Consiglio di Stato, sez. V, 17 gennaio 2020, n. 431

1. La parola “personale” contenuta nel secondo comma dell’art. 42 del Codice dei Contratti Pubblici deve essere intesa in senso estensivo, ricomprendendo tale espressione non solo i rapporti di lavoro subordinato, ma anche quelli di consulenza. 

2. Il conflitto di interessi non presuppone la realizzazione di un vantaggio competitivo, ma il potenziale rischio di minaccia alla imparzialità amministrativa.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3274 del 2019, proposto da
Scalzone Carlo, in proprio e in qualità di legale rappresentante della Lu.Ve. s.a.s. di Scalzone Carlo & C., rappresentato e difeso dagli avvocati Orazio Abbamonte e Elio Cuoco, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Corrias Lucente in Roma, via Sistina, n. 121;

contro

Comune di Agropoli, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Gennaro Maione, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

nei confronti

Lido Oasi s.a.s. di Carpinelli Loredana, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Scuderi, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno, Sezione Seconda, n. 00564/2019, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Agropoli e del Lido Oasi s.a.s. di Carpinelli Loredana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Maione, Scuderi e, in sostituzione dell'avv. Abbamonte, Sasso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Carlo Scalzone acquistava nel 2004 lo stabilimento balneare “Lido Azzurro” da Pasquale Garritano, titolare di concessione demaniale marittima n. 267/1992 rilasciata dal Comune di Agropoli per un’estensione di 904 mq. sulla p.lla 236, foglio 40, successivamente ridotta a 513 mq. con il provvedimento concessorio di rinnovo n. 3 del 2005 a causa dell’erosione marina che aveva ristretto la superficie dell’area demaniale.

Con istanza 28 marzo 2018, premessa l’intervenuta ricostruzione dell’arenile demaniale, domandava al Comune di Agropoli il ripristino della concessione demaniale marittima n. 267/1992 per l’originaria superficie di 904 mq.

1.1. Il Comune di Agropoli, con provvedimento dirigenziale 27 aprile 2019 prot. n. 0010449 respingeva l’istanza di ripristino della concessione demaniale n. 267/1992 per l’impossibilità di rilasciare nuove concessioni ovvero ampliare quelle esistenti, in assenza di P.U.A.D. – Piano utilizzo delle aree demaniali, non ancora approvato dalla Giunta comunale.

1.2. Carlo Scalzone impugnava il provvedimento di diniego innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. staccata di Salerno, che con la sentenza 25 giugno 2018, n. 993, accoglieva il ricorso e annullava il provvedimento impugnato, in quanto l’assenza del P.U.A.D. non poteva costituire legittima ragione di diniego.

In prospettiva conformativa il Tribunale osservava che l’amministrazione comunale avrebbe dovuto: - esaminare l’istanza del privato e verificare quale fosse l’oggetto effettivo della concessione rilasciata all’interessato e la sua consistenza, mediante una puntuale interpretazione del provvedimento concessorio; - accertare l’esistenza di una norma dell’ordinamento che consenta al titolare di una concessione amministrativa di presentare istanza diretta al ripristino di una situazione di fatto consacrata quale oggetto di godimento in una precedente concessione; - valutare in che modo potesse incidere nella vicenda il rilascio ad altro privato sull’area ricostruita di concessione di occupazione stagionale temporanea; - infine se, per rilasciare la concessione, dovesse darsi attuazione ai principi sanciti dalla pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2013.

1.3. Preso atto della sentenza, il Comune di Agropoli, con provvedimento del Responsabile dell’area lavori pubblici, demanio e porto 17 ottobre 2018, prot. 27770/2018, ai sensi dell’art. 18 del Regolamento di attuazione del Codice della navigazione, ha dato avvio alla procedura per l’assegnazione di concessione demaniale marittima, mediante pubblicazione per un periodo di quindici giorni dell’istanza di Carlo Scalzone del 28 marzo 2018 all’Albo pretorio del Comune e all’Ufficio circondariale marittimo, con contestuale avviso ai soggetti interessati (ad ottenere la medesima area in concessione) di poter prendere visione degli atti del procedimento e presentare memorie scritte e documenti.

