Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2021, n. 7715

“Le dimissioni del legale rappresentante dell’impresa se sottoposte ad un termine successivo alla presentazione dell’offerta in sede di procedura ad evidenza pubblica non ostano al riconoscimento della piena validità ed efficacia della stessa offerta”.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4132 del 2021, proposto dalla società Teknoservice S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Giuseppe Orofino e Raffaello Giuseppe Orofino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la società Marche Multiservizi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gianluca Bucci e Giovanni Cicerchia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

la società Egea Ambiente S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia e Gianni Maria Saracco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
la società Etambiente S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. 227 del 16 marzo 2021, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Marche Multiservizi S.p.a. e della società Egea Ambiente S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2021 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati Angelo Giuseppe Orofino, Giovanni Cicerchia e Angelo Clarizia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto la domanda di annullamento di tutti gli atti della procedura di gara indetta da Marche multiservizi s.p.a. e, in particolare, della determinazione n. 73/2020, del 7 ottobre 2020, di aggiudicazione dell’appalto di servizi di raccolta dei rifiuti porta a porta, prossimità, spazzamento manuale e servizi collaterali per il periodo di due anni, eventualmente rinnovabile di anno in anno, per un ulteriore periodo di due anni, nei comuni di Pesaro e Urbino, nonché la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato con il raggruppamento aggiudicatario.

2. Di seguito si riassumono i fatti salienti, che hanno determinato l’odierno processo.

3. In data 12 febbraio 2020, la società Marche Multiservizi S.p.A., bandiva una procedura per l’affidamento dei servizi di raccolta rifiuti porta a porta, spazzamento manuale e servizi collaterali per la durata di due anni, per un importo a base di gara di euro 13.900.000,00.

4. Questa gara seguiva ad una svoltasi precedentemente per il medesimo affidamento e già aggiudicata all’odierna controinteressata, annullata dalla sentenza n. 79, del 22 gennaio 2020, del T.a.r per le Marche, confermata dalla sentenza n. 4227, del 1 luglio 2020, di questo Consiglio.

5. Alla gara in questione prendevano parte tre diverse ditte.

6. Con determinazione n. 73/2020, del 7 ottobre 2020, il raggruppamento di imprese composto da Egea Ambiente s.r.l. e Etambiente s.p.a. veniva individuato quale aggiudicatario.

7. In data 7 maggio 2021, veniva stipulato il contratto di appalto con il raggruppamento temporaneo di imprese risultato aggiudicatario, con contestuale comunicazione ex art. 76, comma 5 d.lgs. n. 50/2016 a tutti gli operatori economici concorrenti.

8. Avverso l’aggiudicazione ha proposto ricorso la ditta Teknoservice, seconda classificata.

9. Con il primo motivo di ricorso, si è censurato il provvedimento impugnato, per l’illegittima ammissione alla gara dell’aggiudicataria, che avrebbe dovuto invece essere esclusa, in quanto l’offerta presentata era stata sottoscritta in data 24 luglio 2020, da un amministratore delegato in quel momento non più in carica, avendo questi comunicato le sue dimissioni, con la nota del 22 luglio 2020.

La ricorrente ha dedotto che tali dimissioni, ancorché sottoposte ad un termine dall’interessato, dovevano considerarsi ad effetto immediato, ai sensi dell’art. 2385 del codice civile. Al momento della loro presentazione, permaneva in carica, infatti, la maggioranza del consiglio di amministrazione, così come previsto dalla suddetta norma, relativamente alla loro efficacia.

10. Con il secondo motivo di ricorso, si sono censurati gli atti impugnati, in ragione dell’asserita anomalia dell’offerta presentata, variamente argomentata ad opera della ricorrente.

11. Con il terzo motivo, si è lamentata la manifesta irragionevolezza della lex specialis della procedura di affidamento dell’appalto, nella parte in cui ha previsto che il requisito dello svolgimento della raccolta porta a porta potesse essere valutato, tenendo conto di un comune di 50.000 abitanti in luogo di un comune di 100.000, come previsto nel precedente bando.

