Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2020, n. 2389

La ratio dei cd. obblighi informativi tratteggiati dall’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, posti a carico dell’operatore economico, è quella di consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’integrità e sull’affidabilità professionale del concorrente, e tale ratio è rimasta immutata anche a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 5, comma 1, d.l. n. 135 del 2018.

Secondo l’orientamento che appare preferibile, il contenuto della dichiarazione che l’operatore economico deve presentare consiste in tutte quelle informazioni relative alle proprie vicende professionali, che risultino astrattamente valutabili dalla stazione appaltante al fine di formulare con pienezza di conoscenza il proprio discrezionale giudizio circa l’affidabilità professionale del futuro contraente. La dichiarazione omessa, incompleta o falsa riguardo alle vicende professionali del concorrente risulta idonea a condurre all’esclusione dello stesso soltanto se concernente illeciti professionali gravi, accertati e significativi ai fini del giudizio di integrità e di affidabilità dell’operatore economico. Una contraria interpretazione, volta ad imporre obblighi dichiarativi generalizzati ed illimitati, potrebbe rivelarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa.

L’accesso ai documenti di gara in corso di causa presuppone la sussistenza di un interesse che sorregga, in concreto, l’actio ad exhibendum, e ciò sia che si ritenga trattarsi di un incidente istruttorio sia che si ritenga l’autonomia dell’azione, pur se esercitata in corso di causa. Siffatto interesse va poi distinto, a seconda che le informazioni richieste costituiscano o meno segreti tecnici o commerciali, ricadenti nel divieto di cui all’art. 53, comma 5, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 6051 del 2019, proposto da

LaBconsulenze S.r.l., gia' Beta Professional Consulting S.r.l., in proprio e quale mandataria del costituendo r.t.i. con lo Studio legale Olivito, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Spataro, Walter Perrotta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Spataro in Roma, viale di Val Fiorita n.90.

contro

Centrale di Committenza Asmel Consortile Scarl, non costituita in giudizio;

Comune di Perito, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ferdinando Pinto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Bruno Sassani in Roma, via XX Settembre 3.

nei confronti

Societa' Esse 3 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alfredo Contieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Salvatore Napolitano in Roma, c.so Trieste, 16;

Etruria Servizi S.r.l. in proprio e nella qualità di mandante del r.t.i. Esse3 S.r.l. - Etruria Servizi S.r.l., Ser.Com S.r.l., Tiziana Siciliani, non costituiti in giudizio.

per la riforma della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per la Campania - sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) n. 01275/2019, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Perito e della Societa' Esse 3 S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2020 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Spataro, Caianiello su delega di Pinto, De Chiara su delega di Contieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale della Campania – sezione staccata di Salerno ha respinto il ricorso proposto dalla società LaBconsulenze s.r.l. – già Beta Professional Consulting s.r.l., in proprio e in qualità di capogruppo del costituendo r.t.i. con lo Studio legale Olivito, contro il Comune di Perito e nei confronti della società Esse 3 s.r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria del costituendo r.t.i. Esse 3 s.r.l. – Etruria Servizi s.r.l., per l’annullamento dell’aggiudicazione in favore di quest’ultimo dell’appalto avente ad oggetto il “servizio di gestione di tutte le infrazioni al codice della strada, elevate dal Comando di Polizia Locale, noleggio installazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di postazioni fisse approvate per il controllo della velocità ai sensi dell’art. 142 CdS in modalità istantanea, con sistema di rilevamento automatico delle infrazioni, nonché servizio di riscossione coattiva delle sanzioni amministrative derivanti da violazioni alle norme del codice della strada”.

2. Per ottenere la riforma della sentenza, la società LaBconsulenze s.r.l., in proprio e nella qualità predetta, ha avanzato appello con due motivi. Non è stata riproposta in appello la censura di cui al secondo motivo del ricorso, concernente la competenza dei commissari di gara; pertanto, su tale capo di rigetto si è formato il giudicato.

2.1. Il Comune di Perito e la controinteressata Esse 3 s.r.l., in proprio e nella qualità predetta, si sono costituiti per resistere al gravame.

2.2. Dapprima con decreto n. 3618 del 17 luglio 2019 e quindi con ordinanza n. 4181 del 30 agosto 2019 è stata respinta l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza.

