a vanificare l’aspettativa dell’aggiudicatario alla stipula del contratto e che, pur legittimo, non vale quindi ad esonerare l’amministrazione da responsabilità per avere inutilmente condotto una procedura di gara fino all’atto conclusivo ed avere così ingenerato e fatto maturare il convincimento della sua positiva conclusione con la stipula del contratto d’appalto.

In senso parzialmente diverso si è espressa la Cassazione civile. Con sentenza in data 3 luglio 2014, n. 15260 (Sezione I) la Suprema Corte ha affermato che l’affidamento del concorrente ad una procedura di affidamento di un contratto pubblico è tutelabile «indipendentemente da un affidamento specifico alla conclusione del contratto»; la stazione appaltante ne è quindi responsabile sul piano precontrattuale «a prescindere dalla prova dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante».

L’apparente contrasto rispetto agli approdi della giurisprudenza amministrativa deve tuttavia essere ridimensionato, avuto riguardo al fatto che il caso deciso dalla Cassazione riguardava il concorrente primo classificato in una procedura di gara poi annullata in sede giurisdizionale amministrativa su ricorso di un altro concorrente. La stessa giurisprudenza amministrativa non si è del resto arroccata su rigidi apriorismi, ma con criterio elastico – che questa Adunanza plenaria ritiene condivisibile – ha negato rilievo dirimente all’intervenuta aggiudicazione definitiva, laddove ha in particolare affermato che la verifica di un affidamento ragionevole sulla conclusione positiva della procedura di gara va svolta in concreto, in ragione del fatto che «il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca, riflettendosi sullo spessore dell’affidamento ravvisabile nei partecipanti, presenta una sicura rilevanza, sul piano dello stesso diritto comune, ai fini dello scrutinio di fondatezza della domanda risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale» (Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831).

Nella medesima prospettiva di un accertamento in concreto degli elementi costitutivi della responsabilità precontrattuale si è del resto espressa questa Adunanza plenaria nella più volte richiamata sentenza 4 maggio 2018, n. 5, secondo cui la responsabilità precontrattuale può insorgere «anche prima dell’aggiudicazione e possa derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai più volte richiamati doveri di correttezza e buona fede». Più in generale, l’Adunanza plenaria ha precisato che la tutela civilistica della responsabilità precontrattuale, pur nel quadro del principio generale dell’autonomia negoziale delle parti, ivi compresa l’amministrazione, opera nel senso di assicurare la serietà delle trattative finalizzate alla conclusione del contratto, per cui essa costituisce il punto di equilibrio: «tra la libertà contrattuale della stazione appaltante e la discrezionalità nell’esercizio delle sue prerogative pubblicistiche da una parte, rispetto del limite della correttezza e della buona fede, dall’altro», tenuto conto che ciascun contraente assume «un ineliminabile margine di rischio in ordine alla conclusione del contratto» e che dunque non può confidare sempre sulla positiva conclusione delle trattative, ma solo quando queste abbiano raggiunto un grado di sviluppo tale da rendere ragionevolmente prevedibile la stipula del contratto.

Individuato un primo requisito dell’affidamento tutelabile nella sua ragionevolezza e nel correlato carattere ingiustificato del recesso, il secondo consiste nel carattere colposo della condotta dell’amministrazione, nel senso che la violazione del dovere di correttezza e buona fede deve esserle imputabile quanto meno a colpa, secondo le regole generali valevoli in materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ. (in questo senso va ancora richiamato Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2018, n. 5).

A sua volta non deve essere inficiato da colpa l’affidamento del concorrente. Sul punto va richiamato l’art. 1338 cod. civ., il quale assoggetta a responsabilità precontrattuale la «parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte», ed in base al quale viene escluso il risarcimento se la conoscenza di una causa invalidante il contratto è comune ad entrambe le parti che conducono le trattative, poiché nessuna legittima aspettativa di positiva conclusione delle trattative può mai dirsi sorta (in questo senso, di recente: Cass. civ, III, 18 maggio 2016, n. 10156)”.

In ragione di tale orientamento giurisprudenziale, il Collegio fa proprio il principio di diritto per cui «nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa», prescindendo pertanto dall’avvenuta formalizzazione dell’aggiudicazione ai fini dell’emersione della responsabilità precontrattuale, rinviando ad una analisi della fattispecie concreta.

L’insegnamento tratto dall’Adunanza Plenaria è nel senso che, quindi, la tutela risarcitoria per responsabilità precontrattuale è posta a presidio dell’interesse a non essere coinvolto in trattative inutili, e dunque del più generale interesse di ordine economico a che sia assicurata la serietà dei contraenti nelle attività preparatorie e prodromiche al perfezionamento del vincolo negoziale.

La reintegrazione per equivalente è pertanto ammessa in ragione dell’interesse c.d. negativo con il quale sono risarcite le spese sostenute per le trattative contrattuali e la perdita di occasioni contrattuali alternative, secondo il dualismo ex art. 1223 cod. civ. danno emergente – lucro cessante.

Ovviamente, ogni riconoscimento risarcitorio non potrà prescindere dall’assolvimento della parte istante non soltanto dell’effettività dei danni di cui si chiede il ristoro, ma anche del loro nesso di causalità con il comportamento colpevole della P.A.

Assolto l’onere della prova sull’esistenza del danno, nel caso della incertezza sull’ammontare, ad avviso del Collegio può trovare accesso anche una valutazione d’ufficio su base equitativa ex art. 1126 c.c, purchè si lamenta danneggiato provveda almeno ad allegare elementi utili per la stima del danno (ex multis Cass. civ. Sez. I Sent., 15/02/2008, n. 3794 secondo cui “L'attore, che abbia proposto una domanda di condanna al risarcimento dei danni da accertare e liquidare nel medesimo giudizio, ha l'onere di fornire la prova certa e concreta del danno, così da consentirne la liquidazione, oltre che la prova del nesso causale tra il danno ed i comportamenti addebitati alla controparte; può, invero, farsi ricorso alla liquidazione in via equitativa, allorché sussistano i presupposti di cui all'art. 1226 cod. civ., solo a condizione che l'esistenza del danno sia comunque dimostrata, sulla scorta di elementi idonei a fornire parametri plausibili di quantificazione”).

Non potrà trovare accesso, invece, in sede di riforma della sentenza gravata, la ulteriore pretesa risarcitoria per perdita di chance la mancata partecipazione ad altre procedure di gara, in quanto siffatta specifica fattispecie risarcitoria è ammissibile solo allorché il danno sia collegato alla dimostrazione di una seria probabilità di conseguire il vantaggio sperato, dovendosi, per converso, escludere la risarcibilità allorché la "chance" di ottenere l'utilità perduta resti nel novero della mera possibilità (ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 15 n. 3147); pertanto “per ottenere il risarcimento del danno anche per perdita di una “chance” è, comunque, necessario che il danneggiato dimostri, seppur presuntivamente ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto e provi, conseguentemente, la sussistenza, in concreto, dei presupposti e delle condizioni del raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve configurarsi come conseguenza immediata e diretta” (TAR Lazio, Sez. I, 6 novembre 2019, n.12735 confermata da Cons. Stato, Sez. V, 26 ottobre 2020, n. 6465; Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 2018, n.4225; Cons. Stato, Sez. IV, 16 maggio 2018, n. 2907 e Cons. Stato, Sez. V, 25 febbraio 2016, n. 762 ove si evidenzia che, ai fini della risarcibilità della chance perduta, “il ricorrente ha l’onere di provare gli elementi atti a dimostrare, pur se solo in modo presuntivo e basato sul calcolo delle probabilità, la possibilità concreta che egli avrebbe avuto di conseguire il risultato sperato, atteso che la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell'articolo 1226 del codice civile, presuppone che risulti comprovata l’esistenza di un danno risarcibile; in particolare, la lesione della possibilità concreta di ottenere un risultato favorevole presuppone che sussista una probabilità di successo almeno pari al 50 per cento, poiché, diversamente, diventerebbero risarcibili anche mere possibilità di successo, statisticamente non significative”; Cons. Stato Sez. V Sent., 30/06/2015, n. 3249 secondo cui “In relazione al risarcimento del danno da perdita di chance derivante dalla mancata partecipazione a procedure di gara indette per l'aggiudicazione di appalti pubblici il ricorrente (danneggiato) ha l'onere di provare gli elementi atti a dimostrare, pur se solo in modo presuntivo e basato sul calcolo delle probabilità, la possibilità concreta che egli avrebbe avuto di conseguire il risultato sperato, atteso che la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell'art. 1226 c.c., presuppone che risulti comprovata l'esistenza di un danno risarcibile”).

