Consiglio di Stato, Sez. V, 22 novembre 2019, n. 7976

E' legittima la proroga il contratto stipulato in forza di una gara giudicata illegittima, poiché la stazione appaltante detiene il potere discrezionale di autotutela, a mente del quale può ritenere prevalente l’interesse generale a mantenere in vita il rapporto nelle more della predisposizione della nuova gara d’appalto per l’affidamento dei servizi.

Nota a sentenza

Con precedente sentenza, il Consiglio di Stato aveva annullato un provvedimento di aggiudicazione senza, però, pronunciare l’inefficacia del contratto, ai sensi dell'art. 122 c.p.a. essendo intervenuta rinuncia dell’appellante alle domande consequenziali all’annullamento di aggiudicazione, non riproposte in appello (ivi compresa la pronuncia di subentro nel contratto).Tuttavia, la pronuncia aveva fatto salva la valutazione dell’amministrazione appaltante circa l'opportunità di attivare l'autotutela, con conseguente caducazione del contratto stipulato, in coerenza con il disposto annullamento dell’aggiudicazione.

Successivamente, la stazione appaltante aveva dato corso a tale potere attraverso un provvedimento che manteneva gli effetti del contratto d'appalto in essere, disponendone la proroga cd. tecnica.

Con nuovo ricorso al T.A.R., la stessa società ricorrente nel precedente giudizio domandava l’annullamento del provvedimento conclusivo del procedimento di autotutela, contestando la legittimità della proroga, assunta quale strumentale alla prosecuzione in capo all'aggiudicatario originario del servizio.

Il Consiglio di Stato ha precisato che, a seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento di aggiudicazione, ostano alla caducazione del contratto di appalto che ne è conseguito sia il divieto espresso contenuto all’art. 125 c.p.a., sia la mancata proposizione in giudizio della domanda di declaratoria d'inefficacia del contratto (o di subentro ovvero pure di risarcimento in forma specifica), nonché la rinuncia alla medesima in sede di appello, derivante dalla mancata riproposizione delle istanze di primo grado (in forza della presunzione di cui all’art. 101, comma 2, c.p.a.).

Ciò nonostante, in conformità alla giurisprudenza, la mancata statuizione del giudice sul contratto d’appalto non può dar corso all’inerzia della stazione appaltante, la quale altrimenti si tradurrebbe nella mancata ottemperanza del giudicato.

L’Amministrazione, anzi, è tenuta a valutare, nell'esercizio dei propri poteri di autotutela (ex art. 108, comma 1, d.lgs. n. 50/2016), dove riposi l'interesse pubblico prevalente, se nella prosecuzione del rapporto contrattuale con l'aggiudicatario originario, ovvero nella risoluzione del contratto, con conseguente indizione di una nuova procedura di gara.

In tal modo, risulta garantita l'effettività della tutela del soggetto destinatario del giudicato a lui favorevole. Tuttavia, “se l’avvio del procedimento di autotutela è dovuto per l’intervenuta caducazione dell’aggiudicazione, non necessitato è certamente l’esito dello stesso, dato il carattere discrezionale che connota ogni procedimento di riesame”.

Infatti, va riconosciuta la legittimità della condotta della Amministrazione se è stato svolto il procedimento di autotutela in termini ragionevoli, senza incorrere nell'inottemperanza della sentenza.

Inoltre, se in via generale è illegittima la c.d. proroga tecnica senza procedere contestualmente ad indire una nuova gara, al contempo, è legittima la condotta della P.A. che, nell’incertezza collegata all’esito dei procedimenti giurisdizionali, ritiene in sede di autotutela di tenere ferma la proroga affinché, per il tempo necessario all’espletamento della nuova gara, possa continuare a ricevere le prestazioni dagli operatori economici.

