Consiglio di Stato, sez. V, 29 ottobre 2020 n. 6615

È onere generale degli operatori economici portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione, così da consentirle un’adeguata e ponderata valutazione sulla sua affidabilità e integrità, a prescindere dalla fondatezza, gravità e pertinenza di detti episodi.

Tuttavia, se tali informazioni sono riferite ad episodi isolati e di modesta rilevanza, tali da non offrire, per la loro natura fisiologica, alcun elemento per considerare l’inadempimento cui sono collegati un grave errore nell’esercizio dell’attività professionale, l’operatore non sarà tenuto a dichiararle in quanto l'applicazione di penali contrattuali non può ritenersi sintomo inconfutabile di errore grave nell'esercizio dell'attività professionale o comunque "grave negligenza". Ciò tanto più quando il provvedimento di esclusione menzioni l'applicazione delle penali senza specificarne l'ammontare minimo ed indicando quale presupposto asserite "manchevolezze" commesse nella gestione del servizio, senza alcun effettiva motivazione al riguardo, anche con riferimento alla loro eventuale gravità.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2961 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Orlando, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

contro

-OMISSIS- in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Ilda Coluzzi, con domicilio eletto presso il suo studio inL'Aquila, via San Bernardino, n. 4;

-OMISSIS- in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Michele Perrone, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, Sezione Prima, n. -OMISSIS- resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del -OMISSIS- e di -OMISSIS-s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2020 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Marco Orlando, Michele Perrone e, su delega dell'avv. Coluzzi, De Luca;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con determinazione dirigenziale 16 maggio 2017, n. 1425 il -OMISSIS- indiceva una procedura di gara aperta su piattaforma telematica per l’affidamento del servizio di refezione scolastica nelle scuole materne, elementari e medie, da aggiudicare in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. L’importo a base di gara era di € 11.217.948,66.

1.1. In relazione alla durata del contratto – profilo di interesse per il presente giudizio – il bando di gara prevedeva che: “il contratto avrà durata dalla data di affidamento del servizio e fino al 31.12.2019. La stazione appaltante, ai sensi dell’art. 63, comma 5 del D.Lgs. 50/2016, ove ne ricorrano i presupposti di carattere normativo ed economico oltre che di effettivo interesse, si riserva la facoltà di optare per un eventuale rinnovo del contratto, con affidamento diretto, fino al 31.6.2021”.

La medesima durata era ribadita nel disciplinare di gara (art. 5) e nel capitolato di gara, secondo cui “Il presente appalto avrà la durata di effettivo affidamento del servizio fino al 31.12.2019 con opzione di rinnovo fino al 30.06.2021 ai sensi dell’art. 63, comma 5, D.Lgs 50/2016”.

1.2. Espletate le operazioni di gara -OMISSIS-risultava prima graduata con il punteggio massimo (100 punti), seconda graduata era -OMISSIS- (con 93,683 punti); con determinazione dirigenziale 18 settembre 2019 il Comune aggiudicava definitivamente il contratto di appalto a -OMISSIS-per il periodo da settembre 2019 al 31 maggio 2021 per essere questo “…il lasso temporale previsto dagli atti di gara, siccome traslato a seguito del perfezionamento del relativo iter procedimentale” e facendo salva la possibilità di avvalersi, ricorrendone le condizioni ed in presenza della necessaria disponibilità di risorse finanziarie, dell’opzione di rinnovo ex art. 63, comma 5, del codice dei contratti pubblici per il periodo dal 1 giugno 2021 al 31 maggio 2022.

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo -OMISSIS- impugnava il provvedimento di aggiudicazione lamentandone l’illegittimità:

- per aver l’aggiudicataria omesso di dichiarare nella domanda di partecipazione alla procedura di gara il rinvio a giudizio subito per il reato di frode nelle forniture per aver fornito al Comune di San Vincenzo, in un precedente contratto di appalto per la refezione scolastica, carni con denominazione di origine controllata, ma non biologiche come da impegno assunto nell’offerta tecnica;

- per aver la stazione appaltante violato il bando di gara (come pure il disciplinare di gara e il capitolato speciale d’appalto) per aver indicato la durata del contratto oltre il termine del 31 dicembre 2019, fissato negli atti di gara.

Con motivi aggiunti la ricorrente si doleva anche dell’inattendibilità dell’offerta dell’aggiudicataria per aver rimodulato l’organizzazione aziendale con l’eliminazione di taluni lavoratori che già si occupavano del servizio e la riduzione dell’orario di altri, così ponendosi in condizione di subire le sicure rivendicazioni dei lavoratori.

2.1. Si costituiva in giudizio -OMISSIS-che proponeva ricorso incidentale con cui lamentava l’omessa dichiarazione da parte della ricorrente principale delle “plurime contestazioni”, sanzioni, nonché del procedimento penale (per le ipotesi di reato di cui agli articoli 355 e 356 del codice penale, inadempimento di contratti di pubbliche forniture e di frode nelle pubbliche forniture), subite da parte del Comune di Pescara per le condotte inadempitive tenute nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto avente il medesimo oggetto di quello in affidamento.

