Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2020, n. 2885

1. Il procedimento di verifica dell'anomalia dell’offerta ha per oggetto non già la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, ma il riscontro se in concreto l'offerta nel suo complesso sia attendibile e affidabile per la corretta esecuzione del contratto, onde la valutazione sulla congruità dev’esser globale e sintetica, senza concentrarsi, cioè, in modo esclusivo o parcellizzato sulle singole voci di prezzo, sicché eventuali inesattezze su queste ultime devono ritenersi irrilevanti, se alla fine si accerta l'attendibilità dell'offerta stessa.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso NRG 3584/2018, proposto dalla -OMISSIS-., corrente in -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ermes e Marcello Coffrini e Massimo Colarizi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via G. Antonelli, n. 49,

contro

– la Provincia di -OMISSIS-, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Francesca Preite, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Asiago n. 9, presso l’avv. Antonella Benveduti, e
– il Comune di -OMISSIS-), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio e

nei confronti

della -OMISSIS- (succeduta alla -OMISSIS-), corrente in -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Francesca Giuffrè, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via dei Gracchi, n. 39,

per la riforma

della sentenza del TAR Emilia Romagna - Parma n. -OMISSIS-/2018, resa tra le parti e concernente la concessione della gestione dei servizi educativi per la prima infanzia e scuola primaria nel Comune di -OMISSIS- per gli anni scolastici 2017/2018 – 2018/2019 – 2019/2020;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di -OMISSIS- e della -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, c.p.a.;

Relatore all'udienza pubblica del 19 luglio 2018 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati Letizia Mazzarelli (per delega dell’avvocato Colarizi) e Giuffrè;

Ritenuto in fatto che:

– la Provincia di -OMISSIS- svolge le funzioni di stazione unica appaltante provinciale per conto dei Comuni e delle Unioni dei Comuni (tra cui pure il Comune di -OMISSIS-), i quali gliele affidarono per svolgere a loro favore le procedure di appalto e di concessione di lavori, servizi e forniture;

– con delibera n. 5 del 16 gennaio 2017, la Giunta comunale di -OMISSIS- approvò le tariffe per il costo dei servizi educativi ed integrativi (a.s. 2017/18), a carico dell’utenza ed articolate in tre fasce reddituali, più una fascia D per i non residenti;

– dal canto suo ed in tal sua qualità, la Provincia di -OMISSIS-, con bando prot. n. 5317 del 16 marzo 2017, indisse a favore del predetto Comune una procedura aperta, da aggiudicare col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la concessione triennale della gestione dei servizi educativi per la prima infanzia e la scuola primaria;

– a tal procedura intese partecipare, tra gli altri, pure la -OMISSIS-., corrente in -OMISSIS- e gestore uscente dello stesso servizio, proponendo rituale offerta;

– in esito alla gara, tale Cooperativa si collocò al secondo posto della graduatoria di merito (punti 81,66), mentre prima classificata fu la -OMISSIS-, corrente in -OMISSIS- con punti 100;

– tal classifica non fu modificata neppure dopo la verifica di congruità (ex art. 97, comma 3, del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) delle rispettive offerte, avendo il RUP ed il seggio di gara ritenuto esaurienti le giustificazioni prodotte (6° seduta riservata del 26 giugno 2017), sicché, con determina dirigenziale n. 248 del 14 luglio 2017, la Provincia di -OMISSIS- aggiudicò in via definitiva la concessione de qua all’impresa prima graduata;

Rilevato altresì che:

– avverso tal provvedimento e gli atti di gara (tra cui il testé citato verbale della 6° seduta riservata), la -OMISSIS- propose avanti al TAR per l’Emilia Romagna, Sezione di Parma, il ricorso NRG 202/2017, chiedendone l’annullamento, il risarcimento del danno e la disapplicazione del contratto e deducendo:

