Consiglio di Stato, sex.V,04.02.2022 n 795

Si tratta, come noto, di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi o forniture), proprio perché entra in giuoco un elemento imponderabile (cioè la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare”.

In questo quadro il piano economico finanziario ha la funzione di garantire l’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa (ossia la «contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria») attraverso la «corretta allocazione dei rischi» (art. 165, comma 2, cit.; corretta allocazione che può eventualmente essere temperata da un intervento finanziario posto a carico dell’amministrazione concedente), lungo tutto l’arco temporale della gestione (si osservi che nella procedura di gara in esame la lettera di invito consentiva ai concorrenti di proporre una durata massima pari a 30 anni). Se la concessione si qualifica per il trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario, il PEF è lo strumento mediante il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti del rapporto, la cui adeguatezza e sostenibilità deve essere valutata dall’amministrazione concedente alla luce delle discipline tecniche ed economiche applicabili e sulla base delle eventuali prescrizioni che la stessa amministrazione ha dettato con la lex specialis della procedura per la selezione del concessionario.

La ricostruzione sinteticamente delineata riprende gli orientamenti più recenti (cfr. Cons. Stato, V, 26 maggio 2020 n. 3348; V, 2 settembre 2019, n. 6015; V, 13 aprile 2018, n. 2214) che sottolineano come la funzione del PEF sia quella di dimostrare la concreta capacità dell’operatore economico di eseguire correttamente le prestazioni per l’intero arco temporale prescelto, attraverso la prospettazione di un equilibrio economico e finanziario di investimenti e connessa gestione che consenta all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione (v. anche Cons. Stato, V, 26 settembre 2013, n. 4760). In altri termini il PEF è un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta, quale dimostrazione che l’impresa è in condizione di trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 653).

Nei contratti di concessione di lavori e servizi, come definiti dall’articolo 3 comma 1 lett. uu) e vv) del D. Lgs. n. 50/2016, la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato. Tali contratti, di natura aleatoria, comportano il trasferimento al concessionario del “rischio operativo”. Nell’ambito di tali procedure assume centrale rilievo il Piano Economico Finanziario (PEF), quale base del rapporto di concessione.

Tale documento prova la realistica capacità del concorrente di effettuare la prestazione entro un preciso periodo. L’atto in esame svolge la fondamentale funzione di individuare un equilibrio economico-finanziario nei confronti degli investimenti da effettuare ed al loro connesso rendimento; in tal modo la Stazione appaltante può verificare che l’offerta sia adeguata e che quanto previsto nel contratto sia realizzabile.

Pertanto il PEF completa l’istituto della concessione, non sostituendosi all’offerta ma rappresentando un utile mezzo atto a fornire una precisa e dettagliata valutazione della stessa offerta.

 

Le implicazioni del PEF a livello centrale e locale

Le specifiche disposizioni che trattano del PEF nel codice degli appalti sono gli articoli 165 (Rischio ed equilibrio economico finanziario nelle concessioni) e 171 (Garanzie procedurali nei criteri di aggiudicazione).

La normativa a livello territoriale è prevista nel decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) il cui articolo 201(Finanziamento di opere pubbliche e piano economico-finanziario), al comma 2, prevede che per le nuove opere sia approvato un “piano economico-finanziario diretto ad accertare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della connessa gestione, anche in relazione agli introiti previsti ed al fine della determinazione delle tariffe”.

 

L’impatto del PEF sulle varie tipologie di opere pubbliche

Elemento imprescindibile della concessione di lavori pubblici è, quindi, la capacità dell’opera da realizzare di generare un flusso di cassa che può consentire di ripagare totalmente o parzialmente l’investimento.

Tale aspetto rappresenta un elemento centrale nella fase storica che sta interessando il mondo degli appalti.

Infatti, a tal proposito, assume un ruolo primario il modo in cui dovranno essere iniziate e portate a termine le opere pubbliche, ai fini della corretta applicazione di quanto stabilito dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Indubbiamente compito principale per il governo centrale e per tutte le istituzioni territoriali sarà quello di valutare la tipologia di opera che dovrà essere intrapresa e completata.

Proprio in relazione a tale aspetto la primaria e difficile scelta dell’esecutivo dovrà essere compiuta in modo rigoroso e dettagliato. Nello specifico l’attenzione dovrà essere rivolta nei confronti di quelle opere che, come ò noto, si classificano in: calde, fredde e tiepide.

