Cons. Stato, sez. V, 1° marzo 2021, n. 1761

Sussiste la necessità dell’intervento di un provvedimento non meramente confermativo di un provvedimento precedente già oggetto di impugnazione giurisdizionale per giungere ad una pronuncia di improcedibilità di un ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, poiché solo la riedizione della funzione amministrativa esprime il superamento della precedente conformazione di una determinata situazione giuridica. Spetterà all’amministrazione stabilire se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità. Del pari dovrà stabilire allo stesso scopo se quest’ultimo ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4136 del 2020, proposto da
Inps- Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Dario Bottura, Gaetano De Ruvo e Daniela Anziano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avvocato Daniela Anziano in Roma, via Cesare Beccaria, 29;

contro

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Luca Raffaello Perfetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaele Ferola e Bianca Luisa Napolitano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avvocato Raffaele Ferola in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Quarta, n.-OMISSIS- resa tra le parti concernente l'affidamento del servizio di pulizia, igiene ambientale e servizi connessi per gli immobili Inps ad uso strumentale della Lombardia;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e di -OMISSIS-;

Visto l’appello incidentale proposto da -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2021 tenuta da remoto il Cons. Raffaele Prosperi e uditi in collegamento da remoto gli avvocati Anziano e Ferola;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L’INPS aveva indetto mediante il Sistema Dinamico di acquisizione per la P.A. su piattaforma Consip, procedura ristretta per l’aggiudicazione dell’appalto quadriennale del servizio di pulizia, igiene ambientale e ausiliariato da svolgersi presso i propri immobili strumentali siti in Lombardia, il tutto secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa

L’appalto è stato suddiviso in tre lotti su base geografica: il lotto n. 2 (relativo alle Province di Bergamo, Como, Lecco, Monza, Sondrio e Varese) è stato aggiudicato alla-OMISSIS-mentre seconda si è classificata la società -OMISSIS-.

La -OMISSIS- impugnava l’aggiudicazione dinanzi al Tribunale amministrativo per la Lombardia, sia per ragioni attinenti alla mancata esclusione dalla gara della concorrente (primo, secondo e terzo motivo di impugnazione), sia per ragioni attinenti alla anomalia dell’offerta presentata dalla controinteressata (quarto motivo di impugnazione), sia, infine, per ragioni attinenti alla non corrispondenza dell’offerta dell’aggiudicataria alle specifiche tecniche fissate dalla legge di gara (quinto motivo di impugnazione).

Si sono costituiti in giudizio sia l’INPS, sia la-OMISSIS-eccependo entrambi l’irricevibilità delle prime tre censure, che avrebbero dovuto essere proposte con il rito di cui all’articolo 120, comma 2 bis, cod. proc. amm., vigente al momento dell’adozione dell’atto di ammissione delle concorrenti alla gara, e contestando nel merito tutte le tesi avversarie.

Con la sentenza -OMISSIS- il Tribunale amministrativo riteneva dapprima l’infondatezza dell’eccezione di incompetenza territoriale del Tribunale adito, a favore del T.A.R. del Lazio, sede di Roma, sollevata dalla difesa dell’INPS in relazione al foro indicato nella legge di gara, poiché ai sensi dell’art. 13 cod. proc. amm. il Tribunale periferico è inderogabilmente competente a conoscere gli atti di una Amministrazione centrale, ove questi abbiano effetti territoriali limitati alla circoscrizione del Tribunale medesimo: nel caso di specie l’appalto aveva ad oggetto la pulizia degli stabili strumentali ubicati nella Regione Lombardia e dunque il Tribunale lombardo era territorialmente competente a conoscere la controversia.

