Considerazioni introduttive.

L’avvalimento ha come suo scopo fondante quello di consentire ad un’impresa (ausiliata) partecipante ad una gara pubblica per l’affidamento di un appalto, di avvalersi, tramite una sorta di “prestito”, dei requisiti di capacità economico-finanziaria, e/o tecnico-organizzativa di un’altra impresa (ausiliaria). Si consente, così, la partecipazione dell’impresa ausiliata che da sola non sarebbe in grado di soddisfare i requisiti minimi richiesti dal bando.

E’ evidente, dunque, come si tratti di un istituto la cui ratio è senz’altro ispirata al favor partecipationis, ossia quella di favorire la più ampia partecipazione delle imprese alle procedure di gara.

E’ opportuno, ad ogni modo, soffermarsi sulle origini ed evoluzione della disciplina dell’avvalimento, la quale trova le proprie radici, innanzitutto, nella giurisprudenza comunitaria, limitatamente al cd. avvalimento infragruppo, e successivamente, nella normativa comunitaria con le Direttive nn. 2004/18/CE e 2004/17/CE[1] e in quella nazionale di recepimento (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163). Quest’ultima completamente sostituita dal d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50[2], di recepimento delle Direttive nn. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014[3].

In particolare, è fondamentale il raffronto, in primo luogo, tra le Direttive del 2004 e il d.lgs. n. 163/2006. Si pongono, così,  le premesse per individuare le difficoltà incontrate dal legislatore nazionale, nell’introdurre un istituto connotato da una flessibilità poco affine alla rigidità della normativa italiana sugli appalti al tempo vigente (quale la legge n. 109/94, cd. Merloni) e alle cautele predisposte a garanzia delle stazioni appaltanti. Nonché le difficoltà nel coordinare tale istituto con altri già presenti nell’ordinamento, quali il subappalto, i raggruppamenti di imprese e il regime di qualificazione SOA.

In secondo luogo, appare essenziale il raffronto con il nuovo Codice dei contratti pubblici il quale ha interamente recepito le Direttive del 2014. Tale normativa presenta, per certi aspetti, un inasprimento della disciplina in materia, così da garantire le stazioni appaltanti da un uso distorto dell’avvalimento, salvaguardando, al contempo, la ratio ispiratrice dello stesso.

Del resto, non può non riscontrarsi la diffidenza dell’ordinamento italiano verso un istituto che, nell’ottica del legislatore nazionale, si presta a possibili utilizzazioni elusive della normativa imperativa in materia di contratti pubblici. Ciò ha certamente giustificato la disciplina più  analitica e restrittiva del d.lgs. n. 163/2006 (nonché da ultimo del d.lgs. n. 50/2016), rispetto a quella contenuta nelle Direttive del 2004, determinando inevitabili conflitti con la stessa, riscontrati dalla più recente giurisprudenza della Corte di Giustizia. D'altronde, tale contrasto altro non è che il risultato necessario delle diverse prospettive  e delle differenti priorità dei due ordinamenti.

Tuttavia, è bene premettere, sin da ora, come con le Direttive del 2014 sia possibile individuare un ridimensionamento dell’originaria impostazione del legislatore comunitario, che, attraverso una disciplina più dettagliata e la previsione di nuovi limiti, sembra confermare la tradizionale impostazione di quello italiano.

Dunque, la disciplina dell’avvalimento, sia a livello comunitario che a livello nazionale, si contraddistingue per due contrapposte esigenze da bilanciare e contemperare. Da una parte, quella di rafforzare la competitività del mercato, garantendo il favor partecipationis, dall’altra, contrastare un utilizzo dell’istituto per scopi estranei alla sua ratio, favorendo la partecipazione alle procedure di operatori economici privi di stabilità e struttura adeguate.

Occorre, pertanto, analizzare la disciplina in materia di avvalimento attraverso tale chiave interpretativa, così da comprendere se effettivamente il nuovo Codice dei contratti pubblici sia in grado di soddisfare le suindicate esigenze. Ossia, se lo stesso, tramite l’apposizione di nuovi limiti e divieti, possa reputarsi idoneo a prevenire l’eventuale elusione della normativa sugli appalti, senza sacrificare oltremodo il favor partecipations cui si ispira l’istituto de quo.

 

1. Le Direttive comunitarie nn. 2004/18/CE e 2004/17/CE e l’impatto nel nostro ordinamento.

Con le Direttive nn. 18 e 17 del 2004[4], l’istituto dell’avvalimento passa da una dimensione giurisprudenziale ad una normativa. Esse, infatti, esplicitano i principi interpretativi emersi nell’ambito della giurisprudenza comunitaria relativamente alla possibilità per gli operatori economici di avvalersi dei requisiti economici e tecnici di altri soggetti[5].

Le Direttive comunitarie sugli appalti hanno dedicato all’avvalimento una previsione molto ampia, contribuendo a definirlo come un modello aperto alle configurazioni giuridiche più varie.

Questa flessibilità presenta un duplice vantaggio: i) conferma l’ampiezza di contenuti che l’istituto aveva manifestato grazie alle interpretazioni della giurisprudenza, ponendolo oltre il confine delle problematiche della soggettività giuridica all’interno dei gruppi societari[6]; ii) consente di adattarlo alle esigenze proprie dell’ordinamento di ciascuno Stato membro e alle forme contrattuali e alle garanzie rispettivamente ammesse e richieste.

In particolare, nell’ambito dei settori ordinari, la Direttiva 2004/18/CE nell’ammettere che, “se del caso e per un determinato appalto”, un operatore economico possa fare affidamento sulla capacità economica e finanziaria (art. 47) o tecnica  e professionale (art. 48) di altro soggetto, si è limitata ad enucleare due condizioni. La prima di carattere negativo: non è richiesta la necessaria sussistenza di un particolare legame giuridico tra le due imprese; la seconda di carattere positivo: è richiesta la dimostrazione dell’effettiva disponibilità dei mezzi e delle risorse proprie dell’impresa che “presta” i requisiti[7].

Sotto questo secondo profilo, le norme sopranazionali prefigurano un regime probatorio atipico, non limitandolo a determinati mezzi, ma consentendo al concorrente la dimostrazione dell’esistenza delle disponibilità aziendali altrui in ogni modo (ad esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine  del soggetto terzo)[8].

La stessa Direttiva 2004/18/CE estende l’istituto dell’avvalimento anche ai sistemi di qualificazione, oltre che alla partecipazione alle singole gare[9]. In tal caso, differentemente dalle previsioni relative alla partecipazione alla singola gara, l’avvalimento può operare solo nell’ambito dei rapporti infragruppo.

Inoltre, la Direttiva 2004/17/CE, relativa ai settori c.d. speciali, riprende le medesime possibilità contenute nella Direttiva 2004/18/CE per gli operatori economici di avvalersi dei requisiti di carattere tecnico ed economico di altri soggetti per la partecipazione ad una determinata gara d’appalto. Tuttavia, mentre l’art. 52 della Direttiva n. 18 prevede l’avvalimento nei sistemi di qualificazione solo con riferimento alle società infragruppo, il corrispondente art. 53 co. 4 e 5 della Direttiva n. 17 (settori speciali), nella medesima ipotesi, lo consente indipendentemente dalla natura giuridica o economica del rapporto tra avvalente ed avvalso. La prova della disponibilità dei mezzi economici e finanziari, tecnici e professionali, in questo caso, deve coprire tutto l’arco di validità temporale del sistema di qualificazione.

Ciò che preme rilevare è, dunque, l’impostazione “riduttiva” della disciplina dettata dalle Direttive del 2004, volta a garantire la massima espansione dei principi comunitari. Il legislatore comunitario, infatti, anche in materia di avvalimento, si è mostrato particolarmente attento nell’assicurare le esigenze della massima concorrenza e della più ampia apertura al mercato. In questa logica, la tendenza è stata quella di ammettere il ricorso all’avvalimento con maggiore ampiezza, limitando al minimo i vincoli e le prescrizioni imposti ai concorrenti.

D’altra parte, l’effetto di questa concezione “liberista” è stato un’attenuazione, per molti aspetti, del sistema di garanzie poste a tutela della stazione appaltante. Ancora una volta, si è manifestata la diversa impostazione tra un sistema comunitario, essenzialmente volto a tutelare il diritto delle imprese di partecipare alle gare nell’ambito del mercato comune  e un sistema nazionale come il nostro, più attento alle esigenze della committenza pubblica e agli strumenti di tutela a favore della stessa.

Le Direttive comunitarie del 2004 si limitano, così, a dettare una disciplina particolarmente scarna, espressione di questa concezione “liberista”. Ciò ha portato la giurisprudenza amministrativa a risolvere una pluralità di questioni, riconducibili, in larga parte, alla ricerca di un punto di equilibrio tra istanze di apertura al mercato – che l’avvalimento tende a garantire – e la necessità di salvaguardare comunque il sistema di tutela a favore dell’ente appaltante[10].

