Consiglio di Stato, Sez. V, 27 agosto 2013, n. 4278

 

Consiglio di Stato, Sez. V, 27 agosto 2013, n. 4278.

Presidente FF Atzeni - Estensore Bianchi

 

L’articolo 92, comma 5, del d.P.R. n. 207/2010, permette a soggetti privi dei requisiti di qualificazione di partecipare alla fase di esecuzione di appalti pubblici di lavori, a determinate condizioni. La norma, tuttavia, non può essere interpretata estensivamente: le imprese cooptate possiedono, infatti, diritti ed obblighi ridotti e limitati rispetto ad un normale concorrente (sia singolo sia in forma associata). La cooptazione, dunque, non può essere uno strumento per partecipare ad una gara senza aver i prescritti requisiti di ordine pubblico: il soggetto cooptato non può acquistare alcuna quota di partecipazione all’appalto, né rivestire la posizione di offerente, prima, e di contraente, né prestare garanzie, al pari di un concorrente o di un contraente né, in alcun modo, subappaltare o affidare a terzi una quota dei lavori da eseguire. Diversamente facendo, il soggetto cooptato va, in realtà, considerato alla stregua di un membro di un raggruppamento temporaneo di imprese.

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

La pronuncia che qui si commenta riguarda l’ambito applicativo dell’istituto della cooptazione, che il Regolamento di esecuzione del Codice degli appalti (d.P.R. n. 207/2010) disciplina all’articolo 92, comma 5. La pronuncia in esame si sofferma sulle differenze giuridiche intercorrenti fra impresa cooptata ed impresa associata, ribadendo alcune dei punti fermi già acclarati da precedente giurisprudenza.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Il settore interessato dalla pronuncia in commento è quello degli appalti di lavori, in cui le peculiarità e le specificità delle prestazioni messe a gara hanno indotto il legislatore (già all’art. 95, comma 4 del d.P.R. n. 554/1999, ora abrogato) ad introdurre quella che la giurisprudenza ha sempre ritenuto come una disposizione eccezionale, tesa a favorire la partecipazione, ad appalti di grossa entità, anche di operatori economici di modesta dimensione economica, i cui requisiti non ne avrebbero potuto sorreggere la partecipazione ad una gara (sia come operatore singolo che come componente di una compagine in associazione).

La cooptazione, infatti, consente di partecipare alla fase esecutiva di un appalto anche ad operatori economici privi dei requisiti di qualificazione (e, dunque, di partecipazione) “anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il venti per cento dell’importo complessivo dei lavori e che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all’importo dei lavori che saranno ad essa affidati” (d.P.R. n. 207/2010, art. 92, comma 5).

Si tratta, ovviamente, di ruolo ben diverso rispetto a quello svolto da un soggetto che appartiene ad un raggruppamento temporaneo di imprese.

Il supremo Collegio enuclea un principio in base al quale ben diverso dev’essere il ruolo di un’associata di una compagine temporanea di imprese - sia nei rapporti interni con gli altri membri sia nei confronti della stazione appaltante - rispetto al ruolo meramente esecutivo del soggetto cooptato. Da ciò derivano importanti ricadute pratiche e cioè che la società cooptata non può:

-       acquistare lo status di concorrente;

-       acquistare alcuna quota di partecipazione all’appalto;

-       rivestire la posizione di offerente, prima, e di contraente, poi;

-       prestare garanzie, al pari di un concorrente o di un contraente;

-       in alcun modo, subappaltare o affidare a terzi una quota dei lavori da eseguire.

E’ evidente che, proprio in virtù della natura derogatoria dell’istituto, la relativa disciplina deve essere interpretata in via restrittiva; si tratta proprio del procedimento logico che il Consiglio ha adottato nella sentenza in esame, in cui, contrariamente a quanto sopra riportato, una ditta asseritamente cooptata:

-       sottoscriveva, al pari delle altre società facenti parte dell’ATI , la domanda di partecipazione;

-       dichiarava di essere un’associata;

-       sottoscriveva l’offerta tecnica ed economica;

-       sottoscriveva la polizza fideiussoria;

-       dichiarava di voler subappaltare a terzi una quota dei lavori.

