Cons. Stato, Ad. Plen., 18 marzo 2021, n. 5

La consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione.

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1 di A.P. del 2021, proposto da Consorzio Stabile Sinergica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Prof. Francesco Paolo Tronca, Giovanni Vittorio Nardelli e Prof. Alfonso Celotto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro

Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa S.p.A. - Invitalia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Nunzio Pinelli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Crescenzio 25; Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, Commissario Straordinario Unico Depurazione Dpcm 26/4/2017, in persona 

commissario in carica, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

nei confronti 

Eurovega Costruzioni (Mandataria) – Celi Energia S.r.l. (Mandante) - Cedit S.r.l. (Mandante), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimiliano Mangano, Francesco Stallone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

per la riforma 

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 640/2020, resa tra le parti. 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa S.p.A. – Invitalia, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Commissario Straordinario Unico Depurazione, di Eurovega Costruzioni (Mandataria) – Celi Energia S.r.l. (Mandante) - Cedit S.r.l. (Mandante). 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 marzo 2021 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Nardelli, Tronca, Librizzi in dichiarata delega di Pinelli, gli avvocati dello Stato Adamo, Mangano e Stallone, tutti in collegamento da remoto attraverso la piattaforma “Microsoft Teams”; 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 

FATTO e DIRITTO 

1. Con ordinanza n. 1211/2020, Il C.G.A.R.S. ha chiesto all’Adunanza Plenaria di pronunciarsi sulla seguente questione: 

1. se, nell’ipotesi di partecipazione ad una gara d’appalto di un consorzio stabile, che ripeta la propria qualificazione, necessaria ai sensi del bando, da una consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, quest’ultima vada considerata come soggetto terzo rispetto al consorzio, equiparabile all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito durante la gara imponga alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione, in applicazione dell’art. 89 co. 3, d.lgs. n. 50/2016 e/o dell’art. 63, direttiva 24/2014/UE, derogandosi, pertanto, al principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti nel corso della gara e fino all’affidamento dei lavori”. 

2. I fatti processuali, sui quali il dubbio esegetico si innesta, concernono la gara per l’affidamento dei “lavori di realizzazione del collettamento del sistema fognario delle acque nere al servizio della zona Tonnarella, Trasmazzaro e collegamento alla rete esistente di Lungomare Mazzini – Comune di Mazara Del Vallo (TP)”, per un importo complessivo € 16.845.000,00. 

2.1. Dopo avere pronunciato aggiudicazione in favore del Consorzio Stabile Sinergica, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa - Invitalia s.p.a. (quale Centrale di committenza per il Commissario straordinario unico acque reflue ex d.P.C.M. 26 aprile 2017) ne ha disposto l’annullamento in autotutela in quanto dagli accertamenti finalizzati alla verifica dei requisiti è risultato che v’è stata una parentesi temporale in cui il Consorzio ha perso l’attestazione di qualificazione SOA, relativamente alla categoria OS35, per effetto del venir meno della partecipazione al consorzio della Tiemme Energia s.r.l. 

2.2. Più precisamente, emerge dagli atti che il Consorzio al momento della presentazione dell’istanza di partecipazione possedeva la qualificazione nella categoria OS35, classifica III, in base al principio del cd “cumulo alla rinfusa”, tramite la propria consorziata Tiemme energia s.r.l. (non designata per l’esecuzione dei lavori), la quale, a sua volta, la derivava da un rapporto di avvalimento con la Cargo s.r.l. 

2.3. Accadeva però che il rapporto tra la Tiemme e la Cargo veniva meno (per scelta di quest’ultima), cosicché, con provvedimento del 14 settembre 2018, l’organismo di attestazione CQOP SOA dichiarava decaduta la prima (e quindi il Consorzio) dall’attestazione di qualificazione relativa alla categoria OS35. 

2.4. Frattanto, l’assemblea dei soci del Consorzio dichiarava la Tiemme decaduta per perdita dei requisiti e contestualmente ammetteva “provvisoriamente” la Cargo, che veniva inserita in via definitiva nella compagine consortile il 18 gennaio 2019. Solo in seguito ad espressa richiesta, successivamente (il 6 febbraio 2019) inoltrata alla CQOP SOA, quest’ultima aggiornava le attestazioni di qualificazioni del Consorzio con l’aggiunta della categoria in questione. 

