Cons. Stato, sez. V, 17 marzo 2020 n. 1916

È vero che il possesso di una certificazione ambientale, sulla base del disposto dell’art. 95, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016, può ben essere considerato in un gara pubblica non già come requisito per ammettere la concorrente alla gara, ma come elemento di valutazione dell’offerta; ciò conferma la legittimità della scelta in tal senso della stazione appaltante e risulta quindi profilo irrilevante per la successiva soluzione del tema in esame. Esso è relativo alla possibilità di utilizzare l’istituto dell’avvalimento da parte del concorrente ammesso per poter beneficiare del punteggio previsto per un determinato elemento caratterizzante l’offerta. 

La bontà della scelta da ultimo operata dalla stazione appaltante (e quindi la infondatezza della censura in esame) deriva dal dato testuale dell’art. 89, comma 1, del d.lgs n. 50 del 2016 ove l’istituto dell’avvalimento è costruito sull’esigenza dell’operatore economico di “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’art. 83, comma 1, lett. b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara”. Dato testuale sulla cui base è stata elaborata la giurisprudenza, che il Collegio condivide, secondo cui nelle procedure ad evidenza pubblica l’avvalimento ha la funzione di consentire al concorrente sfornito di alcuni requisiti di ammissione alla gara, di parteciparvi ugualmente acquisendo i requisiti mancanti da altro operatore economico che li possieda, ma non può tramutarsi in uno strumento volto a conseguire una più elevata valutazione dell’offerta.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 2301 del 2019, proposto da
Consorzio Stabile Odos e Cons. Fer Consorzio Stabile, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Claudio De Portu, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Flaminia 354.

contro

Autostrade per l'Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Guccione, Maria Ferrante, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Claudio Guccione in Roma, via Sardegna n.50;

nei confronti

Tre Più Impresa s.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Contaldi La Grotteria, Rosamaria Berloco, Giampaolo Austa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Carlo Contaldi La Grotteria in Roma, Lungotevere dei Mellini, 24;

Trivell Fond S.r.l., Marcegaglia Buildtech S.r.l., Sgromo Costruzioni S.r.l., Sirianni S.r.l. non costituiti in giudizio.

per la riforma della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE II n. 00185/2019, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autostrade per l'Italia S.p.A. e di Tre Più Impresa S.R.L;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2019 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati De Portu, Guccione, e Pittori in dichiarata delega di Contaldi La Grotteria;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con bando di gara pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in data 7 dicembre 2016 Autostrade per l’Italia s.p.a. (ASPI) ha indetto una procedura aperta per l’affidamento di un appalto di lavori di risanamento acustico sull’Autostrada Firenze-Pisa Nord da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In esito allo svolgimento delle operazioni di gara il RTI capeggiato dal Consorzio Stabile Odos si è classificato al primo posto, seguito dal RTI Tre più e dal RTI Marcegaglia, inserito in graduatoria sebbene non avesse confermato la propria offerta e si fosse ritirato dalla gara.

1.1. - Parte ricorrente, Consorzio Stabile Odos e Cons. Fer Consorzio Stabile (RTI Odos), ha riferito di aver appreso dal verbale di gara n. 9 del 5 luglio 2018 che ASPI, con nota del 9 maggio 2018 indirizzata alla commissione giudicatrice, aveva “rilevato che la commissione di gara - relativamente al criterio n. 5 – ha assegnato una valutazione positiva nei confronti del concorrente ATI ODOS Consorzio Stabile – Cons. Fer Consorzio Stabile, in considerazione del contratto di avvalimento riferito alla certificazione ISO 14001 intercorso tra la mandante Cons. Fer Consorzio Stabile e l’ausiliaria impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani Spa”; secondo ASPI, però, all'avvalimento potrebbe farsi ricorso solo per "colmare eventuali lacune del concorrente relative al possesso dei requisiti di qualificazione di cui all'art. 83 comma 1 lettere b) e c) del codice, ove necessarie ai fini della partecipazione alla specifica procedura di gara, e, pertanto, non anche nel caso di carenza dei criteri di valutazione dell'offerta tecnica di cui all'art. 95 del codice". La commissione si è quindi conformata all’indicazione della stazione appaltante e, in riferimento al criterio n. 5, ha assegnato alla ricorrente non già 3 punti (come avvenuto inizialmente) ma 0 punti, in considerazione della impossibilità della mandante di ricorrere all’avvalimento, né potendo valutare il possesso della certificazione in capo al consorzio mandatario, essendo stato stabilito che in caso di RTI fosse necessario il possesso della medesima in capo a tutti i componenti del raggruppamento. È seguita la modifica della graduatoria con assegnazione del primo posto al RTI Tre Più, secondo posto al RTI Marcegaglia e terzo a parte ricorrente.

1.2. - Avverso il verbale n. 9 e gli altri atti presupposti e successivi, i consorzi componenti il costituendo RTI con capogruppo Consorzio Stabile Odos hanno proposto ricorso con quattro motivi, a cui hanno resistito tanto ASPI che Tre Più Impresa s.r.l., in proprio e quale capogruppo mandataria del RTI con la società Trivell Fond s.r.l.

1.3. Con atto di motivi aggiunti parte ricorrente ha poi gravato il provvedimento di aggiudicazione in favore di quest’ultimo, e gli altri atti presupposti e successivi, proponendo ulteriori quattro motivi, a cui hanno resistito le parti già costituite.

2. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha respinto il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti. Ha compensato tra le parti le spese processuali.

3. Il Consorzio Stabile Odos e il Cons. Fer Consorzio Stabile hanno proposto appello con sette motivi, corrispondenti a sette degli otto mezzi respinti dalla sentenza appellata, avendo gli appellanti rinunciato a gravare il rigetto del quinto motivo (concernente la tardiva comunicazione dell’aggiudicazione al RTI Odos), espressamente prestandovi acquiescenza.

3.1. Autostrade per l’Italia s.p.a. e Tre Più Impresa s.r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria del RTI costituito con la società Trivell Fond s.r.l., si sono costituite per resistere al gravame.

3.2. Con ordinanza cautelare del 10 maggio 2019 è stata respinta l’istanza degli appellanti di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado.

3.3. Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2019 la causa è stata posta in decisione, previo deposito di memorie conclusive degli appellanti e della stazione appaltante e di memorie di replica di tutte le parti.

4. Col primo motivo (Sulla illegittimità ed erroneità della sentenza in punto di illegittima ammissione del concorrente RTI Tre Più per violazione e falsa applicazione degli artt. 89 d.lgs. 50/2016 e 88 DPR 207/2010. Violazione dei principi in tema di avvalimento, circa la doverosa serietà ed effettività dell’ausilio allegato dal concorrente. Travisamento dei fatti. Erronea, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione), gli appellanti ripropongono il primo motivo di ricorso, col quale avevano contestato l’ammissione del concorrente RTI Tre Più in ragione di criticità riguardanti l’avvalimento speso in gara per il possesso della categoria OS34, classifica VI.

4.1. La sentenza riassume la censura nei seguenti termini:

<<la disciplina di gara indica, quale categoria prevalente dei lavori da svolgere, la OS34 “sistemi antirumore per infrastrutture di mobilità”, classifica VI; poiché l’impresa Tre Più (mandataria del RTI con Trivell Fond) è sprovvista di qualificazione nella categoria OS34 per la classifica VI, la stessa risulta aver stipulato due contratti di avvalimento, con due diversi operatori economici, in entrambi i casi definendo il prestito della qualificazione per la detta categoria OS34;

- in particolare, l’ausiliaria Research Consorzio Stabile Scarl indica di prestare a Tre Più i requisiti in OS34 in corrispondenza della propria classifica IV-bis, per l’intero importo, mentre l’ausiliaria Development Srl indica di prestare i requisiti in OS34 in corrispondenza della propria classifica V, per l’importo di 3.650.000,00;

- ma l’esame dei contratti di avvalimento rivela insuperabili “carenze” con riferimento al prestito del personale, consistente nella messa a disposizione da parte di Research di n. 6 operai e da parte di Development di n. 3 impiegati tecnici, n. 3 impiegati amministrativi e n. 1 operaio;

- il prestito di operai risulta del tutto insufficiente, poiché l’importo totale delle lavorazioni nella categoria OS34-VI è pari a € 9.851.287,26, il costo della manodopera stimato per la categoria OS34-VI, pari a € 2.043.156, il costo giornaliero di un operaio, pari a € 212,06, il tempo di esecuzione fissato dalla legge di gara, pari a 185 g, con il risultato che in relazione alla sola lavorazione OS34 in questione è necessario considerare un impegno medio di almeno n. 52 operai al giorno;

- i contratti di avvalimento risultano conseguentemente carenti e la c.i. non doveva quindi essere ammessa alla gara>>.