2.2. Nella resistenza del -OMISSIS- il tribunale adito con la sentenza segnata in epigrafe respingeva il ricorso principale e i motivi aggiunti ed accoglieva il ricorso incidentale, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

Il ricorso incidentale era accolto per aver -OMISSIS- violato gli obblighi dichiarativi non informando la stazione appaltante delle “plurime contestazioni” subite dal Comune di Pescara per inesattezze nell’esecuzione di un contratto di appalto, avente anch’esso ad oggetto la refezione scolastica, nonché della penale che le era stata irrogata, fatti tutti ampiamente conosciuti al momento della presentazione della domanda (come ricavabile dal provvedimento di risoluzione infine adottato dal Comune di Pescara).

Il ricorso principale era respinto perché:

- quanto al primo motivo, il procedimento penale in corso di svolgimento per comportamenti fraudolenti tenuti nell’esecuzione del contratto di appalto con il Comune di San Vincenza non poteva essere qualificato quale “grave illecito professionale” alla luce dell’atteggiamento dello stesso Comune di San Vincenzo, che, nonostante le contestazioni rivolte alla società in sede penale, aveva attestato e certificato la regolare e puntuale esecuzione del servizio con soddisfazione sua e dell’utenza, attestazione che il -OMISSIS- non avrebbe potuto contraddire trattandosi di una valutazione effettuata dalla stessa amministrazione comunale cui il servizio era diretto;

- quanto al secondo motivo, per il fatto che il capitolato d’appalto prevedeva espressamente l’opzione di rinnovo fino al 30 giugno 2012 a condizione dell’effettivo stanziamento delle risorse e, d’altra parte, quanto all’ulteriore rinnovo, si trattava di facoltà indicata solo come eventualità essendo subordinata alla copertura finanziaria e alla compatibilità con la normativa vigente.

I motivi aggiunti erano respinti in quanto la modalità di utilizzo delle unità lavorative è materia di organizzazione ed afferisce alla competenza esclusiva dell’imprenditore, rilevando in sede di affidamento solo che il personale previsto per l’esecuzione del servizio sia stato incrementato di 6 unità rispetto a quello impiegato nella precedente gestione.

3. Propone appello -OMISSIS-; si sono costituiti in giudizio -OMISSIS-e il -OMISSIS-.

Il -OMISSIS- e -OMISSIS-hanno presentato memorie ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm., cui è seguita replica di -OMISSIS-

All’udienza del 15 ottobre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. I primi due motivi dell’appello di -OMISSIS- possono essere congiuntamente esaminati, essendo entrambi incentrati sulla questione della portata degli obblighi dichiarativi incombenti sull’operatore economico concorrente ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

1.1. Con il primo motivo (rubricato: “Error in iudicando. Violazione del bando di gara, del disciplinare e del Capitolato. Violazione degli artt. 30 e 80 del d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione delle Linee Guida Anac n. 6. Omessa dichiarazione di un fatto rilevante quale grave illecito professionale. Irragionevolezza manifesta. Sproporzione. Violazione del principio di par condicio competitorum. Difetto di istruttoria e di motivazione”) l’appellante si duole che il giudice di primo grado, in accoglimento del ricorso incidentale, le abbia imputato di aver violato gli obblighi dichiarativi per non aver informato la stazione appaltante di quanto accaduto nell’esecuzione del contratto di refezione scolastica con il Comune di Pescara. Tuttavia, secondo l’appellante:

a) l’unico provvedimento irrogato dal Comune di Pescara nei confronti del r.t.i. del quale faceva parte come mandante – mandataria era -OMISSIS- – era stata la penale dell’importo di € 500, poiché in precedenza v’erano state solamente comunicazioni di inesattezze riscontrate in fase di esecuzione che non avevano portato all’irrogazione di sanzioni;

b) la penale irrogata corrispondeva allo 0,002% dell’importo contrattuale avendo il contratto di appalto con il Comune di Pescara valore di € 16.698.352,56; la dichiarazione della penale non era, pertanto, dovuta secondo le Linee guida dell’A.N.A.C. n. 6 che limitano le penali da dichiarare a quelle pari almeno allo 0,1% del valore dell’appalto;

c) in una precedente pronuncia avente ad oggetto il medesimo contratto di appalto con il Comune di Pescara, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1071 del 2020, aveva escluso che -OMISSIS-, come detto mandataria del raggruppamento, fosse tenuta a dichiarare la penale subita dal Comune di € 2.000,00 per il valore irrisorio della stessa.

1.2. Con il secondo motivo di appello (rubricato: “Error in iudicando. Violazione del bando di gara, del disciplinare e del Capitolato. Violazione degli artt. 30 e 80 del d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione delle Linee Guida Anac n. 6. Omessa dichiarazione di un fatto rilevante quale grave illecito professionale. Irragionevolezza manifesta. Sproporzione. Violazione del principio di par condicio competitorum. Difetto di istruttoria e di motivazione”) lamenta che sia stato respinto il primo motivo del ricorso principale ed esclusa la violazione degli obblighi dichiarativi da parte dell’aggiudicataria in relazione ad un procedimento penale per i reati di frode nell’esercizio del commercio (art. 515 c.p.), vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.) e frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.), riferito a condotte tenute nell’esecuzione del contratto di appalto con il Comune di San Vincenzo avente ad oggetto il medesimo servizio di refezione scolastica.

