TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, 20 dicembre 2016, n. 12663

1) Nelle gare d’appalto, nel caso di omessa dichiarazione di condanne penali riportate dal concorrente, è legittimo il provvedimento di esclusione, non sussistendo in capo alla stazione appaltante l’ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo alla omissione della prescritta dichiarazione; essa deve essere resa ai fini dell’attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale, con particolare riferimento alla lett. c) del comma 1 dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante.

Ciò in linea anche con la previsione dell’art. 45 della Direttiva CE n. 18/2008 che consente l’esclusione di ogni operatore economico nei cui confronti sia stata pronunciata una condanna con sentenza passata in giudicato per un reato che incida sulla moralità professionale.

2) La disciplina recata dall’art. 38, comma 1, lett. c) del decreto legislativo 163/2006 estende l’esclusione anche alle imprese i cui amministratori, privi dei requisiti soggettivi di partecipazione, siano già cessati dalla carica al momento della partecipazione dell’impresa alla procedura di affidamento. In ogni caso, infatti, l’esclusione opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando, qualora l’impresa non dimostri la completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata.

3) L’incameramento della cauzione provvisoria e la segnalazione all’ANAC, ex art. 48 del Codice dei contratti pubblici, costituiscono conseguenze automatiche del provvedimento di esclusione, come tali non suscettibili di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti; tal misura, quindi, risulta insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all’esclusione.  

 

(1) Conformi: Consiglio di Stato, sent. 03/05/2016, n. 1717; Tar Lazio – Roma, sent. 30/12/2016, n. 6429; Tar Lazio – Roma, sent. 30/12/2016 n. 3402;

(2) Conformi: Tar Lazio – Roma, sent. 18/03/2016, n. 3414; Consiglio di Stato, sent. 22/06/2016, n. 2752;

(3) Conformi: Consiglio di Stato, Ad. Plen., 29-02-2016, n. 5; Tar Lazio - Roma, sent. 24/06/2016, n. 7344

 

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9933 del 2016, proposto da: 
G.m.i. Servizi S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Gianluca Contaldi C.F. CNTGLC67L19H501I, Fabio Dell'Anna C.F. DLLFBA68A24L049V, Marco Briccarello C.F. BRCMRC84H13L219A, con domicilio eletto presso l’avv. Gianluca Contaldi in Roma, via P.G. da Palestrina, 63; 

contro

Comune di Chivasso - Centrale Unica di Committenza, in persona del sindaco p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Scaparone C.F. SCPPLA41C27A479D e Cinzia Picco C.F. PCCCNZ63L62A518T, con domicilio eletto presso l’avv. Luca Di Raimondo in Roma, via della Consulta, 50;

nei confronti di

Autorità Nazionale Anticorruzione - Anac, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Sciolze, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Scaparone C.F. SCPPLA41C27A479D e Cinzia Picco C.F. PCCCNZ63L62A518T, con domicilio eletto presso l’avv. Luca Di Raimondo in Roma, via della Consulta, 50;

per l'annullamento

del provvedimento 1885 dell’11 luglio 2016, con cui è stata disposta l'esclusione della ricorrente dalla procedura di gara - cig 66599669cc- indetta per l'affidamento del servizio di refezione scolastica e fornitura di pasti per i dipendenti nel comune di Sciolze;

della D.D. n. 84 dell’11.7.2016 di revoca dell’aggiudicazione alla ricorrente, comunicazione all’ANAC e alla Procura della Repubblica, incameramento della cauzione provvisoria;

della nota del 27.5.2016 di richiesta del versamento dell’intera cauzione provvisoria;

di ogni altro atto connesso, preparatorio, antecedente, presupposto e consequenziale;


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione – Anac, del Comune di Chivasso e del Comune di Sciolze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2016 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


 

1. Premesso che la ricorrente impugna il provvedimento dell’11 luglio 2016 di esclusione dalla procedura di gara per l’affidamento del servizio di refezione scolastica e fornitura dei pasti per i dipendenti del comune di Sciolze; congiuntamente, la ricorrente impugna la revoca dell’affidamento del servizio, la segnalazione della ricorrente all’Autorità nazionale anticorruzione e alla procura della Repubblica per gli adempimenti di competenza, nonché l’incameramento della cauzione provvisoria;