La prima categoria è in grado di produrre guadagni attraverso le entrate che provengono da determinate utenze, in modo tale che possano rientrare i ricavi da utenza, al fine di ripagare le spese affrontate per gli investimenti; nella seconda classe di opere (le cd. fredde) il privato realizza direttamente l’infrastruttura, procura servizi alla Pubblica Amministrazione da cui ottiene contestualmente la dovuta retribuzione. Infine l’ultima tipologia è costituita dalle opere tiepide che rappresentano per la medesima amministrazione un particolare impegno. Infatti in tale situazione le utilità che provengono dalle varie utenze non riescono a ricompensare interamente quanto impiegato ai fini della costruzione dell’infrastruttura; in tal caso la stessa struttura pubblica si troverà nella situazione di approntare un determinato contributo pubblico.

 

  • La sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 04.02.2022 n. 795

 

Con riferimento al quadro cosi delineato merita particolare attenzione il recente intervento del Consiglio di Stato il quale detta importanti principi in merito, in primis, alla fondamentale scelta che l’Esecutivo e, di riflesso, come sopra rilevato, le Istituzioni locali, devono affrontare.

Nello specifico sarà fondamentale stabilire se il programma di attuazione delle opere pubbliche dovrà essere eseguito tramite il ricorso alle procedure di appalto o, al contrario, con l’utilizzazione dell’istituto delle concessioni.

Ed infatti proprio tali differenti metodi vengono sottolineati dai giudici; in particolare, sotto tale aspetto, il supremo Consesso afferma come “il rischio assunto dal concessionario si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile evidentemente condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa economica. Si tratta, come noto, di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi o forniture), proprio perché entra in giuoco un elemento imponderabile (cioè la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare”.

Di seguito i magistrati rilevano come “il piano economico finanziario ha la funzione di garantire l’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa (ossia la «contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria») attraverso la «corretta allocazione dei rischi» (art. 165, comma 2, cit.”. E’in questo punto che il Collegio individua il passaggio fondamentale: la predetta corretta allocazione dei rischi come può essere temperata? La pubblica amministrazione, davanti agli impegni presi, anche a livello europeo, dovrà ricorrere all’appalto o cedere parte delle proprie iniziative al privato, tramite l’utilizzo della concessione? 

Come sopra rilevato le opere pubbliche sono di tre tipi e non tutte, come rimarcato, redditizie (le cd. tiepide richiedono uno specifico contributo pubblico).  In caso di peggioramento economico la struttura amministrativa sarà in grado di intervenire contemporaneamente su più crisi che potrebbero investire le imprese coinvolte nella fase esecutiva?

 Proprio tale aspetto viene sottolineato dal Collegio; infatti, a detta dei giudici, la corretta allocazione dei rischi potrà “eventualmente essere temperata da un intervento finanziario posto a carico dell’amministrazione concedente, lungo tutto l’arco temporale della gestione…...”.

Arco temporale della gestione che tutti i soggetti coinvolti dovranno rispettare, in base a quanto stabilito dalle Istituzioni europee, pena la perdita degli incentivi, con l’inevitabile conseguenza di negative ricadute sull’economia nazionale.

 

 

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 04/02/2022

N. 00795/2022REG.PROV.COLL.

N. 00659/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 659 del 2021, proposto da
Autostrade Meridionali S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ernesto Stajano e Daniele Villa, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ernesto Stajano in Roma, via Sardegna n. 14;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Mit – Dipartimento Infrastrutture, Sistemi Informativi e Statistici – Direzione Generale Strade e Autostrade Vigilanza e Sicurezza, non costituito in giudizio;

nei confronti

Consorzio Stabile SIS s.c.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Cristina Lenoci e Giuseppe Rusconi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Cristina Lenoci in Roma, via E. Gianturco, n. 1;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione Prima, 21 ottobre 2020, n. 4669, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Consorzio Stabile SIS s.c.p.a., che ha spiegato appello incidentale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2021 il Cons. Giorgio Manca e preso atto delle richieste di passaggio in decisione depositate in atti dagli Avvocati Stajano, Villa, Lenoci e Rusconi;;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. – La società Autostrade Meridionali ha partecipato alla procedura competitiva con negoziazione, indetta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (di seguito MIT) ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e comma 2-bis, e dell’art. 62 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), per l’«Affidamento in concessione delle attività di gestione e manutenzione dell’Autostrada A3 Napoli-Pompei-Salerno». La predetta procedura faceva seguito a quella indetta con bando di gara pubblicato il 10 agosto 2012, all’esito della quale l’amministrazione concedente aveva ritenuto che tutte le offerte presentate fossero irregolari e inammissibili (decisioni che hanno trovato conferma nelle sentenze del Consiglio di Stato, V, 25 febbraio 2019, n. 1247 e n. 1248, con le quali sono stati definitivamente respinti i ricorsi contro le esclusioni proposti, rispettivamente, dal Consorzio Stabile SIS s.c.p.a. e da Autostrade Meridionali S.r.l.).