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 22/11/2019

 

N. 07976/2019REG.PROV.COLL.                                        N. 05357/2018 REG.RIC.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato

 

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5357 del 2018, proposto da

Milano Technology di Ing. Salvatore Conti s.a.s., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Giannì e Gennaro Terracciano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gennaro Terracciano in Roma, piazza San Bernardo, 101;

contro

 

Aler - Azienda Lombarda Edilizia Residenziale di Milano, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana, Giorgio Lezzi e Anna Mazzoncini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Damiano Lipani in Roma, via Vittoria Colonna, 40;

nei confronti

 

Ferco s.r.l, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Maurizio Zoppolato, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Mascherino;

per la riforma

 

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. 01384/2018, resa tra le parti;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 settembre 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Terracciano, Gioffré, in sostituzione dell'avv. Lezzi, e Pelizzo, su delega dell'avv. Zoppolato;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

 

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Milano Technology di Ing. Salvatore Conti s.a.s. impugnava gli atti della procedura di “affidamento del servizio di pulizia e affini da effettuarsi sul patrimonio di proprietà di Aler e/o gestito dalla stessa – di competenza territoriale del settore servizi Milano Nord-Est”, indetta da Aler- Azienda lombarda edilizia residenziale di Milano, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

 

1.2. La ricorrente deduceva che l’appalto, originariamente suddiviso in sei lotti, era stato successivamente ridotto a tre, per ciascuno dei quali aveva presentato offerta, così come consentito dal disciplinare di gara. Nel disciplinare di gara, la stazione appaltante aveva stabilito di procedere all’aggiudicazione dei lotti secondo un ordine progressivo definito da un precedente sorteggio e facendo applicazione della regola del divieto di aggiudicazioni plurime, sicchè l’operatore aggiudicatario di un lotto precedente non poteva conseguire il successivo anche se, per ipotesi, la sua offerta fosse risultata la più vantaggiosa anche in altro.

 

1.3. La ricorrente assumeva che la sua offerta era risultata la più vantaggiosa sia in relazione al lotto 2°estratto che al lotto 3° estratto; ma, nonostante l’interesse manifestato per l’aggiudicazione del lotto 3° estratto, le era stato aggiudicato il 2° estratto, in applicazione dell’ordine di aggiudicazione frutto del sorteggio.

 

1.4. Il ricorso si basava su un unico motivo che contestava l’operato della Commissione giudicatrice per aver interpretato il disciplinare di gara nel senso che il criterio del sorteggio dovesse essere utilizzato come metodo di scelta del contraente, in presenza di offerte riconosciute come le più vantaggiose per più lotti, anziché come mero criterio per l’individuazione dell’ordine di aggiudicazione dei lotti, facendo salvo, per l’aggiudicazione dei singoli lotti, il criterio ordinario dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

 

2. La ricorrente conveniva in giudizio Aler e la società Ferco s.r.l. in proprio e in qualità di mandante del costituendo RTI con la società DDB Ecologia s.r.l., aggiudicataria del terzo lotto. Entrambe si costituivano chiedendo il rigetto del ricorso.

 

2.1. Il giudizio di primo grado si concludeva con la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia 9 gennaio 2017, n. 29, di reiezione della domanda di annullamento; il Consiglio di Stato, sezione V, con sentenza 18 ottobre 2017, n. 4812, in accoglimento dell’appello di Milano Technology s.a.s., riformava la sentenza di primo grado ed annullava il provvedimento di aggiudicazione definitiva 26 novembre 2015, n. 736 al R.t.i. Ferco.

 

2.2. La sentenza di appello valutava gli effetti del disposto annullamento sul contratto d’appalto medio tempore stipulato con la controinteressata, ma riteneva di non poter pronunciarne l’inefficacia ai sensi dell’art. 122 Cod. proc. amm. per intervenuta rinuncia dell’appellante alle domande consequenziali all’annullamento dell’aggiudicazione (ivi compresa la pronuncia di subentro nel contratto), che, articolate nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non erano state poi espressamente riproposte in sede di appello (come, invece, richiesto dall’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., affinchè il giudice d’appello possa conoscerle).

 

Tuttavia, nella sentenza d’appello era precisato che “Resta comunque salva la valutazione dell’amministrazione appaltante sull’attivazione del potere di autotutela, con inerente caducazione del contratto stipulato, in coerenza con il disposto annullamento dell’aggiudicazione”.

