Tar Puglia, sez. III, 8 novembre 2016, n. 1262

1. La novella legislativa di cui all’art. 120, comma 2 bis, D.Lgs.n. 50/2016 confligge con il quadro giurisprudenziale, storicamente consolidatosi, atteso che veicola nell’ordinamento l’onere di immediata impugnazione dell’ammissione di tutti gli operatori economici – quale condizione di ammissibilità della futura impugnazione del provvedimento di aggiudicazione – anche in carenza di un’effettiva lesione od utilità concreta.

2. La “piena conoscenza” dell’atto ai sensi dell’art.120, comma 5, c.p.a. per il decorso del termine di impugnazione può avvenire con forme diverse da quelle dell’art. 79 codice appalti, come accade nel caso in cui l’impresa assiste, tramite rappresentante, alla seduta in cui vengono adottate determinazioni in ordine all’esclusione della sua offerta .

3. La richiesta del pregresso svolgimento di “servizi analoghi”, quale requisito di partecipazione a una gara pubblica, può considerarsi soddisfatta ove il ricorrente abbia comunque dimostrato lo svolgimento di servizi rientranti nel medesimo settore imprenditoriale o professionale cui afferisce l’appalto .

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1134 del 2016, proposto da: 
Domenico Marzocca, in qualità di amministratore delegato e legale rappresentante p.t della Prodeo S.p.A., rappresentato e difeso dagli avvocati Ubaldo Pagano C.F. PGNBLD79E16A662K e Francesco Piscazzi C.F. PSCFNC76L23A662L, presso i quali elettivamente domicilia in Bari, via Devitofrancesco,27; 

contro

Regione Puglia, in persona del Presidente della G.R. legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Marina Altamura C.F. LTMMRN69S53A662S, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31/33; 
Regione Puglia Dip. Ris. Fin. e Strum.,Pers. ed Org. non costituito in giudizio; 

nei confronti di

Omnia Service S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi D'Ambrosio C.F. DMBLGU64P02A662O, Ermelinda Pastore C.F. PSTRLN75H49A883L, con domicilio eletto presso Luigi D'Ambrosio in Bari, piazza Garibaldi, 23; 
Milillo S.r.l. non costituito in giudizio; 

per l'annullamento

- della determinazione dirigenziale n. 89 del 29 luglio 2016 della Sezione Programmazione Acquisti con cui si è proceduto alla definitiva aggiudicazione della “Gara Comunitaria con procedura telematica per l’affidamento del Servizio di custodia e deposito del patrimonio archivistico della Regione Puglia mediante outsourcing, CIG: 66670721DD” in favore di OMNIA Service S.r.l., con sede in Noci (BA) Zona Industriale (P. IVA 05830720727) nonché alla assegnazione della seconda posizione in graduatoria alla Milillo S.r.l., con sede in Bari al viale Giuseppe De Gennaro 1 (P.IVA 03978030728).

per il risarcimento del danno in forma specifica

mediante l’aggiudicazione della gara di appalto in favore dell’odierno ricorrente e condanna alla consequenziale stipulazione del contratto di appalto o al relativo eventuale subentro.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Puglia e di Omnia Service S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2016 il dott. Francesco Gaudieri e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.- Con il ricorso in esame, notificato il 27/28 settembre 2016, depositato il 7 ottobre 2016, la società in epigrafe meglio specificata, impugna la determina di aggiudicazione definitiva della gara comunitaria con procedura telematica, indetta dalla Regione Puglia, per l’affidamento del Servizio di custodia e deposito del patrimonio archivistico regionale mediante outsourcing, in favore di OMNIA Service s.r.l., nonché l’assegnazione della seconda posizione in graduatoria alla Milillo S.r.l. Dopo aver rimarcato che l’intero procedimento ad evidenza pubblica è stato predisposto e gestito secondo le previsioni di cui al d. lgs n. 163/2006 - laddove l’avvenuta pubblicazione dell’avviso di gara sulla G.U.U.E. del 20 aprile 2016 e sulla G.U.R.I. n. 46 del 22.4.2016, avrebbe necessariamente comportato l’applicazione della nuova normativa sui contratti pubblici di cui al d. lgs n. 50/2016 - affida le proprie doglianze a due motivi di censura, lamentando :

-la violazione dell’articolo 5.4.1., primo comma, del Disciplinare di gara, rubricato “requisiti minimi di partecipazione relativi alla capacità tecnico-professionale” ad opera della ditta Milillo s.r.l., seconda classificata, dal momento che quest’ultima non avrebbe svolto nei 36 mesi precedenti alla pubblicazione del bando di gara, servizi analoghi a quelli oggetto dell’appalto (presa in carico e custodia di faldoni in idonei locali di deposito e relativa attività di consultazione), come dimostrerebbe la certificazione di qualità rilasciata dall’organismo “Bureau Veritas Certification” del 17 gennaio 2014, dalla quale emerge che la stessa ha svolto un attività di mero trasporto;

-violazione dell’articolo 5.4.1., secondo comma, lett. b), lett. d) e lett. e) lett. g) del Disciplinare di gara, rubricato “requisiti minimi di partecipazione relativi alla capacità tecnico-professionale” ad opera della ditta “Milillo s.r.l.”, atteso che quest’ultima non avrebbe prodotto alcun carteggio attestante l’idoneità e l’agibilità, ad esclusivo uso di custodia degli archivi, dei locali messi a disposizione né il relativo certificato antincendio, né la documentazione attestante la sicurezza dei locali e la dotazione di sistemi antiscasso, antifurti e sistemi di video sorveglianza e controllo; le fotografie dimostrerebbero, altresì, che non esiste una specifica la scaffalatura da adibire all’uso esclusivo di custodia degli archivi;

- violazione dell’articolo 5.4.1., secondo comma, lett. a), e lett. g) del Disciplinare di gara, rubricato “requisiti minimi di partecipazione relativi alla capacità tecnico-professionale” ad opera della ditta “Omnia Service s.r.l.”, atteso che quest’ultima non sarebbe in possesso dei locali adibiti al deposito della documentazione in un raggio di max 50 km dalla sede di via Gentile n. 52 (città di Bari), da misurarsi per il tramite di “Google Maps”, dal momento che i locali messi a disposizione dall’aggiudicataria, situati sulla strada statale 377 Variante, sarebbero ad una distanza superiore a quella richiesta dal bando di gara, così come, dalle foto dei lotti messi a disposizione, non sarebbe possibile riscontrare l’idoneità ad uso esclusivo di custodia degli archivi e scaffalature.