1) la mancata giusta considerazione del servizio reso qual gestore uscente del servizio, l’ingiustificata attribuzione del miglior giudizio (ottimo) all’offerta di Solidarietà 90 rispetto a quello sulla propria (solo buono) —ché dai verbali e dalle descrizioni delle due offerte non si rilevarono differenze tali da giustificare tal scostamento—, l’inadeguata valutazione della propria offerta circa le capacità di coordinamento del coordinatore pedagogico e la sopravvalutazione di quelle del coordinatore della controinteressata, nonché l’immotivato giudizio lusinghiero nei confronti dell’offerta tecnica di quest’ultima per i restanti criteri;

2) la superficialità della verifica sull’anomalia dell’offerta della controinteressata, in quanto non ne fu rilevata la perdita, a causa dell’incremento a dismisura dei ricavi derivanti dall’utenza (indicati in € 3-OMISSIS-.366,00, qual risultante dalla somma a base d’asta ribassata e pari a € 188.155,00) e dalla quota a carico delle famiglie (stimata in € 169.201,00), superiore di € 35.128,48 di quella più realistica ed attendibile, nonché dalla sottostima dei costi del lavoro (indicati in € 9.-OMISSIS-2,91) e degli altri costi;

– l’adito TAR, con sentenza n. -OMISSIS- del 22 febbraio 2018, ha respinto il ricorso, giacché, con specifico riguardo al secondo mezzo di gravame, si basarono su presupposti errati i conteggi che, ad avviso della ricorrente, avrebbero condotto ad un’offerta in perdita, non avendo essa tenuto in buon conto: a) delle tariffe aggiornate dal Comune per le rette del nido d’infanzia (30 bambini in full-time pari a € 265,00 ciascuno; 12 bambini in part-time, pari a € 212,00 ciascuno, con copertura da parte del Comune per gli ISEE recanti redditi al di sotto di € 10.138,00); b) delle quote di contribuzione a carico delle famiglie (pari in full-time a € 127,00 annui pro capite, mentre per il servizio estivo per la scuola primaria il contributo degli utenti può giungere a € 50,00 a settimana);

– pertanto, il ricavo annuo previsto per il gestore, in base al rialzo di dette tariffe comunali e come documentato dalla Provincia, di € 261.810,00, è superiore di oltre € 9.000,00 rispetto a quello stimato dalla controinteressata e giustificato in sede di verifica dell’anomalia, onde tale scarto positivo è in sé idoneo a compensare le differenze del costo della manodopera rilevate dalla ricorrente, restando fermo che «la stima della ricorrente deve tenere conto dell’impossibilità di determinare, se non in via presuntiva, in anticipo, l’esatto numero di domande che perverranno e… la tipologia di servizio prescelta sulla base delle esigenze personali e familiari di ciascuno»;

– in ogni caso, nella valutazione sull’anomalia, la stazione appaltante deve rendere solo un giudizio di ragionevolezza sugli elementi di giustificazione forniti dall'impresa, tenuto conto che la verifica di anomalia costituisce un sub-procedimento «…generalmente riferito non alla ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, bensì all'attendibilità e all'affidabilità dell'offerta nel suo complesso in relazione alla corretta esecuzione dell'affidamento» (cfr. Cons St., Ad. plen., 29 novembre 2012, n. 36);

– ha appellato quindi la -OMISSIS-, col ricorso in epigrafe, deducendo, dopo aver riportato analiticamente l’inattendibilità dei ricavi attesi dall’aggiudicataria (al netto dell’offerta), la conseguente erroneità dell’impugnata sentenza relativamente al rigetto del suo secondo mezzo di gravame:

A) per aver l’appellante dimostrato, con riguardo sia al sovradimensionamento dei ricavi che alla sottovalutazione dei costi, come l’offerta della controinteressata, a parte l’errore di fatto nel quale incorse il giudizio sull’anomalia con riguardo ai giustificativi sulla struttura di costi e ricavi relativi al servizio F) —in pratica mera ricopiatura delle giustificazioni riferite al servizio D), nonostante la differenza tra i due servizi—, fosse irrimediabilmente in perdita in base a specifiche censure non esaminate dal TAR e liquidate col generico assunto di non aver fatto «emergere una valutazione macroscopicamente erronea od illogica della Commissione» in sede di verifica dell’anomalia, dal che la necessità di ribadire le doglianze di primo grado;