1.4. Con deliberazione 30 ottobre 2018, n. 290 la Giunta comunale, ravvisato l’interesse del Comune ad utilizzare l’arenile in questione per fini pubblici ovvero per “realizzare una spiaggia attrezzata a favore di disabili in conformità alla vigente normativa e all’ultimo bando per l’ottenimento del prestigioso titolo di bandiera blu, rilasciato dalla FEE, in quanto buona parte della spiaggia libera esistente presso il lido azzurro, in più occasioni, viene utilizzata per deposito momentaneo di accumuli di alghe, risultanti dalla pulizia del litorale marino per assicurare la balneabilità nei periodi estivi”, ha dato mandato al Sindaco di presentare istanza per le suddette finalità pubbliche, il che è avvenuto con istanza 31 ottobre 2018, prot. 29576, rivolta al Responsabile del servizio lavori pubblici, demanio e porto del medesimo Comune.

2. Carlo Scalzone ha proposto nuovo ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. staccata di Salerno, chiedendo l’annullamento di entrambi gli atti, sia della delibera di Giunta comunale n. 290 del 2018, sia dell’istanza del Sindaco del 31 ottobre 2018.

Si è costituito in giudizio il Comune di Agropoli che, proposte diverse eccezione di inammissibilità del ricorso, ha concluso per il suo rigetto; ha proposto intervento ad opponendum Lido Oasi s.a.s. di Carpinelli Loredana.

3. Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha respinto il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite.

4. Propone appello Carlo Scalzone; si è costituito in giudizio il Comune di Agropoli e il Lido Oasi s.a.s. di Carpinelli Loredana. Le parti hanno depositato memorie ex art. 73 Cod. proc. amm., cui sono seguite rituali repliche.

All’udienza del 17 ottobre 2019, dopo la rituale discussione, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1.Chiarezza espositiva impone di premettere che con la sentenza impugnata il Tribunale, pur ritenendo inammissibile il ricorso proposto da Carlo Scalzone a causa della mancata impugnazione dell’avviso pubblico del 17 ottobre 2018 di avvio della procedura di assegnazione della concessione demaniale marittima dell’area di cui si tratta (avviso considerato effettivamente lesivo dell’interesse del ricorrente, in quanto contenente un implicito diniego all’istanza di ripristino del 28 marzo 2018, cui il ricorrente avrebbe dovuto opporsi eventualmente per violazione o elusione del dictum giudiziario contenuto nella sentenza del 25 giugno 2018, n. 993, laddove i provvedimenti impugnati altro non erano che atti conseguenti al predetto avviso pubblico e quindi non autonomamente lesivi) e in ragione della carenza di attualità dell’interesse a ricorrere (essendo ancora in corso la procedura di rilascio della concessione demaniale marittima e non essendovi pertanto alcun provvedimento di assegnazione dell’area), lo ha respinto nel merito, in quanto la scelta della Giunta comunale di invitare il Sindaco a presentare istanza nella procedura per l’assegnazione della concessione demaniale costituiva esercizio di discrezionalità amministrativa e impingeva nel merito dell’azione amministrativo e come tale era insindacabile, non ricorrendo macroscopici vizi di illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento fattuale, tanto più che nella relazione istruttoria del 9 gennaio 2019, prot. n. 981, il competente ufficio dell’ente aveva evidenziato che la disponibilità del tratto di arenile in questione era funzionale all’esigenza di salvaguardare i diritti dei disabili, consentendo loro l’accesso agli stabilimenti balneari mediante strutture predisposte dall’amministrazione comunale (non essendo a tale scopo utilizzabile il tratto di spiaggia di titolarità del Lido Azzurro per la presenza di alghe e il passaggio di mezzi meccanici, mentre il lido Raggio Verde, effettivamente attrezzato per i disabili, era collocato in zona nord, distante dal centro cittadino).

2. L’appello è affidato a tre motivi: I) con il primo motivo si deduce “Error jn iudicando. Violazione sentenza Tar Salerno n. 993/18, art. 112 cpa e art. 97 Cost. Eccesso di potere, sviamento, contraddittorietà, violazione del giusto procedimento di legge, violazione dell’art. 37 codice navigazione”; II) col secondo si lamenta “Error in judicando. Violazione art. 37 Cod. Nav. E 6 bis L. n. 241/90. Illogicità e contraddittorietà della motivazione per errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione del criterio n. 33 della FEE. Sviamento. Violazione art. 97 Cost. e della sentenza TAR Salerno n. 983/18. Violazione art. 112 CPA”; III) col terzo si sostiene “Error in judicando. Violazione art. 50 CPA. Inammissibilità dell’atto di intervento. Omessa pronuncia del TAR”.