2.- Resiste in giudizio la società Omnia service s.r.l., chiedendo il rigetto della domanda della ricorrente, terza ed ultima classificata nella graduatoria finale, siccome inammissibile ed infondata. Dopo aver evidenziato che le operazioni di gara si sono avviate in data 9.6.2016, alla presenza del delegato della ricorrente Prodeo, con l’ammissione di tutte le concorrenti; che in data 5.7.2016, in presenza del legale rappresentante della Prodeo s.r.l, si è proceduto all’apertura dell’offerta economica, con la provvisoria aggiudicazione della gara alla società Omnia Service per aver offerto il 56% di ribasso a fronte del 40,61% offerto dalla Milillo, seconda classificata e dello 0,020 della Prodeo; ha eccepito l’inammissibilità e l’irricevibilità del gravame, atteso che, l’avvenuta pubblicazione dell’avviso di gara sulla G.U.U.E. del 20 aprile 2016 e sulla G.U.R.I. n. 46 del 22.4.2016, con la consequenziale soggezione del procedimento di gara al nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d. lgs 18 aprile 2016 n. 50, onerava, parte ricorrente a procedere in conformità all’art. 120, comma 2 bis (introdotto dall’art. 204, comma 1, lett.b) e segnatamente all’impugnazione del provvedimento relativo all’ammissione delle concorrenti, nel termine di trenta giorni, decorrente dalla pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, a pena di inammissibilità dell’impugnazione dei successivi atti della procedura di affidamento, anche con ricorso incidentale. Nel caso di specie, la piena conoscenza dell’ammissione delle altre concorrenti era nota alla Prodeo sin dal 5.7.2016, attesa la presenza alla seduta pubblica dei sigg.ri Giuseppe Lamanuzzi e Luigi Angelo Mazzocca, in qualità di delegati, di talchè, anche con riferimento alla conoscenza acquisita aliunde, il ricorso sarebbe irrimediabilmente tardivo.

Nel merito, ha chiesto il rigetto della domanda attesa l’infondatezza e l’estrema genericità del terzo motivo di ricorso (relativo alla ricorrente). Con il motivo di ricorso in questione sarebbe stato dedotto, molto genericamente, l’insussistenza della distanza chilometrica richiesta dal bando, misurata per il tramite di google maps. La Omnia Service afferma di aver comprovato, in sede di verifica, il requisito dichiarato con la domanda di partecipazione, con la relazione tecnica, contenente l’estratto tratto da Google Maps, controfirmato da tecnico abilitato, recante indicazione che il raggio che divide i locali offerti dalla sede regionale è di Km 40,48, inferiore al raggio di Km 50, richiesto dal bando, che non risulta impugnato in ordine al criterio ivi contenuto (“raggio”) in luogo della diversa distanza chilometrica.

Parimenti inammissibile, per estrema genericità, sarebbe il profilo di doglianza con il quale si deduce che “dalle foto dei lotti messi a disposizione per il servizio oggetto del bando…non è possibile riscontrare l’idoneità ad esclusivo uso di custodia degli archivi e delle scaffalature ivi presenti”.

Quanto alle doglianze afferenti alla ditta Milillo s.r.l., seconda classificata, si rappresenta che la certificazione di qualità invocata dalla ricorrente a presidio delle proprie tesi, sarebbe inidonea ed inconferente a quanto dedotto, avendo la ditta comprovato, in sede di verifica, quanto dichiarato in ordine ai servizi analoghi svolti; parimenti la società Milillo avrebbe comprovato anche il possesso di locali idonei, giusta certificazione utile a dimostrare quanto dichiarato.

3.- Resiste in giudizio, con richieste analoghe, anche la Regione Puglia, evidenziando come la certificazione di qualità rilasciata dall’organismo “Bureau Veritas Certification” del 17 gennaio 2014 (peraltro non richiesta ai fini della partecipazione alla gara), sarebbe ininfluente ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti, essendo stata prodotta al solo fini di fruire della dimidiazione della cauzione. Richiama, altresì, la giurisprudenza consolidata in materia di “servizi analoghi” (così come richiesti dal bando di gara) - in alcun modo sovrapponibili ai “servizi identici” - richiesti per l’esigenza di dimostrare la specifica attitudine a realizzare le prestazioni oggetto di gara, anche con l’attestazione di esperienze simili negli aspetti essenziali. Aggiunge che la Milillo srl ha, comunque, documentato quanto dichiarato anche con riguardo alla previsione del bando finalizzata a richiedere di “essere in regola con la normativa antincendio e di sicurezza degli impianti…certificato antincendio adeguato alla quantità della documentazione oggetto del servizio”, dal momento che il richiamo, contenuto nella documentazione prodotta, alla categoria 70 dell’Allegato 1 al DPR 151/2011, deve ritenersi satisfattiva del requisito richiesto. Ha difeso, infine, la legittimità dell’aggiudicazione definitiva alla controinteressata, attesa l’inderogabilità della previsione del bando, rimasta inoppugnata in parte qua, relativa al calcolo della distanza mediante l’individuazione del “raggio” e non della distanza chilometrica, richiamando esperienze normative e giurisprudenziali a sostegno della bontà della citata previsione

4.-Con memoria le parti hanno illustrato le rispettive posizioni.