B) per non aver colto la mancata indicazione del costo né delle migliorie proposte dalla controinteressata (quantunque le avessero fatto ottenere un significativo punteggio), né del personale da applicare al servizio autogestito per il tempo estivo nella scuola d’infanzia (durata: 8 settimane; affluenza max.: 30 bimbi di età da 3 a 6 anni; rapporto medio addetti/bimbi: 1/21; personale educativo: min. 16 h / die; personale ausiliario: min. 3 h /d ie; alternativa: compiti ausiliari svolti da personale educativo, ma solo in assenza dei bimbi e con maggiori oneri), mentre l’aggiudicataria, nei suoi giustificativi, aveva evidenziato un ricavo pari a € 22.328.26 ed un costo del personale pari a € 1.767,00 (ossia per un solo educatore in servizio) senza indicare costi per il personale ausiliario, trattandosi, però, d’una organizzazione non adeguata alle caratteristiche del servizi, che avrebbe richiesto 640 ore educative (per un costo di € 11.308,80, in base al costo orario proposto), oltre ad almeno 120 ore per i servizi ausiliari (per un costo di € 1.734), per il costo del personale addetto non sarebbe potuto esser meno di (€ 13.042,28 – € 1.767,00 =) € 11.275,28;

C) per non aver colto che, sebbene per il servizio estivo per la scuola primaria la Provincia affermi la proposta della controinteressata sull’aumento della contribuzione degli utenti da € 35/settimana a € 50/settimana, esso non risulta dall’offerta di quest’ultima, donde la mancata dimostrazione di come si formi il maggior ricavo pari a € 3.600,00 (per complessivi € 12.000,00) che sull’aumento esso si sarebbe dovuto basare e che risulta non giustificato;

D) per l’erronea indicazione dei ricavi per il servizio nido d’infanzia, le cui tariffe sono comprensive di IVA, invece da scomputare, non costituendo un ricavo, sicché il maggior ricavo previsto dalla Provincia intimata, una volta esposti i dati dopo le imposte diventa pari a soli € 4.470,41, invece di € 9.458,71 da essa affermata nei suoi scritti difensivi e reputato congruo, tant’è che, sommando tutti gli elementi critici dell’offerta della controinteressata, s’avrà una perdita annua di non meno di € 10.285,29, aumentabile fino a € 27.593,02 annui se si aggiungono i sottostimati costi del lavoro e delle migliorie proposte e non conteggiate;

E) per non aver considerato che il giudizio di ragionevolezza sugli elementi di giustificazione forniti dall’impresa non sarebbe mai potuto prescindere dall’attenta analisi e dalla conseguente verifica di quanto dichiarato, giudizio in concreto non svolto se poi la Provincia stessa ha dovuto ammettere, nel corso del giudizio di primo grado, il dimezzamento dell’utile esposto dall’aggiudicataria, mentre la verifica non può prescindere dalla corretta analisi delle ore lavorative occorrenti ai servizi;

– con delibera n. 68 del 14 maggio 2018, la Giunta comunale di -OMISSIS- ha approvato in via definitiva le tariffe e l’organizzazione dei tempi estivi dei servizi educativi per bambini e ragazzi da 0 a 11 anni da svolgere nei plessi di nido e scuola dell’infanzia, in coerenza con la strutturazione giornaliera, settimanale e mensile del servizio aggiudicato alla -OMISSIS- (già -OMISSIS-.) e da essa organizzata come da documenti della gara de qua, stabilendone l’onere contributivo a carico dell’utenza come da proposta

– resistono in giudizio l’intimata Provincia di -OMISSIS- e la Cooperativa controinteressata, che in varia guisa concludono per l’infondatezza dell’appello;

Considerato in diritto che:

– ferma la mancata impugnazione del rigetto del primo motivo del ricorso al TAR, sul secondo motivo la controinteressata, il 2 luglio u.s., ha depositato alcuni documenti, che però attengono a vicende successive al procedimento di gara per cui è causa, sicché rileva il divieto di nova in appello ai sensi dell’art. 104 c.p.a., fermo restando che i fatti esposti nella memoria conclusionale perlopiù non sono smentiti da parte appellante, per come si dirà appresso;

