Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2017, n. 1364

A differenza della responsabilità da mancata aggiudicazione, la culpa in contrahendo dell’amministrazione nelle procedure ad evidenza pubblica di affidamento di contratti costituisce fattispecie nella quale l’elemento soggettivo ha una sua specifica rilevanza, in correlazione con l’ulteriore elemento strutturale del contrapposto affidamento incolpevole del privato in ordine alla positiva conclusione delle trattative prenegoziali.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3673 del 2010, proposto da:
ATAC s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Giunta, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Settembrini, n. 30;

 

contro

Eco Power Technology s.r.l., non costituita in giudizio;

 

nei confronti di

Rampini Carlo s.p.a., non costituita in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA, SEZIONE II-TER, n. 12941/2009, resa tra le parti, concernente una condanna al risarcimento dei danni da responsabilità precontrattuale in una procedura di affidamento in appalto della fornitura di 36 autobus urbani elettrici con manutenzione full service;

 

FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio la Eco Power Technology s.r.l. impugnava gli atti della procedura di affidamento della fornitura di 36 autobus urbani elettrici con manutenzione full service indetta dalla ATAC s.p.a. nel 2004 (bando n. 17), società partecipata da Roma Capitale e gestore del servizio pubblico di trasporto locale nella città.

2. All’esito della selezione mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base d’asta di € 13.330.000,00 la ricorrente si era collocata al secondo posto della graduatoria, dietro l’unica altra partecipante, raggruppamento temporaneo di imprese con capogruppo la Rampini Carlo s.p.a., conseguentemente dichiarato aggiudicatario in via provvisoria (provvedimento n. 13 del 15 luglio 2005) e quindi, con successivo provvedimento (n. 99 dell’8 settembre 2005), impugnato con motivi aggiunti, aggiudicatario definitivo.

Tuttavia, in conseguenza dell’impossibilità di procedere alla stipula del contratto a causa del fatto che la ditta fornitrice delle batterie degli autobus elettrici aveva interrotto la produzione, ATAC disponeva la revoca dell’aggiudicazione (con delibera n. 192 del 20 ottobre 2006).

La Eco Power Technology impugnava anche questo atto con ulteriori motivi aggiunti, sostenendo che le ragioni della determinazione assunta in autotutela dalla stazione appaltante erano in realtà legate all’esito negativo delle prove fatte sul prototipo messo a disposizione dall’aggiudicatario.

La società non impugnava invece la nuova procedura di affidamento indetta da ATAC (determinazione n. 7 del 2008) per la fornitura di 100 autobus elettrici a batterie innovative con manutenzione full service.

3. In ragione di ciò, con la sentenza in epigrafe l’adito tribunale:

- dichiarava inammissibili per difetto di interesse i secondi motivi aggiunti, sul presupposto che l’annullamento della revoca dell’aggiudicazione disposta nei confronti della controinteressata Rampini Carlo avrebbe comportato la reviviscenza del provvedimento revocato «e non certo l’affidamento della fornitura e del servizio nei confronti della ricorrente»;

- dichiarava quindi improcedibili il ricorso introduttivo e i primi motivi aggiunti per sopravvenuta carenza di interesse, «in ragione della validità della delibera n. 192 del 20 ottobre 2006 di revoca dell’aggiudicazione in favore dell’ATI controinteressata»;

- dichiarava inoltre improcedibile il ricorso incidentale “escludente” della Rampini Carlo;

- accoglieva nondimeno la domanda risarcitoria della Eco Power Technology, statuendo che, malgrado l’impossibilità di questa di «aspirare alla aggiudicazione definitiva», nondimeno, erano ristorabili a titolo di responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 cod. civ. le spese di partecipazione alla gara dalla stessa sostenute, liquidate in € 32.287,29, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data di presentazione dell’offerta a quella di pubblicazione della sentenza;

- a questo riguardo, il giudice di primo grado riteneva che nel corso della procedura di gara ATAC avesse tenuto un contegno sleale, per avere in particolare «omesso di informare» la ricorrente - «la quale è rimasta nel legittimo affidamento, dopo aver proposto il ricorso introduttivo del giudizio, di una favorevole conclusione della vicenda» - delle vicende successive all’aggiudicazione in favore della controinteressata.