3. L’appello è infondato.

3.1. Con il primo motivo, come sopra rubricato, l’appellante sostiene in sintesi la erroneità della declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado, sottolineando che le doglianze non riguardavano affatto la determinazione dell’amministrazione di procedere alla pubblicazione della sua domanda di concessione dell’area demaniale, né eventuali vizi di quel procedimento, ma soltanto la macroscopica situazione di conflitto di interessi che si era determinata in ragione dell’avvenuta presentazione da parte dello stesso comune di una domanda in concorrenza per l’assegnazione della stessa area, ciò a causa della confusione in capo all’amministrazione comunale ad un tempo della qualità di istante e di autorità decidente sulla stessa istanza (in violazione di quanto stabilito dagli artt. 42 e 80, comma 5, lett. d) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), il che avrebbe reso attuale e concreto il suo interesse all’impugnazione, pena l’inutilità e l’inefficacia della stessa tutela giurisdizionale.

3.1.1. Il motivo non merita favorevole considerazione.

Occorre preliminarmente rilevare che la formulazione del motivo di gravame in questione, imperniata sulla pretesa situazione di conflitto di interesse che si sarebbe verificata nel caso di specie, di per sé idonea a suffragare l’esistenza dell’interesse concreto e attuale all’impugnazione degli atti adottati dal comune per partecipare esso stesso alla procedura di assegnazione dell’area demaniale, copre in realtà entrambi i profili in relazione ai quali il tribunale ha rilevato l’inammissibilità del ricorso, dal momento che espressamente è esclusa la volontà (ed anzi si sottolinea l’inutilità) di impugnare l’avviso pubblico di avvio della procedura di concessione e si indicano come unici atti ritenuti lesivi proprio e solo quelli posti in essere dall’amministrazione per partecipare alla procedura.

Ciò precisato, deve ritenersi che effettivamente l’impugnazione proposta in primo grado sia carente del necessario presupposto della concretezza e dell’interesse a ricorrere: anche a prescindere dal fatto che la delibera della Giunta municipale 30 ottobre 2018, n. 290 (che dà mandato al sindaco di presentare la domanda per l’assegnazione dell’area) è atto interno (privo di immediati effetti esterni) e che la domanda dell’ente di partecipazione alla procedura non ha evidentemente natura provvedimentale, è decisivo e convincente sul punto l’avviso del primo giudice, secondo cui l’unico atto idoneo lesivo della posizione del ricorrente è il provvedimento di assegnazione dell’area, provvedimento che al momento del ricorso non era intervenuto, essendo ancora in corso il relativo procedimento.

Il che sotto altro concorrente profilo rende anche inapprezzabile la dedotta censura di conflitto di interessi, fermo peraltro che le disposizioni del codice degli appalti non sono neppure direttamente invocabili nel procedimento di concessione di un bene demaniale.

3.2. Con il secondo motivo di gravame si sostiene, in sintesi, che il tribunale avrebbe erroneamente ritenuto infondato il ricorso senza apprezzare, come pure era preciso obbligo, la pretestuosità e l’inconsistenza, anche in punto dei fatti, delle ragioni poste dalla ricordata delibera di giunta a fondamento del mandato al sindaco di presentare domanda di partecipazione alla procedura di assegnazione dell’area.

Al riguardo, fermo in ogni caso il pur decisivo profilo sopra indicato di inammissibilità dell’impugnazione, trattandosi di un atto di natura meramente interna, non può disconoscersi che quella determinazione della giunta municipale è effettivamente espressione della discrezionalità amministrativa e come tale sfugge al sindacato giurisdizionale, non sussistendo e non essendo stati provati gli estremi della macroscopica illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza e irrazionalità, che evidentemente non possono essere integrati dal dissenso dell’interessato appellante o con la opinabilità delle scelte stesse.