2.3. Alla pubblica udienza del 20 febbraio 2020 la causa è stata posta in decisione, previo deposito di memorie e repliche delle parti costituite.

3. Col primo motivo sono riproposte le censure con le quali è stata dedotta la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), c-ter) e f-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016, come da ultimo modificato dall’art. 5 del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135 convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12.

In particolare, è stato denunciato che la mandante del r.t.i. aggiudicatario, Etruria Servizi s.r.l., avrebbe reso dichiarazioni mendaci in sede di partecipazione alla gara, avendo omesso di dichiarare l’esistenza di un contenzioso con il Comune di Ponderano, relativo allo svolgimento di un appalto affidato da quest’ultimo, e concluso con una transazione tra le parti.

3.1. La sentenza di primo grado ha respinto il motivo richiamando l’orientamento espresso da questo Consiglio di Stato nel precedente del 3 settembre 2018, n. 5136, emesso in una controversia in cui l’operatore economico non aveva dichiarato l’esistenza di una transazione conclusa in esito ad un contenzioso concernente un precedente appalto, ed osservando che l’art. 80, comma 5, lett. c- ter) fa attualmente riferimento a “due fattispecie tipiche caratterizzate da circostanze oggettive (la risoluzione per inadempimento o la condanna al risarcimento del danno), cui è assimilata una ulteriore fattispecie parzialmente indeterminata, ma che comunque deve caratterizzarsi per una circostanza oggettiva, cioè la constatazione dell’avvenuta commissione di un illecito”. Dato ciò, ha escluso, in generale, che la transazione possa essere di per sé sintomatica di un grave illecito professionale e, nel caso di specie, che lo fosse la transazione conclusa dalle parti a seguito del giudizio promosso dalla odierna controinteressata nei confronti del Comune di Ponderano. In proposito, ha osservato che “Sebbene nella delibera n. 25 del 21 marzo 2019 (di consenso alla transazione) l’amministrazione abbia dato conto di inesattezze e di negligenze nella esecuzione del contratto da parte della Società Etruria Servizi, è incontestato che non si sia mai pervenuti ad una definizione giudiziale della complessa controversia, nella quale ciascuna delle parti contrattuali ha lamentato inadempimenti dell’altra”, concludendo perciò per l’insussistenza del mendacio ascritto ad Etruria Servizi.

3.2. L’appellante censura la decisione, sottolineando che la delibera da ultimo menzionata, con la quale è stato espresso parere favorevole in merito alla bozza dell’accordo transattivo tra le parti, è stata adottata dal Comune di Ponderano successivamente sia alla sottoscrizione del DGUE (13 marzo 2019) sia alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte (15 marzo 2019), sicché a tali ultime date il contenzioso era ancora in essere ed inoltre il preambolo della delibera farebbe emergere “il fatto storico dell’accertato inadempimento della società Etruria Servizi nei confronti della P.A.”, da ritenersi “grave, visto che il Comune ne ha chiesto, in via riconvenzionale, il ristoro per una somma di circa 100.000 euro”, della quale si sarebbe tenuto conto in sede transattiva.

3.2.1. Secondo l’appellante, la vigente formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), che non esemplifica più i casi di grave illecito professionale, di fatto rimettendo ogni valutazione alla stazione appaltante, avrebbe ampliato gli oneri dichiarativi dei concorrenti, di modo che verrebbe confermata la correttezza dell’orientamento giurisprudenziale -espresso nei precedenti richiamati in ricorso- che configura l’obbligo di c.d. onnicomprensività della dichiarazione in vista dell’apprezzamento di spettanza della stazione appaltante.

Nel caso di specie, quindi, la transazione non rileverebbe in quanto tale, anche perché sopravvenuta alla presentazione della domanda di partecipazione, ma in quanto darebbe conto degli inadempimenti contestati dal Comune di Ponderano ad Etruria Servizi nell’esecuzione del precedente contratto di appalto, che avrebbero dovuto essere resi noti nella procedura de qua per consentirne la valutazione da parte della stazione appaltante.

4. Il motivo è infondato.

Va premesso che la procedura di gara è stata indetta con bando del 13 febbraio 2019, sicché non è in contestazione che il testo dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 applicabile ratione temporis sia quello modificato dall’art. 5, comma 1, del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12.

