Cons. Stato, sez. V, 19 maggio 2016, n. 2106

1. Il comportamento della parte, consistente nella mancata indicazione di un determinato elemento (ossia l’esistenza di una vicenda rilevante ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett.f) del codice degli appalti), dà luogo ad una fattispecie che si connota strutturalmente per una sua mancata interezza e come tale fa sorgere l’obbligo dell’amministrazione di procedere a quanto disposto dal comma 2-bis dello stesso art. 38. Nel caso di specie, invece, l’originaria controinteressata ha attestato la non esistenza di fatti riconducibili all’ipotesi di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), D.Lgs. 163/2006, e non si è limitata a omettere di citare un fatto rilevante ai fini dell’applicazione della detta norma, ma ne ha attestato l’inesistenza.

 

2. Sussiste l’obbligo del partecipante ad una pubblica gara di mettere a conoscenza la stazione appaltante delle vicende pregresse (negligenza o errori) o di fatto risolutivi occorsi in precedenti rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni. In una simile ipotesi si attiva il disposto dell’art.75, d.P.R. n. 445/2000, mentre non può operare il soccorso istruttorio dal momento che non è contestata la mancanza o l’incompletezza della dichiarazione, ma l’aver reso dichiarazione “non veritiera”.

 

Conf. Consiglio di Stato, Sezione V, 11 aprile 2016, n. 1412.

 

 

 

Consiglio di Stato

 

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 743 del 2016, proposto da:

Snua S.r.l. Servizi Nettezza ed Affini, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto Borella, Marina Perona, Fabio Lorenzoni, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via del Viminale, n. 43;

contro

Comunità Montana del Friuli Occidentale, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Egidio Annechini, Mattia Matarazzo, Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, Via Federico Confalonieri 5; Aimeri Ambiente S.r.l., in persona del legale rappresentato avvocati Giandomenico, Fabio Elefante, con domicilio eletto presso Erede Pappalardo Bonelli in Roma, Via Salaria 259; Pianeta Ambiente Soc. Coop. P.A., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Elefante, Mariangela Di Giandomenico, con domicilio eletto presso Erede Pappalardo rappresentante, e difeso dagli Mariangela Di Bonelli in Roma, Via Salaria 259;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA – TRIESTE, SEZIONE I, n. 571/2015, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di gestione integrata di igiene urbana di una serie di comuni appartenenti a Comunità Montana - ris. Danni.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comunità Montana del Friuli Occidentale e di Aimeri Ambiente Srl e di Pianeta Ambiente Soc. Coop. P.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 maggio 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Alberto Borella, Egidio Annechini, Andrea Manzi, Mattia Matarazzo, Fabio Elefante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Friuli Venezia-Giulia l’odierno appellante invocava: a) l’annullamento della determinazione n. 83 del 7 settembre 2015, con la quale il responsabile del settore dei servizi tecnici della Comunità Montana del Friuli Occidentale ha disposto l'aggiudicazione definitiva a favore del costituendo R.T.I. tra le società Aimeri Ambiente s.r.l. (capogruppo mandataria) e Pianeta Ambiente (mandante) dell’appalto per l'affidamento del servizio di gestione integrata di igiene urbana nei Comuni di Andreis, Aviano, Barcis, Budoia, Caneva, Cavasso Nuovo, Ciolais, Claut, Clauzetto, Erto e Casso, Fanna, Frisanco, Maniago, Meduno, Sequals, Tramonti di Sopra, Tramonti di Sotto, Travesio, Vajont, Vito d'Asio e Vivaro; della comunicazione inviata a S.N.U.A. s.r.l. dalla stazione appaltante in data 7 settembre 2015 dell'intervenuta aggiudicazione definitiva della gara d'appalto al costituendo R.T.I. tra le società Aimeri Ambiente s.r.l. e Pianeta Ambiente Soc.Coop. S.p.a; dei verbali delle operazioni di gara nn. 1, 2, 3 (e relativo allegato sub 2), 4, 5 e 6; del parere (non vincolante) n. 125 del 15 luglio 2015 reso dall' A.N.A.C. ai sensi dell'art. 6, comma 7, lett. n) del D.lgs. n. 163 del 2006 e ss.mm.ii.; b) l'accertamento del diritto al conseguimento dell’aggiudicazione, previa esclusione dell'attuale aggiudicataria, e al subentro nel contratto eventualmente stipulato medio tempore tra la P.A. resistente e il R.T.I. aggiudicatario; c) in subordine la condanna della stazione appaltante al risarcimento del danno per equivalente.