Precisato che nel procedimento penale era stato disposto rinvio a giudizio di un soggetto in posizione apicale nell’organizzazione di -OMISSIS- l’appellante ha sostenuto che:

a) la circostanza che il Comune di San Vincenzo non avesse risolto il contratto era del tutto irrilevante, trattandosi di decisione inidonea a fornire prova dell’incidenza e della gravità dell’illecito non essendo possibile conoscere le ragioni che l’avevano determinata (e che potevano anche essere illegittime), tanto più che lo stesso Comune si era poi costituito parte civile nel processo penale al fine di richiedere il risarcimento del danno;

b) escludendo che il -OMISSIS- potesse, a sua volta, ritenere “grave illecito professionale” la pregressa condotta oggetto di contestazione in sede penale, il giudice di primo grado aveva travalicato i propri poteri entrando nel merito di una scelta spettante esclusivamente all’amministrazione;

c) il tribunale si era posto inoltre in contrasto con la giurisprudenza in materia che impone all’operatore economico di riferire ogni possibile caso di non corretta esecuzione di precedente commessa pubblica, rimettendo, poi, alla stazione appaltante la valutazione di rilevanza in punto di affidabilità del concorrente;

d) era pertanto irrilevante che il procedimento penale fosse ancora in corso di svolgimento e non si fosse concluso con la pronuncia di una sentenza di condanna.

2. I motivi sono fondati.

2.1. Preliminarmente è opportuno svolgere talune considerazioni di carattere generale sugli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici al momento della partecipazione ad una procedura di gara, precisando, peraltro, che la procedura di gara di cui al presente giudizio era regolata dall’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 nella formulazione originaria, secondo cui era consentita l’esclusione dell’operatore qualora “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione

2.1.1. La giurisprudenza ha più volte precisato il carattere puramente esemplificativo dell’elencazione contenuta nella trascritta lettera c) del 5° comma dell’art. 80 e riconosciuto la facoltà della stazione appaltante di desumere il compimento di “gravi illeciti” da ogni altra vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico di cui sia accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (cfr. ex multis, Cons. Stato, sec. V, 8 ottobre 2020, n. 5967; V, 14 aprile 2020, n. 2389; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giuris., 9 dicembre 2019, n. 1039), aggiungendo che è onere degli operatori economici portarla a conoscenza di tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione, così da consentirle un’adeguata e ponderata valutazione sulla sua affidabilità e integrità, a prescindere dalla fondatezza, gravità e pertinenza di detti episodi (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2020, n. 70; V, 4 febbraio 2019, n. 827; V, 16 novembre 2018, n. 6461; V, 24 settembre 2018, n. 5500).

2.1.2.. E’ stata recentemente evidenziata la necessità di definire gli esatti limiti di operatività di un siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, dato che l’ampia interpretazione in precedenza ricordata, “potrebbe rivelarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142, richiamata da Cons. Stato, V, 14 aprile 2020, n. 2389; V, 22 luglio 2019, n. 5171; cfr. inoltre Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2020, n. 4314).

2.1.3. Rientrano in questo percorso interpretativo le pronunce che si sono occupate di stabilire le condizioni alle quali il concorrente è tenuto a dichiarare le penali che gli siano state applicate nell’esecuzione di precedenti contratti di appalto, di regola rientranti nel generale obbligo dichiarativo delle pregresse vicende (così Cons. Stato, sez. IV, 8 ottobre 2020, n. 5967; III, 24 settembre 2020, n. 5564).

L’appellante ha rammentato la sentenza di questa Sezione 12 febbraio 2020, n. 1071 che, in relazione al medesimo contratto di appalto per la refezione scolastica del Comune di Pescara, ha escluso che vi fosse obbligo dichiarativo per penali di importo minimo, ovvero inferiori all’1% del valore dell’affidamento, così come si ricava dalle Linee guida dell’Anac n. 6 (per le quale le stazioni appaltanti devono comunicare all’Autorità ai fini dell’iscrizione nel Casellario informatico di cui all’art. 213, comma 10, dello stesso codice, i provvedimenti di applicazione delle penali di importo superiore, singolarmente o cumulativamente con riferimento al medesimo contratto, all’1 per cento dell’importo del contratto stesso).

La ragione è che siffatte penali, specie se riferite ad episodi isolati e di modesta rilevanza, non offrono, per la loro natura fisiologica nella complessiva economia ed esecuzione dell’appalto, alcun elemento per considerare l’inadempimento cui sono collegati un grave errore nell’esercizio dell’attività professionale.