3.3. Anche il terzo motivo è infondato: anche a prescindere dal fatto che non vi è traccia negli atti di causa dell’eccezione di inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum di Lido Oasi sollevata in primo grado dall’odierno appellante, non emergono fondate ragioni di inammissibilità di detto intervento, essendo per converso del tutto ragionevole che un operatore economico supporti la posizione di un soggetto (nel caso di specie l’ente locale) la cui presenza è astrattamente idonea ad assicurare un assetto degli interessi per lui più favorevole.

4. La peculiarità dell’eccezione sollevata dall’appellante (conflitto di interessi) induce la Sezione a svolgere le ulteriori considerazioni sulla possibilità per l’autorità competente al rilascio delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico – ricreative di prendere parte al procedimento da essa stessa avviato domandando per sé il bene demaniale in competizione.

4.1. L’autorità competente al rilascio delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico – ricreative è, nel caso di specie, il Comune di Agropoli.

L’art. 42 (Funzioni dei Comuni) d.lgs. 30 marzo 1999, n. 96 (Intervento sostitutivo del Governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra regioni ed enti locali a norma dell'articolo 4, comma 5, della L. 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni.) dispone infatti l’esercizio da parte dei Comuni delle funzioni previste dall’art. 105, comma 2, lett. f) ed l) d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, tra le quali, in particolare, è previsto il “rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia” (cfr. anche, per la Regione Campania, la l. reg. 28 marzo 2002, n. 3 attributiva di funzioni programmatorie ed amministrative alla Regione in materia di reti, impianti e servizi marittimi, ivi compresi i porti di rilievo regionale ed interregionale, nonché la D.G.R. 19 giugno 2009 n. 1047 di approvazione dell’elenco ricognitivo dei “Porti di rilevanza regionale ed interregionale” e la D.G.R. 19 marzo 2010, n. 299).

Il Comune è tenuto dunque ad avviare una procedura di selezione pubblica, ispirata ai principi di par condicio, di imparzialità e di trasparenza, diretta ad individuare la proposta di gestione dell’area demaniale marittima maggiormente corrispondente allo specifico interesse pubblico che, per le caratteristiche particolari dell’area concedibile, sia utilmente perseguibile (il rilascio della concessione demaniale marittima per finalità turistico – ricreative avviene sulla base della procedura descritta, sia in maniera sintetica, dagli artt. 36 (Concessioni di beni demaniali) e 37 (Concorso di più domande di concessione) del Codice della navigazione e del già citato art. 18 del Regolamento di esecuzione del Codice della navigazione; si tratta, in ogni caso, di una procedura di carattere comparativo (Cons. Stato, sez. VI, 18 novembre 2019, n. 7874, nonché in giurisprudenza: Cons. Stato, sez. VI, 2 maggio 2018, n. 2622; VI, 12 febbraio 2018, n. 873; VI, 31 gennaio 2017, n. 394; Adunanza plenaria 25 febbraio 2013, n. 5; V, 23 novembre 2016, n. 4911; VI, 7 marzo 2016, n. 889; VI, 21 maggio 2009, n. 3145; VI, 23 luglio 2008, n. 3642). La ragione è nella natura di risorsa naturale scarsa (secondo la dizione utilizzata dall’art. 12 della direttiva Bolkestein) ed economicamente sfruttabile per attività imprenditoriali del bene demaniale, in quanto tale, possibile occasione di guadagno per gli operatori del mercato come chiarito dalla citata sentenza del Cons. Stato n. 394 del 2017).

Che l’azione amministrativa debba essere preservata da possibili conflitti di interessi con i destinatari della stessa discende dal principio costituzionale di imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost) ed è desumibile, nella legislazione, dall’art. 6 – bis l. 7 agosto 1990, n. 241, per il quale “Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i parerei, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.

Rispondono all’esigenza di tutela della par condicio tra tutti i partecipanti le disposizioni legislative che, nelle diverse procedure selettive pubbliche, prevedono misure di prevenzione e contrato del conflitto di interessi tra autorità pubblica e concorrenti nella selezione (così, ad es., l’art. 42, comma 2, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella materia dei contratti pubblici).