4.1.- In particolare la controinteressata ha ribadito, con la memoria depositata il 17 ottobre 2016, l’inammissibilità del ricorso in applicazione della previsione dell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a d. lgs n. 50/2016, facendo leva sulla piena conoscenza dell’ammissione delle altre concorrenti, ben nota alla Prodeo S.p.A. fin dal 5.7.2016, stante la presenza alle sedute dei sigg. Giuseppe Lamanuzzi e Angelo Marzocca, nella qualità di delegati dell’Amministratore unico e legale rappresentante p.t. della Prodeo.

4.2.- La ricorrente, con la memoria finale, depositata il 19.10.2016, ha ribadito la tempestività del ricorso chiedendone l’accoglimento in presenza delle plurime illegittimità evidenziate.

Afferma, in particolare, che la gara in questione deve ritenersi “…regolata dalle disposizioni contenute nel vecchio codice dei contratti pubblici anche per quel che concerne la fase processuale” atteso che, trattandosi di un procedimento ad evidenza pubblica, redatto interamente sotto l’impero del vecchio codice “…non è possibile che la medesima procedura di affidamento venga sottoposta a due distinte procedure”. Inoltre, anche a voler ritenere, in ipotesi, che si applichi il nuovo comma 2 bis dell’art. 120 d. lgs n. 50/2016, il termine di impugnazione non può che decorrere dalla pubblicazione dei relativi provvedimenti sul sito della stazione appaltante e non dalla piena conoscenza degli stessi ai partecipanti alla gara.

5.- Alla camera di consiglio del 20 ottobre 2016, il Collegio ha informato le parti presenti come da verbale di udienza, in ordine alla possibile definizione del ricorso con sentenza.

6.- Sussistono i presupposti per una celere definizione del ricorso in esame, giusta previsione di cui al comma 6 dell’art. 120 c.p.a.

7.- Nel merito il ricorso è infondato, oltre che inammissibile ed irricevibile.

8.- Preliminarmente il Collegio deve sottoporre a scrutinio l’eccezione relativa all’inammissibilità del ricorso siccome proposto in violazione della previsione di cui all’art. 120, comma 2 bis, c.p.a.

8.a.- Afferma la società controinteressata che l’atto indittivo della gara è stato pubblicato sulla G.U.C.E. del 20 aprile 2016 e sulla G.U.R.I. n. 46 del 22.4.2016, con la consequenziale soggezione del procedimento di gara al nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d. lgs 18 aprile 2016 n. 50, e segnatamente, per quanto qui interessa, alle previsioni di cui all’art. 120, comma 2 bis (introdotto dall’art. 204, comma 1, lett.b) d. lgs citato) per cui occorreva procedere all’immediata impugnazione del provvedimento relativo all’ammissione delle concorrenti, nel termine di trenta giorni, decorrente dalla pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, a pena di inammissibilità dell’impugnazione dei successivi atti della procedura di affidamento, anche con ricorso incidentale. Aggiunge che, quantunque la norma individui il dies a quo nella data di pubblicazione delle ammissioni sul profilo del committente, comunque alla ricorrente era ben nota l’avvenuta ammissione delle altre ditte, avendone avuto piena conoscenza sin dal 5 luglio 2016, stante la presenza in seduta pubblica dei sigg.ri Giuseppe Lamanuzzi e Luigi Angelo Marzocca “in qualità di delegati, giusta nota di delega prot. N. 310 del 4.7.2016 dell’Amministratore unico e legale rappresentante della Prodeo S.p.A. sig. Domenico Marzocca”, come da verbale n. 2 del 5.7.2016, versato in atti dallo stesso ricorrente.

8.b.- L’eccezione è fondata e merita accoglimento, previa puntualizzazione che – contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nella memoria finale - l’art. 120, comma 2 bis, cpa,.siccome disposizione processuale, è di immediata applicazione.

8.c.- Gioverà ricordare che con la legge 28 gennaio 2016 n. 11 (pubblicata sulla G.U.R.I del 29 gennaio 2016 n. 23), avente ad oggetto “Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”, l’Esecutivo è stato delegato ad adottare due decreti legislativi al fine di dare attuazione alle tre direttive UE entro il 18 aprile 2016, nonché al riordino complessivo della disciplina dei contratti pubblici entro il termine del 31 luglio 2016.

Com’è noto, il Governo si è avvalso della facoltà di adottare, entro il 18 aprile 2016, un unico decreto legislativo per il riordino complessivo della disciplina vigente in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

Sulla G.U. n. 91 del 19 aprile 2016, supplemento ordinario n. 10/L, è stato pubblicato il decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, entrato in vigore, giusta previsione di cui all’art. 220 stesso testo, il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A mente delle previsioni di cui all’art. 217 del nuovo codice, a decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso, sono stati abrogati diversi testi normativi e segnatamente, per quanto qui interessa, il decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (meglio conosciuto come “Codice De Lise”), con salvezza delle previsioni relative alla pubblicazione dei bandi di gara sui quotidiani (art. 66, comma 7) fino al 31 dicembre 2016.

Con l’art. 216, si è, inoltre, precisato che il nuovo codice “si applica alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore nonché, in caso di contratti senza pubblicazioni di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano ancora stati inviati gli inviti ad offrire”.