4.2. La decisione di rigetto si fonda sulla constatazione che si è in presenza di un avvalimento volto ad integrare la qualificazione dell’operatore economico partecipante alla gara nella categoria OS34, che esso già possiede, ma nella classifica IV e non VI, come richiesto dalla legge di gara, e che l’impresa partecipante alla gara ha quindi una propria organizzazione aziendale, con maestranze idonee al lavoro da svolgere (45 operai), disponendo infatti della SOA nella categoria OS 34 (cioè “sistemi antirumore per infrastrutture di mobilità”), maestranze che ben possono essere impiegate nell’esecuzione contrattuale; si aggiunge la considerazione che <<i contratti di avvalimento con Development e con Research (doc. 5 e 6 di parte ricorrente) evidenziano che vengono messi a disposizione della Tre Più attrezzature e automezzi come da elenchi allegati ai contratti, una squadra tipo composta da 3 impiegati tecnici, 3 impiegati amministrativi e 1 operaio (Development), 2 squadre tipo composte da 1 operaio specializzato, 1 operaio qualificato e 1 comune (Research), nonché “le proprie conoscenze e le abilità operative (know-how) necessarie per svolgere lavori oggetto di avvalimento”>>; dato ciò, la sentenza conclude che “i contratti di avvalimento hanno quindi una reale sostanza economica e non possono ritenersi inidonei, come sostenuto da parte ricorrente”.

4.3. La decisione è censurata, riproponendo i dati di fatto già considerati dal primo giudice e ribadendo che il personale operaio indispensabile allo svolgimento delle prestazioni sarebbe “oggettivamente e macroscopicamente inadeguato/insufficiente considerando la lavorazione OS34 in questione”, assumendo le appellanti che il prestito avrebbe dovuto essere di 19-20 operai per ciascuna delle ausiliarie, perché altrimenti la Tre Più finirebbe per dover impegnare direttamente il proprio personale (45 operai), come ritenuto dal T.a.r., ma in termini che le appellanti reputano esorbitanti rispetto alla qualificazione posseduta (che consentirebbe alla Tre Più di impiegare soltanto 13 dei propri operai). A detta delle appellanti, seguendo il ragionamento della sentenza gravata, si finirebbe per falsare e violare la funzione dell’istituto dell’avvalimento, poiché le imprese ausiliare, per rispettare tale funzione, avrebbero dovuto fornire le risorse corrispondenti alla differenza mancante a Tre Più per colmare il divario tra la IV classifica posseduta e la VI classifica richiesta dalla legge di gara.

4.4. Il motivo è infondato.

Il RTI Tre Più ha fatto ricorso ad un avvalimento c.d. frazionato, col quale il concorrente, pur possedendo la categoria OS34, ma non la classifica dell’importo richiesto dalla legge di gara, ha raggiunto la soglia avvalendosi di due ausiliarie, cumulando i requisiti delle tre imprese.

La praticabilità dell’istituto, alla stregua di quanto previsto dall’art. 89, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, non è contestata nemmeno dagli appellanti.

4.4.1 Questi ultimi, d’altronde, non contestano nemmeno il requisito della specificità dei contratti di avvalimento stipulati dal RTI Tre Più con le proprie ausiliarie.

Non vi è dubbio che, contenendo entrambi i contratti la specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dalle imprese ausiliarie, essi siano conformi al modello delineato dall’art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016.

4.4.2. Piuttosto, gli appellanti entrano nel merito dell’idoneità di tali ultime risorse -ed in specie del numero dei lavoratori messi a disposizione delle ausiliarie (per la categoria degli operai) – a garantire le lavorazioni da eseguire; da qui, l’assunto che queste non sarebbero garantite e si tratterebbe di un avvalimento “non effettivo, non serio”, che non consentirebbe di integrare, nella categoria OS34 di interesse, la qualificazione del concorrente.

Il ragionamento svolto dagli appellanti non coglie nel segno perché – in disparte la controvertibilità del calcolo effettuato per pervenire alla conclusione che per lo svolgimento del contratto di appalto de quo, per la sola lavorazione OS34, sarebbe necessario un impegno annuo medio di almeno 52 operai al giorno (calcolo, rispetto al quale risultano fondati i rilievi di entrambe le appellate, basati sulla mancata predeterminazione da parte della legge di gara di un numero minimo di risorse di personale)- prende le mosse dall’assunto che il RTI controinteressato non potrebbe validamente impiegare nell’esecuzione dei lavori tutta la propria organizzazione aziendale. Secondo gli appellanti, infatti, vi sarebbe un’inderogabile correlazione tra la qualificazione posseduta e il personale spendibile in ragione di tale qualificazione, nel senso che le risorse prestate dovrebbero corrispondere al quantum di qualificazione prestato ed, a sua volta, l’impresa concorrente non potrebbe mettere a disposizione le proprie risorse in termini esorbitanti rispetto alla qualificazione posseduta (nel caso di specie, 13 operai, in media giornaliera, piuttosto che i 45 disponibili).

L’assunto è destituito di fondamento poiché -come osserva la difesa della stazione appaltante- per un verso, l’apporto delle imprese ausiliarie va considerato nel suo complesso e non limitatamente alla manovalanza; per altro verso, il personale in dotazione al RTI Tre Più, essendo questo già in possesso della categoria OS34, pur se in una classifica inferiore, può ben essere impiegato nello svolgimento delle mansioni per le categorie superiori, considerato che per le qualificazioni SOA non rileva il grado di specializzazione degli operai impiegati nell’esecuzione dei lavori e, come rilevato dal T.a.r., “l’impresa partecipante alla gara ha … una propria organizzazione aziendale, con maestranze idonee al lavoro da svolgere … che ben possono essere impiegate nell’esecuzione contrattuale”.

4.5. Il primo motivo d’appello va quindi respinto.

5. Col secondo motivo (Sulla illegittimità ed erroneità della sentenza in punto di illegittima mancata registrazione della fuoriuscita dalla gara del RTI Marcegaglia. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria. Violazione della legge di gara, laddove essa ha fissato il termine (nel caso di specie: di 240 giorni), superato il quale l’offerta presentata con è più considerabile (disciplinare, art. 9.3). Travisamento dei fatti. Erronea, perplessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 95, c. 15, d.lgs. 50/16), gli appellanti ripropongono il secondo motivo di ricorso, col quale avevano contestato l’inclusione nella graduatoria del 5 luglio 2018 dell’offerta del concorrente RTI Marcegaglia, pur essendo questo rinunciatario.

5.1. La sentenza ha ritenuto infondata “la pretesa di parte ricorrente ad una riformulazione della graduatoria, con attribuzione rinnovata dei punteggi, […] poiché, come evidenziato dalle parti resistenti, l’art. 95, comma 15, del d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce il blocco delle graduatorie successivamente alla fase di ammissione”.

5.2. La decisione è censurata, sostenendosi che tale ultimo richiamo normativo sarebbe inconferente, in quanto l’esclusione dell’offerta del RTI rinunciante sarebbe dovuta intervenire prima del momento considerato dal richiamato art. 95, comma 15, poiché detto RTI non sarebbe stato più concorrente alla data in cui si è dato avvio alle operazioni di valutazione delle offerte tecniche e di attribuzione dei relativi punteggi, nelle sedute del 18 gennaio 2018, dell’8 febbraio 2018 e del 15 marzo 2018, tutte successive al momento in cui sarebbe stata formalizzata la volontà di “ritirare” l’offerta; a maggior ragione sarebbe illegittima l’apertura dell’offerta economica nella seduta del 10 aprile 2018.

5.3. Il motivo non merita accoglimento.

Esso, come eccepito dalla difesa di ASPI, è inammissibile per carenza di interesse, fermo restando il rigetto dei restanti motivi di ricorso -come detto per il primo e come si dirà per gli altri.

Al dichiarato fine di superare la prova di resistenza, gli appellanti sostengono che la considerazione (asseritamente) indebita dell’offerta del RTI Marcegaglia avrebbe falsato la graduatoria “aumentando la forbice di punteggio tra il RTI Odos e il RTI Tre Più”.

Tale generico assunto non è sufficiente per riconoscere l’interesse del RTI Odos all’accoglimento del motivo. Infatti, secondo la prospettazione degli stessi appellanti, permarrebbe il divario, anche se ridotto (da 2,22 a 1,97 punti per le offerte economiche; mentre nulla è specificato per le offerte tecniche), tra l’offerta del RTI aggiudicatario e la propria offerta, sì da non risultare significativamente alterato l’esito finale della gara e da non consentire comunque al RTI Odos di raggiungere una posizione utile in graduatoria.

5.3.1. In proposito, va ribadito che il gravame proposto avverso l’aggiudicazione di un appalto pubblico, qualora sia in contestazione la correttezza dei punteggi assegnati ai concorrenti, deve essere sorretto, per essere ritenuto ammissibile, dall’interesse alla riedizione dell’attività valutativa da parte del seggio di gara; l’interesse idoneo a sorreggere l’impugnazione ex art. 35, comma 1, lett. b), Cod. proc. amm, va dimostrato dal ricorrente fornendo la c.d. prova di resistenza, cioè la prova che, in difetto dell’illegittimità lamentata, il ricorrente avrebbe sicuramente vinto la gara (cfr. Cons. Stato, V, 26 aprile 2018, n. 2534; id., III, 17 dicembre 2015, n.5717) ovvero, secondo altra impostazione, la prova che, sulla base degli accertamenti possibili e fatte salve le sopravvenienze, l’aggiudicazione potrebbe secondo ragionevole probabilità spettare al ricorrente, tenendo conto delle ulteriori attività procedimentali che la stazione appaltante, secondo la lex specialis, come delineata all’esito dell’impugnazione, sarebbe tenuta a porre in essere in caso di accoglimento del ricorso (cfr. Cons. Stato, V, 14 aprile 2016, n. 1495).