In altri termini la risarcibilità della perdita di chance da mancata aggiudicazione non è riconoscibile a priori soltanto in correlazione allo specifico evento o al vanto di una mera possibilità, bensì lo sarà ogni volta in cui l’occasione persa ha assunto tali fattezze di consistenza, probabilità e serietà da ritenerlo meritevole di risarcimento (Cons. giust. amm. Sicilia, 15 ottobre 2020, n. 914, C.d.S., sez. V, 15 novembre 2019, n. 7845; IV, 23 settembre 2019, n. 6319; III, 27 novembre 2017, n. 5559).

“…l'accoglimento della relativa domanda esige, pertanto, che sia stata fornita la prova, anche presuntiva, dell'esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, ma non di mera potenzialità, l'esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile (Cass. civ., Sez. I, 13 aprile 2017, n. 9571; Sez. lavoro, 11 ottobre 2017, n. 23862)”.

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 11/04/2022

N. 02709/2022REG.PROV.COLL.                                                                                    N. 03290/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3290 del 2021, proposto da
Media One s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Bifolco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Atac Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesca Cangiano, Luciano Bagolan, Carla Fina, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Igpdecaux Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 01980/2021, resa tra le parti, concernente l’impugnativa della nota Atac prot. n. 144999 del 25.9.2020 avente ad oggetto “Bando di gara n. 2/2020 – Procedura Aperta per l'affidamento in concessione a fini pubblicitari degli spazi interni ed esterni delle vetture auto tramviarie, in servizio pubblico sulla rete urbana di Roma” - Risarcimento del danno;

Per quanto riguarda l’appello incidentale presentato da S.p.A. il 21/4/2021:

per la riforma della sentenza del TAR Lazio, Sez. II-ter, 17 febbraio 2021 n. 1980 nella parte in cui ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse - stante la reiezione del ricorso principale di prime cure - il gravame incidentale proposto da Igpdecaux S.p.A.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Atac Spa e di Igpdecaux Spa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2022 il Cons. Diana Caminiti e preso atto della richiesta in atti di passaggio in decisione, senza discussione, avanzata dagli avvocati Bifolco, Cangiano, Bagolan, Fina e Napoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

I-Viene in decisione l’appello proposto da Media One s.r.l. (d’ora in poi per brevità Media One) avverso la sentenza del T.A.R. Lazio, sezione seconda ter, n. 1980/2021 che ha rigettato il ricorso dalla stessa proposto per l’impugnativa della nota prot. n. 144999 del 25/09/2020, avente ad oggetto “Bando di gara n. 2/2020 – procedura aperta per l’affidamento in concessione a fini pubblicitari degli spazi interni ed esterni delle vetture auto tramviarie, in servizio pubblico sulla rete urbana di Roma”, con la quale l’Atac s.p.a. (d’ora in poi Atac) ha interrotto il procedimento per la sottoscrizione del contratto riferito a tale procedura con la medesima società, manifestando la volontà di procedere alla sottoscrizione con l’aggiudicataria Igpdecaux s.p.a. (d’ora in poi per brevità Igpdecaux), nonché del precedente provvedimento n. 34 del 16/03/2020 con cui Atac ha aggiudicato ad Igpdecaux la procedura de qua.

Con il ricorso di prime cure Media One ha richiesto altresì la condanna di Atac alla reintegrazione in forma specifica, previa declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, ovvero, in via subordinata, la condanna al risarcimento del danno riferibile alla responsabilità precontrattuale della stazione appaltante.

Dagli atti di gara risulta, in fatto, che:

- con provvedimento del direttore generale n. 144 del 17/12/19 Atac aveva autorizzato l’indizione della procedura per l’affidamento in concessione a fini pubblicitari degli spazi interni ed esterni delle vetture auto tramviarie, in servizio pubblico sulla rete urbana di Roma;

- con bando n. 2/2020 era stata indetta la gara all’esito della quale, con provvedimento del direttore generale n. 34 del 16/03/2020, Atac aveva disposto l’aggiudicazione in favore di Igpdecaux che aveva offerto un canone totale pari ad euro 9.048.000,00 oltre oneri fiscali e costi della sicurezza;

- nell’ambito della gara Media One si era classificata al secondo posto, avendo offerto un canone di euro 8.420.000,00;

- con nota prot. n. 93162 del 22/06/2020 Atac aveva invitato Igpdecaux a stipulare il contratto, chiedendo di provvedere agli adempimenti propedeutici alla stipula, tra cui il deposito cauzionale, previsto negli atti di gara;

- con nota prot. 200470 del 30/06/2020 Igpdecaux aveva prospettato la rimodulazione delle condizioni economiche dei contratti in essere e, nel contempo, aveva dichiarato che, data la situazione contingente, era “del tutto impraticabile” la sottoscrizione del nuovo contratto di cui al bando 2/2020, atteso che le condizioni originarie erano mutate e, pertanto, erano divenute non più congrue, invitando la stazione appaltante a sottoporre entrambe le offerte presentate dai partecipanti ad una “verifica di congruità” ex art. 97 d. lgs. n. 50/16;

- con nota prot. 100067 del 02/07/2020 il RUP aveva comunicato a Media One, seconda in graduatoria, che Igpdecaux “ha rinunciato alla stipula del contratto” chiedendole “la disponibilità alla stipula del contratto” stesso;

- con nota prot. n. 118413 del 04/08/2020 il RUP, non avendo Media One risposto alla nota del 02/07/2020, aveva chiesto “riscontro in merito alla disponibilità alla stipula del contratto”;

- con nota del 24/08/2020 Media One aveva manifestato la propria disponibilità alla stipula del contratto, disponibilità reiterata con una successiva comunicazione del 07/09/2020;

- preso atto della disponibilità della seconda in graduatoria, con nota prot. n. 134295 dell’08/09/2020 il RUP aveva comunicato a Media One “che è in corso di formalizzazione il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione della gara nei confronti di Igpdecaux con contestuale aggiudicazione dell’affidamento...a codesta società”;

- con nota prot. 200583 del 10/09/2020 Igpdecaux si era dichiarata disponibile a procedere alla stipula del contratto;

- con nota prot. n. 058 del 24/09/2020 Media One aveva chiesto alla stazione appaltante l’approvazione del testo della fideiussione allegato alla missiva;

- con nota prot. n. 144999 del 25/09/2020, oggetto di impugnativa in prime cure, il RUP aveva comunicato a Media One la decisione di Igpdecaux di sottoscrivere il contratto e che Atac avrebbe proceduto in tal senso;

- in data 26/10/2020 il contratto di appalto tra Atac e Igpdecaux si era perfezionato con la sottoscrizione delle parti.

II- Con la sentenza oggetto di gravame il TAR ha innanzi tutto preliminarmente rilevato l’inammissibilità della domanda di annullamento del provvedimento di aggiudicazione del 16/03/2020, sia per evidente tardività, in quanto l’atto introduttivo era stato proposto in violazione del termine decadenziale di trenta giorni dall’intervenuta conoscenza del medesimo provvedimento, (certamente avvenuta quanto meno a seguito della comunicazione del 02/07/2020), sia perché avverso l’atto in esame non risultava proposta alcuna censura.

Ha invece rigettato per il resto il ricorso, sia relativamente alla domanda di annullamento della nota con cui si era dichiarato che il contratto sarebbe stato sottoscritto con la controinteressata, sia in relazione alla domanda risarcitoria per responsabilità precontrattuale, dichiarando pertanto improcedibile il ricorso incidentale presentato dalla controinteressata Igpdecaux, tendente all’esclusione della ricorrente dalla procedura de qua per non avere indicato i costi della manodopera, in violazione dell’art. 95 comma 10 c.p.a..

Il giudice di prime cure ha infatti rigettato il primo gruppo di censure con cui Media One aveva prospettato la violazione e falsa applicazione degli artt. 97 Cost., 32 e 93 d. lgs. n. 50/2016, 1175, 1337 e 1338 c.c., 7, 14, 15 del disciplinare di gara, ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, manifesta illogicità e travisamento, fondate sul rilievo che con nota del 02/07/2020 Atac aveva dato atto che Igpdecaux aveva precedentemente rinunciato alla stipula del contratto. Pertanto, la stazione appaltante avrebbe dovuto, nella prospettazione attorea, revocare l’aggiudicazione ed incamerare la cauzione della controinteressata, così come previsto anche dagli artt. 32 e 93 d. lgs. n. 50/16 e 14.1 e 15.2 del disciplinare di gara.