 

2. Il recepimento dell’avvalimento nel nostro ordinamento: le limitazioni introdotte dal d.lgs. n. 163/2006.

Ai fini che qui interessano, la consacrazione a livello normativo dell’istituto dell’avvalimento rappresenta una delle principali novità introdotte dal Codice degli appalti del 2006. Esso è stato infatti introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 49 del d.lgs.163/2006, che ha recepito gli artt. 47 e 48 della Direttiva settori ordinari del 2004.

L’analisi di tale disciplina, ancorchè abrogata dal nuovo Codice dei contratti pubblici, risulta ad ogni modo fondamentale, considerato che, oltre a costituire il necessario parametro di riferimento ai fini della presente trattazione, essa continuerà ad applicarsi alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o gli avvisi siano stati pubblicati precedentemente alla sua entrata in vigore (artt. 216 e 217 del nuovo codice).

Orbene, la previsione codicistica in materia di avvalimento ha comportato il definitivo superamento dei principi alla base della legislazione nazionale in materia e di quelli che prevedevano l’obbligo di possedere i requisiti di qualificazione in proprio dal momento della pubblicazione del bando, nonché il divieto assoluto, nelle procedure di gara, di modificare soggettivamente il candidato successivamente alla presentazione dell’offerta.

E’ permesso, così, ai candidati di provare il possesso dei requisiti tecnici, economici e finanziari, nonché quello dell’attestazione SOA, avvalendosi di quelli posseduti da altra impresa, al fine di consentirgli la partecipazione ad una procedura ad evidenza pubblica.

Come emerge dalla “relazione illustrativa all’art. 49”, con tale articolo viene recepito l’avvalimento con alcuni paletti volti ad evitare manovre elusive, turbative di gara, e infiltrazioni di associazioni criminali o di soggetti che comunque non potrebbero partecipare personalmente alle procedure di affidamento.

Dall’articolo in questione risulta evidente la diffidenza del legislatore italiano nei confronti di questa nuova forma di collaborazione tra imprese, diffidenza resa manifesta dalle previsioni limitative volte a garantire la stazione appaltante nei confronti di una metodica di difficile governo[11].

Infatti, rispetto alla direttiva 2004/18/CE, nel Codice vengono fissati dei vincoli volti a ridurre al minimo l’impatto dell’istituto con la realtà italiana, così da impedire il rischio d’inquinamento delle gare[12].

Ne è dimostrazione il tentativo del legislatore nazionale di circoscrivere l’ambito oggettivo di applicazione dell’avvalimento, tentativo dal quale  derivano una serie di contrasti con la disciplina “liberista”[13] posta dalle direttive comunitarie.

Infatti, se da un lato l’istituto dell’avvalimento è stato puntualmente considerato “l’ultima frontiera attraverso la quale nel nostro ordinamento si declina il principio del favor partecipationis, ovvero della massima apertura alla concorrenza del mercato delle commesse pubbliche[14]; dall’altro, “rischia di costituire l’usbergo (solo) formale sotto il quale dissimulare una qualificazione che in concreto manca.[15].

Per tale ragione, la disciplina nazionale del 2006 appare, rispetto a quella comunitaria, più restrittiva e analitica. E’ sufficiente pensare, da una parte, al dettagliatissimo elenco con cui l’art. 49, comma 2 individua la documentazione che l’avvalente deve presentare in sede di gara[16], e dall’altra, ai commi dal 6 al 9 della medesima disposizione, i quali precludono la possibilità di utilizzare più di un ausiliario per ciascun requisito, consentendo altresì alle stazioni appaltanti di circoscrivere il ricorso all’avvalimento, mediante apposite prescrizioni di gara, a determinati requisiti o imponendo il possesso di determinate percentuali[17].

Alla base di tale disciplina vi è chiaramente la storica diffidenza del legislatore nazionale nei confronti di chi partecipa a gare per la stipula di un contratto con la pubblica amministrazione, senz’altro alimentata dalla preoccupazione che le garanzie a favore delle stazioni appaltanti possano essere in qualche modo ridotte[18].

Si comprende bene come l’avvalimento comunitario sia distruttivo di tutto il sistema della qualificazione del concorrente, per cui spettava necessariamente al legislatore nazionale tradurre l’istituto in qualcosa di giuridicamente più raffinato.

Difatti, il legislatore italiano, stretto tra l’espressione italiana “fare affidamento” (usata nella traduzione della direttiva n. 18) e “far valere” (usata nella traduzione della direttiva n. 17), ha optato per una descrizione espressa del contenuto dell’azione che il concorrente effettivamente compie “facendo affidamento su” o “facendo valere le” capacità di altri.

L’art. 49 co. 1, infatti, permette al concorrente di “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto.[19].

Sussistono, peraltro, ulteriori previsioni che concorrono a delimitare il campo di applicazione dell’avvalimento. In particolare, il comma 2, lettera d) impone all’impresa ausiliaria di sottoscrivere una dichiarazione con cui la stessa si obbliga verso il concorrente e la stazione appaltante a mettere a disposizione, per tutta la durata dell’appalto, le risorse necessarie di cui è carente il concorrente.

La predetta dichiarazione non è comunque sufficiente ai fini della prova dell’effettiva disponibilità delle risorse dell’impresa ausiliaria. Essa deve essere accompagnata, salva l’ipotesi dell’avvalimento infragruppo[20], dal contratto, in originale o in copia autentica, con cui l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per la durata dell’appalto (comma 2, lettera f))[21].

E’ da evidenziare come questa previsione, che obbliga alla produzione di un vero e proprio contratto, appaia più rigorosa della corrispondente norma comunitaria. Quest’ultima non impone, infatti, alcuno specifico mezzo di prova ed anzi ritiene sufficiente, sia pure in via esemplificativa, il semplice impegno assunto dall’impresa ausiliaria.

Vanno poi analizzate le due disposizioni, contenute nei commi 4 e 10, fondamentali per inquadrare i delicati problemi che l’istituto pone, con riferimento alle garanzie apprestate nei confronti delle stazioni appaltanti.

In particolare, il comma 4 sancisce il principio della responsabilità solidale dell’impresa concorrente e di quella ausiliaria nei confronti della stazione appaltante relativamente alle prestazioni oggetto del contratto.

Tale previsione costituisce una forma di garanzia per l’ente appaltante, che ha come contraente un soggetto che in proprio e direttamente è carente di una serie di requisiti[22]; così come ulteriore garanzia per la stazione appaltante è fornita dal comma 5 che prevede che gli obblighi imposti dalla normativa antimafia a carico del concorrente debbano essere applicati anche nei confronti del soggetto ausiliario, in ragione dell’importo dell’appalto posto a base di gara[23].

 Il comma 10, invece, nella formulazione conseguente alle modifiche apportate dal d.l. n. 6/2007, pur mantenendo fermo il principio secondo cui il contratto d’appalto viene eseguito dall’impresa principale, alla quale viene rilasciato il certificato di esecuzione, stabilisce che “l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati”.

La prospettiva accolta originariamente dal legislatore nazionale in sede di recepimento, dunque, assume rilevanza problematica principalmente per due ordini di ragioni.

In primis, occorre domandarsi se la configurazione di un istituto quale quello dell’avvalimento, connotato da occasionalità e precarietà della relazione tra avvalente e avvalso e dalla mancanza di comunione verso un fine tra le imprese cooperanti, scardini o meno la concezione di soggettività dell’impresa e di personalità dell’appalto secondo l’accezione tradizionale.

In secundis, è necessario verificare se l’istituto dell’avvalimento consenta davvero la realizzazione di un’effettiva concorrenza tra gli operatori, garantendo la pluralizzazione dei soggetti ammessi a concorrere o semplicemente costituisca un meccanismo illusorio, favorendo la costruzione di operatori del mercato privi di stabilità e struttura[24].

Ad ogni modo, al fine di evitare possibili turbative nello svolgimento delle procedure di gara e di rafforzare i principi di trasparenza e concorrenzialità, il Codice del 2006 impone, per il ricorso all’avvalimento, ulteriori condizioni, così riassumibili:

  • divieto per l’impresa ausiliaria di partecipazione alla gara nell’ambito della quale essa “presta” i suoi requisiti. Ciò con riferimento sia alla partecipazione dell’impresa ausiliaria a titolo individuale che in qualità di componente di un raggruppamento o consorzio (comma 2, lettera e)). Dunque, l’impresa che nell’ambito di una gara assuma la veste di ausiliaria di altra impresa non può partecipare alla medesima gara a nessun titolo[25];
  • divieto di partecipazione alla medesima gara dell’impresa ausiliaria e di altre imprese che con la prima si trovano in un rapporto di controllo ex art. 2359 del codice civile;
  • limitazione dell’avvalimento, per i lavori pubblici, a una sola impresa ausiliaria per ciascuna categoria di qualificazione. Quest’ultima regola, però, può essere derogata nel caso in cui la stazione appaltante, in relazione all’importo dell’appalto o alla peculiarità delle prestazioni, ritenga di ammettere il ricorso a più imprese ausiliarie, dandone evidenza nel bando di gara. Tuttavia, resta il divieto di utilizzo frazionato per il concorrente dei singoli requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi di cui all’art. 40, comma 3, lett. b), che hanno consentito il rilascio dell’attestazione in quella categoria[26].