 

2.3. Il 10 novembre 2017 Aler Milano comunicava, pertanto, l’avvio del procedimento di autotutela precisando l’intenzione di “valutare tutte le circostanze sottese all’esecuzione del contratto di appalto relativo al lotto n. 3, anche in termini di bilanciamento dei diversi interessi pubblici e privati, e ciò la fine di assumere le determinazioni del caso, il tutto come peraltro prospettato dal Consiglio di Stato”; in precedenza, peraltro, con atto 28 agosto 2017, Aler Milano aveva richiesto a Ferco s.r.l. (come anche a Milano Technology, in relazione al lotto che le era stato affidato), che aveva accettato, di proseguire nell’esecuzione del contratto sino al 31 maggio 2018 come previsto dall’art. 4 del Capitolato speciale descrittivo e prestazionale.

 

2.4. Il procedimento di autotutela era concluso dal provvedimento 30 novembre 2017, in cui, previo riconoscimento della perdurante efficacia del contratto, era disposta la conferma della proroga semestrale del contratto d’appalto relativo al lotto 3 concluso con Ferco s.r.l. sino a maggio 2018, per essere una “proroga tecnica” limitata al tempo della predisposizione della nuova gara d’appalto per l’affidamento dei servizi in oggetto e non in grado di recare alcun danno alla Milano Technology s.a.s..

 

3. Con ricorso al Tribunale regionale amministrativo per la Lombardia Milano Technology di Ing. Salvatore Conti s.a.s. domandava l’annullamento del provvedimento conclusivo del procedimento di autotutela sulla base di due motivi.

 

3.1. Con il primo motivo era contestata la violazione dell’art. 57, comma 5, lett. b) d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonché l’eccesso di potere per irragionevolezza, manifesta illogicità, contraddittorietà e sviamento di potere per avere l’amministrazione esercitato il potere di autotutela in maniera pretestuosa e strumentale con il solo obiettivo di procedere alla proroga del servizio a favore dell’aggiudicataria, sebbene, all’esito del precedente giudizio, fosse accertata l’illegittimità dell’aggiudicazione al contraente cui era richiesta la proroga dei servizi.

 

3.2. Con il secondo motivo la ricorrente assumeva l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione degli artt. 1, 3 e 21 –novies l. 7 agosto 1990, n. 24 e dell’art. 2 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163; a suo dire l’amministrazione avrebbe errato nel disporre la proroga in ragione della perdurante efficacia del contratto, dovendosi, invece, escludere l’efficacia del contratto alla luce delle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite in materia.

 

3.3. Il giudizio, al quale prendevano parte al giudizio Aler Milano e Ferco s.r.l., si concludeva con la sentenza sez. IV, 31 maggio 2018, n. 1384, di reiezione del ricorso e condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di lite.

 

4. Propone appello Milano Technology di Ing. Salvatore Conti s.a.s.; Aler Milano e Ferco s.r.l. si sono costituite in giudizio. L’appellante e la stazione appaltante hanno depositato memorie e rituali repliche. All’udienza del 19 settembre 2019 la causa è stata assunta in decisione.

 

DIRITTO

 

1. Preliminarmente va dato atto che la sentenza del Consiglio di Stato n. 4812 del 2017 è stata impugnata dalla Milano Technology s.a.s. con ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione ex art. 362 Cod. proc. civ. e che il giudizio è stato definito con ordinanza delle Sezioni Unite 10 maggio 2019 n. 12586, dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso per cassazione.

 

2. E’ possibile, dunque, procedere all’esame dell’appello.

 

2.1. Con l’unico motivo d’appello è contestato al giudice di primo grado, in primo luogo, di aver erroneamente inteso l’oggetto del giudizio, che non era la proroga del contratto disposta dalla stazione appaltante a favore della Ferco s.r.l., ma la decisione di Aler di mantenere fermo il contratto, addirittura con estensione temporale, sebbene fosse stata caducata in via giurisdizionale l’aggiudicazione, quale l’esito del procedimento di autotutela.

 

Assume l’appellante, infatti, che, in sede di autotutela, la stazione appaltante, in ragione dell’annullamento dell’aggiudicazione disposto con sentenza del Consiglio di Stato n. 4812 del 2017, non avrebbe potuto far altro che procedere alla ripetizione della gara, quanto meno a partire dall’individuazione delle regole di aggiudicazione in presenza di concorrente risultato primo in più lotti; Aler, invece, aveva assunto la diversa, e illegittima, decisione di avviare una nuova procedura di gara, anziché ripetere la medesima gara, come dimostrato dal bando di gara medio tempore pubblicato.