5.4. Quanto sopra detto porta ad escludere che tale prova sia stata fornita dai Consorzi appellanti, dovendosi perciò concludere per l’inammissibilità del motivo, senza quindi necessità di approfondire in quale momento il RTI Marcegaglia abbia formalizzato la propria rinuncia alla gara e tuttavia osservando che, quando la rinuncia è successiva alla conclusione della fase di ammissione delle offerte (nel caso di specie in data 28 aprile 2017, come da verbale n. 4), è corretta l’interpretazione dell’art. 95, comma 15, del d.lgs. n. 50 del 2016, di cui alla sentenza appellata.

6. Col terzo motivo (Sulla illegittimità ed erroneità della sentenza in punto di illegittima mancata considerazione della certificazione ISO 14001 spesa dal mandante Cons. Fer. Violazione del principio di “concorrenza effettiva” di matrice comunitaria (art. 67, c.4, Dir. 24/2014/UE) e ribadito a livello nazionale (art. 30, c.1, d.lgs. 50/16). Violazione e falsa applicazione degli artt. 58, 62 e 63 Dir. 24/2014/UE in combinato disposto tra di loro e dei principi sottesi. Violazione e falsa applicazione degli artt. 95 e 89 d.lgs. 50/16. Violazione e falsa applicazione degli artt. 13.2 e 13.3 del disciplinare di gara con riferimento al criterio di valutazione n. 5. In subordine: dubbi di compatibilità comunitaria (art. e principi sopra citati) con riguardo alla interpretazione dell’art. 95, c.6, d.lgs. 50/16. Travisamento dei fatti. Erronea, perplessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione), gli appellanti, ripropongono, in primo luogo, il terzo motivo del ricorso, col quale avevano contestato i punteggi attribuiti dalla commissione giudicatrice il 5 luglio 2018 (rettificando il punteggio di 3 attribuito al RTI ricorrente per il criterio di valutazione n. 5 ed attribuendo invece il punteggio di 0, per l’impossibilità di utilizzare l’istituto dell’avvalimento per dimostrare il possesso, non già di un requisito di ammissione alla gara, bensì di un requisito di valutazione dell’offerta tecnica).

6.1. Date le circostanze già esposte nella parte in fatto (sopra sub 1.1), la sentenza dà conto del rilievo della parte ricorrente che “il possesso di certificazioni ambientali potrebbe costituire tanto requisito di ammissione quanto requisito di aggiudicazione, e sarebbe conseguentemente illogico far dipendere dal diverso utilizzo del requisito stesso la possibilità di considerare ammissibile, per dimostrare il suo possesso, l’istituto dell’avvalimento”.

6.2. La decisione di rigetto è motivata nei seguenti termini: “Occorre tener distinti i due evocati profili di riflessione. È vero, come sostenuto anche da parte ricorrente, che il possesso di una certificazione ambientale, sulla base del disposto dell’art. 95, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016, può ben essere considerato in un gara pubblica non già come requisito per ammettere la concorrente alla gara, ma come elemento di valutazione dell’offerta; ciò conferma la legittimità della scelta in tal senso della stazione appaltante (peraltro non specificamente contestata) e risulta quindi profilo irrilevante per la successiva soluzione del tema in esame. Esso è relativo alla possibilità di utilizzare l’istituto dell’avvalimento da parte del concorrente ammesso per poter beneficiare del punteggio previsto per un determinato elemento caratterizzante l’offerta. La bontà della scelta da ultimo operata dalla stazione appaltante (e quindi la infondatezza della censura in esame) deriva dal dato testuale dell’art. 89, comma 1, del d.lgs n. 50 del 2016 ove l’istituto dell’avvalimento è costruito sull’esigenza dell’operatore economico di “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’art. 83, comma 1, lett. b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara”. Dato testuale sulla cui base è stata elaborata la giurisprudenza, che il Collegio condivide, secondo cui nelle procedure ad evidenza pubblica l’avvalimento ha la funzione di consentire al concorrente sfornito di alcuni requisiti di ammissione alla gara, di parteciparvi ugualmente acquisendo i requisiti mancanti da altro operatore economico che li possieda, ma non può tramutarsi in uno strumento volto a conseguire una più elevata valutazione dell’offerta (Cons. Stato, Sez. V, 8/11/2012, n. 5692; Sez. VI, 19/3/2015 n. 1422 e 18/9/2009, n. 5626).”.

6.3. Secondo gli appellanti si tratta di una lettura del quadro normativo di riferimento che svilirebbe i superiori principi di concorrenza effettiva e di massima partecipazione tra concorrenti, considerato che nel caso di specie viene in rilievo un elemento di carattere soggettivo quale è la certificazione ambientale ISO 14001 (cioè il documento che certifica la corrispondenza del sistema di gestione ambientale di un operatore economico ad un determinato standard internazionale), che quindi prescinderebbe dall’offerta e connoterebbe l’operatore economico, tanto è vero che in genere è individuato nelle procedure di gara tra i requisiti di ammissione. Dato ciò, gli appellanti valorizzano la norma dell’art. 89 che consente l’avvalimento per i requisiti soggettivi, compresa la certificazione ISO, come ritenuto in giurisprudenza, e deducono che la scelta della stazione appaltante di spostare il requisito soggettivo tra quelli valutabili ai fini dell’attribuzione del punteggio sarebbe eccezionalmente consentita (come detto sia nella sentenza appellata sia nelle Linee guida ANAC n. 2/2016), anche in ragione dell’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016; tuttavia, in tale eventualità si dovrebbe riconoscere, per via interpretativa, la possibilità del ricorso all’istituto dell’avvalimento anche nella fase di valutazione dell’offerta; e ciò pure al fine di evitare che, per conseguire il punteggio attribuito col criterio di valutazione n. 5, il deducente RTI Odos fosse costretto ad associare l’impresa (Costruzioni ing. Mantovani spa) titolare della certificazione ISO 14001 (con la quale la mandante ha stipulato il contratto di avvalimento), con la conseguenza che il raggruppamento temporaneo risulterebbe strumento indispensabile per concorrere, e non una delle modalità di partecipazione alla gara.

6.3.1. In via subordinata, gli appellanti chiedono rinvio alla Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla compatibilità dell’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, come interpretato dalla stazione appaltante e dalla sentenza di primo grado, con gli artt. 63, 58 e 62, nonché col principio di “possibilità di una concorrenza effettiva” di cui all’art. 67, comma 4, della direttiva 2014/24 UE.

6.4. Il motivo non merita accoglimento.

L’art. 13 del disciplinare considera il possesso della certificazione ambientale ISO 14001 ai fini dell’attribuzione di un punteggio aggiuntivo di tre punti per l’offerta tecnica.

6.4.1. Gli appellanti non contestano che, in linea di principio, che la previsione sia consentita dall’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016.

In realtà, è noto che, sulla base della giurisprudenza comunitaria che aveva sottolineato la necessità di operare una netta separazione tra fase di selezione dell’offerente, basata su criteri di idoneità, e fase di selezione dell’offerta, fondata su criteri di aggiudicazione (cfr. Corte di Giustizia, 24 gennaio 2008, in causa C-532/06), anche l’orientamento giurisprudenziale interno è stato a lungo nel senso del divieto di inclusione, tra i criteri di valutazione delle offerte, di elementi attinenti alla capacità tecnica dell’impresa (in particolare, pregressa esperienza presso soggetti pubblici e privati e certificazione di qualità) anziché alla qualità dell’offerta, alla stregua del principio ostativo alla commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e i criteri afferenti alla valutazione dell’offerta a fini di aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, V, 14 ottobre 2008, n. 4971; id., V, 20 agosto 2013 n. 4191; id., 12 novembre 2015, n. 5181).

Tuttavia, si era fatta strada, già nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, altra giurisprudenza che, sia pure limitatamente alle procedure relative ad appalti di servizi, aveva consentito l’interpretazione del detto principio cum grano salis (così, espressamente, Cons. Stato, IV, 25 novembre 2008, n. 5808), consentendo alle stazioni appaltanti, nei casi in cui determinate caratteristiche soggettive del concorrente, in quanto direttamente riguardanti l’oggetto del contratto, possano essere valutate anche per la selezione della offerta, di prevedere nel bando di gara elementi di valutazione dell’offerta tecnica di tipo soggettivo, concernenti la specifica attitudine del concorrente, anche sulla base di analoghe esperienze pregresse, a realizzare lo specifico progetto oggetto di gara (v., sul punto, Cons. Stato, V, 3 ottobre 2012, n. 5197).