4. Per la riforma della condanna risarcitoria ha proposto l’ATAC ha proposto appello.

5. La partecipata di Roma Capitale censura questa pronuncia per ultrapetizione sotto un duplice profilo e la quantificazione dei danni operata dal giudice di primo grado.

6. Né la Eco Power Technology, né la Rampini Carlo si sono costituite in giudizio.

7. Il giudizio è stato dichiarato perento (decreto presidenziale n. 189 del 9 marzo 2016) e poi reiscritto a ruolo su opposizione ex art. 85 cod. proc. amm. dell’appellante (ordinanza n. 3582 del 10 agosto 2016).

8. Nelle more del procedimento di opposizione a perenzione la medesima ATAC ha quindi riassunto il giudizio nei confronti del fallimento della Eco Power Technology s.r.l., nel frattempo dichiarato (dal Tribunale di Brescia e successiva iscrizione al n. 9/2014 del r.g. fallimenti di quel tribunale).

 

DIRITTO

1. In via preliminare la Sezione rileva che l’atto di riassunzione del giudizio ex art. 80, comma 3, cod. proc. amm. nei confronti del fallimento Eco Power Technology, unica parte interessata a contraddire all’appello della ATAC, è stato validamente notificato, per cui, malgrado la mancata costituzione della procedura concorsuale, il contraddittorio nel presente grado di giudizio è integro anche dopo il verificarsi dell’evento interruttivo.

La difesa della municipalizzata romana ha infatti prodotto all’udienza di discussione del 2 marzo 2017 l’avviso di ricevimento dell’atto di riassunzione, notificato presso lo studio professionale del curatore fallimentare, da cui risulta che il plico è stato consegnato ad un addetto al recapito della corrispondenza di quest’ultimo.

2. La medesima riassunzione deve presumersi proposta tempestivamente, e cioè nel rispetto del termine perentorio di novanta giorni «dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione» previsto dal citato art. 80, comma 3, del codice del processo amministrativo, in assenza di elementi agli atti del giudizio dai quali risulti che la ATAC abbia acquisito la conoscenza dell’evento interruttivo in questione in epoca precedente alla scadenza del termine in questione e lo abbia pertanto lasciato decorrere inutilmente.

3. Si può quindi passare ad esaminare i motivi d’appello.

4. Fondato è innanzitutto il primo ordine di critiche, con cui ATAC censura la sentenza di primo grado per ultrapetizione ex art. 112 del codice di procedura civile, per avere il tribunale emesso una condanna risarcitoria per responsabilità precontrattuale ex art. 1337 cod. civ. malgrado la Eco Power Technology avesse domandato il ristoro dei danni conseguenti alla mancata aggiudicazione della gara a proprio favore.

5. Sul punto lo stesso giudice di primo grado ha riconosciuto che quest’ultima non aveva azionato questa fattispecie di responsabilità della stazione appaltante «in maniera espressa», ma ha nondimeno ritenuto che la stessa «deve intendersi compresa nelle richieste risarcitorie della ricorrente».

Sennonché questa ricostruzione dei rapporti tra le due ipotesi di responsabilità civile della pubblica amministrazione non può essere condivisa.

6. La responsabilità da mancata aggiudicazione è infatti riconducibile al paradigma generale dell’illecito extracontrattuale previsto dall’art. 2043 cod. civ., in cui si inquadra la complessiva tematica del risarcimento dei danni da illegittimità provvedimentale dell’amministrazione, con l’unico temperamento derivante dal fatto che nella materia in questione non occorre fornire la prova dell’elemento soggettivo (come statuito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza 30 settembre 2010, in C-314/09).

Attraverso questa forma di responsabilità viene ristorato per equivalente l’utile che il partecipante ad una procedura di affidamento di un contratto pubblico avrebbe ricavato dall’esecuzione del contratto illegittimamente non aggiudicatogli. I presupposti su cui essa si fonda sono dunque dati da un vizio di legittimità occorso nella fase di gara e l’accertamento del diritto del concorrente ad aggiudicarsi la stessa nell’ipotesi in cui tale illegittimità non si fosse verificata (in questo senso, ex multis: Cons. Stato, IV, 23 maggio 2016, n. 2111; V, 22 dicembre 2016, n. 5423, 21 luglio 2015, n. 3605, 31 dicembre 2014, nn. 6450 e 6453; nello stesso anche la giurisprudenza di legittimità: Cass., III, 8 giugno 2015, n. 11794).