1.1. - La nuova procedura è stata avviata dal MIT con lettera di invito del 9 luglio 2019, n. 8200, con la quale entrambi i concorrenti, già esclusi dalla gara precedente, sono stati invitati a presentare una nuova offerta «nei termini e alle medesime condizioni contenute nella lettera di invito trasmessa con lettera prot. n. 313 del 23 gennaio 2015 che si richiama integralmente, salvo quanto di seguito precisato […]». All'esito della valutazione delle offerte con decreto n. 23 del 4 febbraio 2020 è stata disposta l'aggiudicazione in favore del Consorzio Stabile SIS.

1.2. - Autostrade Meridionali ha impugnato l'aggiudicazione con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, lamentando essenzialmente l'inattendibilità dell'offerta aggiudicataria per l'erroneità dei dati inseriti nel piano economico e finanziario (PEF) accluso all'offerta economica, con particolare riferimento ai costi operativi e al costo del personale (di cui si prevede l'assorbimento in caso di aggiudicazione).

Con la sentenza segnata in epigrafe il T.a.r. per la Campania ha respinto il ricorso, ritenendo infondate tutte le censure.

2. - La soccombente Autostrade Meridionali ha proposto appello, riproponendo i motivi del ricorso di primo grado in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.

3. - Resiste in giudizio il Consorzio Stabile SIS, chiedendo il rigetto dell’appello e riproponendo, con atto di appello incidentale, i motivi del ricorso incidentale di primo grado non esaminati dal giudice di prime cure.

4. - Si è costituito in giudizio anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, chiedendo che l’appello sia respinto.

5. - All’udienza pubblica del 28 ottobre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. - Con il primo motivo d’appello la società Autostrade Meridionali introduce la questione centrale della attendibilità del piano economico finanziario (PEF) presentato dal Consorzio SIS.

6.1. - Rilevato in premessa che il giudice territoriale, trattando atomisticamente le censure dedotte in primo grado, ne ha diminuito la rilevanza complessiva, mentre le stesse avrebbero dovuto essere lette complessivamente, quale indice sintomatico della inadeguatezza del PEF, l’appellante deduce l’ingiustizia della sentenza per aver risolto le questioni relative alle incongruenze e alla complessiva inaffidabilità dell’offerta economica del Consorzio SIS (della quale è parte integrante il PEF) sostenendo che dette valutazioni costituiscono espressione di discrezionalità tecnica, sindacabili solo in caso di macroscopica illogicità o di errori di fatto, che nel caso specifico non sarebbero ravvisabili. In senso contrario l’appellante ribadisce che la corretta assunzione dei presupposti del PEF non coinvolge profili di discrezionalità tecnica, risolvendosi in una doverosa valutazione della coerenza delle determinazioni economiche riferite al periodo concessorio, al fine di stabilire se le variazioni ipotizzate nel PEF del Consorzio SIS trovassero o meno giustificazione rispetto alle stime poste a base di gara. La differenza dei costi indicati dal Consorzio SIS rispetto allo scenario base, invece, non sarebbe stata valutata dall'Amministrazione concedente (a ciò tenuta, secondo l’appellante, dalla norma di gara che prevedeva un’apposita analisi di congruità di tutti i costi operativi direttamente o indirettamente imputabili alla gestione autostradale) e non troverebbe razionale giustificazione nemmeno nella relazione illustrativa, né nei chiarimenti resi dall'aggiudicatario in sede di verifica dell'anomalia. Il che renderebbe l’offerta inammissibile per la previsione di condizioni economiche disancorate dagli effettivi costi di gestione.

6.2. - In particolare Autostrade Meridionali contesta l’affidabilità economica del PEF del Consorzio nella parte in cui prevede una riduzione dei costi operativi (al netto dei canoni dì concessione) per € 268,8 ml nell'arco temporale della concessione (dal 2020 al 2044), abbattendo il totale dei costi operativi da € 1.499,1 milioni (importo posto a base di gara) a € 1.230,3 milioni (preventivati dal Consorzio SIS); riduzione rispetto alla quale non sarebbero adeguate le giustificazioni addotte dal Consorzio (anche in sede di giudizio di anomalia, come si esporrà più avanti). Nemmeno la stazione appaltante avrebbe fornito alcuna motivazione in ordine alle ragioni per le quali sono stati ritenuti condivisibili ì dati economici formulati dal Consorzio SIS con riferimento alla segnalata riduzione dei costi operativi.

6.3. - Sotto altro profilo l’appellante rileva che il Consorzio SIS avrebbe dovuto essere escluso anche per aver proposto «rendimenti piuttosto esigui […] tali da non lasciare margini in grado di assorbire gli effetti derivanti dalla considerevole sottostima dei costi operativi».

