Tar Calabria, sez. staccata di Reggio Calabria, sent. 765 del 7 ottobre 2021

In sede di verifica dei requisiti per la stipula di un contratto - a seguito dell’aggiudicazione definitiva di una gara ad evidenza pubblica - l’intervento di un successivo DURC negativo, emesso dall’ I.N.P.S. in ragione di irregolarità inerenti al versamento degli obblighi previdenziali, comporta la revoca dell’aggiudicazione definitiva, ai sensi dell’art. 80, comma 4, d.lgs. 50 del 2016;

si confermano i principi elaborati della giurisprudenza tanto con riferimento alla natura della presunzione di ‘gravità’ delle violazioni in materia contributiva e previdenziale “ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva” di cui all’art. 80, co. 4, d.lgs. n. 50/2016, quanto in relazione alla relativa non sanabilità postuma in caso di rilievo ad iniziativa della stazione appaltante;

le ipotesi di esclusione previste dall’art. 80, co. 4, essendo di natura obbligatoria ed ancorate ad un automatismo, non lasciano alcun margine di discrezionalità valutativa in capo alla stazione appaltante, affidando il vaglio di inaffidabilità dell’operatore economico all’ente previdenziale cui spetta l’accertamento della gravità e della definitività delle irregolarità accertate sulla base della disciplina previdenziale di riferimento, imponendosi pertanto l’esclusione dalla gara quale esito obbligatorio e vincolato.

La decisione in esame si occupa della sorte di un’impresa, risultata aggiudicataria di un appalto, la quale, in sede di verifica dei requisiti promossa dalla stazione appaltante al fine della stipulazione del contratto, si vede revocare l’aggiudicazione a causa dell’intervento di un DURC negativo, sostitutivo dell’altro positivo precedentemente rilasciato in sede di partecipazione.

In particolare, secondo il Collegio, un DURC negativo comporta una presunzione legale di gravità dell’irregolarità e, quindi, l’intervento di tale certificato obbliga la stazione appaltante ad estromettere il concorrente dalla procedura. Trattasi di un esito obbligatorio e vincolato, non soggetto peraltro a sanatoria postuma in ragione del principio della continuità dei requisiti che si estende dal momento della presentazione della domanda finanche alla fase esecutiva del contratto.

Il principio in esame, come evidenziato più volte dal Consiglio di Stato, è posto a garanzia dei principi che presiedono alla contrattualistica pubblica: trasparenza, certezza e par condicio competitorum. Ammettendo la regolarizzazione postuma, infatti, verrebbero avallati comportamenti opportunistici, consentendo all'operatore che ha perso (o che non aveva mai avuto) il requisito di riacquistarlo in corso di gara al fine di conseguire l'aggiudicazione, in palese violazione dei principi citati.

Per di più, anche volendo ragionare in tema di affidabilità dell’operatore economico, il giudice evidenzia che sarebbe stato onere della ditta, consapevole della prossimità in scadenza del DURC positivo rilasciato, verificare nuovamente la regolarità contributiva, stante il principio di auto-responsabilità e diligenza che grava su ogni partecipante ad una gara ad evidenza pubblica.

Infine, il Tar ha precisato che sulla stazione appaltante non grava alcun onere motivazionale particolarmente strutturato nel provvedimento di revoca, rimarcando nuovamente l’obbligatorietà di questi stante le risultanze obiettive emergenti dal DURC, da sole sufficienti quindi a sfociare in una esclusione dell’operatore.

Considerazioni conclusive

La sentenza in commento si allinea su più punti ad una ormai vasta giurisprudenza.

In tema di definitività dell’accertamento dell’irregolarità, infatti, è già stata considerata non rilevante “– ai fini della conduzione della procedura di gara – la possibilità che, in assenza di decadenze, siano astrattamente ancora possibili contestazioni in sede giudiziale, in quanto le stesse potrebbero sortire effetto utile sul piano del rapporto previdenziale, ma non (più) su quello evidenziale, che non può essere compromesso, per evidenti ragioni di efficienza e celerità dell’azione amministrativa, non meno da tardive regolarizzazioni che da postume contestazioni, per quanto legittime”, così Cons. St. Sez. V, sent. del 28 gennaio 2021, n. 833.

