Cons. Stato, Sez. III, 9 aprile 2019, n. 2324

Il “venir meno delle circostanze rilevanti” di cui all’art. 91, comma 5, del d.lgs. n. 159 del 2011, non dipende dal mero trascorrere del tempo, in sé, ma dal sopraggiungere di obiettivi elementi diversi o contrari che ne facciano venir meno la portata sintomatica (o perché ne controbilanciano, smentiscono e in ogni caso superano la valenza sintomatica, o perché rendono remoto, e certamente non più attuale, il pericolo)

In senso conforme: Cons. Stato, Sez. V, n. 4602/2015; Cons. Stato, Sez. III, n. 292/2012; Cons. Stato, Sez. VI, n. 7002/2011.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6890 del 2018, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. - OMISSIS-, resa tra le parti, concernente informazione antimafia interdittiva;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Ufficio Territoriale del Governo Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2019 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti l’avvocato Angelo Clarizia e l'avvocato dello Stato Carmela Pluchino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Nei confronti dell’odierna appellante -OMISSIS-, la Prefettura di Caserta ha adottato in passato informazioni antimafia interdittive - prot. -OMISSIS- in data 28 settembre 2009, prot. n. - OMISSIS- in data 14 settembre 2010, prot. -OMISSIS- in data 6 marzo 2012, fino all’ulteriore

conferma in data 12 febbraio 2015.

2. In data -OMISSIS- 2016, la società ha richiesto l’aggiornamento della propria posizione ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d.lgs. 159/2011, rappresentando che, oltre all’ampio lasso di tempo decorso dai fatti che avevano originato le interdittive, con verbale di assemblea in data - OMISSIS- 2016 era stata deliberata la fuoriuscita della socia -OMISSIS- a seguito di azzeramento del capitale sociale, sicché tutte le quote facevano ora capo al -OMISSIS-, socio superstite, - OMISSIS-.

3. La Prefettura di Caserta, con nota prot. n. -OMISSIS- in data 7 giugno 2017, ha tuttavia ritenuto che permanessero le situazioni di cui artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del d.lgs. 159/2011 (in sostanza, confermando ancora l’interdittiva); con nota prot. -OMISSIS- in data 22 agosto 2017, ha poi negato l’ostensione dei relativi atti istruttori.

4. Detti atti sono stati impugnati dalla società dinanzi al TAR Campania, che, dopo aver disposto l’acquisizione degli atti presupposti al provvedimento impugnato, con la sentenza appellata (I, n. - OMISSIS-), ha respinto il ricorso.

5. Nell’appello, la società prospetta un unico articolato motivo di censura per violazione e falsa applicazione degli artt. 84, 86 e 91 del d.lgs. 159/2011, violazione dell’art. 41 Cost., eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore nei presupposti, travisamento dei fatti, contraddittorietà e irragionevolezza.

Torna a lamentare che, nel riesaminare la sua posizione, la Prefettura non abbia tenuto debitamente in considerazione i seguenti elementi di novità:

-l’ampio lasso di tempo (dieci anni) trascorso dai fatti che hanno in precedenza originato l’adozione e la reiterata conferma dell’interdittiva;

- l’esclusione di -OMISSIS-, entrata nella compagine sociale nel 2007 a seguito del rilevamento del pacchetto azionario già di proprietà di -OMISSIS- (legato alla criminalità organizzata di stampo camorristico, quale esponente di spicco del -OMISSIS-, e tratto in arresto il -OMISSIS- 2006 per il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso) e sospettata dalle precedenti interdittive di essere una mera “testa di legno” per conto dell’-OMISSIS-;

- la conseguente circostanza secondo cui ora, per effetto dell’azzeramento del capitale sociale, tutte le quote fanno esclusivamente capo al socio superstite, -OMISSIS-, soggetto incensurato. Sostiene che, in definitiva, non sussistano elementi indiziari attuali di permeabilità da parte della criminalità organizzata idonei, anche secondo il criterio del “più probabile che non”, a giustificare il mantenimento dell’interdittiva.

6. Per il Ministero dell’interno si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato ed ha controdedotto puntualmente, chiedendo il rigetto del ricorso.

7. L’appellante ha puntualizzato le proprie ragioni con memoria e memoria finale.

8. Il Collegio ritiene che la valutazione della Prefettura circa la persistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa appaia ragionevole e sia immune dai vizi dedotti.