6.4.2. Entrato in vigore il nuovo codice dei contratti pubblici, l’applicazione attenuata del divieto di commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e i criteri oggettivi di valutazione dell’offerta è stata condivisa sia dal Consiglio di Stato in sede consultiva, con il parere n. 1767 del 2 agosto 2016 -laddove ha sottolineato, per quanto incidentalmente, il favor per la commistione espresso nelle nuove direttive europee in materia e recepito dall’art. 95 del d. lgs. n. 50 del 2016 (pur mettendo in guardia sull’opportunità di “chiarire se lo stesso servizio possa al tempo stesso, nella medesima gara, costituire requisito soggettivo di qualificazione/partecipazione ed essere oggetto di valutazione nell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa, specificando, per tale evenienza, che sarà oggetto di valutazione solo per la parte eccedente la soglia minima richiesta ai fini della partecipazione alla gara. In caso contrario e di concorrenti tutti egualmente qualificati si profila il rischio di appiattire eccessivamente il confronto competitivo, o di arrecare un vantaggio ingiusto al concorrente che utilizza il medesimo servizio come requisito di partecipazione e come elemento di cui chiede la valutazione delle offerte”)- sia dalle Linee guida dell’ANAC n. 2 - di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, approvate dal Consiglio dell’Autorità con Delibera n. 1005, del 21 settembre 2016 ed aggiornate al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 con Delibera del Consiglio n. 424 del 2 maggio 2018 - allorché hanno evidenziato come «nella valutazione delle offerte possono essere valutati profili di carattere soggettivo introdotti qualora consentano di apprezzare meglio il contenuto e l’affidabilità dell’offerta o di valorizzare caratteristiche dell’offerta ritenute particolarmente meritevoli», precisando tuttavia che i detti profili debbano riguardare aspetti, quali quelli indicati dal Codice, che incidono in maniera diretta sulla qualità della prestazione.

La giurisprudenza successiva ha preso atto che “Il dogma di una assoluta, invalicabile, incomunicabilità tra requisiti soggettivi di pre-qualificazione ed elementi oggettivi di valutazione può dirsi dunque tramontato, nel nuovo diritto dei contratti pubblici” ma “se e solo nella misura in cui la valutazione dei profili di carattere soggettivo, senza favorire indebitamente operatori economici che li posseggano a scapito di altri, serva a lumeggiare la miglior qualità tecnica, sul piano oggettivo, dell’offerta” (così Cons. Stato, III, 12 luglio 2018, n. 4283, citata dalle appellanti; nello stesso senso anche Cons. Stato, V, 22 ottobre 2018, n. 6026).

6.4.3. Si tratta di un’impostazione meno rigida dell’affermazione incondizionata del divieto, che si condivide purché mantenuta entro rigorosi limiti applicativi.

In particolare, pur potendosi ritenere superata l’iniziale differenziazione tra appalti di servizi e appalti di lavori (tuttavia ancora confermata, incidentalmente, da Cons. Stato, V, 17 gennaio 2018, n. 279), va in linea di principio data continuità e riconfermato il fondamento del divieto di commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione e requisiti oggettivi di valutazione dell’offerta, con la specificazione che ne è tuttavia consentita un’applicazione attenuata, secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed adeguatezza, quando sia dimostrato, caso per caso, che per le qualificazioni possedute il concorrente offra garanzie di qualità nell’esecuzione del contratto apprezzabili in sede di valutazione tecnica delle offerte (cfr. Cons. Stato, III, 27 settembre 2016, n. 3970).

Tale interpretazione rigorosa si giustifica:

- sul piano sistematico per l’esigenza, espressa dall’art. 95, comma 1 e 2, d.lgs. n. 50 del 2016, che i criteri di aggiudicazione assicurino «una concorrenza effettiva» e che siano rispettati i «principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento». Le esigenze di effettiva concorrenzialità ed i principi generali enunciati impongono che la selezione avvenga per quanto possibile su basi oggettive e che i criteri di aggiudicazione non comportino vantaggi indebiti a singoli operatori economici a prescindere dai contenuti delle offerte;

- sul piano letterale perché il comma 6 del medesimo articolo, allorché elenca gli elementi che possono costituire criteri valutativi, non esclude il richiamo a caratteristiche proprie e soggettive dell’impresa, purché connesse all’oggetto dell’appalto.

Per quanto qui rileva, l’art. 87, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, nel prendere in considerazione il rispetto di norme o di sistemi di gestione ambientale si riferisce ad un requisito di partecipazione, ma, a determinate condizioni, gli standard ambientali possono incidere sulla qualità della prestazione ed il loro rispetto può risultare perciò apprezzabile oggettivamente, come d’altronde si evince dall’art. 95, comma 6, lett. a). L’ambivalenza del criterio era già nell’art. 40 del d.lgs. n. 163 del 2006 ed, oggi, considerate le aperture giurisprudenziali in tema di divieto di commissione tra requisiti di qualificazione e criteri di valutazione delle offerte, l’art. 95, comma 6, consente di ritenere legittimi criteri di valutazione che possano premiare le caratteristiche organizzative dell’impresa, in particolare -per quanto qui rileva- “sotto il profilo ambientale, così come sotto i profili della tutela dei lavoratori e delle popolazioni interessate e della non discriminazione, al fine di valorizzare la compatibilità e sostenibilità ambientale della filiera produttiva e distributiva dei prodotti che costituiscono, comunque, l’oggetto dell’appalto” (così, Cons. Stato, III, 11 marzo 2019, n. 1635, in un caso riferito proprio al possesso della certificazione ISO 14001, che, a sua volta, richiama la delibera ANAC, n. 1091 del 25 ottobre 2017, relativa ad un parere precontenzioso, con la quale la stessa certificazione è stata ritenuta “elemento utile a differenziare le offerte nell’ottica di perseguire il miglior rapporto qualità prezzo e quindi essere valutato anche per apprezzare e valorizzare l’offerta”).

A maggior ragione, in tale ultima eventualità s’impone la detta rigorosa interpretazione dell’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, nel senso che, anche nell’appalto di lavori, è consentito valutare la qualità dell’offerta mediante la considerazione del possesso in capo all’impresa concorrente di certificazioni ambientali, ma soltanto quando le garanzie di corrispondenza del sistema di gestione ambientale ad un determinato standard internazionale non vengano apprezzate, in astratto, come requisito meramente soggettivo dell’impresa partecipante, ma costituiscano un elemento di valutazione strettamente correlato all’oggetto dell’appalto e afferente all’offerta tecnica presentata, condizionando l’esecuzione del contratto, nei termini e secondo modalità specificamente apprezzate dalla stazione appaltante; e sempre che lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell’aggiudicazione, al requisito in parola non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo.

6.4.5. Se così interpretato, l’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016 risulta coerente con l’impianto del codice anche quanto ai suoi rapporti con la previsione dell’art. 89, in tema di avvalimento, quale istituto utilizzabile esclusivamente per accedere alla gara, non anche per conseguire un punteggio più elevato per l’offerta tecnica. Pertanto, quando elemento di valutazione di quest’ultima sia un requisito soggettivo, ma richiesto, come sopra esposto, per meglio apprezzare l’affidabilità dell’offerta o valorizzarne i contenuti e le caratteristiche, e non per selezionare a monte ed in astratto il singolo operatore economico, il requisito medesimo non può essere preso in prestito da un operatore economico diverso da quello cui, ai sensi dello stesso art. 89, comma 8, sarebbe affidata l’esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione.

6.5. Tale conclusione è conforme all’art. 89, comma 1, ed alla giurisprudenza consolidata in punto di sua interpretazione.

Ed invero la lettera della disposizione -dove l’istituto dell’avvalimento, come sottolinea il giudice di primo grado, <<è costruito sull’esigenza dell’operatore economico di “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’art. 83, comma 1, lett. b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara”>>- induce a confermare l’univoca giurisprudenza per la quale nelle procedure ad evidenza pubblica l’avvalimento ha la funzione di consentire al concorrente sfornito di alcuni requisiti di ammissione alla gara, di parteciparvi ugualmente acquisendo i requisiti mancanti da altro operatore economico che li possieda, ma non può tramutarsi in uno strumento volto a conseguire una più elevata valutazione dell’offerta (Cons. Stato, V, 8 novembre 2012, n. 5692; id. VI, 19 marzo 2015 n. 1422; id., V, 22 dicembre 2016, n. 5419, tra le altre). Il dato testuale trova riscontro nella collocazione sistematica della disposizione, che è inserita nella parte dedicata alla selezione delle offerte (Titolo III, capo III, sezione II), non in quella concernente l’aggiudicazione e i relativi criteri (Titolo IV).

6.5.1. La lettera della disposizione è insuperabile per mancanza di qualsiasi ambiguità. Essa non consente l’interpretazione del termine “partecipare” di cui al primo comma dell’art. 89 nel senso estensivo patrocinato dagli appellanti, cioè nel senso più ampio di “concorrere” o “gareggiare”, sì da trasformare l’avvalimento in istituto utile a conseguire tutte le condizioni necessarie per potersi aggiudicare l’appalto; né la disposizione è richiamata da alcuna delle norme inserita nel titolo IV della parte seconda del codice dei contratti pubblici, riguardante i criteri di aggiudicazione.

6.5.2. In conclusione, la ratio dell’avvalimento è di certo quella di favorire la massima partecipazione delle imprese alle procedure di gara, ma tale finalità viene perseguita mediante un istituto del tutto eccezionale, che può operare soltanto in presenza dei presupposti ed alle condizioni dettati dalla disposizione che lo prevede.