3. Sin qui i fatti. L’evoluzione processuale ha poi visto il consorzio soccombere in primo grado dinanzi al TAR Sicilia. 

3.1. Con sentenza n. 640/2020 del 17.3.2020, il primo giudice, per quanto qui specificatamente interessa, ha respinto il ricorso del Consorzio, richiamando, per un verso, il principio di continuità nel possesso dei requisiti di ammissione sancito dall’Adunanza plenaria nella decisione n. 8 del 2015, e ritenendo, per altro verso, inapplicabile l’art. 89, co. 3, d.lgs. n. 50/2016, asseritamente concepito dal legislatore per il diverso caso dell’avvalimento. 

4. A seguito dell’appello - essenzialmente incentrato sul ritenuto superamento, nell’attuale assetto ordinamentale, del principio di continuità predetto, nonché sull’asserita sostanziale equiparazione della consorziata (non esecutrice) ad una impresa avvalsa per la quale, l’art. 63, direttiva 2014/24/UE e l’art. 89, d.lgs. n. 50/2016 consentirebbero pacificamente la sostituzione – il C.G.A.R.S. ha sottoposto la questione di cui in premessa si è fatto cenno. 

5. Si chiede, in estrema sintesi, di accertare se, nel caso di consorzio stabile, la consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, da cui il Consorzio ritrae la propria qualificazione in applicazione del meccanismo del “cumulo alla 

rinfusa”, ex art. 47, co. 2, d.lgs. n. 50/2016 (ratione temporis vigente), debba essere considerata soggetto terzo rispetto all’organismo consortile. Se così fosse, infatti, data l’equiparazione che verrebbe a determinarsi con l’impresa ausiliaria nell’avvalimento, ne deriverebbe che anche al caso in cui la consorziata perda il requisito di qualificazione in corso di gara, potrebbe e dovrebbe applicarsi l’art. 89, co. 3, d.lgs. n. 50/2016, con conseguente possibilità per il consorzio stabile di procedere alla sostituzione della stessa, in deroga al principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti nel corso della gara e fino all’affidamento dei lavori. 

6. Ritiene l’Adunanza Plenaria che al quesito debba darsi risposta affermativa, in forza di una interpretazione dell’art. 89 comma 3 del codice dei contratti pubblici, orientata alla corretta applicazione dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE. 

7. Occorre partire dalla peculiare configurazione del consorzio stabile, prevista dall’ art. 45, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, rispetto al consorzio ordinario di cui agli artt. 2602 e ss. del codice civile. 

7.1. Quest’ultimo, pur essendo un autonomo centro di rapporti giuridici, non comporta l’assorbimento delle aziende consorziate in un organismo unitario costituente un’impresa collettiva, né esercita autonomamente e direttamente attività imprenditoriale, ma si limita a disciplinare e coordinare, attraverso un’organizzazione comune, le azioni degli imprenditori riuniti (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. trib., 9 marzo 2020, n. 6569; Cass. civ., sez. I, 27 gennaio 2014, n. 1636). Nel consorzio con attività esterna la struttura organizzativa provvede all’espletamento in comune di una o alcune funzioni (ad esempio, l’acquisto di beni strumentali o di materie prime, la distribuzione, la pubblicità, etc.), ma nemmeno in tale ipotesi il consorzio, nella sua disciplina civilistica, è dotato di una propria realtà aziendale. Ne discende che, ai fini della disciplina in materia di contratti pubblici, il consorzio ordinario è considerato un soggetto con identità plurisoggettiva, che 

opera in qualità di mandatario delle imprese della compagine. Esso prende necessariamente parte alla gara per tutte le consorziate e si qualifica attraverso di esse, in quanto le stesse, nell’ipotesi di aggiudicazione, eseguiranno il servizio, rimanendo esclusa la possibilità di partecipare solo per conto di alcune associate (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 6 ottobre 2015, n. 4652, il quale ha statuito l’illegittimità della partecipazione di un consorzio ordinario che, pur riunendo due società, aveva dichiarato di gareggiare per conto di una sola di esse). 

7.2. Non è così per i consorzi stabili. Questi, a mente dell’art. 45, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, sono costituiti “tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro” che “abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”. 