Sulla stessa scia altre pronunce hanno affermato che l’operatore non è tenuto a dichiarare le penali che gli sono state applicate in quanto “l'applicazione di penali contrattuali non può ritenersi sintomo inconfutabile di errore grave nell'esercizio dell'attività professionale o comunque "grave negligenza", ciò tanto più quando il provvedimento di esclusione menzioni l'applicazione delle penali senza specificarne l'ammontare minimo ed indicando quale presupposto asserite "manchevolezze" commesse nella gestione del servizio, senza alcun effettiva motivazione al riguardo, anche con riferimento alla loro eventuale gravità” (da ultimo Cons. Stato, sez III, 5 marzo 2020, n. 1609; V, 30 aprile 2019, n. 2794; V, 5 marzo 2018, n. 1346).

2.2. Ciò precisato, deve ritenersi che, diversamente da quanto statuito dal giudice di primo grado, -OMISSIS-non fosse tenuta a dichiarare la penale subita dal Comune di Pescara; il ricorso incidentale va pertanto respinto.

2.2.1. Non v’è contestazione sulla circostanza che la penale irrogata dal Comune di Pescara fosse di importo inferiore allo 0,002% del valore dell’appalto, così che valgono le ragioni di irrilevanza prima ricordate.

Quanto alle “plurime contestazioni” di inesattezze nell’esecuzione dell’appalto, che hanno preceduto l’irrogazione della penale e che l’appellata assume fossero ampiamente conosciute dalla società al momento della presentazione della domanda, può senz’altro dirsi che vale ancor più per esse quel che già si è detto per le penali di modesto importo: anche se contenute in atti di diffida o ordini di servizio, rientrano nella fisiologica esecuzione di un contratto d’appalto per cui, se non riversate in provvedimenti di risoluzione o, comunque, sanzionatori, non necessitano di ostensione in altra procedura di gara, verificandosi, altrimenti, un ampliamento oltre ogni limite di quel che la stazione appaltante deve sapere – e poi valutare – di un operatore economico per poter con questi concludere un contratto di appalto, in spregio ai principi di economicità, efficacia, tempestività dell’azione amministrativa (nelle procedure di aggiudicazione ai sensi dell’art. 30, comma 1, del codice dei contratti pubblici).

2.2.2. Il -OMISSIS-, nella memoria depositata, ha riferito di aver saputo, su segnalazione dell’aggiudicataria, che il Comune di Pescara aveva poi adottato la determinazione dirigenziale 10 agosto 2018, n. 2828, di risoluzione del contratto, e reputato tale provvedimento incidente sull’affidabilità dell’operatore, in quanto relativo ad un servizio analogo a quello in affidamento.

2.2.3. Tale sopravvenienza è irrilevante ai fini della decisione del motivo di appello poiché riguarda non già la penale irrogata dal Comune di Pescara, di cui qui si discute, ma, altro provvedimento, quale, appunto, la risoluzione contrattuale.

2.2.4. Da ultimo va precisato che -OMISSIS-nei suoi scritti difensivi afferma che, per le stesse condotte di cui si discute, è stato avviato un procedimento penale a carico dell’amministratore della -OMISSIS- per le ipotesi di reato di inadempimento nelle pubbliche forniture e di frode nelle pubbliche forniture, ma, a parte quanto si dirà a breve sui limiti dell’obbligo dichiarativo di condotte di rilevanza penale, non dà prova che ne siano scaturiti atti di contestazione (anche solo di natura cautelare) precedenti il momento della presentazione dell’offerta per i quali, pertanto, potersi predicare un onere dichiarativo.

2.3. La stessa elaborazione giurisprudenziale sulla portata gli obblighi dichiarativi in precedenza ricordata porta, per altro verso, a ritenere che -OMISSIS-dovesse informare la stazione appaltante (della richiesta di rinvio a giudizio e) del decreto di rinvio a giudizio disposto nei confronti di consigliere di amministrazione munito di potere di rappresentanza, in concorso con il responsabile tecnico ed ispettore della produzione e dell’operatore del settore alimentare della Direzione tosco umbra della società.

2.3.1. E’ in atti la richiesta di rinvio a giudizio formulata per i suddetti reati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Livorno per aver consegnato alle scuole dei comuni di San Vincenzo, Castagneto Carducci e Sassetta “prodotti contenenti carni bovine, avicole, suine e prosciutto crudo per qualità, origine e provenienza diverse da quelle dichiarate” ovvero, precisamente “non provenienti da allevamenti biologici, diversamente da quanto richiesto dalla clausola contrattuale inserita nel capitolato d’appalto indetto dal Comune nonché prosciutto crudo o sgambato in luogo di prosciutto di Parma DOP”, fatti per i quali erano ipotizzati i reati di frode nell’esercizio del commercio (art. 515 c.p.), vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517 c.p.) e frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.); ad essa è seguito il decreto di rinvio a giudizio del 10 luglio 2017 con il quale il G.u.p. disponeva il rinvio per il solo reato di frode nelle pubbliche forniture.

Gli atti precedono la presentazione dell’offerta da parte nell’odierna procedura di gara (intervenuta, a quanto consta, il 13 luglio 2017).