6.4. - Nel corpo del medesimo motivo la sentenza è criticata anche per aver respinto la censura in ordine all’erronea stima del personale da assorbire in caso di subentro. Rammenta l’appellante che il bando di gara (paragrafo VI.I, lettera k) prescriveva «di salvaguardare […] l’occupazione del personale impiegatizio, esattoriale e operaio dipendente della Società Autostradale Meridionali S.p.A. alla data di subentro e strettamente correlato con l’attività gestionale dell’autostrada allo scopo di garantire per almeno tre anni il mantenimento dei livelli occupazionali esistenti»; lo schema di convenzione allegato alla lettera di invito, all’art. 3.12, imponeva al concessionario di «mantenere il personale impiegatizio, esattoriale ed operaio dipendente della Società concessionaria uscente, allo scopo di garantire, per almeno 3 (tre) anni, il mantenimento dei livelli occupazionali come da ultimo bilancio approvato e, successivamente, secondo le effettive esigenze operative». Dall’ultimo bilancio approvato di Autostrade Meridionali risulterebbe un organico pari a 343 unità (escluso il personale dirigente); mentre il Consorzio SIS avrebbe ipotizzato il mantenimento dell’organico su un livello iniziale di 376 unità per tre anni, la successiva riduzione dello stesso dal 2023 al 2032 e, infine, la previsione di 244 unità fino al 2044. L’errore si rifletterebbe sul PEF per la minore entità della riduzione preventivata per le spese di personale dal 2023 al 2032 (anno a partire dal quale il personale si ridurrebbe non da 376 unità a 338, come assunto dal Consorzio SIS, ma da 343 a 338, con una corrispondente minore riduzione della spesa per il personale).

6.5. - In questa prospettiva l’appellante reitera anche la censura circa l’omessa verifica della congruità della spesa del personale rispetto all’impegno assunto dai concorrenti di assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali alle medesime condizioni contrattuali applicate dal concessionario uscente. Tale verifica, contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, non potrebbe ritenersi assorbita nel giudizio di anomalia proprio perché avrebbe per oggetto uno specifico obbligo posto dalle disposizioni di gara.

Si sottolinea, peraltro, come in sede di anomalia il controllo ha riguardato il rispetto del costo complessivo del personale fissato dal disciplinare; non, invece, la congruità tra l’importo stimato nel PEF, le unità di personale oggetto di subentro e il trattamento contrattuale da garantire.

6.6. - Nella predisposizione del PEF il Consorzio SIS avrebbe violato anche i principi contabili internazionali ITA GAAP, e segnatamente il principio contabile nazionale OIC 19, nonché le prescrizioni per la redazione dettate dalla lettera di invito del 23 gennaio 2015 (indicate all’Allegato 4) in specie per quanto concerne la data da prendere in considerazione quale momento di partenza dei finanziamenti quotati nel PEF; infine talune voci di cui all’allegato non risulterebbero prese in considerazione nel piano.

6.7. - Ulteriori profili di censura, riproposti dall’appellante, hanno per oggetto la inattendibilità della previsione del PEF circa la possibilità e i tempi necessari per il recupero del credito IVA originato dall’IVA versata all’atto della corresponsione al concessionario uscente dell’importo dovuto per il diritto di subentro. Nel PEF si ipotizza che il credito IVA sia rimborsato dall’amministrazione finanziaria entro un anno dall’operazione. Stima ritenuta irrealistica dall’appellante, considerato che l’importo del credito comporterebbe un’approfondita istruttoria dell’Agenzia delle Entrate, in considerazione dell’entità degli importi in discussione; e che non sarebbe utilizzabile la disciplina in tema di liquidazione dettata per il “Gruppo IVA” (art. 70-bis ss. del D.P.R. n. 633/1972), inapplicabile al caso in cui il Gruppo sia costituito da meno di un anno (si richiama sul punto l’art. 70-sexies del D.P.R. n. 633/1972, il quale esclude la liquidazione dell’eccedenza di imposta detraibile «risultante dalla dichiarazione annuale relativa all’anno precedente al primo anno di partecipazione al gruppo IVA»). L’appellante rileva inoltre come nella precedente gara lo stesso Consorzio avesse previsto tempi di rimborso molto più lunghi (pari a tre anni).

7. – Le censure fin qui esposte, per la stretta connessione e per il fatto che esse – come anticipato – sono tutte incentrate su aspetti della complessiva attendibilità del PEF presentato dal Consorzio SIS, possono essere esaminate congiuntamente.