2. Il primo giudice respingeva il ricorso, rilevando, quanto ai profili che interessano in ordine alle doglianze oggetto del presente gravame, che: a) il soccorso istruttorio previsto dall’articolo 38 del d.lgs. 163/2006, anche sulla base della novella legislativa di cui alla legge 114 del 2014, ha ampliato la sua portata l'integrazione documentale delle carenze dell'offerta, anche in caso di mancanza, incompletezza e irregolarità anche essenziale La volontà del legislatore è quella di privilegiare la sostanza rispetto alla forma, pur salvaguardando in ogni caso la discrezionalità dell’amministrazione nelle sue valutazioni e nel rispetto dei principi europei del favor partecipationis e della par condicio. Nella fattispecie la stazione appaltante lo ha utilizzato correttamente. Né si può rilevare una falsità in capo all'aggiudicataria; b) nel caso in esame il soccorso istruttorio ha raggiunto il suo scopo; c) quanto alla disponibilità dell'impianto cui conferire rifiuti, si è trattata di una mera integrazione documentale; d) quanto alla disponibilità dell'impianto di Eco Energie, esiste un secondo impianto che consente comunque di eseguire l'appalto. Inoltre, la censura viene svolta in maniera ipotetica, senza alcun principio di prova e quindi risulta inammissibile.

3. Avverso la sentenza indicata in epigrafe propone appello l'originaria ricorrente, dolendosi del fatto che: a) il soccorso istruttorio non avrebbe potuto essere disposto in costanza di una dichiarazione mendace circa l'assenza di errori gravi commessi dalla capogruppo Aimeri a fronte delle plurime risoluzioni subite dalla stessa. Nel caso in esame, infatti, non si sarebbe in presenza di una mera carenza documentale, ma di una dichiarazione falsa. In questo senso sarebbe la giurisprudenza del Consiglio ed anche la determinazione n. 1/15 dell'ANAC rispetto alla quale il parere reso dalla stessa sarebbe in contrasto. L'originario controinteressato non avrebbe semplicemente omesso di indicare le risoluzioni subite, ma avrebbe negato di averle subite, ponendo in essere una falsità non superabile col soccorso istruttorio nemmeno dopo la novella del 2014. Pertanto, dovrebbe valere il disposto dell'art. 75, d.P.R. 445/2000; b) vi sarebbe difetto di istruttoria da parte della commissione per non aver acquisito le delibere degli enti relative alle risoluzioni subite dall'originaria controinteressata; c) al TAR sarebbe sfuggito che non sarebbe in discussione l'idoneità dell'impianto di Motta di Livenza a ricevere rifiuti urbani non differenziati e rifiuti dei mercati, ma di utilizzare detto impianto, situato al di fuori del territorio regionale, in forza del disposto dell'art. 182, comma 3, d.lgs. 152/2006. L'appellante, inoltre ripropone il terzo motivo del ricorso di primo grado avente ad oggetto il mancato rispetto del termine di 10 giorni per fruire del soccorso istruttorio in relazione alla disponibilità degli impianti di smaltimento rifiuti.

4. Costituitasi in giudizio la controinteressata di prime cure argomenta circa l'inammissibilità ed infondatezza dell'appello, sottolineando: a) quanto al primo motivo la bontà dell'opzione interpretativa adottata dal primo giudice; b) quanto al secondo motivo l'inammissibilità dello stesso perché non avrebbe ad oggetto la mancata acquisizione da parte della stazione appaltante della documentazione relativa alle risoluzioni subite dall'aggiudicataria, ma la mancata valutazione della documentazione acquisita. Il secondo motivo d'appello sarebbe inoltre inammissibile nella parte in cui per la prima volta estenderebbe la contestazione su altre risoluzioni subite dall'aggiudicataria ulteriori rispetto a quelle contestate in primo grado; c) che il terzo motivo sarebbe inammissibile sia perché meramente ripropositivo, non evidenziando censure rispetto al capo della sentenza di primo grado, sia per violazione divieto dei nova dell'appello nella parte in cui contesterebbe per la prima volta l'idoneità anche dell'altro impianto indicato, quello ubicato a Motta di Livenza.

