il punto della situazione

1. Premessa. La firma digitale e la marcatura temporale 2. La funzione della firma digitale; 3. Il caso. La decisione del Consiglio di Stato sent. n. 1953 del 19 marzo 2020.

1. Premessa. La firma digitale e la marcatura temporale.

Negli ultimi anni, nel rispetto dei principi di buon andamento e di efficienza, l’ordinamento italiano ha cercato di semplificare l’azione amministrativa, eliminando i procedimenti non strettamente necessari al perseguimento dell’interesse pubblico.

In particolare, a seguito del recepimento delle tre direttive europee 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, l’amministrazione si è conformata a tale processo di semplificazione attraverso la digitalizzazione delle procedure di aggiudicazione e di gestione dei contratti pubblici.

Con l’emanazione del d. lgs.vo n. 50/2016, il legislatore italiano ha introdotto norme ad hoc per regolamentare e standardizzare le procedure nell’ambito del cd. e-procurement (elettronic procurement), ovvero il processo di acquisizione di beni e servizi mediante tecnologie informatiche.

Una delle principali disposizioni che ha sancito il ricorso alle procedure informatiche nell’ambito dei contratti pubblici è l’articolo 58 del citato decreto, rubricato “procedure svolte attraverso piattaforme telematiche di negoziazione”.

L’introduzione della norma de qua ha consentito lo snellimento e l’accelerazione delle procedure di gara: la disposizione rientra nel processo di sviluppo digitale del Paese, anche attraversi l’informatizzazione delle amministrazioni pubbliche e delle comunicazioni tra queste e cittadini.

Vediamo nello specifico come funzionano le procedure telematiche di gara.

Preliminarmente è necessario l’accreditamento degli operatori economici a un sistema informatico (piattaforma di e-procurement); tale accreditamento avviene mediante l’invio di una copia del documento di identità e l’assegnazione di un account all’utente/operatore economico.

Successivamente, a ciascun operatore vengono rilasciate le credenziali per poter accedere all’area personale.

Infine, mediante l’accesso alla piattaforma on-line, l’utente/operatore economico presenta la domanda di partecipazione e tutta la documentazione di gara.

Così facendo, ogni offerta caricata sulla piattaforma viene biunivocamente associata ad un determinato account, assegnato all’utente/offerente in fase di registrazione.

È evidente che predetta modalità telematica - a differenza di quella tradizionale cartacea - è in grado di assicurare elevate garanzie per quanto concerne l’inviolabilità e l’integrità delle offerte.

Le offerte tecniche ed economiche presentate dagli operatori devono essere sottoscritte con firma digitale, sia al fine di verificare la esatta coincidenza tra il soggetto autore dell’atto e colui che ha sottoscritto l’offerta, sia perché l’operatore economico, attraverso la firma digitale, fa proprio il contenuto del documento.

Invero, è pacifico in dottrina e in giurisprudenza che il primo elemento necessario – tanto per la domanda di partecipazione a una procedura, quanto per l’offerta - è l’identificazione del candidato o dell’offerente, ovvero del soggetto giuridico cui l’atto deve essere giuridicamente imputato.

Nel caso in cui non possa attribuirsi con certezza la paternità dell’offerta all’operatore economico (per mancata apposizione della firma), la stessa non può produrre effetti giuridici.

Inoltre, l’offerta deve essere marcata temporalmente, ciò al fine di garantire l’integrità del documento marcato, poiché non modificabile, stabilendo in maniera certa l’ora e minuto esatto di avvenuta marcatura.

La firma digitale e la marca temporale sono due strumenti informatici che consentono di assolvere a funzioni diverse: mentre la marcatura temporale “è un servizio specificamente volto ad associare data e ora certe e legalmente valide ad un documento informatico, consentendo, quindi, di attribuirgli una validazione temporale opponibile a terzi (cfr. d. lgs.vo n. 82 del 2005, art. 20, comma 3, cd. Codice dell’Amministrazione Digitale), solo la firma digitale è idonea al diverso ed ulteriore scopo di “rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico” (art. 1 comma 1 lett. S, d.lgs. 82/2005).

La firma digitale equivale alla firma autografa apposta su un documento cartaceo e, quindi, la sua funzione è garantire autenticità, integrità e validità di un atto.

Invece, “La marca temporale attesta il preciso momento in cui il documento è stato creato, trasmesso o archiviato” (Cass. Civ. sez. I, 13 febbraio 2019, n. 4251). Il servizio di marcatura temporale, peraltro, può essere utilizzato anche su files non firmati digitalmente, parimenti garantendone una collocazione temporale certa e legalmente valida.