La necessità che sia accertato sul piano causale che l’illegittimità provvedimentale ha precluso al concorrente l’aggiudicazione si ricava del resto anche sul piano normativo.

Il rimedio della dichiarazione di inefficacia del contratto, rispetto al quale la condanna al risarcimento per equivalente del danno da mancata aggiudicazione costituisce un surrogato (arg. ex art. 124, comma 1, cod. proc. amm.), si fonda nelle varie ipotesi in cui esso è previsto sul riscontro dell’idoneità del vizio verificatosi nella fase di gara ad incidere «sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento» (art. 121, comma 1, lett. c) e d)) o «di conseguire l’aggiudicazione» (art. 122).

7. La responsabilità precontrattuale è invece quella forma di soggezione alle conseguenze sancite dall’art. 1337 cod. civ. più volte citato (oltre che del successivo art. 1338) per condotte contrarie ai canoni di buona fede e correttezza (quest’ultima prevista dall’art. 1175 cod. civ.) nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, che la più recente evoluzione giurisprudenziale ha ritenuto applicabile anche all’attività contrattuale dell’amministrazione svolta secondo i modelli autoritativi dell’evidenza pubblica (in particolare, più di recente: Cass., Sez. Un., 12 maggio 2008, n. 11656; da ultimo: Cass., I, 12 maggio 2015, n. 9636), e che prescinde dall’accertamento di un’illegittimità provvedimentale (Cons. Stato, Ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6, richiamata nella sentenza di primo grado; da ultimo: Cons. Stato, IV, 15 settembre 2014, n. 4674, 16 gennaio 2014, n. 142; V, 14 aprile 2015, n. 1864), e addirittura dalla prova «dell’eventuale diritto all'aggiudicazione del partecipante» (Cass., I, 3 luglio 2014, n. 15260).

A differenza della responsabilità da mancata aggiudicazione, la culpa in contrahendo dell’amministrazione nelle procedure ad evidenza pubblica di affidamento di contratti costituisce fattispecie nella quale l’elemento soggettivo ha una sua specifica rilevanza, in correlazione con l’ulteriore elemento strutturale del contrapposto affidamento incolpevole del privato in ordine alla positiva conclusione delle trattative prenegoziali. Come infatti ancora di recente precisato da questo Consiglio di Stato (in particolare: Cons. Stato, IV, 6 marzo 2015, n. 1142), i presupposti della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione consistono nell’affidamento ingenerato dal comportamento della stazione appaltante su tale esito positivo e nell’assenza di una giusta causa per l’inattesa interruzione delle trattative.

Si precisa al riguardo che affinché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, è necessario che le trattative siano giunte ad uno stadio avanzato ed idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che, inoltre, la controparte pubblica cui si addebita la responsabilità le abbia interrotte senza un giustificato motivo; e infine che pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto (così: Cons. Stato, III, 15 aprile 2016, n. 1532).

8. Ulteriori differenze tra le due forme di responsabilità si riscontrano con riguardo ai danni risarcibili.

Mentre per i danni da mancata aggiudicazione essi sono parametrati al c.d. interesse positivo e consistono nell’utile netto ritraibile dal contratto, oltre che nei pregiudizi di tipo curriculare e all’immagine commerciale della società, ingiustamente privata di una commessa pubblica, nel caso di responsabilità precontrattuale i danni sono limitati all’interesse negativo, ravvisabile nel caso delle procedure ad evidenza pubblica nelle spese inutilmente sopportate per parteciparvi e nella perdita di occasioni di guadagno alternative.

9. Tutto ciò precisato, dalla comparazione finora svolta risulta evidente che non è configurabile alcuna continenza tra le due fattispecie di responsabilità, come invece ritenuto dal Tribunale amministrativo.