7.1. – L’esame deve prendere le mosse dalla funzione che assume il piano economico finanziario nelle concessioni di lavori e di servizi. Secondo la definizione legale contenuta nell’art. 3, comma 1, lettere uu) [concessione di lavori] e vv) [concessione di servizi], del Codice dei contratti pubblici, formulata in piena coerenza con il diritto unionale, la concessione è un contratto a titolo oneroso che ha per oggetto l’affidamento, da parte della stazione appaltante, della esecuzione di lavori o della fornitura e gestione di servizi in cui il concessionario ricava il corrispettivo ad esso spettante per l’esecuzione del contratto esercitando il diritto a gestire le opere o i servizi e a trattenere i ricavi della gestione, assumendosi i rischi connessi a tale gestione (e principalmente, nella concessione di servizi o in cui la parte relativa ai servizi è prevalente rispetto ai lavori, il rischio derivante dalla domanda del servizio). La concession,e sia di lavori pubblici che di servizi, si caratterizza pertanto per un dato: la remunerazione degli investimenti compiuti dall’operatore economico privato e delle prestazioni rese nell’esecuzione della concessione è costituita dal diritto di gestire funzionalmente ed economicamente il servizio (o i servizi) erogati attraverso le opere pubbliche realizzate. Il che significa, come d’altronde emerge agevolmente dalla lettura sia delle definizioni di cui all’art. 3, comma 1, cit. (si vedano anche le lettere zz)aaa)bbb) e ccc), nelle quali è scolpita la definizione delle diverse tipologie di rischi trasferiti in capo al concessionario), che dell’art. 165 del Codice dei contratti pubblici, che i servizi in questione debbono avere una chiara natura imprenditoriale, nel senso che si rivolgono ad un mercato composto da una pluralità di utenti che ne domandano le prestazioni. Il rischio assunto dal concessionario si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile evidentemente condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa economica. Si tratta, come noto, di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi o forniture), proprio perché entra in giuoco un elemento imponderabile (cioè la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare.

7.2. - In questo quadro il piano economico finanziario ha la funzione di garantire l’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa (ossia la «contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria») attraverso la «corretta allocazione dei rischi» (art. 165, comma 2, cit.; corretta allocazione che può eventualmente essere temperata da un intervento finanziario posto a carico dell’amministrazione concedente), lungo tutto l’arco temporale della gestione (si osservi che nella procedura di gara in esame la lettera di invito consentiva ai concorrenti di proporre una durata massima pari a 30 anni). Se la concessione si qualifica per il trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario, il PEF è lo strumento mediante il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti del rapporto, la cui adeguatezza e sostenibilità deve essere valutata dall’amministrazione concedente alla luce delle discipline tecniche ed economiche applicabili e sulla base delle eventuali prescrizioni che la stessa amministrazione ha dettato con la lex specialis della procedura per la selezione del concessionario.

Controllo che non si svolge secondo gli schemi propri del giudizio di anomalia dell’offerta nelle procedure d’appalto, il cui oggetto è comunque circoscritto sia per la (di regola) limitata durata nel tempo dell’affidamento, sia per l’assenza di uno specifico rischio operativo e della domanda in capo all’appaltatore. L’assunzione del rischio imprenditoriale da parte del concessionario, i limiti entro i quali tale assunzione è ammissibile e non compromette il proficuo svolgimento dell’attività affidata al terzo [la convenienza economica e la sostenibilità finanziaria: art. 3, comma 1, lett. fff)], è l’oggetto delle valutazioni riservate all’amministrazione concedente.

7.3. - La ricostruzione sinteticamente delineata riprende gli orientamenti più recenti (cfr. Cons. Stato, V, 26 maggio 2020 n. 3348; V, 2 settembre 2019, n. 6015; V, 13 aprile 2018, n. 2214) che sottolineano come la funzione del PEF sia quella di dimostrare la concreta capacità dell’operatore economico di eseguire correttamente le prestazioni per l’intero arco temporale prescelto, attraverso la prospettazione di un equilibrio economico e finanziario di investimenti e connessa gestione che consenta all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione (v. anche Cons. Stato, V, 26 settembre 2013, n. 4760). In altri termini il PEF è un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta, quale dimostrazione che l’impresa è in condizione di trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2010, n. 653).

7.4. - Ciò premesso, deve convenirsi con il primo giudice nel senso che le valutazioni svolte dal seggio di gara sono espressione di un tipico potere di valutazione tecnica, riservato all’amministrazione concedente e tendenzialmente insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza, che nella fattispecie non ricorrono.

8. - La conclusione così anticipata non è messa in dubbio nemmeno dall’analisi più dettagliata dei diversi rilievi critici formulati dall’appellante (cfr. supra ai § 6 e ss.).