5. Costituitasi in giudizio la stazione appaltante invoca il rigetto dell'odierno gravame.

6. Nelle successive difese le parti insistono nelle proprie conclusioni. In particolare, l'originaria controinteressata evidenzia la presenza di un contrasto giurisprudenziale sul tema oggetto del primo motivo d'appello, in relazione al quale chiede di dare continuità all'indirizzo rappresentato dalla sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato n. 2589/2015 o in subordine di rimettere la questione all'attenzione dell'Adunanza Plenaria. Dal canto suo l'appellante richiama precedente di segno opposto rappresentato dalla sentenza di questa Sezione n. 1412/2016.

6.1. Preliminarmente, il Collegio rileva che non può essere meramente riproposto il terzo motivo del ricorso di primo grado avente ad oggetto avente ad oggetto il mancato rispetto del termine di 10 giorni per fruire del soccorso istruttorio in relazione alla disponibilità degli impianti di smaltimento rifiuti, senza censurare il capo della sentenza di prime cure che ha ritenuto che sul punto non vi sia stato un vero e proprio soccorso istruttorio, ma di una mera integrazione documentale rispetto ad una dichiarazione già resa. Inoltre, è inammissibile la doglianza avente ad oggetto l'idoneità dell'impianto di Motta di Livenza alla luce del disposto dell'art. 182, comma 3, d.lgs. 152/2006, perché esula dal thema decidendi fissato con il ricorso introduttivo di prime cure e quindi viola il cd. divieto dei nova in appello.

6.2. Quanto alla prima doglianza del presente gravame, invece, il Collegio non può aderire all'impostazione scelta dal primo giudice, sicché sul punto l'odierno gravame risulta fondato.

La questione va ricostruita in fatto nei seguenti termini: la società Aimeri Ambiente s.r.l. in sede di gara ha depositato dichiarazione datata 15 dicembre 2014 con la quale il suo Presidente, in omaggio a quanto richiesto dalla lex specialis, ha attestato di non trovarsi in alcuna delle situazioni costituenti cause di esclusione ai sensi di cui all'art. 38, d.lgs. 163/2006, "e specificatamente... f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, non ha commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; di non aver commesso un errore grave nell'esercizio della propria attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante...". Successivamente, dall'accesso al sistema AVCPass la stazione appaltante ha verificato l'iscrizione sul casellario informatico di n. 2 risoluzioni contrattuali (Comune di Buccinasco e Comune di Monopoli) in capo alla società Aimeri Ambiente s.r.l. A seguito di ciò la stessa stazione appaltante ha attivato il soccorso istruttorio sul punto ed ha chiesto il parere precontenzioso all'ANAC.

La società Aimeri Ambiente s.r.l. ha integrato la propria dichiarazione esponendo: a) di non aver commesso alcuna violazione della lex specialis e dell'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 163/2006; b) che le risoluzioni contrattuali subite non incrinerebbero la sua affidabilità.

Dal canto suo l'ANAC si è pronunciata con il parere n. 125 del 15 luglio 2015, concludendo, per quanto interessa sul punto in esame, che a fronte di pregresse risoluzioni contrattuali non dichiarate la stazione appaltante è legittimata a chiedere l'integrazione documentale ai sensi dell'art. 38, comma 2-bis, d.lgs. 163/2006, accompagnata dal pagamento della sanzione prevista dal bando, fatta salva ogni valutazione successiva sull'affidabilità dell'impresa, che è rimessa alla stazione appaltante.

Tanto premesso non è dubbio che la novella portata dall'art. 39, comma 1, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, all'art. 38, d.lgs. 163/2006, ha chiarito (cfr. C.d.S., Ad. Plen., n. 16/2014) la volontà del legislatore di evitare (nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell'ammissione alla gara delle offerte presentate) esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali (ivi compresa anche la mancanza assoluta delle dichiarazioni). Questione diversa, evidentemente, è quella della dichiarazione non veritiera e dell'operatività in un simile contesto di quanto disposto dall'art. 75, d.P.R. 445/2000.