E’ in particolare il riferimento aggiuntivo e qualificante alla “comune struttura di impresa” che induce ad approdare verso lidi ermeneutici diversi ed opposti rispetto a quanto visto per i consorzi ordinari. I partecipanti in questo caso danno infatti vita ad una stabile struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto (da ultimo, Cons. St., sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165). 

7.3. Proprio sulla base di questa impostazione, la Corte di Giustizia UE (C-376/08, 23 dicembre 2009) è giunta ad ammettere la contemporanea partecipazione alla medesima gara del consorzio stabile e della consorziata, ove quest’ultima non sia stata designata per l’esecuzione del contratto e non abbia pertanto concordato la presentazione dell’offerta (ex multis, Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2019, n. 865). 

8. Tanto chiarito sul versante della natura giuridica del consorzio stabile, giova fare un ulteriore cenno esplicativo al cd. meccanismo di qualificazione alla “rinfusa” che ha segnatamente caratterizzato la vicenda in causa. 

8.1. Trattasi del portato dell’art. 31 comma 1 del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56, vigente all’epoca dei fatti di causa, per il quale: “I consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c) e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’ANAC di cui all’articolo 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni”.

8.2. La disposizione ha avuto vigore sino al 2019. L'art. 1, comma 20, lett. l), n. 1), del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, ha eliminato tale regola, ripristinando l’originaria e limitata perimetrazione del cd. cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla “disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera, nonché all'organico medio annuo”, i quali sono “computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”. 

8.3. Siffatto peculiare meccanismo (si ribadisce, esteso all’epoca dei fatti di causa anche ai requisiti di qualificazione, ma oggi limitato ad attrezzature, mezzi d'opera e organico medio annuo) ha radici nella natura del consorzio stabile e si giustifica in ragione: a) del patto consortile, comunque caratterizzato dalla causa mutualistica; b) del rapporto duraturo ed improntato a stretta collaborazione tra le consorziate avente come fine “una comune struttura di impresa”. 

9. Quanto sopra, se è vero in via generale in relazione al cumulo di alcuni requisiti necessari alla partecipazione, necessita invece di un distinguo, ai diversi fini dei legami che si instaurano nell’ambito della gara, tra consorzio stabile e consorziate, a seconda se queste ultime siano o meno designate per l’esecuzione dei lavori. 

9.1. Solo le consorziate designate per l’esecuzione dei lavori partecipano alla gara e concordano l’offerta, assumendo una responsabilità in solido con il consorzio stabile nei confronti della stazione appaltante (art. 47 comma 2 del codice dei contratti). Per le altre il consorzio si limita a mutuare, ex lege, i requisiti oggettivi, senza che da ciò discenda alcuna vincolo di responsabilità solidale per l’eventuale mancata o erronea esecuzione dell’appalto. 

9.2. Si è dinanzi, in quest’ultimo caso, ad un rapporto molto simile a quello dell’avvalimento (non a caso espressamente denominato tale dalla vecchia versione dell’art. 47 comma 2, ratione temporis applicabile), anche se, per certi versi, meno intenso: da una parte, infatti, il consorziato presta i requisiti senza partecipare all’offerta, similmente all’impresa avvalsa (senza bisogno di dichiarazioni, soccorrendo la “comune struttura di impresa” e il disposto di legge), dall’altra, pur facendo ciò, rimane esente da responsabilità (diversamente dall’impresa avvalsa). 

10. Una forma di avvalimento attenuata dall’assenza di responsabilità dunque. 

10.1. Questa constatazione, se intermediata attraverso l’elaborazione logica, è di per sé sufficiente a giustificare l’applicazione alla fattispecie in esame dell’art. 89 comma 3 del codice dei contratti. 

A mente della disposizione citata, infatti la stazione appaltante (in luogo di disporre l’esclusione in cui inesorabilmente incorrerebbe un concorrente nell’ambito di un raggruppamento o di un consorzio ordinario o stabile) impone all'operatore economico di “sostituire” i soggetti di cui si avvale “che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione”. Ergo, se è possibile, in via eccezionale, sostituire il soggetto legato da un rapporto di avvalimento, a fortiori dev’essere possibile sostituire il consorziato nei confronti del quale sussiste un vincolo che rispetto all’avvalimento è meno intenso. 

10.2. Del resto, che questa sia la soluzione per colmare la lacuna normativa esistente, ed evidenziata dall’ordinanza di rimessione, per il caso del consorziato non designato 

per l’esecuzione, trova piena conferma nell’ampia formulazione dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, il quale, nel disciplinare l’avvalimento, vi ricomprende tutti i casi in cui un operatore economico, per un determinato appalto, fa “affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi”, senza dare rilevanza qualificante alla responsabilità solidale dei soggetti avvalsi. Circostanza, quest’ultima, rimessa piuttosto dalla direttiva all’eventuale decisione discrezionale dell’amministrazione aggiudicatrice (l’amministrazione aggiudicatrice “può esigere” che l’operatore economico e i soggetti di cui sopra siano solidalmente responsabili dell’esecuzione del contratto, recita l’art. 63 cit.), anche se poi tradottasi in un precetto di legge in sede di recepimento nell’ordinamento italiano (89, comma 5 codice dei contratti). 

10.3. Non v’è ragione, dunque, per riservare al consorzio che si avvale dei requisiti di un consorziato “non designato”, un trattamento diverso da quello riservato ad un qualunque partecipante, singolo o associato, che ricorre all’avvalimento. Nell’uno, come nell’altro caso, in virtù dell’art. 89 comma 3 del codice dei contratti, ove il requisito “prestato” venga meno, l’impresa avvalsa potrà, rectius, dovrà essere sostituita. 

11. In risposta alle preoccupazioni manifestate dal Collegio rimettente, e al fine di garantire chiarezza e certezza al quadro esegetico complessivo, può aggiungersi che la chiave interpretativa innanzi delineata non tocca la perdurante validità del principio di necessaria continuità nel possesso dei requisiti, affermato dall’Adunanza Plenaria con sentenza 8/2015, né il più generale principio di immodificabilità soggettiva del concorrente (salvi i casi previsti della legge nel caso di raggruppamento temporaneo di imprese). 

11.1. Con tale decisione l’Adunanza, ribadendo il portato della costante giurisprudenza antecedente, ha affermato il principio generale, secondo cui “il possesso dei requisiti di ammissione si impone a partire dall'atto di presentazione 

della domanda di partecipazione e per tutta la durata della procedura di evidenza pubblica”; chiarendo che “per esigenze di trasparenza e di certezza del diritto, che non collidono col pur rilevante principio del favor partecipationis, la verifica del possesso, da parte del soggetto concorrente (ancor prima che aggiudicatario), dei requisiti di partecipazione alla gara deve ritenersi immanente all’intero procedimento di evidenza pubblica, a prescindere dalla indicazione, da parte del legislatore, di specifiche fasi espressamente dedicate alla verifica stessa, quali quelle di cui all’art. 11, comma 8 ed all’art. 48 del D. Lgs. n. 163/2006”. 

11.2. Trattasi di un principio del quale, a valle dell’Adunanza Plenaria citata, nessuno più dubita, e che merita piena adesione anche oggi, in questa sede. 

11.3. E’ pur vero che, nel caso allora deciso, l’Adunanza si spinse a precisare che sussiste “sul piano dell’accertamento dei requisiti di ordine generale e tecnico-professionali ed economici, una totale equiparazione tra gli operatori economici offerenti in via diretta e gli operatori economici in rapporto di avvalimento e dunque, in definitiva, fra i primi e l’imprenditore, che preferisca seguire la via del possesso mediato ed indiretto dei requisiti di partecipazione ad una gara”, con ciò lasciando chiaramente intendere che l’affermato principio di continuità dovesse valere anche per l’impresa avvalsa.

Tuttavia detta ultima affermazione dev’essere letta nel quadro normativo, ratione temporis vigente, anche comunitario, che pacificamente escludeva la possibilità di una sostituzione dell’impresa rimasta priva di requisiti, a prescindere se essa fosse legata da un vincolo di associazione temporanea con l’aggiudicatario o da un più tenue rapporto di avvalimento (art. 44 della Dir. 31/03/2004, n. 2004/18/CE). 

11.4. Quel quadro normativo è mutato, e per il tramite del più volte citato art. 63 della direttiva 2014/24/UE, esso oggi pacificamente impone che il soggetto avvalso che nelle more del procedimento di gara o durante l’esecuzione del contratto perda i requisiti, venga sostituito. 

Dunque non v’è più motivo per discorrere, in relazione a tale peculiare fattispecie, di necessaria “continuità” nel possesso dei requisiti del concorrente che si avvale dell’apporto claudicante di terzi, a pena di esclusione. 

11.5. La sostituzione è appunto lo strumento nuovo e alternativo che, alla luce del principio di proporzionalità, consente quella continuità predicata dall’Adunanza Plenaria nel 2015, in tutti i casi in cui il concorrente si avvalga dell’ausilio di operatore terzi. Trattasi di un "istituto del tutto innovativo", secondo la definizione datane dal Consiglio Stato (sez. III, n. 5359/2015) e dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea (C-223/16 del 14 settembre 2017, Casertana costruzioni s.r.l.). 

Esso restituisce al soggetto avvalso la sua vera natura di soggetto che presta i requisiti al concorrente, senza partecipare alla compagine e all’offerta da questa formulata e risponde all'esigenza, stimata superiore, di evitare l'esclusione del concorrente, singolo o associato, per ragioni a lui non direttamente riconducibili o imputabili. Esigenza quest’ultima evidentemente strumentale a stimolare il ricorso all'avvalimento: il concorrente, infatti, può contare sul fatto che, nel caso in cui l'ausiliaria non presenti o perda i requisiti prescritti, potrà procedere alla sua sostituzione senza il rischio di essere, solo per questa circostanza, estromesso automaticamente dalla procedura selettiva (Cons. Stato, sez. V, nn. 69/2019; 2527/2018; 1101/2018). 

11.6. Di tale mutato quadro ha dato di recente atto l’ordinanza 20 marzo 2020, n. 2005, con la quale la terza sezione del Consiglio di Stato ha adito in via pregiudiziale la Corte di Giustizia dell’Unione europea proprio in relazione al meccanismo sostitutivo contemplato dall’art. 89, co. 3, del d.lgs. n. 50/2016, sostenendone la necessaria estensione, a termini del diritto dell’unione, a tutte le fattispecie di esclusione, a prescindere dai motivi (attualmente l’art. 89 comma 3 e la giurisprudenza escludono pacificamente che la sostituzione possa avvenire nel caso di dichiarazioni mendaci dell’ausiliario).

12. Tirando le fila di quanto sopra argomentato, può in conclusione affermarsi, in risposta al quesito posto a mezzo dell’ordinanza di rimessione, il seguente principio: “La consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione”. 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, in sede di Adunanza Plenaria, pronuncia il principio di diritto di cui in motivazione. 

Rimette gli atti al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia, per l’ulteriore corso della causa. 

 

Guida alla lettura

Con pronuncia del 18 marzo 2021, n. 5, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato il seguente principio: La consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione”.

La questione, in particolare, prende le mosse dal ricorso proposto dal Consorzio stabile aggiudicatario avverso il provvedimento di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione adottato dalla stazione appaltante a seguito della perdita dell’attestazione di qualificazione SOA, per effetto del venir meno della partecipazione di una delle consorziate.

A seguito del rigetto in primo grado del ricorso, in ragione della doverosa attuazione, secondo il Tar competente, del principio di continuità nel possesso dei requisiti di ammissione, sancito dalla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 8 del 2015, il Consorzio stabile presenta appello. Motivo principale di impugnazione si individua nel ritenuto superamento del predetto principio di continuità e nell’estensione, anche alle consorziate non designate per l’esecuzione, del meccanismo di sostituzione previsto dal comma terzo dell’art. 89 d.lgs. n. 50 del 2016 in materia di avvalimento.

I Giudici di secondo grado, a seguito delle questioni sollevate con il ricorso in appello, richiedono l’intervento dell’Adunanza Plenaria al fine di stabilire «se, nell’ipotesi di partecipazione ad una gara d’appalto di un consorzio stabile, che ripeta la propria qualificazione, necessaria ai sensi del bando, da una consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, quest’ultima vada considerata come soggetto terzo rispetto al consorzio, equiparabile all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito durante la gara imponga alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione, in applicazione dell’art. 89 co. 3, d.lgs. n. 50/2016 e/o dell’art. 63, direttiva 24/2014/UE, derogandosi, pertanto, al principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti nel corso della gara e fino all’affidamento dei lavori».