Altresì infondata era l’eccezione di irricevibilità delle prime tre censure sollevata sia dalla difesa dell’INPS, sia dalla difesa di -OMISSIS-

Se al momento della conclusione del subprocedimento di ammissione alla gara e di adozione del relativo atto endoprocedimentale era vigente la disciplina contenuta nell’articolo 120, comma 2 bis, cod. proc. amm., e quindi l’onere di immediata impugnazione delle ammissioni e delle esclusioni dei concorrenti, al momento dell’aggiudicazione dell’appalto quella norma processuale non era più vigente: al momento della lesione all’interesse della società -OMISSIS- al conseguimento del bene in contestazione operava la regola generale e dunque gli eventuali vizi degli atti endoprocedimentali dovevano essere fatti valere contro il provvedimento conclusivo del procedimento in applicazione del principio “tempus regit actum”, per cui va applicata la disciplina processuale vigente al momento della instaurazione della causa, nel caso di specie allorché il rito super-speciale di cui al comma 2 bis dell’articolo 120 del cod. proc. amm. era stato abrogato senza possibilità ultrattive.

Nel merito il primo motivo di impugnazione non doveva essere delibato, vista la rinuncia al medesimo espressa dalla -OMISSIS-

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduceva, sotto altro profilo, lo stesso vizio prima indicato e sosteneva che la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa per aver omesso di rendere le dichiarazioni di cui all’articolo 80 d.lgs. 50 del 2016 con riferimento al-OMISSIS-, socio al 97,89% della -OMISSIS- la quale a sua volta deteneva il 90% del capitale sociale di -OMISSIS-

Ora, sussisteva effettivamente un obbligo dichiarativo in capo a -OMISSIS- poiché come osservato dal Consiglio di Stato (id., V. n. 5424/2019), gli obblighi dichiarativi che incombono ex lege sul concorrente erano estesi anche al «soggetto che, pur risultando formalmente socio di minoranza della società partecipante ad una pubblica gara, ne detenga comunque il controllo indiretto attraverso un ‘gioco’ di partecipazioni societarie». Appunto la condizione di -OMISSIS-rispetto alla -OMISSIS-s.p.a.

Comunque si trattava di un requisito de partecipazione e non delle offerte tecnica o economica, quindi era un’omissione sanabile mediante soccorso istruttorio ai sensi dell’articolo 83, comma 9, d.lgs 50 del 2016, per di più sopravvenuto nel corso della procedura successivamente alla presentazione della domanda di partecipazione ed immediatamente regolarizzato dalla controinteressata non appena raggiunta dalla richiesta della stazione appaltante.

Con il terzo motivo di ricorso rubricato con la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. 50 del 2016 ed eccesso di potere sotto vari profili, la -OMISSIS-sosteneva che la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per aver commesso gravi illeciti professionali, tenuto conto della sua esclusione da una pluralità di gare CONSIP per episodi di corruttela, che la stessa era stata sanzionata dall’Autorità di Garanzia della Concorrenza e del Mercato per aver posto in essere un’intesa anticoncorrenziale, in violazione dell’articolo 101 del TFUE, che nei confronti del socio -OMISSIS-erano in corso procedimenti penali.

Anche questo motivo di impugnazione veniva ritenuto infondato.

Le esclusioni dalle gare Consip erano tutte state dichiarate dalla concorrente, così come non era in contestazione che l’INPS fosse a conoscenza sia della sanzione comminata dall’Antitrust, sia dei procedimenti penali a carico del socio -OMISSIS-

L’Amministrazione era stata perciò posta nella condizione di valutarne appieno l’idoneità a incidere sulla integrità e/o affidabilità della concorrente, campo in cui la stazione appaltante godeva di ampia discrezionalità nella valutazione degli elementi incidenti sulla integrità e sulla affidabilità dell’operatore economico: la discrezionalità nel caso di specie appariva correttamente esercitata, avendo l’INPS valorizzato, tra le altre, il fatto che le esclusioni dalle gare Consip fossero tuttora sub iudice, il fatto che la sanzione comminata dalla AGCM fosse anch’essa sub iudice, le misure di cd. “self cleaning”, reputate idonee dall’Autorità giudiziaria penale a mantenere la capacità di contrattare con la P.A., il fatto che la gara in esame fosse successiva all’adozione delle suvviste misure di riorganizzazione aziendale.

Tali apprezzamenti discrezionali non risultavano irragionevoli o illogici e come tali si sottraevano al sindacato del giudice amministrativo.