In questi termini non si ravvisa il denunciato contrasto tra la sentenza n. 2589/2015 e la sentenza n. 1412/2016, la prima, infatti, espone la presenza di due orientamenti nei seguenti termini: "Le tesi contrapposte sono del tutto chiare e così riassumibili. Secondo una prima prospettazione, la mancata indicazione di un fatto rilevante ai sensi dell'art. 38 non può essere considerato "errore", ma dichiarazione non veritiera a norma dell'art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, comportando così la decadenza dai benefici conseguiti, ossia in questo caso l'ammissione alla procedura di gara. Secondo una seconda prospettazione, si sarebbe in presenza di una mera omissione, e come tale ricompresa nell'ambito applicativo del sopravvenuto comma 2-bis dell'art. 38.

Questa seconda lettura pare alla Sezione meritevole di accoglimento, in quanto maggiormente in linea con la norma recentemente introdotta (di per sé prevalente, sia perché successiva nel tempo rispetto al d.P.R. del 2000, sia perché speciale, concernendo unicamente la materia delle procedure di gara per contratti pubblici), sia perché più coerente con l'interpretazione datane dalla citata sentenza n. 16 del 2014 dell'Adunanza plenaria.

Si noti, infatti, che il comportamento della parte è consistito nella mancata indicazione di un determinato elemento (ossia l'esistenza di una vicenda rilevante a norma dell'art. 38, comma 1, lett. f) del codice degli appalti). Si tratta quindi di una fattispecie che si connota strutturalmente per una sua mancata interezza e come tale considerata dall'interpretazione appena esaminata (che considera come fatto che impone il soccorso istruttorio della pubblica amministrazione anche l'omissione totale). Questa è quindi strutturalmente mancante e, come tale, fa sorgere l'obbligo dell'amministrazione di procedere a quanto disposto dal comma 2-bis dello stesso art. 38".

Nel caso in esame, invece, l'originaria controinteressata ha attestato la non esistenza di fatti riconducibili all'ipotesi di cui all'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 163/2006, e non si è limitata a omettere di citare un fatto rilevante ai fini dell'applicazione della detta norma, ma ne ha attestato l'inesistenza.

Fattispecie quest'ultima che è diversa da quella esaminata dalla pronuncia sopra citata ed è, invece, stata compiutamente analizzata dalla sentenza di questa Sezione n. 1412/2016, che proprio in relazione ad analoga condotta della stessa controinteressata, ha ribadito, "in conformità ai moltissimi precedenti giurisprudenziali (cfr., tra le tante, C.d.S., V, 25 febbraio 2015, n. 943; 14 maggio 2013, n. 2610; IV, 4 settembre 2013, n. 4455; III, 5 maggio 2014, n. 2289)... l'obbligo del partecipante ad una pubblica gara di mettere a conoscenza la stazione appaltante delle vicende pregresse (negligenze ed errori) o di fatti risolutivi occorsi in precedenti rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni". In una simile ipotesi, quindi, si attiva il disposto dell'art. 75, d.P.R. n. 445/2000, mentre non può operare il soccorso istruttorio dal momento che non è contestata la mancanza o l'incompletezza della dichiarazione, ma l'aver reso dichiarazione "non veritiera".

6.3. La fondatezza del sopra analizzato motivo d'appello fa venire meno l'interesse all'esame della residua doglianza, ivi contenuta, in ragione del conseguente parziale accoglimento del ricorso di primo grado e dell'annullamento dell'aggiudicazione impugnata.

