il punto della situazione

1) Premessa. 2) Il subappalto e i limiti quantitativi. 3) I limiti al subappalto nell’ordinamento eurounitario: le pronunce della Corte di Giustizia e il procedimento di infrazione. 4) La giurisprudenza nazionale sulla vigenza del limite al subappalto di cui all’art. 105, comma 2, del Decreto Legislativo n. 50 del 2016 a seguito delle pronunce della Corte di Giustizia. 5) Limite al subappalto nei contratti sotto soglia e concetto di interesse transfrontaliero. 6) Conclusioni.

1) Premessa.

Uno dei temi più controversi della disciplina degli appalti pubblici riguarda la compatibilità dei limiti della quota di contratto subappaltabile, fissati dalla normativa italiana, con l’ordinamento eurounitario.

Infatti, la percentuale massima di subappalto indicata dal legislatore nazionale, individuata in aderenza alla logica di contrasto delle infiltrazioni criminali all’interno dello scenario della contrattualistica pubblica, si è rivelata in più occasioni confliggente con il sistema eurounitario, improntato alla massima concorrenzialità del mercato e al favor partecipationis delle piccole e medie imprese alle gare pubbliche.

In tale contesto, le Stazioni Appaltanti si sono trovate più volte, nella predisposizione degli atti di gara, di fronte ad un incerto quadro normativo e giurisprudenziale, con il rischio di inserire nei bandi clausole limitative al subappalto oggetto poi di annullamento da parte della giurisprudenza amministrativa oppure di disapplicare autonomamente (e in certi casi in assenza dei presupposti) i limiti stabiliti dalla normativa vigente.

 

2) Il subappalto e i limiti quantitativi.

Per un corretto esame della questione occorre analizzare l’evoluzione dell’istituto del subappalto.

L’attuale disciplina è frutto di un mutamento di matrice eurounitaria avvenuto mediante le direttive del 2014, all’interno delle quali il subappalto, quale strumento di sostegno delle piccole e medie imprese, ha assunto sempre maggior rilievo. La normativa europea, infatti, è passata dalla mera previsione dell’indicazione nel capitolato d’oneri dell’eventuale obbligo di indicazione in sede di offerta delle parti di contratto che gli operatori economici intendessero subappaltare a terzi e dei subappaltatori proposti[1], ad una più articolata disciplina in cui vengono indicati i tratti essenziali dell’istituto e che sottopone il subappalto al rispetto dei principali valori sottesi alle direttive in materia ambientale, sociale e del lavoro[2].

Tali direttive, tuttavia, non hanno previsto alcuna limitazione di tipo qualitativo o quantitativo all’utilizzo del subappalto.

La disciplina italiana dell’istituto in esame è allo stato contenuta prevalentemente nell’art. 105 del Decreto Legislativo n. 50 del 2016, ove ne viene fornita la seguente definizione “il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni del contratto di appalto. Costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da affidare.[3].

Il limite quantitativo al subappalto è stato per la prima volta introdotto dal legislatore italiano con l’art. 18 della legge 19 marzo 1990, n. 55, norma poi confluita nell’art. 34 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e riproposta nel previgente Codice dei Contratti Pubblici, all’art. 118[4].

Nel vigente Codice, come si è anticipato, detto limite è contenuto nel comma 2 dell’art. 105, nella misura massima del 30% dell’importo complessivo dei lavori, dei servizi o delle forniture oggetto di gara, all’interno del quale è stato peraltro eliminato il riferimento alla distinzione tra categoria prevalente e scorporabili, in precedenza contenuto nell’art. 118, comma 1, del Decreto Legislativo n. 163 del 2006.

Il limite del 30% viene inoltre espressamente previsto per le prestazioni c.d. superspecialistiche (anche note come SIOS), di cui al Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 248 del 2016, di importo superiore al 10% del valore totale delle lavorazioni, dal combinato disposto dell’art. 105, comma 5, e dell’art. 89, comma 11, del Decreto Legislativo n. 50 del 2016[5].