Al contrario, le stesse si differenziano notevolmente quanto ai rispettivi presupposti, cosicché laddove sia azionata in giudizio solo la responsabilità della stazione appaltante per mancata aggiudicazione della gara, non è possibile, una volta esclusa quest’ultima, pronunciarsi su eventuali profili di culpa in contrahendo della medesima amministrazione, se non esorbitando dai «limiti della domanda» richiamati dall’art. 34, comma 1, cod. proc. amm. e dunque incorrendo nel vizio di ultrapetizione ex art. 112 cod. proc. civ. richiamato dall’ATAC nel motivo d’appello in esame. Infatti, in una simile evenienza l’accertamento compiuto dal giudice finisce per riguardare una causa petendi nuova e del tutto diversa da quella fatta valere nel ricorso, con correlato pregiudizio del diritto di difesa della parte pubblica soccombente.

10. E ciò è quanto avvenuto nel caso di specie.

Come si ricava dalla motivazione della sentenza appellata, il tribunale è pervenuto a ritenere ATAC responsabile di danni asseritamente subiti dalla Eco Power Technology per fatti da questa non dedotti, e cioè per avere «omesso di informare delle successive evoluzioni la ricorrente (peraltro unica altra partecipante alla selezione di che trattasi), la quale è rimasta nel legittimo affidamento, dopo aver proposto il ricorso introduttivo del giudizio, di una favorevole conclusione della vicenda», sui quali, inoltre, la stazione appaltante non ha potuto prendere posizione.

11. Alla luce di tutto quanto finora rilevato la condanna risarcitoria pronunciata dal giudice di primo grado è errata e deve essere riformata.

12. Peraltro è fondato anche l’ulteriore ordine di censure con cui ATAC sottolinea che nessun ragionevole affidamento l’originaria ricorrente poteva nutrire sulla positiva conclusione per lei della procedura di gara, attraverso l’aggiudicazione della stessa, dopo l’esclusione disposta nei confronti dell’aggiudicataria s.p.a. Rampini Carlo.

Al riguardo la stessa sentenza si limita ad affermare in modo apodittico un affidamento in capo alla ricorrente in ordine alle vicende relative alle verifiche sui prototipi dei mezzi forniti da quest’ultima, senza considerare che l’eventuale aspettativa all’esclusione della controinteressata all’esito di questa fase di gara non equivale ad aspettativa ad aggiudicarsi la stessa in luogo di quest’ultima. In ordine a tale decisivo profilo l’appellante a ragione evidenzia che la Eco Power Technology, unica altra concorrente, aveva ottenuto un punteggio complessivo notevolmente inferiore all’originaria aggiudicataria (rispettivamente 46,757 contro 97,036 punti) e che dopo l’infruttuoso esito delle verifiche dei prototipi, non si è proceduto ad uno scorrimento della graduatoria, ma alla revoca della stessa e all’indizione di una nuova procedura di gara.

Sul medesimo punto lo stesso tribunale è inoltre incorso in contraddizione rispetto a quanto statuito con riguardo all’azione impugnatoria della Eco Power Technology, laddove ha affermato che la revoca dell’aggiudicazione disposta nei confronti della controinteressata Rampini Carlo avrebbe comportato la reviviscenza del provvedimento revocato «e non certo l’affidamento della fornitura e del servizio nei confronti della ricorrente».

13. Il tribunale ha quindi omesso di considerare queste circostanze, concretamente verificatesi, le quali escludono qualsivoglia affidamento tutelabile ai sensi dell’art. 1337 cod. civ. in capo all’originaria ricorrente. Per effetto di ciò a quest’ultima è stato riconosciuto un risarcimento per responsabilità precontrattuale del tutto disancorato dal necessario presupposto richiesto per il riconoscimento della culpa in contrahendo ai sensi della citata disposizione del codice civile.

Peraltro anche in ordine all’elemento soggettivo della colpa la pronuncia di primo grado non specifica alcunché, ma si esaurisce nel mero riscontro di un deficit informativo di cui non è oltretutto precisato il relativo fondamento normativo.