 

2.2. L’appellante aggiunge che la stazione appaltante, stabilito di non procedere alla ripetizione della gara, avrebbe potuto sanare il contratto solo fino alla scadenza naturale del 30 novembre 2017, per procedere immediatamente (e, comunque, una volta appreso della pubblicazione della sentenza) all’indizione di una nuova procedura di gara così da giovarsi dell’istituto della c.d. proroga tecnica che consente, secondo l’elaborazione giurisprudenziale, di assicurare l’erogazione del servizio senza soluzione di continuità nel tempo necessario all’espletamento della procedura di gara.

 

Era, invece, accaduto che, al 18 ottobre 2017, data di pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 4812, non era stata ancora bandita una nuova gara, neppure avviata, peraltro, alla comunicazione di avvio del procedimento di autotutela, sicchè la stazione appaltante non avrebbe potuto legittimamente esercitare il potere di proroga; la proroga, pertanto, aveva natura meramente contrattuale e posava su di un contratto da considerarsi non efficace oltre la sua scadenza naturale.

 

2.3. Quanto, infine, alle ragioni per le quali il giudice di primo grado aveva respinto le censure di illegittimità della proroga, ribadisce l’appellante che, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, era mancato, in sede di autotutela, un adeguato bilanciamento degli interessi, che, quanto al privato, nel caso di specie era quello all’esecuzione del contratto di cui era legittimo aggiudicatario secondo quanto statuito dal giudice d’appello, e la mancata riproposizione in appello della richiesta di tutela in forma specifica non avrebbe potuto trasformare il suo interesse di natura meramente processuale in assenza di interesse al subentro del contratto sul piano sostanziale.

 

3. L’appello è infondato; la sentenza di primo grado merita conferma con le precisazioni che seguono.

 

3.1. Preliminarmente, in risposta alla prima censura svolta dall’appellante, va precisato che dalla sola lettura della sentenza impugnata appare chiaro come il giudice di primo grado abbia vagliato i vizi di legittimità prospettati in relazione al provvedimento di conferma del contratto di appalto (ma, specialmente, come si avrà modo di chiarire, della proroga) – ovvero nei confronti della decisione assunta dalla stazione appaltante all’esito del procedimento di autotutela – e non del precedente atto di proroga, rimasto estraneo al giudizio.

 

Il giudice di primo grado, dunque, ha correttamente individuato l’oggetto del giudizio e si è occupato delle ragioni della proroga solo perché contestate, come emerge anche dalle censure svolte nell’odierno giudizio d’appello, dal ricorrente nei propri motivi di ricorso.

 

3.2. Precisato quanto sopra, la questione centrale posta dall’odierno appellante è se l’esercizio del potere di autotutela da parte della stazione appaltante, in seguito all’annullamento del provvedimento di aggiudicazione, potesse avere quale unico esito la decisione di ripetere la (stessa) gara con le modalità indicate dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4812 del 2017 ovvero, come in effetti avvenuto, di tener fermo il contratto (e la proroga che ne era stata frattanto disposta).

 

3.2.1. Si impone, al riguardo, una premessa.

 

A seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento di aggiudicazione, non sempre il giudice amministrativo può intervenire sul contratto di appalto che, in ragione dell’aggiudicazione, sia stato stipulato.

 

A parte il divieto previsto dall’art. 125 Cod. proc. amm., può accadere, infatti, che non sia allegato in giudizio il fatto dell’avvenuta stipulazione del contratto, ovvero che la parte ricorrente non abbia proposto espressa domanda di declaratoria dell’inefficacia del contratto (o di subentro ovvero pure di risarcimento in forma specifica) o ancora che, se proposta in primo grado, vi abbia poi rinunciato.

 

E’ quanto accaduto nel precedente giudizio tra l’odierna appellante e Aler Milano: il giudice d’appello, pur annullando l’aggiudicazione a favore del R.t.i. Ferco, non è intervenuto sul contratto d’appalto medio tempore stipulato per rinuncia della parte alle domande formulate in primo grado in quanto non riproposte (secondo la presunzione dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.).

 

3.2.2. La giurisprudenza amministrativa, tuttavia, ha già precisato che all’annullamento dell’aggiudicazione, in assenza di statuizione del giudice sul contratto d’appalto – situazione evidentemente differente da quella in cui il giudice amministrativo, pur richiesto dalla parte con domanda di declaratoria di inefficacia o di subentro, ritenga di mantener fermo il contratto soppesando espressamente le ragioni di cui all’art. 122 Cod. proc. amm. – non può seguire l’inerzia della stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 agosto 2019, n. 5500).