Il massimo Consesso, preliminarmente, chiarisce i confini tra consorzio ordinario, la cui disciplina risiede nelle disposizioni del codice civile (artt. 2602 e ss) e consorzio stabile, regolato viceversa dal codice dei contratti pubblici (art. 45, comma secondo, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016).

 

Orbene, il primo, di cui agli artt. 2602 e ss. c.c., pur essendo un autonomo centro di rapporti giuridici, non comporta l’assorbimento delle aziende consorziate in un organismo unitario costituente un’impresa collettiva, né esercita autonomamente e direttamente attività imprenditoriale, ma si limita a disciplinare e coordinare, attraverso un’organizzazione comune, le azioni degli imprenditori riuniti (in termini Cass. civ., sez. trib., 9 marzo 2020, n. 6569; Cass. civ., sez. I, 27 gennaio 2014, n. 1636). Sebbene nel consorzio con attività esterna la struttura organizzativa provvede all’espletamento in comune di una o alcune funzioni (ad esempio, l’acquisto di beni strumentali o di materie prime, la distribuzione, la pubblicità, etc.), nemmeno in tale ipotesi il consorzio, nella sua disciplina civilistica, è dotato di una propria realtà aziendale.  Ne discende che, ai fini della disciplina in materia di contratti pubblici, il consorzio ordinario è considerato un soggetto con identità plurisoggettiva, che opera in qualità di mandatario delle imprese della compagine. Esso prende necessariamente parte alla gara per tutte le consorziate e si qualifica attraverso di esse, in quanto le stesse, nell’ipotesi di aggiudicazione, eseguiranno il servizio, rimanendo esclusa la possibilità di partecipare solo per conto di alcune associate (così Cons. Stato, sez. V, 6 ottobre 2015, n. 4652, il quale ha statuito l’illegittimità della partecipazione di un consorzio ordinario che, pur riunendo due società, aveva dichiarato di gareggiare per conto di una sola di esse). 

I consorzi stabili, al contrario, anche sulla scorta dell’art. 45, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016sono costituiti “tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro” che “abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa.

I partecipanti, in questo caso, danno vita a una struttura stabile di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165). 

Già la Corte di Giustizia UE (in causa C-376/08, 23 dicembre 2009), condividendo tale impostazione, è giunta ad ammettere la contemporanea partecipazione alla medesima gara del consorzio stabile e della consorziata, ove quest’ultima non sia stata designata per l’esecuzione del contratto e non abbia pertanto concordato la presentazione dell’offerta (si v. Cons. Stato, sez. III, 4 febbraio 2019, n. 865). 

Tanto chiarito sul versante della natura giuridica del consorzio stabile, i Giudici declinano un ulteriore elemento caratterizzante i consorzi stabili, quale è il cd. meccanismo di qualificazione alla “rinfusa”, che ha segnatamente caratterizzato la vicenda posta all’attenzione della Plenaria. 

Tale modalità di partecipazione derivante dal c.d. cumulo alla rinfusa era prevista dall’art. 31, comma 1, d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, vigente all’epoca dei fatti di causa, a norma del quale: “I consorzi di cui agli artt. 45, comma 2, lettera c) e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’Anac di cui all’art. 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni”.

La disposizione è stata abrogata nel 2019, quando il legislatore, con l’emanazione del d.l. Sblocca Cantieri (in particolare l'art. 1, comma 20, lett. l), n. 1), d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55), ha eliminato tale regola, ripristinando l’originaria e limitata perimetrazione del cd. cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla “disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo”, i quali sono “computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”. 

Tale peculiare meccanismo (si ribadisce, esteso all’epoca dei fatti di causa anche ai requisiti di qualificazione, ma oggi limitato ad attrezzature, mezzi d'opera e organico medio annuo) ha radici nella natura del consorzio stabile e si giustifica in ragione: a) del patto consortile, comunque caratterizzato dalla causa mutualistica; b) del rapporto duraturo e improntato a stretta collaborazione tra le consorziate avente come fine “una comune struttura di impresa”. 

Sebbene il c.d. cumulo alla rinfuso trovi (rectius trovasse) applicazione generale, i Giudici operano un’ulteriore specificazione, distinguendo, sempre con riferimento ai consorzi stabili, le ipotesi in cui le consorziate siano o meno designate per l’esecuzione dei lavori, individuandosi in tale differenziazione l’elemento risolutivo della questione proposta dal Collegio remittente.