12. Con il quarto motivo, si è infine censurato il provvedimento di aggiudicazione, rilevandosi l’erroneità dei punteggi attribuiti alle offerte tecniche dell’aggiudicataria e della ricorrente.

13. Si è costituita in giudizio la società aggiudicataria, la quale ha proposto ricorso incidentale, poi seguito da un’impugnazione per motivi aggiunti.

14. Si è costituita altresì la stazione appaltante, Marche Multiservizi s.p.a., la quale ha resistito al ricorso, domandandone la reiezione.

15. Con la sentenza n. 227 del 16 marzo 2021, il T.a.r. adito:

a) ha respinto il primo motivo di ricorso, perché ha ritenuto che le dimissioni presentate dall’amministratore delegato dell’aggiudicataria non fossero immediatamente efficaci, in ragione della loro sottoposizione ad un termine iniziale di efficacia, sicché l’offerta presentata recava una sottoscrizione valida ed efficace;

b) ha respinto il secondo motivo di ricorso, ritenendo legittima la valutazione di congruità dell’offerta presentata dall’aggiudicataria, da parte della stazione appaltante;

c) ha respinto il quarto motivo di ricorso, da esaminarsi, per esplicita richiesta di parte, con precedenza rispetto al terzo, perché ha ritenuto che le censure sull’applicazione di alcuni punteggi, si focalizzerebbero su aspetti solamente quantitativi della prestazione da effettuarsi e trascurerebbero quelli qualitativi invece messi in risalto dalla commissione di gara e, in ogni caso, anche laddove venissero accolte talune delle censure formulate, “Nella riparametrazione Egea conserverebbe comunque gli 80 punti attribuiti dalla Commissione grazie al punteggio superiore (69,270 contro 63,805), mentre Tecknoservice acquisirebbe 73,688 punti complessivi (per l’offerta tecnica), che arriverebbero a 93,688 aggiungendo i 20 punti dell’offerta economica, restando pertanto seconda in graduatoria a fronte dei 96,906 punti dall’aggiudicataria”;

d) ha respinto il terzo motivo, rivolto alla caducazione dell’intera gara, perché non ha ritenuto manifestamente irragionevole o viziato da difetto di motivazione il requisito di capacità tecnica e professionale dell’offerente, previsto dal bando, nella parte in cui richiede l’avvenuto svolgimento del servizio di raccolta, con il metodo porta a porta (per almeno quattro frazioni merceologiche), in un comune di almeno 50.000 abitanti, mentre il bando relativo alla precedente gara prevedeva che tra gli enti serviti vi fosse almeno un Comune di circa 100.000 abitanti;

e) ha dichiarato improcedibili per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso incidentale e i motivi aggiunti, proposti dal raggruppamento aggiudicatario;

f) ha compensato le spese di lite, tenuto conto della complessità della questione.

16. L’impresa soccombente ha impugnato la sentenza di primo grado, innanzi a questo Consiglio di Stato.

17. Con il primo motivo di appello, l’appellante censura il capo della sentenza che ha respinto il primo motivo di ricorso, rilevando come:

a) l’art. 2385 c.c. prevedrebbe l’efficacia immediata della rinuncia dell’amministratore, qualora rimanga in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione;

b) le dimissioni costituirebbero actus legittimus e, dunque, ad esse non sarebbe validamente apponibile alcun elemento accidentale.

18. Con il secondo motivo di appello, la società ripropone criticamente alcune delle censure dedotte con l’equivalente motivo del ricorso introduttivo del giudizio.

Si insiste, in particolare:

a) sulla doglianza relativa all’erronea indicazione dei costi di ammortamento del “parco veicoli” da adoperare per l’esecuzione dell’appalto che, secondo l’interessata, sarebbe manifestamente errato in base ad una serie di indici;

b) sulla doglianza relativa ai veicoli elettrici, che, per parte appellante, comporterebbero un costo relativo alla sostituzione delle batterie talmente elevato da erodere completamente l’utile ricavato dall’aggiudicazione dell’appalto;