 

La stazione appaltante, infatti, è tenuta a valutare se, alla luce delle ragioni che hanno determinato l’annullamento dell’aggiudicazione, permangano o meno le condizioni per la continuazione del rapporto contrattuale in essere con l’operatore economico (illegittimo) aggiudicatario, ovvero se non risponda maggiormente all’interesse pubblico, risolvere il contratto e indire una nuova procedura di gara (in applicazione del potere riconosciuto ora dall’art. 108, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; cfr. Cons. Stato, sez. IV 5 maggio 2016, n. 1798).

 

L’inerzia della stazione appaltante – per l’inevitabile mutamento delle condizioni derivante dalla caducazione del provvedimento di aggiudicazione – configura, pertanto, una condotta inottemperante al giudicato e consente alla parte vincitrice di (re)agire con ricorso per l’ottemperanza (si è affermato nella sentenza di questa Sezione n. 5500 del 2019: “Inducono alla soluzione accolta ragioni di effettività della tutela (ex art. 1 Cod. proc. amm.). Se, a seguito dell'annullamento degli atti di gara, l'amministrazione resta inerte, così consentendo la prosecuzione del contratto con la parte illegittima aggiudicataria, l'operatore economico vincitore del giudizio non avrà conseguito alcun effetto utile dal giudicato di annullamento, salvo eventualmente spuntare il risarcimento del danno che, tuttavia, è rimedio sussidiario, attivabile per il solo caso di impossibile l'esecuzione in forma specifica della sentenza (come si ricava dall'art. 112, comma 3, Cod. proc. amm.) Ed è chiaro che, a rigore, in caso di annullamento dell'aggiudicazione, è impossibile l'esecuzione in forma specifica solo nel caso di avvenuta completa esecuzione dell'opera, del servizio o della fornitura.”).

 

3.2.3. Si spiega così la riserva contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato n. 4812 del 2017, per cui, disposto l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione a favore del R.t.i. Ferco s.r.l., era rimesso alla stazione appaltante la scelta di procedere in via di autotutela a risolvere il contratto d’appalto stipulato per essere ormai privo di valida aggiudicazione (simile riserva in Cons. Stato, IV, 3 luglio 2014, n. 3344).

 

3.2.4. Se l’avvio del procedimento di autotutela è dovuto per l’intervenuta caducazione dell’aggiudicazione, non necessitato è certamente l’esito dello stesso, dato il carattere discrezionale che connota ogni procedimento di riesame.

 

La stazione appaltante, dunque, è tenuta a soppesare i due interessi, insieme pubblici e privati, contrapposti – quello alla continuazione del rapporto contrattuale con un operatore economico che, per le più svariate ragioni, si gioverebbe di un’aggiudicazione illegittimamente disposta in suo favore con quello all’immediata caducazione del contratto d’appalto e conseguente riedizione della procedura di gara, evidentemente emendata del vizio accertato dal giudice amministrativo – e a motivatamente dichiarare a quale – e con quale modalità – intende dar prevalenza.

 

3.2.5. Alla luce delle predette considerazioni, la condotta di Aler Milano va, dunque, esente da critica: il procedimento di autotutela è stato attivato in un arco di tempo ragionevole dalla pubblicazione della sentenza caducatoria dell’aggiudicazione, con la comunicazione di avvio del procedimento del 10 novembre 2017 e concluso tempestivamente con il provvedimento del 30 novembre 2017.

 

Ciò vale ad escludere ogni profilo di inottemperanza alla sentenza della stazione appaltante (che, comunque, la parte avrebbe dovuto far valere con ricorso per ottemperanza).

 

Per quanto in precedenza detto la caducazione del contratto non era esito dovuto del procedimento a condizione che fossero ben esposte le ragioni di preferenza per la continuazione del rapporto contrattuale.