E ancora, circa un caso totalmente sovrapponibile a questo in commento, il Cons. St., Sez. V, sent. 2 luglio 2018, n. 4039, ha stabilito che “anche qualora l’operatore economico fosse in possesso di DURC regolare al momento della presentazione della domanda, deve essere escluso se, nel corso della procedura, emerga una situazione di irregolarità contributiva, ostativa al rilascio del DURC, pur se sia ancora in tempo per provvedere alla regolarizzazione e vi provveda tempestivamente ai sensi del D.M. 30 gennaio 2015”.

Circa il principio di continuità dei requisiti, il C.d.S., Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8, ha puntualizzato che "l'assenza del requisito della regolarità contributiva, costituendo condizione di partecipazione alla gara, se non posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione dell'offerta, non può che comportare la esclusione del concorrente non adempiente, non potendo valere la regolarizzazione postuma. L'impresa infatti deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura", e ancora, "non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa deve essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva" (così, C.d.S., Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5 e n. 6, in relazione al c.d. invito alla regolarizzazione o preavviso di durc negativo introdotto dall'art. 31, comma 8, del d.l. n. 69 del 2013 e regolato dal d.m. 30 gennaio 2015; nello stesso senso, C.d.S., Ad. plen., 25 maggio 2016, n. 10).

Di parere avverso, tuttavia, si segnala una pronuncia del Tar Valle D’Aosta, sent. n. 36 del 13 luglio 2018, secondo cui l’irregolarità contributiva accertata dopo l’aggiudicazione della gara non comporta la revoca della stessa, dovendo essere consentita la regolarizzazione. Infatti,  mentre “nel corso della fase di gara, le ipotesi di cui all’art. 80, sono di diretta, stretta e cogente applicazione perché deve essere garantito non solo l’interesse della P.A. ad individuare un affidabile contraente, ma ancor prima, va tutelata la par condicio tra le imprese partecipanti […] una volta scelta in modo corretto la controparte, qualora, cioè, le fattispecie “escludenti” sorgano successivamente all’aggiudicazione, non viene più in gioco la tutela della par condicio tra le imprese, ma solo l’interesse della Pubblica Amministrazione a stipulare il contratto con un soggetto affidabile e credibile, avendo riguardo all’adempimento degli obblighi previsti dalla legge e dal contratto medesimo. Ecco allora che, nell’ottica dell’affidabilità, ai fini dell’adozione di un provvedimento di revoca, la rilevanza delle diverse situazioni “escludenti” previste dall’art. 80 non è identica potendo incidere su tale giudizio, ad esempio, la possibilità, per l’aggiudicataria, di emendare la situazione medesima”. In conclusione, secondo questa pronuncia, che comunque si precisa non ha ottenuto l’avallo del giudice d’appello, “laddove non viene più in gioco il controinteresse delle altre imprese partecipanti, la violazione consistente in un Durc negativo successivo al provvedimento di aggiudicazione medesimo, rilevando solo nella misura in cui incide in modo radicale sull’affidabilità dell’impresa aggiudicataria quale contraente, deve essere valutata alla luce del comportamento tenuto dalla stessa impresa nella fase “precontrattuale” in questione e la P.A. deve consentire ad essa di regolarizzare in un termine congruo (come quello previsto dall’art. 32, comma 8 per la stipula del contratto) la situazione debitoria così venutasi a creare”.