– ciò posto, l’appello non risulta fondato e va disatteso, a partire anzitutto dall’assunto secondo il quale le giustificazioni rese sulla struttura di costi e ricavi per il servizio F) fossero la mera ripetizione di quanto esposto per il servizio D), non avendo l’appellante dimostrato come e in qual misura tal svista avrebbe alterato il giudizio di congruità sull'offerta dell’aggiudicataria, così tanto da rendere irragionevole il primo e inattendibile la seconda, se non impossibile il contraddittorio su tali aspetti;

– è certo vera la suddivisione dell’onere del corrispettivo per la gestione dei servizi tra la quota fissa a carico del Comune e quella variabile a carico dell’utenza, ma tale precisazione, peraltro posta dal bando, è dedotta dall’appellante per accentuare la lamentata sovrastima dei ricavi della contribuzione dell’utenza (€ 35.000,00), quando poi l’onere a carico di quest’ultima fu aumentato dal Comune già a decorrere dall’a.s. 2017/18 (primo anno del triennio oggetto della concessione aggiudicata), ma in modo articolato e non a quota fissa;

– tale “sottostima” è stata smentita in fatto, oggi che il ricorso viene in decisione dopo la fine di detto a.s., dalla raggiunta piena capienza e, addirittura, dalla necessità d’ampliare l’offerta fino ai 53 attuali iscritti, a fronte dei 30 indicati dal Capitolato di gara, sicché, stante il contributo del Comune per i pattuiti € 74.1-OMISSIS-,00, nonché quello di € 60.984,00 delle famiglie (a quanto consta senza alcuna retta aggiuntiva a loro carico), l’aggiudicataria espone una marginalità al lordo delle spese generali pari a € 36.365,00;

– già questa prima reiezione della pretesa azionata impone al Collegio di rammentare, oltre allo sforzo del TAR di confutare ogni singola criticità su cui s’appunta l’attenzione dell’appellante, il principio, fermo in giurisprudenza (cfr., ex multis e tra le più recenti, Cons. St., V, 30 ottobre 2017, n. 4978; id., 23 gennaio 2018, n. 430), per cui il procedimento di verifica dell'anomalia ha per oggetto non già la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, ma il riscontro se in concreto l'offerta nel suo complesso sia attendibile e affidabile per la corretta esecuzione del contratto, onde la valutazione sulla congruità dev’esser globale e sintetica, senza concentrarsi, cioè, in modo esclusivo o parcellizzato sulle singole voci di prezzo, sicché eventuali inesattezze su queste ultime devono ritenersi irrilevanti, se alla fine si accerta l'attendibilità dell'offerta stessa (cfr., così, di recente Cons. St., V, 29 gennaio 2018, n. 589);

– anzi, fuori dai casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta sia sicuramente da considerare anomala, poiché pure un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa che per la qualificazione, la pubblicità ed il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria ed aver portato a termine un appalto pubblico (cfr., per tutti e di recente, Cons. St., III, 22 gennaio 2016, n. 211; id., V, 25 gennaio 2016, n. 242; id., 13 febbraio 2017, n. 607; id., 17 gennaio 2018, n. 269);

– allora rettamente il TAR, oltre a censurare la parcellizzazione delle censure sulle singole voci di costo, rileva per un verso come per il servizio annuale il Comune avesse aumentato l’onere a carico delle famiglio fino a € 127,00 e dettando, per il turno estivo, tariffe articolate (e non fisse) a partire da € 50,00 a settimana in su (sì da superare il temuto minor ricavo di € 13.464,42, rispetto a quello atteso di € 25.464,42, esposto nell'offerta) e per altro verso come la stima della ricorrente abbia dovuto tener conto dell’impossibilità di determinare, se non in via (non arbitraria o irrazionale ma) «solo presuntiva, in anticipo, l’esatto numero di domande che sarebbero potute pervenire e il tipo soprattutto la tipologia di servizio prescelta sulla base delle esigenze personali e familiari di ciascun utente», per cui è stata anche prudente la previsione di € 50,00/settimana;