8.1. - Quanto ai costi operativi, le prescrizioni per la redazione del PEF allegate alla lettera di invito del 9 luglio 2019 prevedevano l’inserimento degli importi coincidenti con quelli del 2019 «modificabili al ribasso ed inflazionati dal 2020»; la riduzione dei costi operativi, al netto dei costi di manutenzione ordinaria (non modificabili al ribasso) e del canone di concessione, era quindi consentita dalla legge di gara ed è stata adeguatamente giustificata dal Consorzio (si veda la relazione giustificativa presentata dal Consorzio con nota del 9 gennaio 2020) e positivamente valutata dalla commissione di gara che, non irragionevolmente, ha rilevato che la previsione trova copertura nell’andamento dei ricavi previsti nell’intero periodo di concessione; e che una eventuale evoluzione negativa dell’andamento dei costi è una componente del rischio di impresa assunto dal concessionario, il quale (in caso di scostamenti rispetto alle previsioni attestate nel PEF) non potrebbe comunque compensare i maggiori costi attraverso l’adeguamento delle tariffe.

8.2. - Con riferimento ai costi del personale e alle unità di personale provenienti dal concessionario uscente, fermo restando che la lettera di invito del 2019 non ha introdotto modifiche rispetto a quanto previsto nella lettera di invito del 2015 e dal bando del 2012 (il quale si limitava a salvaguardare l’occupazione del personale dipendente della Società Autostradale Meridionali S.p.A. «strettamente correlato con l’attività gestionale dell’autostrada»), i dati utilizzati dal Consorzio (come dimostrato dalle tabelle prodotte in atti e dalla relazione sulla composizione e sul trattamento economico del personale allegata alla lettera di invito del 2015) risultano conformi alle indicazioni degli allegati alla legge di gara; dalla documentazione in atti emerge inoltre che l’importo previsto nel PEF del Consorzio SIS per i costi del personale (corrispondente a quello massimo stabilito dalla stazione appaltante) è idoneo a far fronte alle condizioni contrattuali riconosciute al personale di Autostrade Meridionali nel 2019.

8.3. - Quanto alla dedotta violazione dei principi contabili internazionali cui il Consorzio SIS si sarebbe dovuto attenere nella predisposizione del PEF, per un verso la censura non coglie nel segno perché, come esattamente replicato dall’amministrazione resistente, la legge di gara richiamava non gli OIC, ma i criteri di cui al decreto interministeriale n. 125 del 15 aprile 1997; per altro verso, è anche inammissibile per genericità in quanto non dimostra (come sottolineato correttamente anche dal primo giudice) in qual modo le asserite irregolarità abbiano inciso sui contenuti del piano e come le stesse finiscano col comprometterne l’equilibrio.

8.4. - Anche la doglianza volta a contestare la previsione dei tempi per ottenere il rimborso dell’IVA che il Consorzio SIS dovrebbe versare in coincidenza col pagamento del diritto di subentro non supera il vaglio di ammissibilità, per la incapacità di incidere sulla attendibilità del PEF (come emerge anche dalle simulazioni che l’amministrazione resistente ha allegato, depositando in giudizio una relazione della commissione di gara da cui si evince la modestia dell’impatto sia in termini di indici di sostenibilità finanziaria che di punteggi assegnati alle due offerte che rimarrebbero sostanzialmente invariati: cfr. relazione del MIT depositata il 22 febbraio 2021). Il che non consente di apprezzare favorevolmente nemmeno il rilievo diretto a mettere in luce la contraddittorietà della condotta del Consorzio il quale, nella precedente procedura di gara, avrebbe ipotizzato in tre anni il termine entro il quale ottenere il rimborso dell’imposta.

8.5. – Tutte le doglianze fin qui esaminate vanno pertanto rigettate.

Ne deriva come logica conseguenza che va respinta anche l’istanza dell’appellante diretta a disporre una verificazione per accertare l’erroneità delle assunzioni economico-finanziarie poste a base dell’offerta del Consorzio SIS.

9. - Con riferimento alla valutazione dell’anomalia dell’offerta aggiudicataria, l’appellante deduce l’erroneità della sentenza per essersi limitata ad affermare principi di carattere generale che nel caso di specie non sarebbero applicabili, date le lacune istruttorie e motivazionali e gli errori sui presupposti di fatto cha hanno caratterizzato le valutazioni rese dalla stazione appaltante. In particolare l’appellante insiste sulla mancata giustificazione della stima dei costi operativi effettuata dal Consorzio SIS che, pur contemplando un andamento dei ricavi operativi in linea con lo scenario posto a base di gara, ha invece ipotizzato minori costi per complessivi € 268,8 dal 2020 al 2044. Il divario avrebbe dovuto indurre la commissione di gara a chiedere spiegazioni approfondite, mentre dagli atti di gara non emergerebbe una motivata disamina circa l’anzidetta circostanza, né risulterebbero le ragioni che hanno indotto la commissione a ritenere condivisibili le sintetiche giustificazioni del 23 gennaio 2020 presentate dal Consorzio Stabile SIS.