Al riguardo occorre distinguere l’avvalimento frazionato da quello parziale. Col primo, ci si riferisce al caso di un concorrente che ricorre a più di un avvalimento al fine di dimostrare il possesso di uno specifico requisito. Col secondo, invece, al caso in cui il concorrente possegga parte del requisito e lo sommi con quello posseduto dall’ausiliaria[27]. In fondo, il secondo è una species del primo, nel quale l’impresa, diversa dall’ausiliaria, che contribuisce alla formazione del requisito è il concorrente stesso. Perciò, le poche pronunce che si sono occupate dell’avvalimento parziale sono giunte alla conclusione che esso è vietato, proprio perché, più in generale, è vietato quello frazionato[28]. La conseguenza sembrerebbe paradossale, essendo quella di vietare la partecipazione a chi abbia in parte il requisito e di consentirla, invece, a chi ne sia completamente sprovvisto (naturalmente il problema non si pone ove il concorrente, in possesso di parte del requisito, si avvalga di un’impresa ausiliaria avente il requisito per intero);

  • affermazione del principio di esclusività in capo all’impresa ausiliaria, nel senso che quest’ultima, relativamente ad ogni singola gara, può prestare i suoi requisiti esclusivamente a favore di un solo concorrente (comma 8). Tale regola può subire delle eccezioni qualora siano richiesti requisiti tecnici connessi con il possesso di particolari attrezzature possedute da una ristrettissima cerchia di operatori. In tal caso, al fine di evitare indebite restrizioni della concorrenza, della stessa impresa ausiliaria possono avvalersi più concorrenti, fino al numero massimo indicato nel bando. Peraltro, in questa ipotesi particolare l’impresa ausiliaria è comunque tenuta a fornire l’attrezzatura, alle medesime condizioni, al concorrente che risulterà aggiudicatario (comma 9)[29].

Inoltre, non si può non rilevare che la disciplina appena descritta sembra potenzialmente in grado di svolgere un ruolo frenante rispetto alla diffusione dell’istituto. In una logica di sana imprenditorialità, infatti, si potrebbe affermare che le condizioni limitative poste dall’art. 49 appaiano scoraggiare il ricorso all’avvalimento. Infatti, non è chiaro quale sia l’interesse sostanziale che dovrebbe spingere l’impresa ausiliaria a prestare i suoi requisiti senza poter usufruire del beneficio delle prestazioni eseguite ai fini della qualificazione[30] e assumendo una responsabilità solidale che pare estendersi al di là dello specifico apporto offerto.

Sostanzialmente si tratterebbe di una posizione meno conveniente rispetto all’ipotesi del subappalto “ordinario” o del raggruppamento temporaneo di imprese, sia dal punto di vista della qualificazione che della responsabilità[31].

D’altra parte, le limitazioni previste dal legislatore nazionale all’operatività dell’istituto sono il frutto di un lavoro teso a rendere l’avvalimento coerente col complessivo sistema di qualificazione delle imprese modellato sulle peculiari esigenze del nostro ordinamento.

 

3. Il divieto di avvalimento plurimo e il contrasto con la disciplina comunitaria.

Relativamente alle limitazioni introdotte dalla disciplina nazionale nell’abrogato d.lgs. 163/2006, riveste particolare rilevanza quella dettata dall’art. 49 al comma 6, atteso il contrasto con la Direttiva 2004/18/CE[32].

A tal proposito, nella causa C-94/12, a seguito di una domanda pregiudiziale sollevata dal TAR Marche[33], l’Avvocato generale della Corte di giustizia ha affrontato la questione della conformità della normativa nazionale, che limita ad uno il numero dei soggetti sulle cui capacità può fare affidamento un operatore economico intenzionato a partecipare ad una procedura di appalto pubblico, alla Direttiva 2004/18/CE,  in particolare agli artt. 47, par. 2[34] e 48, par. 3[35].

La Corte di giustizia[36], pronunciandosi nella causa sopra citata (C-94/12), ha ribadito la refrattarietà dell’avvalimento a vedersi opporre limiti e vincoli di qualunque genere.

La Corte ha accolto sostanzialmente le conclusioni dell’Avvocato generale, rilevando che le disposizioni della Direttiva 2004/18/CE riconoscono ad ogni operatore economico la possibilità di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di “altri soggetti” a prescindere dai suoi legami con quest’ultimi. Inoltre, ha valorizzato l’uso sistematico del plurale nel testo normativo, da ciò desumendo l’assenza di un divieto di fare riferimento alle capacità di più soggetti terzi per soddisfare i requisiti di qualificazione richiesti dall’amministrazione aggiudicatrice.

In tali considerazioni è chiaramente rinvenibile il superamento della tesi che vorrebbe vietare l’uso dell’avvalimento per conseguire il cumulo parziale dei requisiti[37]. Infatti, la Corte di giustizia considera del tutto legittimo che le capacità di terzi soggetti ausiliari (uno, o più di uno) si aggiungano a quelle del concorrente, al fine di soddisfare (attraverso il cumulo di referenze singolarmente insufficienti) il livello minimo di qualificazione prescritto.

Ciò anche al fine di perseguire gli obiettivi dell’apertura delle commesse pubbliche alla concorrenza nella misura più ampia possibile, a vantaggio non solo degli operatori economici ma anche delle amministrazioni aggiudicatrici, e facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici [38].

D’altra parte, la Corte ha ammesso che, in astratto, particolari lavori presentino peculiarità tali da richiedere una determinata capacità, tale da non potersi ottenere mediante il cumulo di quelle inferiori facenti capo a più operatori; cosicché, in una ipotesi del genere, la stazione appaltante potrebbe legittimamente esigere, secondo i principi di ragionevolezza e proporzionalità, che il livello minimo della capacità in questione sia raggiunto da un operatore economico unico.

Trattasi ad ogni modo di un’ipotesi eccezionale, che non può essere elevate a regola generale nella disciplina nazionale.

Le conclusioni cui è giunta la Corte di giustizia relativamente al divieto di avvalimento plurimo portano, inoltre, ad interrogarsi sulla compatibilità comunitaria di altri due vincoli disposti dall’art. 49 del Codice. Si tratta di due divieti previsti al comma 8 (e riconfermati dal nuovo Codice dei contratti pubblici): il primo, è volto ad impedire la partecipazione alla medesima gara dell’ausiliata e dell’ausiliaria; il secondo, invece, vieta che l’impresa ausiliaria possa prestare i suoi requisiti, nell’ambito della stessa gara, a più imprese concorrenti.

Tali divieti, finalizzati a salvaguardare  i principi di concorrenzialità e trasparenza, mirano ad evitare ogni possibile forma di collegamento tra soggetti che, sia pure a titolo diverso, partecipano alla medesima gara, garantendo così il principio di segretezza delle offerte.

Tuttavia, ponendosi nell’ottica dell’ordinamento comunitario, i divieti posti dal comma 8 potrebbero essere considerati – analogamente a quanto affermato dal giudice comunitario in relazione al divieto di avvalimento plurimo – come un’indebita restrizione dei principi di massima apertura del mercato, soprattutto con riferimento all’esigenza di agevolarne l’accesso delle piccole e medie imprese. A tal proposito, si potrebbe evidenziare il fatto che l’ausiliaria non è un concorrente in senso proprio, per cui non ha senso prevedere delle disposizioni che hanno come fine ultimo proprio quello di evitare commistioni tra i concorrenti in sede di formulazione dell’offerta.

In tale prospettiva, dunque, non può escludersi che anche i suddetti divieti possano cadere di fronte a un’eventuale giudizio sollecitato davanti alla Corte di giustizia[39].

Si può constatare, inoltre, come sia i giudici comunitari che quelli nazionali perseguano sempre il medesimo obiettivo: rendere più facilmente contendibili le commesse pubbliche, così da rendere effettiva la ratio sottesa alla disciplina europea degli appalti.

Sebbene il punto di partenza della giurisprudenza nazionale e di quella della Corte di giustizia – rappresentato dalla massima partecipazione alle gare – sia comune, l’approdo è diverso. Infatti, la giurisprudenza interna appare protesa a salvaguardare gli interessi dell’amministrazione, ovvero a garantire che almeno un soggetto possegga integralmente i requisiti di partecipazione, limitando così di fatto la partecipazione stessa. La Corte di giustizia, invece, si concentra sugli operatori economici, al fine di garantire la massima partecipazione alle gare e quindi l’effettività del principio di concorrenza[40].

 

4. Il “cambio di rotta” delle Direttive del 2014 e il recepimento nel nuovo Codice dei contratti pubblici.

Pur permanendo un’impostazione di tipo minimalista, il legislatore comunitario ha previsto con le nuove Direttive del 2014 una disciplina dell’avvalimento più articolata rispetto a quella, particolarmente scarna, contenuta nelle Direttive del 2004. In particolare, l’istituto è stato disciplinato, in termini sostanzialmente uniformi, all’art. 63 della Direttiva appalti settori ordinari (2014/24/UE); all’art. 38 della Direttiva concessioni (2014/23/UE)[41] e all’art. 79 della Direttiva appalti settori speciali (2014/25/UE).