c) sulla doglianza relativa al monte ore necessario per i servizi di spazzamento che ammonterebbe, secondo la deducente, in 40.027 ore, ma sarebbe stato quantificato dall’aggiudicataria in 36.760 ore, sul presupposto, condiviso dal T.a.r. (e contestato dall’appellante), che la prima indicazione, contenuta nelle schede, da 12 a 19, dell’allegato B della lex specialis, avrebbe una valenza meramente indicativa e non cogente;

d) sulla doglianza concernente l’inquadramento nel livello J dei dipendenti addetti al servizio di spazzamento, che sarebbe errata perché:

d.1) “l’organizzazione del servizio ipotizzata dal T.a.r. presuppone che almeno il 50% (se non tutti) gli operai possiedano un livello superiore a J, il che significa che – a tutto concedere – vi sarebbe una sottostima di € 9.278,5/annui”;

d.2) “secondo quanto previsto dal C.c.n.l. Fise, i lavoratori possono essere inquadrati nel livello J per un periodo di tempo determinato (24 mesi), dopo devono essere necessariamente inquadrati nel livello superiore, sicché la anomalia ritorna «piena» (cioè riferita al 100% degli operai impiegati nel servizio) già a partire dal terzo anno di appalto”.

19. Con il terzo motivo di appello, si censura la lex specialis, per aver rimodulato uno dei requisiti dell’offerta tecnica, richiedendo che fra i comune serviti ve ne sia stato uno di almeno 50.000 abitanti, mentre nel precedente bando, già oggetto di impugnazione innanzi al T.a.r. Marche, si richiedeva, appena un anno prima, che la suddetta popolazione ammontasse a 100.000 abitanti, con quantificazione consentanea alla reale popolazione di uno dei Comune da servire, ossia quello di Pesaro (che presenta una popolazione di circa 95.000 abitanti).

Si deduce da un lato l’irragionevolezza della scelta operata dalla stazione appaltante, dall’altro il difetto di motivazione scaturente dal passaggio, dopo appena un anno, da un requisito più stringente e corrispondente alla reale conformazione della città che si andrà a servire ad uno meno stringente.

Si censura, inoltre, per contraddittorietà rispetto agli atti della precedente gara, la statuizione del bando che ha previsto la possibilità di una soddisfazione frazionata di tale requisito, laddove l’operatore economico partecipi attraverso un’A.T.I. orizzontale.

Secondo l’appellante, quello divisato costituirebbe un “requisito di punta”, in quanto così espressamente qualificato dalla stazione appaltante, in sede di chiarimenti, resi nella precedente gara, di appena un anno fa.

Viene evidenziato, criticamente rispetto alla precedente sentenza, che “le due gare prevedono servizi identici rivolti allo stesso territorio” e, dunque, è palese l’identità degli affidamenti.

20. Si sono costituiti nel giudizio di appello, la stazione appaltante e la controinteressata, le quali hanno resistito all’appello e ne hanno domandato la reiezione.

21. Con la memoria del 8 giugno 2021 (poi richiamata, per relationem, nella memoria del 5 ottobre 2021), la controinteressata ha esposto le sue difese, argomentando anche alcuni profili di inammissibilità di alcune doglianze formulate dall’appellante (in particolare, circa le deduzioni di parte appellante relative alla questione della delibera ARERA, relativa al motivo di censura sull’illegittimità della valutazione di congruità dell’offerta, non formulate nel precedente grado del giudizio).

22. Con la memoria dell’8 giugno 2021, la stazione appaltante ha anch’essa preso posizione sull’appello, domandandone il rigetto.

23. Con memoria del 9 ottobre 2021, la società appellante ha replicato agli scritti difensivi della stazione appaltante e della controinteressata, insistendo, nelle conclusioni, sulla declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato, nonché sul diritto della ricorrente-appellante al subentro nello stesso ed all’affidamento del servizio.

24. All’udienza del 21 ottobre 2021, la causa è stata trattenuta per la decisione.

25. Può procedersi all’esame dei motivi di appello proposti dalla società appellante, seguendo il loro ordine di proposizione.

26. Il primo motivo di appello è infondato.

26.1. In base ai principi generali, gli elementi accidentali del contratto possono essere apposti liberamente, a meno che non vi sia una restrizione legale in tal senso, che renda il negozio, contrattuale e non, actus legittimus.