2.3.2. La giurisprudenza è orientata nel senso che il decreto di rinvio a giudizio per condotte tenute in esecuzione di precedenti contratti di appalto costituisca vicenda professionale suscettibile di essere qualificata come “grave illecito professionale” e, in quanto tale, in grado di compromettere l’affidabilità e l’integrità dell’operatore economico concorrente, a condizione, però, che abbia riguardo ad uno dei soggetti di cui all’art. 80, comma 3, del codice dei contratti pubblici, ovvero, per quel che interessa al presente giudizio, “dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ivi compresi institori e procuratori generali, dei membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con numero di soci pari o inferiore a 4” (in tal senso, Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2020, n. 5782, ma perplessità in Cons. Stato, V, 6 luglio 2020, n. 4314).

Nel caso di specie, come già accennato, la condizione è rispettata perché il rinvio a giudizio riguardava un consigliere di amministrazione con qualifica di legale rappresentante della società, oltre che il responsabile tecnico e ispettore della produzione per lo specifico appalto della refezione presso le scuole del Comune di San Vincenzo.

2.3.3. Non vale a condurre a diversa conclusione:

a) la circostanza, valorizzata dalla sentenza impugnata, che il Comune di San Vincenzo, del cui appalto si tratta, non abbia interrotto il rapporto contrattuale con la società ed anzi abbia attestato la regolare e puntuale esecuzione del servizio.

Occorre, infatti, rammentare che, secondo giurisprudenza costante (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 2020, n. 4100), spetta alla stazione appaltante, nell’esercizio di ampia discrezionalità, apprezzare autonomamente le pregresse vicende professionali dell’operatore economico, anche se non abbiano dato luogo ad un provvedimento di condanna in sede penale o civile, perché essa sola può fissare il “punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente” (cfr. Cons. Stato, adunanza plenaria, 28 agosto 2020, n. 16; sez. V, 6 aprile 2020, n. 2260; V, 17 settembre 2018, n. 5424; Cass. civ., Sez. Unite., 17 febbraio 2012, n. 2312).

Non è senza rilievo peraltro che lo stesso Comune di San Vincenzo, come evidenziato dall’appellante, si sia poi costituito parte civile nel giudizio penale richiedendo la condanna della società al risarcimento del danno così dimostrando di aver chiara consapevolezza di aver subito un inadempimento contrattuale meritevole di ristoro.

b) il fatto che il consigliere rinviato a giudizio sia cessato dalla carica il 25 settembre 2015 e quindi prima dell’anno antecedente alla pubblicazione del bando, senza più assumere carica alcuna all’interno degli organi societari, rileva quale misura di self – cleaning da apprezzare anch’essa ad opera della stazione appaltante in sede di valutazione dell’affidabilità e integrità del concorrente (sulle misure di self – clening, cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 aprile 2020, n. 2260).

2.3.4. Infine va aggiunto che il -OMISSIS-, pur avendo nella memoria depositata in giudizio, dichiarato che la segnalazione è stata oggetto di verifica da parte degli uffici, non specifica con chiarezza se abbia ritenuto le condotte imputate al rappresentante legale di -OMISSIS-in sede penale insuscettibili di porre in dubbio l’integrità ed affidabilità della società e per quale ragione.

2.4. L’accoglimento dei motivi di appello comporta l’effetto enunciato dall’Adunanza plenaria nella sentenza 28 agosto 2020, n. 16: non l’automatica esclusione dell’operatore economico dalla procedura, ma la necessaria nuova valutazione della stazione appaltante sulla sua integrità ed affidabilità alla luce delle circostanze fattuali emerse in giudizio ed ivi considerate astrattamente rilevanti quali gravi illeciti professionali.

3. Con il terzo motivo di appello (rubricato: “Violazione del bando di gara, del disciplinare e del capitolato. Violazione dei principi di correttezza e par condicio dei concorrenti. Violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa. Eccesso di potere. Violazione e falsa applicazione dell’art. 63, co. 5, d.lgs. n. 5072016”) -OMISSIS- si duole che il giudice di primo grado abbia respinto il motivo di ricorso volto far valere l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione per contrasto con la lexspecialis in relazione alla durata dell’appalto.

Ribadisce l’appellante che in tutti gli atti di gara (il bando di gara, il disciplinare ed il capitolato di gara) la durata del contratto di appalto era fissata nel periodo dall’effettivo affidamento al 31 dicembre 2019 e che il -OMISSIS-, stabilendo che l’affidamento avesse durata dalla data dell’aggiudicazione fino al 31 maggio 2021, abbia apportato una modifica non consentita alle clausole contrattuali fissate.

4. Il motivo è fondato.

4.1. Preliminarmente, va respinta l’eccezione di inammissibilità del motivo per carenza di interesse formulata da -OMISSIS-per insussistenza di una utilità che -OMISSIS-possa trarre dall’annullamento del provvedimento di aggiudicazione in relazione alla durata del contratto.

Va, al riguardo, precisato che l’appellante seconda graduata, attraverso il presente motivo di ricorso aspirare ad ottenere, in via subordinata all’aggiudicazione, la ripetizione della procedura di gara; interesse c.d. strumentale che ben può trovare tutela in giudizio.

4.2. Come riportato nella parte in fatto, il giudice di primo grado ha respinto il motivo di ricorso ritenendo che la stazione appaltante avesse esercitato l’opzione per il rinnovo fino al 30 giugno 2021 prevista nel bando (e negli altri atti di gara) e che, dunque, non vi fosse stata violazione della durata dell’appalto.

È palese l’errore nel quale è incorso il giudice di primo grado: il -OMISSIS- non ha esercitato l’opzione di rinnovo in quanto il contratto di appalto non ha mai avuto una prima fase di esecuzione cui potesse saldarsi quella oggetto di rinnovo; il protrarsi delle operazioni di gara, infatti, ha determinato che lo stesso potesse avere inizio solo a distanza di più due anni dall’indizione della gara.

Prova ne sia che nel provvedimento di aggiudicazione è fatto espresso riferimento alla “traslazione” del lasso temporale di durata del contratto, così dimostrando l’intento di recuperare il biennio consumato dalla durata della procedura di gara in sede di esecuzione del contratto, senza contare il riferimento alla possibilità di avvalersi dell’opzione di rinnovo, che non sarebbe logicamente possibile ove la stessa fosse già stata attivata.

4.3. Ciò premesso, la decisione del -OMISSIS- è illegittima secondo l’orientamento giurisprudenziale richiamato dall’appellante.

Questa Sezione con la sentenza 12 settembre 2019, n. 6158 ha chiarito che, qualora nel bando di gara sia esattamente indicata la data di inizio e di fine del contratto da affidare, non è consentito, poi alla stazione appaltante, in sede di aggiudicazione, disporne una diversa per l’una e per l’altra e ciò perché “ragioni varie possono determinare dilatazione dei tempi di affidamento di un appalto a conclusione di una procedura di gara, qualora sia eroso di molto il tempo originariamente fissato di durata del contratto è la stazione appaltante a dover valutare se conviene dar seguito alla stipulazione contrattuale – che, inevitabilmente, avrà durata limitata – ovvero indire una nuova procedura di gara per un contratto che abbia durata integra”.

La durata del contratto di appalto, come fissata nel bando di gara, infatti costituisce una delle condizioni contrattuali che maggiormente orienta le scelte partecipative degli operatori economici e non può essere liberamente mutata dalla stazione appaltante senza ripercussioni in termini contrapposti per gli uni e per gli altri.

Ciò vale anche nel caso, come quello in esame, in cui la data di inizio dell’esecuzione fissata dal bando era collegata alla data dell’affidamento.

4.4. Le ulteriori deduzioni dell’appellante relative all’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione per aver previsto la facoltà per l’amministrazione di optare per il rinnovo ai sensi dell’art. 63, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016 restano assorbite dall’accoglimento del motivo d’appello nei termini esposti, tanto più che si tratta di un potere che il Comune non ha ancora esercitato e per il quale, dunque, è preclusa ogni statuizione ai sensi dell’art. 34, comma 2, cod. proc. amm..

5. Con il quarto motivo di appello (“Error in iudicando. Violazione del bando di gara, del disciplinare e del Capitolato. Violazione dell’art. 30 del d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione del D.lgs. 61/2000. Violazione del CCNL Turismo settore Pubblici esercizi. Irragionevolezza manifesta. Sproporzione. Violazione del principio di par condicio competitorum. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5 lett. a, c e lett. f-bis del D.Lgs. n. 50 del 2016. Violazione della lexspecialis di gara. Inattendibilità, contraddittorietà e incongruità dell’offerta. Violazione della par condicio competitorum, dei canoni di ragionevolezza e proporzionalità. Difetto di motivazione di istruttoria”) l’appellante contesta la reiezione dei motivi aggiunti diretti a sostenere l’inattendibilità dell’offerta dell’aggiudicataria per violazione dei diritti dei lavoratori.

L’appellante ripropone in sostanza le argomentazioni svolte in primo grado.

-OMISSIS-– gestore uscente e, come tale, non sottoposto all’applicazione della clausola sociale – aveva dichiarato in offerta che avrebbe aggiunto ai 99 addetti, utilizzati fino a quel momento per l’esecuzione del servizio, altre 7 unità di personale, raggiungendo però il numero complessivo di 105 anzichè di 106 per la decisione di eliminare il secondo cuoco (assunto per il precedente contratto per 25 ore settimanali); detto licenziamento era ingiustificato specie in considerazione della dichiarata volontà di aumentare il personale impiegato nell’appalto.

Allo stesso modo ingiustificata sarebbe anche la riduzione dell’orario lavorativo del “capogruppo mensa” che dalle 40 ore settimanali svolte nel precedente appalto sarebbe passato a 20 ore (come ricavabile dal prospetto contenuto nell’Allegato H all’offerta).

Secondo l’appellante l’aggiudicataria non avrebbe rispettato le garanzie previste dagli atti di gara a favore dei lavori che, nel suo caso, avrebbero imposto la piena continuità dei rapporti lavorativi in essere; il giudice di primo grado avrebbe ingiustamente ritenuto tale principio subvalente all’esercizio della libertà imprenditoriale.