Al fine di ovviare ai numerosi inconvenienti insorti in relazione all’orario (ore 22.00) di pubblicazione della versione on-line della Gazzetta Ufficiale n. 91 del 19 aprile 2016, l’ANAC ha ritenuto opportuno precisare che le disposizioni del d. lgs n. 50/2016 si applicano ai bandi ed agli avvisi pubblicati a decorrere dal 20 aprile 2016.

8.d.- Tra le diverse novità introdotte dal nuovo codice, occorre ricordare che nelle disposizioni finali e transitorie, relative al contenzioso ed ai ricorsi giurisdizionali, il legislatore delegato, con l’art. 204, lett. b, ha modificato l’art. 120 del codice del processo amministrativo, di cui all’Allegato 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104, aggiungendo il comma 2 bis del seguente tenore :”Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E’ altresì inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesività”.

8.e.- Il Consiglio di Stato, con il parere espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza della Commissione speciale del 21 marzo 2016 (n. 855/2016 dell’1.4.2016), con specifico riferimento al “Precontenzioso e contenzioso (art. 204,211)”, osservava testualmente quanto segue : “Il Codice appresta un corpo normativo cui è sottesa l’esigenza della riduzione dei contenziosi e della definizione veloce delle liti. Questo obiettivo è anzitutto affidato, in via preventiva, alle buone regole e alla buona amministrazione, nonchè ai nuovi criteri reputazionali di selezione degli operatori, volti a creare una nuova cultura e responsabilità etica dei partecipanti alle gare. Quando tuttavia il contenzioso sia inevitabile, occorre trovare un ragionevole punto di equilibrio tra la giusta esigenza di rapida definizione delle liti e il valore, costituzionale e sovranazionale, dell’effettività della difesa. La tutela giurisdizionale, proprio nel settore degli appalti pubblici, secondo i principi comunitari non può essere ostacolata, resa eccessivamente difficile, mutilata della tutela cautelare. Il sistema eurounitario si spinge ad apprestare una tutela cautelare ex lege ai concorrenti : il c.d. standstill. Le nuove disposizioni processuali impongono l’immediata impugnazione di ammissioni ed esclusioni, al condivisibile fine di deflazionare il successivo contenzioso sull’aggiudicazione, nella prassi complicato ed esasperato dai ricorsi incidentali che rimettono in discussione la fase di ammissione. Tuttavia tale onere di immediata impugnazione, che grava le parti con tempi stretti ed ulteriori costi processuali, dovrà essere compensato da una tempestiva accessibilità degli atti di gara inerenti ammissioni ed esclusioni, e, in prospettiva, e fatte le pertinenti verifiche di compatibilità finanziaria, con una rimodulazione del contributo unificato…A sua volta, il nuovo rito processuale che onera della impugnazione immediata delle ammissioni in gara, se depotenzia la tattica dei ricorsi incidentali strumentali, deve tuttavia coordinarsi con le regole sulla piena conoscibilità degli atti di gara. Dovrà anche valutarsi una riflessione sulla misura del contributo unificato, al fine di non rendere la tutela giudiziaria (articolata in struttura bifasica, con la doppia impugnazione degli atti di ammissione/esclusione e della successiva aggiudicazione) troppo complessa e costosa.”.

8.f.- Il Consiglio di Stato, con il citato parere - espresso, ad onor del vero, in tempi troppo ristretti per un corpo normativo così vasto - sostanzialmente ha condiviso l’impostazione riduttiva e giugulatoria, oltre che gravosa, dell’effettività della difesa, anticipata, nel progetto di riforma, al momento dell’ammissione (quella dell’onere immediato dell’impugnazione dell’esclusione dell’operatore economico era già patrimonio consolidato del processo amministrativo !), a pena di inammissibilità dell’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva, per ragioni di politica giudiziaria deflattiva del contenzioso, omettendo di considerare o, sostanzialmente, evitando di interrogarsi sulla compatibilità di un sistema di tutele sicuramente innovativo, se non proprio in controtendenza rispetto ad acquisizioni giurisprudenziali, storicamente consolidate, in ordine ai principi in tema di concretezza e attualità della titolarità dell’interesse all’azione, che consentono possa dolersi dell’illegittimità degli atti amministrativi solo chi da essi riceva una lesione immediata e certa, non essendo il ricorso giurisdizionale rimedio dato nell’interesse astratto della giustizia o per ottenere la mera enunciazione dei parametri di legalità dell’azione amministrativa, disancorati da un effettivo e non ipotetico vantaggio derivante all’attore nel caso in contestazione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 28 marzo 2003 n. 1634).

8.f.1.- Sul punto gioverà richiamare in questa sede quanto lucidamente esposto da Cons. St. Sez. VI 6 marzo 2002 n. 1371 che di seguito si riporta in quanto condiviso :

“Si deve prendere le mosse dal principio generale, sancito dall’art. 100 del codice di rito civile, applicabile anche al processo amministrativo, a guisa del quale costituisce condizione per l’ammissibilità dell’azione, oltre alla titolarità di una situazione giuridica sostanziale di diritto soggettivo o di interesse legittimo, anche la sussistenza dell’interesse a ricorrere, inteso quest’ultimo non come idoneità astratta dell’azione a realizzare il risultato perseguito ma, più specificamente, come interesse proprio del ricorrente al conseguimento di un’utilità o di un vantaggio (materiale o, in certi casi, morale) attraverso il processo amministrativo; vale a dire, nell’ottica di un processo amministrativo di stampo impugnatorio originato dal varo di una determinazione lesiva di interessi legittimi, la sussistenza di un interesse all’eliminazione del provvedimento oggetto di impugnazione.

A parere della dottrina e della giurisprudenza dominanti, l’interesse al ricorso è qualificato da un duplice ordine di fattori:

a) la lesione, effettiva e concreta, che il provvedimento che si vuole impugnare, e alla cui caducazione si è quindi interessati, arreca alla sfera patrimoniale, o anche semplicemente morale, del ricorrente;

b) il vantaggio, anche solo potenziale, che il ricorrente si ripromette di ottenere dall’annullamento del provvedimento impugnato.