7. Quanto alla richiesta dell'odierno appellante di conseguire l'aggiudicazione della gara e conseguentemente la stipulazione del contratto, il Collegio rileva che il contratto che ha efficacia settennale è stato stipulato, come dichiarato a verbale dell'udienza del 19 maggio 2016 dal difensore della stazione appaltante, ed il servizio risulta essere iniziato da pochi mesi, senza che si palesino ragioni tecniche o fattuali impeditive rispetto ad un eventuale subentro dell'odierno appellante. In ragione di ciò sussistono i presupposti prescritti dall'art. 124 c.p.a. sulla declaratoria di inefficacia del contratto stipulato tra la stazione appaltante e l'originaria controinteressata. Quanto alla richiesta di subentro avanzata dall'odierna appellante, la stessa resta subordinata alle verifiche di legge che su quest'ultima dovrà compiere la stazione appaltante.

Non può essere accolta, invece, la richiesta di risarcimento del danno per equivalente sussistendo un'obiettiva incertezza in ordine alla portata applicativa del novellato art. 38 d.lgs. 163/2006, nella misura in cui dispone la nuova disciplina del soccorso istruttorio, come dimostrato non solo dal parere precontenzioso dell'ANAC sopra citato, ma anche dalla presenza di una giurisprudenza, che sul rapporto della norma citata con quella contenuta nell'art. 75, d.P.R. n. 445/2000, al tempo della decisione assunta dall'amministrazione risultava ancora non aver raggiunto la necessaria stabilità.

8. In definitiva, l'appello in esame merita solo parziale accoglimento, dovendo in parte essere dichiarato inammissibile ed in parte improcedibile, con ciò che ne consegue in termini di parziale riforma della sentenza di prime cure e di accoglimento nei termini sopra decritti del ricorso di prime cure.

9. Nella particolare complessità delle questione giuridiche trattate si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese dell'odierno grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello come in epigrafe proposto in parte lo dichiara inammissibile, in parte lo accoglie, in parte lo dichiara improcedibile e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie nei sensi di cui in motivazione il ricorso di primo grado, annulla il provvedimento di aggiudicazione, dichiara l'inefficacia dal contratto concluso tra le parti appellate, dispone il subentro dell'odierna appellante all'esito delle verifiche di legge da parte della stazione appaltante.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore

Oreste Mario Caputo, Consigliere

 

 

Guida alla lettura

 

La sentenza in oggetto trae origine dall’impugnazione, da parte di un’impresa classificatasi seconda ad una gara di appalto, della sentenza resa dal Tar Friuli Venezia Giulia, che aveva riconosciuto legittima l’attivazione del soccorso istruttorio nei confronti dell’impresa aggiudicataria, sebbene questa avesse reso dichiarazioni non veritiere con riferimento a plurime risoluzioni contrattuali subite in passato.

I giudici di Palazzo Spada, nella decisione in commento, svolgono considerazioni di rilievo che consentono di delineare, con maggior dettaglio, la disciplina dettata in materia di soccorso istruttorio.

Orbene, la disciplina del soccorso istruttorio trova il suo addentellato normativo negli artt. 38 e 46 del Codice dei contratti del 2006 (D.Lgs. 163/2006, come modificato dall’art. 39 del D.L. 90/2014, convertito in Legge 114/2014).

Il Legislatore del 2014, in particolare, in un’ottica di deflazione del contenzioso amministrativo, e chiaramente animato dalle istanze europeiste volte a garantire il favor partecipationis e la par condicio tra i partecipanti alle gare pubbliche, cristallizza, con l’istituto del soccorso istruttorio, una nuova disciplina degli appalti pubblici sempre più incentrata sulla valorizzazione della sostanza rispetto alla forma.

Per effetto di tale novella legislativa, è stato inserito nel corpo dell’art.38 del, il nuovo comma 2 bis ai sensi del quale “la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’un per mille e non superiore all’un per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine non superiore a dieci giorni perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, nè applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo, il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di media nella procedura, nè per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte”.

Da siffatta premessa, occorre scrutinare la portata applicativa del soccorso istruttorio, verificando se la falsa dichiarazione su precedenti risoluzioni contrattuali per gravi inadempienze comporti o meno l’esclusione dalla gara, azzerando in nuce, quindi, la possibilità, per il partecipante alla gara, di invocare l’operatività del disposto di cui all’art. 38, comma 2-bis, del Codice dei contratti.