Ad avviso del Tar peraltro non può condividersi la prospettazione attorea, secondo la quale con la nota del 30/06/2020 (introitata da Atac s.p.a. con prot. n. 98528 del 01/07/2020) Igpdecaux aveva inteso rinunciare alla stipula del contratto di appalto, atteso che con detta nota l’aggiudicataria aveva semplicemente chiesto una rimodulazione delle condizioni economiche dei contratti già in essere, rep. n. 212 e 213, entrambi del 22/10/15, avuto riguardo alla situazione emergenziale dovuta al coronavirus e alle negative conseguenze prodottesi sul mercato pubblicitario, nel contempo, specificando che:

- “il medesimo contesto fattuale e giuridico che determina la necessità di addivenire ad una condivisa revisione delle condizioni economiche dei due contratti in essere non può che condurre a ritenere del tutto impraticabile la sottoscrizione del nuovo contratto di cui al bando 2/2020, atteso che le condizioni originarie di aggiudicazione (ma, invero, altrettanto vale anche l’unica altra offerta in gara nonché per la stessa base d’asta) sono divenute oggi anomale ed incongrue anche ai sensi e per gli effetti dell’articolo 97 del D.lgs. 18 aprile 2016 n. 50”;

- proprio alla luce della situazione emergenziale “appare... evidente che l’offerta economica da noi formulata in sede di gara (e, riteniamo, anche quella del secondo classificato) non sia oggi più sostenibile; e ciò perché – essendo stata elaborata sulla base di dati di mercato e di scenari economici pre-Covid – la stessa appare del tutto disallineata rispetto al valore attuale e prospettico degli asset pubblicitari, il cui sfruttamento economico è l’imprescindibile parametro di riferimento per il calcolo del canone da riconoscere alla società concedente”;

- la stazione appaltante deve, pertanto, “svolgere una riflessione sulla necessità di riesaminare le due offerte presentate in fase di gara avviando nei loro riguardi una verifica di congruità ai sensi dell’articolo 97 del D.lgs. 50/2016; e ciò considerando che la sostenibilità (o, se si vuole, la “tenuta”) delle offerte economiche nell’ambito delle procedure di gara”.

Il contenuto della nota in esame smentirebbe, ad avviso del Tar, quanto rappresentato da Atac nella successiva nota del 02/07/2020 indirizzata a Media One circa l’avvenuta rinuncia alla stipula del contratto che sarebbe stata manifestata dalla controinteressata, non potendosi ravvisare né una dichiarazione espressa, né un comportamento concludente in tal senso.

Il Tar ha altresì rigettato anche il secondo gruppo di censure, con le quali la ricorrente aveva dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 97 Cost., 32 e 93 d.lgs. n. 50/2016, 1175, 1337 e 1338 c.c. e 7, 14, 15 del disciplinare di gara, la violazione del principio del legittimo affidamento ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, manifesta illogicità e travisamento, fondate sul rilievo che, nell’ipotesi in cui dovesse essere ritenuto legittimo l’operato della stazione appaltante, quest’ultima sarebbe, comunque, responsabile in via precontrattuale, ai sensi degli artt. 1175 e 1337 c.c., dei pregiudizi subiti per il legittimo affidamento ingenerato a fronte delle “inutili” trattative avviate da Atac.

Tale condotta, nella prospettazione attorea, avrebbe causato significativi danni alla ricorrente, derivanti dall’assunzione del personale necessario per l’esecuzione dell’appalto, dall’ampliamento dei reparti vendite e commerciale, dalla presentazione del progetto ad Atac, dall’utilizzazione di personale interno per le attività preparatorie all’esecuzione dell’appalto, dalla mancata partecipazione ad altre gare e dal pregiudizio all’immagine della società ricorrente.

Il Tar ha rigettato l’istanza risarcitoria sulla base dell’assorbente rilievo che nella fattispecie la condotta della stazione appaltante non sarebbe caratterizzata dalla colpa necessaria per la ravvisabilità della responsabilità ex artt. 1337 e 1338 c.c., evidenziando come alcun legittimo affidamento potesse ritenersi ingenerato nella ricorrente in ordine all’aggiudicazione in suo favore e alla stipula del contratto, non essendo ancora intervenuta la revoca dell’aggiudicazione ai danni della controinteressata.

Il Tar ha evidenziato inoltre come la ricorrente non avesse in ogni caso fornito prova idonea dei danni allegati ed asseritamente subiti.

III -Con l’odierno gravame la società contesta tutti i capi della sentenza, assumendo in primo luogo, in punto di fatto, che con nota prot. 0134295 del 8.9.2020, la Stazione appaltante, preso atto della volontà della seconda graduata, aveva comunicato di aver già avviato l’iter per la formalizzazione del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione della procedura di gara nei confronti di Igpdecaux e che, contestualmente, avrebbe proceduto all’aggiudicazione in favore di Media One. Pertanto confidando nelle affermazioni della Stazione appaltante e facendo seguito alle richieste della medesima, la ricorrente con nota del 24.9.2020 aveva comunicato l’avvenuta predisposizione della cauzione definitiva.

Ha inoltre articolato, in quattro motivi di ricorso, le seguenti censure avverso la sentenza oggetto di gravame:

1)Error in procedendo e in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli artt. 29, 35, 41, 119 e 120 c.p.a., art. 100 c.p.c., art. 24 della Costituzione, nella parte in cui il Giudice di primo grado aveva dichiarato inammissibile, in parte qua, il ricorso per tardività e carenza d’interesse. Travisamento. Carenza dei presupposti.

In primo luogo la società appellante assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui aveva dichiarato tardiva e comunque inammissibile l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione intervenuto in favore della controinteressata, evidenziando che dal momento in cui la Stazione appaltante aveva deciso di non dare seguito alla revoca dell’aggiudicazione, sebbene obbligata, non solo avrebbe posto in essere una condotta illegittima sfociata nella gravata nota del 25.9.2020 ma, inoltre, avrebbe inficiato - in via derivata - anche l’originario (o, eventualmente, il nuovo) atto conclusivo della procedura di gara.

2) Error in procedendo e in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 93 del d.lgs. n. 50/2016, degli artt. 1175, 1337 e 1338 del c.c., degli artt. 7, 14, 15 del disciplinare di gara, dell’art. 97 della Costituzione, nella parte in cui il Giudice di primo grado non ha qualificato la nota di Igpdecaux in termini di rinuncia (espressa o tacita) alla sottoscrizione del contratto di concessione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, manifesta illogicità. Travisamento.

Secondo l’appellante erroneamente la sentenza gravata aveva ritenuto che la controinteressata non avesse rinunciato alla sottoscrizione del contratto, ritenendo incompatibile con una rinuncia la richiesta sia di avviare una verifica di congruità dell’offerta, ai sensi dell’art. 97 del Codice, sia di organizzare un incontro in contraddittorio con la Stazione appaltante.

Media One evidenzia al riguardo che sia il preteso procedimento di verifica di congruità dell’offerta, ai sensi dell’art. 97 del Codice, che l’incontro richiesto alla Stazione appaltante erano finalizzati alla mancata sottoscrizione del contratto di concessione; peraltro, pur volendo accedere alla tesi prospettata in primo grado, il procedimento di verifica dell’anomalia avrebbe condotto o (a) all’esclusione dell’offerta (e, dunque, sarebbe risultata aggiudicataria comunque Media One) o (b) ad un giudizio di congruità dell’offerta stessa, che avrebbe posto Igpdecaux nuovamente di fronte al dilemma di sottoscrivere o meno il contratto.

Nella prospettazione dell’appellante atteso che la nota di Igpdecaux dell’1.7.2020 conteneva una rinuncia alla sottoscrizione del contratto di concessione, la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere in via immediata alla revoca dell’aggiudicazione e all’incameramento della cauzione.

3) Error in procedendo e in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 93 del d.lgs. n. 50/2016, degli artt. 1175, 1337, 1338 e 2697 del c.c., degli artt. 7, 14, 15 del disciplinare di gara, dell’art. 97 della Costituzione, nella parte in cui il giudice di prime cure aveva rigettato l’istanza di risarcimento del danno per carenza sia dell’elemento soggettivo della colpa che di un’adeguata prova del quantum. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, manifesta illogicità. Travisamento.

L’appellante contesta con tali gruppi di censure in primo luogo il capo della sentenza con cui si era ritenuto che il comportamento della stazione appaltante fosse esente da colpa - rigettando per tale ragione la richiesta risarcitoria riferita alla responsabilità precontrattuale, sulla base del rilievo che alcun affidamento poteva intendersi ingenerato nella ricorrente - avuto riguardo alla stato avanzato delle trattative e alla comunicazione della pressoché certa formalizzazione della revoca dell’aggiudicazione ai danni della controinteressata.

La società appellante contesta anche i capi della sentenza con cui si erano ritenuti non provati i danni lamentati.