L’interesse a ricorrere deve altresì essere caratterizzato dai predicati della personalità (il risultato di vantaggio deve riguardare specificamente e direttamente il ricorrente), dell’attualità (l’interesse deve sussistere al momento del ricorso, non essendo sufficiente a sorreggere quest’ultimo l’eventualità o l’ipotesi di una lesione) e della concretezza (l’interesse a ricorrere va valutato con riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del ricorrente).

Si deve soggiungere, ai fini che qui rilevano, che la giurisprudenza reputa sufficiente a radicare l’interesse al ricorso la sussistenza di un interesse di carattere strumentale, inteso nel senso di interesse ad ottenere la caducazione del provvedimento amministrativo al fine di rimettere in discussione il rapporto controverso e di eccitare il nuovo (o il non) esercizio del potere amministrativo in termini potenzialmente idonei ad evitare un danno ovvero ad attribuire un vantaggio.

L’assunto della sufficienza di un interesse di carattere strumentale è stato posto alla base del riconoscimento della legittimazione ad impugnare l’atto di aggiudicazione da parte di un soggetto che non sia stato posto in grado di partecipare ad una procedura di evidenza ovvero sia stato escluso da una trattativa privata e aspiri, per effetto dell’accoglimento del ricorso, alla ripetizione o alla prima indizione della procedura selettiva (Cons. Stato, sezione V, n. 792/1996; 454/1995; sezione VI, 7 giugno 2001, n. 3090; 7 maggio 2001, n. 2541); così come a tale categoria concettuale si è fatto riferimento per ammettere la legittimazione di un’impresa a contestare la scelta dell’amministrazione di gestire un servizio pubblico attraverso il modulo della convenzione con altri enti locali, in modo da frustrare l’aspirazione a giocare le proprie chances di essere affidataria della gestione in caso di ricorso a moduli gestori basati sull’apporto di soggetti privati esterni al plesso amministrativo (Cons. Stato, sezione V, n. 1374/1996).

Ancora, la suddetta ricostruzione dell’interesse a ricorrere, in termini di vantaggio anche solo potenziale che si ritrae dalla caducazione del provvedimento impugnato, determina la declaratoria dell’inammissibilità del ricorso o dei singoli motivi di ricorso dal cui accoglimento non derivi alcuna utilità in capo al ricorrente alla stregua della cosiddetta prova della resistenza; la necessità della sottoposizione del ricorso al vaglio della prova di resistenza trova ampia applicazione in caso di ricorsi diretti ad ottenere l’annullamento di una graduatoria di un concorso pubblico ovvero di una gara di appalto, laddove il ricorrente è chiamato a dimostrare che l’attribuzione dei punteggi rivendicati si concreterebbe nell’acquisizione di una posizione utile in seno alla graduatoria.

Si può concludere questa sintetica ricapitolazione dei caratteri dell’interesse a ricorrere con l’osservazione che anche nel processo amministrativo il risultato utile che il ricorrente deve dimostrare di poter perseguire non può isterilirsi nella semplice garanzia dell’interesse legittimo e, men che meno, nella rivendicazione popolare della legittimità ex se dell’azione pubblica.

Deve allora trovare condivisione l’affermazione … secondo cui “il requisito dell’attualità dell’interesse non può considerasi sussistente quando il pregiudizio derivante dall’atto amministrativo sia meramente eventuale, quando cioè non è certo, al momento dell’emanazione del provvedimento, se si realizzerà in un secondo tempo la lesione della sfera giuridica del soggetto.

Da ciò deriva che il ricorso diretto ad ottenere una pronuncia di principio che possa essere fatta valere in un futuro giudizio con riferimento a successivi comportamenti dell’Amministrazione deve ritenersi inammissibile, atteso che la tutela di un interesse strumentale deve aderire in modo rigoroso all’oggetto del giudizio con carattere diretto ed attuale. (cfr. Cons. Giustizia Amm. Reg. Sicilia – n. 372 del 9 giugno 1998)”.

8.g.- Ad avviso del Collegio, dunque, la novella legislativa di cui all’art. 120, comma 2 bis, d. lgs n. 50/2016 confligge con il quadro giurisprudenziale, storicamente consolidatosi, atteso che veicola nell’ordinamento l’onere di immediata impugnazione dell’ammissione di tutti gli operatori economici - quale condizione di ammissibilità della futura impugnazione del provvedimento di aggiudicazione – anche in carenza di un’effettiva lesione od utilità concreta.

8.h.- Tuttavia, anche a voler ritenere giustificate – nell’ottica del parere del Consiglio di Stato, sopra richiamato - le nuove disposizioni processuali, dal “condivisibile fine di deflazionare il successivo contenzioso sull’aggiudicazione, nella prassi complicato ed esasperato dai ricorsi incidentali che rimettono in discussione la fase di ammissione”, non di meno deve osservarsi che il dies a quo dell’impugnazione non può essere identificato nella sola pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, laddove sia ravvisabile e documentata la “piena conoscenza” degli atti di ammissione e di esclusione.