 

LEGGI LA SENTENZA

 

 

Pubblicato il 07/10/2021

N. 00765/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00308/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 308 del 2021, proposto da
Ditta Ierullo Vittorio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giosuè Francesco Monardo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Serrata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Fidale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Inps, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Angela Maria Laganà, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Città Metropolitana di Reggio Calabria – Sua, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti

Amato Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- della nota protocollo n. 0001818 del 12.05.2021 emessa dal Comune di Serrata e comunicata in pari data;

- della determina n. 58 del 12.05.2021 emessa dal Comune di Serrata – Area Tecnica – ricevuto in pari data mediante il quale veniva revocata l'aggiudicazione definitiva con Det. n. 4/2021 alla ditta ricorrente, disposto lo scorrimento di graduatoria, e all'incameramento della cauzione provvisoria prestata;

- di ogni altro atto, provvedimento o determina, antecedente o successivo, che sia conseguenza del provvedimento di revoca impugnato;

nonché per l'accertamento

del diritto della ricorrente a conseguire il risarcimento in forma specifica mediante conseguimento dell'aggiudicazione e del relativo contratto d'appalto, ovvero mediante subentro nel contratto d'appalto eventualmente già stipulato con la ditta successivamente scelta in seguito allo scorrimento, previa dichiarazione di inefficacia del medesimo;

e per la conseguente condanna

della stazione appaltante a disporre il risarcimento in forma specifica in favore della ricorrente nei termini sopra indicati;

nonché, in via subordinata:

per l'accertamento e la declaratoria del diritto della ricorrente ad ottenere il risarcimento per equivalente, nell'ipotesi in cui non fosse possibile il risarcimento in forma specifica, con riserva di successiva quantificazione in corso di causa;

e per la conseguente condanna

della stazione appaltante a disporre il risarcimento per equivalente in favore della ricorrente nei termini sopra indicati;

nonché in via subordinata ed in ogni caso

per l'annullamento in parte qua del provvedimento di esclusione laddove viene disposta l'escussione della cauzione provvisoria e per la conseguente condanna alla restituzione di quanto nelle more eventualmente corrisposto a titolo di cauzione provvisoria, nonché per la condanna al risarcimento del danno in relazione ai pregiudizi subiti e subendi dalla ricorrente per l'escussione della cauzione medesima.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune Serrata e dell’Inps;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’ordinanza cautelare n. 190 del 16/7/2021;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2021 il dott. Alberto Romeo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato l’11 giugno 2021 e depositato il successivo 19 giugno, Ierullo Vittorio, in qualità di legale rappresentante dell’omonima ditta individuale, ha impugnato la determina emessa dal Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Serrata n. 58 del 12.05.2021, prot. n. 0001818 (e la nota, di pari data, di comunicazione della definizione del procedimento di revoca, avente identico protocollo), comunicatagli in pari data, con la quale veniva revocata ai sensi dell’art. 80, co. 4, d.lgs. n. 50 del 2016 l’aggiudicazione definitiva in suo favore dell’appalto per “interventi di recupero urbano e valorizzazione delle aree attrezzate per migliorare l’attrattività turistica” (bandito con determina della medesima Area Tecnica del 19.6.2019), e, in via conseguenziale, disposto l’incameramento della cauzione provvisoria prestata dalla ditta in fase di gara e la restituzione della garanzia definitiva per la stipula del contratto.

1.1. Il ricorrente espone in fatto che il procedimento di revoca dell’aggiudicazione, del cui avvio gli veniva data rituale comunicazione con nota prot. 1418 del 19.4.2021, traeva origine nell’emissione da parte dell’I.N.P.S., a richiesta della stazione appaltante in sede di verifica dei requisiti per la stipula del contratto, di un DURC negativo, emergendo un debito nel versamento di contributi previdenziali in relazione a numerosi periodi contributivi, per un importo totale di € 8.369,21.

1.2. Nel riscontrare tempestivamente la comunicazione di avvio del procedimento rivendicava la piena regolarità della propria posizione contributiva, specificando che l’esito negativo del DURC era da imputare a un mero errore dell’I.N.P.S., il quale aveva addebitato in seno a un invito alla regolarizzazione del 13.4.2021, comunicatogli il successivo 22.4.2021, contributi in parte già versati ed in parte immediatamente regolarizzati nel termine concesso.