Dato l’incipit dell’art. 80, comma 5, secondo cui “le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni […]”, rilevano, secondo l’appellante:

- la lettera c (la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità) e

- la lettera f-bis (l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere).

Si conviene con l’appellante che, essendo rimasta invariata la disposizione del precedente primo periodo della lettera c), sia a maggior ragione attuale la giurisprudenza che -pur nel vigore della disposizione che individuava alcune condotte da qualificarsi ex lege “gravi illeciti professionali” attualmente “spostate” nelle lettere c-bis e c-ter- riteneva trattarsi di elencazione puramente esemplificativa e riconosceva alla stazione appaltante di poter desumere la sussistenza di “gravi illeciti professionali” da ogni altra vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa se reputata idonea a mettere in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente (ex multis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586; V, 25 gennaio 2019, n. 591; V, 3 gennaio 2019, n. 72; III, 27 dicembre 2018, n. 7231).

Anche in base all’attuale testo dell’art. 80, comma 5, lett. c), si può ribadire che i c.d. obblighi informativi sono posti a carico dell’operatore economico per consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’integrità e sull’affidabilità del medesimo (cfr. Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 827; V, 16 novembre 2018, n. 6461; V, 24 settembre 2018, n. 5500; V, 3 settembre 2018, n. 5142; V, 17 luglio 2017, n. 3493; V, 5 luglio 2017, n. 3288).

Però, contrariamente a quanto assume l’appellante, la modifica normativa in esame non ha affatto comportato un ampliamento delle informazioni da rendersi da parte del concorrente. A tutt’oggi, rientrano tra le informazioni dovute quelle di cui alla lettera c bis), ultimo inciso, nonché -per pacifica giurisprudenza- quelle tipizzate di cui alla lettera c-ter), sicché l’omissione di tali informazioni ovvero la loro falsità, ai sensi della lettera f bis) dello stesso art. 80, comma 5, comporta l’esclusione del concorrente, fatta salva per le circostanze di cui alla lettera c-ter la motivazione imposta alla stazione appaltante.

4.1. Nel caso in esame, non ricorre alcuna delle fattispecie tipizzate dalla lettera c-ter), poiché il contratto stipulato tra Etruria Servizi e il Comune di Ponderano non è stato risolto, né vi è stata condanna al risarcimento del danno o l’applicazione di altre “sanzioni comparabili”.

4.2. Dato ciò, e non avendo la ricorrente nemmeno sostenuto l’applicabilità dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis), la questione interpretativa oggetto del presente giudizio si risolve nel rapporto tra le disposizioni di cui alle lettere c) ed f-bis) dell’art. 80, comma 5, dal momento che il legale rappresentante di Etruria Servizi, con la domanda di partecipazione alla gara, ha dichiarato di non essere incorso in gravi illeciti professionali, pur nella pendenza del contenzioso in essere con il Comune di Ponderano.

4.2.1. In linea di principio, permane, anche dopo la modifica normativa di cui sopra, il contrasto giurisprudenziale sull’interpretazione combinata delle due norme, rappresentato dai precedenti citati da ciascuna delle parti nel presente giudizio a sostegno delle proprie contrapposte ragioni; dato tale contrasto, risulta tuttavia prevalente -rispetto a quella fatta propria dal giudice a quo mediante la citazione della sentenza di questa Sezione V, 3 settembre 2018, n. 5136- l’interpretazione giurisprudenziale che impone all’operatore economico di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, astrattamente valutabili ai fini del giudizio di affidabilità quale futuro contraente (cfr. Cons. Stato, V, 14 febbraio 2018, n. 956; id., V, 11 giugno 2018, n. 3592; id., V, 24 settembre 2018, n. 5500; id., V, 27 dicembre 2018, n. 7271, nonché di recente Cons. Stato, III, 22 maggio 2019, n. 3331 e C.G.A., 10 luglio 2019, n. 662, citate nel ricorso in appello).