8.i.- E’ pacifico in giurisprudenza, e da tali principi il Collegio non intende decampare, che la giurisprudenza amministrativa, nella materia di procedimenti ad evidenza pubblica, ha più volte ribadito quanto segue :

“… l’art. 120, comma 5, c.p.a., non prevedendo forme di comunicazione “esclusive” e “tassative”, non incide sulle regole processuali generali del processo amministrativo, «con precipuo riferimento alla possibilità che la piena conoscenza dell’atto, al fine del decorso del termine di impugnazione, sia acquisita, come accaduto nel caso di specie, con forme diverse di quelle dell’art. 79 cit. (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2013, n. 1204; sez. III, 22 agosto 2012, n. 4593; sez. VI, 13 dicembre 2011, n. 6531; V, 6284 del 27 dicembre 2013) » (Cons. St., sez. III, 18 giugno 2015, n. 3126). Com’è ormai consolidato nella giurisprudenza di questo Consiglio, infatti, se l’impresa assiste, tramite rappresentante, alla seduta in cui vengono adottate determinazioni in ordine all’esclusione della sua offerta, è in tale seduta che l’impresa acquisisce la piena conoscenza del provvedimento ed è dalla data della stessa seduta che decorre il termine per impugnare il medesimo provvedimento, mentre la presenza di un rappresentante della ditta partecipante alla gara di appalto in quella seduta non comporta ex se la piena conoscenza dell’atto di esclusione ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione solo qualora il rappresentante stesso non sia munito di apposito mandato o non rivesta una specifica carica sociale ovvero non ricorrano i casi in cui la conoscenza avuta dal medesimo sia riferibile alla società concorrente (Cons. St., sez. III, 22 agosto 2012, n. 4593).”

Orbene, la citata giurisprudenza, formatasi in materia di esclusione dal procedimento di gara, deve ritenersi utilizzabile, nel nuovo codice, anche per i provvedimenti di ammissione (equiparati, nella loro portata lesiva, ai provvedimenti di esclusione), di talchè, laddove - come nel caso di specie - sia ravvisabile la piena conoscenza dell’atto di ammissione da parte dei rappresentante della ditta controinteressata, presenti alla seduta pubblica e muniti di apposito mandato, è da tale seduta che decorre il termine per impugnare l’atto.

8.l.- Nella specie, la piena conoscenza dell’ammissione delle altre concorrenti, era ben nota all’ attuale ricorrente Prodeo S.p.A. fin dal 5.7.2016, stante la presenza alle sedute dei sigg. Giuseppe Lamanuzzi e Angelo Marzocca, nella qualità di delegati dell’Amministratore unico e legale rappresentante p.t. della Prodeo, per cui, il ricorso in esame, notificato il 26 settembre 2016, sarebbe irrimediabilmente tardivo rispetto alla piena conoscenza acquisita in data 5.7.2016.

9.- Ad ogni buon fine, il ricorso in esame, oltre che inammissibile per quanto sopra detto, deve stimarsi anche infondato nel merito.

10.- Con il primo motivo di ricorso, parte attorea- terza ed ultima classificata - assume che la ditta “Milillo S.r.l.”, seconda classificata ha prodotto certificazione, relativa al possesso dei requisiti, rilasciata dall’organismo “BUREAU VERITAS Certification “, dalla quale emergerebbe che la stessa, nei trentasei mesi antecedenti, non ha svolto “servizi analoghi a quelli oggetto del presente appalto”, come richiesto dall’articolo 5.4.1. del disciplinare di gara.

In sostanza, nella prospettazione attorea, la certificazione prodotta, evidenziando che la ditta ha svolto “servizi di trasporto via strada ed intermodale per conto terzi di merce varia ed a capo appeso, imballata e pallettizzata a carichi completi e collettame, con relativi servizi di logistica integrata”, dimostrerebbe che l’attività svolta è diversa da quella richiesta dal bando (custodia, deposito e logistica relativamente ai faldoni dell’amministrazione regionale)

10.1.- Contrariamente a quanto dedotto, la certificazione rilasciata dall’organismo “Bureau Veritas Certication” costituisce certificazione di qualità (neppure richiesta ai fini della partecipazione alla gara) bensì presentata per usufruire della dimidiazione della cauzione.

Come esattamente affermato e provato dalla resistente amministrazione regionale, la ditta seconda classificata ha documentato quanto dichiarato in sede di gara, circa il possesso dei requisiti relativamente ai servizi svolti nei trentasei mesi antecedenti, mediante allegazione di tutta la documentazione chiesta dall’amministrazione per la verifica dei requisiti, relativamente ai servizi di custodia, deposito e logistica attinenti al bando di gara.

Siffatta documentazione, relativa a ditte diverse, non risulta contestata dalla ricorrente.

Da qui la reiezione del primo motivo di ricorso, anche alla luce della giurisprudenza in materia di servizi analoghi e servizi identici.

10.2.- Nel caso di specie, il bando di gara richiede la dimostrazione di aver svolto, nei 36 mesi precedenti, servizi analoghi

10.2.a.- E’ pacifico in giurisprudenza che :

- laddove il bando di gara richieda quale requisito il pregresso svolgimento di “servizi analoghi”, tale nozione non può, se non con grave forzatura interpretativa, essere assimilata a quella di “servizi identici”, dovendo dunque ritenersi soddisfatta la prescrizione ove il concorrente abbia comunque dimostrato lo svolgimento di servizi rientranti nel medesimo settore imprenditoriale o professionale cui afferisce l’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. III, 5 dicembre 2014, nr. 6035; id., sez. IV, 11 novembre 2014, nr. 5530; id., sez. V, 25 giugno 2014, nr. 3220; id., 8 aprile 2014, nr. 1668; id., sez. III, 25 giugno 2013, nr. 3437).

-quando l’amministrazione, in una gara pubblica, richiede ai concorrenti di documentare il pregresso svolgimento di servizi non identici ma solo analoghi, lo fa per accertare la specifica attitudine del concorrente a realizzare le prestazioni oggetto della gara. La richiesta è quindi giustificata dall’esigenza di acquisire conoscenza della precedente attività dell’impresa in quanto le precedenti esperienze maturate rappresentano indici significativi della capacità dell’impresa di eseguire le prestazioni oggetto dell’appalto. Deve trattarsi peraltro di esperienze sufficientemente simili, almeno negli aspetti essenziali e caratterizzanti l’esigenza che la stazione appaltante intende soddisfare con la gara, con la conseguenza che non può essere dilatato il concetto di analogia fino a ricomprendervi qualunque attività non assimilabile a quella oggetto dell’appalto (Cons. St. Sez. V n. 7525 del 15 ottobre 2010);

- laddove il bando di gara richiede tra i requisiti quello di aver prestato “almeno un servizio analogo nel triennio”, la generica indicazione contenuta nel bando (“almeno un servizio analogo nel triennio”) va intesa, in conformità al principio del favor partecipationis, nel senso della sufficienza della dimostrazione di aver svolto uno dei servizi in questione anche durante uno o più anni del triennio considerato (Cons. St. Sez. V n. 4901 del 2008).

Orbene, trasponendo le menzionate acquisizioni giurisprudenziali al caso in esame, non risultano fondate le doglianze attoree, per quanto sopra già chiarito in ordine alla documentazione esibita..

11.- Parimenti infondato si rivela il secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la mancata produzione, da parte della ditta Milillo s.r.l., seconda classificata, della documentazione relativa all’idoneità ed agibilità ad esclusivo uso di custodia degli archivi dei locali messi a disposizione, nonché del certificato antincendio e dei sistemi antiscasso e antifurto.

Contrariamente a quanto dedotto, la seconda classificata ha dichiarato, in sede di gara il possesso di quanto richiesto dal disciplinare di gara ed ha, successivamente, su richiesta dell’amministrazione, presentato i documenti attestanti le dichiarazioni rese, peraltro anche versati in atti.

11.1.- Quanto alla certificazione antincendio, come giustamente rilevato dall’amministrazione regionale, il disciplinare di gara non richiedeva una specifica categoria, per cui il richiamo, contenuto dell’attestazione rilasciata dai Vigili del Fuoco, alla categoria 70 dell’Allegato 1 al DPR 151/2011 (e cioè ai locali adibiti a depositi di superficie lorda superiore a 1000 mq con quantitativi di merci e materiali combustibili complessivamente superiore a 5000 Kg,) parametrato ad una superficie inferiore a 3000 mq, deve stimarsi idoneo

12.- La reiezione dei primi due motivi di ricorso, nella parte relativa alla posizione della seconda classificata, rendono il ricorso avverso la prima classificata, inammissibile per carenza d’interesse.

Tuttavia, anche il terzo motivo di ricorso inteso a censurare la posizione dell’aggiudicataria risulta infondato oltre che inammissibile.

13.- Con il terzo ed ultimo motivo di ricorso si contesta all’aggiudicataria l’effettivo possesso di locali situati in un raggio “di max 50 km dalla sede di Via Gentile n. 52(Città di Bari)” con la precisazione che detta distanza debba essere misurata per il tramite di Google Maps, così come richiesto dal bando di gara.

Secondo la ricorrente, i locali dell’aggiudicataria sarebbero ad una distanza superiore a 50 km .

13.1.- Il motivo è inammissibile per estrema genericità, non risultando corroborato da elementi utili a dimostrare la sua fondatezza. In sostanza la censura si risolve in un’apodittica affermazione dell’inesistenza di requisiti, senza offrire alcun principio di prova al riguardo.

13.2.- Contrariamente a quanto sostenuto da parte attorea, l’aggiudicataria ha comprovato detto requisito in sede di verifica, allegando relazione tecnica con l’estratto di Google, controfirmato da tecnico abilitato, inteso a dimostrare che i locali sono situati in un “raggio” (tale era il criterio richiesto dal bando, neppure oggetto di specifica impugnazione) inferiore ai 50 Km.

13.3.- Parimenti inammissibile per estrema genericità si rivela, infine, l’ultimo profilo di doglianza, rappresentato dalla ricorrente - relativa allo dedotta inidoneità dei lotti messi a disposizione dalla ditta aggiudicataria ad esclusivo uso di custodia degli archivi delle scaffalature ivi presenti - in carenza di qualunque supporto probatorio.

Può concludersi per la reiezione del ricorso.

14.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta siccome inammissibile oltre che infondato, nei sensi di cui in motivazione.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 2.000,00, oltre accessori, a favore di ciascuna delle parti costituite in resistenza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Gaudieri, Presidente, Estensore

Francesco Cocomile, Primo Referendario

Cesira Casalanguida, Referendario

Guida alla lettura

La sentenza in esame si occupa dell’art. 120 II comma cpa introdotto dall’art.204 del nuovo codice dei contratti pubblici.

In ossequio al chiaro disposto della legge delega, con tale disposizione il legislatore delegato ha infatti previsto l’obbligo della diretta impugnabilità, entro il ristretto termine di trenta giorni dalla pubblicazione sul profilo internet della stazione appaltante, non solo dei provvedimenti di esclusione ma anche di quelli di ammissione; con preclusione, in caso di omessa impugnazione, della possibilità di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale.

Il successivo comma 6 bis prevede un rito “specialissimo” caratterizzato da tempi stretti e evidente esigenza di definizione accelerata.

Si tratta di una importante innovazione che conferisce alla tutela complessiva in tema di gare una struttura bifasica[1]  sul modello previsto dal codice del processo amministrativo per il processo elettorale.

La finalità è stata quella di superare il dannoso proliferare di ricorsi incidentali escludenti che, alla fine della gara, invece di chiamare il giudice a giudicare delle questioni sostanziali relative alla migliore offerta, lo costringono  a risalire a monte per valutare l’effettiva sussistenza dei requisiti di partecipazione di ingresso del concorrente aggiudicatario al “micro mercato”[2] rappresentato dalla gara.