Dava peraltro atto al riguardo di aver impugnato l’invito in questione dinanzi al Giudice del Lavoro di Vibo Valentia con ricorso ex art. 700 c.p.c., onde ottenere la condanna dell’I.N.P.S. all’emissione di un certificato attestante la regolarità della situazione contributiva dell’impresa. All’esito della fase sommaria il Giudice adito, con decreto inaudita altera parte del 27.4.2021, ordinava all’Istituto intimato di emettere un DURC positivo “con efficacia circoscritta al periodo compreso fra la data d’adozione del presente provvedimento e quella di celebrazione dell’anzidetta udienza di discussione” (fissata per l’8/7/2021).

1.3. Tale decreto veniva, dunque, trasmesso alla stazione appaltante in data 29.4.2021, sì da comprovare la fondatezza delle ragioni difensive e la sussistenza del requisito di ammissione contestato.

1.4. Ciò nondimeno, con nota prot. n. 0001818 del 12.5.2021 il Comune di Serrata comunicava l’esito negativo dell’istruttoria, respingendo le deduzioni difensive sulla base del rilievo secondo cui “la riemissione di certificato DURC da parte dell’INPS a seguito di ordinanza disposta su decreto cautelare del Giudice del Lavoro, limitata al periodo di validità compreso tra la data di adozione del provvedimento del Giudice e la data di discussione della causa, non comporta effetto sanante della contestata mancanza della permanenza dei requisiti in capo all’aggiudicatario costituendo la pregressa situazione una grave violazione in materia contributiva e previdenziale poiché ostativa al rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), violazione inoltre non ammissibile a regolarizzazione postuma”.

1.5. Quindi, con la determina di pari data n. 58 (recante, come già rilevato, identico numero di protocollo) a firma del responsabile dell’Area Tecnica, la stazione appaltante disponeva la revoca dell’aggiudicazione definitiva a suo favore, con incameramento della cauzione provvisoria e restituzione della garanzia definitiva, dando rilievo alla circostanza che pur avendo emesso l’I.N.P.S. in data 10.5.2021, in ottemperanza alla statuizione giudiziale, un DURC positivo, non aveva di fatto annullato il precedente certificato, “definendo di fatto un periodo in cui la permanenza dei requisiti in capo all’aggiudicataria è venuta meno”. Da ciò, dunque, conseguendo la violazione della regola stabilità dall’art. 80, co. 4, del codice degli appalti dell’ininterrotto mantenimento dei requisiti di gara in capo all’aggiudicataria, non risultando difatti ammissibile la regolarizzazione postuma della situazione debitoria, peraltro nel caso di specie neppure verificatasi.

2. Avverso gli anzidetti provvedimenti la ditta ricorrente è insorta con il presente ricorso, denunciandone l’illegittimità con due distinte doglianze articolate in relazione ai vizi di violazione di legge ed eccesso di potere.

2.1. Con una prima doglianza lamenta la violazione dell’art. 80, co. 4, d.lgs. n. 50/2016 e l’eccesso di potere per carenza dei presupposti e vizio della motivazione.

Ribadita la incontestata sussistenza del prescritto requisito di regolarità contributiva al momento di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, risultante dal certificato con scadenza 26.2.2021, rileva che la norma in questione assegna valenza escludente alla condizione di irregolarità contributiva soltanto nel caso in cui la stessa risulti grave e definitivamente accertata; condizione, quest’ultima, che certamente non potrebbe ritenersi sussistente nella vicenda di specie, stante la pendenza del giudizio instaurato dinanzi al Giudice del Lavoro per contestare la legittimità dell’invito alla regolarizzazione da cui traeva origine il DURC irregolare emesso dall’I.N.P.S. su richiesta della stazione appaltante. Anche nel merito, inoltre, la contestazione dell’irregolarità contributiva risulterebbe infondata, promanando da una erronea rettifica operata dall’I.N.P.S. in relazione ad alcuni conguagli utilizzati per provvedere al pagamento di contributi risalenti al periodo di contribuzione 2015-2016, a cui riguardo non era emersa alcuna problematica, stante l’emissione del primo certificato positivo presentato per la partecipazione alla procedura. L’invito alla regolarizzazione sarebbe stato in definitiva emanato dall’I.N.P.S. non già in conseguenza dell’accertato omesso versamento di contributi previdenziali, bensì per effetto della sopravvenuta valutazione in termini di inammissibilità dei conguagli operati dalla ditta nel 2015 in relazione a datati periodi contributivi, con conseguente rettifica della posizione debitoria e ‘riemersione’ di debiti già saldati. Una tale situazione non potrebbe, pertanto, in alcun modo essere assimilata alla causa di esclusione prevista dalla norma evocata dall’Amministrazione procedente, trovando fondamento la sopravvenuta condizione di irregolarità contributiva soltanto nel “revirement della posizione dell’Ente previdenziale” quanto all’ammissibilità delle operazioni di conguaglio effettuate.