2. Considerato che l’impresa ricorrente è stata esclusa dalla procedura di affidamento del servizio perché, dalle verifiche effettuate sul possesso dei requisiti soggettivi, è risultata la sussistenza a carico dell’amministratore pro tempore della società di una sentenza di condanna della Corte d’Appello di Torino del 1 giugno 2011, irrevocabile dal 17 luglio 2011, per il reato di bancarotta semplice di cui all’articolo 224 del regio decreto numero 267 del 1942, commesso in Torino il 17 novembre 2005, comportante la pena principale di mesi 5 di reclusione e la pena accessoria della inabilitazione all’esercizio di impresa commerciale e della incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per mesi 5, con i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione;

inoltre, dal certificato per la verifica della regolarità fiscale è risultato che la posizione dell’impresa era irregolare;

pertanto, la stazione appaltante, preso atto della omessa dichiarazione da parte dell’impresa concorrente di una sentenza di condanna penale passata in giudicato e di una situazione di grave irregolarità fiscale, ha escluso l’impresa dalla procedura di affidamento, per dichiarazione sostitutiva di certificazione falsa, mendace o incompleta, ai sensi dell’articolo 38, comma 2, del decreto legislativo 163 nel 2006 e della disciplina speciale di gara;

3. Considerato che, con il primo motivo, la ricorrente deduce la illegittimità del provvedimento di esclusione per violazione di legge, con particolare riferimento agli articoli 46 e 38 del decreto legislativo 163 del 2006, interpretati alla luce dell’articolo 45 della Direttiva europea numero 18 del 2004 e dell’articolo 57 della Direttiva europea numero 24 del 2014, nonché delle norme fondamentali e dei principi del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea e dei principi costituzionali, oltre che eccesso di potere sotto vari profili; ad avviso della ricorrente, la stazione appaltante avrebbe trascurato l’elemento soggettivo della incolpevole ignoranza, da parte dell’amministratore pro tempore della società, della intervenuta condanna penale; l’amministratore della società sarebbe venuto a conoscenza di tale condanna solo in seguito alla comunicazione, da parte della stazione appaltante, delle verifiche sul possesso dei requisiti; la condanna deriverebbe da un decreto penale emesso il 13 maggio 2008 a seguito del fallimento di una società amministrata nel 2005 dall’attuale amministratore della società ricorrente; in seguito all’opposizione al decreto penale di condanna, l’interessata non avrebbe mai partecipato ad alcuna udienza nel corso del processo, risultando sempre contumace; tutte le notifiche relative sia al processo di primo grado che a quello di secondo grado sarebbero state indirizzate al difensore dell’amministratrice che avrebbe confermato di aver omesso di informare l’interessata dell’esito dei processi penali; la mancanza di dolo o colpa grave nella omessa dichiarazione della condanna penale riportata giustificherebbe il soccorso istruttorio e renderebbe illegittima la disposta esclusione; inoltre, l’esclusione automatica, senza accertamento dell’effettiva responsabilità dell’impresa e della gravità e colpevolezza del comportamento rimproverato, sarebbe in contrasto con i principi ricavabili dall’articolo 45 della Direttiva europea numero 18 del 2004 e dall’articolo 57 della Direttiva europea numero 24 del 2014, oltre che con i principi generali del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea e della Costituzione repubblicana; pertanto, la difesa della ricorrente chiede il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, a norma dell’articolo 267 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea, in relazione alla corretta interpretazione delle norme comunitarie in rapporto alla disciplina nazionale; non si sarebbe tenuto conto, in ogni caso, della estraneità dell’impresa ai fatti penalmente rilevanti, della scarsa incidenza della condanna sulla moralità professionale, considerate la modestia della sanzione inflitta, la concessione di benefici di legge e l’applicabilità dell’indulto; neppure sarebbe stata considerata la risalenza dei fatti commessi a un decennio precedente la gara d’appalto per cui è causa;

4. Ritenuto infondato il motivo alla luce del costante orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, recentemente confermato anche da questo T.A.R. Lazio, sez. II, con sentenza del 1 luglio 2016, n. 7586, per cui, nelle gare d’appalto, nel caso di omessa dichiarazione di condanne penali riportate dal concorrente, è legittimo il provvedimento di esclusione, non sussistendo in capo alla stazione appaltante l'ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo alla omissione della prescritta dichiarazione; essa deve essere resa ai fini dell'attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale, con particolare riferimento alla lett. c) del comma 1 dell'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante;

la giurisprudenza ha ritenuto, in relazione ai dedotti profili di inconsapevolezza della condanna penale riportata, che l'affermata non conoscenza della sentenza di condanna non giustifica la mancata menzione della stessa nella dichiarazione in ordine ai requisiti di moralità professionale resa nella istanza di partecipazione alla gara pubblica, dovendo la stazione appaltante arrestarsi al semplice dato dell'esistenza di un precedente rilevante alla data in cui è stata formulata la domanda di partecipazione alla gara, accertato tramite la necessaria consultazione del casellario giudiziale (Consiglio di Stato, sez. IV, 3 maggio 2016, n. 1717);

in sintesi, il provvedimento di esclusione, nel caso di omessa dichiarazione di una condanna riportata, è un atto dovuto da parte della stazione appaltante, anche a prescindere dall’esistenza o meno di un’apposita disposizione del bando di gara, conseguendo il provvedimento espulsivo alla omissione della dichiarazione sostituiva ex d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, prescritta dall'art. 38 comma 2, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ed atteso che la dichiarazione sul possesso del requisito di ordine generale ex art. 38, comma 1 lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, deve essere completa e contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla entità del reato, dalla risalenza nel tempo dello stesso e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, in quanto tale valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante; in questo senso è da tempo orientata la giurisprudenza di primo grado e d’appello (cfr. tra le molte T.A.R. Basilicata, 24 febbraio 2016, n. 136; T.A.R. Marche, 11 dicembre 2015, n. 911; T.A.R. Pescara, 6 novembre 2015, n. 428; Consiglio di Stato, sez. V, 28 settembre 2015, n. 4511);

nella fattispecie, comunque, non è possibile riconoscere la incolpevolezza della omissione in cui è incorsa la rappresentante dell’impresa ricorrente, derivando la condanna penale non dichiarata da un procedimento di opposizione al decreto penale di condanna da essa stessa introdotto, coltivato in primo e secondo grado e in relazione al quale l’asserita ignoranza degli esiti sfavorevoli, presumendo, fino a prova contraria, la buona fede della dichiarante, deve essere ricondotta a una grave e inescusabile negligenza;

neppure sussistono i presupposti per il richiesto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea al fine della interpretazione dell’articolo 45 della Dir. 31/03/2004, n. 2004/18/CE, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi;

nella fattispecie, è palese la coerenza della norma nazionale applicata dalla stazione appaltante, come correttamente interpretata dalla giurisprudenza richiamata, con la disposizione di cui all’art. 45, c. 2, della citata Direttiva europea che espressamente consente l’esclusione dalla partecipazione a un appalto di ogni operatore economico “c) nei cui confronti sia stata pronunciata una condanna con sentenza passata in giudicato, conformemente alle disposizioni di legge dello Stato, per un reato che incida sulla sua moralità professionale;” “g) che si sia reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni che possono essere richieste a norma della presente sezione o che non abbia fornito dette informazioni;”

ricadendo perfettamente la condotta dell’impresa ricorrente nella fattispecie prevista alle lettere C e G del comma 2 del citato articolo 45, non sussistono i presupposti per il rinvio pregiudiziale della questione interpretativa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, non essendo ravvisabile alcun dubbio sulla corretta interpretazione del diritto europeo e sulla conformità ad esso del diritto nazionale;

su questione analoga, d’altra parte, si è già pronunciata la stessa Corte Giustizia dell’U.E., sez. X, con sentenza del 6 novembre 2014 n. 42, affermando che l'esclusione di un'impresa dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per la mancata allegazione della dichiarazione attestante l'assenza di procedimenti o condanne penali a carico del direttore tecnico, prevista dall'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, cosiddetto codice dei contratti pubblici, è legittima e compatibile con la direttiva appalti n. 2004/18/Ce e l'esclusione non può nemmeno essere evitata con la produzione della documentazione in un momento successivo; il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza, infatti, obbligano l'amministrazione a escludere dall'appalto un operatore che non abbia comunicato un documento o una informazione la cui produzione era prevista a pena di esclusione (Nel caso di specie, una impresa era stata esclusa da una gara in quanto l'offerta non conteneva tale dichiarazione, che era stata tuttavia presentata successivamente. Di qui il rinvio pregiudiziale del Tar Lombardia che aveva chiesto alla Corte Ue di pronunciarsi sulla compatibilità della rigida normativa italiana con quella europea); quindi, se un concorrente può essere escluso per il solo fatto di non aver reso una dichiarazione, a maggior ragione è conforme al diritto euro-unitario l’esclusione per una dichiarazione non corrispondente al vero;

irrilevante, infine, è la dedotta contrarietà della norma nazionale con i principi recati dalla Direttiva europea numero 24 del 2014, inapplicabile nel caso di specie, essendo stata attuata nell’ordinamento italiano soltanto con il decreto legislativo 18/04/2016, n. 50 “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”, pubblicato nella Gazz. Uff. 19 aprile 2016, n. 91, entrato in vigore il giorno stesso della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e applicabile alle procedure di affidamento indette successivamente alla sua entrata in vigore;

considerato che la gara controversa è stata indetta, come è pacifico, in data antecedente l’entrata in vigore del decreto legislativo numero 50 del 2016 e che solo con l’entrata in vigore del suddetto decreto legislativo la normativa europea è stata introdotta nell’ordinamento nazionale, deve concludersi per la inapplicabilità della Direttiva europea numero 24 del 2014 alla fattispecie, non essendosi ancora perfezionato, alla data di indizione della gara, il procedimento di recepimento nel diritto nazionale della richiamata direttiva; quest’ultima, in ogni caso, all’articolo 57, comma 4, tra i motivi di esclusione, conferma la legittimità della esclusione da una procedura di appalto di un operatore economico che si sia reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste per verificare l’assenza di motivi di esclusione;

5. Considerato che, con il 2º motivo, la ricorrente deduce la illegittimità anche della seconda causa di esclusione rilevata dalla stazione appaltante, non essendosi verificata a carico di essa alcuna grave irregolarità fiscale, essendo risultata non dichiarata una sola cartella esattoriale, notificata l’11 maggio 2016, il giorno precedente la partecipazione alla gara, ancora non definitiva, essendo pendenti i termini per l’impugnazione della stessa; sarebbero irrilevanti i pignoramenti e le procedure esecutive avviati mentre andrebbe considerato che il debito fiscale è stato tempestivamente pagato, per cui non si sarebbe mai configurata una situazione di irregolarità fiscale derivante da violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi tributari; per ogni diversa interpretazione della nozione giuridica di irregolarità fiscale, la ricorrente chiede il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, al fine dell’accertamento della incompatibilità con il diritto euro-unitario;

6. Ritenuto inammissibile, per difetto di interesse, il 2º motivo dedotto, essendo sufficiente causa di esclusione dalla gara d’appalto la omessa dichiarazione della condanna penale riportata dall’amministratore della società per cui, anche qualora fosse accertata la illegittimità della ulteriore causa di esclusione, ravvisata dalla stazione appaltante nella grave irregolarità fiscale della concorrente, quest’ultima resterebbe esclusa legittimamente dalla procedura, per cui non trarrebbe alcun vantaggio pratico dall’eventuale accertamento della fondatezza delle censure dedotte con il 2º motivo di impugnazione;