6. Il motivo è infondato.

6.1. Come rammentato dallo stesso appellante, oltre alla previsione di una clausola sociale, il Capitolato d’appalto imponeva ai concorrenti di dichiarare (pag. 12) “di rispettare per i propri dipendenti le norme del CCNL di categoria e applicare ai propri addetti gli accodi economici e normativi della contrattazione nazionale del comparto secondo l’ultima tabella in vigore” e, così, compilando l’Allegato A.2.1. i concorrenti avrebbero dovuto dichiarare al punto 22 “di rispettare gli obblighi imposti dall’art. 30, commi 3 e 4 del Codice e, quindi, di rispettare gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X del Codice” e al punto 23 “di applicare, al personale impiegato nei lavori oggetto di appalti pubblici e concessioni, il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.

6.2. Ammesso che – a voler seguire il ragionamento dell’appellante – per il caso di appalto aggiudicato (nuovamente) al gestore uscente non possa trovar applicazione la clausola sociale, ma la diversa regola della continuità dei rapporti lavorativi in essere, è certo che anche in tal caso valga quel che la giurisprudenza ha costantemente affermato in relazione alla prima: deve consentirsene un’applicazione elastica e non rigida per contemperare l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2019, n. 6148; V, 10 giugno 2019, n. 3885; III, 30 gennaio 2019, n. 750; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 gennaio 2019, n. 142; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 5 febbraio 2018, n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017, n. 2078; V 7 giugno 2016, n. 2433; III, 30 marzo 2016, n. 1255).

Era pertanto nella piena facoltà di -OMISSIS-ridurre il numero dei cuochi impiegati nello svolgimento della (nuova) commessa, come pure le ore lavorative di uno dei lavoratori impiegati per costituire – peraltro mediante l’assunzione di altri lavoratori – un’organizzazione del servizio più efficiente. La sentenza di primo grado che ciò ha affermato non merita sul punto censura.

6.3. Va aggiunto infine che esula dall’accertamento spettante al giudice amministrativo valutare se dette modifiche del rapporto lavorativo (ovvero anche la sua cessazione) siano consentite dalla normativa lavoristica o comportino invece una responsabilità a carico del datore di lavoro; si è infatti affermato che in relazione al vincolo per l’impresa subentrante nella gestione dell’appalto di garantire il medesimo trattamento economico e contrattuale già praticato ai lavoratori impiegati “la cognizione del giudice amministrativo, avendo ad oggetto esclusivamente la fase di scelta del contraente, si arresta necessariamente all’accertamento sulla legittimità della clausola sociale inserita nel bando di gara; in che modo l’imprenditore subentrante dia seguito all’impegno assunto con la stazione appaltante di riassorbire i lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario (id est. come abbia rispettato la clausola sociale) attiene, infatti, alla fase di esecuzione del contratto, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro (cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 gennaio 2019, n. 726; V, 15 dicembre 2016, n. 5311)” (cfr. Cons. Stato, sez. V, .

12 settembre 2019, n. 6148).

-OMISSIS-ha assunto l’impegno del rispetto delle norme in materia di diritto del lavoro e tanto è sufficiente ad escludere profili di illegittimità in parte qua nella scelta della stazione appaltante di aggiudicarle l’appalto; se detto impegno sarà rispettato attiene alla fase di esecuzione, potranno lamentarsene i lavoratori, della questione ne conoscerà il giudice del lavoro.

6.4. Né può dirsi – come fa l’appellante nell’ultimo motivo di appello (rubricato “Error in iudicando. Violazione del bando di gara, del disciplinare e del Capitolato. Violazione dell’art. 30 del d.lgs. n. 50 del 2016. Violazione del D.lgs. 61/2000. Violazione del CCNL Turismo settore Pubblici esercizi. Irragionevolezza manifesta. Sproporzione. Violazione del principio di par condicio competitorum. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5 lett. a, c e lett. f-bis del D.Lgs. n. 50 del 2016. Violazione della lexspecialis di gara. Inattendibilità, contraddittorietà e incongruità dell’offerta. Violazione della par condicio competitorum, dei canoni di ragionevolezza e proporzionalità. Difetto di motivazione di istruttoria”) – che i maggiori costi che -OMISSIS-dovrà sostenere per i due lavoratori, i cui diritti sono stati asseritamente violati, renderebbero incongrua l’offerta perché andrebbero ad erodere l’utile della commessa.

A parte quanto si è detto sulla libera organizzazione dell’impresa, la possibilità che la società subisca le rivendicazioni dei lavoratori e, soccombente in giudizio, sia tenuta ad un pieno reintegro degli stessi risulta una mera congettura, del tutto inadeguata per formulare in base ad essa un giudizio di incongruità dell’offerta.

7. In conclusione, vanno accolti il primo, il secondo ed il terzo motivo di appello, respinti gli altri e la sentenza di primo grado riformata con reiezione del ricorso incidentale e accoglimento del ricorso principale nei sensi di cui in motivazione.