Assume al riguardo in primo luogo di avere provato anche un evidente danno da perdita di chances quantificato in € 6.637.050,00, avendo rinunciato a prender parte alle seguenti procedure di gara:

-Metropolitana di Milano: avente ad oggetto l’affidamento in concessione di n. 2 lotti relativi al servizio di gestione della comunicazione pubblicitaria e istituzionale della linea 4 della metropolitana di Milano per un valore stimato di € 38.062.500,00 con termine di presentazione della domanda di partecipazione fissato al 16.10.2020;

-Città di L’Aquila: avente ad oggetto l’affidamento in concessione di spazi ad uso pubblicitario su impianti di fermata A.M.A. per un valore stimato di € 250.000,00 con termine di presentazione della domanda di partecipazione fissato al 15.7.2020;

- Città di Bari: avente ad oggetto l’affidamento in concessione degli spazi comunali per l’installazione dei “Gruppi Omogenei di mezzi pubblicitari” sul suolo pubblico composto di n. 20 lotti per un valore stimato complessivo di € 27.918.000,00 con possibilità di aggiudicazione di massimo n. 4 lotti con termine di presentazione della domanda di partecipazione fissato al 27.7.2020;

- Città di Ancona: avente ad oggetto l’affidamento del servizio di gestione degli spazi pubblicitari esistenti su paline di fermata autorizzate dal Trasporto Pubblico Locale di proprietà della società Conerobus di Ancona per un valore stimato complessivo di € 140.000,00, con termine di presentazione della domanda di partecipazione fissato al 16.7.2020.

Assume inoltre che per l’ottimale esecuzione del futuro contratto di concessione aveva proceduto ad assunzioni di nuovo personale, per un complessivo ammontare pari ad € 76.027,45.

Deduce peraltro di essere stata convocata, in data 4.9.2020, presso gli uffici dell’Atac al fine di illustrare la propria visione ed il proprio piano di sviluppo dell’asset “Atac-Autobus” e di avere a tal fine impiegato risorse interne ed esterne, al fine di presentare un piano che potesse soddisfare la nuova concedente ed aprire una interlocuzione costruttiva, rivolgendosi anche alla società Oceans, specializzata nel settore del Marketing pubblicitario, onde predisporre un progetto innovativo che prevedesse un incremento del valore del predetto asset, per un costo pari ad € 14.000,00 (come da preventivo allegato in primo grado).

Evidenzia inoltre che alcune risorse interne si erano dedicate alla gestione delle attività necessarie all’avvio del rapporto di concessione, assorbendo tra il 10 ed il 15% dell’intera giornata lavorativa, per un costo specifico sostenuto pari ad € 1.709,68. (doc. 18 del fascicolo di primo grado).

Quanto all’asserito danno all’immagine ne invoca la liquidazione in via equitativa.

4) Error in iudicando e in procedendo. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c. nella parte in cui il TAR ha condannato Media One al pagamento delle spese di lite.

IV- In data 20 aprile 2021 si è costituita Igpdecaux, la quale il giorno successivo ha depositato altresì appello incidentale, contestualmente notificato, avverso la sentenza gravata con l’appello principale nella parte in cui aveva dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse - stante la reiezione del ricorso principale - il ricorso incidentale da essa proposto avverso il provvedimento n. 34 del 16 marzo 2020, con il quale il direttore generale di ATAC aveva approvato gli esiti della procedura de qua, limitatamente alla parte in cui la stazione appaltante aveva incluso nella graduatoria finale della selezione anche Media One anziché escluderla dalla procedura, riproponendo le medesime censure non esaminate in prime cure.

Nel merito ha comunque insistito per il rigetto dell’appello principale, ovvero per la sua declaratoria di inammissibilità previa disamina dell’appello principale.

V- Si è altresì costituita Atac insistendo nella reiezione dell’appello principale.

VI- In vista della trattazione del merito dell’appello incidentale le parti hanno prodotto memorie difensive, ex art. 73 comma 1 c.p.a., insistendo nei rispettivi assunti.

In particolare Atac, oltre ad insistere nella reiezione dell’appello principale, ha evidenziato anche l’infondatezza dell’appello incidentale, sulla base del rilievo che la procedura di gara de qua aveva ad oggetto l’affidamento di un contratto attivo che – così come stabilito dall’art. 4 del D.lgs. 50/2016 - risulterebbe escluso in tutto o in parte dall'ambito di applicazione oggettiva del codice appalti, avendo come unico vincolo il rispetto “ dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica”; da ciò, ad avviso della stazione appaltante, l’inapplicabilità dell'art. 95 del d.lgs. n. 50/2016 ai contratti attivi.

VII- L’appello è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 10 febbraio 2022, sulla base dei soli scritti difensivi, stante la richiesta congiunta di passaggio in decisione senza discussione.

VIII- Va senza dubbio esaminato preliminarmente l’appello principale, atteso che il rigetto del medesimo in relazione alla richiesta di riforma della sentenza nella parte in cui aveva in parte dichiarato inammissibile ed in parte rigettato la domanda impugnatoria, con conseguente cristallizzazione dell’aggiudicazione in favore di Igpdecaux e salvezza del contratto stipulato, determinerebbe all’evidenza l’improcedibilità dell’appello incidentale dalla stessa proposto per sopravvenuta carenza di interesse.

IX. Ciò posto, senza dubbio infondati, ad avviso del collegio, sono i primi due motivi di appello, riferiti alle domande impugnatorie avanzante in prime cure.

Ed invero, quanto al primo motivo, riferito al capo della sentenza che aveva dichiarato inammissibile la domanda di annullamento del provvedimento di aggiudicazione, sia per mancata formulazione delle censure, sia per evidente tardività dell’impugnativa, è sufficiente evidenziare come la prospettazione dell’appellante, secondo cui la lesività del provvedimento di aggiudicazione si sarebbe manifestata solo dopo l’adozione del successivo provvedimento prot. n. 144999 del 25/09/2020, mutuando in via derivata i vizi da quest’ultimo provvedimento, oltre ad essere inammissibile, per non essere stato il relativo rilievo evidenziato in prime cure, con conseguente violazione del divieto dei nova di cui all’art. 104 c.p.a. , si rileva infondata, non potendo all’evidenza un provvedimento immediatamente lesivo e presupposto, quale il provvedimento di aggiudicazione in favore della controinteressata, mutuare in via derivata i vizi da un atto successivo, quale il provvedimento di arresto del procedimento relativo alla revoca della suddetta aggiudicazione e all’aggiudicazione a favore della società appellante e stipula con essa del contratto.

Ed invero quest’ultimo atto, come evidenziato nella sentenza gravata, assume valenza provvedimentale, essendo espressione di un potere pubblicistico, secondo quanto affermato dall’orientamento del giudice di legittimità che attribuisce alla cognizione del giudice amministrativo anche le controversie relative alla fase successiva all’aggiudicazione ed antecedente alla stipula del contratto (Cass. SS.UU. n. 13191/18; Cass. SS.UU. n. 16418/17).

Peraltro, se detto atto, come nella prospettazione attorea, assume di per sé connotato lesivo, comportando l’arresto di un procedimento volto alla stipula del contratto con la medesima Media One, risulta all’evidenza come dal suo (eventuale) annullamento dovrebbe discendere l’obbligo di tipo conformativo della stazione appaltante, in sede di riesercizio del potere, di portare a conclusione il suddetto procedimento, a nulla rilevando pertanto il precedente provvedimento di aggiudicazione, destinato verosimilmente ad essere rimosso per effetto del suddetto obbligo conformativo; cosicché può senza dubbio disattendersi la censura attorea secondo cui il mancato annullamento del provvedimento di aggiudicazione, pur a fronte dell’illegittimità della suddetta nota di arresto procedimentale, si tradurrebbe in un vuoto di tutela.

In alcun modo pertanto si può ritenere che i vizi denunciati avverso la nota prot. n. 144999 del 25/09/2020 potessero riflettersi sul precedente provvedimento di aggiudicazione; ciò in quanto la richiesta di annullamento del provvedimento di aggiudicazione, in quanto proponibile solo per vizi di legittimità, non può che essere riferita a vizi genetici del medesimo provvedimento, per cui non risulta in alcun modo configurabile un vizio di legittimità mutuabile in via derivata da atti e comportamenti successivi della stazione appaltante.

X- Parimenti infondato è il secondo motivo di appello, con cui Media One censura il capo della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto che la nota prot. 200470 del 30/06/2020 di Igpdecaux non integrasse né una rinuncia esplicita, né una rinuncia tacita, per comportamento concludente, alla stipula del contratto.

Ed invero sul punto non possono che essere condivise le considerazioni contenute nella sentenza gravata, atteso che con la suddetta nota l’aggiudicataria, oltre ad invitare Atac a rivedere le condizioni contrattuali dei contratti in corso, aveva evidenziato come la crisi del settore, determinata dall’imprevedibile situazione emergenziale derivante dalla pandemia in corso, rendesse non più redditizia l’offerta avanzata in corso di gara, determinando verosimilmente l’anomalia non solo dell’offerta di essa aggiudicataria, ma anche della seconda graduata Media One, nonché incongrua la stessa base d’asta.

Igpdecaux aveva pertanto invitato Atac ad un dialogo sul punto, richiedendo anche un incontro de visu.