– sulla base della citazione testé fatta da pag. 7 della sentenza appellata, condivisa dal Collegio, discende la sostanziale differenza di contenuto, anche sotto il regime ex D.lgs. 50/2016, del giudizio sull’anomalia delle offerte, a seconda che si tratti, come nella specie, della concessione di servizi, piuttosto che di altri appalti;

– in effetti, nella concessione si controlla l’attendibilità di una previsione economico-finanziaria con pieno o preponderante accollo del rischio economico del peculiare mercato del servizio da parte del concessionario, onde siffatta verifica, pur sempre rigorosa, è sull’attendibilità d’una ragionevole e ponderata previsione economica (nella specie, basata sui dati della stazione appaltante e sulla stessa esperienza professionale dell’appellata, anch’essa gestrice di servizi similari nel medesimo Comune di -OMISSIS-), che lascia un margine d’incertezza a chi confeziona l’offerta ed un alto margine di opinabilità tecnico-discrezionale a chi la riscontra, opinabilità non sindacabile in sede di legittimità se non per evidenti errori di fatto e macroscopica irragionevolezza;

– anzi, ad avviso del Collegio, tale irragionevolezza si potrebbe ribaltare sulla dedotta prospettazione , laddove, in primo luogo per il servizio A) - nido d’infanzia, verso cui l’appellante si sofferma solo per dedurne la mancata incidenza della domanda part-time nella composizione dei ricavi, nel senso, cioè, che in quel servizio non avrebbe previsto alcun utenti a tempo parziale, escogitando a questo riguardo una complessa proiezione sull’a.s. 2017/18 (peraltro, meno complessa di quella per il servizio D - tempo prolungato scuola materna, ma non meno ipotetica), costruendola su una ipotesi di frequenza dei bambini ed indicando, a suo piacimento, solo una possibile tra le rette corrispondenti alle quattro fasce di reddito indicate dal Comune, sì da giungere ad un risultato fissato sul parametro di 12 bambini frequentanti in media ciascun anno, come se poi non vi potessero esser frequenze in aumento (com’è accaduto in concreto) o anche in diminuzione (come potrebbe essere) e altre variabili di natura, p. es., socioeconomica o reddituale, con cambi di fasce, ovviamente non considerate in quanto probabili perturbatrici del modello adottato;

– quanto al predetto servizio D), al di là dei dati numerici asseriti dall’appellante per esso (che, per vero, corrisponde all’1,6% del volume della concessione), la frequenza attuale (a.s. in corso) è, a quanto consta, di 13 bambini, maggiore a quello indicato dall’appellante e con un rapporto tra educatore e bambino pari a 1/15, appalesandosi allo stato in equilibrio;

– in ordine al servizio H) - tempo estivo scuola primaria, in effetti è previsto un ricavo di € 35,00 IVA inclusa (al netto, € 33,33) per una frequenza prevista di 30 bambini, ma sembra al Collegio che l’appellante, nel soffermarsi sull’onere per le famiglie, non contempli il contributo comunale pari a € 26.95 IVA esclusa (il quale porta in tal modo il ricavo capitario settimanale netto a € 60,28), né consideri che nella specie, come per tutti i servizi appaltati, il numero degli utenti è solo indicativo e mai prescrittivo;

– peraltro, risulta, proprio nelle doglianze ricostruttive secondo modelli acritici (e talvolta incompleti), la stessa natura non predefinita ma probabilistica (e ipotetica) ravvisabili tanto nelle indicazioni per le singole voci d’offerta economica, quanto nello stesso giudizio d’attendibilità di questa, quanto, infine, degli argomenti attorei, che partono dal dato probabile e scontano l’errore di calcolo del modello ipotizzato e la smentita dei fatti, essendo anch’esse «valutazioni prognostiche inevitabilmente soggettive» quanto il calcolo delle offerte così giudicate dall’appellante;