Ebbene, tali dichiarazioni hanno convinto il giudice (in ciò condividendo la valutazione che era stata fatta in primo grado) che lo status giuridico dell’impresa fosse, in realtà, quello di associata che, tuttavia, non aveva prodotto documentazione idonea a comprovare il possesso dei requisiti di moralità o ordine pubblico ex art. 38 D.Lgs. n. 163/2006. In altre parole, il Consiglio di Stato ha opinato nel senso di considerare che tali assunzioni di impegni nei confronti della stazione appaltante eludessero la ratio dell’articolo 92, comma 5 del Regolamento, che è quella di ampliare la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici e non di evitare la comprova del possesso dei requisiti di moralità in capo ad un soggetto membro di ATI o RTI. Ove, perciò, dagli atti di gara emerga che un’impresa asseritamente cooptata è in realtà un’associata, l’art. 92, comma 5 non è applicabile ed il soggetto cooptato va considerato alla stregua di un associato la cui mancanza dei requisiti di moralità determina l’esclusione di tutta la compagine.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La decisione in commento ribadisce una precedente giurisprudenza, anche dello stesso Consiglio di Stato, che già aveva avuto modo di delineare i punti fermi che, anche in questa sede, sono stati riproposti. Si ricordano, in particolare, due decisioni del Consiglio di Stato, una della sezione V del  10 settembre 2012, n. 4772, ed una della VI del 13 giugno 2013, n. 3310, con cui già erano stati individuati le modalità ed i limiti del ricorso alla cooptazione nel settore degli appalti di lavori. Con la sentenza in commento i giudici di Palazzo Spada riconducono la norma nell’alveo della ratio che la sorregge, escludendo che essa possa prestare il fianco a condotte elusive di norme imperative quali la mancata comprova del possesso dei requisiti ex art. 38, D.Lgs. n. 163/2006.

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

        S. Saba, Il Consiglio di Stato riafferma la priorità della trattazione del ricorso incidentale su quello principale e detta gli ‘obblighi’ delle mandanti cooptate, in questa Rivista.

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato

 

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 9003 del 2012, proposto da:

 

Glocal Cantieri S.r.l. quale Impresa cooptata nella costituenda Ati Faver Spa, rappresentata e difesa dall’avv. Alberto Zito, con domicilio eletto presso Alberto Zito in Roma, piazza Santi Apostoli, 66;

 

contro

 

Acquedotto Pugliese S.p.A., rappresentato e difeso dall’avv. Michele Didonna, con domicilio eletto presso Gennaro Ermanno Arbia in Roma, Circonvallazione Clodia 80;

 

Igeco Costruzioni Spa in proprio e quale capogruppo mandataria costituenda Ati, Consorzio tra Cooperative di Produzione e Lavoro Cons.Coop. Soc.Coop. - in proprio e quale mandante costituenda Ati, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Gabriella De Giorgi Cezzi, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via Laura Mantegazza, 24;

 

nei confronti di

 

Faver S.p.A. in proprio e quale Mandataria Ati, Ati Faver S.p.A., Impresa Giovanni Putignano e Figli S.r.l. Quale Mandante Ati Faver S.p.A., Impresa Intini Angelo S.r.l. in proprio e quale Mandante Ati Faver S.p.A;

 

per la riforma

 

della sentenza del T.A.R. Puglia – Bari, Sezione I, n. 01813/2012, resa tra le parti, concernente appalto progettazione esecutiva per la realizzazione della condotta adduttrice dal nuovo serbatoio di San Paolo al serbatoio di Secli - acquedotto del Sinni - III lotto;

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Acquedotto Pugliese S.p.A. e di Igeco Costruzioni S.p.A. in Qualità di Mandataria Ati e in proprio e di Ati Cons. Coop. Soc. Coop. e in proprio;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2013 il Cons. Antonio Bianchi e uditi per le parti gli avvocati Zito, Didonna, De Giorgi Cezzi;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

 

Acquedotto Pugliese s.p.a., con bando pubblicato sulla G.U.R.I. in data 3.06.2011, ha indetto una gara per l’affidamento della progettazione esecutiva dei lavori e delle forniture per la “realizzazione della condotta adduttrice dal nuovo serbatoio di San Paolo al serbatoio di Secli – Acquedotto del Sinni – III Lotto”.

 

Alla gara partecipava l’Ati Faver S.p.a. (nel prosieguo Faver) alla quale veniva associata, in qualità di cooptata ai sensi dell’art. 95 del D.P.R. n. 554/1999, Cantieri Generali S.p.a. ( oggi Glocal Cantieri s.r.l.- nel prosieguo Glocal ) .