Viene ribadito il principio secondo cui l’avvalimento ha carattere generale, potendo, infatti, essere impiegato per tutti i requisiti che attestano la capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale richiesta ai concorrenti[42]. Si ribadisce, inoltre, lo schema secondo cui l’impresa principale che partecipa alla gara si avvale dei requisiti dell’impresa ausiliaria, così come viene replicata la norma secondo cui il concorrente deve dimostrare alla stazione appaltante che disporrà dei mezzi necessari facenti capo all’impresa ausiliaria, ad esempio attraverso un non meglio identificato impegno assunto da quest’ultima.

Il legislatore comunitario conferma inoltre la sostanziale indifferenza verso la natura giuridica del rapporto che lega le due imprese.

Le nuove Direttive introducono, però, anche delle significative novità, che fanno pensare quasi ad una rivisitazione dell’istituto. Ciò probabilmente anche al fine di risolvere alcuni problemi che esso ha posto sul piano operativo[43].

La prima novità concerne i requisiti relativi ai titoli di studio e professionali e alle esperienze professionali, in relazione ai quali l’avvalimento è consentito solo se l’impresa ausiliaria esegue effettivamente i lavori o i servizi per i quali tali capacità sono richieste. Si tratta, dunque, di una disposizione che non fa altro che esplicitare un principio immanente all’avvalimento e riferibile a qualsiasi requisito, cioè far sì che l’impresa ausiliaria abbia un ruolo effettivo nello svolgimento delle prestazioni connesse al requisito prestato.

Tuttavia, tale disposizione potrebbe essere intesa nel senso di distinguere un avvalimento operativo – come quello in esame – da un avvalimento di garanzia, in cui il ruolo dell’ausiliaria si risolve essenzialmente in una garanzia aggiuntiva per l’amministrazione aggiudicatrice e non nell’effettivo svolgimento della prestazione.

Il d.lgs. n. 50/2016 ha integralmente recepito tale previsione[44], superando così alcune delle perplessità che avevano animato un vivace dibattito giurisprudenziale, circa la possibilità di ricorrere all’avvalimento per i requisiti professionali di cui all’art. 39 dell’abrogato codice, stante il silenzio di questo sul punto[45]. Problematica generata certamente dall’elevato tasso di soggettività, attenendo tali requisiti ad uno “status”, difficilmente compatibile con la disciplina dell’avvalimento.

Il nuovo Codice dunque, fedele al disposto comunitario, al fine di far salvo il principio del favor partecipationis, contemperandolo, al contempo, con le esigenze garantistiche delle stazioni appaltanti, si incentra non sull’an, ma sul quomodo, affinchè la messa a disposizioni di tali requisiti non sia solo cartolare, ma concreta ed effettiva. Si ammette dunque, l’avvalimento anche dei requisiti in questione, esigendone l’esecuzione diretta dei servizi o dei lavori da parte di chi effettivamente li possegga (impresa ausiliaria).

Altra novità riguarda la verifica dei requisiti posseduti dall’impresa avvalsa da parte della stazione appaltante. L’amministrazione, infatti, verifica che i “soggetti sulla cui capacità l’operatore economico intende fare affidamento soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’art. 57”. Tale controllo riguarda quindi sia il possesso dei requisiti speciali relativi alla capacità tecnica, economica  e finanziaria, sia quelli generali inerenti all’idoneità morale.

Maggiormente significativa è la previsione secondo cui l’amministrazione aggiudicatrice deve imporre al concorrente di sostituire l’impresa ausiliaria che non soddisfi un criterio di selezione o che, in relazione a quelli attinenti all’idoneità morale, incorra in una causa di esclusione.

Si deroga, quindi, alla regola generale che postula l’esclusione del concorrente carente dei requisiti di partecipazione ogni qual volta la carenza non riguardi direttamente il concorrente stesso, bensì il soggetto ausiliario di cui egli intende avvalersi. Si offre così all’impresa ausiliata la possibilità di superare la mancanza dei requisiti riscontrata in capo all’ausiliaria attraverso la sua sostituzione, in evidente deroga ai principi generali della materia[46].

Per di più, la disposizione stabilisce che “l’amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione.”.

Quest’ultima previsione non è particolarmente chiara. Non si comprende infatti la ratio di una disposizione che permette la sostituzione dell’impresa ausiliaria anche quando la carenza dei requisiti in capo ad essa non costituisce necessariamente motivo di esclusione[47]. Espressione, questa, riproposta all’art. 89 del decreto di recepimento, ma limitata a motivi non obbligatori di esclusione afferenti a requisiti tecnici[48].

Ma la novità principale, apportata dalle nuove Direttive all’istituto dell’avvalimento, riguarda la responsabilità solidale del concorrente e dell’ausiliaria nei confronti della stazione appaltante in relazione all’esecuzione del contratto oggetto di affidamento. La previsione concernente la responsabilità, infatti, non era contemplata nella direttiva 2004/18/CE, ma è stata introdotta autonomamente dal legislatore nazionale.

Nelle Direttive del 2014 è specificato, però, che tale responsabilità può operare solo se l’avvalimento concerne i requisiti di capacità economico finanziaria, e quindi le dichiarazioni bancarie, le coperture assicurative e il fatturato.

Invece, nel caso in cui oggetto di avvalimento siano i  requisiti relativi alla capacità tecnica (quali le prestazioni analoghe, i tecnici e gli organismi tecnici, le attrezzature, i titoli di studio e professionali, l’organico medio annuo) il legislatore comunitario non ha ritenuto opportuno introdurre la responsabilità solidale, per cui sembrerebbe che l’unico soggetto responsabile della corretta esecuzione delle prestazioni nei confronti dell’amministrazione sia soltanto l’impresa principale.

Tale disposizione sembra richiamare la differenza tra avvalimento operativo e avvalimento di garanzia, ammettendo il regime di responsabilità solidale solo per quest’ultimo. Infatti, con riferimento al primo, se l’impresa ausiliaria mette a disposizione mezzi e risorse specifici e circoscritti, non sembrerebbe concepibile invocare la sua responsabilità solidale, atteso che quest’ultima riguarda tutte le prestazioni oggetto del contratto di appalto (come espressamente indicato dalle Direttive). 

Al contrario, l’avvalimento di garanzia concerne i requisiti di capacità economico finanziaria rispetto ai quali l’impresa ausiliaria offrirebbe all’amministrazione una garanzia aggiuntiva in relazione all’esatto adempimento del contratto considerato nel suo complesso. Pertanto, in tal caso sarebbe del tutto ammissibile invocare la responsabilità delle due imprese nei confronti della stazione appaltante[49].

Ad ogni modo, la normativa europea è nel senso di escludere un qualsiasi automatismo della responsabilità de qua con riferimento ai requisiti di capacità economico finanziaria, rimettendone alla stazione appaltante la scelta di prevederla o meno nei bandi di gara.  

Il Codice dei Contratti, invece, nel recepire tale previsione, ribadisce come regola generale, coerentemente con la formulazione contenuta nell’abrogato codice, la responsabilità solidale del concorrente e dell’ausiliaria in relazione alle prestazioni oggetto del contratto (non meglio specificato), senza distinzioni e senza alcuna limitazione, non rimettendone l’operatività ad una scelta discrezionale dell’ente aggiudicatore[50].

Si ripropone, così, il medesimo dubbio interpretativo già profilatosi sotto la vigenza del precedente codice (art. 49 co. 4), ossia se la responsabilità solidale dell’impresa ausiliaria sia estesa all’intera prestazione oggetto del contratto aggiudicato, ovvero alle sole prestazioni cui l’ausiliaria si era obbligata nel contratto di avvalimento originario. Nonchè, anche in quest’ultima ipotesi, si riaffermano le difficoltà di circoscrive la responsabilità dell’ausiliario per inadempienze dell’ausiliato, tutte le volte in cui non sia configurabile una prestazione materiale del primo, e, quindi, ogni qualvolta oggetto dell’avvalimento sia un requisito o una capacità immateriale (come l’attestazione SOA, le prestazioni analoghe, o il fatturato)[51].

Sembrerebbe ritenersi preferibile la seconda delle interpretazioni prospettate, ciò sia perché molto probabilmente la norma si riferisce proprio al contratto originario di avvalimento e non anche a quello d’appalto e sia perché, ove voglia rapportarsi a quest’ultimo, non può che riferirsi esclusivamente alle prestazioni gravanti sull’ausiliaria, in attuazione del principio secondo cui laddove non c’è potere non c’è responsabilità. Si configurerebbe, altrimenti, un’ingiustificata responsabilità per fatto altrui[52].