Sul punto, il Consiglio di Stato afferma che la falsa dichiarazione su precedenti risoluzioni, intervenute per gravi inadempimenti contrattuali, comporta, ex se, l’esclusione del partecipante alla gara. Ma vi è di più: laddove sia intervenuto un provvedimento di aggiudicazione definitiva, l’esclusione determina finanche l’annullamento dell’aggiudica e la conseguente declaratoria di inefficacia del contratto concluso tra le parti.

Dal percorso argomentativo svolto dal supremo Giudice amministrativo discende l’inapplicabilità del soccorso istruttorio che, viceversa, può e deve ritenersi operativo nelle sole ipotesi di dichiarazioni incomplete, irregolari o addirittura mancanti, ma non nella diversa ipotesi, presa in considerazione dalla sentenza de qua, in cui ci si trovi al cospetto di una dichiarazione addirittura difforme dalla realtà.

Occorre, infatti, discernere e tenere ben separate le due differenti vicende. La prima ricorre allorquando sussistano pregresse risoluzioni contrattuali non dichiarate dal concorrente; la seconda, invece, quando venga in rilievo una dichiarazione non veritiera, ovvero l’attestazione dell’inesistenza di fatti rilevanti. Orbene, mentre nel primo caso nulla osta a ritenere pienamente legittima la richiesta di integrazione documentale, accompagnata dal pagamento di una sanzione (trattandosi di una mera omissione che può essere pacificamente ricompresa nel novero applicativo del soccorso istruttorio), nel secondo caso, invece, ammettere l’operatività del soccorso istruttorio comporterebbe un grave vulnus all’esigenza imprescindibile di garantire la parità di trattamento alla platea di concorrenti.

Ne discende, come logico corollario, l’impossibilità di applicare alla suddetta fattispecie l’istituto del soccorso istruttorio, essendo precluso ai concorrenti, in fase di gara, “manipolare” le dichiarazioni da rilasciare in virtù dell’art. 38, incombendo, a contrario, su tali soggetti l’obbligo di notiziare la stazione appaltante di tutte le vicende pregresse o dei fatti risolutivi occorsi in precedenti rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni, essendo rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice la valutazione dell’incidenza degli stessi sulla moralità professionale e sull’affidabilità dei singoli partecipanti.

Sulla scorta di tali premesse, il Consiglio di Stato conclude per l’inapplicabilità del soccorso istruttorio in caso di dichiarazioni mendaci, ostandovi, inter alia, l’art. 75 d.P.R. 445/2000 che fa discendere l’inderogabile decadenza del dichiarante da ogni beneficio eventualmente conseguito da un provvedimento emanato per effetto di dichiarazioni non veritiere.

Per completezza espositiva, va rammentato che l’attuale disciplina del soccorso istruttorio, a seguito dell’abrogazione del D. Lgs. n. 163/2006 e la sua integrale sostituzione con il nuovo codice di cui al D. Lgs. n. 50/2016, è attualmente recata dall’art. 83, comma 9, del citato D. Lgs. n. 50. LA nuova disposizione, in particolare, prevede che “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica, obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 5.000 euro. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere, da presentare contestualmente al documento comprovante l'avvenuto pagamento della sanzione, a pena di esclusione. La sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione. Nei casi di irregolarità formali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali, la stazione appaltante ne richiede comunque la regolarizzazione con la procedura di cui al periodo precedente, ma non applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l'individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”.

A ben vedere, dunque, il nuovo codice dei contratti pubblici, se da un lato, conferma l’impianto normativo precedente, riproponendo la disciplina del soccorso istruttorio in caso di mancanza, di incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi, dall’altro introduce importanti innovazioni.

Tra tutte, come primo elemento di novità, si osserva come il Legislatore abbia voluto chiarire che non sono suscettibili di soccorso istruttorio carenze ascrivibili all’offerta tecnica ed economica. Altra novità di rilievo, inoltre, afferisce al documento di gara unico europeo, in virtù del quale ciascun operatore economico è tenuto a rendere autocertificazioni (che si concretizzano in vere e proprie dichiarazioni di non trovarsi in una delle situazioni di esclusione, in conformità agli atti di gara predisposti dalla stazione appaltante), per potere partecipare alle gare d’appalto UE.