– fermo restando che pure le parti resistenti in varia guisa concordano sull’utile netto d’appalto, pari a € 9.-OMISSIS-8,31, non si può seguire il modello ricostruttivo del servizio F) - tempo estivo nella scuola materna (durata: 8 settimane; affluenza stimata: 30 bambini; età: da 3 a 6 anni), con riguardo allo specifico costo del personale applicato, poiché, in disparte l’affermazione dell’aggiudicataria in ordine alla presentazione della tabella —per cui il risultato marginale di detto servizio potrebbe esser inferiore—, anche il modello proposto muove dall’erroneo convincimento della necessaria presenza di due educatori a tempo pieno e di un ausiliario, essendo invero dubbia, o impossibile, l’applicabilità al servizio de quo della delibera assembleare regionale 25 luglio 2012 n. 85 (direttiva in materia di requisiti strutturali ed organizzativi dei servizi educativi per la prima infanzia), emanata con riferimento all’abrogata l.r. 10 gennaio 2000, n. 1, sui servizi educativi e ricreativi per la prima infanzia (da 3 a 36 mesi) e non anche i centri estivi 3/6 anni;

– in ogni caso, l’aggiudicataria afferma ed il ricorso in epigrafe non smentisce sul punto l’avvenuto calcolo del costo del lavoro, indicato in offerta, tenendo conto di tutti i possibili scatti di anzianità raggiungibili nell’arco della vita lavorativa di ciascun addetto, secondo il CCNL-cooperative sociali (5 scatti) in modo da remunerare il costo del lavoro più alto possibile e senza bisogno di prevedere o mettere in opera altri scenari ipotizzati dall’appellante;

– alla stessa conclusione reputa il Collegio di pervenire con riguardo ai costi per le migliorie proposte dall’aggiudicataria, che l’appellante indica in oltre € 7.200 non considerati dalla stazione appaltante e tali da determinare l’azzeramento del sia pur minimo utile;

– a ben vedere, invece e al di là della natura ipotetica di tal quantificazione forfetaria (in gran parte basata sull’extra-costo del personale: cfr. pagg. 17/18 del ricorso in epigrafe), dette migliorie, di cui al criterio n. 6 del bando —relative ai c.d. “servizi aggiuntivi” (miglioramenti nell’organizzazione dei servizi e d’approccio all’utenza, per una maggiore partecipazione ed una frequenza più estesa al nido da parte delle famiglie: p.es., una giornata al nido con mamma e papà, famiglie in rete, ecc.), nonché ai c.d. “servizi opzionali” (richiesti dal Comune per le sue specifiche esigenze)—, non s’appalesano di per sé o per forza fonte di extra-costo per l’aggiudicataria, né si comprende perché mai dovrebbero comunque costare almeno i € 7.200 citati, a fronte sia delle tariffe poste dalle citate delibere giuntali n. 5/2017 e n. 68/2018, sia dal riutilizzo di materiali ed attrezzature di proprietà (riuso possibile grazie alla cessazione di servizi analoghi), sia (per il servizio H - centro estivo primaria 6-11 anni) all’ampliamento dei periodi di apertura e alla maggior flessibilità oraria;

– pur condividendo la prospettata differenza tra economie di scala e risparmio sulla giusta retribuzione dei dipendenti impiegati nelle citate attività, si deve rilevare che questa è una petizione di principio, non solo perché l’extra-costo per il personale è, per le ragioni dianzi accennate, non veritiero già come lo prospetta l’appellante stessa riferendosi a normative non applicabili al tipo di servizio offerto e, a più forte ragione, se lo vuole applicare anche alle migliorie, non dimostrando se e in qual misura gli accorgimenti organizzativi nell’accoglienza o la flessibilità oraria si traducano, specie in assenza di dati orari e sull’effettiva quantità di domanda, in maggior costo di personale e di organizzazione generale o, almeno, d’un principio ricostruttivo convincente:

– all’uopo non rilevano di per sé (v. pag. 11 della memoria conclusiva dell’appellante) l’affermata sufficienza e l’oggettività dell’enunciazione della carenza riscontrata, visto che non v’è la carenza e, comunque, essa non è né sufficiente, né oggettiva;

– sempre nella citata memoria ed in replica ad un’eccezione della Provincia sul tempo estivo per la scuola primaria, l’appellante afferma d’esser stata accusata d’aver fatto un processo alle intenzioni, « in quanto le tariffe del servizio estivo non erano ancora state fissate… (tant’è che)… la Giunta Comunale, con la deliberazione n. 68…, ha fissato le contribuzioni a carico dell’utenza, in misura sensibilmente superiore a quello che Solidarietà 90 ha indicato in offerta»;