La ratio[6] di tale limitazione risiede nella volontà legislativa di “prevenire infiltrazioni da parte della criminalità organizzata in quanto, per le caratteristiche intrinseche e derivate dal contratto di appalto, l’istituto del subappalto ha rappresentato uno dei più pericolosi strumenti in grado di agevolare fenomeni di infiltrazione da parte della criminalità organizzata di natura mafiosa nei pubblici contratti[7].

In sede di conversione del Decreto Legge n. 32 del 2019, avvenuta con Legge n. 55 del 2019, l’art. 1, comma 18, ha indicato, fino al 31 dicembre 2020, quale limite massimo alla quota di contratto subappaltabile il 40% del suo valore, fermo restando invece il 30% per le opere superspecialistiche[8]. Da ultimo, tale innalzamento del limite è stato oggetto di proroga ad opera del c.d. Decreto Milleproroghe, Decreto Legge n. 183 del 2020, convertito con Legge n. 21 del 2021, fino al 30 giugno 2021.

Pertanto, allo stato, il dato normativo indica in linea generale quale limite massimo per il ricorso al subappalto il 40% del valore contrattuale dell’intervento.

 

3) I limiti al subappalto nell’ordinamento eurounitario: le pronunce della Corte di Giustizia e il procedimento di infrazione.

Sulla percentuale massima di contratto subappaltabile stabilita dal legislatore italiano è intervenuta nel frattempo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, con sentenza del 26 settembre 2019, pronunciata nella causa Vitali, ha ritenuto contrastante con l’art. 71 della direttiva 2014/24/UE la disciplina italiana, sulla base della seguente motivazione: “la normativa nazionale di cui al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell’appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, siffatto divieto generale non lascia alcun spazio a una valutazione caso per caso dell’ente aggiudicatore[9].

La Corte di Giustizia, dunque, pronunciandosi sull’allora vigente limite del 30%, ha censurato la normativa nazionale nella misura in cui la stessa pone tale limite in maniera indiscriminata, senza lasciare alcun margine di valutazione circa le peculiarità del caso concreto alle Stazioni Appaltanti chiamate a definire la disciplina di gara. Pertanto, pur non negando la sussistenza di esigenze per il legislatore nazionale di contrastare fenomeni illeciti allo stesso ricollegabili, ha comunque ritenuto lo stesso contrastante con gli obiettivi di massima concorrenzialità del mercato e di favorire l’accesso alle piccole e medie imprese[10].

Tale orientamento è stato poi confermato da una successiva pronuncia della medesima Corte, Tedeschi e Consorzio Stabile Istant Service, con la quale è stato ribadito il contrasto della norma con il principio di proporzionalità, in quanto, pur ritenendo in tale occasione plausibile l’apposizione di un limite all’utilizzo dell’istituto in esame, ha comunque valutato in concreto lo stesso come una restrizione eccedente lo scopo perseguito dalla disposizione[11].

In tale occasione la Corte, al fine di scongiurare una eccessiva compressione della concorrenza nel mercato europeo, ha ritenuto necessario che eventuali limitazioni all’utilizzo dell’istituto del subappalto tengano conto del settore economico interessato dal contratto, della natura delle prestazioni richieste o dell’identità dei subappaltatori e, per l’effetto, che si permetta di adattare tale disciplina alle esigenze del caso concreto[12].

In definitiva, gli interventi della Corte di Giustizia richiamati non hanno escluso la possibilità di mantenere in vita il predetto limite alla luce delle peculiarità della situazione italiana rispetto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici, ma ritengono l’applicazione indiscriminata dello stesso, così come attualmente individuato dal legislatore italiano, contrastante con la direttiva 2014/24/UE, ben potendosi invece ricorrere a misure meno incisive, capaci di raggiungere il medesimo scopo.

Sul punto deve ricordarsi che la Commissione Europea, il 24 gennaio 2019, ha trasmesso una lettera di costituzione in mora al Governo Italiano, relativa alla procedura di infrazione n. 2018/2273, contestando all’Italia anche il contenuto dell’art. 105, comma 2, del Codice, relativamente al profilo in esame, alla quale ha poi fatto seguito l’ulteriore lettera di costituzione in mora complementare del 27 novembre 2019, con cui è stata segnalata la persistenza dei problemi di conformità in precedenza indicati, anche a seguito della modifica normativa che ha innalzato il limite al subappalto dal 30% al 40% del valore del contratto pubblico[13].