Chiarisce, difatti, l’Adunanza Plenaria che solo le consorziate designate per l’esecuzione dei lavori partecipano alla gara e concordano l’offerta, assumendo una responsabilità in solido con il consorzio stabile nei confronti della stazione appaltante (art. 47 comma 2, del codice dei contratti). Per le altre, all’opposto, il consorzio si limita a mutuare, ex lege, i requisiti oggettivi, senza che da ciò discenda alcun vincolo di responsabilità solidale per l’eventuale mancata o erronea esecuzione dell’appalto. 

Solo in quest’ultimo caso, pertanto, si assiste a un rapporto che richiama quello derivante dall’avvalimento (non a caso espressamente denominato tale dalla vecchia versione dell’art. 47 comma 2, ratione temporis applicabile), nonostante si presenti, per specifici profili, di minore intensità. Da un lato, infatti, il consorziato presta i requisiti senza partecipare all’offerta, similmente all’impresa avvalsa (senza bisogno di dichiarazioni, soccorrendo la “comune struttura di impresa” e il disposto di legge); dall’altro, invece, pur facendo ciò, rimane esente da responsabilità, diversamente dall’impresa avvalsa.

Questa constatazione appare di per sé sufficiente a giustificare l’applicazione alla fattispecie in esame dell’art. 89 comma 3 del codice dei contratti.

Dal tenore letterale e dalla ratio sottesa alla disposizione da ultimo citata, dunque, la stazione appaltante impone all’operatore economico di “sostituire” i soggetti di cui si avvale “che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione”Pertanto, se è possibile, in via eccezionale, sostituire il soggetto legato da un rapporto di avvalimento, non può che ritenersi possibile sostituire il consorziato nei confronti del quale sussiste un vincolo che rispetto all’avvalimento è meno intenso. 

Del resto, che questa sia la soluzione necessaria per colmare la lacuna normativa esistente, evidenziata altresì dall’ordinanza di rimessione per il caso del consorziato non designato per l’esecuzione, trova piena conferma nell’ampia formulazione dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE. Quest’ultima disposizione, nel disciplinare l’avvalimento, vi ricomprende tutti i casi in cui un operatore economico, per un determinato appalto, faccia “affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi”, senza che l’eventuale previsione di un regime espresso di responsabilità solidale assurga a elemento qualificante, in termini o meno di avvalimento, del meccanismo utilizzato dall’operatore economico. Circostanza, quest’ultima, che la normativa europea rimette alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice (l’amministrazione aggiudicatrice “può esigere” che l’operatore economico e i soggetti di cui sopra siano solidalmente responsabili dell’esecuzione del contratto, recita l’art. 63 cit.), nonostante sia stata tradotta, in sede di recepimento nell’ordinamento italiano (art. 89, comma 5, codice dei contratti), in un precetto legale. 

Per tali ragioni, ferma la distinzione tra consorziata designata per l’esecuzione e consorziata da cui il consorzio si limita a mutuare, ex lege, i requisiti oggettivi senza che ne derivi alcun vincolo di responsabilità solidale, il massimo Consesso riconosce l’estensione, solo in questa seconda ipotesi, del meccanismo di sostituzione previsto per l’avvalimento e regolato dal comma terzo dell’art. 89 d.lgs. n. 50 del 2016.

Tale estensione applicativa, tuttavia, non sacrifica il principio di necessaria continuità nel possesso dei requisiti, regola determinante ai fini del rigetto del ricorso in primo grado.

In risposta alle preoccupazioni manifestate dal Collegio rimettente con riferimento al suddetto principio, difatti, l’Adunanza Plenaria specifica come la chiave interpretativa innanzi delineata non infici la perdurante validità del principio di necessaria continuità nel possesso dei requisiti, né tantomeno il più generale principio di immodificabilità soggettiva del concorrente (salvi i casi previsti della legge nel caso di raggruppamento temporaneo di imprese).