6.5.3. La norma è di diretta derivazione sovranazionale e trova la sua matrice euro-unitaria nell’art. 63 (Affidamento sulle capacità di altri soggetti) della direttiva n. 2014/24, dalla quale mutua la possibilità di impiegare l’istituto soltanto in riferimento ai criteri di selezione delle offerte previsti dal precedente art. 58, paragrafo 3 e paragrafo 4 (cui corrisponde l’art. 83, comma 1, lett. b e c, del codice dei contratti pubblici), quindi al solo fine di consentire la partecipazione alla gara, non anche di migliorare le condizioni di tale partecipazione, accrescendo il proprio punteggio tecnico.

6.6. I dubbi di compatibilità e di “tenuta comunitaria” sollevati dagli appellanti, peraltro, non riguardano direttamente l’art. 89, ma piuttosto l’art. 95, comma 6, se inteso nel senso di consentire di fissare un requisito soggettivo di partecipazione come criterio di aggiudicazione, in quanto si avrebbe che -essendo impedito l’utilizzo dell’avvalimento (cioè dell’istituto che la stessa normativa euro-unitaria indica come utilizzabile perché ogni operatore economico possa recuperare i requisiti soggettivi mancanti)- sarebbe violato l’art. 67, comma 4, della direttiva 2014/24 UE, laddove prevede che i criteri di aggiudicazione dell’appalto debbano garantire “la possibilità di una concorrenza effettiva”.

6.6.1. La questione posta dalle appellanti, pur astrattamente meritevole di approfondimento, risulta tuttavia irrilevante nel presente giudizio, per i seguenti due ordini di ragioni:

- per un verso, come detto sopra, già nel diritto interno, affinché i requisiti soggettivi dell’impresa, ed a maggior ragione il mero possesso di una certificazione di qualità (specificamente di certificazione rilasciata ai sensi dell’art. 87, comma 2, del codice dei contratti pubblici), possano fungere da criterio di valutazione dell’offerta, ai sensi dell’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, devono ricorrere specifiche, stringenti condizioni; tuttavia, come rilevato nella sentenza appellata, i Consorzi ricorrenti non hanno impugnato il bando di gara, in particolare non hanno contestato che, in riferimento all’oggetto dell’appalto, la privilegiata valutazione di un profilo di carattere soggettivo, nel caso di specie, non fosse funzionale a garantire la migliore qualità tecnica, sul piano oggettivo dell’offerta, ma finisse per favorire indebitamente gli operatori economici che possedevano la certificazione ambientale a scapito di altri; quindi, nel presente giudizio è preclusa la delibazione di conformità del bando di gara alla previsione dell’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, come sopra interpretato;

- per altro verso, gli appellanti hanno, invece, posto la questione di compatibilità della norma con il diritto euro-unitario ed, al riguardo, potrebbe anche risultare significativo che la lettera a) dell’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016 presenti un’interpolazione rispetto alla disposizione corrispondente della direttiva (art. 67, comma 2); però anche relativamente a tale questione non è riscontrabile un interesse attuale dei Consorzi ricorrenti ad una pronuncia eventualmente favorevole da parte della Corte di Giustizia perché -essendo mancata l’impugnazione della legge di gara e, per suo tramite, la deduzione dell’incompatibilità dell’art. 95, comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016, con la direttiva n.2014/24, anche soltanto con riferimento alle certificazioni di qualità- non potrebbe essere rimossa la previsione del disciplinare che attribuisce il punteggio aggiuntivo al concorrente in possesso di certificazione ISO 14001. Giova aggiungere che la questione di rilevanza euro-unitaria non sarebbe coerente con l’interesse dei Consorzi ricorrenti, che –così come manifestato nel presente giudizio- non è quello di riservare alla certificazione di qualità l’unica funzione di requisito di ammissione (la quale non è in discussione nei confronti del RTI Odos), ma piuttosto quello di mantenere valida ed efficace la previsione del disciplinare di gara, al fine di potere conseguire il punteggio aggiuntivo per l’offerta tecnica, pur non possedendo la certificazione in proprio.

6.6.2. In tale ultima prospettiva, però, va escluso che sia meritevole di rinvio pregiudiziale ex art. 267 del TFUE alla Corte di Giustizia la questione -sottesa a quella posta dagli appellanti, in riferimento al quarto comma dell’art. 67 (laddove richiede che i criteri di aggiudicazione debbano garantire “la possibilità di una concorrenza effettiva”)- interpretativa dell’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, e dell’istituto dell’avvalimento, in generale, come idoneo a garantire soltanto la massima partecipazione alle procedure di gara, non anche a consentire una più elevata valutazione dell’offerta tecnica.

Come già detto (sopra sub 6.5.3), la direttiva n. 2014/24 configura le condizioni per l’<<affidamento sulle capacità di altri soggetti>>, al fine di soddisfare i criteri di selezione, in termini che risultano rispettati dalla normativa interna.

6.7. Il terzo motivo va quindi respinto.

7. Col quarto motivo (Sulla illegittimità ed erroneità della sentenza in punto di illegittima mancata considerazione della certificazione ISO 14001 spesa dal mandatario Odos. Stesse indicazioni di cui al motivo che precede. Violazione dei principi “fondanti” l’istituto del raggruppamento temporaneo. Violazione della legge di gara nella parte in cui riconosce sino al 3 punti per il criterio di valutazione n. 5. Travisamento dei fatti. Erronea, perplessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione) gli appellanti ripropongono la quarta censura con la quale avevano sostenuto che la commissione giudicatrice avrebbe dovuto riconoscere al RTI Odos per il criterio di valutazione n. 5 il punteggio spettante in ragione del possesso della certificazione ISO 14001 da parte del consorzio mandatario Odos.

7.1. La sentenza ha respinto il motivo, osservando che “La scelta della commissione di ritenere che il requisito di certificazione ambientale, per essere positivamente valutato con riferimento ad un RTI, deve essere posseduto da tutte le imprese componenti il RTI stesso appare legittima, in mancanza di diversa previsione da parte del disciplinare di gara. Ciò anche perché soltanto in questo modo si garantisce che l’intera prestazione sia eseguita secondo gli standard qualitativi valorizzati dall’Amministrazione.”.

7.2. Gli appellanti sostengono che: contrariamente a quanto ritenuto dal T.a.r., sarebbe determinante che il disciplinare non disponesse alcunché al riguardo, in quanto la lacuna non avrebbe potuto essere colmata a posteriori da un’indicazione interna alla commissione; piuttosto, il disciplinare indicava che si sarebbe potuto riconoscere il punteggio massimo di 3 punti e così avrebbe consentito l’attribuzione di altro punteggio compreso tra 0 e 3; il requisito soggettivo, nel caso di specie, non avrebbe dovuto essere necessariamente posseduto da tutti i partecipanti al raggruppamento, in quanto tale conclusione si è affermata con riferimento al requisito di ammissione, non anche quando il requisito è richiesto per la valorizzazione dell’offerta tecnica; in siffatta eventualità, si sarebbe dovuto apprezzare il possesso “in quota parte”, e specificamente riguardo alla quota di partecipazione del Consorzio Odos al RTI (con attribuzione di 1,576 punti sul punteggio massimo di 3 previsto dalla legge di gara, in corrispondenza della quota di partecipazione del 52,549%).

7.3. Il motivo è infondato per le ragioni già esposte in sentenza, che si confermano, con le precisazioni di cui appresso.

Il punto 13.2 (Griglia di valutazione) del disciplinare di gara, contenente la tabella riepilogativa dei criteri di valutazione componenti la griglia di valutazione (pag. 11), prevede per il criterio di valutazione n. 5 (Certificazione ambientale ISO 14001) il riconoscimento del punteggio di 3 (indicato nella colonna corrispondente intitolata “punteggio massimo”); però il punto 13.3 (Offerta tecnica: attribuzione dei coefficienti), alla pag. 13, per la “certificazione ambientale ISO 14001” individua quale parametro il “possesso della certificazione ambientale ISO 14001 in corso di validità” e quale “criterio di attribuzione coefficiente: SI/N0” specificando che il punteggio per il NO è pari a 0 e per il SI è pari a 3.

Ciò chiarito in punto di fatto, consegue che:

- il criterio qui in contestazione è di quelli c.d. on/off, cioè quelli per i quali, se il requisito sussiste, viene attribuito il punteggio previsto, altrimenti si riconosce un punteggio pari a zero; in senso contrario, non vale invocare, come fanno gli appellanti, l’indicazione di punteggio come “massimo” di cui alla griglia di valutazione, poiché si tratta dell’intitolazione della colonna genericamente riferita a tutti i criteri di valutazione elencati di seguito, per ciascuno dei quali però sono da intendersi fatti salvi gli specifici criteri di attribuzione di coefficiente e di punteggio di cui al successivo punto 13.3;

- è perciò infondata la pretesa delle appellanti di vedersi attribuito un punteggio parziale;

- per l’attribuzione del(l’unico) punteggio, allora, in caso di concorrenti in forma associata, il possesso del requisito deve fare capo a tutti i membri del raggruppamento, sia -come osservato dalle difese delle appellate- per garantire la qualità della prestazione (tanto più in caso, come quello di specie, di raggruppamento verticale) sia -come osservato dalla difesa del RTI controinteressato- per non penalizzare i concorrenti in forma singola;

- si tratta di conclusione necessitata dalla lettera e dalla ratio della legge di gara, in tale senso dovendosi intendere il riferimento fatto in sentenza alla mancanza di previsione ad hoc, vale a dire alla mancanza di una previsione di deroga alla regola desumibile dal disciplinare di gara; giova precisare che è vero quanto sostenuto dalle appellanti circa il fatto che il necessario possesso del requisito in capo a tutti componenti del raggruppamento è richiesto di regola per i requisiti di ammissione, ma ciò deve indurre a ritenere che, per le ragioni suddette, la medesima regola valga anche quando i requisiti soggettivi siano richiesti ai fini dell’attribuzione di punteggi aggiuntivi, fatta salva la possibilità per la stazione appaltante di introdurre apposita deroga nella legge di gara; deroga che, come detto, non solo è mancante, ma addirittura smentita dalla legge di gara che ha configurato il requisito come on/off;

- di conseguenza è corretto l’operato della commissione giudicatrice, poiché, prevedendo espressamente (nel verbale della seduta riservata n. 7) che, per l’attribuzione del punteggio, le certificazioni dovessero essere possedute da tutti i componenti del soggetto concorrente, non ha fatto altro che uniformarsi alla legge di gara.