4.2.2. Tuttavia, l’analisi dei casi oggetti delle pronunce che hanno affermato l’indirizzo interpretativo più rigoroso consente di concludere nel senso che -impregiudicata ogni valutazione sulla (diversa) fattispecie, qui non rilevante, delle dichiarazioni concernenti pregresse condanne penali (cui è riferita la recente decisione di questa Sezione V, 7 gennaio 2020, n. 70 citata nella memoria difensiva dell’appellante)- la dichiarazione omessa, incompleta o falsa riguardo alle vicende professionali dell’impresa è stata reputata idonea all’esclusione del concorrente soltanto se concernente illeciti professionali gravi, accertati e significativi ai fini del giudizio di integrità e di affidabilità dell’operatore economico. Ed invero, un’interpretazione che, all’opposto, imponesse obblighi dichiarativi generalizzati e illimitati, come osservato in un condivisibile arresto giurisprudenziale, “potrebbe rivelarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (così Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142).

4.3. Quest’ultima è la situazione che si riscontra nel caso di specie, atteso che:

- l’inesatto adempimento della Etruria Servizi s.r.l. di obbligazioni inerenti un precedente contratto è stato posto a base di una domanda riconvenzionale svolta dal Comune di Ponderano nel giudizio civile, che era stato introdotto dalla società appaltatrice al fine di ottenere il risarcimento dei danni sofferti per il dedotto inadempimento dell’amministrazione appaltante;

- il giudizio si è svolto dopo che il contratto era stato interamente eseguito, essendo pervenuto alla naturale scadenza contrattuale ed al suo esaurimento, anche con il versamento del corrispettivo alla società esecutrice;

- non vi è un inadempimento di quest’ultima che sia stato accertato (come sostiene l’appellante) bensì soltanto dedotto in giudizio, a fondamento di una domanda riconvenzionale, che però non ha ricevuto alcun avallo giudiziale;

- pur se è vero che, alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara de qua, il contenzioso era ancora pendente, risulta per tabulas che fosse in via definizione stragiudiziale (cfr. i punti 18, 19 e 20 della delibera del 21 marzo 2019);

- la transazione successivamente stipulata tra le parti conferma quest’ultimo dato, mentre non può assumere, ex se, come vorrebbe l’appellante, valenza accertativa dell’inadempimento della società da qualificarsi come “grave illecito professionale” imputabile all’operatore economico, poiché l’atto transattivo è negozio di accertamento limitato, nel caso di specie, al riconoscimento delle contrapposte pretese patrimoniali, ai soli fini delle “reciproche concessioni” strumentali a porre fine alla lite in essere tra le parti.

4.3.1. In siffatta situazione, va escluso:

- sia che, alla data della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, vi fosse l’obbligo di dichiarare l’inesatto adempimento riferito al precedente contratto di appalto, poiché questo non era stato accertato in giudizio né formalmente contestato con provvedimenti di competenza della stazione appaltante emessi per addivenire alla risoluzione del contratto;

- sia che, alla stessa data, vi fosse l’obbligo di dichiarare la pendenza del giudizio, in quanto il contenzioso aveva ad oggetto (non una domanda di risoluzione contrattuale avanzata dalla stazione appaltante per l’inadempimento dell’appaltatore bensì) contrapposte pretese patrimoniali; per di più, le pretese della stazione appaltante, pur se a titolo risarcitorio, erano state avanzate soltanto con domanda riconvenzionale, dal momento che l’iniziativa giudiziaria era stata intrapresa dalla Etruria Servizi, dopo che il contratto aveva avuto definitiva esecuzione giungendo alla naturale scadenza.

4.4. Il primo motivo di appello va respinto.

5. Col secondo motivo si censura la decisione di rigetto della domanda di accesso ai verbali di gara inerenti l’esame delle offerte, nonché all’offerta tecnica ed all’offerta economica del r.t.i. aggiudicatario, formulata ai sensi dell’art. 116, comma 2, Cod. proc. amm..

5.1. La domanda è stata respinta perché, come si legge in sentenza, “parte ricorrente non ha dimostrato l’interesse a supporto della predetta istanza anche in considerazione della tipologia di censure articolate con il gravame proposto che non attiene a vizi dell’offerta tecnica ed economica della controinteressata”.

5.2. L’appellante invoca l’applicazione dell’art. 53, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, sostenendo che consentirebbe di superare i motivi ostativi rappresentati dalla stazione appaltante, ed insiste nell’istanza di accesso “con espressa riserva di proporre motivi aggiunti”.