8.1. Occorre precisare, in via preliminare, che il sindacato giurisdizionale sulla valutazione sottesa all’informazione antimafia interdittiva viene condotto sulla base dei principi affermati o ribaditi da questa Sezione con la sentenza n. -OMISSIS- (del resto, pronunciata nei confronti della odierna appellante) ed applicati dalla giurisprudenza successiva, principi che – risultando richiamati anche nell’appello – possono in generale darsi per conosciuti.

E’ poi utile sottolineare che le precedenti quattro interdittive sopra ricordate hanno superato indenni il vaglio giurisdizionale (cfr., per quelle in data 28 settembre 2009 e 6 marzo 2012, TAR Campania, n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-, rispetto alle quali pendono gli appelli ma, nel primo di essi, Cons. Stato, III, n. -OMISSIS--ord. ha respinto la domanda cautelare; per quella in data 12 febbraio 2015, TAR Campania, I, n. -OMISSIS-, confermata da Cons. Stato, III, n. -OMISSIS-, cit.).

Correttamente, quindi, l’Amministrazione appellata ha richiamato i principi espressi da questa Sezione con la sentenza n. -OMISSIS-, nel senso che la sopravvenienza di fatti favorevoli all’imprenditore, impone di verificare nuovamente se persistano ragioni di sicurezza e di ordine pubblico tali da prevalere sull'iniziativa e sulla libertà di impresa del soggetto inciso. L’attualità degli elementi indizianti, da cui trarre la sussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa, infatti, permane inalterata fino al sopraggiungere di fatti nuovi ed ulteriori che evidenzino il venir meno della situazione di pericolo.

8.2. Con riguardo al primo profilo di censura – che fa leva sull’ampio lasso di tempo trascorso dai fatti ritenuti sintomatici di un rischio di permeabilità mafiosa – deve osservarsi che la giurisprudenza ha costantemente evidenziato (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, V, n. 4602/2015; III, n. 292/2012; VI, n. 7002/2011) che, col decorso dell’anno, la misura interdittiva che rileva il pericolo di condizionamento mafioso non perde efficacia.

Il “venir meno delle circostanze rilevanti” di cui all’art. 91, comma 5, del d.lgs. n. 159 del 2011, non dipende, infatti, dal mero trascorrere del tempo, in sé, ma dal sopraggiungere di obiettivi elementi diversi o contrari che ne facciano venir meno la portata sintomatica (o perché ne controbilanciano, smentiscono e in ogni caso superano la valenza sintomatica, o perché rendono remoto, e certamente non più attuale, il pericolo).

Sul piano letterale, la clausola rebus sic stantibus prevista dall’art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011 comporta che in caso di sopravvenienza di fatti favorevoli all’imprenditore (ad es. in relazione ai casi di modificazioni degli assetti societari e gestionali dell’impresa, in ipotesi capaci di modificare la valutazione alla base dell’informativa) l’Amministrazione verifichi nuovamente se persistano ragioni di sicurezza e di ordine pubblico tali da prevalere sull’iniziativa e sulla libertà di impresa del soggetto inciso.

Va tuttavia sottolineato che, in caso di ripetute e strumentali reiterazioni di domande dirette ad ottenere un provvedimento di ritiro o di revoca di un’interdittiva in corso di validità, collegate alla affermata rilevanza di sopravvenienze e fatti nuovi asseriti come favorevoli al soggetto inciso, la Prefettura può limitarsi:

- a verificare se la domanda sia accompagnata da un fatto realmente nuovo, perché sopravvenuto ovvero non conosciuto, che possa essere ritenuto effettivamente incidente sulla fattispecie (es. effettiva cessione dell’impresa a soggetto del tutto estraneo al rischio di condizionamento o infiltrazione da parte della delinquenza organizzata);

- a valutare quindi se possano ritenersi venute meno quelle ragioni di sicurezza e di ordine pubblico in precedenza ritenute prevalenti sull’iniziativa e sulla libertà di impresa del soggetto inciso.

In caso di esito negativo di detta verifica, la Prefettura può semplicemente limitarsi a prendere atto della inesistenza di profili nuovi e, di conseguenza, adottare un atto di natura meramente confermativa; ciò a maggior ragione in presenza di sentenze di conferma della legittimità dei precedenti provvedimenti.

8.3. Ed è proprio quello che risulta essere avvenuto nel caso in esame: a seguito della ricezione dell’ultima istanza di aggiornamento, la Prefettura ha verificato in sede istruttoria con l’ausilio delle forze dell’ordine la sussistenza o meno di profili nuovi idonei a determinare la revisione dell’interdittiva.

Nessun elemento positivo di novità è stato, tuttavia, riscontrato, come si evince dalle note della D.I.A. di Napoli, del G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Napoli, del Nucleo Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Caserta, del Comando Provinciale Carabinieri di Caserta e della Questura di Caserta.