Inoltre, l’art. 63 della Direttiva settori ordinari (parimenti, l’art. 79 della Direttiva settori speciali) introduce un nuovo limite all’istituto in esame. Esso prevede che le stazioni appaltanti possano esigere la necessaria esecuzione di determinate prestazioni essenziali esclusivamente dal concorrente in gara, il quale deve possedere personalmente i requisiti correlati alle prestazioni stesse, non potendo avvalersi di altri soggetti per la dimostrazione dei medesimi[53].

Quest’ultima previsione, riproposta nei medesimi termini dall’art. 89 del nuovo Codice[54], pone evidenti problemi interpretativi in ordine alla identificazione de “i compiti essenziali”, la cui esecuzione può essere imposta in capo al concorrente. Ciò in considerazione della genericità e indeterminatezza dell’espressione medesima, in attesa di un intervento chiarificatore ad opera delle linee guida dell’ANAC, volto a contenere i rischi di un’eccessiva discrezionalità della stazione appaltante, nonché di una limitazione dell’istituto contrastante con ratio ispiratrice del favor partecipationis.

Da tali novità, previste a livello delle Direttive del 2014, può cogliersi, se non una vera e propria inversione di tendenza, sicuramente un ridimensionamento dell’impostazione originaria del legislatore comunitario. Infatti, l’introduzione di alcuni vincoli all’istituto e la previsione di una responsabilità solidale sembrano confermare l’impostazione del legislatore italiano[55].

Inoltre, occorre dare atto delle ulteriori forme di garanzia predisposte dal legislatore nazionale in favore delle stazioni appaltanti.

In particolare, è previsto, altresì, che l’amministrazione aggiudicatrice esegua, nel corso dell’esecuzione, verifiche sostanziali circa l’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto dell’avvalimento, nonché il reale impiego delle risorse medesime nell’esecuzione dell’appalto da parte dell’impresa ausiliaria. Quest’ultima, infine, deve svolgere, a pena di risoluzione del contratto d’appalto[56], la prestazione direttamente, attraverso le proprie  risorse umane e strumentali, che il titolare del contratto utilizza in adempimento degli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento (comma 9 dell’art. 89 cit.). Tale accertamento viene eseguito dal rappresentante unico del procedimento in corso d’opera, con conseguente ampliamento, dunque, dei poteri di controllo del medesimo ad opera della norma citata.

Ulteriori limitazioni all’ambito applicativo dell’istituto sono predisposte, inoltre, dai commi 10 e 11 dell’art. 89 del nuovo Codice dei contratti pubblici[57].

Difatti, mentre il comma 10 vieta l’avvalimento del requisito di iscrizione all’Albo dei gestori ambientali di cui all’art. 212 del d.lgs. 152/2006, trattandolo alla stregua di un requisito soggettivo[58], il comma 11 lo preclude con riferimento ai requisiti specialistici, richiesti per l’esecuzione di opere di particolare complessità tecnica e notevole contenuto tecnologico, a meno che il valore delle stesse non superi il 10% dell’importo totale dei lavori oggetto della procedura di evidenza pubblica.

Infine, il comma 6 dell’art. 89 citato, alla luce delle succitata giurisprudenza della Corte di giustizia, e superando l’impostazione del precedente codice sul punto, ammette l’avvalimento “plurimo”, confermando, al contempo, il divieto di avvalimento a cascata (non potendo l’ausiliario a sua volta avvalersi di altro soggetto), nonché il divieto di avvalimento frazionato inverso (non potendo l’ausiliaria prestare i propri requisiti a più ausiliate nell’ambito della medesima gara).

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, la nuova previsione pare più restrittiva rispetto alla precedente formulazione contenuta nell’abrogato codice. Quest’ultimo, infatti, ammetteva la possibilità per l’ausiliaria, ove prevista nel bando, di prestare l’avvalimento nei confronti di più di un concorrente, ove sussistano requisiti tecnici connessi con il possesso di particolari attrezzature possedute da un ristrettissimo ambito di imprese operanti sul mercato[59] (art. 49, co. 9 d.lgs. n. 163/2006).

Invero, la mancata riproposizione di detta eccezione potrebbe spiegarsi in ragione del nuovo divieto di avvalimento introdotto al succitato co. 11, dell’art. 89 il cui ambito operativo potrebbe considerarsi in parte coincidente con quello prospettato dall’abrogata previsione. Il nuovo Codice, infatti, non consente più di ricorrere a tale istituto  ove per la realizzazione di opere siano necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali.

Alcun riferimento, invece, all’ammissibilità dell’avvalimento frazionato, il che potrebbe far intendere che lo stesso sia ammesso in via generale, a meno che la stazione appaltante lo escluda, con espressa motivazione, per una specifica gara[60].

 

Considerazioni conclusive.

La disamina della disciplina in materia di avvalimento, evidenzia, dunque, le difficoltà riscontrate, tanto a livello comunitario quanto nazionale, nel recepire un istituto che, “prima facie”, appare poco affine ai principi dominanti il mercato dei pubblici appalti, comportandone inevitabili ripercussioni sui profili di personalità sottesi alla gestione degli stessi.

Del resto, si considerino le possibili utilizzazioni distorte dell’istituto. Si pensi, ad esempio, alla creazione di “centrali di avvalimento”, cioè di imprese dotate di enormi capacità tecnico-organizzative ed economico-finanziarie, che operano sistematicamente come prestatori di requisiti, senza legami stabili con le imprese avvalenti. Sarebbe così possibile falsare l’accesso alle gare, “prestando” i propri requisiti a determinate imprese piuttosto che ad altre.

 A loro volta le imprese che beneficiano dell’avvalimento, pur rivestendo formalmente la veste di partecipanti alla gara, potrebbero risultare delle mere “scatole vuote”, assolvendo ad una semplice funzione di intermediazione e  coordinamento delle capacità e delle risorse dell’impresa ausiliaria (sostanzialmente, vera controparte dell’amministrazione).

In particolare, se, in un primo momento, di tali ripercussioni sembrava averne avuto maggiore preoccupazione il legislatore nazionale - più attento alle esigenze della committenza pubblica - rispetto al legislatore comunitario - maggiormente preoccupato di favorire la più ampia partecipazione delle imprese alle procedure di gara -  attualmente, invece, le prospettive dei due ordinamenti sembrano convergere.

Ciò dovrebbe porre al riparo, dunque, la normativa nazionale in tema di avvalimento da possibili censure della Corte di giustizia. Difatti, il legislatore comunitario, differentemente dall’impostazione originaria, sembra essersi mostrato maggiormente attento nel contemperare le esigenze del favor partecipationis con la predisposizione di garanzie per gli enti aggiudicatori, così da frenare possibili utilizzazioni elusive della normativa, attraverso l’introduzione di nuovi limiti.

Peraltro, alcune divergenze sembrano tutt’ora sussistere con riferimento, ad esempio, al divieto di avvalimento frazionato inverso e al divieto di partecipazione alla medesima gara dell’ausiliaria e dell’impresa concorrente, trattandosi di limiti non previsti dalle Direttive del 2014.

Nonché, altro possibile contrasto, sembra profilarsi in materia di responsabilità solidale dell’ausiliaria e dell’ausiliata. Trattasi di un regime di responsabilità elevata dal legislatore nazionale a regola generale, difformemente dalle nuove Direttive, le quali lo ammettono, invece, in termini facoltativi con riferimento ai requisiti economi e finanziari, profilando, al contempo, un regime differenziato tra avvalimento operativo e di garanzia, non accolto espressamente dal legislatore nazionale.

Ad ogni modo, se non risulta particolarmente difficile ricorrere all’avvalimento per perseguire finalità diverse da quelle pro-concorrenziali ad esso connaturate, risulta più difficoltoso individuare rimedi a simili pratiche, atteso che quest’ultime, il più delle volte, non presentano, formalmente, alcun contrasto con il dettato legislativo.

A questo punto, spetterebbe ai giudici verificare, di volta in volta, se il ricorso all’avvalimento sia coerente con la sua ratio, o se invece travalichi i limiti consentiti dall’ordinamento.

Quindi, anziché  circondare l’istituto di ulteriori limiti e vincoli legislativi – contrastanti con il favor partecipationis e non in grado di frenare efficacemente eventuali fini elusivi – si potrebbe individuare una possibile soluzione riconducendo suddette pratiche alla fattispecie dell’abuso di diritto, elaborata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, quale principio generale del diritto civile[61]. Pertanto, ogni qual volta l’istituto dell’avvalimento venga utilizzato per finalità diverse e ulteriori da quelle sue proprie, sebbene non vi sia alcuna formale violazione del dato normativo, il suo impiego potrebbe comunque essere censurato in quanto riconducibile ad abuso del diritto, con tutte le conseguenze che ne derivano[62].

 

[1] Nel prosieguo per brevità le “Direttive del 2004”.

[2] Di seguito per brevità  il “nuovo Codice dei contratti pubblici”.

[3] Nel prosieguo per brevità le “nuove Direttive” o le “Direttive del 2014”.

[4] Abrogate rispettivamente dalle Direttive nn. 2014/24/UE  e 2014/25/UE.