7. Considerato che, con il 3º motivo, la ricorrente deduce la illegittimità dell’esclusione, non essendosi tenuto conto della dissociazione dell’impresa dall’operato del suo amministratore, rimosso dalla carica immediatamente, nella riunione del 1 luglio 2016, con deliberazione tempestivamente comunicata alla stazione appaltante; anche in relazione alla rilevanza della dissociazione dell’impresa dal proprio amministratore, la ricorrente chiede che l’eventuale interpretazione ad essa sfavorevole della normativa nazionale sia sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, mediante rinvio pregiudiziale, al fine di accertarne l’incompatibilità con il diritto euro-unitario;

8. Ritenuto infondato anche il 3º motivo, atteso che la disciplina recata dall’articolo 38, comma 1, lettera C del decreto legislativo 163 del 2006 estende l’esclusione anche ai concorrenti per i quali il difetto dei requisiti soggettivi di partecipazione sia stato rilevato con riferimento a soggetti, quali gli amministratori di impresa societaria, già cessati dalla carica al momento della partecipazione dell’impresa alla procedura di affidamento, purché la cessazione sia intervenuta nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando; per tali soggetti, l’impresa concorrente può evitare di incorrere nella esclusione dimostrando completa e effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata nei confronti del proprio precedente amministratore; si tratta, come è evidente, di fattispecie cui è del tutto estranea la ricorrente, nei confronti della quale non è stato rilevato il difetto di un requisito soggettivo riferibile a un amministratore cessato dalla carica sociale prima della partecipazione alla gara d’appalto; nel caso controverso, si tratta della omessa dichiarazione di una sentenza di condanna riportata proprio dal soggetto che amministrava l’impresa al momento della partecipazione alla procedura di affidamento, per cui è del tutto irrilevante la disciplina sulla dissociazione nei confronti dei precedenti amministratori, non essendo imputabile ad essi la condotta omissiva che ha comportato l’esclusione dalla gara; l’irrilevanza della questione sollevata esclude in radice la necessità del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea della questione interpretativa sulla conformità con il diritto europeo della normativa nazionale sulla dissociazione del concorrente nei confronti dei propri amministratori cessati dalla carica prima della partecipazione alla gara d’appalto;

9. Considerato che, con il 4º motivo, la ricorrente impugna in via derivata, oltre che per vizi propri, i provvedimenti di incameramento della cauzione provvisoria e di segnalazione alle competenti autorità, non esistendo, a suo avviso, i presupposti né per l’incameramento automatico della cauzione provvisoria, né per la segnalazione dell’impresa all’Autorità nazionale anticorruzione e alla procura della Repubblica;

10. Ritenuto infondato il motivo, alla luce del principio di diritto affermato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato per cui l'incameramento della cauzione provvisoria, previsto dall'art. 48 del Codice dei contratti pubblici, costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti; tale misura, quindi, risulta insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all'esclusione (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 29-02-2016, n. 5); si tratta di regola ribadita recentemente anche da questo stesso Tribunale Amministrativo (cfr. T.A.R. Lazio, sez. II, 24 giugno 2016, n. 7344, ove si è confermato che l'escussione della cauzione e la segnalazione all'Autorità Nazionale Anticorruzione costituiscono sanzioni automatiche, direttamente ed esclusivamente conseguenti alla sola mancata prova del possesso dei requisiti di partecipazione dichiarati con la presentazione dell'offerta, prive di qualsiasi valutazione discrezionale quanto ai singoli casi concreti e alle particolari ragioni, meramente formali o sostanziali, poste a fondamento del provvedimento di esclusione, salva la valutazione di specifiche circostanze di fatto o della buona fede dell'impresa da parte dell'Autorità nel corso dell'eventuale procedimento sanzionatorio); il principio di diritto enunciato è condivisibile, in linea generale, salvo il caso eccezionale di dichiarazione non corrispondente al vero determinata da errore scusabile in cui è incorso il dichiarante, certamente non ravvisabile nella fattispecie; per completezza di trattazione, deve essere, inoltre, precisato che l’impugnazione della segnalazione del concorrente all’Autorità nazionale anticorruzione è inammissibile, per difetto di interesse, trattandosi di un atto di avvio del procedimento sanzionatorio rimesso all’Autorità di vigilanza, di per sé privo di efficacia definitivamente lesiva dell’interesse del concorrente; identiche considerazioni valgono anche per la impugnata segnalazione della ricorrente alla procura della Repubblica;