Pertanto, a fronte di tale nota, la stazione appaltante avrebbe dovuto o avviare il dialogo a tre, invitando anche Media One, sull’opportunità di annullare l’intera procedura di gara, avuto riguardo alle imprevedibili emergenze fattuali, ovvero rigettare espressamente la richiesta di autotutela di Igpdecaux, invitandola clare loqui a sottoscrivere il contratto e ad inviare la richiesta documentazione nel termine assegnato, pena la revoca dell’aggiudicazione e l’incameramento della cauzione.

Peraltro, come bene evidenziato nella sentenza gravata, che la richiesta di autotutela sottesa a tale nota non fosse peregrina, essendo all’epoca il settore in crisi a seguito dell’emergenza pandemica, lo si evince vieppiù dallo stesso comportamento di Media One che aveva esitato la richiesta di Atac in ordine alla disponibilità alla stipula del contratto in luogo di Igpdecaux dopo oltre cinquanta giorni, ovvero verosimilmente solo allorquando il settore aveva dato segni di ripresa.

Al riguardo va inoltre precisato come non solo Media One abbia esitata la richiesta dopo tale lasso temporale ma come la prima richiesta di Atac del 2 luglio 2020 sia rimasta del tutto priva di risposta da parte di Media One, tanto che Atac aveva inviato una seconda nota in data 4 agosto 2020, sollecitando una risposta, intervenuta peraltro a distanza di ulteriori venti giorni, ovvero solo in data 24 agosto.

Alla stregua di tali rilievi la nota prot. 200470 del 30/06/2020 di Igpdecaux in alcun modo poteva configurare sic et simpliciter una rinuncia esplicita alla stipula del contratto, avuto riguardo al suo chiaro tenore letterale, né una rinuncia tacita, essendo la medesima destinata ad avviare un dialogo con la stazione appaltante e con la stessa Media One in ordine all’opportunità di agire in autotutela, avuto riguardo all’imprevedibile crisi del mercato, determinata dall’emergenza pandemica, che aveva reso verosimilmente non redditizie le offerte presentate dalle uniche due partecipanti alla gara ed incongrua la stessa base d’asta.

Infatti, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, la volontà tacita di rinunziare ad un diritto si può desumere soltanto da un comportamento concludente del titolare che riveli la sua univoca volontà di non avvalersi del diritto stesso, non potendosi pertanto interpretare come rinuncia tacita per comportamento concludente l’impedimento momentaneo all’esercizio del diritto [ex multis Cass. Sez. L, Sentenza n. 13322 del 21/06/2005 secondo cui “La volontà tacita di rinunziare ad un diritto si può desumere soltanto da un comportamento concludente del titolare che riveli la sua univoca volontà di non avvalersi del diritto stesso, laddove l'inerzia o il ritardo nell'esercizio del diritto non costituiscono elemento sufficiente, di per sé, per dedurne la volontà di rinunciare del titolare, potendo essere frutto d'ignoranza, di temporaneo impedimento o di altra causa, e spiegano rilevanza soltanto ai fini della prescrizione estintiva. Ne consegue che il solo ritardo nell'esercizio del diritto, per quanto imputabile al titolare e per quanto tale da far ragionevolmente ritenere al debitore che il diritto non sarà più esercitato, non può costituire motivo per negare la tutela giudiziaria dello stesso, salvo che tale ritardo sia la conseguenza fattuale di un'inequivoca rinunzia tacita o di una modifica della disciplina, e ne costituisca quindi comportamento attuativo, mentre, in assenza di una precedente rinunzia o modificazione del patto, il silenzio o l'inerzia non possono avere da soli alcuna valenza dimostrativa, restando inoltre esclusa la loro valorizzabilità secondo il criterio degli standard sociali di comportamento in vigore in determinati ambienti economici o sociali, trattandosi di condotte tipiche tipizzate dall'ordinamento, che alla mera inerzia del titolare del diritto ricollega non la rinunzia allo stesso , ma la prescrizione”. (Nella fattispecie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva considerato il silenzio degli agenti quale comportamento concludente di accettazione di una nuova pattuizione che, modificando la precedente, aveva escluso il diritto alle provvigioni nel caso di vendite dirette da parte del preponente, in violazione dell'esclusiva)].

Pertanto colpevolmente Atac ha interpretato la stessa come rinuncia, interpellando immediatamente la seconda graduata ed omettendo non solo di avviare in trasparenza il suddetto dialogo, ma anche di rispondere espressamente e negativamente alla suddetta richiesta, invitando l’aggiudicataria a stipulare il contratto alle condizioni proposte, pena la revoca dell’aggiudicazione e l’incameramento della cauzione, in chiara violazione degli obblighi di buona fede e correttezza ex art. 1337 c.c. nonché di buon andamento della P.A. ex art. 97 comma 2 Cost..

Alla stregua di quanto innanzi rappresentato, si deve ritenere che con la suddetta nota prot. 200470 del 30/06/2020 l’aggiudicataria avesse, come correttamente ritenuto nella sentenza gravata, interrotto il termine di dieci giorni per l’invio della richiesta documentazione; da ciò l’inapplicabilità delle clausole della lex specialis di gara che, a fronte del mancato invio della documentazione nel termine assegnato, prevedevano la revoca dell’aggiudicazione e l’incameramento della cauzione, potendo detto termine decorrere solo a seguito dell’espresso rifiuto di Atac di avviare il richiesto procedimento di autotutela.

XI- Parzialmente fondato, nel senso di seguito specificato, è per contro, ad avviso del collegio, il terzo motivo di appello, con il quale Media One contesta i capi della sentenza che avevano rigettato la richiesta del risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, sia per la non ravvisabilità di alcuna colpa in capo ad Atac, sia per la mancanza di prova dei danni sofferti.

Ed invero, come precisato con il recente arresto dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 29 novembre 2021 n. 21, secondo quanto evincibile dai principi formulati nei precedenti della medesima Adunanza Plenaria, “le regole di legittimità amministrativa e quelle di correttezza operano su piani distinti, uno relativo alla validità degli atti amministrativi e l’altro concernente invece la responsabilità dell’amministrazione e i connessi obblighi di protezione in favore della controparte. Oltre che distinti, i profili in questione sono autonomi e non in rapporto di pregiudizialità, nella misura in cui l’accertamento di validità degli atti impugnati non implica che l’amministrazione sia esente da responsabilità per danni nondimeno subiti dal privato destinatario degli stessi. L’«ordinaria possibilità che una responsabilità da comportamento scorretto sussista nonostante la legittimità del provvedimento amministrativo che conclude il procedimento» è stata in particolare affermata dalla citata pronuncia di questa Adunanza plenaria 4 maggio 2018, n. 5, in cui si è anche precisato che la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione nelle procedure di affidamento di contratti pubblici è una responsabilità «da comportamento illecito, che spesso non si traduce in provvedimenti illegittimi, ma, per molti versi, presuppone la legittimità dei provvedimenti che scandiscono la parabola procedurale» (….) L’affidamento «è un principio generale dell’azione amministrativa che opera in presenza di una attività della pubblica amministrazione che fa sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività» (Cons. Stato, VI, 13 agosto 2020, n. 5011). Pur sorto nei rapporti di diritto civile, con lo scopo di tutelare la buona fede ragionevolmente riposta sull’esistenza di una situazione apparentemente corrispondente a quella reale, da altri creata (….) l’affidamento è ormai considerato canone ordinatore anche dei comportamenti delle parti coinvolte nei rapporti di diritto amministrativo, ovvero quelli che si instaurano nell’esercizio del potere pubblico, sia nel corso del procedimento amministrativo sia dopo che sia stato emanato il provvedimento conclusivo. A conferma della descritta evoluzione si pone l’art. 1, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, il quale dispone che: «(i) rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede» (……). La disposizione ora richiamata ha positivizzato una regola di carattere generale dell’agire pubblicistico dell’amministrazione, che trae fondamento nei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97, comma 2, Cost.) e che porta a compimento la concezione secondo cui il procedimento amministrativo - forma tipica di esercizio della funzione amministrativa – è il luogo di composizione del conflitto tra l’interesse pubblico primario e gli altri interessi, pubblici e privati, coinvolti nell’esercizio del primo. Per il migliore esercizio della discrezionalità amministrativa il procedimento necessita pertanto dell’apporto dei soggetti a vario titolo interessati, nelle forme previste dalla legge sul procedimento del 7 agosto 1990, n. 241.