8. La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo di appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo -OMISSIS-respinge il ricorso incidentale di -OMISSIS-ed accoglie nei termini di cui in motivazione il ricorso principale di -OMISSIS-.

Compensa tra tutte le parti in causa le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti in causa.

 

GUIDA ALLA LETTURA

Con la pronuncia in commento, la V Sezione del Consiglio di Stato di sofferma sulla questione relativa alla portata degli obblighi dichiarativi incombenti sull’operatore economico concorrenteai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del codice dei contratti pubblici.

A tal proposito, il Collegio ha preliminarmente svolto talune considerazioni di carattere generale muovendo le mosse dalla formulazione originaria del citato articolo, secondo cui era consentita l’esclusione dell’operatore qualora “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.

V’è da rilevare come i precedenti orientamenti pretori (Cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 ottobre 2020, n. 5967; V, 14 aprile 2020, n. 2389; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giuris., 9 dicembre 2019, n. 1039, Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2020, n. 70; V, 4 febbraio 2019, n. 827; V, 16 novembre 2018, n. 6461; V, 24 settembre 2018, n. 5500) abbiano più volte precisato il carattere puramente esemplificativo di tale elencazione, riconoscendo alla stazione appaltante la facoltà di desumere il compimento di “gravi illeciti” da ogni altra vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico, lasciando sostanzialmente inalterato l’onere, in capo agli operatori economici, di portarla a conoscenza di tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione.

Tuttavia, a latere dei predetti orientamenti, è stata recentemente registrata la necessità di definire gli esatti limiti di operatività di un siffatto obbligo dichiarativo, giudicato oltremodo generalizzato.

Ciò in quanto la predetta interpretazione “potrebbe rivelarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142, richiamata da Cons. Stato, V, 14 aprile 2020, n. 2389; V, 22 luglio 2019, n. 5171; cfr. inoltre Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2020, n. 4314).

Il Collegio si è quindi premurato di raccogliere in modo organico le ricostruzioni giurisprudenziali atte a demarcare il contenuto sostanziale di tali obblighi dichiarativi:

- Cons. Statosez. V, 12 febbraio 2020, n. 1071per il quale è stato escluso l’obbligo dichiarativo per penali di importo minimo, ovvero inferiori all’1% del valore dell’affidamento, così come si ricava dalle Linee guida dell’Anac n. 6 (per le quale le stazioni appaltanti devono comunicare all’Autorità ai fini dell’iscrizione nel Casellario informatico di cui all’art. 213, comma 10, dello stesso codice, i provvedimenti di applicazione delle penali di importo superiore, singolarmente o cumulativamente con riferimento al medesimo contratto, all’1 per cento dell’importo del contratto stesso), poiché tali penali, specie se riferite ad episodi isolati e di modesta rilevanza, non offrono, per la loro natura fisiologica nella complessiva economia ed esecuzione dell’appalto, alcun elemento per considerare l’inadempimento cui sono collegati un grave errore nell’esercizio dell’attività professionale;

- Cons. Stato, sez III, 5 marzo 2020, n. 1609; V, 30 aprile 2019, n. 2794; V, 5 marzo 2018, n. 1346 pel le quali l’operatore non è tenuto ai medesimi obblighi dichiarativi quando “l'applicazione di penali contrattuali non può ritenersi sintomo inconfutabile di errore grave nell'esercizio dell'attività professionale o comunque "grave negligenza", ciò tanto più quando il provvedimento di esclusione menzioni l'applicazione delle penali senza specificarne l'ammontare minimo ed indicando quale presupposto asserite "manchevolezze" commesse nella gestione del servizio, senza alcun effettiva motivazione al riguardo, anche con riferimento alla loro eventuale gravità”;

- Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2020, n. 5782; V, 6 luglio 2020, n. 4314non senza qualche perplessità, ove la giurisprudenza è orientata nell’attribuire al decreto di rinvio a giudizio per condotte tenute in esecuzione di precedenti contratti di appalto una vicenda professionale suscettibile di essere qualificata come “grave illecito professionale” e, in quanto tale, in grado di compromettere l’affidabilità e l’integrità dell’operatore economico concorrente, a condizione, però, che abbia riguardo ad uno dei soggetti di cui all’art. 80, comma 3, del codice dei contratti pubblici, ovvero, per quel che interessa al presente giudizio, “dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ivi compresi institori e procuratori generali, dei membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con numero di soci pari o inferiore a 4” (escludendo, pertanto, ogni altro soggetto diverso).

Ebbene, le ipotesi sopra riportate attribuiscono  alla stazione appaltante l’esercizio di ampia discrezionalità. Quest’ultima, infatti, è la sola a poter apprezzare autonomamente le pregresse vicende professionali dell’operatore economico, anche se non abbiano dato luogo ad un provvedimento di condanna in sede penale o civile, perché essa sola può fissare il “punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente” (cfr. Cons. Stato, adunanza plenaria, 28 agosto 2020, n. 16; sez. V, 6 aprile 2020, n. 2260; V, 17 settembre 2018, n. 5424; Cass. civ., Sez. Unite., 17 febbraio 2012, n. 2312).