 

3.2.6. Ebbene, non v’è dubbio che nel provvedimento impugnato Aler Milano abbia espresso il suo intendimento di tener fermo, non tanto il contratto d’appalto, che aveva termine proprio quel giorno, il 30 novembre 2017, quanto, piuttosto, la proroga di sei mesi (dalla scadenza del contratto) già disposta, per i lotti aggiudicati ad entrambi gli operatori coinvolti nel giudizio, il 28 agosto 2017 e da entrambi accettata; proroga disposta “nelle more della predisposizione delle nuova gara d’appalto per l’affidamento dei servizi in oggetto”.

 

La necessità di tener ferma la proroga derivava – era spiegato nel provvedimento –

 

dalla circostanza che, fino a quel momento (di conclusione del procedimento di autotutela) le attività prodromiche all’indizione della nuova gara non erano ancora concluse “in ragione della complessità delle prestazioni da dedurre in commessa e delle scelte gestionali ancora in corso di valutazione da parte dell’Aler Milano”.

 

3.3. Per le considerazioni svolte, va respinta anche l’ulteriore critica rivolta dall’appellante alla stazione appaltante, e della quale assume non essersi occupato il giudice di primo grado, vale a dire l’impossibilità di disporre una proroga c.d. tecnica senza, contestualmente, procedere all’indizione della nuova gara, mediante la pubblicazione del bando.

 

3.3.1. È corretto affermare, come fa l’appellante, che la proroga c.d. tecnica è tale se, contestualmente o prima che sia disposta, venga avviata nuova procedura di gara, risolvendosi, altrimenti, in un affidamento senza gara camuffato, ma nel caso di specie è doveroso tener conto di due circostanze:

 

la prima è che quando Aler Milano ha richiesto ad entrambi gli operatori di continuare a svolgere le loro prestazioni anche oltre la scadenza contrattuale il 28 agosto 2017, il giudice amministrativo non si era ancora pronunciato e non v’era da dubitare della legittimità del contratto d’appalto concluso, che tale facoltà prevedeva (art. 4 “La durata dell’appalto è di 24 mesi (più eventuale anno di proroga) decorrenti dalla data del verbale di consegna del servizio”), come pure che vi fosse tempo (quello appunto della proroga) per procedere all’indizione della nuova gara;

 

la seconda è che, intervenuto l’annullamento in via giurisdizionale dell’aggiudicazione, caducare la proroga per essere stata adottata sulla base di un contratto da risolvere, avrebbe significato dover procedere all’immediata indizione di una procedura di gara – nello stesso tempo richiesto dallo svolgimento del procedimento di autotutela – comprimendo i tempi già programmati per la ponderata valutazione delle scelte da compiere in relazione alla nuova procedura di gara.

 

3.3.2. In definitiva, l’incertezza collegata all’esito dei procedimenti giurisdizionale rende ragionevole la decisione assunta da Aler all’esito del procedimento di autotutela, di tener ferma la proroga, che per il tempo necessario all’espletamento della nuova gara, consenta di continuare a ricevere le prestazioni dagli operatori economici.

 

Ciò vuol dire, per converso, che la stazione appaltante era onerata ad attivarsi, per la nuova procedura di gara indetta, nei tempi che si era originariamente data, vale a dire i sei mesi dalla scadenza del contratto e, dunque entro il 30 maggio 2018, come, in effetti, avvenuto alla luce della documentazione da ultimo versata in atti dalle parti.

 

3.4. In via conclusiva, la sentenza di primo grado merita conferma nella parte in cui ha ritenuto di respingere le ragioni di critica esposte dalla Milano Technology alla decisione assunta da Aler a conclusione del procedimento di autotutela.

 

4. Escluso ogni profilo di illegittimità dell’azione amministrativa nelle scelte seguenti alla pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 4812 del 2017, è stata correttamente respinta dal giudice di primo grado anche la domanda di risarcimento del danno articolata dalla Milano Technology derivante dalla scelta assunta dalla stazione appaltante di mantenere efficace il contratto e la proroga che ne aveva preceduto la scadenza.

 

5. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio tra tutte le parti in causa.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

 

Compensa tra tutte le parti in causa le spese del presente grado del giudizio.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

 

Francesco Caringella, Presidente

 

Fabio Franconiero, Consigliere

 

Raffaele Prosperi, Consigliere

 

Federico Di Matteo, Consigliere, Estensore

 

Stefano Fantini, Consigliere

 

                       

                       

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Federico Di Matteo                Francesco Caringella