7.4. Il quarto motivo d’appello va respinto.

8. Col quinto motivo (rubricato sub 6. Sulla illegittimità ed erroneità della sentenza in punto di illegittima attribuzione di punteggio al RTI Tre Più con riferimento al violato criterio n. 2 “curriculum lavori in presenza di traffico” (art. 13.2 disciplinare di gara). Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Travisamento dei fatti. Erronea, perplessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione), gli appellanti ripropongono il sesto motivo di censura, con cui avevano contestato l’illegittima attribuzione in favore del RTI Tre Più del punteggio massimo pari a 8, con riferimento al criterio di valutazione indicato in rubrica.

8.1. La sentenza ha ritenuto la censura di natura formale in quanto attinente “al tenore della documentazione presentata a comprova, più che di natura sostanziale, attinente cioè all’effettivo svolgimento di un certo numero di lavori in presenza di traffico”, osservando che “si pongono infatti soprattutto questioni di corrispondenza o completezza dei CEL, le quali tuttavia non escludono che il numero di CEL sia conforme a quanto dichiarato in gara e, ai fini dell’attribuzione del punteggio, quel che rileva è solo il numero dei lavori svolti in presenza di traffico”. Ha perciò escluso che la parte ricorrente avesse dato prova della illegittimità del punteggio attribuito alla contro-interessata per il requisito in questione.

8.2. Gli appellanti obiettano che, invece, già in primo grado avrebbero indicato specificamente le criticità e i difetti rilevati con riguardo a ciascun CEL prodotto dal RTI Tre Più, come da quadro sinottico alla pagina 35 del ricorso in appello, da cui si dovrebbe desumere che soltanto 9 dei lavori indicati dal controinteressato (anziché 29, secondo quanto auto-dichiarato) si sarebbero potuti considerare come effettuati in presenza di traffico, per le ragioni esposte ai punti 6.a), 6.b), 6.c), 6.d) e 6.f) del ricorso in appello (cui è qui sufficiente fare rinvio). Per conseguenza, la commissione non avrebbe potuto attribuire il punteggio massimo di 8 punti (previsto per un numero di lavori superiore a 20), ma il punteggio pari a 3,44 punti (corrispondente ad un numero di lavori compreso tra 9 e 11).

8.3. Il motivo non merita accoglimento.

Come opposto dalla difesa del RTI controinteressato, la legge di gara non richiedeva che l’auto-dichiarazione del possesso del requisito contenesse l’indicazione specifica dei lavori effettuati ovvero la produzione contestuale dei certificati di esecuzione riferiti ai lavori indicati, poiché riservava la verifica dell’autodichiarazione alla fase successiva all’aggiudicazione.

Quanto a tale verifica, come in concreto effettuata dalla stazione appaltante nei confronti del RTI aggiudicatario, le appellanti sostengono per lo più -secondo quanto già evidenziato dal T.a.r.- la non corrispondenza tra la lista dei lavori inserita nell’auto-dichiarazione allegata all’offerta e la documentazione prodotta al fine della verifica del possesso del requisito (oltre a contestare infondatamente l’utilizzabilità, a comprova, di documenti diversi dai CEL, che, per la legge di gara, non erano unico documento utile allo scopo), ma non dimostrano che il RTI Tre Più fosse privo del requisito per non avere eseguito o non aver comprovato di avere eseguito, negli ultimi cinque anni, i lavori dell’importo richiesto (superiore a € 150.000) in soggezione di traffico su strada, in numero pari o superiore a venti.

Tale circostanza, per contro, risulta confermata dal provvedimento reso dall’ASPI all’esito della verifica delle dichiarazioni formulate in sede di gara, sulla base della documentazione prodotta dal RTI aggiudicatario. La relativa valutazione di merito -riservata alla stazione appaltante (quanto all’oggetto di ciascun appalto, o subappalto, ed al relativo importo, nonché all’appartenenza dei lavori eseguiti alla categoria richiesta dal disciplinare di gara) - non è sindacabile nei termini pretesi dagli appellanti, in mancanza di manifeste incongruenze o palesi travisamenti di fatto, che non sono affatto desumibili dagli argomenti esposti nel ricorso in appello (ai punti 6.a 6.f), validamente contrastati dalle ragioni difensive dell’ASPI e del RTI controinteressato (riferite specificamente al contenuto dei detti punti 6.a - 6.f), che trovano riscontro negli atti processuali.

8.4. Il quinto motivo di appello va respinto.

9. Col sesto motivo (rubricato sub 7. Sulla illegittimità ed erroneità della sentenza in punto di illegittima considerazione (e conseguente attribuzione di punteggio) della documentazione prodotta dal RTI Tre Più con riferimento ai criteri di valutazione (violati) n. 5 “Certificazione ambientale ISO 14001” e n. 6 “Certificazione e attestazione in materia di sicurezza OHSAS 18001” (art. 13.2 del disciplinare di gara). Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Travisamento dei fatti. Erronea, perplessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione), gli appellanti ripropongono il settimo motivo di ricorso, col quale avevano dedotto che, per i criteri di valutazione indicati in rubrica, la commissione non avrebbe potuto considerare le certificazioni prodotte dal RTI Tre Più, quindi avrebbe dovuto attribuire 0 punti anziché 3 per ciascun criterio.

9.1. La sentenza, dato atto delle censure –con cui le ricorrenti avevano lamentato che all’aggiudicatario fosse stato dato il massimo del punteggio “senza però aver prodotto nella Busta B (quella appunto, relativa alla offerta tecnica di cui trattasi) alcuna documentazione utile al riconoscimento del punteggio previsto per i predetti criteri nn. 5 e 6 (e, dunque, le certificazioni ISO 14001 e OHSAS 18001), mentre a niente poteva valere il fatto che fossero inseriti nella busta A.; peraltro le dette certificazioni non potevano essere comunque considerate in quanto non in corso di validità alla data pubblicazione del bando di gara, essendo state emesse successivamente” - le ha respinte con la seguente motivazione: <<È vero che la documentazione utile al riconoscimento del punteggio previsto per i predetti criteri nn. 5 e 6, cioè appunto le certificazioni ISO 14001 e OHSAS 18001, non era contenuta nella busta B, relativa alla documentazione tecnica, bensì nella busta A, relativa alla documentazione amministrativa. Tuttavia non si tratta di aver reso conoscibile al momento dell’apertura della busta A un elemento dell’offerta tecnica o dell’offerta economica, tale da poter quindi influenzare indebitamente, e in violazione della par condicio, le valutazioni della commissione; infatti si tratta soltanto di certificazioni attinenti a requisiti soggettivi, che attribuiscono punteggi fissi in sede di valutazione dell’offerta, e la cui anticipata conoscenza non sembra alterare le regole di segretezza e pari trattamento proprie della gare pubbliche. D’altra parte si tratta di certificazioni di cui il RTI controinteressato era in possesso al momento della presentazione dell’offerta e come tali correttamente valutate in gara.>>.

9.2. Gli appellanti censurano la sentenza, obiettando che:

- 1) non sarebbe stata possibile la confusione tra le buste richieste dalla legge di gara, ciascuna riguardante una diversa e distinta fase, avente finalità proprie; la condotta di favore tenuta dalla commissione giudicatrice nei confronti del RTI controinteressato avrebbe comportato violazione della par condicio, delle regole e dei principi di gara;

- 2) le certificazioni prodotte non erano in corso di validità alla data di pubblicazione del bando di gara (7 dicembre 2016), in quanto rilasciate successivamente; nel verbale della seduta riservata n. 7 la commissione aveva stabilito di attribuire il coefficiente pari a 0 per ciascuno dei due criteri (n. 5 e n. 6) qualora le certificazioni non fossero risultate: a) possedute da tutti i componenti del soggetto concorrente; b) in corso di validità alla data di pubblicazione del bando di gara; mentre la prima indicazione era stata rigorosamente seguita per il RTI Odos, la seconda era stata disattesa in favore del RTI Tre Più; si sarebbe dovuta considerare la ratio di tale seconda indicazione -trascurata dal primo giudice- volta a valorizzare situazioni già consolidate, e non recuperate in extremis;

- 3) il T.a.r. ha omesso di pronunciarsi sulla disparità di trattamento applicata dalla commissione a discapito del RTI appellante, per quanto appena esposto.