 

2. La funzione della firma digitale.

Com’è noto, nell’ambito dei contratti pubblici la sottoscrizione dell’offerta economica è finalizzata ad accertarne la provenienza e a garantire l’integrità del documento informatico, oltre che a vincolare l’autore al contenuto del documento per assicurare la serietà, l’affidabilità e l’insostituibilità dell’offerta.

Orbene, la giurisprudenza formatasi sotto la vigenza del vecchio codice degli appalti (d. lgs.vo n. 163/2006), e delle norme ivi contenute (art. 46), non aveva dubbi nell’escludere dalla gara per l’affidamento di appalti pubblici, le domande di partecipazione cartacee e le offerte prive di sottoscrizione, poiché soltanto con essa l'impresa partecipante poteva far propria la dichiarazione contenuta nel documento, vincolandosi alla stessa e assumendo le conseguenti responsabilità.

Ma vi è di più. La mancanza della sottoscrizione inficiava irrimediabilmente la validità della manifestazione di volontà contenuta nell'offerta, legittimando l'esclusione dalla gara anche in assenza di un'espressa previsione del bando di gara (Cons. Stato, sez. V, 15.6.2015, n. 2954; idem, 20.4.2012, n. 2317; sez. IV, 19.3.2015, n. 1425).

L’omissione della firma non poteva essere sanata nemmeno con l’istituto del soccorso istruttorio e/o con il pagamento della sanzione pecuniaria, in quanto l’apposizione della stessa in calce all'offerta rientrava tra gli elementi essenziali dell’offerta stessa. In conseguenza di ciò, l'assenza della sottoscrizione rendeva l'offerta inesistente.

La più recente giurisprudenza amministrativa (cui si è conformato anche l’ANAC) ha invece escluso l’irrilevanza giuridica e, quindi, l’inammissibilità di offerte prive di sottoscrizione, quando - in base alle circostanze concrete - l’offerta risulta con assoluta certezza riconducibile e imputabile a un determinato soggetto o operatore economico (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 21 novembre 2016, 4881).

La logica sottesa a siffatto orientamento è quella di focalizzare l’attenzione dell’interprete sulla funzione della norma che impone che l’offerta debba essere sottoscritta.

Invero, nelle gare pubbliche, la sottoscrizione della documentazione e dell'offerta consente di rendere questi documenti riferibili al loro presentatore, vincolando quest’ultimo all'impegno assunto, con la conseguenza che laddove tale finalità risulta in concreto conseguita, con salvaguardia del sotteso interesse dell'Amministrazione, non può essere esclusa l’offerta del concorrente priva di firma, (Cons. Stato, VI, 15 dicembre 2010, n. 8933; V, 27 aprile 2015, n. 2063).

Per la verità, la giurisprudenza amministrativa non è univoca sul punto: deve essere dato atto dell’esistenza di altro orientamento, secondo cui la sottoscrizione è elemento essenziale dell’offerta e, di conseguenza, le domande di partecipazione o le offerte prive di tale elemento sono da ritenere inammissibili.

Secondo l’orientamento de quo, “nelle gare pubbliche la garanzia di una sicura provenienza dell'offerta da parte dei concorrenti riposa in modo imprescindibile sulla sottoscrizione del documento contenente tale manifestazione di volontà, poiché con essa l'impresa partecipante fa propria la dichiarazione contenuta nel documento, vincolandosi alla stessa ed assumendo le conseguenti responsabilità; ed è del pari indiscutibile che la mancanza della sottoscrizione inficia irrimediabilmente la validità della manifestazione di volontà contenuta nell'offerta, legittimando l'esclusione dalla gara anche in assenza di un'espressa previsione del bando di gara (Cons. St., Sez. V, 15 giugni 2015, n. 2954; idem, 20 aprile 2012, n. 2317; Sez. IV, 19 marzo 2015, n. 1425; Sez. V, 21 giugno 2017, n. 3042) le cui statuizioni devono ritenersi integrate dall'art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016 che costituisce norma imperativa formulata in modo sufficientemente chiaro da consentire ai concorrenti di conoscere ex ante l'obbligo al quale sono soggetti (TAR Toscana, I, 6.11.2017, n. 1354)”, (T.A.R. Firenze sent. n. 278 del 5.03.2020).

Ci troviamo, dunque, di fronte a pronunce non univoche che possono ingenerare anche confusione sulle conseguenze della mancata sottoscrizione dell’offerta nell’ambito di una gara pubblica.