Per giurisprudenza consolidata le situazione di conflitto di interessi, nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico, non sono tassative, ma possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 Cost., quando esistano contrasto ed incompatibilità, anche solo potenziali, tra il soggetto e le funzioni che gli sono attribuite (Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2017, n. 3415; 2016, n. 1961; V, 19 settembre 2006, n. 5444).

Deve ritenersi che anche nella procedura comparativa espletata dai Comuni per il rilascio di una concessione demaniale marittima è necessario adottare tutte le misure di prevenzione di possibili situazioni di conflitto di interessi e, qualora le stesse dovessero concretamente realizzarsi, anche solo in maniera potenziale, interventi finalizzati al loro superamento.

4.2. Nella procedura oggetto del presente giudizio, in seguito alla presentazione dell’istanza del Sindaco di Agropoli per l’assegnazione al medesimo Comune della concessione demaniale marittima in contesa, si è effettivamente determinata una situazione tipica di conflitto di interessi (ancorché allo stato non immediatamente rilevabile per la mancanza di un provvedimento di assegnazione dell’area).

Infatti il responsabile del Servizio lavori pubblici, demanio e porto, chiamato ad adottare il provvedimento di rilascio della concessione, è dipendente del medesimo Comune che, a mezzo del proprio Sindaco, si propone quale concorrente per l’assegnazione della concessione stessa.

Ricorre, in sostanza, piena identità tra autorità amministrativa che gestisce la procedura e uno dei partecipanti alla procedura stessa.

4.3. Spetta evidentemente all’ente evitare l’adozione di un provvedimento viziato dal delineato conflitto di interessi, fermo restando del resto che l’intento, qualora sia stato legittimamente maturato e manifestato, del Comune di voler gestire un’area demaniale in via diretta e non mediante affidamento a privato, è logicamente incompatibile con l’avvio della procedura selettiva di cui occupa.

5. In conclusione, l’appello alla stregua delle osservazioni svolte, va respinto.

La peculiarità della controversia giustifica la compensazione tra tutte le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra tutte le parti in causa le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2019.

 

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia dello scorso 17 gennaio il Consiglio di Stato ha primariamente rilevato come la parola “personale” contenuta nel comma 2 dell’art. 42 cod. appalti debba essere intesa in senso estensivo, ricomprendendo tale espressione non solo i rapporti di lavoro subordinato, ma anche quelli di consulenza.  

Inoltre, ad avviso del Collegio, “il conflitto di interessi non presuppone la realizzazione di un vantaggio competitivo, ma il potenziale rischio di minaccia alla imparzialità amministrativa”. 

Di conseguenza, richiamando la precedente pronuncia della III sezione (14 gennaio 2019, n. 355), il giudice ha ribadito che la sola esistenza di un rapporto di lavoro non può che essere considerata come espressione di un interesse personale, tale da configurare una situazione di conflitto di interesse.

In proposito, il Consiglio di Stato, chiamato a decidere se l’accertata situazione di conflitto di interesse dovesse comportare l’annullamento dell’intera procedura ovvero la mera esclusione del r.t.i. interessato, ha svolto un’ulteriore considerazione.Il Collegio sul punto ha rilevato che il linea di principio, “il conflitto di interessi, anche nella configurazione generale di cui all’art. 6-bisl. n. 241/1990, ove non “sanato” con l’astensione o diversamente “risolto”, comporta l’illegittimità del provvedimento viziato dall’incompatibilitàmeliusdal difetto di legittimazione, tendenzialmente riconducibile nell’ambito del vizio di incompetenza”. 

Inoltre, il giudice amministrativo, distinguendo la situazione in esame da quella regolata dall’art. 80, comma 5, lett. d) d.lgs. n. 50/2016, ha rilevato che qualora il conflitto emerga in una fase avanzata del procedimento di gara, financo in un momento successivo all’aggiudicazione, “non può che trovare applicazione la misura demolitoria, che, secondo la regola generale, colpisce il provvedimento viziato dal conflitto di interessi

Nella fattispecie, il Consiglio di Stato ha ritenuto di annullare la lex specialis, poiché era proprio questa ad essere stata elaborata con il contributo «potenzialmente “interessato”» del dipendente di un’impresa partecipante, con l’inevitabile conseguenza che ne sono risultati inficiati tutti gli atti di gara conseguenti.