I Giudici, sul punto, ribadendo il portato della costante giurisprudenza antecedente, affermano il principio generale, secondo cui “il possesso dei requisiti di ammissione si impone a partire dall’atto di presentazione della domanda di partecipazione e per tutta la durata della procedura di evidenza pubblica”, chiarendo, inoltre, che “per esigenze di trasparenza e di certezza del diritto, che non collidono col pur rilevante principio del favor partecipationis, la verifica del possesso, da parte del soggetto concorrente (ancor prima che aggiudicatario), dei requisiti di partecipazione alla gara deve ritenersi immanente all’intero procedimento di evidenza pubblica, a prescindere dalla indicazione, da parte del legislatore, di specifiche fasi espressamente dedicate alla verifica stessa, quali quelle di cui all’art. 11, comma 8, ed all’art. 48, d.lgs. n. 163 del 2006”. 

Trattasi di un principio che, a valle dell’Adunanza Plenaria citata, non è più messo in discussione nonostante, nel caso allora deciso, i Giudici avessero ulteriormente precisato che sussiste “sul piano dell’accertamento dei requisiti di ordine generale e tecnico-professionali ed economici, una totale equiparazione tra gli operatori economici offerenti in via diretta e gli operatori economici in rapporto di avvalimento e dunque, in definitiva, fra i primi e l’imprenditore, che preferisca seguire la via del possesso mediato ed indiretto dei requisiti di partecipazione ad una gara”, con ciò lasciando chiaramente intendere che l’affermato principio di continuità dovesse valere anche per l’impresa avvalsa. 

Tuttavia detta ultima affermazione dev’essere letta nel quadro normativo, ratione temporis vigente, anche comunitario, che pacificamente escludeva la possibilità di una sostituzione dell’impresa rimasta priva di requisiti, a prescindere se essa fosse legata da un vincolo di associazione temporanea con l’aggiudicatario o da un più tenue rapporto di avvalimento (art. 44 della Dir. 31 marzo 2004, n. 2004/18/CE). 

Quel quadro normativo è mutato, e per il tramite del più volte citato art. 63 della direttiva 2014/24/UE, esso oggi pacificamente impone che il soggetto avvalso venga sostituito qualora, nelle more del procedimento di gara o durante l’esecuzione del contratto, perda i requisiti. 

Per i motivi esposti, pertanto, non appare più utile, con specifico riferimento alla peculiare fattispecie di consorziata non designata per l’esecuzione, interrogarsi in merito alla necessaria “continuità” nel possesso dei requisiti del concorrente che si avvale dell’apporto claudicante di terzi, a pena di esclusione. All’opposto, l’applicazione anche all’ipotesi in esame del meccanismo sostitutivo previsto per l’avvalimento riposa sul principio di proporzionalità.

Chiarisce, sul punto, il massimo Consesso che la sostituzione è appunto lo strumento nuovo e alternativo che, alla luce del principio di proporzionalità, consente quella continuità predicata dall’Adunanza Plenaria nel 2015, in tutti i casi in cui il concorrente si avvalga dell’ausilio di operatore terzi. 

Trattasi di un “istituto del tutto innovativo” - secondo la definizione datane dal Consiglio Stato (sez. III, n. 5359 del 2015) e dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (in causa C-223/16 del 14 settembre 2017, Casertana costruzioni s.r.l.) - che restituisce al soggetto avvalso la sua vera natura di soggetto che presta i requisiti al concorrente, senza partecipare alla compagine e all’offerta da questa formulata e risponde all’esigenza, da ritenersi superiore perché ispirata alla massima partecipazione, di evitare l’esclusione del concorrente, singolo o associato, per ragioni a lui non direttamente riconducibili o imputabili. Esigenza quest’ultima evidentemente strumentale a stimolare il ricorso all’avvalimento: il concorrente, infatti, può contare sul fatto che, nel caso in cui l’ausiliaria non presenti o perda i requisiti prescritti, potrà procedere alla sua sostituzione senza il rischio di essere, solo per questa circostanza, estromesso automaticamente dalla procedura selettiva. 

Di tale mutato quadro ha dato di recente atto l’ordinanza 20 marzo 2020, n. 2005, con la quale la terza sezione del Consiglio di Stato ha adito in via pregiudiziale la Corte di Giustizia dell’Unione europea proprio in relazione al meccanismo sostitutivo contemplato dall’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016, sostenendone la necessaria estensione, a termini del diritto dell’unione, a tutte le fattispecie di esclusione, a prescindere dai motivi (attualmente l’art. 89, comma 3 e la giurisprudenza escludono pacificamente che la sostituzione possa avvenire nel caso di dichiarazioni mendaci).