5.2.1. Censura quindi la sentenza laddove richiede la dimostrazione dell’interesse all’accesso, sostenendo che sarebbe sufficiente il presupposto della “connessione” di cui al secondo comma dell’art. 116 Cod. proc. amm., cioè l’impugnazione dell’aggiudicazione in favore della prima graduata e la richiesta di subentrare nel contratto.

6. Il motivo è infondato.

Va premesso che le note di diniego della stazione appaltante (nota prot. n. 1263 del 16 aprile 2019 e nota/verbale del 29 aprile 2019) fanno riferimento al divieto di rendere pubblici gli atti di gara “in relazione alle offerte” fino all’aggiudicazione, ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016; la prima richiama inoltre il divieto dello stesso art. 53, comma 5, lett. a).

6.1. Contrariamente a quanto assume l’appellante, l’accesso in corso di causa presuppone comunque la sussistenza di un interesse che sorregga, in concreto, l’actio ad exhibendum, sia che si ritenga trattarsi di un incidente istruttorio (cfr. Cons. Stato, IV, 12 luglio 2013, n. 3759, che richiede l’acclarata utilità dei documenti ai fini della decisione di merito) sia che si ritenga –come appare preferibile- l’autonomia dell’azione, pur se esercitata in corso di causa (cfr. Cons. Stato, V, ord. 21 maggio 2018, n. 3028).

Siffatto interesse all’accesso va poi distinto, a seconda che le informazioni richieste costituiscano o meno segreti tecnici o commerciali, ricadenti nel divieto di cui all’art. 53, comma 5, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016.

6.2. Al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in sede giudiziale (cfr. Cons. Stato, V, 7 gennaio 2020, n. 64), specificamente –quando si tratta di istanza avanzata ai sensi dell’art. 116, comma 2, Cod. proc. amm.- di utilizzazione nel giudizio nell’ambito del quale necessita produrre i documenti a cui è chiesto l’accesso.

6.3. Tuttavia, anche nel caso in cui non ricorra una fattispecie di divieto all’accesso, la verifica dell’interesse a ricorrere si muove lungo le linee ordinarie segnate dall’art. 100 Cod. proc. civ. e, in materia di accesso, dall’art. 22, comma 1, lett. b), richiedendosi perciò, in riferimento alla tutela del diritto di difesa in giudizio, onde evitare richieste meramente emulative, l’attinenza delle informazioni cui si vuole accedere all’oggetto del giudizio ed alle ragioni difensive del ricorrente, potendosi prescindere dalla valutazione della loro fondatezza od ammissibilità (cfr. Cons. Stato, VI, 18 gennaio 2018, n. 293), non anche però dalla loro prospettazione.

6.4. Nel caso di specie, la domanda di accesso, così come proposta in giudizio (senza che sia stata peraltro preceduta da istanza rivolta all’amministrazione dopo il completamento della procedura), si è venuta ad atteggiare come meramente esplorativa, volta cioè a ricercare la sussistenza di cause di pregiudizio della seconda classificata del tutto eventuali. In tale situazione, difettando la dimostrazione dell’interesse ai fini della difesa in giudizio, è corretta la decisione assunta in primo grado.

7. L’appello va respinto.

7.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali, che liquida, in favore di ciascuna delle parti appellate, nell’importo complessivo di € 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2020.

 

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato affronta due aspetti in tema di gare indette per l’aggiudicazione di pubblici appalti, rappresentati – il primo – dal contenuto che deve presentare la dichiarazione richiesta al concorrente dall’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, con specifico riferimento agli elementi indicati dalla lett. c) alla lett. c-quater) dello stesso, e – il secondo – dalla necessità che sia allegato ed emerga l’interesse che deve presidiare la domanda di accesso ai documenti presentati da altro operatore economico (di solito, quello risultato aggiudicatario).