[5] Cfr. sentenza Corte giustizia CE 14 aprile 1994, n. 389, Ballast Nedam groep NV c. Regno Unito, in Giur. It., 1995 I, c. 545, con breve nota critica di G. Rossi, nella quale è sancito il seguente principio: “La direttiva del Consiglio CEE del 26 luglio 1971, n. 304 concernente la soppressione delle restrizioni alla libera circolazione dei servizi in materia di appalti di lavori pubblici ed all’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici tramite agenzie e succursali, e la direttiva del Consiglio del 26 luglio 1971, n. 305, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, vanno interpretate nel senso che consentono, per la valutazione dei criteri cui deve soddisfare un imprenditore all’atto dell’esame di una domanda di abilitazione presentata da una persona giuridica dominante di un gruppo, di tener conto delle società che appartengono a tale gruppo, purché la persona giuridica di cui è causa provi di avere effettivamente a disposizione i mezzi di dette società necessari per l’esecuzione degli appalti”. Ed ancora: “Nel valutare i requisiti presentati da un holding, la quale chieda di essere abilitata a partecipare a gare d’appalto, deve tenersi conto, altresì, delle capacità tecniche finanziarie ed economiche delle imprese appartenenti al gruppo di cui la stessa, effettivamente, si avvalga.  A mente delle direttive comunitarie 71/304 e 71/305 l’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici può avvenire a favore di beneficiari, che eseguano i lavori tramite agenzie e succursali, e che siano parte di un raggruppamento di imprese che  non abbiano una forma giuridica determinata”[5].Dunque, viene introdotto per via interpretativa un fenomeno che sarà poi noto come principio dell’avvalimento di elementi propri di altre società appartenenti al gruppo.

[6] Cfr. causa 176/98, Holst Italia c. Comune di Cagliari, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 2001, p. 1405, con nota di G. Greco in cui si legge: “La direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50 CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, va interpretata nel senso che consente ad un prestatore, per comprovare il possesso dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione ad una gara d’appalto ai fini dell’aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, di far riferimento alle capacità di altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi, a condizione che sia in grado di provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti necessari all’esecuzione dell’appalto”. Quest’ultima pronuncia segna il superamento della logica dell’avvalimento quale fenomeno limitato ai rapporti infra-gruppo, reputando la Corte irrilevante “la natura giuridica dei vincoli” tra impresa partecipante alla gara e ausiliaria, sempre che la concorrente dimostri all’amministrazione di disporre effettivamente dei mezzi dell’impresa avvalsa necessari all’esecuzione dell’appalto.

[7] Così R. Mangani, Avvalimento e subappalto, in www.giustamm.it,  n. 3 del 2007.

[8] Cfr. S. Fantini, Art. 49 avvalimento, in R. Garofoli – G. Ferrari (a cura di), Codice degli appalti pubblici5, Nel diritto Editore, 2012.

[9] E’ previsto, infatti, che i sistemi di qualificazione vigenti nei singoli Stati membri debbano consentire che, ai fini della relativa iscrizione, gli operatori economici facenti parte di un gruppo imprenditoriale possano avvalersi dei mezzi di altri soggetti appartenenti al medesimo gruppo, fermo restando la necessità di dimostrare che disporranno di tali mezzi per tutta la durata del certificato di iscrizione al sistema (art. 52).

[10] In tal senso si veda R. Mangani, Avvalimento e subappalto op. cit.

[11] Cfr. O. Ciboldi, La dimostrazione dei requisiti di partecipazione alle gare d’appalto attraverso l’avvalimento, in Riv. Giur. dell’edilizia, maggio-giugno 2006, fasc. 3, pp. 87 ss.

[12] Vedi M.C. Rosati, Brevi considerazioni sull’avvalimento nei contratti pubblici, in www.lexitalia.it, n. 7-8/2007.

[13]  Sull’argomento si veda R. Mangani, Debutta l’avvalimento ma in versione ridotta rispetto alle direttive europee, in Edilizia e Territorio, n. 17, 2006, pp. 65 ss.

[14] Così R. Rotigliano, L’avvalimento negli appalti pubblici: punti fermi e nodi irrisolti, in Il nuovo diritto amministrativo, 1/2013, pp. 58.

[15] Cfr. R. Rotigliano, L’avvalimento negli appalti pubblici cit., pp. 60 ss.

[16] Il comma 2 dell’art. 49  stabilisce, infatti, che “ai fini di quanto previsto nel comma 1 il concorrente allega oltre all’eventuale attestazione SOA propria e dell’impresa ausiliaria:

  1.  una sua dichiarazione verificabile ai sensi dell’art. 48, attestante l’avvalimento dei requisiti necessari per la partecipazione alla gara, con specifica indicazione dei requisiti stessi e dell’impresa ausiliaria;
  2. una sua dichiarazione circa il possesso da parte del concorrente medesimo dei requisiti generali di cui all’art. 38;
  3.      una dichiarazione sottoscritta da parte dell’impresa ausiliaria attestante il possesso da parte di quest’ultima dei requisiti generali di cui all’art. 38, nonché il possesso dei requisiti tecnici e delle risorse oggetto di avvalimento;
  4. una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente;
  5.      una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui questa attesta che non partecipa alla gara in proprio o associata o consorziata ai sensi dell’art. 34;
  6.     in originale o  copia autentica il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto;
  7. nel caso di avvalimento nei confronti di un’impresa che appartiene al medesimo gruppo in luogo del contratto di cui alla lettera f) l’impresa concorrente può presentare una dichiarazione sostitutiva attestante il legame giuridico ed economico esistente nel gruppo, dal quale discendono i medesimi obblighi previsti dal comma 5.”.

Dalla formulazione di tale elenco sembrerebbe che i requisiti richiesti non debbano sussistere al momento della procedura di gara, essendo sufficiente la prova seria ed attuale della futura disponibilità dei requisiti al momento dell’assunzione e dell’esecuzione degli impegni negoziali.

[17] Alcune di queste disposizioni (commi 6 e 7) sono state oggetto di contestazione in sede comunitaria, nonché oggetto d’intervento da parte del terzo decreto correttivo (d.lgs. n. 152/2008). Esso ha abrogato il comma 7 dell’art. 49, il quale stabiliva che il bando di gara potesse prevedere, in relazione alla natura e all’importo dell’appalto, la possibilità delle imprese partecipanti di avvalersi solo dei requisiti economici o dei requisiti tecnici, ovvero il diritto di integrare un preesistente requisito tecnico economico già posseduto dall’impresa avvalente nella misura percentuale indicata nel bando. Trattasi, questa, di limitazione non prevista nel diritto comunitario.

[18] A. Romano, L’avvalimento come forma di cooperazione fra imprese nell’esecuzione degli appalti (avvalimento e libero mercato), n. 9-08 in www.giustamm.it.

[19] C. Zucchelli, L’avvalimento, in Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2008, pp. 1524 ss.

[20] Tale obbligo contrattuale non sussiste nell’ipotesi in cui l’avvalimento venga utilizzato tra due imprese appartenenti al medesimo gruppo imprenditoriale. Infatti, ai sensi del comma 2, lettera g), in luogo del contratto è sufficiente produrre una dichiarazione attestante il legame giuridico ed economico esistente nel gruppo.

[21] R. Mangani, Avvalimento e subappalto op. cit.

[22] Così A. Ponti, L’avvalimento dei requisiti per la partecipazione alle gare d’appalto, in Nuova Rass., 2006, p. 2266.

[23] In tal senso M.C. Rosati, Brevi considerazioni sull’avvalimento nei contratti pubblici, in www.lexitalia.it, 2007.

[24] M.C. Saracino, L’istituto dell’avvalimento tra schemi preesistenti e caratteri pubblici, in Foro amministrativo, TAR, 2007, p. 348.

[25] Si tratta di un divieto presente, peraltro, anche nell’ultimo periodo del comma 8 dell’art. 49.

[26] Comma così modificato dall’art. 1, comma 1 lettera n), d.lgs. 11 settembre 2008, n. 152, a seguito del quale la limitazione trova applicazione solo con riferimento al settore dei lavori pubblici, mentre scompare per i servizi e le forniture, ove è consentito l’avvalimento plurimo anche in relazione ad ogni singolo requisito.

[27] Cfr. R. Rotigliano, L’avvalimento negli appalti pubblici: punti fermi e nodi irrisolti, in Il nuovo diritto amministrativo, 1/2013, p. 63.