Concepito in questi termini, il dovere di collaborazione e di comportarsi secondo buona fede ha quindi portata bilaterale, perché sorge nell’ambito di una relazione che, sebbene asimmetrica, è nondimeno partecipata; ed in ragione di ciò esso si rivolge all’amministrazione e ai soggetti che a vario titolo intervengono nel procedimento (….). Le ragioni alla base dell’orientamento di giurisprudenza favorevole al privato venutosi a creare in questo settore si spiega sulla base del fatto che, sebbene svolta secondo i moduli autoritativi ed impersonali dell’evidenza pubblica, l’attività contrattuale dell’amministrazione è nello stesso tempo inquadrabile nello schema delle trattative prenegoziali, da cui deriva quindi l’assoggettamento al generale dovere di «comportarsi secondo buona fede» enunciato dall’art. 1337 del codice civile (come chiarito dall’Adunanza plenaria nelle sopra citate pronunce del 5 settembre 2005, n. 6, e del 4 maggio 2018, n. 5)”.

Il citato arresto dell’Adunanza Plenaria, per quel che rileva in questa sede, è importante anche laddove, affrontando un apparente contrasto tra la giurisprudenza della Corte di Cassazione e la prevalente giurisprudenza amministrativa afferma che “per diffusa opinione nella giurisprudenza amministrativa (da ultimo: Cons. Stato, II, 20 novembre 2020, n. 7237), l’affidamento è legittimo quando sia stata pronunciata l’aggiudicazione definitiva, cui non abbia poi fatto seguito la stipula del contratto, ed ancorché ciò sia avvenuto nel legittimo esercizio dei poteri della stazione appaltante. L’aggiudicazione è dunque considerato il punto di emersione dell’affidamento ragionevole, tutelabile pertanto con il rimedio della responsabilità precontrattuale. Il recesso ingiustificato assume i connotati provvedimentali tipici della revoca o dell’annullamento d’ufficio della gara, che interviene a vanificare l’aspettativa dell’aggiudicatario alla stipula del contratto e che, pur legittimo, non vale quindi ad esonerare l’amministrazione da responsabilità per avere inutilmente condotto una procedura di gara fino all’atto conclusivo ed avere così ingenerato e fatto maturare il convincimento della sua positiva conclusione con la stipula del contratto d’appalto.

In senso parzialmente diverso si è espressa la Cassazione civile. Con sentenza in data 3 luglio 2014, n. 15260 (Sezione I) la Suprema Corte ha affermato che l’affidamento del concorrente ad una procedura di affidamento di un contratto pubblico è tutelabile «indipendentemente da un affidamento specifico alla conclusione del contratto»; la stazione appaltante ne è quindi responsabile sul piano precontrattuale «a prescindere dalla prova dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante».

L’apparente contrasto rispetto agli approdi della giurisprudenza amministrativa deve tuttavia essere ridimensionato, avuto riguardo al fatto che il caso deciso dalla Cassazione riguardava il concorrente primo classificato in una procedura di gara poi annullata in sede giurisdizionale amministrativa su ricorso di un altro concorrente. La stessa giurisprudenza amministrativa non si è del resto arroccata su rigidi apriorismi, ma con criterio elastico – che questa Adunanza plenaria ritiene condivisibile – ha negato rilievo dirimente all’intervenuta aggiudicazione definitiva, laddove ha in particolare affermato che la verifica di un affidamento ragionevole sulla conclusione positiva della procedura di gara va svolta in concreto, in ragione del fatto che «il grado di sviluppo raggiunto dalla singola procedura al momento della revoca, riflettendosi sullo spessore dell’affidamento ravvisabile nei partecipanti, presenta una sicura rilevanza, sul piano dello stesso diritto comune, ai fini dello scrutinio di fondatezza della domanda risarcitoria a titolo di responsabilità precontrattuale» (Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831).

Nella medesima prospettiva di un accertamento in concreto degli elementi costitutivi della responsabilità precontrattuale si è del resto espressa questa Adunanza plenaria nella più volte richiamata sentenza 4 maggio 2018, n. 5, secondo cui la responsabilità precontrattuale può insorgere «anche prima dell’aggiudicazione e possa derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai più volte richiamati doveri di correttezza e buona fede». Più in generale, l’Adunanza plenaria ha precisato che la tutela civilistica della responsabilità precontrattuale, pur nel quadro del principio generale dell’autonomia negoziale delle parti, ivi compresa l’amministrazione, opera nel senso di assicurare la serietà delle trattative finalizzate alla conclusione del contratto, per cui essa costituisce il punto di equilibrio: «tra la libertà contrattuale della stazione appaltante e la discrezionalità nell’esercizio delle sue prerogative pubblicistiche da una parte, rispetto del limite della correttezza e della buona fede, dall’altro», tenuto conto che ciascun contraente assume «un ineliminabile margine di rischio in ordine alla conclusione del contratto» e che dunque non può confidare sempre sulla positiva conclusione delle trattative, ma solo quando queste abbiano raggiunto un grado di sviluppo tale da rendere ragionevolmente prevedibile la stipula del contratto.

Individuato un primo requisito dell’affidamento tutelabile nella sua ragionevolezza e nel correlato carattere ingiustificato del recesso, il secondo consiste nel carattere colposo della condotta dell’amministrazione, nel senso che la violazione del dovere di correttezza e buona fede deve esserle imputabile quanto meno a colpa, secondo le regole generali valevoli in materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ. (in questo senso va ancora richiamato Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2018, n. 5).

A sua volta non deve essere inficiato da colpa l’affidamento del concorrente. Sul punto va richiamato l’art. 1338 cod. civ., il quale assoggetta a responsabilità precontrattuale la «parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte», ed in base al quale viene escluso il risarcimento se la conoscenza di una causa invalidante il contratto è comune ad entrambe le parti che conducono le trattative, poiché nessuna legittima aspettativa di positiva conclusione delle trattative può mai dirsi sorta (in questo senso, di recente: Cass. civ, III, 18 maggio 2016, n. 10156)”.

L’Adunanza Plenaria con il citato arresto giurisprudenziale ha pertanto affermato il seguente principio di diritto: «nel settore delle procedure di affidamento di contratti pubblici la responsabilità

precontrattuale dell’amministrazione, derivante dalla violazione imputabile a sua colpa dei canoni generali di correttezza e buona fede, postula che il concorrente abbia maturato un ragionevole affidamento nella stipula del contratto, da valutare in relazione al grado di sviluppo della procedura, e che questo affidamento non sia a sua volta inficiato da colpa», prescindendo pertanto dall’avvenuta formalizzazione dell’aggiudicazione ai fini dell’emersione della responsabilità precontrattuale, rinviando ad una analisi della fattispecie concreta.

Applicando tali coordinate ermeneutiche alla fattispecie de qua, avuto riguardo allo sviluppo delle trattative, quale emergente dalle note in atti, ad avviso del collegio non può essere condiviso l’assunto del giudice di prime cure, secondo cui nell’ipotesi di specie non era ravvisabile alcun legittimo affidamento in ordine alla conclusione del contratto, per non essere ancora intervenuta la revoca dell’aggiudicazione iniziale a Igpdecaux e l’aggiudicazione in favore della ricorrente.

Ed invero Atac non si è limitata a richiedere a Media One, con la nota del 2 luglio 2020, la disponibilità alla stipula del contratto alle condizioni offerte - rappresentando peraltro colpevolmente che l’aggiudicataria aveva rinunciato alla stipula del contratto e comunicando che in caso di manifestata disponibilità Media One dovesse inviare la documentazione propedeutica - ma, a fronte della mancata risposta di Media One a tale nota ha inviato una seconda nota in data 4 agosto 2020, al fine di sollecitare una risposta in ordine alla disponibilità alla stipula del contratto. Ottenuta la risposta positiva di Media One in data 24 agosto 2020, reiterata in data 7 settembre, ha inoltre, con nota del 8 settembre 2020, rappresentato che “Con riferimento alla vostra comunicazione del 7/09/2020 prot. 0053, si comunica che è in corso di formalizzazione il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione nei confronti di Igpdecaux SpA, con contestuale aggiudicazione dell’affidamento in concessione a fini pubblicitari degli spazi interni ed esterni delle vetture auto tramviarie, in servizio pubblico sulla rete urbana di Roma, a codesta società. Una volta approvato tale provvedimento e concluse positivamente le verifiche sul possesso dei requisiti dichiarati in sede di gara, vi verrà inviata una comunicazione di invito alla stipula con richiesta di predisposizione del relativo deposito cauzionale. Con riferimento a quest’ultimo si conferma la possibilità di prestare la garanzia fideiussoria di cui all’art. 6 del Capitolato in misura ridotta del 50% ai sensi del D.lgs. 50/2016”.

Pertanto dagli atti di causa emerge inequivocabilmente che la revoca dell’aggiudicazione in danno di Igpdecaux – ritenuta sin dalla nota inviata in data 2 luglio del 2020 come rinunciataria – era stata dalla stazione appaltante ritenuta come pressoché certa, con conseguente aggiudicazione a Media One e stipula del contratto con la medesima, subordinati alla sola verifica sul possesso dei requisiti dichiarati in sede di gara.