– non è chiaro se l’intervento del Comune, che per vero è in linea (come la delibera n. 5/2017, del resto) col regolamento comunale sui servizi scolastici e, in particolare, sul potere di detta P.A. di regolare le tariffe, sia inteso dall’appellante come una sorta di sanatoria ex post dell’offerta, anziché di governo del bilancio comunale, attuativa degli incentivi ex art. 3, commi 1 e 4 della l.r. 8 agosto 2001, n. 26, a favore dei progetti degli enti locali per migliorare i livelli di qualità dell’offerta formativa, in base alla DGR 26 febbraio 2018, n. 276 (sostegno alle famiglie con necessità di fruire dei servizi estivi, tra l’altro per bambini delle scuole materna e primaria) e fermo l’obbligo di contribuzione nei limiti indicati al comma 3;

– pertanto, la delibera n. 68/2018, che per forza di cose poté disporre per l’estate successiva soltanto dopo l’emanazione della DGR 276/2018, ha definito un sistema tariffario per il c.d. “tempo-estate” in sé e congruente con tipo, numero ed oggetto dei servizi già appaltati, cosa, questa, che sarebbe avvenuta per regolare la partecipazione dell’utenza al costo dei servizi a domanda individuale, cioè a prescindere da chi ne sarebbe stato il concessionario pro tempore;

– da ciò discende l’irrilevanza: a) d’ogni illazione sulla emanazione della delibera dopo la (o, secondo l’appellante, a causa della) aggiudicazione, l’offerta essendo rimasta in sé immutabile e non variata; b) della pretesa “sopravvalutazione” prognostica di entrate tariffarie, trattandosi invece d’una ponderata probabilità di tariffe non troppo lontane da quelle che, in base alla l.r. 26/2001, sarebbero state le incentivazioni regionali sul miglioramento della qualità dell’offerta educativa, già esistente ed attuata in un secondo momento da Regione e Comune; c) del tentativo di far passare l’offerta in sé, ancor prima che le eventuali giustificazioni, come fattispecie condizionata ad eventi futuri e incerti o ad un eventuale jus superveniens, mentre essa è stata formulata allo stato della normativa vigente al tempo e, quindi, del citato art. 3 della l.r. 26/2001, per cui non rilevano i precedenti di questo Consiglio citati a pag. 16 della memoria conclusiva; d) del richiamo alle tabelle ministeriali, contraddetto già in linea di principio dal TAR e non adeguato all’effettivo impiego del personale secondo natura e contenuto;

– in definitiva, l’appello va respinto nei sensi fin qui visti, mentre le questioni fin qui esaminate e esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass., II, 22 marzo 1995 n. 3620 e, per quelle più recenti, Cass., V, 16 maggio 2012 n. 7663), fermo restando che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso,

– la complessità della vicenda e giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra tutte le parti, delle spese del presente grado di giudizio;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso NRG 3584/2018 in epigrafe), lo respinge.

Spese del secondo grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità di tutte le parti.

 

Guida alla lettura

La pronuncia in commento trae origine da una vertenza avente ad oggetto una procedura aperta, da aggiudicare col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la concessione triennale della gestione dei servizi educativi per la prima infanzia e la scuola primaria.

Il ricorrente nel primo grado di giudizio contestava, tra l’altro, la superficialità della verifica sull’anomalia dell’offerta della controinteressata, in quanto i conteggi presentati dall’impresa avrebbero condotto ad un’offerta in perdita, mai rilevata in sede di gara.

Il Tribunale Amministrativo Regionale respingeva il ricorso, non rinvenendo alcuna offerta in perdita, ma rilevando l’esistenza di uno scarto positivo in termini di utile, idoneo a giustificare la convenienza della commessa.

La sentenza veniva impugnata innanzi al Consiglio di Stato con sostanziale riproposizione delle doglianze del primo grado di giudizio in relazione al procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.