 

La Stazione appaltante, all’esito della procedura, aggiudicava l’appalto in via definitiva alla predetta Faver.

 

L’Ati Igeco Costruzioni S.p.a. (nel prosieguo Igeco) , seconda classificata, proponeva ricorso al Tar Puglia per ottenere l’annullamento della intervenuta aggiudicazione.

 

Sennonchè, nelle more del giudizio, Acquedotto Pugliese - riscontrato che la cooptata Cantieri non risultava regolare ai fini del DURC, avendo omesso versamenti alla Cassa Edile e nei confronti dell’INPS – disponeva con nota in data 12.01.2012 l’esclusione di Faver dalla procedura concorsuale , poi confermandola con determinazione del 26.01.2012.

 

In considerazione di quanto sopra, la Commissione di gara riformulava la graduatoria, aggiudicando l’appalto ad Igeco.

 

Cantieri Generali , quindi , impugnava dinnanzi al Tar Puglia le predette determinazioni , deducendone l’illegittimità per avere la stazione appaltante :

 

- escluso l’Ati nel suo complesso, in luogo di adottare siffatto provvedimento nei confronti della sola cooptata responsabile dell’inadempimento, siccome soggetto terzo ed estraneo, per sua natura, all’Ati stessa ;

 

- avere così provveduto in modo automatico, senza valutare la gravità dell’inadempimento .

 

Nell’ambito dell’impugnativa principale, Igeco proponeva ricorso incidentale, volto a dimostrare l’illegittimità dell’ammissione di Faver e, in subordine, l’incongruità dei punteggi a questa assegnati.

 

Con sentenza 25 ottobre 2012, n. 1812, il Tar Puglia riteneva il ricorso in parte inammissibile ed in parte lo respingeva, dichiarando improcedibile quello incidentale.

 

Avverso detta pronuncia Glocal (già Cantieri Generali) ha quindi interposto l’odierno appello chiedendone la riforma.

 

Si sono costituiti in giudizio sia Acquedotto Pugliese sia Igeco, chiedendo entrambi la reiezione del gravame ed il secondo anche l’accoglimento del ricorso incidentale dichiarato improcedibile dal primo giudice.

 

Alla pubblica udienza del 26 febbraio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

 

1. Con distinti mezzi di gravame, che per la loro connessione logico - giuridica possono essere trattati congiuntamente, Glocal deduce l’erroneità della gravata sentenza laddove ha ritenuto parzialmente inammissibile il ricorso, sul rilievo per cui sarebbe stata necessaria l’impugnazione – invece omessa – del paragrafo 2, lett. n) del disciplinare di gara, che prevede l’obbligo anche per le cooptate di possedere i requisiti di cui all’art. 38 D.Lgs. 163/06.

Assume, al riguardo, che non sarebbe in contestazione il fatto che la cooptata debba dichiarare e possedere i requisiti di moralità, ma la conseguenza fatta derivare dalla mancanza degli stessi, ossia l’esclusione dell’intera ATI, in luogo della sola Cantieri Generali.

Precisa che lo stesso disciplinare di gara avrebbe assegnato alle cooptate una posizione differente rispetto a quella rivestita delle altre imprese associate costituenti l’ATI ordinaria ed il possesso dei requisiti di cui all’art. 38 D.Lgs. 163/06 in capo ad esse sarebbe richiesto esclusivamente ai soli fini della proficua partecipazione delle cooptate medesime alla gara.

Sostiene , poi, che la natura della cooptata - diversa da quella del soggetto componente l’ATI ordinaria- avrebbe consentito a Faver di modificare la compagine con la quale aveva partecipato alla gara, senza che l’eliminazione di Cantieri Generali potesse condurre alla sua esclusione per modifica della composizione dell’ATI .

Deduce, pertanto, l’erroneità della sentenza anche nella parte in cui ha ritenuto che “l’impresa cooptata, una volta designata nella fase dell’offerta […] diviene parte integrante del raggruppamento temporaneo d’imprese, anche ai fini dell’assolvimento degli oneri di compilazione dell’offerta imposti dal bando di gara e dell’assoggettamento alla verifica del possesso dei requisiti morali di cui all’art. 38 del Codice”.

Assume, nella sostanza, l’intrasmissibilità al raggruppamento delle vicende negative della cooptata, non potendosi attribuire a quest’ultima la qualità di parte del raggruppamento stesso e, quindi, la qualità di concorrente.