Si può pertanto ritenere che Atac avesse colpevolmente ingenerato in Media One un ragionevole affidamento in ordine alla stipula del contratto, sia pure ovviamente subordinato alla formalizzazione della revoca dell’aggiudicazione a Igpdecaux e all’aggiudicazione in suo favore, affidamento peraltro non ascrivibile nemmeno in parte alla colpa di Media One, cui per contro era stato claris verbis rappresentato che Igpdecaux aveva rinunciato alla stipula del contratto.

XII- Ciò posto, peraltro la sentenza gravata resiste quasi per intero ai rilievi dell’appellante riferiti ai capi della sentenza che hanno ritenuto comunque non provati i danni asseritamente subiti.

E’ al riguardo noto, come del resto evidenziato in tale ultimo arresto dell’Adunanza Plenaria, che la tutela risarcitoria per responsabilità precontrattuale è posta a presidio dell’interesse a non essere coinvolto in trattative inutili, e dunque del più generale interesse di ordine economico a che sia assicurata la serietà dei contraenti nelle attività preparatorie e prodromiche al perfezionamento del vincolo negoziale. La reintegrazione per equivalente è pertanto ammessa non già in relazione all’interesse positivo, corrispondente all’utile che si sarebbe ottenuto dall’esecuzione del contratto, riconosciuto invece nella responsabilità da inadempimento, ma dell’interesse negativo, con il quale sono ristorate le spese sostenute per le trattative contrattuali e la perdita di occasioni contrattuali alternative, secondo la dicotomia ex art. 1223 cod. civ. danno emergente – lucro cessante.

Peraltro all’evidenza è onere della parte istante dare la prova non solo dell’esistenza dei danni di cui si chiede il ristoro, ma anche del loro nesso eziologico con il comportamento colpevole della P.A..

Alla stregua di tali rilievi la richiesta risarcitoria può senza dubbio essere disattesa per la parte riferita al lucro cessante relativo alle spese sostenute per la redazione del piano di asset “Atac – Autobus”, presentato nell’incontro del 04/09/2020, dovendosi condividere in toto il rilievo della sentenza gravata secondo il quale il relativo costo non può intendersi supportato da documentazione idonea, posto che Media One s.r.l. si è limitata a produrre nel corso del giudizio di primo grado un atto da essa espressamente qualificato come “preventivo”, omettendo di depositare documentazione attestante l’effettivo sostenimento del costo, ovvero la fattura e/o copia del bonifico relativo al correlativo pagamento.

Parimenti da confermare, sia pure con motivazione in parte diversa, è il capo della sentenza che ha ritenuto non provate le spese per l’assunzione di nuovo personale.

Al riguardo infatti va evidenziato come la documentazione prodotta in prime cure non sia in alcun modo probante delle avvenute assunzioni, in quanto le lettere prodotte in atti recano la sola firma del lavoratore e non anche del rappresentante legale dell’azienda; pertanto in alcun modo le suddette assunzioni possono intendersi provate, in mancanza tra l’altro della produzione dei cedolini stipendiali.

Inoltre, una delle asserite assunzioni è certamente antecedente alla data di invio da parte di Atac della nota del 2 luglio 2020, con cui si chiedeva a Media One la disponibilità alla stipula del contratto e altre due sono comunque precedenti alla data del 24 agosto 2020, in cui Media One aveva esitato positivamente la richiesta di Atac, per cui non è verosimile ritenere che Media One si fosse determinata ad assumere nuovo personale per lo svolgimento della concessione di cui alla procedura de qua ancora prima di rispondere alla richiesta di Atac.

Ciò senza tralasciare di considerare che deve ritenersi inverosimile, secondo l’id quod plerumque accidit, che un operatore del settore con l’esperienza della società appellante abbia fatto investimenti economici (in termini di assunzione di nuovo personale) prima ancora di avere stipulato il contratto con Atac.

L’ultima delle asserite assunzioni reca – non solo come data di decorrenza del rapporto di lavoro, ma come giorno della stipula del contratto - la data del primo ottobre 2020, ovvero è successiva alla nota del 25 settembre 2020 con cui Atac aveva comunicato che avrebbe stipulato il contratto con l’iniziale aggiudicataria, per cui detta eventuale assunzione non può ritenersi riconducibile alla procedura di cui è causa.

Da accogliere per contro, ad avviso del collegio, quanto al danno emergente, è la richiesta risarcitoria riferita alle spese sostenute per parte degli oneri stipendiali del personale in servizio, fondata sul rilievo che alcune risorse interne si erano dedicate alla gestione delle attività necessarie all’avvio del rapporto di concessione, assorbendo tra il 10 ed il 15% dell’intera giornata lavorativa, per un costo specifico sostenuto pari ad euro 1.709,68 (come da rilevazione interne riportate in foglio di calcolo excel).

Ed invero l’esistenza di tale danno può dirsi provata in via presuntiva secondo l’id quod plerunque accidit, avuto riguardo alla circostanza che certamente parte dell’attività lavorativa delle risorse interne è stata dedicata allo studio della fattibilità e proficuità della stipula del contratto, alla preparazione della documentazione propedeutica a detta stipula, nonché alla predisposizione di parte delle attività progettuali, in considerazione anche dell’avvenuta convocazione della società appellante presso la sede di Atac per la data del 4 settembre 2020, al fine di illustrare la propria visione ed il proprio piano di sviluppo dell’asset “Atac Autobus” e della comunicazione del 24 settembre 2020 da parte della medesima società ad Atac che “la fideiussione è pronta e l’Istituto bancario è in attesa di Vostra approvazione sul testo, che Vi allego, per procedere all’emissione”.

Pertanto, dovendo intendersi provata l’esistenza del danno e non essendone certo l’ammontare, risolvendosi la relativa prova in una probatio diabolica, la richiesta formulata da parte ricorrente in quanto riferita ad una somma da ritenersi congrua, anche in base ad una valutazione equitativa ex art. 1126 c.c, può essere accolta, con conseguente condanna di Atac a rifondere alla società appellante la somma di euro 1.709,68.

E’ infatti noto che la valutazione equitativa del danno soccorre quanto ne sia certa l’esistenza ma lo stesso non possa essere provato nel suo preciso ammontare e l’attore assolva comunque all’onere di allegazione, offrendo elementi per la stima del danno (ex multis Cass. civ. Sez. I Sent., 15/02/2008, n. 3794 secondo cui “L'attore, che abbia proposto una domanda di condanna al risarcimento dei danni da accertare e liquidare nel medesimo giudizio, ha l'onere di fornire la prova certa e concreta del danno, così da consentirne la liquidazione, oltre che la prova del nesso causale tra il danno ed i comportamenti addebitati alla controparte; può, invero, farsi ricorso alla liquidazione in via equitativa, allorché sussistano i presupposti di cui all'art. 1226 cod. civ., solo a condizione che l'esistenza del danno sia comunque dimostrata, sulla scorta di elementi idonei a fornire parametri plausibili di quantificazione”).

Da rigettare sono per contro le censure riferite al capo motivazionale della sentenza che ha ritenuto in ogni caso non provate le spese per l’asserito danno all’immagine, dovendo sul punto ritenersi corretta la valutazione compiuta dal giudice di prime cure, che ha evidenziato come il danno all’immagine fosse dedotto solo genericamente e ricondotto all’esistenza di contatti informali, non provati, con operatori interessati dalla notizia dell’“avvento di una nuova concessionaria” (pag. 15 dell’atto introduttivo). Al riguardo infatti non può soccorrere, al contrario di quanto dedotto dall’appellante, la valutazione equitativa del danno che presuppone, come innanzi precisato, la prova in ordine all’esistenza del danno medesimo e la difficoltà di provarne l’ammontare, laddove nell’ipotesi di specie alcuna prova è stata offerta dell’asserito danno, come ben evidenziato nella sentenza gravata.

Da rigettare infine è anche la censura riferita al capo della sentenza che ha ritenuto non legato da un nesso di causalità con il comportamento della stazione appaltante il danno da perdita di chance lamentato per la mancata partecipazione ad altre procedure di gara.