 

4) La giurisprudenza nazionale sulla vigenza del limite al subappalto di cui all’art. 105, comma 2, del Decreto Legislativo n. 50 del 2016 a seguito delle pronunce della Corte di Giustizia.

A seguito delle richiamate pronunce della Corte di Giustizia si è aperto nello scenario giurisprudenziale italiano un contrasto interpretativo circa l’attualità e la vigenza del predetto limite.

Secondo un primo orientamento, infatti, in aderenza alla motivazione fornita sul punto dalle pronunce del giudice comunitario, il limite del 30% della quota di contratto subappaltabile, che è stato ritenuto da tali sentenze contrastante con l’ordinamento eurounitario, deve essere disapplicato[14].

Nel dettaglio tale indirizzo ritiene che “in materia di subappalto, dal diritto eurounitario, come interpretato nelle pronunce citate, discende una norma chiara, precisa e non condizionata ad alcun atto di attuazione e che gli attributi del primato e dell’effetto diretto debbono riconoscersi anche alle statuizioni risultanti dalle sentenze interpretative della Corte di giustizia (come affermato fin da Corte cost., sent. n. 113 del 1985), occorre risolvere il contrasto tra la direttiva n. 2014/24/CE e la normativa italiana dando prevalenza alla prima e disapplicando la seconda, così riconoscendo ai singoli operatori la facoltà di partecipare alle gare d’appalto ricorrendo al subappalto senza limiti quantitativi.[15].

Secondo altro orientamento invece, coevo a quello appena esposto, avendo la Corte di Giustizia preso in riferimento esclusivamente il limite del 30%, la sopravvenuta modifica normativa che ha elevato lo stesso al 40% non può ritenersi incisa dalle pronunce del giudice comunitario che hanno semplicemente affermato che la finalità di contrasto delle infiltrazioni criminali nelle gare pubbliche possa essere validamente contrastata con misure meno restrittive, quali, per l’appunto, l’innalzamento del predetto limite[16].

Tale interpretazione si fonda sull’assunto secondo il quale la Corte di Giustizia “pur avendo censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno nella soglia del 30% dei lavori, non esclude la compatibilità con il diritto dell’Unione di limiti superiori … Di conseguenza la Corte ha considerato in contrasto con le direttive comunitarie in materia il limite fissato, non escludendo invece che il legislatore nazionale possa individuare comunque, al fine di evitare ostacoli al controllo dei soggetti aggiudicatari, un limite al subappalto proporzionato rispetto a tale obiettivo. Pertanto non può ritenersi contrastante con il diritto comunitario l’attuale limite pari al 40% delle opere, previsto dall’art. 1, comma 18, della legge n. 55/2019, secondo cui: “Nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 31 dicembre 2020, in deroga all’articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori” (T.a.r. Lazio, sez. I, 24 aprile 2020 n. 4183).[17].

Occorre peraltro precisare come il problema della compatibilità con l’ordinamento eurounitario non si ponga con riguardo alle opere superspecialistiche. Come già evidenziato infatti il limite del 30% viene espressamente previsto anche per tali interventi, di importo superiore al 10% del valore totale delle lavorazioni, dal combinato disposto dell’art. 105, comma 5, e dell’art. 89, comma 11, del Decreto Legislativo n. 50 del 2016.

Secondo l’ANAC infatti, la disciplina relativa alle opere superspecialistiche non può che ritenersi di carattere speciale, e, pertanto, alla luce della motivazione alla base delle pronunce della Corte di Giustizia, che ha ritenuto contrastante la normativa italiana con l’ordinamento eurounitario per aver previsto una limitazione astratta e generale all’istituto del subappalto, l’apposizione di tale differente limitazione viene giustificata proprio dalle peculiarità delle prestazioni che è chiamato a svolgere l’esecutore dell’opera, che richiedono per loro natura che siano effettuate da un appaltatore qualificato[18].

Quanto affermato dall’ANAC, aveva già trovato conforto nella giurisprudenza amministrativa che aveva interpretato nei seguenti termini le pronunce della Corte di Giustizia, con riguardo al profilo del limite apposto alle SIOS: “Questa ha statuito che il divieto generalizzato di ricorrere al subappalto oltre una certa percentuale del contratto affidato integra violazione delle direttive comunitarie in materia di appalti e non rispetta il canone di proporzionalità. È cioè considerata contraria al diritto comunitario la previsione di un limite generale all’utilizzo di questo istituto che prescinda dal settore economico interessato, dalla natura delle prestazioni e dall’identità dei subappaltatori. L’affermazione di tale principio però non esclude che in casi specifici, con riferimento a determinate tipologie di appalto come quelle riguardanti le opere superspecialistiche, non possa essere giustificato un limite percentuale all’esperibilità del subappalto in relazione alla natura particolare delle prestazioni da svolgere, come prevede l’art. 63, paragrafo 2, della direttiva UE n. 2014/24. Quest’ultimo stabilisce infatti che (anche) nel caso di appalti di lavori le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che alcuni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente.”[19].

Alla luce del quadro sopra esposto, è evidente che, ad eccezione per le opere superspecialistiche,  le richiamate pronunce hanno determinato per gli operatori profili di incertezza sull’applicabilità o meno dei limiti al subappalto.

 

5) Limite al subappalto nei contratti sotto soglia e concetto di interesse transfrontaliero.

L’orientamento giurisprudenziale, che milita a favore della ricostruzione eurounitaria di disapplicazione del limite normativo relativo alla quota subappaltabile dei contratti pubblici, pone l’ulteriore problema relativo alla persistenza o meno dello stesso con riguardo agli appalti sotto soglia, i quali, come noto, ai sensi dell’art. 1 della Direttiva 2014/24/UE, vengono sottratti dall’ambito di applicazione delle disposizioni ivi contenute.

Pertanto, occorre chiedersi se, a seguito delle richiamate pronunce della Corte di Giustizia, sia stato ritenuto in contrasto con l’ordinamento eurounitario il limite in esame anche con riguardo a tali contratti.

Anche sul punto non vi sono interpretazioni univoche da parte della giurisprudenza.

Infatti, con una recente pronuncia, il TAR Lecce ha affermato che la disapplicazione relativa alla restrizione quantitativa all’utilizzo del subappalto debba ritenersi operante anche con riguardo agli appalti il cui valore sia al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria privi di interesse transfrontaliero[20].

A questa interpretazione si oppone altro indirizzo che considera invece il limite quantitativo al subappalto per gli appalti sotto soglia ancora applicabile alla luce dell’esclusione degli stessi dall’ambito di applicazione della Direttiva 2014/24/UE, eccezion fatta per il caso di appalti di interesse transfrontaliero[21]. Non può essere disapplicata, ad avviso di tale orientamento, una norma vigente e imperativa, quale quella contenuta nell’art. 105, comma 2, del Decreto Legislativo n. 50 del 2016, per dare prevalenza a una norma comunitaria che esula dall’ambito di applicazione di tale fattispecie[22].

Questa tesi è stata accolta anche dall’ANAC che, a seguito delle pronunce della Corte di Giustizia, ha comunque ritenuto attualmente applicabile il limite di cui all’art. 105, comma 2, ad appalti di valore inferiore della soglia comunitaria[23].

All’interno dell’incerto quadro appena delineato riguardante gli appalti di valore inferiore alla soglia comunitaria, si aggiunge la problematica dell’individuazione, da parte delle Stazioni Appaltanti, dell’eventuale rilevanza transfrontaliera della commessa oggetto di gara ai fini dell’applicazione norme e dei principi fondamentali del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, quali i principi di parità di trattamento, di non discriminazione e l’obbligo di trasparenza.

Il concetto di appalto di interesse transfrontaliero è stato sviluppato dalla giurisprudenza comunitaria, quale punto di raccordo tra appalti sopra e sotto soglia, a partire dalla sentenza Telaustria e Telfonadress[24] in cui la Corte ha ritenuto che, pur non rientrando gli stessi nell’ambito di applicazione della Direttiva europea 93/38, gli enti aggiudicatori fossero comunque tenuti al rispetto dei principi fondamentali del Trattato.

A partire da tale pronuncia, la giurisprudenza comunitaria ha individuato una serie di indicatori che devono essere presi in considerazione dalle Stazioni Appaltanti al momento dell’indizione delle procedure di gara al fine di una corretta individuazione della disciplina applicabile al caso concreto in ipotesi di affidamento di contratti di valore inferiore alla soglia comunitaria, per i quali occorre previamente valutarne la rilevanza transfrontaliera, che per quelli sopra soglia si ritiene invece presunto[25].

Gli elementi indiziari dai quali la Corte di Giustizia ritiene possa essere dedotta l’esistenza di un interesse transfrontaliero del contratto sono i seguenti.

Occorre, in primo luogo, valutare il luogo di esecuzione della commessa, in termini di vicinanza geografica ad altro Stato appartenente all’Unione Europea[26]. Tale elemento, però, deve essere considerato in combinazione con altri indicatori, quali l’importanza economica dell’intervento[27], la tecnicità dello stesso[28] o l’eventuale esistenza di denunce da parte di operatori economici di altri Stati membri di cui sia stato accertato che siano reali e non fittizie[29].

È importante rimarcare poi come la giurisprudenza richieda, al fine dell’individuazione dell’interesse transfrontaliero certo del contratto oggetto di gara, il riscontro concreto degli elementi indicati nella fattispecie oggetto di esame, non bastando un’ipotetica individuazione di taluni elementi che in astratto potrebbero costituire indizi in tal senso[30].

Alla luce di tali pronunce, il Consiglio di Stato, nel parere reso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’Adunanza del 11 aprile 2019[31], ha suggerito la seguente definizione di interesse transfrontaliero, recepita dall’ANAC nell’attuale formulazione delle Linee Guida n. 4 “Le stazioni appaltanti verificano se per un appalto o una concessione di dimensioni inferiori alle soglie di cui all’articolo 35 del Codice dei contratti pubblici vi sia un interesse transfrontaliero certo in conformità ai criteri elaborati dalla Corte di Giustizia. Tale condizione non può essere ricavata, in via ipotetica, da taluni elementi che, considerati in astratto, potrebbero costituire indizi in tal senso, ma deve risultare in modo chiaro da una valutazione concreta delle circostanze dell’appalto in questione quali, a titolo esemplificativo, l’importo dell’appalto, in combinazione con il luogo di esecuzione dei lavori o, ancora, le caratteristiche tecniche dell’appalto e le caratteristiche specifiche dei prodotti in causa, tenendo anche conto, eventualmente, dell’esistenza di denunce (reali e non fittizie) presentate da operatori ubicati in altri Stati membri (si veda la Comunicazione della Commissione Europea 2006/C 179/02, relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive «appalti pubblici»). Possono essere considerati, al riguardo, anche precedenti affidamenti con oggetto analogo realizzati da parte della stazione appaltante o altre stazioni appaltanti di riferimento. È necessario tenere conto del fatto che, in alcuni casi, le frontiere attraversano centri urbani situati sul territorio di Stati membri diversi e che, in tali circostanze, anche appalti di valore esiguo possono presentare un interesse transfrontaliero certo. Per l’affidamento di appalti e concessioni di interesse transfrontaliero certo le stazioni appaltanti adottano le procedure di aggiudicazione adeguate e utilizzano mezzi di pubblicità atti a garantire in maniera effettiva ed efficace l’apertura del mercato alle imprese estere nonché il rispetto delle norme fondamentali e dei principi generali del Trattato e in particolare il principi di parità di trattamento e il principio di non discriminazione in base alla nazionalità oltreché l'obbligo di trasparenza che ne deriva[32].

Ferma l’indicazione dei predetti elementi probanti il possibile interesse transfrontaliero di un appalto, spetta pertanto alle Stazioni Appaltanti la valutazione rispetto alla sussistenza dell’interesse transfrontaliero della commessa, all’esito della quale ne discende l’applicazione o meno dei principi generali dell’ordinamento europeo[33].

 

6) Conclusioni.

L’analisi delle pronunce del Giudice comunitario e nazionale sulla vigenza dei limiti quantitativi al subappalto permette di cogliere le criticità del quadro normativo di riferimento e le difficoltà relative al corretto utilizzo dell’istituto in esame.

Da un lato, infatti, il legislatore italiano reputa la limitazione quantitativa al subappalto quale strumento necessario di contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata nella contrattazione pubblica, dall’altro, in un’ottica eurounitaria, tale intervento risulta eccessivamente incisivo rispetto al fine perseguito.

Nella prassi attuativa, però, le Stazioni Appaltanti si trovano in una situazione di estrema incertezza derivante dalla scelta di aderire all’uno o all’altro orientamento che, per gli appalti sotto soglia, comporta a sua volta ulteriori valutazioni discrezionali, basate su parametri labili e dai confini spesso indefiniti.

A tal fine, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha recentemente proposto di modificare la disciplina del subappalto contenuta nel Codice ritenendo opportuno: “(i) eliminare la previsione generale ed astratta di una soglia massima di affidamento subappaltabile; (ii) prevedere l’obbligo in capo agli offerenti che intendano ricorrere al subappalto, di indicare in sede di gara la tipologia e la quota parte di lavori in subappalto, oltre all’identità dei subappaltatori; (iii) consentire alle stazioni appaltanti di introdurre, tenuto conto dello specifico contesto di gara, eventuali limiti all’utilizzo del subappalto che siano proporzionati rispetto agli obiettivi di interesse generale da perseguire e adeguatamente motivati in considerazione della struttura del mercato interessato, della natura delle prestazioni o dell’identità dei subappaltatori.[34],

La soluzione alle problematiche sopra esposte potrebbe derivare dal disegno di legge, recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2019-2020”, approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati e trasmesso in data 2 aprile 2021 al Senato della Repubblica, con il quale vengono introdotte, dall’art. 8, modifiche al Codice, volte a superare le criticità sollevate dalla sopra citata procedura di infrazione a carico dell’Italia.

Con riguardo al limite del subappalto, il disegno di legge prevede la soppressione della norma transitoria introdotta dal Decreto Legge n. 32 del 2019, convertito con modificazioni dalla Legge n. 55 del 2019, mediante la quale è stata aumentata la quota dal 30% al 40% fino al 30 giugno 2021[35].

Si auspica, dunque, un tempestivo intervento sul punto, ormai da ritenersi improcrastinabile.


[1] Considerando nn. 43 della Direttiva 2004/17/CE e 32 della Direttiva 2004/18/CE, nonchè artt. 37 della Direttiva 2004/17/CE e 25 della Direttiva 2004/18/CE.

[2] Artt. 71 della Direttiva 2014/24/UE, 88 della Direttiva 2014/25/UE e 42 della Direttiva 2014/23/UE.

[3] G. Giovannini, II, Esecuzione dell’opera, in L’appalto di opere pubbliche, a cura di A. Cianflone, G. Giovannini, V. Lopilato, Milano, Giuffrè Editore, pp. 1788-1789.

[4] Decreto Legislativo n. 163 del 12 aprile 2006.

 

[5] S. Fantini, IV. Esecuzione Settori speciali Appalti con regimi speciali, Subappalto, in Trattato sui contratti pubblici, 5 voll, a cura di M. A. Sandulli, R. De Nictolis, Milano, Giuffrè, 2019, p. 54.

[6] Al riguardo, si è espressa anche l’ordinanza del Consiglio di Stato, III, n. 3702 del 10 giugno 2020 che ha rinviato in Corte di Giustizia il seguente quesito pregiudiziale relativo al subappalto necessario o qualificante: “Se gli articoli 63 e 71 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ostino ad una interpretazione della normativa nazionale italiana in materia di subappalto necessario secondo la quale il concorrente sprovvisto della qualificazione obbligatoria in una o più categorie scorporabili non può integrare il requisito mancante facendo ricorso a più imprese subappaltatrici, ovvero cumulando gli importi per i quali queste ultime risultano qualificate”.

[7] ANAC, Audizione del Presidente Avv. Giuseppe Busia, Commissioni congiunte 8a e 14a Politiche dell’Unione europea, Camera dei Deputati, 10 novembre 2020, “Ipotesi di modifiche alla normativa nazionale in materia di subappalto conseguenti a recenti sentenze e procedure di infrazione promosse dalla Commissione Europea”, p.8.

[8] L’art. 1, comma 18, del decreto-legge n. 32/2019, convertito dalla legge n. 55/2019 ha stabilito che “nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 30 giugno 2021, in deroga all’articolo 105, comma 2, del medesimo codice, fatto salvo quanto previsto dal comma 5 del medesimo articolo 105, il subappalto è indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e non può superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”.

[9] Sentenza CGUE, 26 settembre 2019, causa C-63/18, Vitali, punto 30.

[10] ANAC, Audizione del Presidente Avv. Giuseppe Busia, cit., p.4.

 [11] Nel dettaglio la sentenza CGUE, 27 novembre 2019, causa C- 402/18, afferma ai punti 44 e 45 quanto segue:

Più nello specifico, la Corte ha già dichiarato che il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo legittimo, che può giustificare una restrizione alle norme fondamentali e ai principi generali del Trattato FUE che si applicano nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C-425/14, EU:C:2015:721, punti 27 e 28).

Tuttavia, anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella oggetto del procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo”.

[12] A. Di Cagno, Il limite alla quota del subappalto tra ordinamento nazionale ed europeo, “Urbanistica e appalti”, 6/2020, p. 862.

[13] Camera dei Deputati, Ufficio Rapporti con l’Unione europea, Dossier n. 41, 9 novembre 2020, “Contenzioso UE in materia di subappalto”.

[14] Tar Toscana, Sede di Firenze, I, 11 giugno 2020, n. 706; Cons. St., V, 17 dicembre 2020, n. 8101.

[15] Cfr. Tar Valle d’Aosta, Sede di Aosta, 3 agosto 2020, n. 34.

[16] Cfr. Tar Lazio, Sede di Roma, III-quater, 15 dicembre 2020, n. 13527.

[17] Crf. Tar Lazio, Sede di Roma, III-quater, 3 novembre 2020, n. 11304.

[18] ANAC, Delibera n. 704 del 4 agosto 2020.

[19] TAR Toscana, Sede di Firenze, II, 9 luglio 2020, n. 898.

[20] Tar Puglia, Sede di Lecce, III, 17 marzo 2021, n. 395.

[21] Tar Lazio, Sede di Roma, III-ter, 8 febbraio 2021, n. 1575.

[22] Tar Basilicata, Sede di Potenza, I, 15 marzo 2021, n. 240.

[23] ANAC, Delibera, 17 febbraio 2021, n. 130. Tale posizione era stata espressa dall’ANAC già nell’Atto di segnalazione del 13 novembre 2019, n. 8, in cui, al paragrafo 3.2., rubricato “Sugli appalti sotto soglia comunitaria”, ha sottolineato come “l’art. 105 – collocato nella Parte II (Contratti di appalto per lavori servizi e forniture), Titolo IV (Esecuzione), del Codice – non opera alcuna distinzione tra contratti sopra e sotto soglia; in tal modo il legislatore nazionale ha voluto prevedere una disciplina uniforme del subappalto a prescindere dall’importo dell’appalto, applicando all’ambito del sotto soglia lo stesso regime applicato al sopra soglia.

Pur riconoscendo, in line di principio, come sopra accennato, che esigenze di flessibilità organizzativa e imprenditoriale e quindi eventualmente di operare attraverso lo strumento del subappalto, possano ragionevolmente crescere in funzione dell’importo e della complessità del contratto, non vi sono a priori sufficienti ragioni per ritenere che sussistano differenze tra appalti sotto e sopra soglia tali da giustificare un diverso trattamento per i due casi”.

[24] Corte di Giustizia, VI, 7 dicembre 2000, causa C-324/98, Telaustria e Telefonadress.

[25] Relazione di Claudio Rangone al Convegno “L’interesse transfrontaliero certo” organizzato dall’IGI - Istituto Grandi Infrastrutture in data 25 febbraio 2015.

[26] Corte di Giustizia, II, 17 luglio 2008, causa C-347/06, ASM Brescia; Corte di Giustizia, Corte di Giustizia, IV, 6 ottobre 2016, causa C- 318/15, Tecnoedi.

[27] Corte di Giustizia, X, 14 novembre 2013, causa C-221/12, Belgacom.

[28] Corte di Giustizia, IV, 15 maggio 2008, causa C-147/06, Secap.

[29] Corte di Giustizia, V, 16 aprile 2015, causa C-278/14, SC Entreprise.

[30] Corte di Giustizia, Corte di Giustizia, IV, 6 ottobre 2016, causa C- 318/15, Tecnoedi.

[31] Il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sullo schema di modifica alle Linee Guida n. 4 dell’ANAC, “Linee guida – Procedure per l’affidamento dei contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”, nel prendere atto dell’orientamento comunitario in materia di appalti sotto soglia, ha segnalato che “In via generale, occorre rilevare che le procedure specifiche previste dalle direttive comunitarie si applicano soltanto ai contratti il cui valore supera la soglia prevista espressamente nelle direttive stesse (Corte di Giustizia, ordinanza 3 dicembre 2001, causa C-59/00, Vestergaard). Pertanto, in via di massima, gli Stati non sono obbligati a rispettare le disposizioni contenute nelle direttive per gli appalti il cui valore non raggiunge la soglia fissata da queste ultime (v., in tal senso, Corte di Giustizia, sentenza 21 febbraio 2008, causa C-412/04, punto 65). Ciò non significa tuttavia che questi ultimi appalti siano del tutto esclusi dall'ambito di applicazione del diritto comunitario (ancora Corte di Giustizia, ordinanza 3 dicembre 2001, causa C-59/00, punto 19): infatti, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, per quanto concerne l'aggiudicazione degli appalti che, in considerazione del loro valore, non sono soggetti alle procedure previste dalle norme comunitarie, le amministrazioni aggiudicatrici sono cionondimeno tenute a rispettare le norme fondamentali e i principi generali del Trattato FUE e, in particolare, il principio di parità di trattamento e il principio di non discriminazione in base alla nazionalità (Corte di Giustizia, ordinanza 3 dicembre 2001, causa C-59/00, punti 20 e 21; Corte di Giustizia, sentenza 20 ottobre 2005, causa C-264/03, punto 32; Corte di Giustizia, 14 giugno 2007, causa C-6/05, punto 33) nonché l'obbligo di trasparenza che ne deriva.

L’applicazione delle norme fondamentali e dei principi generali del Trattato alle procedure di aggiudicazione degli appalti di valore inferiore alla soglia comunitaria è dunque imposta quando gli appalti in questione presentino un interesse transfrontaliero certo (Corte di Giustizia, sentenza 13 novembre 2007, causa C-507/03, punto 29).”

[32] Consiglio di Stato, Sezione consultiva atti normativi, 11 aprile 2019, n. 1312, cit.

[33] A. Pradella, “Appalti pubblici tra “milleproroghe” e semplificazioni” su affidamenti diretti, subappalto, anticipazione del prezzo e riconoscimento maggiori oneri da Covid-19”, p. 9.

[34] Proposta di modifica indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri in data 23 marzo 2021 dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in merito a “Proposte di riforma concorrenziale, ai fini della Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza anno 2021”.

[35] Art. 8, comma 2, D.D.L. n. 2169 del 2020 “Il secondo periodo del comma 18 dell'articolo 1 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, è soppresso.”.