9.3. Il motivo è infondato.

Per quanto riguarda la censura concernente l’utilizzazione della (sola) busta A, in luogo (anche) della busta B, è sufficiente fare rinvio alla motivazione della sentenza impugnata. Questa va integralmente confermata, considerato il carattere vincolato della valutazione dei requisiti soggettivi, il cui possesso è stato dimostrato una volta per tutte mediante inserimento delle certificazioni nella busta A. Tanto più che, come osserva la difesa della stazione appaltante, il punto 13.6 del disciplinare (Presentazione della documentazione a supporto dell’offerta tecnica), in riferimento al contenuto del punto 13.3 del disciplinare di gara (su cui infra), non prescriveva alcuna produzione obbligatoria dei certificati per i criteri n. 5 e n. 6 unitamente all’offerta tecnica. Pertanto legittimamente i certificati attestanti il possesso dei requisiti sono stati presi in considerazione dalla stazione appaltante ai fini dell’attribuzione del punteggio premiale per l’offerta tecnica anche se inseriti nella documentazione amministrativa.

Per quanto riguarda le restanti due censure, tra loro connesse, concernenti il periodo di validità delle certificazioni e l’asserita disparità di trattamento nell’applicazione dei criteri di valutazione che la commissione si è data nel verbale della seduta riservata n.7, si osserva quanto segue.

9.3.1. Si è già riportato sopra il testo della previsione del punto 13.3 (Offerta tecnica: attribuzione dei coefficienti) del disciplinare di gara, dove, per la “certificazione ambientale ISO 14001” (criterio n. 5), individua quale parametro per l’attribuzione del punteggio il “possesso della certificazione ambientale ISO 14001 in corso di validità”. Per quanto riguarda invece la “certificazione OHSAS 18001” (criterio n. 6) il disciplinare richiede soltanto il “possesso certificazione OHSAS 18001”, senza specifiche indicazioni sul periodo di validità.

Questa essendo la lettera del disciplinare, è conforme ai criteri di ermeneutica della legge di gara ritenere che, trattandosi di requisiti oggetto di valutazione dell’offerta tecnica, essi dovessero essere posseduti dal concorrente alla data di scadenza della presentazione delle offerte, quindi dovessero essere in corso di validità a tale data. Trattasi di interpretazione letterale, ma anche coerente con la finalità perseguita dall’amministrazione e col rispetto del principio del favor partecipationis. Pertanto, è incorsa in errore la commissione quando ha fissato il secondo dei criteri indicati nel verbale n. 7 e, per contro, è corretta la determinazione di disattendere tale criterio, conformandosi così alla lex specialis. Essendo le certificazioni possedute da RTI Tre Più in corso di validità alla data di presentazione dell’offerta, è legittima l’attribuzione dei punteggi corrispondenti.

9.3.2. Da qui l’insussistenza di qualsivoglia disparità di trattamento tra la valutazione operata nei confronti del RTI aggiudicatario e quella operata nei confronti del RTI Odos, essendo diversi i criteri valutativi dell’offerta da applicare (l’uno riguardante il profilo soggettivo dell’appartenenza dei requisiti ai componenti del raggruppamento; l’altro riguardante il profilo oggettivo della data di validità delle certificazioni), ed essendo corretta, nell’un caso, ed erronea, nell’altro, la prima interpretazione fornita dalla commissione giudicatrice nel verbale n. 7.

9.4. Il sesto motivo d’appello va respinto.

10. Col settimo motivo (rubricato sub 8. Sulla illegittimità ed erroneità della sentenza in punto di punteggio (pari a zero) attribuito alla commissione alla offerta del RTI Odos con riferimento al criterio di valutazione n. 14 “forniture materiali” (art. 13.2 del disciplinare di gara). Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Travisamento dei fatti. Erronea, perplessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione), gli appellanti ripropongono l’ottavo motivo, col quale avevano lamentato che la commissione avesse attribuito al RTI Odos, con riferimento al criterio di valutazione n. 14 (“Forniture materiali”), zero punti, mentre esso avrebbe assunto l’impegno (come da previsione dell’art. 13.3 del disciplinare) a “garantire entro 60 gg dalla consegna dei lavori… una percentuale pari al 30% della fornitura di barriere di sicurezza e delle barriere antirumore…”.

10.1. La censura è stata ritenuta infondata perché “La dichiarazione presentata in sede di gara, e non smentita da parte ricorrente, che indicava il diverso termine di 120 giorni, giustifica il mancato riconoscimento del punteggio premiale legato alla garanzia della realizzazione dei lavori entro 60 giorni.”.

10.2. Gli appellanti censurano la decisione di rigetto, reputandola “marcatamente formalistica” e tale da non confutare l’obiezione di parte ricorrente che il RTI Odos ha presentato in offerta (con impegno dunque formale al suo rispetto) il cronoprogramma operativo a “dimostrazione della riduzione % dei tempi complessivi di esecuzione dell’appalto” e che, attraverso tale documento, parte integrante dell’offerta tecnica, sarebbe stato “documentato e sottoscritto” che gli interventi di barriere di sicurezza e barriere antirumore che il concorrente si era obbligato a realizzare entro 60 giorni dalla consegna dei lavori erano ben superiori alla percentuale del 30% prescritta dalla legge di gara per beneficiare dei 4 punti in contestazione. Aggiungono che:

- la dichiarazione di cui al doc. 31, con la quale si erano assicurate le forniture “entro 120 giorni” non avrebbe dovuto essere considerata, in quanto inutiliter data e non contrastante con l’impegno migliore (ed anzi meglio precisato e articolato) di cui al cronoprogramma;

- il RTI controinteressato aveva presentato invece la dichiarazione di impegno senza cronoprogramma e, malgrado “tale grave anomalia”, aveva beneficiato dei 4 punti previsti per il criterio n. 14, con disparità di trattamento delle due offerte, a favore dell’aggiudicatario RTI Tre Più, già favorito, come denunciato col motivo di cui sopra, con riguardo ai criteri nn. 5 e 6.

10.3. Il motivo è infondato.

Il disciplinare prevede per il criterio di valutazione n. 14, alle pagine 17-18, un “impegno scritto a garantire, entro 60 gg. dalla consegna dei lavori […] una percentuale pari al 30% della fornitura delle barriere di sicurezza e delle barriere antirumore […]”.

Il legale rappresentante del Consorzio Stabile Odos ha reso la relativa dichiarazione, intitolata <<OGGETTO: Criterio qualitativo di valutazione N. 14: “FORNITURA DEI MATERIALI”>>, ma vi si è impegnato a garantire quanto richiesto “entro 120 gg. dalla consegna dei lavori”.

10.3.1. La pretesa degli appellanti di considerare tamquam non esset tale dichiarazione, e di sostituirla col cronoprogramma, è manifestamente contraria alla lex specialis.

In primo luogo, il disciplinare di gara richiedeva un apposito impegno scritto e l’unico impegno espressamente preso per iscritto dal RTI Odos con riferimento al criterio di valutazione n. 14 è quello che si vorrebbe non considerare affatto.

In secondo luogo, il cronoprogramma (doc. 32 della produzione della ricorrente in primo grado) è stato predisposto e prodotto a tutt’altro fine, concernente il criterio di valutazione n. 1 (“riduzione percentuale dei tempi complessivi di esecuzione dell’appalto”), ed, essendo diverso per contenuto e finalità dall’<<impegno scritto>> richiesto per il criterio di valutazione n. 14, richiederebbe -come obietta la difesa di ASPI- un’attività interpretativo-manipolativa sia della dichiarazione che dello stesso cronoprogramma, esclusa dalla previsione che richiedeva apposito impegno scritto.

10.3.2. Infine, è da escludere la disparità di trattamento per il riconoscimento dei 4 punti di cui al criterio di valutazione n. 14 in favore del RTI Tre Più, malgrado questo non abbia presentato il cronoprogramma, poiché, come ridetto, unica condizione richiesta dal disciplinare è la produzione di un impegno scritto, il quale, come riconoscono le appellanti, è stato allegato all’offerta dell’aggiudicatario.

11. L’appello va quindi respinto.

11.1. Le spese del grado di appello si compensano per giusti motivi, considerata la novità e la complessità di parte delle questioni poste dal ricorso.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese processuali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2019.

Guida alla lettura

Con la sentenza in commento la V Sezione del Consiglio di Stato torna ad occuparsi dei requisiti di partecipazione alla gara pubblica con particolare riferimento alle ipotesi di stipulazione di un contratto di avvalimento.

Secondo la posizione fatta propria dalla giurisprudenza comunitaria occorre operare una netta separazione tra la fase di selezione dell’offerente, basata su criteri di idoneità, e lafase di selezione dell’offerta,fondata su criteri di aggiudicazione(cfr. Corte di Giustizia, 24 gennaio 2008, in causa C-532/06).

Nell’ordinamento interno, invece, è possibile individuare due opposti orientamenti. Una prima posizione, per lungo tempo affermatasi in giurisprudenza, ha sostenuto il divieto di inclusione, tra i criteri di valutazione delle offerte, di elementi attinenti alla capacità tecnica dell’impresa(in particolare, pregressa esperienza presso soggetti pubblici e privati e certificazione di qualità) anziché alla qualità dell’offerta, alla stregua del principio ostativo alla commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e i criteri afferenti alla valutazione dell’offerta a fini di aggiudicazione (in termini Cons. Stato, sez. V, 14 ottobre 2008, n. 4971; id., 20 agosto 2013 n. 4191; Id., 12 novembre 2015, n. 5181).