Al riguardo va precisato che secondo la costante giurisprudenza in materia “la risarcibilità della "chance" di aggiudicazione è ammissibile solo allorché il danno sia collegato alla dimostrazione di una seria probabilità di conseguire il vantaggio sperato, dovendosi, per converso, escludere la risarcibilità allorché la "chance" di ottenere l'utilità perduta resti nel novero della mera possibilità (ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 15 n. 3147); pertanto “per ottenere il risarcimento del danno anche per perdita di una “chance” è, comunque, necessario che il danneggiato dimostri, seppur presuntivamente ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza di un valido nesso causale tra la condotta lesiva e la ragionevole probabilità del conseguimento del vantaggio alternativo perduto e provi, conseguentemente, la sussistenza, in concreto, dei presupposti e delle condizioni del raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve configurarsi come conseguenza immediata e diretta” (TAR Lazio, Sez. I, 6 novembre 2019, n.12735 confermata da Cons. Stato, Sez. V, 26 ottobre 2020, n. 6465; Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 2018, n.4225; Cons. Stato, Sez. IV, 16 maggio 2018, n. 2907 e Cons. Stato, Sez. V, 25 febbraio 2016, n. 762 ove si evidenzia che, ai fini della risarcibilità della chance perduta, “il ricorrente ha l’onere di provare gli elementi atti a dimostrare, pur se solo in modo presuntivo e basato sul calcolo delle probabilità, la possibilità concreta che egli avrebbe avuto di conseguire il risultato sperato, atteso che la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell'articolo 1226 del codice civile, presuppone che risulti comprovata l’esistenza di un danno risarcibile; in particolare, la lesione della possibilità concreta di ottenere un risultato favorevole presuppone che sussista una probabilità di successo almeno pari al 50 per cento, poiché, diversamente, diventerebbero risarcibili anche mere possibilità di successo, statisticamente non significative”; Cons. Stato Sez. V Sent., 30/06/2015, n. 3249 secondo cui “In relazione al risarcimento del danno da perdita di chance derivante dalla mancata partecipazione a procedure di gara indette per l'aggiudicazione di appalti pubblici il ricorrente (danneggiato) ha l'onere di provare gli elementi atti a dimostrare, pur se solo in modo presuntivo e basato sul calcolo delle probabilità, la possibilità concreta che egli avrebbe avuto di conseguire il risultato sperato, atteso che la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell'art. 1226 c.c., presuppone che risulti comprovata l'esistenza di un danno risarcibile”).

Ed invero come chiarito anche da ultimo da Cons. giust. amm. Sicilia, 15 ottobre 2020, n. 914 “ai fini della risarcibilità di una perdita di chance la giurisprudenza insegna, infatti, che la relativa tecnica risarcitoria garantisce l'accesso al risarcimento per equivalente solo se la chance abbia effettivamente raggiunto un'apprezzabile consistenza, di solito indicata dalle formule "probabilità seria e concreta" o anche "elevata probabilità" di conseguire il bene della vita sperato; e che in caso di mera "possibilità" vi è solo un ipotetico danno, non meritevole di reintegrazione poiché in pratica nemmeno distinguibile dalla lesione di una mera aspettativa di fatto (C.d.S., sez. V, 15 novembre 2019, n. 7845; IV, 23 settembre 2019, n. 6319; III, 27 novembre 2017, n. 5559); l'accoglimento della relativa domanda esige, pertanto, che sia stata fornita la prova, anche presuntiva, dell'esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, ma non di mera potenzialità, l'esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile (Cass. civ., Sez. I, 13 aprile 2017, n. 9571; Sez. lavoro, 11 ottobre 2017, n. 23862)”.

Nell’ipotesi di specie per contro si deve ritenere che l’appellante non solo non abbia provato le possibilità di aggiudicazione delle gare cui non ha partecipato, non avendo neanche indicato quante imprese abbiano preso parte alle indicate procedure – fermo restando che dagli atti di causa depositati in primo grado dalla controinteressata risulta che la procedura bandita dal Comune di Bari è stata dichiarata deserta in data 28 luglio 2020 – ma non abbia neanche provato la sussistenza del nesso eziologico sussistente fra la mancata partecipazione alle indicate procedure e l’invio da parte di Atac, in data 2 luglio 2020, della nota con cui le si era richiesto di indicare la disponibilità alla stipula del contratto in luogo dell’aggiudicataria.

Per contro dagli atti di causa deve evincersi l’insussistenza di detto nesso eziologico atteso che:

a) la gara indetta da M 4 SpA di Milano aveva come termine originario di presentazione delle offerte il 16 ottobre 2020, successivamente prorogato al 9 novembre 2020 (come da documentazione prodotta in primo grado dalla controinteressata Igpdecaux) sicché posto che Media One sin dal 25 settembre 2020 era a conoscenza del fatto che il contratto sarebbe stato stipulato con Igpdecaux deve ritenersi che la mancata partecipazione alla gara in questione sia stata il frutto di una libera scelta non “condizionata” dalla condotta di ATAC, potendo, avuto riguardo anche all’esperienza nel settore dell’appellante, essere predisposta l’offerta nel termine residuo, peraltro prorogato;

b) la procedura indetta dal Comune di Bari è stata dichiarata deserta il 28 luglio 2020 (come da documentazione prodotta in primo grado da Igpdecaux) ovvero circa un mese prima che Media One esitasse la richiesta di Atac, dichiarandosi disponibile alla stipula del contratto, per cui si deve ritenere che la mancata partecipazione a detta procedura sia dipesa dalla crisi del settore all’epoca della scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ampiamente palesata dalle emergenze fattuali innanzi indicate e dalla stessa circostanza che tale gara è andata deserta;

c) analoghe considerazioni devono a maggiore ragione valere per le gare indette dalle aziende di trasporto pubblico di Ancona e dell’Aquila che avevano come termine finale di presentazione delle offerte di gara il 15 e il 16 luglio 2020, laddove - come si è detto - è provato per tabulas che Media One prima del 24 agosto 2020 non aveva ancora deciso se confermare ad Atac la sua originaria offerta di gara, molto verosimilmente per la crisi del settore determinata dall’emergenza pandemica.

XIII- Il terzo motivo di appello pertanto deve essere accolto parzialmente nel senso innanzi indicato, dovendo ritenersi sussistente la colpa di Atac per l’affidamento ingenerato nella società appellante e dovendo accogliersi la domanda risarcitoria in riferimento alle (sole) spese riferite a parte degli oneri stipendiali del personale in servizio, con conseguente condanna di Atac s.p.a. a rifondere a Media One il relativo ammontare, liquidato, come da richiesta, in euro 1.709,68, somma da rivalutarsi a partire dalla data del 25 settembre 2020 - in cui si è concretizzata la responsabilità precontrattuale di Atac con interruzione delle trattative avviate con la nota del 2 luglio 2020 - con decorrenza degli interessi sulla somma rivalutata, venendo in evidenza un debito di valore, profilandosi una responsabilità di tipo aquiliano avente natura precontrattuale (ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 01/02/2016, n.607 secondo cui “Al danno emergente da liquidarsi in caso di accertata responsabilità precontrattuale della P.A. devono essere aggiunti gli importi della rivalutazione e degli interessi legali sulla somma rivalutata. Avendo tale somma natura risarcitoria e costituendo un debito di valore, la rivalutazione dovrà essere computata a partire dal concretizzarsi dell'evento dannoso, consistente nella definitiva perdita delle somme investite per effetto del provvedimento di autoannullamento”). Sulla somma così liquidata decorrono poi gli interessi legali, a partire dalla data della pubblicazione della presente sentenza.

XIV- Alla parziale riforma della sentenza gravata consegue anche l’accoglimento del quarto motivo di appello, riferito alle spese di lite, che vengono liquidate pertanto, in riferimento al doppio grado di giudizio, nel senso di seguito specificato.

XV- In considerazione delle ragioni della decisione e dell’accoglimento solo parziale dell’appello principale e della conferma della sentenza gravata nella parte in cui ha in parte dichiarato inammissibile ed in parte rigettato la domanda impugnatoria - con conseguente cristallizzazione dell’aggiudicazione in capo a Igpdecaux e salvezza del contratto da essa stipulato - l’appello incidentale dalla stessa proposto va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

XVI- Sussistono eccezionali e gravi ragioni, avuto riguardo all’accoglimento solo parziale dell’appello principale, alla declaratoria in rito sull’appello incidentale e alle ragioni della decisione per compensare le spese di lite fra la società appellante e Igpdecaux e fra quest’ultima ed Atac, mentre nei rapporti fra la società appellante ed Atac le spese di lite del doppio grado possono essere compensate nella misura della metà, ed essere poste per la restante parte a carico di Atac, nella misura indicata in dispositivo, cui del pari vanno imputati, in base alla regola della soccombenza, le spese del contributo Igpdecaux unificato di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello principale, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, condanna l’Atac s.p.a. alla corresponsione della somma di euro 1.709,68 in favore di Media One s.r.l., somma da rivalutarsi e sulla quale vanno applicati gli interessi nel senso di cui in motivazione.

Dichiara improcedibile l’appello incidentale.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio nei rapporti fra Media One s.r.l. e Igpdecaux s.pa. nonché fra quest’ultima ed Atac s.p.a.

Compensa nella misura della metà le spese del doppio grado di giudizio nei rapporti fra Media One s.r.l. ed Atac s.p.a., ponendole per il resto a carico di Atac s.p.a., nella misura di euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per il primo grado e di euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per il secondo grado, oltre oneri accessori, se dovuti, come per legge, ed oltre alla refusione per intero di quanto versato a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente FF

Valerio Perotti, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere

Diana Caminiti, Consigliere, Estensore