Conclude, pertanto, che l’A.T.I. non doveva essere esclusa dalla procedura concorsuale.

2. La doglianza non può essere condivisa..

3. Ed invero, osserva il Collegio come la questione della trasmissibilità delle violazioni commesse da una cooptata al raggruppamento a cui è associata non assuma nella specie rilievo dirimente, posto che Cantieri Generali non ha rivestito la qualità formalmente dichiarata, bensì quella di vera e propria associata.

Essa, infatti, ha compiuto attività incompatibili con la posizione di mera cooptata.

Come più volte precisato dalla giurisprudenza anche di questa Sezione, invero, la cooptazione è un istituto di carattere speciale che abilita un soggetto, privo dei prescritti requisiti di qualificazione (e, dunque, di partecipazione), alla sola esecuzione dei lavori nei limiti del 20%, in deroga alla disciplina vigente in tema di qualificazione SOA , per cui il soggetto cooptato:

- non può acquistare lo status di concorrente;

- non può acquistare alcuna quota di partecipazione all’appalto;

- non può rivestire la posizione di offerente, prima, e di contraente, poi;

- non può prestare garanzie, al pari di un concorrente o di un contraente;

- non può, in alcun modo, subappaltare o affidare a terzi una quota dei lavori da eseguire.

Il ricorso alla cooptazione, alla luce del carattere eccezionale e derogatorio dell’istituto deve, inoltre, necessariamente scaturire da una dichiarazione espressa ed inequivoca del concorrente, per evitare che un uso improprio della stessa consenta l’elusione della disciplina inderogabile in tema di qualificazione e di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica .

Tanto premesso, dall’esame complessivo della documentazione in atti emerge che Cantieri Generali ha:

- sottoscritto, al pari delle altre società facenti parte dell’ATI , la domanda di partecipazione ;

- dichiarato di essere un’associata;

- sottoscritto l’offerta tecnica ed economica;

- sottoscritto la polizza fideiussoria;

- dichiarato di voler subappaltare a terzi una quota dei lavori.

Le circostanze di cui sopra – che manifestano formalmente la volontà ,oltre di eseguire lavori, anche di impegnarsi direttamente nei confronti di Acquedotto Pugliese – dimostrano in modo univoco ed oggettivo che Cantieri diversamente da quanto dichiarato non era una cooptata, bensì una sostanziale associata.

4. Ne consegue che nella specie, a prescindere dalla questione affrontata dal primo giudice circa la trasmissibilità o meno delle vicende della cooptata al raggruppamento, per il ruolo effettivamente assunto da Cantieri, il mancato possesso da parte della stessa dei requisiti di moralità si riverbera necessariamente, alla stregua di quanto accade per qualsiasi soggetto membro dell’ATI, sulla proficua partecipazione dell’ATI stessa alla gara.

Per quanto sopra, la gravata sentenza merita sul punto conferma, risultando in ogni caso corretta l’esclusione dalla gara dell’ATI di cui Faver è capogruppo ed a cui Glocal si è associata asseritamente quale cooptata.

5. L’acclarata infondatezza nel merito dei motivi che precedono, esime poi il Collegio dall’esame della specifica censura volta ad ottenere la riforma della pronuncia di primo grado nella parte in cui ha dichiarato parzialmente inammissibile il ricorso, siccome irrilevante ai fini del decidere.

5. Conclusivamente l’appello proposto da Glocal si appalesa infondato alla stregua delle considerazioni sopra espresse e, come tale ,da respingere .

6. Dalla infondatezza del gravame, consegue l’improcedibilità dei motivi di ricorso incidentale odiernamente riproposti da Igeco , non avendo quest’ultima interesse, a seguito della esclusione di Faver, al loro eventuale accoglimento.

7. Per ciò che attiene alle spese di lite, ritiene il Collegio che sussistano giusti motivi per addivenire alla compensazione delle stesse tra le parti anche con riferimento al primo grado di giudizio, attesa la peculiarità della questione dedotta in causa e l’assenza al riguardo di un risalente ed univoco orientamento giurisprudenziale .

 

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

- respinge l’appello principale proposto da Glocal, confermando la gravata sentenza nei sensi di cui in motivazione;

- dichiara improcedibile l’appello incidentale proposto da Igeco.

Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 febbraio 2013, con l’intervento dei magistrati:

 

Manfredo Atzeni, Presidente FF

Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore