Cons. Stato, sez. III, 13 luglio 2021, n. 5286

Ai sensi dell’art. 89, comma 1, secondo periodo, d.lgs. n. 50/2016: “Per quanto riguarda i criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all’allegato XVII, parte II, lettera f), o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia avvalersi delle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono direttamente i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste”. Di tale disposizione (art. 89, comma 1, secondo periodo, cit.) (dopo qualche incertezza di cui v’è traccia proprio nella sentenza della Sezione, 3 aprile 2019, n. 2191) prevale ora nella giurisprudenza amministrativa un’interpretazione per la quale per “esperienze professionali pertinenti” vanno intese quelle esperienze maturate in virtù di affidamenti connotati da profili di infungibilità, in qualche modo equiparabili, dunque, a quelle per le quali sono richiesti “titoli di studio e professionali di cui all’allegato XVII, parte II, lettera f”. Il discrimine tra interesse emulativo/esplorativo, insufficiente a giustificare la deroga all’esigenza di protezione dei segreti tecnici e commerciali della concorrente incorporati nella documentazione relativa all’offerta tecnica, e interesse genuinamente difensivo, atto secundum legem a superare la suddetta barriera opposta dal legislatore al soddisfacimento dell’interesse ostensivo, coincide con l’avvenuta (o meno) instaurazione di un giudizio inerente agli atti della gara cui l’istanza di accesso si riferisce.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2619 del 2021, proposto da
Cooperativa Sociale e di Lavoro Operatori Sanitari Associati – O.S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Silvia Marzot, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giorgio Fraccastoro, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Piemonte n. 39;

nei confronti

Ge.Di.S. Società Consortile a r.l., Medihospes Cooperativa Sociale Onlus e Sanitalia Società Cooperativa Onlus, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Michele Perrone, Giuseppe Lo Pinto e Fabio Cintioli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna n. 32;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 3104/2021, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I, di Ge.Di.S. Società Consortile a r.l., di Medihospes Cooperativa Sociale Onlus e di Sanitalia Società Cooperativa Onlus;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 luglio 2021 il Cons. Ezio Fedullo e viste le note di udienza presentate dagli Avvocati Silvia Marzot, Fabio Cintioli, Giuseppe Lo Pinto, Michele Perrone e Giorgio Fraccastoro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con la sentenza appellata, il T.A.R. per il Lazio ha respinto il ricorso ed i successivi motivi aggiunti proposti dalla odierna appellante - Cooperativa Sociale e di Lavoro Operatori Sanitari Associati – O.S.A. – avverso la deliberazione n. 936 del 30 settembre 2020, con la quale il Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I di Roma ha aggiudicato al costituendo RTI GE.DI.S. Società Consortile a r.l./ Medihospes Cooperativa sociale onlus la gara per l’affidamento dei servizi di assistenza infermieristica e attività di supporto nell’ambito delle strutture dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I di Roma (lotto 2), per una durata di 12 mesi rinnovabili per due volte.

Premesso che la gara, indetta con bando pubblicato il 17 gennaio 2020 e suddivisa in tre lotti, sarebbe stata aggiudicata con il criterio della offerta economicamente più vantaggiosa, con assegnazione di 70 punti per l’offerta tecnica e 30 punti per l’offerta economica, e che, all’esito alle operazioni di gara relative al lotto n. 2 (“percorso paziente Neuroscienze (Neurologico-Neurochirurgico)”), il R.T.I. Consorzio GE.DI.S. Società Consortile a r.l./ Medihospes Cooperativa sociale onlus si classificava al primo posto, con punti 96,28, di cui 66,28 punti per l’offerta tecnica e 30,00 punti per l’offerta economica, mentre la Cooperativa ricorrente si classificava al secondo posto, con punti 75,13, di cui 64,38 punti per l’offerta tecnica e 10,75 punti per l’offerta economica, l’originaria ricorrente, che aveva presentato la propria offerta per tutti e tre i lotti, censurava dinanzi al T.A.R. l’illegittimità della predetta deliberazione di aggiudicazione, concernente il lotto suindicato, sotto plurimi profili di predicata illegittimità, avanzando altresì domanda di risarcimento del danno in forma specifica, mediante subentro nel contratto eventualmente stipulato con il raggruppamento aggiudicatario (previa declaratoria della inefficacia dello stesso) e, in subordine, di risarcimento del danno per equivalente.

Come accennato, il T.A.R., con la sentenza appellata, ha ravvisato l’infondatezza dei motivi del ricorso introduttivo e di quelli aggiunti, preliminarmente respingendo l’istanza di accesso incidentale ex art. 116, comma 2, c.p.a. presentata dalla cooperativa ricorrente e relativa alle parti oscurate dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria, perché relative al know how aziendale e quindi non ostensibili ai sensi dell’art. 53, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 50/2016.

La sentenza suindicata costituisce oggetto dei plurimi motivi di ricorso formulati dalla originaria ricorrente, che ne chiede quindi la riforma in vista dell’accoglimento delle domande avanzate in primo grado.

Si oppongono invece all’accoglimento dell’appello l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I, la quale eccepisce anche il superamento dei limiti dimensionali dell’atto di gravame, la GE.DI.S. Società Consortile a r. l., che agisce in proprio e in qualità di impresa capogruppo mandataria del R.T.I., la Medihospes Cooperativa Sociale Onlus, che agisce in proprio e in qualità di impresa mandante del R.T.I., e la Sanitalia Società Cooperativa Onlus, che agisce in proprio e in qualità di consorziata designata all’esecuzione dei servizi, le quali ripropongono anche i motivi del ricorso incidentale non esaminati dal T.A.R..

Con ordinanza n. 1747 del 31 marzo 2021, la Sezione ha respinto l’istanza cautelare della appellante, ritenendo che “nella comparazione dei contrapposti interessi tipica della presente fase cautelare e tenuto conto del fatto che le censure della parte appellante non appaiono connotate da profili di fondatezza suscettibili di essere apprezzati in sede di cognizione sommaria, debba riconoscersi la prevalenza di quello dell’Amministrazione al celere avvio del servizio oggetto di gara, in esecuzione del contratto già stipulato con il RTI aggiudicatario”.

Ciò sinteticamente premesso, deve essere preliminarmente respinta l’eccezione dell’Amministrazione appellata, intesa a far valere il superamento, nel quale sarebbe incorsa la parte appellante, dei limiti dimensionali di cui all’art. 13 ter, comma 1, delle Norme di Attuazione del c.p.a., in relazione all’art. 3, comma 1, lett. b) del decreto del Segretariato generale della giustizia amministrativa del 22 dicembre 2016: ciò in quanto non risulta di fatto superato il numero massimo di caratteri previsto da quest’ultima disposizione per gli atti processuali di parte relativi al rito appalti.

Può a questo punto senz’altro procedersi all’esame dei motivi di appello, iniziando da quello rivolto avverso la statuizione reiettiva della domanda ex art. 116, comma 2, c.p.a..

Il T.A.R., al fine di motivare la reiezione della stessa, dopo aver evidenziato che, con dichiarazione del 13 marzo 2020, il costituendo raggruppamento aggiudicatario aveva indicato le parti della offerta tecnica escluse dall’accesso, evidenziando che esse “… contengono informazioni relative a sistemi e metodologie di esecuzione del servizio oggetto della presente procedura costituenti specifico know how aziendale”, ha osservato che non “può trovare applicazione il disposto dell’ultimo comma dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016, atteso che la parte ricorrente non ha fornito la prova (come era suo onere) della indispensabilità dell’accesso alle parti oscurate, ai fini della difesa giudiziale”.

Infine, il T.A.R. ha precisato che la conclusione raggiunta si allinea “al consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale “… al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio” (Consiglio di Stato, sez. V, 7 gennaio 2020 n. 64)”.

La parte appellante censura tale punto dispositivo della sentenza appellata, rilevando che, ai sensi dell’art. 53, comma 6, d.lvo n. 50/2016, è sempre “consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi”, e che quindi non sono opponibili segreti tecnici o commerciali alla parte che abbia proposto un’istanza di accesso difensiva in quanto seconda in graduatoria, atta a costituire in capo alla stessa una posizione differenziata non bisognosa di altra dimostrazione legittimante.

L’appello, già in parte qua, non è meritevole di accoglimento.

Deve preliminarmente osservarsi che la giurisprudenza che si è occupata del tema (compresa quella citata nella sentenza appellata: Consiglio di Stato, Sez. V. n. 64 del 7 gennaio 2020) ha avuto modo di precisare che “la legge non pone una regola di esclusione (dell’esercizio del diritto di accesso in relazione ai documenti dell’offerta inerenti ai segreti tecnici e commerciali dell’offerente, n.d.e.) basata su una presunzione assoluta valevole ex ante, ma impone un valutazione in concreto dei motivi addotti a difesa del segreto, per modo che possa non essere preclusivamente vulnerato «l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto» (cfr. art. 53, ult. cpv. cit.). Del resto, l’accesso è, nella materia in esame, strettamente legato alla sola esigenza di «difesa in giudizio»: previsione più restrittiva di quella dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, che contempla un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l’accesso, ove necessario, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale (cfr. Cons. Stato, V, 9 dicembre 2008, n. 6121). Ne consegue che, al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio. In particolare, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza appellata, la mera intenzione di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia, come l’impresa seconda graduata, concreto ed obiettivo interesse) non legittima un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, perché difetta la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia” (tale indirizzo interpretativo è stato ribadito, più di recente, con la sentenza della medesima Sezione n. 6463 del 26 ottobre 2020, con la quale è stato chiarito che “la mera intenzione di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia concreto ed obiettivo interesse) non legittima un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, perché difetta la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia. Ciò posto, nel caso di specie non è revocabile un dubbio che l’appellante avesse un interesse concreto e qualificato a verificare il tenore dell’offerta tecnica della controinteressata, proprio in considerazione della pendenza dei giudizi reciprocamente attivati avverso l’aggiudicazione e la successiva revoca”).

Dalle sentenze citate si evince quindi il principio secondo cui, nella specifica materia de qua, il discrimine tra interesse emulativo/esplorativo, insufficiente a giustificare la deroga all’esigenza di protezione dei segreti tecnici e commerciali della concorrente incorporati nella documentazione relativa all’offerta tecnica, ed interesse genuinamente difensivo, atto secundum legem a superare la suddetta barriera opposta dal legislatore al soddisfacimento dell’interesse ostensivo, coincide con l’avvenuta (o meno) instaurazione di un giudizio inerente agli atti della gara cui l’istanza di accesso si riferisce: conclusione che, ad avviso della Sezione, è coerente con la formulazione testuale della clausola derogatrice (art. 53, comma 6, d.lvo n. 50/2016: “In relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”), la quale subordina l’interesse ostensivo prevalente alla sussistenza di una correlazione strumentale tra l’accesso e la difesa in giudizio degli interessi che innervano la posizione di concorrente nell’ambito di una procedura di affidamento, quale non può non trovare concreta ed attuale dimostrazione nella avvenuta instaurazione di un giudizio avverso gli atti lesivi di quella procedura.

Discende, dai rilievi svolti, che, nella fattispecie in esame, lo stesso carattere incidentale della domanda di accesso costituirebbe un indice univocamente rivelatore della sua preordinazione alle esigenze difensive del suo proponente, con la conseguente astratta fondatezza della proposta domanda ostensiva.

Tuttavia, proprio il fatto che l’istanza ostensiva si inserisce in un contesto processuale destinato a risolversi, come si vedrà ed a conferma di quanto avvenuto in primo grado, con la complessiva reiezione del gravame, comporta la frattura tra essa e l’interesse (processuale) che dovrebbe sorreggerla, con la conseguente non meritevolezza dell’esigenza conoscitiva che ne è alla base: ciò tanto più in quanto la parte appellante non ha formulato alcuna istanza di rinvio, funzionale eventualmente ad allargare il thema decidendum, anche mediante la proposizione di motivi aggiunti, a profili (inerenti all’offerta tecnica della controinteressata) che ne sono attualmente estranei.

Nel successivo sviluppo del suo iter motivazionale, la sentenza appellata boccia la prospettazione attorea con la quale, premesso che l’art. 7.2 del disciplinare di gara, relativo ai requisiti di capacità tecnica, economica e professionale, richiedeva, sotto il profilo della capacità tecnica, la presentazione di una “Dichiarazione concernente la capacità tecnica (art. 86, comma 5, del D.Lgs. 50/2016 - allegato XVII, parte II), attestante l’elenco dei principali servizi infermieristici e di supporto effettuati in ospedali pubblici e/o privati e case di cura e/o cliniche private durante gli ultimi tre anni solari (2016/2017/2018), con il rispettivo importo, in misura non inferiore alla metà dell’importo annuo di ciascun lotto per cui si presenti offerta, data e destinatario”, e che la Cooperativa Medihospes (mandante del costituendo raggruppamento aggiudicatario) ha dichiarato di soddisfare il requisito in questione facendo ricorso all’istituto dell’avvalimento con la Mediterranea Soc. Coop., si lamentava che nel contratto di avvalimento prodotto in sede di gara dal raggruppamento aggiudicatario mancherebbe l’impegno della impresa ausiliaria ad eseguire direttamente i servizi oggetto dell’appalto, essendosi la Cooperativa Mediterranea impegnata solo a prestare le risorse strumentali e umane necessarie per la sua esecuzione, con la conseguenza della nullità dello stesso e della necessaria esclusione dalla gara del raggruppamento controinteressato, siccome carente di uno dei requisiti di partecipazione.

Al fine di giustificare la conclusione reiettiva, il giudice di primo grado, dopo aver evidenziato che l’art. 89, comma 1, secondo periodo, del codice dei contratti dispone che “per quanto riguarda i criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all’allegato XVII, parte II, lettera f), o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia avvalersi delle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono direttamente i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste” e dichiarato di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale “la disposizione normativa sopra richiamata ha “….una portata circoscritta a determinati e ben individuati requisiti (“…si avvalga di altri soggetti per sopperire alla mancanza di titoli di studio e professionali di cui all’allegato XVII, parte II, lettera f) o di esperienze professionali pertinenti”) e la valenza eccezionale della disposizione suindicata preclude l’estensione del suo ambito operativo a fattispecie diverse da quelle ivi espressamente contemplate” (Consiglio di Stato, sez. III, 9 marzo 2020 n. 1704)”, ha osservato che “con riguardo all’appalto in questione non vengono in rilievo i titoli di studio o professionali né le “esperienze professionali pertinenti”, cui fa riferimento la norma, con la conseguenza che non vi è motivo per discostarsi dall’ordinario regime giuridico dell’istituto dell’avvalimento”.

Osserva in senso critico la parte appellante che la richiesta dello svolgimento di servizi analoghi, cui si riferisce l’art. 7.2 del disciplinare di gara, attiene alle “esperienze professionali pertinenti” cui (insieme ai “titoli di studio e professionali”) ha riguardo l’art. 89, comma 1, d.lvo n. 50/2016 al fine di esigere che l’impresa ausiliaria assuma l’impegno all’esecuzione diretta del servizio: ciò alla luce del combinato disposto dell’art. 83 del codice, laddove, per accertare la capacità tecnica dei concorrenti, ammette requisiti idonei a “garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto”, e del successivo allegato XVII, il quale elenca i “mezzi di prova” per comprovare detta capacità, tra cui (alla lettera a) del punto ii) “un elenco delle principali forniture o dei principali servizi effettuati negli ultimi tre anni, con indicazione dei rispettivi importi, date e destinatari, pubblici o privati”.

Il motivo non può essere accolto.

Il ragionamento della parte appellante può essere condiviso – come del resto ha fatto il giudice di primo grado – laddove sostiene l’inerenza del requisito di cui all’art. 7.2, lett. a), del disciplinare di gara alla dimostrazione della capacità tecnica e professionale dei concorrenti: a tale conclusione, del resto, è dato agevolmente pervenire facendo leva sulla testuale formulazione della clausola de qua, la quale, alludendo espressamente alla “capacità tecnica (art. 86, comma 5, del D.Lgs. 50/2016 - allegato XVII, parte II)”, denota chiaramente la volontà della stazione appaltante di assumere l’oggetto della obbligatoria attestazione da rendersi sul punto dai concorrenti, inerente all’”elenco dei principali servizi infermieristici e di supporto effettuati in ospedali pubblici e/o privati e case di cura e/o cliniche private durante gli ultimi tre anni solari (2016/2017/2018), con il rispettivo importo, in misura non inferiore alla metà dell’importo annuo di ciascun lotto per cui si presenti offerta, data e destinatario”, quale indice rivelatore del possesso da parte degli operatori di “risorse umane e tecniche ed esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 83, comma 6, in relazione all’art. 83, comma 1, lett. c) d.lvo n. 50/2016).

Può altresì esprimersi consenso in ordine alla inerenza del suddetto requisito all’”esperienza professionale” dell’impresa, considerata dal legislatore, insieme al possesso attuale di un idoneo bagaglio di “risorse umane e tecniche”, quale indice della sua “capacità tecnica”, ovvero della attitudine all’esecuzione dell’appalto “con un adeguato standard di qualità”.

Il punto in cui la costruzione giuridica della parte appellante si discosta, ad avviso della Sezione, dal paradigma normativo invocato è, invece, quello relativo ai presupposti dell’obbligo di “esecuzione diretta” dell’appalto da parte dell’impresa ausiliaria Mediterranea Soc. Coop., di cui la mandante Cooperativa Medihospes si è avvalsa ai fini della dimostrazione del possesso del requisito suindicato: presupposti delineati dall’art. 89, comma 1, secondo periodo d.lvo n. 50/2016, ai sensi del quale “per quanto riguarda i criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all’allegato XVII, parte II, lettera f), o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia avvalersi delle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono direttamente i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste”.

Come infatti evidenziato da questa Sezione (sentenza n. 1704 del 9 marzo 2020), “l’art. 89, comma 1 del Codice dei contratti, per quanto qui di più diretto interesse, prevede che "Per quanto riguarda i criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all'allegato XVII, parte II, lettera f), o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia avvalersi delle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono direttamente i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste". Ad una piana lettura del divisato dato normativo è di tutta evidenza come il meccanismo sostitutivo rivendicato dall’appellante (nel senso della necessaria previsione dell’impegno dell’ausiliaria di eseguire direttamente, in proprio, il servizio oggetto dell’avvalimento, n.d.e.) abbia una portata circoscritta a determinati e ben individuati requisiti ("...si avvalga di altri soggetti per sopperire alla mancanza di titoli di studio e professionali di cui all'allegato XVII, parte II, lettera f) o di esperienze professionali pertinenti") e la valenza eccezionale della disposizione suindicata preclude l’estensione del suo ambito operativo a fattispecie diverse da quelle ivi espressamente contemplate. Ed, invero, le prestazioni relative all’appalto qui in rilievo non rivelano caratteri infungibili e, dunque, non richiedono la spendita di alcun "titolo di studio" e/o di alcuna "esperienza professionale pertinente", ovvero di capacità non agevolmente trasferibili con la messa a disposizione che discende dall’avvalimento qui in rilievo”.

Tale indirizzo interpretativo, del resto, è conforme al prevalente orientamento che la giurisprudenza ha maturato in relazione alla questione in esame, essendosi più recentemente affermato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1701 del 1° marzo 2021) che “di tale disposizione (art. 89, comma 1, secondo periodo, n.d.e.) (dopo qualche incertezza di cui v’è traccia proprio nella sentenza della Sezione 3 aprile 2019, n. 2191) prevale ora nella giurisprudenza amministrativa un’interpretazione per la quale per "esperienze professionali pertinenti" vanno intese quelle esperienze maturate in virtù di affidamenti connotati da profili di infungibilità, in qualche modo equiparabili, dunque, a quelle per le quali sono richiesti "titoli di studio e professionali di cui all’allegato XVII, parte II, lettera f" (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2020, n. 1704). È questa certamente l’interpretazione preferibile, poiché consonante con la formulazione linguistica della norma come pure con la sua ratio. Dal primo punto di vista, infatti, la qualificazione come "pertinenti" delle esperienze professionali necessita di un termine di relazione - rispetto al quale appunto possa predicarsi la pertinenza - il quale non può che essere costituito dai "titoli di studio e professionali" citati in precedenza; a voler diversamente intendere, la norma sarebbe monca poiché mancherebbe il termine relazionale non potendosi assumere, senza riscontro nel testo della legge, che si sia inteso far riferimento alle attività oggetto del contratto. D’altronde - e si viene così ad indagare la ratio della disposizione - la prescrizione dell’esecuzione diretta del servizio da parte dell’ausiliaria va ritenuta di stretta interpretazione (lo si argomenta da Corte di Giustizia dell’Unione europea, sez. I, 7 aprile 2016 nella causa C-324-14, Partner Apelski Dariusz), pena il sovvertimento della natura del contratto di avvalimento che non consiste nell’associare a sé altri nell’esecuzione del contratto in affidamento, ma di acquisire in prestito le risorse altrui per svolgere in proprio la prestazione a favore della stazione appaltante. Ne segue, allora, che in maniera coerente il legislatore ha richiesto l’esecuzione diretta dell’ausiliaria nei casi in cui l’operatore sia privo di titoli professionali o di studio (indicati dall’allegato XVII parte II lett. f) che non possono essere trasferiti ad altri poiché evidentemente strettamente personali al soggetto che li abbia acquisiti ovvero - e in ciò v'è spiegazione del riferimento alle esperienze professionali pertinenti - qualora la stazione appaltante abbia richiesto, quale requisito di partecipazione esperienziale, esperienze professionali maturate proprio in virtù della spendita dei predetti titoli di studio o professionali, all’evidenza, anch'essi espressione di capacità personali, non trasmissibili ad altri”.

Ai già di per sé persuasivi argomenti esegetici desumibili dai citati precedenti, devono aggiungersi i seguenti ulteriori, direttamente ricavabili dal tenore testuale della norma de qua:

1) l’interpretazione secondo cui la limitazione alle sole “pertinenti” delle “esperienze professionali” implicanti l’obbligo di esecuzione diretta da parte dell’impresa ausiliaria avrebbe come termine di riferimento il servizio oggetto di gara assume carattere abrogativo del suddetto requisito qualificante, essendo evidente che la capacità professionale dell’impresa non può che essere desunta dai servizi analoghi a quello oggetto di gara precedentemente espletati;

2) la mancata indicazione da parte del legislatore, al fine di puntualizzare il riferimento alle “esperienze professionali pertinenti”, laddove avesse inteso avere riguardo ai servizi analoghi precedentemente resi dal concorrente, della lettera (a, punto ii, dell’allegato XVII, parte II) che li contempla quale mezzo di prova della capacità tecnica del fornitore di servizi (ex art. 86, comma 5, d.lvo n. 50/2016);

3) il riferimento (al plurale) alle “esperienze professionali pertinenti”, specialmente se raffrontato al richiamo fatto (al singolare) dall’art. 83, comma 6, d.lvo n. 50/2016 all’”esperienza” necessaria “per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità”, il quale depone nel senso che il legislatore abbia avuto riguardo a “specifici” precedenti servizi svolti dal concorrente (recte, dall’impresa ausiliaria), muniti, a differenza della generica “esperienza” dimostrata mediante lo svolgimento di servizi analoghi a quello oggetto di gara, di una qualificata attitudine dimostrativa della capacità tecnica e professionale alla corretta esecuzione dell’appalto, così come attestata dal possesso, da parte del soggetto erogatore, di specifici “titoli di studio e professionali”.

Adattando i principi interpretativi alla fattispecie in esame, non resta che evidenziare che non emergono – né comunque sono stati dedotti dalla parte appellante – profili di infungibilità della prestazione oggetto di appalto, i quali ne leghino strettamente l’esecuzione, al fine di assicurarne la rispondenza ai previsti standards di qualità, al possesso di specifici titoli di studio e professionali e di correlate “esperienze professionali pertinenti”, all’uopo espressamente richieste da parte della lex specialis in capo al concorrente e che questi ritenga di acquisire mediante il ricorso all’avvalimento.

Non si ignora, a tale riguardo, che l’esecuzione dei servizi infermieristici e socio-sanitari richiede il possesso di specifici titoli abilitanti in capo al personale: trattasi, tuttavia, di profilo irrilevante ai fini applicativi della norma de qua, la quale, essendo finalizzata a disciplinare il rapporto tra la lex specialis (in punto di requisiti di partecipazione di ordine tecnico-professionale) e l’istituto dell’avvalimento, esige che si abbia diretto quanto esclusivo riguardo, ai fini della individuazione del contenuto obbligatorio dell’impegno dell’impresa ausiliaria, alla formulazione del requisito esperenziale oggetto di avvalimento ad opera della disciplina di gara ed al “peso” che in esso deve espressamente assumere, sempre secondo la definizione datane dalla lex specialis, il “titolo di studio e professionale” di cui si tratti.

Nemmeno assume rilievo decisivo, a favore della parte appellante, il recentissimo precedente di cui alla sentenza del T.A.R. Umbria n. 192 del 22 marzo 2021, da essa richiamato con memoria del 15 giugno 2021, in quanto non si occupa espressamente dei profili ermeneutici innanzi esaminati.

Ai rilievi svolti deve aggiungersi quello inteso ad evidenziare che, in ogni caso, la formulazione del contratto di avvalimento è idonea a disvelare il coinvolgimento dell’impresa ausiliaria nell’esecuzione della prestazione oggetto di appalto secondo un grado di intensità tale da consentire di equipararne il ruolo a quello di “esecutore diretta” del servizio di cui si tratta.

Come si evince dal suddetto contratto, infatti, l’impresa ausiliaria si impegna a mettere a disposizione di quella ausiliata, oltre ai “propri requisiti di capacità tecnica e professionale”, “tutte le risorse necessarie all’espletamento del servizio, macchinari, attrezzature, tutte le figure professionali a supporto per l’esecuzione dei servizi oggetto di gara” (…) “nonché tutte le risorse, nessuna esclusa, ivi comprese la propria struttura operativa, il personale qualificato, le tecniche operative ed i mezzi organizzativi correlati alla propria attività, insomma il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che hanno consentito l’acquisizione del requisito de quo, oggetto di avvalimento, quali:

- risorse e mezzi per la risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà;

- standard operativi e procedure di intervento elaborate per una più efficace esecuzione dei servizi affidati;

- parte del personale a supporto per l’esecuzione del servizio e precisamente:

n. 8 O.S.S.;

n. 8 ausiliari;

n. 10 infermieri”.

Ebbene, deve ritenersi che la struttura organizzativa posta dall’impresa ausiliaria, in virtù del suddetto impegno, a disposizione della mandante del RTI aggiudicatario sia connotata da un grado di ampiezza e complessità che induce ad affermare che essa sia “direttamente” coinvolta nell’esecuzione del servizio, il quale risulta solo sostanzialmente svolto dall’impresa concorrente, ma di fatto vede il concorso decisivo e pressoché “sostitutivo” dell’impresa ausiliaria.

Deve quindi richiamarsi quanto recentemente statuito da questo Consiglio di Stato (cfr. sentenza della Sez. V, n. 2048 del 10 marzo 2021), con riferimento ad un contratto di avvalimento dotato di analoghi elementi di specificità, nel senso che “la predetta elencazione consente, al contrario, di inferire, pur in assenza di una non necessaria formulazione espressa, l’impegno dell’ausiliaria ad eseguire direttamente il servizio di refezione scolastica”.

La reiezione del motivo di appello in esame induce a prescindere dall’esame dell’impugnazione incidentale della sentenza appellata, proposta in via subordinata dalle imprese costituenti il RTI aggiudicatario, nella parte in cui non ha esaminato il ricorso incidentale dalle stesse formulato in primo grado avverso il par. 7.2, lett. a), del disciplinare e dei relativi chiarimenti forniti dalla Stazione appaltante, ove interpretati nel senso di ritenere che il requisito speciale del c.d. “fatturato specifico” richiesto dalla lex specialis afferisca alla “capacità tecnico-professionale” dei concorrenti, anziché alla “capacità economico-finanziaria” degli stessi: tema la cui soluzione, in senso contrario alla prospettazione della ricorrente incidentale, è stata comunque precedentemente illustrata.

Il T.A.R. ha altresì respinto la censura collegata, intesa a lamentare la carenza di onerosità del contratto di avvalimento, essendosi nello stesso precisato che “le parti di comune accordo stabiliscono che, trattandosi di contratto a titolo oneroso, di regolare con separato atto il corrispettivo dello stesso;…”.

La sentenza appellata motiva la statuizione reiettiva rilevando che “il fatto che la determinazione del corrispettivo contrattuale sia rimessa ad un separato atto negoziale non legittima a ritenere che il contratto di avvalimento in questione sia privo del carattere della onerosità, essendo stato anzi espressamente ribadito dalle parti il carattere oneroso dello stesso”.

Deduce in chiave critica la parte appellante che, se deve servire a comprovare, come ritenuto dalla giurisprudenza, il “carattere non meramente formale” dell’accordo, l’entità del corrispettivo deve emergere o dal contratto stesso o da un suo addendum formato prima della partecipazione alla gara e comunque allegato in gara al contratto di avvalimento, atteso che, in caso contrario, non sarebbe possibile alla stazione appaltante verificare la “tenuta” del contratto di avvalimento, in quanto il separato atto potrebbe o non essere mai stato sottoscritto o avere un corrispettivo meramente simbolico inidoneo a conferire natura onerosa al contratto di avvalimento.

Nemmeno tale profilo di censura può ritenersi fondato.

Deve premettersi che la parte appellante contesta la nullità del contratto di avvalimento sul rilievo che esso, quanto alla determinazione del corrispettivo spettante all’impresa ausiliaria, prevede che “le parti di comune accordo stabiliscono che, trattandosi di contratto a titolo oneroso, di regolare con separato atto il corrispettivo dello stesso”.

Ebbene, deve ritenersi che la lacuna lamentata sia suscettibile di integrazione in forza della norma suppletiva, analogicamente applicabile, di cui all’art. 1657 c.c., concernente il contratto di appalto, a mente del quale “se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo né hanno stabilito il modo di determinarla, essa è calcolata con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, è determinata dal giudice”.

Deve infatti rilevarsi che ricorre, anche (anzi, a fortiori) con riferimento al contratto di avvalimento, l’esigenza di ancorare la determinazione del corrispettivo all’effettiva entità della prestazione resa dall’impresa ausiliaria, quale potrà delinearsi solo all’esito, o comunque nel corso, dell’esecuzione dell’appalto, alla luce delle specifiche esigenze di “soccorso” manifestate dall’impresa ausiliata ovvero della concreta attività sostitutiva posta in essere da quella ausiliaria.

Del resto, la tesi attorea, secondo cui l’esigenza di indicare esattamente il corrispettivo fin dal momento della stipulazione del contratto di avvalimento sarebbe funzionale a garantire la serietà dell’impegno di messa a disposizione assunto dall’impresa ausiliaria, prova troppo, atteso che anche la formale pattuizione ex ante del corrispettivo potrebbe non assolvere appieno alla suindicata finalità, potendo astrattamente essere accompagnata da una intesa simulatoria delle parti, dissimulante la effettiva gratuità del contratto.

Ne discende che, a fronte della univoca dichiarazione delle parti di riconoscere carattere oneroso al contratto di avvalimento, pur riservandosi di determinare successivamente il relativo corrispettivo, sarebbe stato onere della parte appellante fornire concreti elementi dimostrativi della volontà delle parti di non dare seguito alla clausola suindicata, la quale invece, anche in forza del meccanismo determinativo contemplato dalla citata disposizione codicistica, garantisce sufficientemente l’onerosità del contratto di cui fa parte.

Il T.A.R. ha quindi preso in esame la censura con la quale la parte ricorrente lamentava che, in ossequio al disposto dell’art. 7.1 del disciplinare di gara, il raggruppamento aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per carenza del requisito di idoneità da esso richiesto, atteso che la Ge.Di.S. Società Consortile a r.l. (mandataria del costituendo raggruppamento aggiudicatario) risultava iscritta alla Camera di Commercio con un codice ATECO diverso da quello relativo alle attività oggetto della procedura di gara.

Il giudice di prima istanza, in chiave reiettiva, premesso che la citata disposizione della lex specialis, rubricata “Requisiti di idoneità”, richiedeva l’“iscrizione nel registro tenuto dalla Camera di commercio industria, artigianato e agricoltura oppure nel registro delle commissioni provinciali per l’artigianato per attività coerenti con quelle oggetto della presente procedura di gara”, ha osservato che essa non richiedeva quindi, a pena di esclusione, uno specifico codice ATECO di iscrizione alla Camera di Commercio, ma solo che l’iscrizione camerale fosse per “attività coerenti” con l’oggetto della procedura di gara (servizi infermieristici e di supporto): quindi, poiché dalla visura camerale della Ge.Di.S. Società Consortile a r.l. risultava che l’oggetto della predetta società ricomprende una serie variegata di attività, tra cui “pulizie di strutture sanitarie e ospedaliere … rifacimento letti … organizzazione gestione e fornitura di servizi socio assistenziali … servizi di assistenza sociale residenziale … assistenza sociale non residenziale … altre attività di servizi per la persona …”, “ossia attività che ben possono considerarsi coerenti con l’oggetto della procedura di gara de qua”, ha dichiarato di conformarsi al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale “la congruenza contenutistica che deve sussistere tra le risultanze descrittive del certificato camerale e l’oggetto del contratto d’appalto non deve tradursi in una perfetta ed assoluta sovrapponibilità tra tutte le componenti dei due termini di riferimento, ma va appurata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale e, quindi, in virtù di una considerazione non già atomistica e frazionata, bensì globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto” (Consiglio di Stato, sez. VI, 27 agosto 2020 n. 5259; sez. III , 10 luglio 2019 n. 4866).

Osserva in chiave critica la parte appellante che il mandatario Consorzio GEDIS aveva dichiarato il codice attività ATECO “81.21.00”, corrispondente ai “servizi di pulizia generale (non specializzata) di edifici”, e che la carenza del requisito in discorso alla data di presentazione dell’offerta era confermata dall’affermazione, resa in corso di giudizio, che solo il “10 novembre 2020” aveva chiesto di essere iscritto presso la CCIAA per l’attività “Gestione attività infermieristica”, laddove, come risultava dalla visura antecedente alla modifica, vi era solo l’iscrizione per “Servizi di pulizia, disinfestazione, derattizzazione, sanificazione”.

Aggiunge la parte appellante che l’assenza del requisito in questione trova conferma nella visura INAIL del Consorzio GEDIS, ove manca la posizione assicurativa contraddistinta dal codice “0311” (“Erogazione di prestazioni sanitarie e assistenziali residenziali e semiresidenziali da parte, ad esempio, di: ospedali, …”; mentre figurano i codici “0210” (“Attività di ristorazione”), “0421” (“Servizi di pulizia e sanificazione”), “0722” (“Attività d’ufficio”), “0723” (“Attività di cui alla voce 0722 effettuate da personale che, per lo svolgimento delle proprie mansioni accede anche in cantieri, opifici e simili”), “9232” (“Carico, scarico, facchinaggio di qualunque altra merce”).

Lamenta infine la parte appellante che la sentenza appellata non chiarisce sulla base di quali elementi i “Servizi di pulizia, disinfestazione, derattizzazione, sanificazione”, ossia le prestazioni erogate dal Consorzio (ed in base alle quali è stato attribuito il codice ATECO), possano essere assimilabili o quantomeno coerenti con quelle infermieristiche, oggetto di gara ed alle quali sono rapportati tutti i requisiti di qualificazione previsti dalla lex specialis.

Il motivo non è meritevole di accoglimento.

Si discute del possesso in capo all’’impresa mandataria del requisito di cui all’art. 7.1 del disciplinare di gara, rappresentato da “iscrizione nel registro tenuto dalla Camera di commercio industria, artigianato e agricoltura oppure nel registro delle commissioni provinciali per l’artigianato per attività coerenti con quelle oggetto della presente procedura di gara”: requisito di cui l’art. 7.3 prescriveva il possesso da parte di “ciascuna delle imprese raggruppate/raggruppande, consorziate/consorziande o GEIE”.

L’oggetto del servizio, rispetto al quale verificare la “coerenza” delle attività per le quali il concorrente risultava iscritto nel registro della C.C.I.A.A., è individuato dall’art. 1 (“descrizione del servizio”) del “documento tecnico” nei termini seguenti:

“Il servizio oggetto dell’appalto consiste nell’affidare globalmente l’assistenza infermieristica e l’attività di supporto nelle aree individuate nell’Allegato 1(A-B-C)”.

Il richiamato allegato 1e declina le competenze proprie dei profili professionali riconducibili alle due tipologie di attività nei termini di seguito illustrati:

ASSISTENZA INFERMIERISTICA (D.M. 739/94)

• Accettazione, valutazione infermieristica e presa in carico dei pazienti ricoverati nel reparto di degenza

• Corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico terapeutiche e dei protocolli aziendali

• Attività di assistenza diretta competenza infermieristica

• Utilizzo documentazione infermieristica

ATTIVITA’ DI SUPPORTO (Accordo Conferenza Stato Regioni 22 febbraio 2001)

• Attività previste dal profilo specifico a supporto dell’assistenza infermieristica del reparto (cure igieniche, alimentazione pazienti, riordino reparti)

• Trasferimento pazienti verso strutture diagnostiche (RMN-TAC ETC) o reparti di degenza. Trasporto materiali biologici

• Ritiro risposte esami diagnostici

• Ritiro farmaci/ Ritiro materiali.

E’ quindi evidente, alla luce della descrizione dell’oggetto del servizio operata dalla lex specialis, che esso abbraccia sia le attività propriamente infermieristiche, di pertinenza dell’infermiere, che quelle di supporto, demandate alle competenze dell’operatore socio-sanitario: se entrambe, quindi, concorrono alla definizione dell’oggetto dell’appalto, non può negarsi che quella propriamente infermieristica assume rilievo qualificante, essendo quella degli O.S.S. di supporto alla stessa.

Devono a questo punto richiamarsi i principi interpretativi elaborati dalla giurisprudenza al fine di verificare il possesso del requisito professionale de quo (ai quali ha dichiarato di aderire lo stesso giudice di primo grado), secondo cui l’inerenza all’oggetto della gara (ma lo stesso vale per la coerenza con lo stesso, cui fa riferimento la lex specialis della gara in questione) “non significa corrispondenza assoluta (id est: intesa quale perfetta sovrapponibilità) tra le risultanze descrittive della professionalità dell’impresa, come riportate nell’iscrizione camerale, e l’oggetto del contratto di appalto, ma quale congruenza contenutistica, secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, attraverso una valutazione non atomistica e frazionata, ma globale e complessiva delle prestazioni oggetto di affidamento", per cui l’iscrizione dell’attività nel registro camerale, richiesta dalla disciplina di gara al fine di verificare il possesso del corrispondente requisito professionale, “va intesa in senso strumentale e funzionale all’accertamento del possesso effettivo del requisito soggettivo di esperienza e fatturato, costituente il requisito di interesse sostanziale della stazione appaltante”, ed “eventuali imprecisioni della descrizione dell’attività risultanti dal certificato camerale non possono determinare l’esclusione della concorrente che ha dimostrato l’effettivo possesso dei requisiti soggettivi di esperienza e qualificazione richiesti dal bando (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 7846 del 15 novembre 2019): nondimeno, come afferma la medesima giurisprudenza, “non può ritenersi irragionevole o illogica la previsione della legge di gara che richieda l’iscrizione alla CCIAA per l’attività oggetto dell’appalto, poiché tale iscrizione è finalizzata a dar atto dell’effettivo ed attuale svolgimento di tale attività, laddove le indicazioni dell’oggetto sociale individuano solamente i settori, potenzialmente illimitati, nei quali la stessa potrebbe astrattamente venire ad operare, esprimendo soltanto ulteriori indirizzi operativi dell’azienda, non rilevanti ove non attivati”.

Con più specifico riferimento alla fattispecie in esame, deve ritenersi che la “coerenza” richiesta dalla disciplina di gara, al fine di puntualizzare il requisito in discorso, alluda al fatto che tra le attività oggetto di iscrizione e quella oggetto di gara non devono sussistere profili di incompatibilità e/o contraddittorietà, nel senso della afferenza delle stesse ad ambiti professionali del tutto disomogenei, ma non esclude che tra gli stessi, perché possa ritenersi integrato il requisito suindicato, sia ravvisabile un rapporto tale che l’una sia lo sviluppo dell’altra, nel quadro della naturale evoluzione che caratterizza la dinamica imprenditoriale nello specifico settore considerato.

Tale lettura del requisito in esame è coerente con la finalità dello stesso, così come posto in evidenza dal citato indirizzo giurisprudenziale, in quanto, se da un lato serve ad escludere dal confronto competitivo quelle imprese che si “improvvisino” quali operatori del settore di riferimento della gara, dall’altro lato non preclude alle stesse di partecipare all’aggiudicazione di commesse che, pur inerendo ad un settore professionale relativamente “nuovo”, si pongano con quello già stabilmente occupato, da un punto di vista operativo, in un rapporto di completamento/integrazione.

Ebbene, applicando tali coordinate interpretative alla fattispecie in esame, deve premettersi che dall’esame della visura camerale del Consorzio mandatario del RTI aggiudicatario si evince che esso svolge quale attività primaria “servizi di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione, sanificazione”: tale attività, evidentemente, è irrilevante al fine di dimostrare il possesso del requisito professionale in discorso, alla luce dei criteri interpretativi innanzi illustrati ed ai fini della verifica del suddetto rapporto di “coerenza”, per la sua palese eterogeneità rispetto al servizio oggetto di gara.

Si evince tuttavia dal medesimo documento che il Consorzio GEDIS svolge, quale attività secondaria, quelle di “organizzazione, gestione e fornitura di servizi socio-assistenziali”; dalla medesima visura si ricavano inoltre, tra le “classificazioni ATECORI 2007”, il codice 87, relativo a “servizi di assistenza sociale residenziale”, ed il codice 88, relativo a “servizi di assistenza sociale non residenziale”.

Ritiene la Sezione che, con riferimento a tali attività, sia invece riconoscibile il nesso di “coerenza” con i servizi oggetto di gara, tale da consentire di affermare la sussistenza, in capo alla aggiudicataria, del requisito professionale in questione.

Deve infatti rilevarsi, da un lato, che se tra la tipologia di servizi in questione sussiste un rapporto di coincidenza con una parte almeno delle attività oggetto di gara (quelle, in particolare, che riguardano i servizi di “supporto” alle attività infermieristiche), dall’altro lato, non vi è dubbio che essa si ponga in rapporto di complementarietà/integrazione con le attività di assistenza infermieristica, quale è dimostrato dalla stessa impostazione dell’oggetto della gara, che abbraccia entrambi entro un unico servizio, sebbene distinto nelle due componenti evidenziate.

La conclusione esposta trova conferma assumendo a riferimento, al fine di accertare la sussistenza del rapporto di “coerenza” in questione, la codificazione ATECO, cui ha riguardo la stessa parte appellante al fine di supportare le sue deduzioni.

Invero, come allegato dal RTI aggiudicatario, dal sito istituzionale del codice ATECO (https://www.codiceateco.it/sezione?q=Q) si evince che entrambe le attività appartengono alla macrocategoria “Q SANITÀ E ASSISTENZA SOCIALE - 86 Attività dei servizi sanitari - 87 Servizi di assistenza residenziale - 88 Assistenza sociale non residenziale”, la quale “include l'erogazione di servizi sanitari e le attività di assistenza sociale. È inclusa una vasta gamma di attività, tra cui l’assistenza sanitaria fornita da medici professionisti presso ospedali e altre strutture, le attività di assistenza domiciliare che implicano anche un certo livello di assistenza sanitaria o le attività di assistenza sociale che non implicano il coinvolgimento degli operatori sanitari”.

In particolare, i “servizi di assistenza sociale residenziale”, classificati con il codice 87 (presente, come si è detto, nella visura camerale di GEDIS), includono “l'erogazione di servizi residenziali di assistenza sanitaria associata a servizi infermieristici, di supervisione o di altro tipo, secondo le necessità dei residenti. Le strutture ricoprono un ruolo significativo nel processo di produzione e l'assistenza erogata consiste in un insieme di servizi sociali e sanitari, di cui questi ultimi si configurano quasi esclusivamente come servizi infermieristici”: ciò ad ulteriore riprova della stretta integrazione tra servizi infermieristici e servizi di assistenza socio-sanitaria, di cui è riflesso lo stesso oggetto della gara de qua e che corrobora la conclusione esposta, in termini di sussistenza tra l’oggetto della gara e l’attività per la quale l’aggiudicataria è iscritta nel registro della CCIAA, del prescritto rapporto di “coerenza”.

Minor peso, ai fini della verifica in discorso, deve invece riconoscersi alla modifica apportata solo in data 10 novembre 2020 alla iscrizione camerale della suddetta società, quale si evince dalle pagg. 14 e 57 della relativa visura camerale, in base alla quale il Consorzio risulta svolgere, quale attività secondaria, anche quella di “gestione attività infermieristica presso cliniche, case di cura, residenze sanitarie, strutture ospedaliere”: invero, sebbene la suddetta attività coincida perfettamente (e non sia solo “coerente”) con l’oggetto della gara, e la medesima attività risulti svolta dal 9 gennaio 2020, essa non potrebbe venire in rilievo per i fini de quibus, tenuto conto del carattere costitutivo, al fine di ritenere integrato il requisito in discorso alla data (16 marzo 2020) di scadenza del termine per la presentazione delle offerte, della “iscrizione nel registro tenuto dalla Camera di commercio industria, artigianato e agricoltura oppure nel registro delle commissioni provinciali per l’artigianato per attività coerenti con quelle oggetto della presente procedura di gara”.

La reiezione del motivo di appello in esame consente di prescindere dalla deduzione difensiva del RTI controinteressato, intesa ad evidenziare che GEDIS, nella sua qualità di consorzio stabile ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. c) d.lgs. n. 50/2016, ha dichiarato di partecipare alla gara per conto della propria consorziata Sanitalia, la quale detiene il requisito dell’iscrizione camerale previsto dal par. 7.1. del disciplinare, all’uopo invocando il disposto dell’art. 47, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, laddove permette ai “consorzi stabili” di dimostrare il possesso dei requisiti speciali di ammissione, ivi compresi quelli di idoneità professionale, attraverso le proprie consorziate.

Allo stesso modo, può prescindersi dalla connessa deduzione difensiva della parte resistente, intesa a sostenere che la clausola di cui al punto 7.4 del disciplinare di gara, secondo cui “il requisito relativo all’iscrizione nel registro tenuto dalla Camera di commercio industria, artigianato e agricoltura oppure nel registro delle commissioni provinciali per l’artigianato deve essere posseduto dal consorzio e dalle imprese consorziate indicate come esecutrici”, deve essere interpretata conformemente alla disposizione di cui all’art. 47, comma 2, cit., rivelandosi, altrimenti, nulla per violazione dell’art. 83 d.lgs n. 50/2016, così come dall’impugnazione incidentale della predetta clausola da quella formulata in primo grado e non esaminata dal T.A.R..

Con ulteriore motivo di censura, ugualmente incorso nella sfavorevole valutazione del giudice di primo grado, la ricorrente sosteneva che il raggruppamento aggiudicatario dovesse essere escluso dalla gara per la violazione di una previsione del capitolato tecnico, asseritamente integrante una prescrizione minima essenziale del servizio: ciò in quanto, per talune “Strutture” delle “Aree” del Policlinico rientranti nel lotto in discussione, avrebbe organizzato le attività di supporto (facenti capo agli operatori socio sanitari) solo per 18 ore giornaliere, mentre l’allegato 1A al capitolato richiedeva “Assistenza Infermieristica e attività di supporto sulle 24 ore”.

In particolare, deduceva la ricorrente che, come poteva evincersi dalla relativa offerta tecnica, per l’Area “DAI neuroscienze salute mentale”, struttura “Neurologia”, “Edificio n. 45 – Piano terra”, il RTI Gedis aveva previsto tre turni (“mattina”, “pomeriggio” e “notte”) di sei ore ciascuno, con un solo operatore assegnato per turno, con la conseguenza che le ore lavorate durante l’arco dell’intera giornata sarebbero state solo 18 (ore); analogo discorso la ricorrente faceva per le “Aree” “Neurologia” e “Neuroscienze e Salute Mentale” del lotto n. 2.

Il T.A.R., al fine di respingere il suindicato motivo di ricorso, ha posto l’accento sull’erroneità del presupposto sul quale si fondava, ovvero che il servizio di supporto da parte degli operatori socio-sanitari dovesse essere assicurato per 24 ore continuative: circostanza tuttavia che, ad avviso del giudice di primo grado, non trovava riscontro negli atti di gara, richiedendo l’allegato 1A del capitolato l’assistenza infermieristica e attività di supporto sulle 24 ore, differenziandola a seconda della patologia dei pazienti e della relativa complessità assistenziale, anche alla luce della circolare della Regione Lazio n. 259999 del 13 maggio 2015, che gradua il bisogno di assistenza in relazione alla gravità della patologia.

Mediante il corrispondente motivo di appello, la parte appellante deduce, in primo luogo, che il T.A.R. ha operato una lettura parziale e sviata della predetta circolare, la quale, nel dettare i parametri per il calcolo del fabbisogno di personale per le singole unità operative, indicherebbe che il fabbisogno calcolato è solo teorico, dovendo tenersi conto della reale “continuità assistenziale” necessaria alla singola Azienda Ospedaliera, ossia dell’insieme delle cure che, in concreto, debbono essere assicurate per l’intera giornata (“sulle 24 ore”), la cui individuazione è espressamente rimessa alle singole Aziende.

Deduce quindi la parte appellante che l’Amministrazione appellata ha ritenuto che l’attività debba essere garantita “continuativamente per le 24 ore”, con la conseguenza che il fabbisogno non deve essere considerato teoricamente, ma deve guardarsi a quello effettivo e specifico della singola Azienda.

Il motivo non è meritevole di accoglimento.

Deve premettersi che il fabbisogno assistenziale da garantire è determinato dall’allegato IA mediante l’applicazione degli indici di complessità (distinti tra infermieri e personale di supporto) di cui alla circolare della Regione Lazio, Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria, prot. n. 259999 del 13 maggio 2015, recante “Criteri generali per la determinazione delle dotazioni organiche nelle Aziende ed Enti del SSR”, sulla base dei quali si perviene a determinare, tra l’altro, il numero di “ore totali necessarie nelle 24h”.

La parte appellante non contesta l’aderenza dell’offerta formulata dal RTI aggiudicatario, in termini di copertura oraria sulle 24h, ai criteri di calcolo del fabbisogno previsti dalla citata circolare, ma adduce che la lex specialis della gara farebbe riferimento ad un criterio derogatorio, incentrato sulla garanzia della copertura assistenziale per l’intero arco temporale di 24h: ciò essenzialmente in forza del riferimento, contenuto nel predetto allegato 1A in relazione alla voce “Linee di attività assistenziali macro da garantire”, alla “Assistenza infermieristica e attività di supporto sulle 24 ore di pazienti…” (segue la specificazione, per ciascuna area di intervento, del livello di complessità assistenziale, con l’indicazione del relativo indice di complessità).

Assume la parte appellante che la suddetta indicazione sarebbe espressiva dell’esigenza di garantire la copertura assistenziale continuativa, ovvero sulle 24h, concretizzando l’esercizio del potere della singola Azienda di adeguare il fabbisogno teorico a quello effettivo della relativa realtà assistenziale, anche individuando “le tipologie di attività che debbono essere assicurate continuativamente per le 24 ore”.

La tesi non può essere condivisa.

Essa è infatti smentita dall’espresso riferimento, operato dal citato documento di gara, a quegli, degli indici di complessità previsti dalla citata circolare, ritenuti conformi allo specifico grado di complessità assistenziale della singola Area presa in considerazione, con la conseguenza che il richiamo alle “24 ore”, contenuto nel suddetto allegato 1°, indica esclusivamente il parametro temporale cui rapportare il calcolo delle “ore totali necessarie”, come si evince dalla “simulazione dotazione organica personale supporto” di cui all’allegato 1, par. 2, della predetta circolare.

Il T.A.R. ha respinto anche il motivo di ricorso col quale, premesso che il documento tecnico della procedura di gara indicava le dotazioni strumentali che avrebbero dovuto essere fornite ai fini della esecuzione del servizio, tra le quali figuravano anche le barelle, la ricorrente lamentava che il raggruppamento controinteressato non era stato escluso benché non avesse indicato in sede di offerta la fornitura delle barelle necessarie alla esecuzione del servizio, evidenziando che la commissione di gara si era illegittimamente avvalsa del soccorso istruttorio per colmare tale carenza nella offerta presentata dal raggruppamento aggiudicatario.

Ai fini reiettivi del motivo suindicato, il T.A.R. ha osservato che nella relazione tecnica (pag. 16), allegata alla offerta del raggruppamento aggiudicatario, con riferimento alle risorse tecnico-logistiche a servizio dell’appalto, vi era un espresso riferimento alle barelle “per la movimentazione dei pazienti”: da tale notazione il giudice di primo grado ha desunto che la commissione di gara, chiedendo chiarimenti in ordine alla fornitura delle barelle, non aveva consentito al raggruppamento aggiudicatario di integrare (illegittimamente) un elemento assente nella offerta presentata, quanto piuttosto di dare conferma in ordine alla fornitura di una delle dotazioni strumentali di cui vi era espressa menzione nella relazione tecnica presentata in sede di gara.

Deduce in chiave critica la parte appellante che, con il verbale del 13 luglio 2020, la commissione di gara, sul rilievo che “il RTI GEDIS/MEDIHOSPES ha offerto diversi presidi medici, quali carrozzine, carrelli, ecc. e che tuttavia non risulta esservi espressa menzione della fornitura di barelle di cui all’art. 3 DESCRIZIONE DEL SERVIZIO del Documento Tecnico di gara. In particolare, nelle pagg. 46 e 47 della sua Relazione, in cui si affronta tale profilo dell’offerta, nulla è detto al riguardo”, ha ritenuto di “inviare richiesta al concorrente, affinché costui chiarisca se le barelle, pur non espressamente menzionate nella sua offerta, costituiscono purtuttavia oggetto della medesima, giacché implicitamente dovute dal concorrente in caso di aggiudicazione”: da tale rilievo preliminare essa fa discendere che, a differenza di quanto ritenuto dal T.A.R., la commissione non ha mai chiesto di “confermare” la fornitura delle barelle già presenti nell’offerta, bensì se le barelle, non presenti nell’offerta, fossero oggetto della stessa.

Osserva quindi la parte appellante che la ricostruzione emergente dalla sentenza appellata, secondo cui delle barelle “vi è espressa menzione nella relazione tecnica presentata in sede di gara”, è smentita dal suindicato verbale fidefacente della commissione di gara.

Evidenzia altresì la parte appellante che nel giudizio di primo grado il RTI GEDIS ha depositato uno stralcio della sua offerta che, nella sezione relativa ai beni strumentali, offre (indicandone numero e caratteristiche tecniche) solo le “barelle bariatriche” e le “barelle-vasca”, mentre non risultano offerte le normali barelle “per la movimentazione dei pazienti”, le quali si trovano citate a pag. 16, in un’altra sezione dell’offerta dedicata alla “struttura logistico-organizzativa”, dove viene riportata soltanto una foto, senza alcuna indicazione in ordine al numero delle barelle offerte ed alle caratteristiche delle stesse.

Essa ribadisce, quindi la sussistenza dei presupposti per escludere l’aggiudicataria dalla gara, non potendo la lamentata carenza della sua offerta tecnica essere colmata mediante successive attività integrative o chiarificatrici.

Il motivo non può ritenersi fondato.

La tesi attorea, incentrata sulla doverosa esclusione del RTI aggiudicatario in ragione della mancata indicazione del numero e delle caratteristiche delle barelle offerte, funzionali alla mobilizzazione dei pazienti (ammettendo la stessa parte appellante che le stesse barelle, seppure in difetto delle suddette indicazioni, sono comunque menzionate nell’offerta tecnica dell’impresa aggiudicataria), non è suffragata da alcuna conforme previsione della lex specialis, intesa in particolare a corredare l’obbligo di fornitura della suddetta tipologia di attrezzature da parte del concorrente con la sanzione escludente.

La lex specialis (punto 3 del “documento tecnico”) prevede infatti quanto segue:

“Si chiede alla Ditta, invece di fornire:

(…)

Ø barelle, carrozzine per mobilizzazione pazienti in numero sufficiente per le attività previste nelle diverse UU.OO/Servizi”.

Il medesimo documento di gara precisa inoltre che “nell’offerta tecnica la Ditta dovrà riportare le caratteristiche delle attrezzature che saranno offerte in Comodato d’uso gratuito”.

La clausola in discorso, tuttavia, non è presidiata da alcuna previsione escludente, per l’ipotesi della sua inosservanza, necessaria al fine di collocare l’obbligo della relativa osservanza nella fase del procedimento di gara (a pena, appunto, di esclusione) piuttosto che in quella dell’esecuzione del contratto.

A diverse conclusioni deve pervenirsi con riguardo al profilo valutativo delle offerte, determinando il mancato assolvimento dell’onere di indicare nell’offerta tecnica le caratteristiche (numeriche e qualitative) delle attrezzature de quibus la non valutabilità delle stesse in relazione al sub-criterio di valutazione “qualità e tipologia dei beni strumentali offerti funzionali al servizio” (e, quindi, la non spettanza del relativo punteggio).

Tuttavia, anche da questo punto di vista ed a prescindere dal rilievo secondo cui la censura della parte appellante è diretta esclusivamente a lamentare la mancata esclusione del RTI aggiudicatario (e non, per il profilo in esame, l’erroneità del punteggio ad esso attribuito), non può non osservarsi che la fornitura (in comodato d’uso) delle barelle per la mobilizzazione dei pazienti appare afferire ad un aspetto vincolato del servizio (dovendo le stesse, ai sensi del citato “documento tecnico”, essere fornite dall’aggiudicatario “in numero sufficiente per le attività previste nelle diverse UU.OO/Servizi”, con la conseguente ammissibilità della trasposizione del relativo obbligo nel testo contrattuale anche in mancanza di una puntuale dichiarazione di offerta del concorrente), privo quindi di significativa rilevanza ai fini della attribuzione del punteggio migliorativo de quo, al quale appare invece suscettibile di arrecare un più rilevante contributo l’offerta delle barelle “speciali”, che secondo le stesse deduzioni della parte appellante il RTI aggiudicatario ha offerto sub specie di n. 2 “barelle bariatriche” e n. 1 “barella doccia” per il lavaggio dei pazienti.

Per concludere sul punto, deve solo osservarsi che il deposito dell’elenco delle attrezzature fornite da parte del RTI aggiudicatario (doc. 46) consente di prescindere dalla relativa acquisizione, sollecitata dalla parte appellante.

Il T.A.R. si è espresso negativamente anche con riguardo alla censura con la quale la parte appellante lamentava che la turnazione del personale infermieristico previsto nel modello organizzativo del raggruppamento aggiudicatario non rispetterebbe quanto disposto dall’art. 7 del d.lgs. n. 66/2003, recante la previsione del diritto ad un riposo consecutivo di undici ore ogni ventiquattro ore: a dimostrazione dell’assunto, la parte appellante richiamava le tabelle rappresentanti il modello organizzativo prodotto dal raggruppamento aggiudicatario, dalle quali si desumerebbe che alcuni operatori sono richiamati al servizio prima delle undici ore.

La sentenza appellata motiva la relativa statuizione reiettiva osservando che la tesi della ricorrente si fonda su un presupposto indimostrato, ovvero che il personale indicato in forma numerica nel modello organizzativo sia costituito dalla medesima persona fisica, all’uopo richiamando quanto dedotto in sede difensiva dal raggruppamento aggiudicatario, nel senso che “…. deve essere considerato che il personale indicato con la dicitura “operatore…” (seguono i vari numeri) non rappresenta la persona fisica che sarà addetta al servizio ma la figura professionale necessaria per l’attività specifica. Ne discende, quindi, che l’operatore 1 un giorno sia rappresentato da Tizio, il giorno successivo da Caio….”.

Il T.A.R. ha altresì affermato di preferire la prospettazione della parte resistente in quanto “ha dimostrato che il numero degli infermieri e degli operatori socio sanitari utilizzati nella esecuzione del servizio è superiore agli standard regionali” ed aggiunto che “l’art. 51, comma 5, del c.c.n.l. delle Cooperative sociali, in linea con quanto previsto dall’art. 17 del d.lgs. n. 66/2003 e s.m.i., detta una disciplina derogatoria rispetto a quella ordinariamente prevista per le ore di riposo dal precedente art. 7 del d.lgs. n. 66, prevedendo che il lavoratore turnista “… laddove lo richiedano le esigenze di organizzazione del servizio … ha diritto ad almeno 8 ore di riposo consecutivo nell’arco delle 24 ore …” (cfr. T.a.r. Marche, Ancona, Sez. I, 29.10.2018, n. 699)”.

Mediante il corrispondente motivo di appello, la parte appellante deduce che l’offerta tecnica del RTI GEDIS precisa che la turnazione proposta è calibrata sul “rispetto di un giusto tempo di reintegro delle capacità psico-fisiche del singolo” (non della “figura”), al fine di “meglio concordare le proprie esigenze private con lo svolgimento del lavoro”, a dimostrazione del fatto che all’operatore corrisponde la persona fisica e non la “figura”.

Deduce ancora la parte appellante che, ai sensi dell’art. 51 CCNL, la riduzione delle ore di riposo non può essere autonomamente disposta dal datore di lavoro, ma “si concorda” con il lavoratore: ciò che renderebbe la turnazione proposta del tutto aleatoria e dunque inattendibile, senza considerare che la riduzione non può essere disposta “a regime”, ma solo in casi eccezionali tassativamente individuati dal CCNL.

Il motivo non può essere accolto.

In primo luogo, la precisazione dell’aggiudicataria, secondo cui la turnazione è stata elaborata al fine di tenere conto delle esigenze dei lavoratori, non dimostra univocamente che gli operatori indicati numericamente nel modello organizzativo indichino altrettante persone fisiche nominativamente identificabili, integrando esso un modello teorico da attuare in concreto, attraverso l’individuazione del personale da utilizzare per lo svolgimento dei turni e l’effettiva articolazione di questi ultimi, nella fase esecutiva.

In secondo luogo, deve osservarsi che, ai sensi dell’art. 30, comma 3, d.lvo n. 50/2016, invocato dalla parte appellante a fondamento della sanzione escludente nei confronti del RTI aggiudicatario, “nell’esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell'allegato X”: il riferimento della norma all’”esecuzione” – non vertendosi nella specie in tema di obblighi incidenti sulla valutazione di anomalia dell’offerta, ex art. 97, comma 5, lett. a) d.lvo n. 50/2016 - consente quindi di affermare che il rispetto delle norme in tema di turnazione dei lavoratori non deve essere dimostrato dal concorrente nella fase della partecipazione alla gara, ma in quella successiva dell’esecuzione, ove aggiudicatario, della prestazione contrattuale, mentre la parte appellante non adduce motivi atti a far dubitare della possibilità per l’aggiudicataria di adeguare il modello organizzativo del servizio alle norme a tutela dei diritti dei lavoratori, anche alla luce del fatto che, come si è detto, agli operatori numericamente indicati nel modello organizzativo non corrispondono determinate persone fisiche.

Del resto, non viene allegato – né comunque risulta dal disciplinare di gara – che la turnazione costituisse un aspetto dell’offerta tecnica suscettibile di valutazione in sede di gara, con la conseguente preclusione alla sua successiva modificazione in fase esecutiva, rilevando al suddetto fine, esclusivamente, la “descrizione dell’organigramma dell’organizzazione dedicata”, la quale non risulta incisa da una turnazione non esattamente corrispondente a quella indicata nell’offerta tecnica e sulla base della quale la ricorrente ha formulato le sue doglianze.

Inoltre, ad ulteriore dimostrazione della non univocità dei dati assunti dalla parte appellante a fondamento delle sue censure, deve osservarsi sia che il turno viene indicato nell’offerta tecnica del RTI aggiudicatario come avente una durata “media” di 8 ore, sia che la stessa articolazione oraria dei turni non è in essa precisata e viene semplicemente “presunta” dalla medesima appellante.

A tanto deve aggiungersi che, come evidenziato dal RTI appellato, esso ha offerto un numero di operatori superiore a quello minimo richiesto dal Policlinico e previsto i c.d. operatori jolly (presenti in tutte le tabelle ma esclusi dalla turnazione), i quali potranno intervenire e sostituirsi all’operatore inserito nella turnazione per permettergli di assentarsi o di usufruire del riposo.

Deve inoltre osservarsi che, ai sensi dell'art. 61, comma 5, del pertinente CCNL, “ai sensi dell’art. 17, del D.Lgs. n. 66/2003, si concorda che il lavoratore turnista, laddove lo richiedano le esigenze di organizzazione del servizio, che costituiscono oggetto di informazione e confronto ai sensi e nelle modalità di cui all'art. 9 del presente c.c.n.l., ha diritto ad almeno 8 ore di riposo consecutivo nell'arco delle 24 ore”: la norma quindi non rimette affatto al consenso del lavoratore la modifica della turnazione nel senso indicato, come sostiene la parte appellante, ma sottende un accordo raggiunto a monte dalle organizzazioni rappresentative.

Infine, non può essere accolta la deduzione attorea secondo cui la riduzione non potrebbe essere disposta “a regime”, ma solo in casi eccezionali tassativamente individuati dal CCNL, tenuto conto, comunque, del carattere assorbente del rilievo precedentemente formulato.

I successivi passaggi motivazionali della sentenza appellata sono dedicati al tema della valutazione di congruità dell’offerta economica del RTI aggiudicatario, dal punto di vista della sostenibilità del costo del personale, di cui la ricorrente in primo grado si proponeva di porre in rilievo l’erroneità, con i motivi di censura ad essa rivolti (sia in sede di ricorso introduttivo che di successivi motivi aggiunti), sotto plurime angolazioni critiche.

La Cooperativa ricorrente evidenziava in primo luogo, in proposito, uno scostamento dalle tabelle ministeriali allegate al CCNL per i lavoratori delle cooperative del settore socio-sanitario-assistenziale educativo e di inserimento lavorativo: ciò in quanto, prendendo in considerazione le tabelle di settembre 2020, il costo della manodopera sarebbe pari ad € 5.758.305,38, anziché ad € 5.425.560,34, indicati nell’offerta dal RTI aggiudicatario.

In sede di successivo approfondimento, mediante i motivi aggiunti, la ricorrente evidenziava che il raggruppamento aggiudicatario aveva indicato, sia per gli infermieri che per gli operatori socio sanitari, un costo orario medio inferiore a quello previsto dalle tabelle ministeriali (per gli infermieri € 22,15, anziché € 24,27; per gli operatori socio sanitari € 17,58, anziché € 20,42).

Essa faceva altresì rilevare che, nelle giustificazioni prodotte in sede di gara, il raggruppamento aggiudicatario aveva giustificato il minor costo orario del personale in ragione del minor tasso di assenteismo aziendale (a fronte di una stima tabellare di 1.548 ore annue mediamente lavorate, il predetto raggruppamento aveva infatti quantificato in 1.680 le ore annue mediamente lavorate da ciascun lavoratore), lamentando che il raggruppamento aggiudicatario si era limitato a dichiarare un tasso di assenteismo aziendale inferiore, senza fornire alcun elemento di prova a riguardo; inoltre, il medesimo aveva indicato il tasso di assenteismo della mandataria e non anche delle altre due imprese raggruppate.

A sostegno della sua tesi la ricorrente evidenziava che, sottraendo dal monte delle ore annue teoriche (1.976) le ore annue mediamente lavorate indicate dal raggruppamento aggiudicatario (1.680), residuerebbe un numero di ore di assenza pari a n. 296: ebbene, assumendo che n. 285 ore di assenza siano incomprimibili, in quanto asseritamente relative a diritti indisponibili (n. 165 ore per ferie; 108 ore per giorni festivi e festività soppresse; n. 12 ore per la formazione in materia di sicurezza sul lavoro), residuerebbero solo n. 11 ore annue per la malattia, i permessi e la formazione.

La parte ricorrente si doleva inoltre del fatto che il raggruppamento aggiudicatario aveva sostenuto di beneficiare di un tasso INAIL dell’1,42%, pari alla metà di quello tabellare (3%), senza fornire alcuna prova della possibilità di fruire di un tasso assicurativo INAIL inferiore.

Deduceva inoltre che le giustificazioni fornite dal raggruppamento aggiudicatario in sede di verifica della anomalia della offerta sarebbero state prive del calcolo di alcune indennità dovute ai lavoratori, con la conseguenza che l’offerta da quello presentata sarebbe violativa del salario minimo garantito.

La ricorrente faceva anche rilevare che nella voce A della tabella ministeriale, denominata “elementi retributivi”, vi era una sotto-voce denominata “altre indennità” per ciascun livello, ed evidenziava che tale voce di costo sarebbe stata indebitamente ridotta dal raggruppamento aggiudicatario: riduzione che sarebbe venuta ad incidere sui c.d. “minimi salariali” ed avrebbe legittimato l’esclusione del suddetto dalla procedura di gara, integrando una causa di esclusione automatica, ai sensi dell’art. 97, comma 5, lett. d), del codice dei contratti pubblici.

Sotto altro profilo, la ricorrente allegava che il raggruppamento aggiudicatario avrebbe violato il salario minimo, non avendo conteggiato le maggiorazioni dovute per lavoro festivo, notturno e domenicale.

In dettaglio, partendo dalla premessa che il servizio oggetto della procedura di gara doveva essere garantito sulle 24 ore e per 365 giorni l’anno, e che quindi il personale sanitario (impiegato nella esecuzione del servizio) avrebbe lavorato sia la notte, sia durante le domeniche e nei festivi, evidenziava che, ai sensi degli artt. 54, 55 e 59 del CCNL Cooperative Sociali, ai lavoratori spettavano la maggiorazione del 15% per il lavoro domenicale e festivo (art. 55) e le indennità per lo svolgimento del lavoro notturno ordinario (art. 54), nonché la maggiorazione retributiva per le festività (art. 59).

Secondo la prospettazione della ricorrente, quindi, il costo della manodopera era stato sottostimato dal raggruppamento aggiudicatario di € 425.904,36 (partendo dall’assunto che ciascun operatore svolgesse ulteriori 86,79 ore annue festive): a tale importo doveva aggiungersi l’ulteriore somma di € 216.277,64, che doveva servire per garantire la copertura del 15% di indennità per lavoro nei giorni festivi e domenicali, da calcolarsi in applicazione dell’art. 50 del CCNL delle Cooperative Sociali.

Il T.A.R., al fine di respingere le censure innanzi riassunte, richiamava preliminarmente il principio secondo il quale i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali sono un semplice parametro di valutazione della congruità dell'offerta, per cui l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima un giudizio di anomalia o di incongruità, ma occorre che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata, alla luce di una valutazione globale e sintetica, espressione di un potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza non renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta: ciò in quanto le tabelle ministeriali indicano il “costo medio orario” del lavoro elaborato su basi statistiche e non costituiscono, dunque, un limite inderogabile per gli operatori economici, essendo ben possibile che il costo “proprio” del singolo operatore economico sia diverso dal costo medio.

Rilevava altresì il giudice di primo grado che le tabelle ministeriali, ai fini della determinazione del costo medio orario, includono:

- voci obbligatorie, incomprimibili e indisponibili (minimi contrattuali conglobati mensili, Inps, Inail, TFR, Assistenza sanitaria integrativa);

- voci convenzionali, la cui incidenza può diversamente configurarsi a seconda delle condizioni individuali del lavoratore (scatti di anzianità, tasso di assenteismo) e dell’organizzazione del lavoro (indennità di turno notturno, indennità per festività, lavoro supplementare, lavoro straordinario).

Sul piano procedimentale, il giudice di primo grado poneva in rilievo che, nel verbale del 10 settembre 2020, la commissione di gara aveva proceduto, in sede di verifica della anomalia, all’esame delle giustificazioni prodotte dal raggruppamento controinteressato: dal predetto verbale risultava che “l’offerente ha esposto tutti i costi che caratterizzano la sua offerta…”; inoltre, la commissione di gara dava atto di aver esaminato “…anche i costi della manodopera alla luce delle Tabelle ministeriali delle cooperative sociali, a cui essi sono riportabili…” e di aver rilevato “che il costo orario esposto per il personale impiegato nell’appalto, si discosta in modo non significativo dai corrispondenti valori tabellari. Mentre il costo totale annuo pressoché vi coincide…..In relazione a tale costo del personale, vengono dunque reputati congrui i costi esposti con i livelli di inquadramento previsti nelle Tabelle Ministeriali del CCNL di riferimento, e viene rilevato che il monte ore riportato risulta coerente con quanto indicato nell’offerta tecnica presentata. I costi della manodopera e della sicurezza sono in conclusione congrui e sono coerenti con quanto indicato nella offerta economica. L’utile d’impresa, rapportabile a poco meno del 3,5% per il lotto n. 1 e al 2,8% ca. per il lotto n. 2, si concilia con la particolare natura giuridica del concorrente. Risulta altresì che le singole voci di costo sono congrue”.

Osservava altresì il T.A.R. che, nelle giustificazioni prodotte in sede di verifica della anomalia dell’offerta, il raggruppamento aggiudicatario aveva evidenziato, sulla base dei propri dati storici, di avere un tasso di assenteismo pari al 14,17%, inferiore quindi a quello previsto dalle tabelle ministeriali (parti al 21,66%) e di aver previsto, per mera cautela, “in assenza di dati storici del gestore uscente”, un tasso di assenteismo medio annuale pari al 15,00%, prevedendo un monte di ore mediamente lavorate di 1.680 ore: tale quantificazione veniva ritenuta dal T.A.R. “supportata da una idonea giustificazione” e quindi “immune dalle censure sopra richiamate, tenendo conto dei limiti posti in subiecta materia al sindacato giurisdizionale”.

Il giudice di primo grado affermava inoltre di non condividere la tesi della ricorrente, secondo la quale del monte complessivo delle ore annue teoriche (1.976), indicate dalle tabelle ministeriali, n. 285 ore di assenza sarebbero incomprimibili, in quanto asseritamente relative a diritti indisponibili: esso rilevava in proposito che il raggruppamento aggiudicatario aveva evidenziato in maniera plausibile che, in considerazione della specificità del servizio da erogare, “… i lavoratori che presteranno il servizio presso il Policlinico – come, peraltro, tutti i lavoratori impegnati in strutture ospedaliere – lavorano anche nelle giornate festive. Ne consegue che tali ore di assenza previste dalle Tabelle, che evidentemente si applicano a tutte le Cooperative Sociali in disparte l’effettivo servizio prestato, devono necessariamente rappresentare, al contrario di quanto accade per gli altri lavoratori, ore di lavoro effettivo. In altri termini mentre per gli altri lavoratori esse sono remunerate senza che il lavoratore lavori, nella questione che ci occupa le stesse saranno remunerate ma il lavoratore presterà regolarmente servizio”: ne consegue che “… per i lavoratori che operano in strutture ospedaliere le ore che corrispondono a diritti indisponibili sono esclusivamente quelle per le ferie, ossia 165 annuali, poiché le ulteriori 108 ore per le festività saranno sì retribuite ma al contempo le stesse saranno ore lavorate”.

Non condivisibile, osservava il T.A.R., era anche la censura secondo la quale il tasso di assenteismo dichiarato nelle giustificazioni sarebbe stato riferibile solo alla Gedis, e non anche alle altre due imprese utilizzate nella esecuzione del servizio (Medihospes; Sanitalia), atteso che in più punti delle giustificazioni vi erano espressi riferimenti ad entrambe le imprese esecutrici, ossia Sanitalia, indicata come consorziata esecutrice di Gedis, e Medihospes, indicata come mandante del costituendo raggruppamento, che, in quanto Cooperative sociali, erano tenute ad applicare il CCNL delle Cooperative del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo.

Quanto poi alla indicazione di un tasso INAIL inferiore a quello previsto dalle tabelle ministeriali, il T.A.R. evidenziava che il tasso assicurativo è determinato dall’INAIL per ciascuna impresa ed è frutto della valutazione del tasso di incidenza di infortuni sul lavoro dell’impresa stessa, aggiungendo che il raggruppamento aggiudicatario aveva depositato in giudizio alcune certificazioni INAIL attestanti un tasso assicurativo inferiore a quello delle tabelle ministeriali e coerente con quello indicato in sede di gara (1,42%).

Deve solo aggiungersi che non possono trovare spazio le deduzioni formulate solo con la memoria del 15 giugno 2021 al fine di inficiare il tasso di assenteismo indicato dalla aggiudicataria, siccome esulanti dal contenuto dell’atto di appello.

Per quanto concerne invece le censure relative alla dedotta violazione dei c.d. “minimi salariali”, che (a giudizio della ricorrente) avrebbe legittimato l’esclusione automatica del raggruppamento controinteressato dalla procedura di gara, ai sensi dell’art. 97, comma 5, lett. d), del codice dei contratti pubblici, il T.A.R., premesso che, diversamente da quanto rappresentato dalla parte ricorrente, i c.d. “minimi salariali” non erano costituiti da tutte le voci retributive di cui alla lettera A della tabella del Ministero del Lavoro, atteso che, ai sensi dell’art. 76 del CCNL delle Cooperative Sociali, i “minimi contrattuali conglobati mensili” sono rappresentati dalle cifre contenute nella prima riga della predetta lettera A che non erano oggetto di contestazione.

Con riguardo invece alla voce “altre indennità”, contestata dalla odierna ricorrente, rilevava il T.A.R. che il raggruppamento aggiudicatario aveva precisato, nelle giustificazioni prodotte nell’ambito del procedimento di verifica della anomalia, che a tale voce << …si riconducono (in maniera indistinta e forfetaria) le seguenti voci diverse previste dal CCNL delle Cooperative Sociali:

art. 26 – Tempo parziale, che prevede indennità di varia misura in dipendenza di lavoro supplementare effettuato dal lavoratore, oltre il proprio orario contrattuale. Tale evenienza è esclusa nella gestione del RTI, avendo concepito un’organizzazione che include figure supplementari deputate a garantire il servizio in caso di necessità, proprio per evitare aumenti di orario (e quindi di costi) oltre quelli fissati dai contratti individuali – Lotti 1, 2 e 3;

art. 54 – Lavoro notturno. Tale indennità si riferisce a turni non superiori alle 4 notti per ciascun operatore. Il RTI ha presentato un’organizzazione in cui tutti gli OSS superano la 4° notte (e pertanto percepiranno l’indennità di turno descritta più avanti) mentre tra gli Infermieri:

alcuni non presteranno servizio notturno (soprattutto per le Camere Operatorie del lotto 3 che lavorano in H6, H8 e H12);

altri non superano la 4° notte (e quindi percepiranno l’indennità prevista dall’art. 54 del CCNL – Lotti 1, 2 e 3);

altri ancora supereranno la 5° notte e per cui vedranno applicata l’indennità di turno di cui appresso – Lotti 1, 2 e 3

Nelle tabelle che seguono verrà indicato il dettaglio di ciascuna tra queste fattispecie;

art. 55 – Lavoro festivo e domenicale. Il servizio in oggetto opera in tali periodi – Lotti 1, 2 e 3;

art. 58 – Reperibilità, che prevede indennità di pronta disponibilità per periodi notturni, festivi e prefestivi – Lotto 3;

art. 81 - Indennità di cassa. Il servizio non prevede gestione di cassa - Lotti 1, 2 e 3;

art. 82 – Indennità di trasferta. Il servizio non prevede trasferte in altri Comuni – Lotti 1, 2 e 3.

Essendo verificabili, nel servizio in oggetto, solo le circostanze di cui agli artt. 54 e 55, la deducente ha mantenuto un’aliquota ridotta all’1,5% (anziché il 2,55% prevista dal CCNL). Per il solo lotto 3, dove è presente anche la reperibilità di cui all’art. 58, il RTI più prudenzialmente ha accantonato un congruo importo allocato nel summenzionato “Salvadanaio” >>.

Alla luce di tali precisazioni, il T.A.R. statuiva che anche le censure relative alla sottostima da parte del raggruppamento aggiudicatario del costo della manodopera per il lavoro festivo e domenicale dovevano considerarsi prive di fondamento: ciò in quanto la ricorrente fondava la sua tesi su un presupposto erroneo, non tenendo conto che le ore festive, essendo lavorative nell’appalto in questione, erano già state incluse nel numero di ore annue mediamente lavorate di 1.680 e dunque la relativa incidenza economica era già ricompresa nel costo complessivo del lavoro, mentre, con riguardo alle maggiorazioni per lavoro notturno e lavoro festivo e domenicale, il raggruppamento aggiudicatario aveva dimostrato nelle giustificazioni sopra richiamate di averne tenuto conto e di averle quantificate nella misura del 1,5% del costo della manodopera, con motivazione immune dalle dedotte censure.

Mediante i motivi di appello, la parte appellante deduce in primo luogo che il divario tra il costo del lavoro dichiarato dal RTI aggiudicatario e quello ricavabile dalle tabelle ministeriali era stato principalmente giustificato con un minor tasso di assenteismo aziendale, atteso che, a fronte di una stima tabellare di 1.548 ore mediamente lavorate e conseguentemente di 428 ore di assenza, il RTI GEDIS aveva dichiarato 1.680 ore annue effettivamente lavorate, quindi assenze pari a sole 296 ore annue: tuttavia, tale minor livello di assenteismo non era comprovato da alcun documento, laddove la giurisprudenza richiede che lo scostamento dai valori tabellari, per essere ammissibile, deve essere adeguatamente comprovato.

Essa censura quindi la statuizione recata dalla sentenza appellata, secondo cui lo scostamento sarebbe supportato da “idonea giustificazione”, dal momento che il RTI GEDIS non aveva fornito alcuna dimostrazione di quanto affermato nei termini di seguito riportati: “Ore Lavorate: la Tabella Ministeriale prevede un tasso di assenteismo (dovuto a ferie, permessi, malattie, studio e formazione, assemblee sindacali, etc.) pari al 21,66%. Storicamente le nostre Cooperative non superano mediamente la percentuale del 14,17%. Tuttavia, per mera cautela e prudenza e in assenza di dati storici da parte del gestore uscente, si è ritenuto di accantonare un importo pari a ulteriori 0,83 punti di assenteismo percentuali portando il tasso di assenteismo medio annuale a 15,00% per un totale di ore effettivamente lavorate pari a 1.680 se riferite a un FTE (Full Time Equivalent)”.

La parte appellante critica anche l’affermazione, fatta dal giudice di primo grado, secondo cui dalle giustificazioni emergerebbe più volte il riferimento alle imprese componenti il RTI, osservando che così non è, quantomeno in riferimento al tasso di assenteismo, e che in ogni caso il T.A.R. non si è pronunciato sull’ulteriore rilevo, ossia sul fatto che il RTI GEDIS non ha specificato la suddivisione dell’assenteismo tra le imprese e tra le diverse figure professionali, avendo solo affermato che il proprio personale (ossia delle due imprese) lavora 1.680 ore all’anno, in luogo delle 1.548 previste dalle tabelle, essendo quest’ultimo il dato medio di tutte le aziende operanti nel settore.

La parte appellante obietta anche che, a fronte della sua doglianza intesa a lamentare che il RTI GEDIS aveva sostenuto di beneficiare di un tasso INAIL dell’1,42%, pari alla metà di quello tabellare (del 3%), senza tuttavia fornire alcuna prova, il T.A.R. ha richiamato “alcune certificazioni INAIL attestanti un tasso assicurativo inferiore a quello delle tabelle ministeriali e coerente con quello indicato in sede di gara (1,42%)”, depositate dal RTI aggiudicatario in sede di giudizio, laddove la giurisprudenza richiede che le giustificazioni e le relative prove siano proposte nell’ambito del procedimento amministrativo di verifica di anomalia.

Nessuno dei suindicati motivi di censura è suscettibile di condurre alla riforma della sentenza appellata.

In primo luogo, non è meritevole di accoglimento la deduzione intesa a lamentare la carenza istruttoria della valutazione di congruità operata dalla stazione appaltante, sul rilievo che il RTI aggiudicatario non avrebbe offerto alcuna prova in ordine al tasso di assenteismo dichiarato, inferiore a quella desumibile dalle Tabelle ministeriali e sulla base del quale viene calcolato il relativo costo del lavoro.

Deve in proposito osservarsi che anche l’attività istruttoria dell’Amministrazione nell’ambito del procedimento di valutazione dell’anomalia dell’offerta costituisce espressione di scelte di carattere discrezionale, intese a bilanciare l’esigenza di acquisire gli elementi conoscitivi necessari al corretto esercizio della sua attività provvedimentale e quella di non aggravare il procedimento mediante adempimenti non indispensabili.

Ebbene, deve rilevarsi che, a fronte della univoca indicazione da parte del RTI aggiudicatario, nell’ambito delle giustificazioni presentate, del tasso di assenteismo storicamente riscontrato, pari al 14,17% (cautelativamente aumentato al 15%), la scelta dell’Amministrazione di non richiedere ulteriore documentazione probatoria non appare, di per sé, affetta da profili di irragionevolezza, non emergendo – né allegandoli comunque la parte appellante – concreti elementi per dubitare della attendibilità del dato dichiarato e quindi giustificare ulteriori approfondimenti istruttori.

Si vuol dire, in altre parole, che la stessa documentazione prodotta dall’impresa nell’ambito del procedimento di verifica di anomalia non costituisce un dato assumibile nella sua oggettività, al fine di sostenere, in ragione della sua maggiore o minore completezza (il mancato assolvimento dell’onere giustificativo dell’impresa sottoposta a verifica, e quindi) la carenza istruttoria del provvedimento affermativo della congruità dell’offerta, ma sempre attraverso il prisma della discrezionalità amministrativa, al fine di accertare se questa, nella sua componente istruttoria o, più ampiamente, preparatoria del provvedimento finale, sia stata correttamente (recte, logicamente e ragionevolmente) esercitata.

Applicando le illustrate coordinate interpretative alla fattispecie oggetto di giudizio, non può non ribadirsi che la scelta della commissione di gara di ritenere esaustivo, ai fini della valutazione della congruità dell’offerta, il tasso di assenteismo dichiarato dal RTI aggiudicatario, senza richiedere ulteriori elementi di carattere probatorio, non appare affetta da profili di palese illogicità, in mancanza (della allegazione da parte della appellante) di specifici elementi per dubitare della sua attendibilità.

Ugualmente infondata è la censura intesa a lamentare l’insufficienza del dato predetto, in quanto riferito alla sola GEDIS, essendo riscontrabili plurimi elementi (la provenienza delle giustificazioni da tutte le imprese raggruppate, il riferimento del dato de quo alle “nostre cooperative”, la specificazione del suo carattere “medio”) che inducono a ricondurlo anche all’impresa mandante.

Infine, nessun concreto interesse può predicarsi in capo alla parte appellante all’accoglimento della censura con la quale viene lamentato che solo in sede di giudizio il RTI aggiudicatario ha prodotto la documentazione (ergo, le certificazioni INAIL) relativa al tasso INAIL, dal momento che l’eventuale accoglimento della stessa potrebbe produrre il solo effetto rinnovatorio delle valutazioni rimesse alla stazione appaltante, nell’ambito del quale quelle certificazioni (in ordine alla cui valenza probatoria nessuna concreta deduzione critica viene formulata dalla parte appellante) avrebbero piena cittadinanza.

Deve adesso esaminarsi il motivo di appello con il quale viene censurata la statuizione di reiezione dei motivi (aggiunti) di ricorso volti a contestare, da un lato, la violazione dei minimi salariali nella quale sarebbe incorsa il RTI aggiudicatario, ai sensi dell’art. 97, comma 5, lett. d) d.lvo n. 50/2016, dall’altro lato, la riduzione (dal 2,55% all’1,5% dei “minimi conglobati”) apportata dallo stesso alla sottovoce “altre indennità” di cui alla pertinente tabella ministeriale, pari per infermieri per la categoria D2 con indennità professionale ad € 40,65 e per gli OSS categoria C2 ad € 37,43, ai rispettivi importi di € 23,91 per gli infermieri ed € 22,02 per gli OSS.

Deduce la parte appellante che tale ingiustificata riduzione ricade sulle maggiorazioni dovute per il lavoro notturno, quello festivo e domenicale e le festività (artt. 54, 55 e 59 del CCNL Cooperative Sociali, stante la natura del servizio messo a gara (garantito su 24 ore e 365 giorni l’anno).

In particolare, essa evidenzia, quanto alle festività, che l’art. 59 del CCNL prevede che per l’attività nei giorni festivi spetta a) la normale retribuzione, b) la retribuzione della festività non goduta (quindi doppia retribuzione) e c) la maggiorazione del lavoro festivo, mentre, se la festività cade nella giornata di riposo compensativo, spetta la retribuzione ordinaria oltre un surplus a titolo di retribuzione giornaliera (pari a 1/26 della retribuzione).

Allega quindi la parte appellante che le predette maggiorazioni comportano un maggior onere retributivo complessivamente pari ad € 558.273,75 all’anno, sufficiente a travolgere l’utile dichiarato dalla aggiudicataria, pari ad € 165.021,81: ciò in quanto, già al netto della maggiorazione del 15% ex art. 55 del CCNL, si ottiene una sottostima di € 425.904,36, cui aggiungere la maggiorazione del 15%, che sviluppa un ulteriore surplus di € 132.369,39 per le festività ed € 83.908,25 per le ore domenicali, per un totale annuo di € 216.277,64, solo in parte coperte dalla voce “altre indennità” indicata dal RTI GEDIS nelle proprie giustificazioni.

Quanto al lavoro notturno, deduce la parte appellante che l’art. 54 del CCNL riconosce una riduzione di orario su base annua (“Ai lavoratori notturni viene concessa una riduzione di orario di 26 ore su base annua”), e lamenta che tale riduzione non è stata minimamente contemplata dal RTI GEDIS, né sotto il profilo del livello di assenteismo (visto che come assenze si è contemplato un residuo di 11 ore), né sotto il profilo del costo: espone quindi che anche tale sottostima azzera l’utile, in quanto nella voce “altre indennità” rientra l’indennità per turni non superiori alle cinque notti prevista dall’art. 54 del CCNL, pari ad € 12,30 se si lavorano più di 4 ore, ed € 6,20 se si lavorano meno di 4 ore, mentre tali indennità, per i 42 infermieri, non sono state contemplate.

Aggiunge che sempre l’art. 54 del CCNL prevede che “ai lavoratori notturni viene concessa una riduzione di orario di 26 ore su base annua”, e che tale riduzione non è stata contemplata dal RTI GEDIS sotto il profilo dell’assenteismo, che è di sole 11 ore all’anno per lavoratore, ben inferiore alle dette 26 ore, né tale dato è stato conteggiato dal RTI controinteressato come costo ulteriore da fronteggiare per le sostituzioni.

Venendo alla statuizione reiettiva impugnata, la parte appellante deduce in primo luogo che è errato ritenere che la riduzione non intaccherebbe i “minimi salariali”, che secondo il T.A.R. coinciderebbero con i (soli) “Minimi contrattuali conglobati mensili”, rappresentati dall’importo contenuto nella sola prima riga della Tabella ministeriale, atteso che, per giurisprudenza uniforme del Consiglio di Stato, il salario minimo “nella sua stessa formulazione testuale, deve intendersi riferito al trattamento economico (mensile e TFR) complessivamente dovuto” (Consiglio di Stato, Sez. III, 12 giugno 2020, n. 3760),

Quanto invece alla mancata copertura delle altre indennità (festività, lavoro notturno, e lavoro festivo e domenicale), essa contesta la tesi del T.A.R. secondo cui nell’appalto de qua le “festività” andassero considerate come ore effettive di lavoro e non di assenza, con la conseguenza che ai lavoratori spetterebbe la normale retribuzione legata ad una ordinaria giornata effettivamente lavorata: ciò in quanto, a mente dell’art. 55 CCNL, ai lavoratori che prestano l’attività lavorativa in giorni festivi spetta, come si è detto, a) la normale retribuzione (spettante anche a chi non lavora visto che è contemplata dalle tabelle ministeriali come assenza nelle 108 ore), b) la retribuzione per le ore di lavoro prestate nella festività non goduta e quindi doppia retribuzione e c) la maggiorazione sulla retribuzione per lo svolgimento del lavoro nella giornata festiva pari al 15% dovuta in virtù di quanto statuito dall’art. 55 del CCNL (“per ogni ora di lavoro svolta nelle giornate di domenica e nelle festività di cui all’art. 59 spetterà una maggiorazione oraria del 15% riferita ai minimi contrattuali conglobati”), per cui è sì vero che il lavoratore del reparto lavora durante le festività, ma è altrettanto vero che a quel lavoratore spetta una doppia retribuzione, peraltro maggiorata del 15%.

Quanto invece alla mancata copertura delle altre indennità (lavoro notturno e lavoro festivo e domenicale), il T.A.R. ha affermato che il RTI GEDIS avrebbe “dimostrato nelle giustificazioni sopra richiamate di averne tenuto conto e di averle quantificate nella misura del 1,5% del costo della manodopera, con motivazione immune dalle dedotte censure”, eludendo di fatto – sostiene la parte appellante - la censura, che si incentrava sul fatto che dalle giustificazioni non emergesse la prova che la riduzione operata sulla voce tabellare fosse idonea a coprire realmente i documentati maggiori costi per lavoro notturno e festivo.

I motivi di appello in esame non possono essere accolti.

Deve preliminarmente osservarsi che la valutazione di anomalia dell’offerta costituisce espressione della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, la cui sindacabilità da parte del giudice amministrativo è circoscritta entro i limiti della rilevazione di eventuali vizi di carenza istruttoria e/o motivazionale, travisamento di fatto ed illogicità.

Spetta in particolare alla parte ricorrente indicare gli elementi da cui possa evincersi l’intrinseca inattendibilità, in relazione ai profili innanzi evidenziati, della valutazione effettuata dall’Amministrazione, mentre il sindacato del giudice amministrativo non può spingersi fino al punto di sostituire quella valutazione con la propria, attraverso un sindacato di merito non esercitabile al di fuori dei casi previsti dalla legge processuale.

Ciò premesso, deve osservarsi che il CCNL applicabile alla fattispecie, all’art. 59 (“Festività”), prevede modalità alternative per soddisfare il diritto al riposo riconosciuto ai lavoratori del settore per i giorni festivi, non necessariamente implicanti la “monetizzazione” dello stesso (e, quindi, un corrispondente aggravio economico per l’imprenditore, di cui tenere conto nella quantificazione dell’offerta economica per lo specifico appalto).

In particolare, prevede la disposizione citata che “la lavoratrice e il lavoratore che, per ragioni inerenti al servizio, dovrà prestare la propria opera nelle suddette giornate, avrà diritto alla retribuzione delle ore lavorate, oppure, compatibilmente con le esigenze organizzative aziendali, ad un corrispondente riposo da fruire, entro trenta giorni dalla data della festività infrasettimanale non fruita, in giornata stabilita dall’impresa sentito l’interessato”.

Deve altresì rilevarsi che, laddove l’imprenditore faccia ricorso alla modalità “differita” di godimento del giorno di riposo, l’onere economico che il medesimo dovrà sostenere, seguendo lo stesso ragionamento della parte appellante, sarà pari alla retribuzione da corrispondere al lavoratore che presterà la sua attività lavorativa nel giorno in cui il lavoratore che non ha fruito del giorno di riposo festivo “recupererà” la giornata di riposo non goduta.

La parte appellante, al fine di quantificare l’onere aggiuntivo in discorso (e quindi dimostrare l’anomalia dell’offerta del RTI controinteressato), moltiplica il numero di ore di festività (pari a 86,79) per tutti i lavoratori (infermieri ed OSS) impiegati nell’appalto.

Siffatto ragionamento, tuttavia, non tiene conto del fatto che, secondo la turnazione prevista nell’offerta tecnica del RTI aggiudicatario, non tutti i lavoratori adibiti a ciascuna struttura oggetto del servizio de quo svolgono il proprio lavoro nella stessa giornata, maturando il diritto all’incremento retributivo (o al riposo compensativo) previsto dal citato art. 59 CCNL.

Tale rilievo è già sufficiente a minare l’idoneità della censura a porre in evidenza profili di macroscopica illogicità nella valutazione di congruità dell’offerta del RTI aggiudicatario costituente il presupposto dell’impugnato provvedimento di aggiudicazione.

La conclusione esposta vale a fortiori se si considera che, nella struttura organizzativa del RTI aggiudicatario, sono state previste “figure definite “jolly” per intervenire in casi di emergenza/urgenza” (cfr. pag. 23 dell’offerta tecnica), le quali garantiscono all’organizzazione del lavoro la flessibilità necessaria a sovvenire all’esigenza di lavoro anche nei giorni festivi ovvero garantire il diritto al riposo compensativo dei lavoratori impegnati nei turni festivi, senza gravare l’impresa di oneri aggiuntivi connessi al rispetto dei diritti contrattuali degli operatori.

I rilievi che precedono consentono anche di escludere la fondatezza del motivo di appello inteso a sostenere la necessità di escludere il RTI aggiudicatario, ai sensi dell’art. 97, comma 5, d.lvo n. 50/2016, perché avrebbe violato i cd. minimi salariali.

Deve premettersi che, secondo la disposizione citata, la stazione appaltante “esclude l’offerta solo se (…) ha accertato, con le modalità di cui al primo periodo, che l’offerta è anormalmente bassa in quanto (…) d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16”.

La norma ricollega quindi la sanzione escludente alla ricaduta che la violazione dei livelli salariali determina sulla congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’accertamento dell’anomalia, quale conseguenza del mancato rispetto dei minimi retributivi, costituisce pur sempre il presupposto indispensabile al fine di procedere all’estromissione del concorrente dalla gara.

Con particolare riguardo, poi, alla maggiorazione del 15% della retribuzione, prevista dall’art. 55 CCNL per il lavoro prestato nei giorni festivi, deve osservarsi che la deduzione attorea, secondo cui il RTI aggiudicatario “non ha minimamente considerato le predette maggiorazioni”, si scontra con l’affermazione, riportata nelle giustificazioni, secondo cui “art. 55 – Lavoro festivo e domenicale. Il servizio in oggetto opera in tali periodi”: da essa è infatti dato evincere che il suddetto RTI ha tenuto conto della maggiorazione suindicata, la quale, secondo la nota 3, pag. 111, del CCNL, è compresa nella percentuale (convenzionale) del 2,55% concernente le indennità professionali (ridotta dal RTI aggiudicatario all’1,50% per i motivi illustrati nelle medesime giustificazioni).

Del resto, la stessa parte appellante deduce che “la sola maggiorazione del 15% sulle ore festive, fissata dal combinato disposto degli artt. 55 e 50 del CCNL sviluppa un ulteriore surplus di € 132.369,39 per le festività (doc. 44) ed € 83.908,25 per le ore domenicali (doc. 45), per un totale annuo di € 216.277,64, che sono solo in parte coperte dalla voce “altre indennità” indicata dal RTI GEDIS nelle proprie giustificazioni”: ebbene, la deduzione attorea non è idonea a dimostrare l’anomalia dell’offerta del RTI aggiudicatario, ove si consideri la genericità dell’assunto secondo cui il preteso maggior onere sarebbe “solo in parte coperto” dalla voce “altre indennità” contemplata dalla sue giustificazioni (non dimostrando in particolare che, per la parte “residua”, non possa sovvenire il margine di utile oltre che l’importo previsto come “salvadanaio” nelle medesime giustificazioni).

Per quanto concerne invece la deduzione attorea, secondo cui il RTI aggiudicatario non avrebbe contemplato per n. 42 infermieri l’indennità per turni non superiori alle cinque notti prevista dall’art. 54 del CCNL, pari ad € 12,30 se si lavorano più di 4 ore, ed € 6,20 se si lavorano meno di 4 ore, deve osservarsi che la parte appellante non formula specifici rilievi al fine di inficiare la giustificazioni del suddetto RTI, laddove evidenziano (pag. 6) quanto segue:

“art. 54 – Lavoro notturno. Tale indennità si riferisce a turni non superiori alle 4 notti per ciascun operatore. Il RTI ha presentato un’organizzazione in cui tutti gli OSS superano la 4a notte (e pertanto percepiranno l’indennità di turno descritta più avanti) mentre tra gli Infermieri:

o alcuni non presteranno servizio notturno (soprattutto per le Camere Operatorie del lotto 3 che lavorano in H6, H8 e H12);

o altri non superano la 4a notte (e quindi percepiranno l’indennità prevista dall’art. 54 del CCNL – Lotti 1,2 e 3);

o altri ancora supereranno la 5° notte e per cui vedranno applicata l’indennità di turno di cui appresso – Lotti 1,2 e 3”.

Dalle giustificazioni si evince quindi che il RTI aggiudicatario ha espressamente considerato l’indennità ex art. 54 CCNL per i 42 infermieri che non percepiscono l’indennità di turno.

Quanto invece alla deduzione secondo cui il RTI aggiudicatario non avrebbe nemmeno contemplato la riduzione di orario su base annua prevista per gli infermieri che svolgono il lavoro notturno dall’art. 54 del CCNL (“Ai lavoratori notturni viene concessa una riduzione di orario di 26 ore su base annua”), né sotto il profilo dell’assenteismo (che è di sole 11 ore all’anno per lavoratore, ben inferiore alle dette 26 ore), né quale costo ulteriore da fronteggiare per le sostituzioni, deve osservarsi, in senso contrario, che la suddetta riduzione concerne i soli lavoratori che svolgono il lavoro notturno, per cui essa è suscettibile di distribuirsi tra tutti i lavoratori, trovando capienza nelle ore di assenza complessivamente previste, anche agli effetti del costo del lavoro.

Il mancato assolvimento da parte delle appellante del suo onere di dimostrare l’incongruità, sotto il profilo in esame, dell’offerta del RTI aggiudicatario non consente di essere superato dall’assunto secondo cui esso non avrebbe fornito la prova che la riduzione operata sulla voce tabellare fosse idonea a coprire realmente i documentati maggiori costi per lavoro notturno e festivo, non potendo esigersi, in assenza di profili di dubbia attendibilità delle giustificazioni, una prova analitica delle singole voci di costo (purché l’impresa aggiudicataria le abbia esposte in maniera puntuale e trasparente, come si evince dall’analisi riportata a pag. 8 delle giustificazioni).

Il T.A.R. si è quindi pronunciato, in chiave ugualmente reiettiva, sul motivo inteso a lamentare che il raggruppamento controinteressato avrebbe dovuto essere escluso dalla gara avendo indicato per le attrezzature un costo minore di quello effettivo: lamentava in proposito la ricorrente che il predetto raggruppamento avrebbe “spalmato” i costi delle attrezzature per un triennio, imputando solo una parte del costo effettivo delle attrezzature alla esecuzione del servizio (che ha durata annuale).

Il T.A.R. ha in proposito evidenziato che “secondo i principi economici generali, il costo dei beni durevoli non va imputato solo all’esercizio finanziario nel quale essi sono acquistati, ma va spalmato per tutto l’arco temporale di utilizzazione del bene, secondo le relative quote di ammortamento”.

Osserva in chiave critica la parte appellante che il RTI GEDIS non ha fornito alcuna prova circa il se e come i beni verranno reimpiegati altrove in caso di mancato rinnovo, così come rimangono indimostrati i costi di tutte le attrezzature.

Essa lamenta inoltre che il RTI GEDIS ha inserito tra i beni ammortizzati anche la formazione specifica in materia di prevenzione COVID e persino le spese contrattuali, che “beni durevoli” non sarebbero.

Il motivo non può essere accolto.

In primo luogo, infatti, la parte appellante non considera che l’indicazione del RTI aggiudicatario in ordine all’utilizzo aliunde delle attrezzature, in caso di mancato rinnovo del servizio oltre il primo anno di esecuzione, rappresenta solo una parte della complessiva giustificazione resa sul punto, omettendo di censurarla integralmente, con particolare riguardo alla prevista (in alternativa alla ricollocazione) restituzione al fornitore: “si sottolinea che per consentire una incidenza dei costi per l’acquisto di beni e servizi compatibili con l’equilibrio del conto economico predisposto dal RTI, si sono conclusi accordi con i nostri fornitori di fiducia in base ai quali l’ammortamento di tali beni potrà essere realizzato nell’arco di tre anni (durata massima dell’appalto in oggetto). Nel caso l’appalto di uno o più lotti dovesse avere durata inferiore, le attrezzature saranno ricollocate presso altre commesse gestite dalle Società componenti il RTI ovvero restituite al fornitore a prezzi di mercato di poco inferiori al valore annuale dell’ammortamento”.

Non accoglibile è anche il profilo di doglianza inteso a dedurre la mancata dimostrazione del costo delle attrezzature: premesso che il RTI aggiudicatario ha precisato sul punto che “tutte le attrezzature sono oggetto di preventivo presentato dalle ditte fornitrici e custodite presso le sedi delle scriventi Cooperative unitamente alle schede tecniche di ciascun prodotto”, devono richiamarsi, in ordine alla scelta dell’Amministrazione di non richiedere l’esibizione dei suddetti documenti, le considerazioni innanzi svolte in ordine al legittimo (in mancanza di specifiche contestazioni sul punto) esercizio della discrezionalità alla stessa spettante nella conduzione dell’istruttoria procedimentale.

Infine, non assumono rilievo viziante (la valutazione di congruità svolta dalla stazione appaltante) le osservazioni svolte dalla parte appellante in relazione alle voci “formazione specifica in materia di prevenzione COVID” e “spese contrattuali”, non essendo dimostrata, in ragione della loro entità, la reale incidenza delle stesse sulla complessiva congruità dell’offerta del RTI aggiudicatario.

Il T.A.R. si è altresì pronunciato, sia rilevandone l’irricevibilità sia l’infondatezza, sul motivo aggiunto col quale la ricorrente deduceva che l’offerta tecnica del raggruppamento aggiudicatario sarebbe stata violativa delle prescrizioni minime di gara in relazione alla consistenza dell’effettivo fabbisogno di operatori (infermieri e operatori socio sanitari) da dedicare alla commessa: ciò in quanto esso avrebbe previsto, per ogni singola struttura, un numero di operatori (infermieri e operatori socio sanitari) inferiore rispetto a quello richiesto dalla stazione appaltante e riveniente dalla moltiplicazione tra i numeri di posti letto disponibili della struttura e l’indice di complessità indicato, secondo lo schema della citata Circolare della Regione Lazio (prot. n. 259999GR/11/23 del 13 maggio 2015, recante i “Criteri generali per la determinazione delle dotazioni organiche nelle aziende ed enti del S.S.R.”).

Il giudice di primo grado, come si è detto, oltre a statuire l’irricevibilità della censura per tardività, sul rilievo che il numero degli operatori destinati alla commessa era indicato già nella offerta economica, cui la ricorrente aveva avuto accesso in data 16 ottobre 2020, e ad osservare che la ricorrente ha indicato un numero di infermieri e di operatori socio sanitari inferiore rispetto a quello indicato del raggruppamento controinteressato, ha evidenziato, nel merito, che la ricorrente ha fornito una rappresentazione parziale delle tabelle del personale prodotte dal raggruppamento aggiudicatario in sede di gara, laddove dalla lettura integrale delle stesse risulta che il numero degli operatori offerti è conforme al fabbisogno minimo (di personale) indicato dal capitolato.

Mediante il relativo motivo di appello, la parte appellante censura in primo luogo la statuizione di irricevibilità riservata dal T.A.R. alla censura de qua, osservando che essa l’ha potuta compiutamente articolare solo una volta conosciuto il numero esatto di lavoratori impiegati e la loro specifica turnazione e, dunque, solo dopo aver avuto accesso alle giustificazioni, dove era riportata la relativa tabella.

Quindi, la parte appellante contesta gli ulteriori rilievi del T.A.R., allegando da un lato che la sentenza appellata non considera che a rilevare non è solo il numero degli operatori ma le ore offerte, essendo quelle indicate dalla appellante adeguate al fabbisogno, dall’altro lato che il maggior numero di addetti del RTI GEDIS è solo apparente e comunque irrilevante, in quanto deriva dal fatto che l’aggiudicatario, per sua scelta organizzativa, ha offerto un elevato numero di operatori “jolly”, che intervengono solo in caso di emergenza e a cui non corrisponde, dunque, alcun incremento delle ore rese complessivamente dal RTI ed alcun ulteriore costo.

Quindi, la parte appellante, deduce che, per coprire il fabbisogno indicato di 7,42 infermieri con una classica turnazione su cinque turni (mattina, pomeriggio, notte, monto e riposo), occorrerebbe che si alternino 12 OSS titolari e non “10 titolari + 2 jolly”, laddove nella proposta della aggiudicataria i turni ruotano solo su 10 titolari, mentre i jolly sono “vuoti” (cioè non coprono alcun turno).

La sentenza appellata merita, anche da tale punto di vista, di essere confermata, già con riferimento al profilo assorbente relativo alla dichiarata irricevibilità del motivo aggiunto in esame.

Deve infatti osservarsi che il numero degli operatori dedicati al servizio dal RTI aggiudicatario, al pari della relativa turnazione, era esaustivamente evincibile dall’offerta tecnica da esso presentata ed allegata al ricorso introduttivo (all. n. 35): del resto, fondando la stessa parte appellante le sue deduzioni critiche, nella presente sede di appello, sulla scorta delle risultanze della medesima offerta tecnica, ne deriva l’implicita ammissione della sufficienza del suddetto documento a far emergere il vizio lamentato, che quindi avrebbe dovuto essere sottoposto all’attenzione del giudice di primo grado, inerendo al predicato contrasto tra il personale offerto ed il fabbisogno connesso all’esecuzione dell’appalto, fin dalla fase introduttiva del giudizio di primo grado.

Devono adesso esaminarsi i motivi di appello proposti in via subordinata e riflettenti quelli formulati, in via ugualmente subordinata, in primo grado.

Con il primo di essi, la ricorrente si doleva del fatto che la consorziata esecutrice indicata dal mandatario Consorzio Gedis, ossia la Cooperativa Sanitalia, risultava sprovvista delle due referenze bancarie richieste esplicitamente dal disciplinare quale requisito di capacità economica finanziaria (art. 7.2, lett. b, del disciplinare di gara) e che comunque il RUP non aveva adeguatamente motivato sull’effettivo possesso del suddetto requisito.

Al fine di respingere la censura in esame, il giudice di primo grado ha preliminarmente evidenziato che l’art. 7.2, lett. b), del disciplinare di gara, con riguardo alla capacità economica e finanziaria, disponeva quanto segue: “la ditta partecipante dovrà produrre almeno due idonee dichiarazioni bancarie (art. 86, comma 4, D.Lgs. 50/2016 - allegato XVII, parte I) rilasciate da istituti bancari o intermediari autorizzati ai sensi del D.Lgs. 01 settembre 1993 n. 385; nel caso in cui il concorrente, che per fondati motivi non è in grado di presentare le referenze richieste, trova applicazione quanto previsto dall’art. 86, comma 4, del D.Lgs. 50/16. Le referenze bancarie devono essere presentate da ciascuna impresa che compone il costituendo raggruppamento, consorzio ordinario o aggregazione di imprese di rete;…”.

Il giudice di primo grado ha quindi ricordato che l’art. 86, comma 4, del codice dei contratti pubblici dispone: “Di norma, la prova della capacità economica e finanziaria dell’operatore economico può essere fornita mediante uno o più mezzi di prova indicati nell’allegato XVII, parte I. L’operatore economico, che per fondati motivi non è in grado di presentare le referenze chieste dall’amministrazione aggiudicatrice, può provare la propria capacità economica e finanziaria mediante un qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante”.

Il T.A.R. ha altresì rilevato che il RUP, in sede di esame della documentazione amministrativa presentata dai concorrenti, ha chiesto chiarimenti a Sanitalia, in ordine al fatto che aveva presentato una sola referenza bancaria, anziché due, come prescritto dalla lex specialis, e che, in riscontro a tale richiesta, la ditta destinataria aveva rappresentato di avere un unico conto corrente bancario e di aver già presentato, quale mezzo di prova della propria capacità economica e finanziaria, copia degli ultimi tre bilanci sociali, in linea con quanto previsto dall’art. 86, comma 4, d.lgs. n. 50/2016: sulla base della documentazione prodotta, quindi, il RUP ha ritenuto di ammettere il raggruppamento controinteressato alla procedura di gara.

Ciò premesso, ha evidenziato il T.A.R. che la presentazione dei bilanci da parte di Sanitalia, in luogo delle referenze bancarie, trovava il suo fondamento normativo nel richiamato art. 86, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, al fine di dimostrare la capacità economico finanziaria della concorrente, mentre, con riguardo alla mancata esternazione di una specifica motivazione da parte del RUP in ordine all’analisi dei bilanci prodotti, ha affermato che, da un lato, non sussistesse un obbligo specifico di motivazione in ordine alla ammissione del raggruppamento alle fasi successive della procedura di gara, dovendosi ritenere necessaria “una analitica indicazione delle ragioni giustificatrici solo in caso di esclusione” (cfr. T.a.r. Lazio sez. III, 26 aprile 2019, n.5253), dall’altro, non venivano specificate dalla ricorrente le ragioni per le quali, in relazione ai bilanci presentati da Sanitalia, il raggruppamento controinteressato non avrebbe dovuto essere ammesso alla procedura di gara.

Deduce in senso contrario la parte appellante che il RUP avrebbe dovuto motivare in ordine all’esito positivo dell’esame dei bilanci in luogo delle referenze bancarie richieste dalla lex specialis, al fine di effettuare la analisi di solidità economico-finanziaria del concorrente.

La censura non può essere accolta.

Dal verbale di esame della documentazione amministrativa, si evince che il RUP, in data 27 aprile 2020, “si riserva di valutare se sia opportuno disporlo (il soccorso istruttorio, n.d.e.) anche in merito al fatto che sia pervenuta una sola referenza bancaria di Sanitalia, nonostante che essa abbia cioè dimostrato capacità economico-finanziaria mediante il rilascio di dichiarazioni sui bilanci per il triennio 2016/2018”.

Risulta quindi dal suddetto verbale che la valutazione positiva di capacità economico-finanziaria della società suindicata è stata effettuata dal RUP, mentre le ragioni di tale valutazione sono desumibili, de relato, dai bilanci esibiti (secondo una tecnica motivazionale ritenuta valida dalla giurisprudenza amministrativa in tema, ad esempio, di valutazione di anomalia: cfr., di recente, Consiglio di Stato, Sez. III, n. 544 del 18 gennaio 2021).

Infine, il T.A.R. ha respinto il motivo di ricorso inteso a lamentare, da un lato, l’illegittimità dell’ammissione del raggruppamento aggiudicatario, nonostante esso, pur avendo dichiarato che non avrebbe fatto ricorso al subappalto, aveva dichiarato nel contempo che “l’erogazione degli interventi formativi, relativi al Modulo C – formazione specifica, verrà affidata al Consorzio INNOPOLIS, Ente Provider (n. 3555) presso il Ministero della Salute…”, dall’altro lato, che il raggruppamento aggiudicatario aveva dichiarato nell’offerta economica che “I corsi del Modulo relativo alla formazione specifica per Area saranno erogati esclusivamente dall’Ente Provider selezionato per il presente appalto. Il provider ACME, già in fase di redazione della presente offerta tecnica, ha provveduto a formulare un programma formativo specifico per l’Area specifica del Lotto in esame…”, deducendo che la contestuale menzione dell’Ente Innopolis e del provider ACME renderebbe l’offerta ambigua o alternativa.

Al fine di respingere il gravame in parte qua, il giudice di primo grado ha osservato che “l’attività formativa non costituisce l’oggetto dell’appalto, quanto piuttosto un’attività strumentale alla corretta esecuzione dell’appalto, con la conseguenza che non è ravvisabile rispetto alla stessa una violazione degli obblighi dichiarativi in materia di sub – appalto”, aggiungendo che non “si ravvisa nelle dichiarazioni del raggruppamento relative alle modalità formative del personale la dedotta ambiguità o contraddittorietà, essendo chiaro che i corsi del Modulo C- Formazione specifica saranno affidati all’Ente Innopolis, mentre la formulazione del programma formativo è demandata al provider ACME”.

Deduce la parte appellante che la “formazione” e “l’aggiornamento professionale” costituivano elemento qualificante della commessa in ragione della oggettiva rilevanza della formazione professionale del personale infermieristico, tanto che il Policlinico premiava il relativo programma fino ad un massimo di 5 punti.

Allega altresì la contraddittorietà dell’offerta del RTI aggiudicatario sia perché non indica la volontà di avvalersi del subappalto pur subappaltando talune prestazioni, sia perché l’indicazione del provider ACME quale soggetto erogatore della “formazione specifica” si pone in insanabile contraddizione con quanto dichiarato dallo stesso RTI aggiudicatario in ordine al fatto che “l’erogazione degli interventi formativi, relativi al Modulo C – formazione specifica, verrà affidata al Consorzio INNOPOLIS, Ente Provider (n. 3555) presso il Ministero della Salute”.

Nemmeno il suindicato motivo di appello è meritevole di accoglimento.

In primo luogo, le deduzioni della parte appellante, innanzi sintetizzate, non inficiano l’affermazione del T.A.R. intesa ad evidenziare l’estraneità dell’attività di formazione all’oggetto dell’appalto, non essendo sufficiente, al fine di infirmare tale conclusione, porre in risalto che la lex specialis prevedeva uno specifico punteggio in relazione all’attività formativa.

Premesso invero che, ai sensi dell’art. 105, comma 2, d.lvo n. 50/2016, “il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto”, è sufficiente evidenziare, per escludere la pertinenza del richiamo della suddetta disposizione, che l’oggetto dell’appalto, come descritto dall’art. 1 del “documento tecnico”, non contempla l’attività di formazione.

Quanto invece al profilo di contraddittorietà asseritamente esistente tra l’indicazione del provider ACME e quella del provider Innopolis, quali soggetti coinvolti nell’esecuzione delle attività di formazione, è sufficiente osservare, per escluderlo, che, come rilevato dal T.A.R. (e non puntualmente censurato dalla parte appellante, con la conseguente inammissibilità del motivo sotto il profilo in esame), l’offerta tecnica del RTI aggiudicatario precisa che “i corsi del Modulo relativo alla formazione specifica per Area saranno erogati esclusivamente dall’Ente Provider selezionato per il presente appalto. Il provider ACME, già in fase di redazione della presente offerta tecnica, ha provveduto a formulare un programmo formativo specifico per l’Area specifica del Lotto in esame”, in tal modo chiaramente distinguendo l’attività formativa (affidata ad Innopolis) e quella di formulazione del programma formativo (affidato ad Acme).

L’appello, in conclusione, deve essere complessivamente respinto.

La particolare complessità dell’oggetto della controversia giustifica infine la compensazione delle spese del giudizio di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del giudizio di appello compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia n. 5286 dello scorso 13 luglio la III Sezione del Consiglio di Stato ha soffermato la sua attenzione su due differenti profili afferenti alle procedure di gara.

Innanzitutto la Corte ha analizzato l’aspetto delle competenze professionali pertinenti ai fini dell’avvalimento e dell’esecuzione diretta da parte dell’ausiliaria; secondariamente il Collegio ha esaminato l’accesso agli atti di gara, la cui prevalenza rispetto ai segreti tecnici commerciali è affermata nella sola ipotesi di avvenuta instaurazione di un giudizio inerente ai medesimi atti.

 

Ricorda la Sezione che il requisito dell’“esperienza professionale” dell’impresa è considerato dal legislatore, insieme al possesso attuale di un idoneo bagaglio di “risorse umane e tecniche”, quale indice della sua “capacità tecnica”, ovvero della attitudine all’esecuzione dell’appalto “con un adeguato standard di qualità. Quanto a tale profilo non emergono aspetti problematici con riguardo al caso sottoposto all’attenzione del Supremo Consesso. 

Non lo stesso, invece, quanto al paradigma relativo ai presupposti dell’obbligo di “esecuzione diretta” dell’appalto da parte dell’impresa ausiliaria, di cui la mandante si è avvalsa ai fini della dimostrazione del possesso del requisito suindicato; presupposti delineati dall’art. 89, comma 1, secondo periodo, d.lgs. n. 50/2016, ai sensi del quale: “Per quanto riguarda i criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all’allegato XVII, parte II, lettera f), o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia avvalersi delle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono direttamente i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste”.

Ad una piana lettura del divisato dato normativo è di tutta evidenza come il meccanismo sostitutivo rivendicato dall’appellante(nel senso della necessaria previsione dell’impegno dell’ausiliaria di eseguire direttamente, in proprio, il servizio oggetto dell’avvalimento) abbia una portata circoscritta a determinati e ben individuati requisiti (“…si avvalga di altri soggetti per sopperire alla mancanza di titoli di studio e professionali di cui all’allegato XVII, parte II, lettera f) o di esperienze professionali pertinenti”) e la valenza eccezionale della disposizione suindicata preclude l’estensione del suo ambito operativo a fattispecie diverse da quelle ivi espressamente contemplate. Ed, invero, le prestazioni relative all’appalto qui in rilievo non rivelano caratteri infungibili e, dunque, non richiedono la spendita di alcun “titolo di studio” e/o di alcuna “esperienza professionale pertinente, ovvero di capacità non agevolmente trasferibili con la messa a disposizione che discende dall’avvalimento qui in rilievo”.

Tale indirizzo interpretativo, del resto, è conforme al prevalente orientamento che la giurisprudenza ha maturato in relazione alla questione in esame, essendosi più recentemente affermato (così Cons. Stato, sez. V, 1° marzo 2021, n. 1701) che “di tale disposizione (art. 89, comma 1, secondo periodo, cit.) (dopo qualche incertezza di cui v’è traccia proprio nella sentenza della Sezione, 3 aprile 2019, n. 2191) prevale ora nella giurisprudenza amministrativa un’interpretazione per la quale per “esperienze professionali pertinenti” vanno intese quelle esperienze maturate in virtù di affidamenti connotati da profili di infungibilità, in qualche modo equiparabili, dunque, a quelle per le quali sono richiesti “titoli di studio e professionali di cui all’allegato XVII, parte II, lettera f” (cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2020, n. 1704). 

È questa certamente l’interpretazione preferibile, poiché consonante con la formulazione linguistica della norma come pure con la sua ratio. Dal primo punto di vista, infatti, la qualificazione come “pertinenti” delle esperienze professionali necessita di un termine di relazione – rispetto al quale appunto possa predicarsi la pertinenza – il quale non può che essere costituito dai “titoli di studio e professionali” citati in precedenza; a voler diversamente intendere, la norma sarebbe monca poiché mancherebbe il termine relazionale non potendosi assumere, senza riscontro nel testo della legge, che si sia inteso far riferimento alle attività oggetto del contratto. D’altronde – e si viene così ad indagare la ratio della disposizione – la prescrizione dell’esecuzione diretta del servizio da parte dell’ausiliaria va ritenuta di stretta interpretazione (lo si argomenta da Corte di Giustizia dell’Unione europea, sez. I, 7 aprile 2016 nella causa C-324-14, Partner Apelski Dariusz), pena il sovvertimento della natura del contratto di avvalimento che non consiste nell’associare a sé altri nell’esecuzione del contratto in affidamento, ma di acquisire in prestito le risorse altrui per svolgere in proprio la prestazione a favore della stazione appaltante. Ne segue, allora, che in maniera coerente il legislatore ha richiesto l’esecuzione diretta dell’ausiliaria nei casi in cui l’operatore sia privo di titoli professionali o di studio (indicati dall’allegato XVII parte II lett. f) che non possono essere trasferiti ad altri poiché evidentemente strettamente personali al soggetto che li abbia acquisiti ovvero – e in ciò v’è spiegazione del riferimento alle esperienze professionali pertinenti – qualora la stazione appaltante abbia richiesto, quale requisito di partecipazione esperienziale, esperienze professionali maturate proprio in virtù della spendita dei predetti titoli di studio o professionali, all’evidenza, anch’essi espressione di capacità personali, non trasmissibili ad altri.

Ai già di per sé persuasivi argomenti esegetici desumibili dai citati precedenti, devono aggiungersi i seguenti ulteriori, direttamente ricavabili dal tenore testuale della norma in esame: 1) l’interpretazione secondo cui la limitazione alle sole “pertinenti” delle “esperienze professionali” implicanti l’obbligo di esecuzione diretta da parte dell’impresa ausiliaria avrebbe come termine di riferimento il servizio oggetto di gara assume carattere abrogativo del suddetto requisito qualificante, essendo evidente che la capacità professionale dell’impresa non può che essere desunta dai servizi analoghi a quello oggetto di gara precedentemente espletati; 2) la mancata indicazione da parte del legislatore, al fine di puntualizzare il riferimento alle “esperienze professionali pertinenti”, laddove avesse inteso avere riguardo ai servizi analoghi precedentemente resi dal concorrente, della lettera (a, punto ii, dell’allegato XVII, parte II) che li contempla quale mezzo di prova della capacità tecnica del fornitore di servizi (ex art. 86, comma 5, d.lgs. n. 50/2016); 3) il riferimento (al plurale) alle “esperienze professionali pertinenti”, specialmente se raffrontato al richiamo fatto (al singolare) dall’art. 83, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 all’“esperienza” necessaria “per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità”, il quale depone nel senso che il legislatore abbia avuto riguardo a “specifici” precedenti servizi svolti dal concorrente (recte, dall’impresa ausiliaria), muniti, a differenza della generica “esperienza” dimostrata mediante lo svolgimento di servizi analoghi a quello oggetto di gara, di una qualificata attitudine dimostrativa della capacità tecnica e professionale alla corretta esecuzione dell’appalto, così come attestata dal possesso, da parte del soggetto erogatore, di specifici “titoli di studio e professionali”.

 

Volgendo lo sguardo al secondo aspetto oggetto di analisi da parte della Corte, ovvero quello afferente al diritto di accesso agli atti di gara, deve preliminarmente osservarsi che la giurisprudenza che si è occupata del tema ha avuto modo di precisare che “la legge non pone una regola di esclusione (dell’esercizio del diritto di accesso in relazione ai documenti dell’offerta inerenti ai segreti tecnici e commerciali dell’offerente) basata su una presunzione assoluta valevole ex ante, ma impone un valutazione in concreto dei motivi addotti a difesa del segreto, per modo che possa non essere preclusivamente vulnerato «l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto»(cfr. art. 53, ult. cpv. d.lgs. n. 50/2016)”. Del resto, l’accesso è, nella materia in esame, strettamente legato alla sola esigenza di «difesa in giudizio»: previsione più restrittiva di quella dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, che contempla un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l’accesso, ove necessario, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale (in termini Cons. Stato, sez.V, 9 dicembre 2008, n. 6121). Ne consegue che, al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio

In particolare, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza appellata, la mera intenzione di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia, come l’impresa seconda graduata, concreto e obiettivo interesse) non legittima un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, perché difetta la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia (tale indirizzo interpretativo è stato ribadito, più di recente, con la sentenza della medesima Sezione n. 6463 del 26 ottobre 2020, con la quale è stato chiarito che “la mera intenzione di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia concreto ed obiettivo interesse”). 

Dalle sentenze citate si evince quindi il principio secondo cui, nella specifica materia in oggetto, il discrimine tra interesse emulativo/esplorativo, insufficiente a giustificare la deroga all’esigenza di protezione dei segreti tecnici e commerciali della concorrente incorporati nella documentazione relativa all’offerta tecnica, e interesse genuinamente difensivo, atto secundum legem a superare la suddetta barriera opposta dal legislatore al soddisfacimento dell’interesse ostensivo, coincide con l’avvenuta (o meno) instaurazione di un giudizio inerente agli atti della gara cui l’istanza di accesso si riferisce: conclusione che, ad avviso della Sezione, è coerente con la formulazione testuale della clausola derogatrice (art. 53, comma 6, d.lgs. n. 50/2016: “In relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”), la quale subordina l’interesse ostensivo prevalente alla sussistenza di una correlazione strumentale tra l’accesso e la difesa in giudizio degli interessi che innervano la posizione di concorrente nell’ambito di una procedura di affidamento, quale non può non trovare concreta ed attuale dimostrazione nella avvenuta instaurazione di un giudizio avverso gli atti lesivi di quella procedura.

Discende, dai rilievi svolti, che, nella fattispecie in esame, lo stesso carattere incidentale della domanda di accesso costituirebbe un indice univocamente rivelatore della sua preordinazione alle esigenze difensive del suo proponente, con la conseguente astratta fondatezza della proposta domanda ostensiva.