 

3. Il caso. La decisione del Consiglio di Stato sent. n. 1963 del 19 marzo 2020.

In siffatto quadro è di recente intervenuta una pronuncia del Consiglio di Stato che ha indagato il tema della mancata sottoscrizione delle offerte nell’ambito delle procedure di gara telematiche.

Invero, con l’introduzione degli strumenti della digitalizzazione precedentemente illustrati, appare sempre più prevalente l’orientamento che non ricollega alla mancata sottoscrizione dell’offerta l’esclusione dalla gara.

Questo in ragione del fatto che la procedura telematica contempla ulteriori elementi da cui desumere con sicurezza la riconducibilità dell’offerta all’autore.

Con la pronuncia in esame il Consiglio di Stato ha preso posizione sulla questione.

In particolare, la quaestio iuris sottoposta ai Giudici di appello concerne le conseguenze giuridiche da attribuire, in una gara telematica, a un documento rappresentativo di un’offerta presentato senza la sottoscrizione dell’offerente, ma comunque a questi riconducibile (attraverso ulteriori elementi).

La vicenda trae origine dalla esclusione di una società da una gara telematica - ex art. 58 del d. lgs.vo n. 50/2016 - poiché “il file dell’offerta economica, caricato su piattaforma in modo conforme rispetto al timing di gara, è stato marcato temporalmente ma non è stato firmato digitalmente”.

Questi i fatti. La società si era accreditata sul portale telematico di gara, indicando il nominativo del proprio legale rappresentante. Successivamente, questi accedeva al portale di gara telematico mediante l'accredito ricevuto e presentava l’offerta, priva di sottoscrizione digitale ma con marca temporale. L'offerta economica, benché priva di firma digitale, veniva accettata dal sistema informatico che inviava una risposta di conferma al concorrente tramite Pec, senza segnalare alcuna anomalia.

Avverso l’esclusione dalla gara, la società adiva il T.a.r. Sardegna.

Con sentenza n. 593/2019, i Giudici di prime cure accoglievano il ricorso, ritenendo che “la mancanza della firma digitale sull’offerta non avesse originato incertezza sulla provenienza e immodificabilità dell’atto, considerato che l’uploud dei documenti era avvenuto previa registrazione e creazione di un account abilitato all’accesso al portale telematico gestito da net4market”. Inoltre, sempre secondo il T.a.r. “anche la marcatura temporale garantisce l’integrità del documento marcato, poiché non modificabile, e stabilisce in maniera certa l’ora e il minuto esatto di avvenuta marcatura”.

In sostanza, l'offerta economica priva di firma digitale ma in regola con la marcatura temporale deve essere considerata «ragionevolmente ancorché erroneamente, firmata digitalmente» mediante uno strumento e un procedimento che persegue gli obiettivi sostanziali della firma digitale.

Come abbiamo visto, la funzione della firma digitale è quella di attribuire paternità all’atto oltre che rendere l’offerta immodificabile.

Orbene, nel caso di specie tali finalità sono state ritenute raggiunte attraverso il particolare procedimento di accreditamento alla piattaforma telematica, che consente di indentificare con assoluta certezza il concorrente sulla base di altri elementi acquisiti alla procedura.

I Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto corretta l’argomentazione del T.A.R., confermato tale decisione.

In altri termini, per il Consiglio di Stato, il difetto strutturale dell’atto – ovvero la mancanza della firma digitale – può essere superato nel caso in cui sia in ogni caso assolta la sua funzione nell’ambito della procedura di gara, ovvero l’interesse dell’amministrazione a non escludere un concorrente che è identificabile con assoluta certezza.

Infatti, secondo il disciplinare telematico, la partecipazione alla gara e la presentazione dell’offerta erano possibili solo attraverso l’accesso al sistema effettuato mediante la creazione di un apposito “account”.

In sostanza, ogni offerta caricata sulla piattaforma era biunivocamente associata a un dato account.

In conseguenza di ciò, l’offerta tecnica, già per il solo fatto di essere stata caricata tramite upload sulla pagina riservata alla società - previa registrazione al portale telematico a mezzo di inserimento di password personale - è da considerarsi certamente proveniente dalla società stessa.

L’osservanza di tale procedura, dunque, consente di andare oltre il disposto della lex specialis, secondo cui, espressamente, la mancata sottoscrizione digitale dell’offerta avrebbe dovuto comportare l’esclusione dalla gara.

Ebbene, i giudici di Palazzo Spada sono andati oltre la struttura della norma, ovvero il suo contenuto letterale, guardando agli effetti della stessa che, nel caso di specie, sono stati considerati raggiunti in virtù della certa riconducibilità dell’offerta al suo autore.