[28] Infatti, il Consiglio di Stato afferma che: “la finalità dell’avvalimento non è perciò quella di arricchire la capacità (tecnica o economica che sia) del concorrente, ma quella di consentire a soggetti che ne siano privi di concorrere alla gara ricorrendo ai requisiti di altri soggetti, se e in quanto da questi integralmente e autonomamente posseduti (…)” (Cons. Stato: Sez. V, 17 marzo 2009, n. 1589; Sez. IV, 20 novembre 2008, n. 5742; Sez. V, 23 febbraio 2010, n. 1054). Sempre secondo il Consiglio di Stato (Cons. St., Sez. VI, 13 giugno 2011, n. 3565): “(…) Non può essere accolta, infatti, un’interpretazione per cui il divieto di utilizzo frazionato dei requisiti varrebbe soltanto nel caso di avvalimento di più imprese ausiliarie e non anche in quello di una sola impresa ausiliaria, essendo evidente che il legislatore si è occupato di vietare espressamente l’utilizzo frazionato per la fattispecie in cui tale utilizzo è in concreto ipotizzabile, proprio in ragione della pluralità delle imprese ausiliarie e non per quella in cui ci si avvalga di una sola impresa ausiliaria, non essendo altrimenti giustificato un divieto posto soltanto per un caso e non per l’altro (…)” (in termini simili T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 18 aprile 2012, n. 708).

Tuttavia tali conclusioni devono ritenersi ormai superate, a partire dalla sentenza della Corte di giustizia (del 10 ottobre 2013, in causa C-94/12) che ha dichiarato la illegittimità del comma 6 dell’art. 49 del Codice per contrasto con le disposizione della Direttiva 2004/18/CE. Infatti, come si approfondirà nel corso della trattazione, le disposizioni della Direttiva non impongono alcun divieto in ordine alla possibilità per un candidato di avvalersi delle capacità di più soggetti terzi in aggiunta alle proprie, al fine di soddisfare i criteri di ammissione alla gara.

[29] Vedi R. Mangani, Debutta l’avvalimento ma in versione ridotta rispetto alle direttive europee, in Edilizia e territorio, n. 17 del 2006.

[30] Infatti, ai sensi del comma 10 dell’art. 49 del Codice, il certificato di esecuzione è rilasciato all’impresa che partecipa alla gara (che potrà così utilizzarlo per la qualificazione Soa) e non all’ausiliaria.

[31] R. Mangani, Avvalimento e subappalto op. cit.

[32] Come già anticipato, il Codice all’articolo summenzionato dispone che “per i lavori, il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascuna categoria di qualificazione. Il bando di gara può ammettere l’avvalimento di più imprese ausiliarie in ragione dell’importo dell’appalto o della peculiarità delle prestazioni, fermo restando il divieto di utilizzo frazionato per il concorrente dei singoli requisiti economico-finanziari e tenico-organizzativi di cui all’art. 40, comma 3, lettera b), che hanno consentito il rilascio dell’attestazione in quella categoria.”.

[33] La fattispecie origina da un provvedimento di esclusione da una gara di lavori pubblici, disposto dalla stazione appaltante Provincia di Fermo, per violazione del cd. divieto di avvalimento plurimo all’interno della medesima categoria di qualificazione, avendo l’impresa concorrente dichiarato di avvalersi delle attestazioni SOA di due imprese terze con riferimento alla stessa categoria di lavorazioni, intendendo così cumulare i requisiti parziali posseduti da due distinti ausiliari.

[34] L’art. 47 della dir. n. 2004/18/CE, intitolato “Capacità economica e finanziaria”, al paragrafo 2 prevede che: “Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare alla amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di questi soggetti”.

[35] L’art. 48 dir. n. 2004/18/CE, relativo alle “Capacità tecniche e professionali”, al paragrafo 3 prevede che “Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Deve, in tal caso,  provare all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto disporrà delle risorse necessarie ad esempio presentando l’impegno di tale soggetto di mettere a disposizione dell’operatore economico le risorse necessarie.”.

[36] V. Corte di giustizia, Sez. V, 10 ottobre 2013, in causa C-94/12, reperibile in www.eur-lex.europa.eu.

[37] L’argomentazione della Corte è suffragata dal fatto che numerose disposizioni della Direttiva citata (art. 48, par. 2, lett. b) e h)) non pongono limitazioni di sorta quanto al numero dei soggetti ausiliari su cui il concorrente può fare affidamento.

La Corte di giustizia ha ricavato un’ulteriore conferma alla sua tesi dall’art. 4, par. 2, della dir. n. 2004/18/CE, che autorizza i raggruppamenti di operatori economici a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici senza prevedere limitazioni relative al cumulo di capacità. Dunque, se il cumulo di requisiti parziali è pacificamente praticabile in caso di raggruppamenti temporanei di imprese, analoga possibilità deve essere consentita anche al concorrente che opti per il modello partecipativo dell’avvalimento (che è finalizzato a soddisfare analoga esigenza, cioè il raggiungimento dei requisiti minimi di qualificazione, tramite l’aggregazione di più operatori economici).

La Corte ha quindi smentito la tesi del “divieto di cumulo parziale”, non ravvisando affatto quelle distanze “ontologiche” tra l’avvalimento e l’ATI, postulate invece dai Giudici nazionali, che ne hanno fatto derivare un diverso trattamento ai due istituti. Infatti, i vari istituti aggregativi pro-competitivi vanno trattati alla stessa maniera, consentendo in tutti questi casi la facoltà di ricorrere al cumulo dei requisiti di qualificazione.

Pertanto, secondo i giudici comunitari nella sentenza in esame, la dir. n. 2004/18/CE consente senz’altro il ricorso all’avvalimento per ottenere il cumulo delle capacità parziali di più operatori economici, al fine di  soddisfare i requisiti minimi imposti dall’amministrazione aggiudicatrice. L’unica condizione è che alla stessa si dimostri che il candidato o l’offerente, che si avvale delle capacità di uno o più soggetti, potrà effettivamente disporre dei mezzi di quest’ultimi, necessari per l’esecuzione dell’appalto.

[38] Cfr. A. Bonanni, La Corte di giustizia dell’Unione europea “sconfessa” il divieto di utilizzare l’avvalimento per conseguire il cumulo parziale dei requisiti, in www.contratti-pubblici.it, 2013.

[39] Cfr. R. Mangani, L’avvalimento tra norme comunitarie e disciplina nazionale, ovvero il paradigma di una difficile convivenza, Relazione al convegno “I Contratti Pubblici nella giurisprudenza della Corte di Giustizia”, 28 febbraio 2014, in www.igitalia.it, pp. 6 ss.

[40] In tali termini si veda C. Volpe, La Corte di Giustizia dà il via libero all’avvalimento plurimo e frazionato, in Giustizia amministrativa, n. 12-2013.

[41] L’art. 38 della Direttiva 2014/23/Ue così dispone: “Per soddisfare le condizioni di partecipazione di cui al paragrafo 1, ove opportuno e nel caso di una particolare concessione, l’operatore economico può affidarsi alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con loro. Se un operatore economico vuole fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, deve dimostrare all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore che disporrà delle risorse necessarie per l’intera durata della concessione, per esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di detti soggetti. Per quanto riguarda la capacità finanziaria, l’amministrazione aggiudicatrice o l’ ente aggiudicatore può richiedere che l’operatore economico e i soggetti in questione siano responsabili in solido dell’esecuzione del contratto.”.

[42] All’art. 63, infatti, la Direttiva settori ordinari dispone che: “Per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali stabiliti a norma dell’art. 58, paragrafo 4, un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi.”.

[43] Cfr. R. Mangani, L’avvalimento tra norme comunitarie e disciplina nazionale op cit., pp. 21 ss.

[44] In tal senso si veda l’art. 89, d.lgs. n. 50/2016, secondo cui “Per quanto riguarda i criteri relativi all'indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all'allegato XVII, parte II, lettera f), o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia avvalersi delle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono direttamente i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste.”.

[45] Cfr. TAR Puglia, Lecce, Sez. III, 28 marzo 2012, n. 550, in cui si afferma che i requisiti di cui agli artt. 38 e 39 non possono formare oggetto di avvalimento; nello stesso senso cfr. TAR Basilicata, 3 maggio 2010, n. 220; cfr. ANAC (già AVCP), determinazione del primo agosto 2012, n. 2, secondo cui l’avvalimento non può riguardare né il possesso di specifiche abilitazioni, né l’iscrizione in albi professionali.

[46] La norma ha così anticipato la soluzione della questione rimessa dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Difatti, con l’ordinanza del 15 aprile 2016, n. 1522 è stata formulato il seguente quesito: “se gli artt. 47 secondo alinea e 48 terzo alinea della Direttiva 2004/18/CE, come sostituiti dall’art. 63 della Direttiva 2014/24/UE ostino ad una disciplina normativa nazionale che esclude, o possa essere interpretata nel senso che esclude, la possibilità per l’operatore economico, ossia per il soggetto che concorre alla gara, di indicare altra impresa in luogo di quella originariamente assunta quale “impresa ausiliaria”, che abbia perduto o abbia visto ridurre i requisiti di partecipazione, e quindi comporti l’esclusione dell’operatore economico dalla gara per fatto non a lui riconducibile né oggettivamente né soggettivamente.”.

[47] Cfr. R. Mangani, L’avvalimento tra norme comunitarie e disciplina nazionale op. cit. p. 23.

[48] Cfr. art. 89, co. 3, d.lgs. n. 50/2015 il quale dispone che: “La stazione appaltante verifica, conformemente agli articoli 85, 86 e 88, se i soggetti della cui capacità l'operatore economico intende avvalersi, soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell'articolo 80. Essa impone all'operatore economico di sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione. Nel bando di gara possono essere altresì indicati i casi in cui l'operatore economico deve sostituire un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione, purchè si tratti di requisiti tecnici.”. 

[49] Cfr. R. Mangani, L’avvalimento tra norme comunitarie e disciplina nazionale, op.cit. p. 24.

[50] Art. 89, co. 5, d.lgs. 50/2016, in base al quale: “Il concorrente e l'impresa ausiliaria sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto. Gli obblighi previsti dalla normativa antimafia a carico del concorrente si applicano anche nei confronti del soggetto ausiliario, in ragione dell'importo dell'appalto posto a base di gara.”.

[51] Sull’argomento Cfr. R. Mangani, L’avvalimento tra norme comunitarie e disciplina nazionale op. cit., p. 19. Secondo l’autore “Si dovrebbe tuttavia ritenere che, anche per ragioni di coerenza sistematica, il principio della limitazione della responsabilità   dell’impresa ausiliaria vada mantenuto anche in queste ipotesi. L’evidente maggiore difficoltà di individuare una soluzione soddisfacente non può infatti costituire un motivo per mutare l’impostazione concettuale, potendo solo incidere in termini di maggiore complessità delle modalità da porre in essere per raggiungere il risultato.”.  

[52] In tal senso si veda G.P. Cirillo, Il contratto di avvalimento nel nuovo codice dei contratti pubblici: il persistente problema della sua natura giuridica, in Rivista del notariato –LXX, p. 596. Trattasi di studio fatto per il convegno di studio organizzato dalla Fondazione Italiana del notariato sul tema “Il nuovo codice dei contratti pubblici: l’informatica tra diritto civile e amministrativo”, Roma 8 aprile 2016.

[53] L’art. 63 cit. così dispone: “Nel caso di appalti di lavori, di appalti di servizi e operazioni di posa in opera o installazione nel quadro di un appalto di fornitura, le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici di cui all’art. 19, paragrafo 2, da un partecipante al raggruppamento.”.

[54] Art. 89, co. 4, d.lgs. 50/2016, secondo cui: “Nel caso di appalti di lavori, di appalti di servizi e operazioni di posa in opera o installazione nel quadro di un appalto di fornitura, le stazioni appaltanti possono prevedere nei documenti di gara che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall'offerente o, nel caso di un'offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici, da un partecipante al raggruppamento.”. 

[55] Cfr. R. Mangani, L’avvalimento tra norme comunitarie e disciplina nazionale op. cit., p. 26. Ad avviso dell’autore, necessitano due riflessioni: “La prima è che la scelta a suo tempo operata dal nostro legislatore di individuare alcune norme integrative della disciplina comunitaria dirette a delimitare l’utilizzo dell’istituto non può considerarsi peregrina, proprio alla luce delle limitazioni recentemente introdotte dallo stesso legislatore comunitario.  La seconda, strettamente connessa alla prima, è che anche in sede di recepimento della nuova direttiva possono trovare spazio disposizioni che, pur nel rispetto della disciplina comunitaria, permettano di tener conto delle specificità del nostro sistema normativo. Un adattamento “intelligente” della normativa comunitaria  rappresenta un elemento fondamentale per assicurare coerenza con il nostro ordinamento.”.

[56] Rilevante è la modifica apportata dall’art. 56, lett. b) del decreto correttivo al nuovo Codice dei contratti pubblici (approvato dal Consiglio dei Ministri in data 13.4.2017), all’art. 89 comma 9, secondo periodo, del d.lgs. 50/2016. Trattasi, nello specifico, della previsione della penalità della risoluzione del contratto d’appalto nel caso in cui il RUP accerti, in corso d'opera, che le prestazioni oggetto di contratto non siano svolte direttamente dalle risorse umane e strumentali dell'impresa ausiliaria. Tuttavia, è opportuno evidenziare che la relativa Relazione illustrativa fa riferimento alla penalità della risoluzione del contratto “nel caso in cui la stazione appaltante non trasmetta all'ANAC tutte le dichiarazioni di avvalimento, indicando altresì l'aggiudicatario, per l'esercizio della vigilanza e per la prescritta pubblicità”. Detta discordanza desta, dunque, dubbi interpretativi, atteso che tale modifica, alla luce della citata Relazione, pare riferirsi non al secondo bensì al quarto periodo del comma 9. 

[57] L’art. 89, co. 10, stabilisce che: “l’avvalimento non è ammesso per soddisfare il requisito dell'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali di cui all'articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”. 
Al co. 11, inoltre, il citato articolo così dispone: “Non è ammesso l'avvalimento qualora nell'oggetto dell'appalto o della concessione di lavori rientrino, oltre ai lavori prevalenti, opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali. È considerato rilevante, ai fini della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo, che il valore dell'opera superi il dieci per cento dell'importo totale dei lavori. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, è definito l'elenco delle opere di cui al presente comma, nonchè i requisiti di specializzazione richiesti per la loro esecuzione che possono essere periodicamente revisionati. Fino alla data di entrata in vigore di detto decreto, si applica l'articolo 216, comma 15.”. 

E’ necessario evidenziare che il decreto correttivo al d.lgs. 50/2016 (art. 53, lett. c) n. 1) ha soppresso, al comma 11 dell’art. 89, il riferimento ai “lavori prevalenti”, chiarendo, così, come il divieto di avvalimento alle opere superspecialistiche si applichi indipendentemente dal fatto che esse rientrino  o meno nella categoria prevalente. Tale intervento si giustifica, come evidenziato dalla relazione illustrativa al decreto, in quanto la formulazione vigente desta dubbi interpretativi in ordine all’applicazione del divieto nell’ipotesi in cui le opere superspecialistiche rappresentino la categoria prevalente dell'appalto stesso.

Anche la lettera c), numero 2), modifica il comma 11 dell’art. 89, terzo periodo, nella parte in cui demanda ad un apposito decreto ministeriale (del Ministro delle infrastrutture e trasporti) la definizione dell'elenco delle opere c.d. superspecialistiche, nonché i requisiti di specializzazione necessari per la loro esecuzione. Tale modifica prevede che i requisiti in questione siano quelli per la qualificazione SOA, cioè quelli disciplinati dall’art. 84 del Codice (pertanto elimina il riferimento ai requisiti di specializzazione richiesti per “la loro esecuzione”, facendo riferimento a quelli richiesti “per la qualificazione ai fini dell’ottenimento dell’attestazione di qualificazione degli esecutori di cui all’art. 84”). La relazione illustrativa evidenzia, inoltre, che, in assenza della modifica in esame, “si violerebbe il divieto di introdurre nuovi requisiti oltre quelli già oggetto di attestazione SOA”.

[58] Il nuovo Codice dei contratti pubblici recepisce, quindi, l’orientamento giurisprudenziale più restrittivo formatosi sotto la vigenza del precedente Codice. Cfr. in tal senso TAR Lazio, Sez. II ter, 22 dicembre 2011, n. 5784, il quale nega l’avvalimento per l’iscrizione all’albo in questione, trattandosi di un requisito “prevalentemente soggettivo”, in quanto presupporrebbe “una specifica organizzazione aziendale caratterizzata dall’impiego di attrezzature particolari e competenze specifiche (…) non equiparabile ad un requisito da poter prestare se disgiunto dall’organizzazione che l’ha conseguita.”.

[59] Art. 49, co. 9 d.lgs. n. 163/2006, secondo cui: “Il bando può prevedere che, in relazione alla natura dell'appalto, qualora sussistano requisiti tecnici connessi con il possesso di particolari attrezzature possedute da un ristrettissimo ambito di imprese operanti sul mercato, queste possano prestare l'avvalimento nei confronti di più di un concorrente, sino ad un massimo indicato nel bando stesso, impegnandosi a fornire la particolare attrezzatura tecnica, alle medesime condizioni, all'aggiudicatario”.

[60] Cfr. G.P. Cirillo, Il contratto di avvalimento nel nuovo codice dei contratti pubblici: il persistente problema della sua natura giuridica, in Rivista del notariato –LXX, cit. p. 579 ss..

[61] Cfr. Cassazione civile, Sez. III, 18 settembre 2009, n. 20106. Ad avviso della Corte: “Gli elementi costitutivi dell’abuso di diritto sono i seguenti: 1) la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto; 2) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; 3) la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico; 4) la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrificio cui è soggetta la controparte”.

Dunque, l’abuso del diritto “lungi dal presupporre una violazione in senso formale, delinea l’utilizzazione alterata dello schema formale del diritto, finalizzata al conseguimento di obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal Legislatore.”.

[62] La Cassazione, nella sentenza in esame, ritiene che “come conseguenze di tale, eventuale abuso, l’ordinamento pone una regola generale, nel senso di rifiutare la tutela ai poteri, diritti e interessi, esercitati in violazione delle corrette regole di esercizio, posti in essere con comportamenti contrari alla buona fede oggettiva.”.