2.1.1. Il provvedimento impugnato risulterebbe inoltre viziato anche sotto un distinto profilo, tenuto conto dell’operatività della disciplina dettata dall’art. 80, co. 4, d.lgs. n. 50/2016 nelle sole fasi che precedono l’aggiudicazione definitiva, posto che dopo detto momento la stazione appaltante potrebbe far valere l’eventuale insorgenza di ‘motivi di esclusione’ dalla gara soltanto mediante il ricorso ai rimedi dell’autotutela previsti dagli artt. 21-quinquies e/o nonies l. 241 del 1990 nella sussistenza delle prescritte condizioni e, in particolare, delle ragioni di pubblico interesse, per come, d’altro canto, desumibile dall’art. 32, co. 8, del medesimo codice degli appalti.

2.1.2. L’eccesso di potere sarebbe poi desumibile dalla carenza della motivazione del provvedimento di revoca, esauritasi nella sterile ripetizione del dettato normativo, per di più male interpretato, obliterandosi completamente la decisione adottata in via d’urgenza dal giudice del lavoro proprio con l’evidente fine di scongiurare la revoca dell’aggiudicazione.

2.2. Con una seconda doglianza parte ricorrente si duole, poi, della violazione dell’art. 38, co. 1, d.lgs. n. 163/2006 e dell’eccesso di potere, desunto oltre che dal vizio di motivazione - per irrazionalità e contraddittorietà - altresì dalla violazione dell’affidamento maturato in ordine all’aggiudicazione della gara, censurando in particolare l’omessa considerazione da parte della stazione appaltante del promovimento dell’azione giudiziaria avverso l’invito alla regolarizzazione trasmesso dall’I.N.P.S. a seguito dell’emersione, su richiesta del Comune, di una presunta condizione di irregolarità contributiva, ostando la pendenza del giudizio all’integrazione del requisito del carattere definitivo dell’accertamento della violazione prescritto dall’art. 38, co. 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2016.

3. Per resistere al ricorso si costituiva ritualmente il Comune di Serrata, evidenziando, in particolare, che la contestata condizione di irregolarità contributiva della ditta aggiudicataria era emersa in sede di verifica della persistenza del requisito in esame, cui l’Ente aveva proceduto in considerazione della scadenza della validità del certificato presentato con la domanda di partecipazione in data 26.2.2021, cioè in un momento immediatamente successivo all’aggiudicazione definitiva, disposta con determina del 12.1.2021.

Tanto basterebbe, dunque, a palesare l’infondatezza delle doglianze articolate nel ricorso, stante il venir meno del possesso continuativo dei requisiti per la partecipazione alla gara, considerato che dalla data di emissione del DURC irregolare (10.3.2021) a quella della pronuncia del decreto cautelare del G. d. L. (26.4.2021) la ditta ricorrente si sarebbe comunque venuta a trovare in una situazione di irregolarità contributiva, non suscettibile di sanatoria postuma.