Già nel vigore del d.lgs. n. 163/2006, inoltre, si era fatta strada un’opposta ricostruzione che, sia pure limitatamente alle procedure relative ad appalti di servizi, aveva consentito l’interpretazione del detto principio cum grano salis(così, espressamente, Cons. Stato, IV, 25 novembre 2008, n. 5808), consentendo alle stazioni appaltanti, nei casi in cui determinate caratteristiche soggettive del concorrente, in quanto direttamente riguardanti l’oggetto del contratto, possano essere valutate anche per la selezione della offerta, di prevedere nel bando di gara elementi di valutazione dell’offerta tecnica di tipo soggettivo, concernenti la specifica attitudine del concorrente, anche sulla base di analoghe esperienze pregresse, a realizzare lo specifico progetto oggetto di gara(cfr., Cons. Stato, sez. V, 3 ottobre 2012, n. 5197).

Con l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici(d.lgs. n. 50/2016), l’applicazione attenuata del divieto di commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e i criteri oggettivi di valutazione dell’offerta è stata condivisa sia dal Consiglio di Stato in sede consultiva, con il parere n. 1767 del 2 agosto 2016, sia dalle Linee Guida ANAC n. 2 di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, approvate dal Consiglio dell’Autorità con Delibera n. 1005, del 21 settembre 2016 ed aggiornate al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 con Delibera del Consiglio n. 424 del 2 maggio 2018.

Il richiamato parere ha sottolineato, per quanto incidentalmente, il favorper la commistione espresso nelle nuove direttive europee in materia e recepito dall’art. 95 d.lgs. n. 50 cit. (pur mettendo in guardia sull’opportunità di “chiarire se lo stesso servizio possa al tempo stesso, nella medesima gara, costituire requisito soggettivo di qualificazione / partecipazione ed essere oggetto di valutazione nell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa, specificando, per tale evenienza, che sarà oggetto di valutazione solo per la parte eccedente la soglia minima richiesta ai fini della partecipazione alla gara. In caso contrario e di concorrenti tutti egualmente qualificati si profila il rischio di appiattire eccessivamente il confronto competitivo, o di arrecare un vantaggio ingiusto al concorrente che utilizza il medesimo servizio come requisito di partecipazione e come elemento di cui chiede la valutazione delle offerte”).

Le Linee guida ANAC n. 2, invece, hanno evidenziato come “nella valutazione delle offerte possono essere valutati profili di carattere soggettivo introdotti qualora consentano di apprezzare meglio il contenuto e l’affidabilità dell’offerta o di valorizzare caratteristiche dell’offerta ritenute particolarmente meritevoli”, precisando tuttavia che i detti profili debbano riguardare aspetti, quali quelli indicati dal Codice, che incidono in maniera diretta sulla qualità della prestazione.

La giurisprudenza successiva ha preso atto che “il dogma di una assoluta, invalicabile, incomunicabilità tra requisiti soggettivi di pre-qualificazione ed elementi oggettivi di valutazione può dirsi dunque tramontato, nel nuovo diritto dei contratti pubblici” ma “se e solo nella misura in cui la valutazione dei profili di carattere soggettivo, senza favorire indebitamente operatori economici che li posseggano a scapito di altri, serva a lumeggiare la miglior qualità tecnica, sul piano oggettivo, dell’offerta” (così Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6026; Cons. Stato, sez. III, 12 luglio 2018, n. 4283).

Si tratta di un’impostazione meno rigida dell’affermazione incondizionata del divieto, che si condivide purché mantenuta entro rigorosi limiti applicativi.

In particolare, pur potendosi ritenere superata l’iniziale differenziazione tra appalti di servizi e appalti di lavori (tuttavia ancora confermata, incidentalmente, da Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 279), va in linea di principio data continuità e riconfermato il fondamento del divieto di commistione tra requisiti soggettivi di partecipazione e requisiti oggettivi di valutazione dell’offerta, con la specificazione che ne è tuttavia consentita un’applicazione attenuata, secondo criteri di proporzionalità, ragionevolezza ed adeguatezza, quando sia dimostrato, caso per caso, che per le qualificazioni possedute il concorrente offra garanzie di qualità nell’esecuzione del contratto apprezzabili in sede di valutazione tecnica delle offerte(cfr. Cons. Stato, sez. III, 27 settembre 2016, n. 3970).

Tale interpretazione rigorosa si giustifica: sul piano sistematico per l’esigenza, espressa dall’art. 95, commi 1 e 2, d.lgs. n. 50 cit., che i criteri di aggiudicazione assicurino “una concorrenza effettiva” e che siano rispettati i “principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento»”. Le esigenze di effettiva concorrenzialità e i principi generali enunciati impongono che la selezione avvenga per quanto possibile su basi oggettive e che i criteri di aggiudicazione non comportino vantaggi indebiti a singoli operatori economici a prescindere dai contenuti delle offerte; sul piano letterale perché il comma 6 del medesimo articolo, allorché elenca gli elementi che possono costituire criteri valutativi, non esclude il richiamo a caratteristiche proprie e soggettive dell’impresa, purché connesse all’oggetto dell’appalto.

Con particolare riferimento al caso oggetto di attenzione, l’art. 87, comma 2, d.lgs. n. 50 cit., nel prendere in considerazione il rispetto di norme o di sistemi di gestione ambientale, si riferisce a un requisito di partecipazione, ma, a determinate condizioni, gli standard ambientali possono incidere sulla qualità della prestazione e il loro rispetto può risultare perciò apprezzabile oggettivamente, come d’altronde si evince dall’art. 95, comma 6, lett. a)

L’ambivalenza del criterio era già nell’art. 40 del d.lgs. n. 163 del 2006 ed, oggi, considerate le aperture giurisprudenziali in tema di divieto di commissione tra requisiti di qualificazione e criteri di valutazione delle offerte, l’art. 95, comma 6, consente di ritenere legittimi criteri di valutazione che possano premiare le caratteristiche organizzative dell’impresa, in particolare - per quanto qui rileva - “sotto il profilo ambientale, così come sotto i profili della tutela dei lavoratori e delle popolazioni interessate e della non discriminazione, al fine di valorizzare la compatibilità e sostenibilità ambientale della filiera produttiva e distributiva dei prodotti che costituiscono, comunque, l’oggetto dell’appalto” (così, Cons. Stato, sez. III, 11 marzo 2019, n. 1635).

A maggior ragione, in tale ultima eventualità s’impone la detta rigorosa interpretazione dell’art. 95, comma 6, cit., nel senso che, anche nell’appalto di lavori, è consentito valutare la qualità dell’offerta mediante la considerazione del possesso in capo all’impresa concorrente di certificazioni ambientali, ma soltanto quando le garanzie di corrispondenza del sistema di gestione ambientale ad un determinato standard internazionale non vengano apprezzate, in astratto, come requisito meramente soggettivo dell’impresa partecipante, ma costituiscano un elemento di valutazione strettamente correlato all’oggetto dell’appalto e afferente all’offerta tecnica presentata, condizionando l’esecuzione del contratto, nei termini e secondo modalità specificamente apprezzate dalla stazione appaltante; e sempre che lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell’aggiudicazione, al requisito in parola non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo.

Così interpretato, l’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016 risulta coerente con l’impianto del codice anche quanto ai suoi rapporti con la previsione dell’89, in tema di avvalimento, quale istituto utilizzabile esclusivamente per accedere alla gara, non anche per conseguire un punteggio più elevato per l’offerta tecnica. Pertanto, quando elemento di valutazione di quest’ultima sia un requisito soggettivo, ma richiesto, come sopra esposto, per meglio apprezzare l’affidabilità dell’offerta o valorizzarne i contenuti e le caratteristiche, e non per selezionare a monte e in astratto il singolo operatore economico, il requisito medesimo non può essere preso in prestito da un operatore economico diverso da quello cui, ai sensi dello stesso art. 89, comma 8, sarebbe affidata l’esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione. Tale conclusione è conforme all’art. 89, comma 1, e alla giurisprudenza consolidata in punto di sua interpretazione.

Ed invero la lettera della disposizione – dove l’istituto dell’avvalimento è costruito sull’esigenza dell’operatore economico di “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’art. 83, comma 1, lett. b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara” – induce a confermare l’univoca giurisprudenza per la quale nelle procedure ad evidenza pubblica l’avvalimento ha la funzione di consentire al concorrente sfornito di alcuni requisiti di ammissione alla gara, di parteciparvi ugualmente acquisendo i requisiti mancanti da altro operatore economico che li possieda, ma non può tramutarsi in uno strumento volto a conseguire una più elevata valutazione dell’offerta(Cons. Stato, sez. V, 8 novembre 2012, n. 5692; più di recente Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 2016, n. 5419; Cons. Stato, sez. VI, 19 marzo 2015 n. 1422). 

Il dato testuale trova riscontro nella collocazione sistematica della disposizione, che è inserita nella parte dedicata alla selezione delle offerte (Titolo III, capo III, sezione II), non in quella concernente l’aggiudicazione e i relativi criteri (Titolo IV).