Come noto, l’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 prefigura i motivi di esclusione dell’operatore economico dalla partecipazione a procedimenti concorsuali indetti per l’aggiudicazione di appalti (ovvero concessioni). Più nello specifico, il comma 5 dello stesso prevede l’esclusione del concorrente che, in base agli elementi elencati dalla lett. c) sino alla lett. c-quater) dello stesso, abbia commesso gravi errori professionali o gravi inadempimenti e carenze (anche nei confronti di subappaltatori), ovvero abbia omesso, anche solo colposamente, di fornire le informazioni che occorrono per consentire le necessarie valutazioni da parte della stazione appaltante, ovvero ancora abbia fornito (indifferentemente per dolo o colpa) informazioni inesatte.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale formatosi nel vigore del testo normativo anteriore alle modifiche recate dal d.l. n. 135 del 2018 – che ha introdotto le lettere c-bis), c-ter) e c-quater) del comma 5, facendo confluire in esse parte delle ipotesi sino ad allora prefigurate nella originaria formulazione della lett. c) –, orientamento da ritenersi tuttora attuale (sul presupposto della invariata formulazione del precedente primo periodo della ricordata lett. c), le condotte dell’operatore economico qualificate ex lege in termini di gravi errori professionali rappresentano una elencazione meramente esemplificativa e non tassativa, dovendosi riconoscere alla stazione appaltante la possibilità di desumere la sussistenza di un grave errore professionale da qualunque vicenda pregressa dell’attività del concorrente, laddove ne risulti accertata la contrarietà ad un dovere giuridico sancito da una norma (indifferentemente civile, penale od amministrativa), se tale vicenda sia reputata dalla stazione appaltante idonea a mettere in dubbio l’integrità morale o l’affidabilità professionale del concorrente (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 25 gennaio 2019, n. 591; id., 24 gennaio 2019, n. 586; id., 3 gennaio 2019, n. 72; id., 27 dicembre 2018, n. 7231).

Di conseguenza, risulta possibile affermare che, anche in base all’attuale testo dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, i cd. obblighi informativi risultano posti a carico dell’operatore economico al fine di consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’integrità e sull’affidabilità contrattuale del concorrente (Consiglio di Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 827; id., 16 novembre 2018, n. 6461; id., 24 settembre 2018, n. 5500; id., 3 settembre 2018, n. 5142; id., 17 luglio 2017, n. 3493; id., 5 luglio 2017, n. 3288).

In giurisprudenza è stato inoltre evidenziato che la presentazione in sede di gara, da parte dell’operatore economico, di una dichiarazione incompleta risulta ex se lesiva degli interessi tutelati dal legislatore, senza che possa darsi ingresso ad una distinzione fra falso commissivo e falso omissivo, posto che l’omissione preclude in radice alla stazione appaltante di effettuare le necessarie valutazioni (Consiglio di Stato, sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7271). Proprio in considerazione del fatto che si tratta comunque di una dichiarazione non veritiera, e non semplicemente incompleta, è stato escluso l’applicazione per tale ipotesi dell’istituto del soccorso istruttorio, considerato altresì che lo stesso, secondo un orientamento che appare consolidato in giurisprudenza, non può trovare applicazione laddove confligga con il principio di autoresponsabilità del concorrente (Consiglio di Stato, sez. III, 22 maggio 2019, n. 3331).

Inoltre, è stato precisato in giurisprudenza come risulti del tutto irrilevante che l’errore professionale rientrante nel perimetro dell’obbligo dichiarativo risulti posto in essere nell’esecuzione di un contratto intercorso con la stessa stazione appaltante, ovvero abbia ad oggetto rapporti negoziali con un’amministrazione diversa (Consiglio di Stato, sez. V, 12 marzo 2020, n. 1760).

Per quanto attiene il contenuto che deve presentare la dichiarazione dell’operatore economico relativa all’eventuale commissione di errori professionali, già nel vigore della normativa antecedente le modifiche introdotte dall’art. 5, comma 1, d.l. n. 135 del 2018 risultava prevalente l’orientamento secondo cui l’operatore economico è tenuto a portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, che risultino astrattamente rilevanti al fine della formulazione del giudizio di affidabilità del concorrente per quanto attiene l’assunzione della qualità di futuro contraente della stazione appaltante (così Cons. Giust. Amm., 10 luglio 2019, n. 662; Consiglio di Stato, sez. III, 22 maggio 2019, n. 3331; id., sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7271), giudizio che, secondo una opinione accolta in giurisprudenza, risulta ascrivibile all’ambito della discrezionalità della stazione appaltante (Consiglio di Stato, sez. V, 18 ottobre 2018, n. 5960), tenuta, in base ai princìpi generali che presiedono all’esercizio della discrezionalità, a motivare le ragioni della propria scelta, soprattutto ove la stessa conduca all’esclusione dell’operatore economico dal procedimento concorsuale.