14. Le censure finora accolte sono assorbenti rispetto a quella con cui ATAC contesta la quantificazione del danno.

15. Pertanto, in accoglimento dell’appello e in riforma parziale della sentenza di primo grado, deve essere respinta la domanda risarcitoria proposta dalla Eco Power Technology.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere tuttavia compensate in ragione della particolarità delle questioni controverse.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma parziale della sentenza di primo grado, respinge la domanda risarcitoria proposta dalla Eco Power Technology s.r.l. e compensa tra tutte le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

 

Guida alla lettura

Il tema estrapolabile dalla sentenza oggetto di nota concerne l’applicabilità del principio di continenza alle due forme di responsabilità civile conosciute con i termini precontrattuale ed extracontrattuale.

La necessità si materializza a fronte del quesito giuridico relativo alla possibilità di considerare la responsabilità precontrattuale disciplinata dall’art. 1337 c.c. ricompresa in quella extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c.

Al riguardo il Collegio ha cura di ribadire che la responsabilità da mancata aggiudicazione va ricondotta al paradigma dell’illecito extracontrattuale. Nel dettaglio la peculiare fattispecie rientrerebbe nell’ampia materia dell’illegittimità provvedimentale, con la sola differenza che la responsabilità da essa derivante risulterebbe libera dall’onere probatorio concernente l’elemento soggettivo.

Al contrario la responsabilità precontrattuale costituisce espressione del dovere di adeguamento della condotta pubblica ai canoni di buona fede e correttezza, durante la fase delle trattative e della formazione del contratto. Con maggiore dovizia espositiva, la responsabilità precontrattuale prescinde dall’illegittimità provvedimentale e, al contempo, risulta svincolata dalla prova dell’eventuale diritto dell’aggiudicazione del partecipante.

Alla luce di tali premesse non risulta difficile concludere nel senso per cui la culpa in contrahendo dell’amministrazione durante l’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica di affidamento di contratti costituisce una fattispecie in cui, a differenza della responsabilità aquiliana, l’elemento soggettivo ha una sua specifica rilevanza.

Tale forma di responsabilità presuppone due elementi costitutivi: affidamento ingenerato dal comportamento della stazione appaltante su tale esito positivo e assenza di una giusta causa per inattesa interruzione delle trattative (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 2015, n. 1142).

Ulteriore elemento di distinguo tra e due forme di responsabilità risiede poi nel profilo prettamente quantitativo del danno risarcibile: mentre la responsabilità extracontrattuale legittima il risarcimento del cd. interesse positivo (consistente nell’utile netto ritraibile dal contratto, oltre che nei pregiudizi di tipo curriculare all’immagine commerciale della società) la responsabilità precontrattuale legittima il ristoro del solo interesse negativo (in caso di procedura ad evidenza pubblica consistente nelle spese inutilmente sopportate per parteciparvi e nella perdita di occasioni di guadagno alternative).

Le premesse appena delineate conducono così il Collegio giudicante ad asserire che l’eterogeneità della responsabilità precontrattuale rispetto a quella aquiliana esclude la configurabilità di una continenza tra le stesse, con la conseguenza per cui laddove in giudizio sia azionata la sola responsabilità aquiliana, al giudice non è concesso pronunciarsi su eventuali profili di culpa in contrahendo.

 

Il lento ma costante percorso interpretativo che ha visto l’ingresso dell’istituto della responsabilità precontrattuale all’interno del panorama del diritto amministrativo risulta influenzato anche dal dibattito concernente la natura giuridica di tale forma di responsabilità: da sempre ci si chiede infatti se la stessa vada ricondotta in uno dei due schemi tipici disciplinati dall’ordinamento, ovvero se rappresenti una categoria autonoma.

Per la posizione maggioritaria, in ordine al profilo relativo agli elementi costitutivi della responsabilità precontrattuale va richiamata la posizione di quanti qualificano la stessa in termini di responsabilità aquiliana, di cui all’art. 2043 c.c. Tale considerazione comporta l’obbligatorio riscontro degli elementi propri della responsabilità extracontrattuale tra cui, per quel che qui maggiormente rileva, l’elemento soggettivo della colpa.