Il Collegio respinge a sua volta l’appello e rimarca il principio, fermo in giurisprudenza (cfr., ex multis e tra le più recenti, Cons. St., V, 30 ottobre 2017, n. 4978; id., 23 gennaio 2018, n. 430), per cui il procedimento di verifica dell'anomalia ha per oggetto non già la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, ma il riscontro della complessiva attendibilità e affidabilità dell’offerta per la corretta esecuzione del contratto.

La valutazione sulla congruità non può spingersi ad una analisi delle singole voci di prezzo contenute dell’offerta, ma dev’esser globale e sintetica (cfr., così, di recente Cons. St., V, 29 gennaio 2018, n. 589).

Precisa inoltre il Collegio che, al di fuori dai casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta sia sicuramente da considerare anomala, “poiché pure un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell'attività lavorativa che per la qualificazione, la pubblicità ed il curriculum derivanti per l'impresa dall'essere aggiudicataria ed aver portato a termine un appalto pubblico” (cfr., per tutti e di recente, Cons. St., III, 22 gennaio 2016, n. 211; id., V, 25 gennaio 2016, n. 242; id., 13 febbraio 2017, n. 607; id., 17 gennaio 2018, n. 269).

In altri termini, l’utile di impresa può essere compresso o solo ridotto in base alle scelte imprenditoriali del concorrente, dalle quali non è possibile trarre alcuna conseguenza automatica. Un margine di guadagno basso può - al più - costituire un indice presuntivo dell'inaffidabilità dell'offerta, ma solo qualora sia possibile dimostrare che le voci che costituiscono l’offerta non sono inidonee a coprire i costi dell'organizzazione imprenditoriale e non consentano di ipotizzare, nemmeno in proiezione, significative prospettive di espansione dell'azienda nel settore. Unico limite posto all’imprenditore è costituito dalla non irrisorietà e dal divieto di offerte in perdita, essendo viceversa ammissibile che il concorrente ambisca ad ottenere vantaggi di natura non esclusivamente patrimoniali.

È per tale ragione che la giurisprudenza tende ad elidere qualsiasi automatismo tra ridotti margini di utile e anomalia dell'offerta, non potendo l’Amministrazione escludere un operatore sulla base della valutazione di scelte imprenditoriali che emergono dall’offerta.

In tal senso, la verifica della congruità della proposta economica formulata al concorrente è un’operazione volta a valutare l'attendibilità dell'offerta in un’ottica prognostica, ovvero in vista della successiva esecuzione dell'appalto, al fine di censurare comportamenti negoziali imprudenti che, sottoposti alla prova dei fatti, potrebbero determinare inefficienze o diseconomie nella fase di esecuzione.

Nel caso in esame, la stazione appaltante aveva correttamente esercitato il proprio potere: a fronte di elementi di criticità emersi dall’analisi delle voci di costo, aveva attivato il procedimento di verifica dell’anomalia in contraddittorio con il concorrente ed aveva richiesto chiarimenti, ritenendo sufficientemente esaustive le giustificazioni addotte dell’impresa.

Senza necessità di alcuna rimodulazione dell’offerta, il concorrente aveva infatti fornito elementi utili a sostenere la ragionevolezza della propria proposta contrattuale.

Il Collegio, infine, pur riconoscendo la piena applicabilità del sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta alle concessioni di servizi, ne rimarca le peculiarità: in tale contesto, infatti, il soggetto affidatario si accolla interamente il rischio economico derivante dall’incertezza del mercato del servizio, sicchè la verifica di attendibilità dell’offerta non può che basarsi su una previsione economico-finanziaria ragionevole e ponderata, ma che lascia un margine d’incertezza a chi confeziona l’offerta ed un alto margine di opinabilità tecnico-discrezionale a chi la riscontra.

Tale opinabilità non è sindacabile in sede di legittimità se non per evidenti errori di fatto e macroscopica irragionevolezza. Si tratta, dunque, di un sindacato estrinseco e limitato, ma comunque sensibile ai profili di logicità e obbligo di motivazione, così da risultare conforme al principio di effettività della tutela giurisdizionale.