Nessun dubbio potrebbe d’altronde profilarsi in ordine alla legittimità della revoca dell’aggiudicazione per i motivi indicati nel co. 4 dell’art. 80 anche dopo la conclusione della fase pubblicistica di scelta del contraente, disponendo a tal riguardo il successivo comma 6 che l’esclusione dell’operatore economico vada disposta in qualunque momento della procedura ove risulti che lo stesso si trova, prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5; da ciò conseguendo che il candidato deve conservare il possesso di tutti i requisiti generali e speciali allegati nella fase di partecipazione alla procedura di affidamento anche nelle successive fasi di stipulazione del contratto di appalto nonché per tutta la durata della relativa esecuzione, in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa sul principio della c.d. ‘continuità del possesso dei requisiti di gara’.

L’infondatezza dei motivi di ricorso emergerebbe inoltre anche sotto un distinto profilo, tenuto conto della preclusione per le stazioni appaltanti nel sindacare il contenuto degli atti acquisiti da altre amministrazioni al fine della verifica della persistenza dei requisiti generali e speciali del contraente, potendo fondarsi le relative valutazioni sulle sole risultanze oggettive emergenti dagli atti. Sarebbe stato, dunque, preciso onere della ditta ricorrente verificare la regolarità della propria posizione contributiva in relazione al periodo successivo alla scadenza della validità del certificato prodotto per la partecipazione alla gara, stante la prossimità temporale alla disposta aggiudicazione,

così, se del caso, da poter porre tempestivo rimedio agli eventuali errori e/o alle omissioni emergenti in vista della stipula del contratto in ordine.

4. Con ordinanza n. 190 del 16.7.2021, resa all’esito della camera di consiglio del giorno precedente, veniva rigettata la domanda cautelare sul rilievo dell’insussistenza del fumus boni iuris.

5. In data 6.9.2021 il Comune resistente depositava una memoria, insistendo per il rigetto del ricorso.

6. Con memoria di controdeduzioni del 15/9/2021 si costituiva anche l’I.N.P.S., ricostruendo la vicenda amministrativa sottesa all’adozione del secondo DURC ‘irregolare’ ed invocando la propria estromissione dal giudizio.

7. Quindi, all’udienza pubblica del 22.9.2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Le doglianze articolate nel ricorso sono infondate.

8.1. Dagli atti versati in giudizio consta che per la partecipazione alla procedura di gara di cui si controverte la ditta ricorrente presentava il DURC positivo, con scadenza validità 26.02.2021, rilasciato dall’I.N.P.S. in data 24.11.2020.

In data 10.3.2021, a seguito dell’interrogazione telematica operata dalla stazione appaltante ai fini della verifica della persistenza in capo all’aggiudicataria del requisito di regolarità contributiva, l’Istituto previdenziale istruiva un certificato con esito ‘irregolare’, trasmettendo al contempo alla ditta un formale invito a regolarizzare le rilevate inadempienze contributive, relative ai periodi 09/2016 e 02/2019, scaturenti da conguagli CIG effettuati al di fuori delle relative autorizzazioni, in quanto oramai scadute, nonché ai periodi compresi tra il 3/2019 ed il 12/2019.

In data 21.4.2021 l’azienda provvedeva a regolarizzare le sole inadempienze relative a questi ultimi periodi, proponendo, invece, in relazione ai rimanenti, ricorso ex art. 700 c.p.c. al Giudice del Lavoro sul rilievo dell’illegittimità della rettifica della propria posizione contributiva operata dall’I.N.P.S. in conseguenza della ritenuta decadenza dall’utilizzo del conguaglio, e chiedendone, pertanto, la condanna all’adozione di un DURC con esito regolare.

All’esito della fase sommaria, come già sopra rilevato, il giudice adito ordinava all’I.N.P.S. l’emissione di un DURC positivo con efficacia temporalmente circoscritta al periodo compreso tra il 26.4.2021 (data di adozione del decreto) e l’8.7.2021 (data dell’udienza di merito); ordine che veniva ottemperato dall’Istituto in data 7.5.2021.

9. Orbene, alla luce degli esposti rilievi, che trovano puntuale riscontro nella documentazione versata in atti dalla ditta ricorrente e dal Comune di Serrata, il Collegio ritiene di confermare integralmente il giudizio già formulato all’esito della pregressa fase cautelare, figurando le doglianze difensive insuscettibili di favorevole delibazione.

9.1. Insussistente deve ritenersi, in primis, la prospettata violazione di legge in relazione ad entrambi i profili dedotti nei due sovrapponibili motivi di ricorso.

Tenuto conto, infatti, della pacifica mancanza in capo alla ditta ricorrente del possesso continuativo del requisito della c.d. ‘regolarità contributiva’ – risultando detta condizione ‘interrotta’ quanto meno nel periodo compreso tra l’adozione del DURC negativo emesso dall’I.N.P.S. su richiesta della stazione appaltante il 10.3.2021 e il decreto del Giudice del Lavoro del 26.4.2021 –, nella vicenda in esame trovano certamente applicazione i principi elaborati dalla giurisprudenza tanto con riferimento alla natura della presunzione di ‘gravità’ delle violazioni in materia contributiva e previdenziale “ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva” di cui all’art. 80, co. 4, d.lgs. n. 50/2016, quanto in relazione alla relativa non sanabilità postuma in caso di rilievo ad iniziativa della stazione appaltante.

Sul primo versante, la giurisprudenza ha infatti avuto modo di affermare che la mancanza di un DURC regolare “comporta una presunzione legale, juris et de jure, di gravità, che obbliga la stazione appaltante ad estromettere il concorrente dalla procedura evidenziale, senza poterne sindacare, nel merito, il contenuto” (C. St., sez. V, 19 febbraio 2019, n. 1141). Ciò in quanto le ipotesi di esclusione previste dall’art. 80, co. 4, essendo di natura obbligatoria ed ancorate ad un automatismo, non lasciano alcun margine di discrezionalità valutativa in capo alla stazione appaltante, affidando il vaglio di inaffidabilità dell’operatore economico all’ente previdenziale cui spetta l’accertamento della gravità e della definitività delle irregolarità accertate sulla base della disciplina previdenziale di riferimento, imponendosi pertanto l’esclusione dalla gara quale esito obbligatorio e vincolato (C. St., sez. IV, 28 gennaio 2021, n. 849).

In relazione al secondo profilo, è opinione ampiamente consolidata nell’elaborazione giurisprudenziale, che il Collegio condivide, quella secondo cui siffatta condizione di irregolarità non viene meno per effetto della sanatoria postuma della posizione contributiva in quanto: “a) l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, compresa la fase di esecuzione del contratto; b) le procedure di invito alla regolarizzazione (…) sono destinate ad operare solo sul piano dei rapporti tra impresa ed ente previdenziale, ossia con riferimento alla certificazione richiesta dall’impresa e non anche a quella richiesta dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai fini della partecipazione alla gara d’appalto; c) lo stesso art. 80, comma 4, ad finem sterilizza l’attitudine escludente dell’irregolarità – con previsione che, per la sua natura eccezionale, deve ritenersi di stretta interpretazione – solo in caso di pagamento (o di vincolante impegno a pagare) assunto e formalizzato ‘prima della scadenza del termine di presentazione delle domande’” (cfr. C. St., sez. V, 28 gennaio 2021, n. 833).

9.2. Da ciò discende, allora, l’infondatezza di entrambe le critiche difensive articolate sul versante della violazione di legge, essendo precluso alla stazione appaltante di sindacare sotto qualsiasi profilo il contenuto del DURC ‘irregolare’ emesso dall’I.N.P.S. dietro sua richiesta in sede di verifica dei requisiti di ammissione della ditta aggiudicataria, proprio in conseguenza della natura della presunzione qualificata di gravità che assiste normativamente le violazioni contributive del tipo di quelle qui in rilievo.