Sul punto, è infatti stato sostenuto in giurisprudenza (in base ad un indirizzo che, sebbene formatosi con riferimento alla disciplina tratteggiata nel previgente d.lgs. n. 163 del 2006, appare tuttora predicabile) che sussiste in capo al concorrente il dovere di dichiarare tutte le vicende pregresse, concernenti risoluzioni, errori od altre negligenze, relative a precedenti rapporti contrattuali intercorsi con pubbliche amministrazioni diverse dalla stazione appaltante, in quanto la dichiarazione de qua attiene ai princìpi di lealtà ed affidabilità contrattuale e professionale che presiedono ai rapporti fra gli operatori economici e la stazione appaltante (Consiglio di Stato, sez. V, 14 febbraio 2018, n. 956), in una visione che evoca i princìpi della responsabilità precontrattuale per violazione degli obblighi di correttezza e buona fede compendiati nell’art. 1337 c.c..

Per quanto attiene l’estensione di tale obbligo dichiarativo, la giurisprudenza ha precisato che l’operatore economico, chiamato a rendere la dichiarazione inerente la commissione di gravi errori professionali, non può in alcun modo modularne il contenuto sulla base di personali valutazioni sulla fondatezza, gravità e pertinenza degli episodi, anche qualora si tratti di eventi ancora sub iudice, spettando unicamente alla stazione appaltante il potere discrezionale di apprezzamento in ordine alla sussistenza o meno dei requisiti di integrità ed affidabilità professionale degli aspiranti contraenti (Consiglio di Stato, sez. V, 24 settembre 2018, n. 5500).

 

E’ stato però osservato che un’interpretazione delle norme ponenti il succitato obbligo dichiarativo, che conduca a prevedere obblighi dichiarativi generalizzati ed illimitati, finirebbe con il rivelarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici, imponendo la necessità di ripercorrere vicende ampiamente datate, o che risultino comunque insignificanti nel contesto della vita professionale dell’impresa (Consiglio di Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142).

E’ stato comunque escluso dalla decisione in commento che possa rientrare nel perimetro dell’obbligo dichiarativo de quo l’ipotesi in cui il dedotto non esatto adempimento delle obbligazioni oggetto di un precedente contratto non abbia formato oggetto di specifico accertamento, ma abbia costituito mera domanda riconvenzionale avanzata dalla p.a. nel giudizio promosso dall’operatore economico per conseguire il risarcimento del danno ricondotto al comportamento inadempiente dell’amministrazione, giudizio peraltro promosso dopo l’integrale esecuzione del contratto.

Per quanto attiene il secondo aspetto esaminato e risolto dalla sentenza in rassegna, afferente l’accesso da esercitarsi in corso di causa, è stato ricordato come esso presupponga l’esistenza di un interesse concreto che sorregga l’actio ad exhibendum, a prescindere che lo si qualifichi incidente istruttorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 luglio 2013, n. 3759), sia che si predichi l’autonomia dell’azione, sebbene esercitata nell’ambito del giudizio (Consiglio di Stato, ord. 21 maggio 2018, n. 3018). Pertanto, perché risulti predicabile il diritto di accesso a documenti contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, occorre allegare e dimostrare (non già l’interesse alla tutela di proprie situazioni giuridiche soggettive, bensì) il carattere di indispensabilità della documentazione oggetto dell’istanza ostensoria ad assicurare in giudizio la tutela di un interesse concreto e specifico (Consiglio di Stato, sez. V, 7 gennaio 2020, n. 64). In ogni caso, occorre considerare l’incidenza delle coordinate normative generali in materia di accesso tratteggiate dal legislatore all’art. 22, comma 1), lett. b), l. n. 241 del 1990.

Da ultimo, è appena il caso di evidenziare che l’aspetto dell’accesso agli atti e documenti delle procedure di gara dovrà confrontarsi con quanto sancito recentemente dall’adunanza plenaria (2 aprile 2020, n. 10), che ha ritenuto applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici la disciplina dell’accesso pubblico generalizzato, pur stabilendo che resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni poste dall’art. 5-bis, commi 1 e 2, d.lgs. n. 33 del 2013, a tutela degli interessi ivi previsti e nel bilanciamento fra il valore della trasparenza ed il valore della riservatezza.