11. Ritenuto, in conclusione, di dover rigettare le impugnazioni proposte, in quanto infondate;

12. Ritenuto, infine, che le spese processuali sostenute dalla Centrale di committenza resistente e dal Comune controinteressato devono essere poste a carico della ricorrente, in applicazione del criterio della soccombenza, da cui non vi è ragione per discostarsi, nella misura liquidata in dispositivo; deve esserne disposta la compensazione, invece, nei confronti della difesa statale che non ha svolto rilevante attività difensiva e che è da ritenersi sostanzialmente estranea alla controversia;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la ricorrente a rimborsare le spese processuali sostenute dalla Amministrazione resistente e dal Comune controinteressato, liquidate in euro 2000,00 (duemila) oltre accessori dovuti per legge, da corrispondere a ciascuna delle suddette controparti.

Compensa le spese nei confronti dell’Amministrazione statale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Elena Stanizzi, Presidente

Antonella Mangia, Consigliere

Antonio Andolfi, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

Guida alla lettura

La sentenza in questione affronta il tema della esclusione della società dalla gara d’appalto per omessa indicazione della sentenza di condanna in capo al legale rappresentante.

L’art. 38, comma 1, lett. c) del Codice dei contratti pubblici, infatti, prevede l’esclusione dei soggetti nei cui confronti é stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile.

Con tale pronuncia il Tar ha inteso ribadire la giurisprudenza secondo la quale la non conoscenza della sentenza di condanna non giustifica la sua mancata menzione nella dichiarazione in ordine ai requisiti di cui all’art. 38, comma 1, lett. c) del Codice dei contratti pubblici. E ciò a prescindere dall’esistenza di una apposita disposizione del bando di gara e dalla gravità del reato commesso.

La disposizione del codice è coerente anche con la normativa europea sul punto: l’art. 45 della Direttiva CE 18/2004, infatti, esclude dalla partecipazione alla gara l’operatore economico nei cui confronti sia stata pronunciata una condanna con sentenza passata in giudicato, conformemente alle disposizioni dello Stato, per un reato che incida sulla moralità professionale.

Né è applicabile al caso di specie la direttiva n. 24/2014, come recepita dal d.lgs. n. 50/2016, perché entrata in vigore successivamente alla data di pubblicazione del bando di gara. Ad ogni modo, la stessa direttiva n. 24/2014, all’art. 57 comma 4, conferma l’esclusione dalla gara dell’operatore economico colpevole di false dichiarazioni in ordine ai requisiti di partecipazione.

Ai fini dell’ammissione alla procedura di gara, inoltre, è irrilevante la circostanza secondo la quale il difetto dei requisiti di moralità professionale coinvolga amministratori già cessati dalla carica al momento della partecipazione dell’impresa alla gara d’appalto.

A riguardo, infatti, l’art. 38, comma 1, lett. c) del codice dei contratti pubblici estende l’esclusione dalla gara anche per i soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando e qualora l’impresa non dimostri una effettiva dissociazione con la condotta sanzionata penalmente dell’amministratore.

Con la sentenza in commento, il Giudice Amministrativo si sofferma anche sull’incameramento automatico della cauzione provvisoria e sulla segnalazione dell’impresa all’Autorità Nazionale Anticorruzione ex art. 48 del Codice dei contratti pubblici.

L’incameramento della cauzione e la successiva segnalazione all’ANAC costituiscono, infatti, conseguenze automatiche alla mancanza dei requisiti di partecipazione dichiarati nella presentazione dell’offerta, fatta eccezione per il caso di errore scusabile in cui è incorso il dichiarante.