In mancanza di fatti sopravvenuti favorevoli alla società, in quanto comprovanti il venir meno del rischio di infiltrazione mafiosa, la Prefettura non ha potuto far altro che confermare la valutazione del quadro indiziario posto a base del proprio precedente provvedimento, pur se fondato su elementi risalenti nel tempo.

8.4. In effetti, non appare idoneo a scalfire la valutazione sottesa al provvedimento interdittivo confermativo nemmeno il “vero elemento di novità” allegato dalla -OMISSIS-, vale a dire l’esclusione della sig.ra -OMISSIS- dalla società a seguito di azzeramento del capitale sociale. Come correttamente evidenziato dal TAR, non deve dimenticarsi che il provvedimento interdittivo di cui parte ricorrente ha chiesto l’aggiornamento (revisione) si fondava sul fatto che uno degli soci fondatori, sig. -OMISSIS-, era stato tratto in arresto per associazione mafiosa e le sue quote erano poi state cedute alla sig.ra -OMISSIS-. Tale cessione, tuttavia, era stata ritenuta come un mero espediente formale a fronte di una continuità sostanziale dimostrata dalla permanenza nella compagine anche dell’altro socio fondatore sig. -OMISSIS-, tutt’ora presente in società e -OMISSIS- della sig.ra -OMISSIS-.

In altri termini, nell’economia del provvedimento interdittivo, l’operata cessione delle quote dal sig. -OMISSIS- alla sig.ra -OMISSIS- non rilevava per eventuali considerazioni indizianti riferite a quest’ultima, ma per il carattere di espediente della cessione stessa, con una considerazione che non viene meno per la sola circostanza che ora la sig.ra -OMISSIS- sia fuoriuscita dalla compagine sociale, considerato che il -OMISSIS-, originario socio dell’-OMISSIS- e che quindi aveva rapporti diretti con lui, è ora socio unico.

Del resto, sospetta appare anche la tempistica della variazione nella compagine societaria, essendo la fuoriuscita della sig.ra -OMISSIS- avvenuta dopo il deposito della succitata sentenza n. -OMISSIS- (che, come esposto, ha respinto il gravame concernente l’interdittiva di cui oggi è impugnata la conferma), avvalorando l’idea che essa avesse il mero scopo di eliminare tale collegamento formale, mantenendo ferma la qualità di socio ed amministratore unico in capo al - OMISSIS- della signora.

8.5. Infine, nemmeno il terzo ordine di contestazioni, secondo cui tutte le quote ora fanno esclusivamente capo al socio superstite, -OMISSIS-, soggetto incensurato, appare idoneo a far venir meno il provvedimento impugnato.

In disparte ogni rilievo sulla mancanza di condanne penali a carico dell’attuale amministratore unico della -OMISSIS-, che non costituisce elemento di per sé solo idoneo ad arginare il pericolo di infiltrazione mafiosa, deve ritenersi che la permanenza del sig. -OMISSIS- nella compagine sociale non fa venire meno gli aspetti di criticità rilevati dalla precedente interdittiva.

In primo luogo, non possono di colpo, per il solo trascorrere del tempo o per i vari mutamenti nella partecipazione societaria, essere obliterati i rapporti diretti di -OMISSIS- con -OMISSIS-, esponente di spicco del -OMISSIS-. Tali rapporti – secondo la ricostruzione offertane dalla Prefettura, e condivisa dalle pronunce relative alle precedenti interdittive - sono sfociati nel 2004 nella costituzione della odierna appellante, società operativa nel settore -OMISSIS-, dando vita a cointeressenze economiche potenzialmente idonee a pregiudicare l’ordine pubblico economico, la libera concorrenza tra le imprese ed il buon andamento dell’azione amministrativa.

Inoltre, anche a voler ritenere che, venuta meno la partecipazione della sig.ra -OMISSIS-, la società non sarebbe più esposta al pericolo di infiltrazioni da parte della malavita, non può tuttavia affermarsi che tale rischio venga meno per effetto dell’assunzione della totalità delle quote in capo ad -OMISSIS-: risulta, infatti, che tra i -OMISSIS- vi siano relazioni di tipo economico in altre società (-OMISSIS- e -OMISSIS-) e tale dato non può essere superato dall’eventuale assenza di incarichi operativi in tali società.

Infine, come altresì evidenziato dal TAR, la permanenza del sig. -OMISSIS- nella compagine sociale non fa venire meno gli aspetti di criticità rilevati anche con riguardo alla figura del padre, sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, anch’egli sottoposto a numerosi procedimenti penali, e condannato per il reato di cui all’art. 640-bis c.p. costituente uno dei reati “spia” dell’esistenza di condizionamenti mafiosi ex art. 64 del d.lgs. 159/2011.

8.6. In conclusione, l’appello deve essere respinto.

9. Le spese del grado di giudizio, seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando

sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento in favore del Ministero appellato della somma di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge, per spese del grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società appellante e le altre persone fisiche e giuridiche menzionate nella sentenza.

 

 

 

Guida alla lettura

 

Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato individua, conformandosi all’orientamento della giurisprudenza prevalente, i presupposti per la revoca dell’interdizione antimafia, stabilendo dei requisiti stringenti sugli elementi che devono essere posti a fondamento di tale revoca. Si ricorda brevemente che l’interdittiva antimafia costituisce uno dei principali strumenti di contrasto al coinvolgimento di organizzazioni criminali nell’ambito dei rapporti economici tra Pubblica Amministrazione e privati. In particolare, l’interdittiva comporta che il Prefetto escluda un imprenditore – pur dotato di adeguati mezzi economici e di una adeguata organizzazione - dalla titolarità di rapporti contrattuali con le pubbliche Amministrazioni.

L’odierna appellante lamenta la posizione della Prefettura che, trascorso un ampio lasso di tempo (dieci anni) dai fatti che avevano dato origine all’adozione dell’interdittiva, non ha proceduto alla revoca della stessa. A ciò si aggiunge, come elemento di novità, l’esclusione dalla società del socio, tratto in arresto per associazione mafiosa, con conseguente azzeramento del capitale sociale ed attribuzione delle quote all’unico socio superstite incensurato.

Con riferimento al primo profilo di censura - che fa leva sull’ampio lasso di tempo trascorso dai fatti ritenuti sintomatici di un rischio di permeabilità mafioso- occorre in primo luogo evidenziare che la clausola ex art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, prevede che “l’informazione antimafia, acquisita dai soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, con le modalità di cui all’articolo 92, ha una validità di dodici mesi dalla data dell’acquisizione“.

La Terza Sezione, osserva però, a riguardo, che la giurisprudenza ha costantemente evidenziato che, il semplice decorso dell’anno, non fa perdere di efficacia alla misura interdittiva. A tal proposito evidenzia che il“venir meno delle circostanze rilevanti” di cui all’art. 91, comma 5, del d.lgs. n. 159 del 2011, non dipende dal mero trascorrere del tempo ma dal sopraggiungere di obiettivi elementi diversi o contrari che ne fanno venir meno la portata sintomatica.

Con riferimento alla seconda censura, ed in particolare la sopravvenienza di fatti favorevoli all’imprenditore, quali le modificazioni degli assetti societari e gestionali dell’impresa, come nel caso di specie, la clausola rebus sic stantibus prevista dall’art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011 richiede in capo all’Amministrazione il compito di verificare nuovamente la sussistenza di ragioni di sicurezza e di ordine pubblico tali da prevalere sull’iniziativa e sulla libertà di impresa del soggetto inciso.

Il Collegio sottolinea che, in caso di ripetute e strumentali reiterazioni di domande dirette ad ottenere un provvedimento di ritiro o di revoca di un’interdittiva in corso di validità, collegate alla affermata rilevanza di sopravvenienze e fatti nuovi asseriti come favorevoli al soggetto inciso, la Prefettura può limitarsi:

– a verificare se la domanda sia accompagnata da un fatto realmente nuovo, perché sopravvenuto ovvero non conosciuto, che possa essere ritenuto effettivamente incidente sulla fattispecie (es. effettiva cessione dell’impresa a soggetto del tutto estraneo al rischio di condizionamento o infiltrazione da parte della delinquenza organizzata);

– a valutare quindi se possano ritenersi venute meno quelle ragioni di sicurezza e di ordine pubblico in precedenza ritenute prevalenti sull’iniziativa e sulla libertà di impresa del soggetto inciso.

In caso di esito negativo di detta verifica, la Prefettura può semplicemente limitarsi a prendere atto della inesistenza di profili nuovi e, di conseguenza, adottare un atto di natura meramente confermativa.

Applicando tali principi il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo il provvedimento della Prefettura che non ha considerato rilevante l’esclusione dalla società di uno dei soci fondatori tratto in arresto per associazione mafiosa; tale cessione, infatti, ha la veste di un mero espediente formale a fronte di una continuità sostanziale dimostrata dalla permanenza nella compagine sociale  dell’altro socio fondatore tutt’ora presente in società.