26.2. Il divieto in questione oltre a poter essere espressamente previsto dalla legge, può, in taluni casi, anche essere ricavato in via interpretativa.

26.3. Ciò è quanto avvenuto, ad esempio, in uno dei precedenti della Corte di Cassazione citati dalla difesa dell’appellante.

26.3.1. Infatti, con precipuo riferimento alla vicenda decisa dalla sentenza della Cassazione civile, Sez. I, del 19 marzo 2004, n. 5548, in disparte ogni considerazione circa la diversità della fattispecie decisa dall’invocato precedente, che riguardava il recesso di un socio da una società per azioni (e non le dimissioni volontarie di un membro del consiglio di amministrazione), si trae che la ratio che porta ad escludere l’apponibilità di una condizione al negozio di recesso dipenda, in quel caso, dalla previsione normativa di fattispecie tipiche in cui il diritto potestativo viene conferito al socio e dalla previsione di uno stringente termine entro cui tale diritto debba essere esercitato, incompatibile con l’apposizione di un termine iniziale o di una condizione.

26.3.2. Si tratta, dunque, di una fattispecie di recesso non libero, ancorato a specifici presupposti e modalità di esercizio, che, in quel caso, verrebbero frustrate dall’apposizione di una condizione (o di un termine).

26.3.3. Nel caso in esame, invece, il recesso dell’amministratore è lasciato al suo libero apprezzamento e non ricorrono dunque quelle esigenze che hanno portato all’enunciazione del principio di cui alla pronuncia citata dall’appellante.

26.3.4. Parimenti non pertinente si profila l’ulteriore sentenza citata dall’appellante, n. 5836, dell’8 marzo 2013, che riguarda anch’essa una fattispecie differente da quella in esame, relativa al recesso di un socio da una società di persona.

26.3.5. Ad ogni modo, nel precedente citato, la Corte di Cassazione più che scrutinare funditus la questione agitata nel presente processo, si limita ad affermare che “a norma dell’art. 2289 cod. civ., la liquidazione, ed il conseguente pagamento, della quota non è condizione bensì un effetto stabilito dalla legge del recesso, ove si tratti di recesso da società di fatto…”.

26.3.6. Anche gli ulteriori precedenti giurisprudenziali citati dall’appellante non risultano attinenti a vicende analoghe al caso in esame ed esprimono principi di diritto diversi da quello che l’appellante pone a base del motivo di appello scrutinato.

26.4. Inoltre, l’art. 2385 c.c. prevede chiaramente una regola suppletiva, preordinata ad assicurare il buon funzionamento del consiglio di amministrazione della società, per il caso in cui la rinuncia all’ufficio da parte di uno dei membri del consiglio abbia effetto immediato e ciò possa impedirne il regolare funzionamento. Non si tratta, pertanto, di una norma imperativa, come sostenuto dall’appellante.

26.5. La sentenza di primo grado enuncia dunque un corretto principio di diritto e il relativo capo va conseguentemente confermato.

26.6. Il primo motivo di appello va pertanto respinto.

27. Quanto al secondo motivo di appello, esso è inammissibile.

27.1. Prima di procedere all’esame delle censure prospettate, il Collegio ritiene opportuno ribadire le consolidate regole sulla scorta delle quali va condotto tale giudizio.

Va cioè ribadito che:

a) il sindacato del giudice amministrativo sull’esercizio dell’attività valutativa da parte della commissione giudicatrice di gara non può sostituirsi a quello della pubblica amministrazione, in quanto la valutazione delle offerte rientrano nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciuta alla commissione (Cons. Stato, sez. III, 2 settembre 2019, n. 6058);

b) le censure che attingono il merito di tale valutazione (opinabile) sono inammissibili, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutivo, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica (v., tra le più recenti, Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2019, n. 173; sez. III, 21 novembre 2018, n. 6572);

c) per sconfessare il giudizio della commissione giudicatrice non è sufficiente evidenziarne la mera non condivisibilità, dovendosi piuttosto dimostrare la palese inattendibilità e l’evidente insostenibilità del giudizio tecnico compiuto (Cons. Stato, sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694; sez. V, 12 marzo 2020, n. 1772);

d) la valutazione di congruità dell’offerta anomala deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente ed in modo parcellizzato sulle singole voci, dal momento che l’obiettivo dell'indagine è l’accertamento dell'affidabilità dell'offerta nel suo complesso e non già delle singole voci che la compongono (Cons. Stato, Sez. III, 14 maggio 2021, n. 3817).

27.2. Anche nel giudizio in esame vanno pertanto ribaditi i suesposti principi di diritto, che costituiscono jus receptum dalla giurisprudenza di questo Consiglio.

27.3. In applicazione di questi principi, va evidenziato come le doglianze prospettate dall’appellante si fondino su interpretazioni o letture di parte della lex specialis, o sull’attribuzione di determinate caratteristiche all’offerta dell’aggiudicataria, che risultano tutt’altro che di lampante evidenza o oggettive e, invece, si basano su presupposti o petizioni di principio che l’appellante postula, per poi trarre, in maniera argomentativa e deduttiva, delle conclusioni a sfavore dell’aggiudicataria.

Si tratta, inoltre, di censure che prospettano una lettura parcellizzata dell’offerta, che non permette di cogliere, con assoluta evidenza, così come richiesto dalla giurisprudenza richiamata, la sussistenza di quei vizi della funzione, al ricorre dei quali può pronunciarsi l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione.

27.4. Con riferimento a ciascuna delle singole questioni può osservarsi quanto segue.

27.4.1. Sulla censura relativa all’ammortamento degli automezzi, l’appellante contrappone, alle ragionevoli evidenze della Stazione appaltante, la propria ricostruzione sulla vita commerciale degli automezzi da impiegarsi nell’appalto, senza però che emerga un incontestabile errore di valutazione da parte della commissione di gara.

Il Tribunale amministrativo regionale ha condivisibilmente evidenziato che il responsabile del procedimento ha ancorato la sua valutazione su un dato che presenta una sua verosimiglianza e una sua oggettività, ossia la durata di esercizio dei mezzi in uso alla stazione appaltante Marche multiservizi s.p.a., che non risulta palesemente e oggettivamente scalfito dalle censure della ricorrente.

Parimenti, la circostanza che un’impresa operante nel settore dei veicoli commerciali, l’A.m.s., abbia confermato la valutazione del r.u.p., mentre altri due operatori commerciali del medesimo settore abbiano invece espresso valutazioni maggiormente corrispondenti alla tesi propugnata dall’appellante, senza evidenziare errori o inesattezze nella valutazione dell’A.m.s. o del r.u.p., conferma viepiù che trattasi di un giudizio opinabile, che conferisce un ampio margine di apprezzamento tecnico-discrezionale alla stazione appaltante.

Secondo la consolidata giurisprudenza poc’anzi richiamata, il giudizio tecnico discrezionale espresso è inficiato da illegittimità soltanto qualora reca oggettivi vizi istruttori o di motivazione, mentre, nel caso di specie, a ben intendere, si prospetta, invece, della contrapposizione fra due opinabili prospettazioni di carattere tecnico.

27.4.2. Sulla questione delle batterie, va accolta l’eccezione di inammissibilità rilevata dalla controinteressata, la quale ha fondatamente dedotto come questa doglianza non fosse stata ritualmente formulata con il ricorso introduttivo del giudizio, ma con successivi scritti processuali.

Ad ogni modo, la società appellante motiva la riproposta censura sempre sulla scorta di un ragionamento che risulta opinabile e scaturisce da un’interpretazione frutto di argomentazioni e deduzioni, piuttosto che da evidenze irrefutabili di errori compiuti dalla stazione appaltante.

27.4.3. Sulla questione relativa all’incogruità dell’offerta relativamente alle ore annue di manodopera da impiegare e sul relativo inquadramento si possono svolgere analoghe considerazioni.