Va pure rimarcato, a tal riguardo, che la ditta ricorrente provvedeva a regolarizzare la propria situazione contributiva solo all’esito della ricezione dell’invito emesso dall’I.N.P.S. il 13.4.2021, e peraltro con esclusivo riferimento ad alcune soltanto delle posizioni contributive evidenziate (quelle diverse dai due periodi saldati a mezzo del contestato conguaglio), omettendo prima di detto momento di accertarsi dello stato della propria posizione contributiva, pur nella consapevolezza della scadenza della validità del precedente certificato ‘positivo’ appena un mese dopo l’aggiudicazione e, quindi, tenuto conto della tempistica dettata dall’art. 32 d.lgs. n. 50/2016, in un momento inevitabilmente anteriore alla stipulazione del contratto.

9.3. In definitiva, alla luce degli esposti rilievi, va respinta tanto la censura prospettata sul versante della contestata sussistenza della causa di esclusione di cui all’art. 80, co. 4, d.lgs. n. 50/2016 inerente al requisito della c.d. regolarità contributiva, con specifico riferimento alla condizione della definitività dell’accertamento della violazione, quanto quella articolata in relazione alla pretesa inoperatività della disciplina dettata dalla disposizione in esame nel caso di sopravvenienze ‘ostative’ che si verifichino successivamente all’aggiudicazione definitiva.

9.3.1. Sul primo profilo la giurisprudenza ha anche recentemente ribadito che “l’accertamento negativo, anche quando sopravvenuto ad una certificazione regolare, trova ragion d’essere nella mera e obiettiva scadenza del debito previdenziale che rimane insoluto, in virtù del principio di autoresponsabilità e diligenza (… ): di tal che incombe all’operatore economico interessato la verifica – possibile in ogni momento e anche on line – della situazione effettiva di regolarità contributiva, ma anche della permanenza di tale situazione” (C. St., sez. V, n. 833/2021 cit.), precisando, ancora, che la “mera presenza di un DURC negativo al momento della partecipazione alla gara, obbliga l’amministrazione appaltante ad escludere dalla procedura l’impresa interessata, senza che possa sindacarne il contenuto ed effettuare apprezzamenti in ordine alla gravità degli inadempimenti e alla definitività dell’accertamento previdenziale”.

9.3.2. In relazione al secondo profilo, oltre a dare atto dell’osservanza in relazione al procedimento di revoca di cautele partecipative del tutto conformi alla disciplina dettata dalla l. n. 241/90, d’altronde pure richiamata nel provvedimento impugnato, è sufficiente richiamare il contenuto dell’art. 80, co. 6, del codice degli appalti, nella parte in cui è stabilito che l’esclusione dell’operatore economico possa avvenire in qualunque momento della procedura qualora risulti che esso si trovi, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5; coerentemente, del resto, al principio, già sopra richiamato, della continuità del possesso dei requisiti generali e speciali di ammissione.

10. Nulla è a dirsi, poi, con riferimento alle rimanenti doglianze incentrate, in relazione a vari profili, sul vizio di eccesso di potere, non riscontrandosi, in particolare, né il lamentato vulnus motivazionale del provvedimento di esclusione, certamente esaustivo nell’enunciazione delle ragioni ritenute ostative al mantenimento dell’aggiudicazione in favore della ditta ricorrente, né tanto meno un difetto dell’istruttoria procedimentale, trovando fondamento l’iniziativa dell’Amministrazione nelle risultanze obiettive emergenti dal certificato rilasciato dall’I.N.P.S., in sé sole sufficienti, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale sopra ricordato, a imporre l’esclusione dell’operatore economico dalla procedura.

11. Al rigetto del ricorso segue la condanna di parte ricorrente al pagamento, in favore del Comune resistente, delle spese di lite, potendosene invece disporre la compensazione, tenuto conto delle difese e richieste articolate, nei confronti dell’I.N.P.S..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Serrata, delle spese di giudizio, liquidate in € 2.000,00, con compensazione nei confronti dell’I.N.P.S.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Caterina Criscenti, Presidente

Antonino Scianna, Referendario

Alberto Romeo, Referendario, Estensore