L’impugnazione immediata, pertanto, persegue l’interesse generale alla speditezza delle procedure, a definire la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione per una rapida quanto ultima certezza delle figure dei protagonisti della gara, allo scopo di renderle inopponibili per tutta la procedura.

Il mezzo scelto dal legislatore per raggiungere tale scopo è stato pertanto un’anticipazione dell’accesso al giudice, che comporta un nuovo modo di intendere l’ “interesse a ricorrere”.

Ed è proprio su tale delicato profilo che si sofferma la sentenza in esame.

Il confronto tra la nuova previsione, che obbliga all’impugnazione immediata, e la lucida e puntuale ricostruzione dell’iter giurisprudenziale formatosi in ordine all’ “interesse a ricorrere” lascia trapelare un condivisibile dissenso sul nuovo istituto da parte del giudice di primo grado.

Il punto di partenza delle riflessioni del Giudice pugliese è il parere n. 855/2016 del Consiglio di Stato sostanzialmente favorevole del alla riforma, definita “riduttiva e giuculatoria, oltre che gravosa” la cui giustificazione poggia su ragioni di politica giudiziaria deflattiva del contenzioso.

Si avverte l’ “imbarazzo2 del giudice di primo grado difronte al parere del Consiglio di Stato che conforta una riforma in controdendenza “rispetto ad acquisizioni giurisprudenziali, storicamente consolidate, in ordine ai principi in tema di concretezza ed attualità della titolarità dell’interesse all’azione, che consentono possa dolersi dell’illegittimità degli atti amministrativi solo chi da essi riceva una lesione immediata e certa”.

La sentenza individua i momenti più importanti dell’evoluzione che ha “consolidato storicamente” il principio secondo cui l’azione davanti al giudice amministrativo sia fondata oltre che sulla titolarità di una situazione giuridica sostanziale di diritto soggettivo o interesse legittimo, anche sull’interesse a ricorrere, inteso come l’interesse a conseguire un’utilità o di un vantaggio anche solo potenziale che il ricorrente si ripromette di ottenere dall’annullamento del provvedimento impugnato.

Risponde a tali parametri l’ “interesse strumentale” riconosciuto in capo al soggetto che non sia stato posto in grado di partecipare ad una procedura di evidenza pubblica ovvero sia stato escluso da una trattativa privata e aspiri, per effetto dell’accoglimento del ricorso, alla ripetizione o alla prima indizione della procedura selettiva.

Ancora, la suddetta ricostruzione dell’interesse a ricorrere, in termini di vantaggio anche solo potenziale è alla base della “prova di resistenza”, come accade nel caso di ricorsi diretti ad ottenere l’annullamento di una graduatoria di un concorso pubblico ovvero di una gara di appalto.

La sensazione è che dietro la rivendicazione dell’importanza di tale percorso giurisprudenziale vi sia la necessità di salvaguardare l’assetto della giurisdizione amministrativa in termini di “giurisdizione soggettiva”.

Il giudice per due volte afferma che “il ricorso giurisdizionale non è un rimedio dato nell’interesse astratto della giustizia o per ottenere la mera enunciazione dei parametri di legalità dell’azione amministrativa, disancorati da un effettivo e non ipotetico vantaggio derivante all’attore nel caso di contestazione” e che “anche nel processo amministrativo il risultato utile che il ricorrente deve dimostrare di poter perseguire non può insterilirsi nella semplice garanzia dell’interesse legittimo e, men che meno, nella rivendicazione popolare della legittimità ex sé dell’azione pubblica”.

E’ noto infatti che la concezione della giurisdizione amministrativa in termini di giurisdizione soggettiva è la conseguenza dell’evoluzione del concetto di interesse legittimo come posizione giuridica sostanziale volta al perseguimento del bene della vita, traguardo faticoso raggiunto attraverso le spinte della giurisprudenza formatasi in risposta alle esigenze concrete di giustizia e del nuovo atteggiarsi del rapporto  tra cittadino e potere.

In tale ottica la tecnica legislativa che costruisce l’interesse a ricorrere in maniera  virtuale, in cui la lesione al bene della vita è solo indiziaria e potenziale, sembra riproporre una formula di giurisdizione di tipo oggettivo.

La disapprovazione e il timore concreto di tale pericolo non portano però il TAR alla conclusione che ci sarebbe aspettati: a sollevare la questione di legittimità costituzionale.

E’ infatti evidente che la previsione dell’obbligo di impugnare l’altrui ammissione in mancanza di un pregiudizio concreto ed effettivo per il conseguimento dell’aggiudicazione, anche in considerazione degli alti costi che i giudizi in tale materia comportano, determina dubbi di compatibilità rispetto agli artt. 24 primo comma (tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi) e 113 primo comma della Costituzione (“Contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa).

Forse alla base della scelta di non sollevare la questione dinanzi alla Corte Costituzionale vi è l’esigenza di coerenza, volta a non  contraddire quanto sostenuto dal Consiglio di Stato in sede consultiva oppure l’intima convinzione della compatibilità costituzionale di tale (pur non condivisa) riforma.

Autorevole dottrina[3], infatti, esclude la sussistenza di problemi di legittimità costituzionale della riforma ravvedendo nell’impugnazione immediata non un nuovo modo di intendere l’interesse a ricorrere quanto la creazione di un “interesse legittimo di nuovo conio alla giusta formazione della platea dei concorrenti di gara” bene che diviene tutelabile autonomamente.

 

[1] Cons Stato, Commissione Speciale n.855/2016

[2] M. Clarich “Contratti pubblici e concorrenza”, relazione al convegno di studi amministrativi su La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione, Varenna 17-19 settembre 2015, in www.giustizia-amministrativa.it.

[3] G. Severeni, Il nuovo contenzioso sui contratti pubblici in www. giustizia-amministrativa.it