In rito, la relativa censura d’appello risulta inammissibile come eccepito dall’Egea Ambiente s.r.l., non essendo stato censurato il capo della sentenza, che in relazione a questo profilo di doglianza, ha constatato che “se fosse invece come sostiene Teknoservice, l’odierna censura non avrebbe dovuto essere dedotta come incongruità del costo indicato nelle giustificazioni, ma semmai come inammissibilità (in radice) dell’offerta tecnica poiché in contrasto con le norme del CSA essendo stata offerta una prestazione inferiore a quella minima richiesta”: la mancata impugnazione di questa autonoma motivazione di rigetto, determina il consolidarsi in parte qua delle statuizioni di primo grado.

Nel merito, si tratta di doglianze che muovono, pur sempre, dall’interpretazione della normativa prospettata dall’appellante, di segno contrario a quella fornita dalla stazione appaltante, e dalle quali non si evince la commissione di quei macroscopici vizi della funzione, al riscontro dei quali si può configurare il dedotto vizio della funzione.

27.5. Il secondo motivo di appello va pertanto respinto.

28. Può infine affrontarsi la questione posta con il terzo ed ultimo motivo di appello.

28.1. Si tratta, ancora una volta, di una censura che non può trovare accoglimento.

28.2. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio “Nelle gare pubbliche la stazione appaltante dispone di ampia discrezionalità nella redazione degli atti di gara ed è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti, purché tale scelta non sia eccessivamente ed irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito, e risponda, quindi ai parametri della ragionevolezza e della proporzionalità rispetto alla tipologia e all'oggetto dello specifico appalto” (Cons. Stato, Sez. III, 20 marzo 2020, n. 2004; Cons. Stato, Sez. III, 2 marzo 2020, n. 1484; Sez. V, 23 settembre 2015, n. 4440).

28.3. Va dunque riaffermato che, salvi i casi di manifesta irragionevolezza o altri macroscopici vizi della funzione, la stazione appaltante ha il potere di determinare i requisiti di partecipazione e quelli di qualificazione, con ampia discrezionalità.

28.4. La legge di gara, articolata attraverso il bando, inoltre, in quanto costituente un atto generale, non deve essere motivata.

28.5. Anche rispetto a questo atto, il sindacato del giudice amministrativo si limita a verificare se le prescrizioni di gara siano frutto di un’adeguata istruttoria, siano ragionevoli e proporzionate rispetto all’interesse perseguito dalla stazione appaltante.

28.6. Partendo da questi principi, risulta evidente come il bando predisposto per la gara sub iudice non risulti manifestamente irragionevole o affetto da altri vizi della funzione.

Il limite dimensionale, pur non collimando con l’effettiva popolazione del Comune di Pesaro non se ne discosta neppure in maniera manifestamente irragionevole, così come invece dedotto dall’appellante.

La fissazione di una soglia di popolazione precedentemente servita, inferiore a quella precedente, ha una sua spiegazione nell’intento di favorire l’apertura della gara ad una platea più ampia di operatori economici, il che, peraltro, sebbene in misura non particolarmente significativa, è effettivamente avvenuto.

28.7. Infine, va rilevato come la gara sub iudice, non è giuridicamente collegata a quella che è stata oggetto del precedente giudizio di annullamento, svoltosi innanzi al Giudice amministrativo (giudizio innanzi al T.a.r. per le Marche n.r.g. 435/2019; innanzi a questo Consiglio n.r.g. 2236/2020).

Ancorché sia innegabile, sul piano storico-fattuale, la connessione fra le due vicende (la seconda gara è stata bandita proprio perché è stata annullata la prima), tale circostanza non assume alcun rilievo giuridico, considerato che il precedente annullamento è stato motivato, oltre che per altri vizi della funzione, diversi da quello qui dedotto, in ragione del tenore testuale delle previsioni di quello specifico bando di gara.

Si trattava, infatti, di decidere se, in base alla lex specialis, la sussistenza di un requisito tecnico, richiesto per l’aggiudicazione dell’appalto, potesse essere dimostrato dall’aggiudicataria, prendendo come riferimento il servizio prestato in un ambito territoriale (“A.t.o.”) o in un ambito regionale (“A.r.o.”) di 100.000 abitanti, oppure, come opinato dalla ricorrente principale di quel giudizio e poi statuito dal T.a.r. (e confermato da questo Consiglio), soltanto con riferimento al singolo comune, in ragione del tenore letterale del bando di gara.