La carenza di motivazione inficerebbe anche ulteriori aspetti dell’offerta economica aggiudicataria: la divaricazione tra costi per lavori e servizi in conto terzi (sostanzialmente azzerati) e ricavi da lavori in conto terzi (voce invariata); la stima dei costi per prestazioni di servizi riguardanti il 2019 (il Consorzio la indica pari a € 4,20 milioni in luogo di € 12,86 milioni contemplati nello scenario base); la discontinuità tra i costi previsti per il biennio 2025-2026 e il successivo riallineamento alle stime di costo contenute nello scenario base.

9.1. – Il motivo è infondato.

9.2. – Di alcuni aspetti si è già trattato (la riduzione dei costi operativi, la mancata giustificazione da parte del Consorzio e le pretese carenze di istruttoria e di motivazione su diverse voci del PEF) e non si può che rinviare alle considerazioni già svolte, che possono essere estese anche all’ambito del giudizio di anomalia.

9.3. - È infondato anche l’assunto che la commissione di gara avrebbe preso in considerazione un importo complessivo (per i 25 anni della concessione) relativo ai costi operativi, escluso il canone di concessione, di € 1.016,4 milioni, mentre risulterebbe per tabulas che questa voce ammonta a € 1.230,3 milioni.

Il dato è inserito in una tabella allegata al verbale n. 15 del 20 gennaio 2020; tuttavia la tabella è meramente riassuntiva delle voci del PEF e del PFR presentato dal Consorzio (che correttamente indicano l’importo di € 1.230,3 milioni, quale somma delle voci che compongono i costi operativi) e non risulta (né dal verbale, né dalla tabella allegata) che le positive valutazioni espresse dalla commissione di gara sull’offerta aggiudicataria si siano basate sul dato erroneamente rappresentato.

10. - Con un secondo gruppo di censure, l’appellante lamenta l’ingiustizia della sentenza nella parte in cui ha respinto la dedotta violazione dell’art. 80, comma 5, lettere a) e c), e 6, del Codice dei contratti pubblici, in quanto il Consorzio SIS non avrebbe dichiarato l’esistenza di un procedimento penale per omicidio colposo, a carico di alcuni soggetti facenti parte dell’amministrazione societaria del Consorzio SIS e della consorziata INC; eventi idonei a incidere sulla propria affidabilità e integrità professionale. Né varrebbe rilevare, come sostenuto dal primo giudice, che l’avviso di conclusione delle indagini preliminari per i fatti in questione sia stato notificato successivamente alla data di presentazione dell’offerta, posto che – per il principio di continuità del possesso dei requisiti – il Consorzio avrebbe dovuto comunicare alla stazione appaltante tutti i fatti che avrebbero potuto incidere sulla perdita dei requisiti ex art. 80.

10.1. - Il motivo va disatteso, in quanto in parte inammissibile e nel resto infondato.

10.2. - In via preliminare va precisato l’ambito del motivo del ricorso di primo grado devoluto al giudizio d’appello. Dall’esame del ricorso introduttivo (cfr. p. 33-37) si desume, infatti, che la violazione dell’art. 80, comma 5, lettere a) e c), è limitata alla omessa dichiarazione in sede di gara del fatto astrattamente idoneo a integrare la grave infrazione alle norme in materia di sicurezza sul lavoro ovvero il grave illecito professionale. Il vizio dedotto in primo grado si basa quindi sull’assunto che la mera omissione della dichiarazione integrerebbe un’autonoma causa di esclusione, non rilevando - per l’effetto espulsivo – l’ulteriore elemento della valutazione in concreto della stazione appaltante circa la gravità delle infrazioni o la incidenza dell’illecito professionale sull’affidabilità dell’operatore economico.

10.3. - Così delimitata (non potendo trovare ingresso in appello, per il divieto posto dall’art. 104, comma 1, cod. proc. amm., la più estesa prospettazione dell’appellante che deduce anche l’illegittima omissione delle valutazioni spettanti alla stazione appaltante), la censura è infondata.

10.4. - E’ pur vero che secondo un determinato indirizzo della giurisprudenza (su cui si veda la sintesi effettuata nell’ordinanza di questa Sezione Quinta, 9 aprile 2020, n. 2332) la norma in questione, quanto agli obblighi dichiarativi posti a carico del partecipante alla procedura di gara, ha un carattere aperto, in grado di comprendere tutti quei fatti riguardanti l’operatore economico, di cui sia accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, qualificabili come gravi illeciti professionali e quindi possibili oggetti della valutazione di incidenza sulla affidabilità professionale.