Ciò nonostante, rimeditando un proprio precedente indirizzo la Corte di Cassazione 12 luglio 2016 n.14188, ha ritenuto che la responsabilità precontrattuale non abbia natura extracontrattuale, ma debba correttamente inquadrarsi nella responsabilità di tipo contrattuale da “contatto sociale qualificato”, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell’art. 1173 c.c., con conseguente applicazione del termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c. La corte ha così rilevato che “nei contratti conclusi con la pubblica amministrazione, il dispiegamento degli effetti vincolanti per le parti, al di là della formale stipula di un accordo negoziale, è subordinata all’approvazione ministeriale ai sensi dell’art. 19 del r.d. 18 novembre 1923, n.  2440, da effettuarsi con un provvedimento espresso adottato  dall’organo competente nella forma solenne prescritta dalla legge, la cui esistenza non può desumersi implicitamente dalla condotta tenuta dall’amministrazione, sicchè, ai fini del perfezionamento effettivo del vincolo contrattuale, pur se formalmente esistente, non è sufficiente la mera aggiudicazione pronunciata in favore del contraente, come pure la formale stipula del contratto ad evidenza pubblica nelle forme prescritte dalla legge (artt. 16 e 17 del decreto cit.); l’eventuale responsabilità dell’amministrazione, in pendenza dell’approvazione ministeriale, deve essere, di conseguenza, configurata come responsabilità precontrattuale, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 cod. civ., inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale da “contatto sociale qualificato”, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ai sensi dell’art. 1173 cod. civ. e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell’art. 1174 cod. civ., bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., con conseguente applicabilità del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 cod. civ.

Tema strettamente connesso alla responsabilità precontrattuale della P.A. è poi quello del potere di revoca disciplinato dall’art. 21 quinquies Legge 241/90, quale species del più ampio genus del potere di autotutela della Pubblica Amministrazione.

Nonostante i contrasti interpretativi sviluppatisi attorno all’ammissibilità di un siffatto potere di revoca, la giurisprudenza maggioritaria negli anni ha più volte affermato la piena legittimità di tale fattispecie, nell’esercizio della quale la pubblica amministrazione gode di ampia discrezionalità. In merito si è sostenuto che la revoca per ius poenitendi appare legittima nei casi in cui emergano ragioni plausibili e concrete che determinano la suddetta rivalutazione dell’interesse pubblico.

Con il cosiddetto Decreto Sblocca Italia il legislatore 2014 è nuovamente intervenuto in materia limitando fortemente i casi in cui alla P.A. è consentito esercitare un potere di revoca per ius poenitendi. La novità legislativa sopprime la revoca per ius poenitendi per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, nei quali sembra corretto far rientrare, oltre agli atti di concessione di contributi pubblici, anche quelli di aggiudicazione definitiva di appalti pubblici, ove il vantaggio va individuato tanto nel necessario utile contrattuale (Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 965) quanto nell’acquisizione di un elemento curriculare positivo, da far valere in ulteriori e successive procedure di gara (Cons. Stato, sez. IV, 1 aprile 2015, n. 1708).

Ciò posto, una riflessione merita la connessione esistente tra potere di revoca e responsabilità precontrattuale dell’ente pubblico.

Come anticipato oggi risulta pacifica la configurabilità di una responsabilità di tal fatta in capo alla Pubblica Amministrazione. Più nel dettaglio, la giurisprudenza ha suddiviso una cosiddetta responsabilità precontrattuale pura da una differente responsabilità precontrattuale spuria.

Tralasciando l’analisi di tale seconda fattispecie, qualificabile in termini precontrattuali unicamente per motivi cronologici, è con riguardo alla fattispecie “ordinaria” che si è sviluppato la problematica concernente il rapporto tra esercizio del potere di revoca e responsabilità precontrattuale.

In ordine a ciò la più recente giurisprudenza sancisce pacificamente la legittima riscontrabilità di una responsabilità precontrattuale dell’ente pubblico nella fase, prettamente pubblicistica, di evidenza pubblica, a fronte di un potere di revoca esercitato legittimamente, purchè siano riscontrabili tutti i requisiti caratterizzanti la responsabilità precontrattuale, come è noto ad oggi dai più fatta confluire nel generico schema della responsabilità aquiliana.