28.8. Il terzo motivo di appello va pertanto respinto.

29. In conclusione, l’appello va respinto.

30. Si ritiene equo compensare le spese del giudizio di appello, per la novità di alcune delle questioni affrontate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso n.r.g. 4132 del 2021, rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Veniva impugnato in sede giurisdizionale il provvedimento di aggiudicazione e tutti gli atti della procedura di gara per l’appalto dei servizi di raccolta dei rifiuti.

In particolare, l’impresa seconda classificata contestava l’ammissione alla gara dell’aggiudicataria, che, invece, avrebbe dovuto essere esclusa atteso che l’offerta presentata era stata sottoscritta dall'amministratore delegato dimissionario. 

Dall’istruttoria, però, era emerso che la comunicazione delle dimissioni dell’amministratore delegato, pur anteriore alla data di presentazione dell’offerta, era sottoposta alla condizione sospensiva dell’efficacia subordinata alla nomina di un suo sostituto: fino al giorno della sua sostituzione, dunque, l’amministratore delegato sarebbe rimasto in carica.

Tale circostanza, nonostante il ricorrente avesse chiesto l’efficacia ex nunc degli effetti delle dimissioni ex art. 2385 c.c., è stata ritenuta idonea ai fini della validità dell’offerta presentata.

La questione è, in realtà, relativa alla portata applicativa nella contrattualistica pubblica dell’art. 2385 c.c., che dispone che “la rinunzia [dell’amministratore] ha effetto immediato”.

La questione è stata risolta facendo applicazione dei principi generali del diritto secondo cui gli elementi accidentali del contratto possono essere apposti liberamente, a meno che non vi sia una restrizione legale in tal senso.

Il Consiglio di Stato, allora, ha ritenuto che il recesso dell’amministratore sia lasciato al suo libero apprezzamento poiché la disposizione di cui all’art. 2385 c.c., nel prevedere l’effetto immediato della rinuncia, non abbia carattere imperativo ma si limiti ad indicare una regola suppletiva, preordinata ad assicurare il buon funzionamento del consiglio di amministrazione della società, per il caso in cui la rinuncia all’ufficio da parte di uno dei membri del consiglio abbia effetto immediato e ciò possa impedirne il regolare funzionamento.

Sempre sul tema, ancora, si può anche richiamare l’istituto della prorogatio imperii che, da costante giurisprudenza civile, si ritiene ammissibile alla luce della disposizione di cui all’art. 2385 c.c.. Secondo tale interpretazione giurisprudenziale, ripresa in parte anche dalla giustizia amministrativa, si può ritenere che gli amministratori di una società di capitali conservino la rappresentanza legale della stessa fino alla nomina e all'accettazione formalizzata dell'incarico da parte dei nuovi amministratori, così da poter porre in essere tutti gli atti di gestione ordinaria dell'impresa fino al momento in cui tale fattispecie non si è perfezionata. Tra gli atti di gestione ordinaria dell'impresa che l’amministratore può compiere in regime di prorogatio imperii si devono considerare anche quelli funzionali alla partecipazione ad una gara pubblica.

Un risalente precedente del Consiglio di Stato (Sez. IV, 27/10/1983, n. 746), sempre in tema di prorogatio imperii, ha affermato che “Ai sensi dell'art. 2385 c. c., che vuole assicurare la continuità della rappresentanza legale delle società commerciali, la carica di amministratore di una società diviene operante, anche in caso di dimissioni, solo nel momento in cui il successore subentra nella carica; pertanto, l'amministratore è legittimato a proporre ricorso giurisdizionale (ed a rilasciare procura al difensore) anche quando abbia rassegnato le dimissioni, fino a quando non sia stato sostituito”. 

Quindi, in conclusione, sia che le dimissioni siano sottoposte a condizione sospensiva dell’efficacia, sia che siano immediatamente valide, l’amministratore dimissionario potrà in ogni caso continuare a porre in essere gli atti di gestione ordinaria dell'impresa tra i quali vi rientrano quelli funzionali alla partecipazione ad una gara pubblica.