Tuttavia, il carattere aperto del catalogo di obblighi dichiarativi trova un bilanciamento nell’esigenza di uno specifico apprezzamento della stazione appaltante circa il valore dei fatti dichiarati, che deve investire, in prima battuta la qualifica di gravità dell’illecito professionale [ovvero dell’infrazione, nell’ipotesi normativa di cui all’art. 80, comma 5, lett. a)] e successivamente la sua incidenza sull’affidabilità professionale dell’operatore economico. Sviluppando quanto affermato dalla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 28 agosto 2020, n. 16 [cfr. §§ 12 e 18 del diritto], deve ritenersi che la valutazione riservata alla stazione appaltante sui due profili richiamati rappresenti l’elemento specializzante della causa di esclusione in esame, rispetto alla causa di esclusione descritta nella lett. f-bis) (introdotta dall’art. 49 del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, che impone l’automatica esclusione dell’operatore economico il quale abbia presentato in gara «documentazione o dichiarazioni non veritiere»).

I rapporti tra le due norme configurano, in effetti, un caso di specialità reciproca. La fattispecie di cui alla lett. c) è speciale, per aggiunta, rispetto alla fattispecie di cui alla lett. f-bis), perché oltre agli elementi di quest’ultima contempla l’elemento ulteriore della valutazione riservata alla stazione appaltante della gravità e della incidenza sulla affidabilità dell’operatore economico. La fattispecie di cui alla lett. f-bis) è a sua volta speciale, per specificazione, perché in essa non rientrano tutti i gravi illeciti professionali dell’operatore economico, ma solo quelli costituiti dall’aver presentato in gara documentazione o dichiarazioni non veritiere.

10.5. - Ne consegue che l’omessa dichiarazione di fatti che potrebbero assurgere a gravi illeciti professionali (o la dichiarazione reticente su tali fatti) non è mai autonoma causa di esclusione. Né lo è ai sensi della lett. f-bis), della medesima disposizione, la quale condiziona l’esclusione alla dichiarazione non veritiera (ossia alla dichiarazione di fatti che non trovano corrispondenza nella realtà), non alla dichiarazione reticente o alla omissione della dichiarazione; e quindi si applica alle sole ipotesi in cui (come affermato dall’Adunanza Plenaria n. 16/2020, al § 18 del diritto) «le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità […]».

10.6. - Applicando gli enunciati principi al caso di specie, si deve quindi concludere che la mera omissione della dichiarazione non integra la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 5 [ferma restando la possibilità della stazione appaltante di dimostrare con qualsiasi altro mezzo adeguato che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti che inficiano la sua affidabilità e integrità professionale].

11. - Con l’ultimo motivo di appello, la società Autostrade Meridionali contesta il capo di sentenza che ha rigettato la censura di violazione della lettera di invito, con la quale era stato dedotto che nella documentazione contenuta nelle buste dell’offerta tecnica, dell’analisi trasportistica e dell’offerta economica mancavano le dichiarazioni sostitutive rese dal legale rappresentante del Consorzio ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000, con riguardo alla attestazione della propria «qualità di legale rappresentante», come richiesto, a pena di esclusione, dal paragrafo B, ultimo capoverso, della lettera di invito del 23 febbraio 2015.

La documentazione amministrativa prodotta in gara dal Consorzio sarebbe carente, inoltre, anche per l’assenza, nella dichiarazione del procuratore speciale della sede secondaria in Italia della consorziata SACYR CONSTRUCCION S.A.U., di qualsivoglia riferimento al D.P.R. n. 445/2000 (che ad avviso dell’appellante sarebbe previsto dal punto III.2.1, lett. h) del bando di gara).

11.1. - Il motivo, nei due profili dedotti, è infondato.

11.2. - Come esattamente ritenuto dal primo giudice, la lettera di invito del 23 gennaio 2015 non richiedeva una autonoma dichiarazione sostitutiva della certificazione, limitandosi a prescrivere, a pena di esclusione, la sottoscrizione della documentazione di gara in conformità al D.P.R. n. 445/2000, da parte del legale rappresentante il quale era tenuto unicamente ad allegare la fotocopia del documento di identità e la «idonea documentazione atta a provare carica e poteri di firma dello stesso» (cfr. pag. 6-7 della lettera di invito).

11.3. - Per quanto concerne il secondo rilievo, l’omesso riferimento al D.P.R. n. 445/2000 può costituire, al più, una mera irregolarità, mai potendo integrare un vizio invalidante la dichiarazione.

12. - L’appello, in conclusione, va respinto.

13. – L’appello incidentale del Consorzio SIS è improcedibile per il sopravvenuto difetto di interesse alla decisione.

14. - La complessità delle questioni dedotte in giudizio giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del grado di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Dichiara improcedibile l’appello incidentale del Consorzio Stabile SIS S.c.p.a.

Compensa tra le parti le spese giudiziali del presente grado di giudizio

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere

Giorgio Manca, Consigliere, Estensore