Con il quarto motivo evocante la violazione dell’art. 97 del d. lgs. 50 del 2016 ed eccesso di potere sotto vari profili, la ricorrente sosteneva che l’offerta dell’aggiudicataria fosse anomala per la sottostima dei costi per le attività di facchinaggio, la manutenzione dei macchinari, i prodotti da utilizzare e la formazione degli addetti

Relativamente alla censura il giudice di primo grado osservava che non si ponevano problemi di prova di resistenza: la -OMISSIS-non doveva provare in giudizio la congruità della propria offerta per poter contestare quella dell’avversaria, poiché oggetto del giudizio era l’aggiudicazione dell’appalto alla -OMISSIS- e non la partecipazione alla gara della-OMISSIS- in secondo luogo tale passaggio sarebbe stata una pronuncia su poteri amministrativi non ancora esercitati, contravvenendo in tal modo al divieto contenuto nel comma 2 dell’articolo 34 del codice di rito; ed in ogni caso il raffronto tra loro delle offerte in gara sarebbe stato del tutto scorretto, perché differenti erano i contenuti e diversa la capacità dell’impresa, in ragione sia della propria organizzazione aziendale, sia dei rapporti contrattuali con fornitori, di rendere la prestazione a costi più contenuti.

Se il giudizio di congruità dell’offerta era globale e non poteva esprimersi in modo autonomo e parcellizzato su singole voci dell’offerta stessa oppure su un utile minimo per reputare l’offerta non anomala, apparivano fondate le critiche della ricorrente sugli esiti della valutazione di congruità operata dall’INPS in relazione all’offerta dell’aggiudicataria.

L’aggiudicataria aveva offerto un ribasso medio del 41,99% e di conseguenza l’utile dichiarato era pari a €. 113.361,78 sull’intero quadriennio, dunque molto esiguo ed in grado di assorbire solo scostamenti minimi rispetto ai costi ipotizzati.

Di seguito il giudice di primo grado dava conto della sottostima di una serie di voci di costo, dalle 40 ore di facchinaggio effettive offerte sole giustificate a differenza delle ore teoriche, la mancata prova della disponibilità dei macchinari e di quanto necessario per la loro manutenzione, la mancata dimostrazione di spesa per il materiale di consumo, l’inesistenza di indicazioni sui costi per la formazione.

Quindi, tra l’esiguità dell’utile dichiarato e la pluralità e consistenza dei costi sottostimati il giudizio di congruità espresso dalla stazione appaltante era inattendibile.

Infine era infondato il quinto motivo sulla violazione dell’art. 23, comma 15 e 95 del d.lgs. 50 del 2016 e della lex specialis di gara, relativo al servizio che sarebbe stato garantito nel mese di agosto, poiché l’offerta aveva tenuto conto di dati di comune esperienza, sulle ferie notoriamente impiegate ad agosto, con uffici poco frequentati dagli impiegati e con stanze più vuote, quindi con un servizio più veloce svolto da numeri inferiori di personale, dunque un’offerta non incongrua per questa parte.

Perciò il ricorso doveva essere accolto, stante la fondatezza del quarto motivo, con il conseguente annullamento dell’aggiudicazione dell’appalto e l’inefficacia del contratto.

Il giudice di primo grado riteneva che non si potesse procedere all’aggiudicazione dell’appalto alla ricorrente, spettando alla stazione appaltante riattivare il procedimento e adottare i provvedimenti conseguenti e che alla stessa ricorrente non spettasse il risarcimento per equivalente monetario, potendo la stessa conseguire il bene della vita all’esito della riedizione del potere da parte della stazione appaltante.

Con appello notificato il 25 maggio 2020 l’INPS impugnava la sentenza e sollevava le seguenti censure:

1.Errores in judicando: violazione degli artt. 23 comma 16, 32 comma 10, 95 commi 10 e 10 bis e 97 del d. lgs. 50 del 2016. Carenza di motivazione, motivazione apparente, perplessa e incomprensibile. Il giudice di primo grado avrebbe svolto una nuova verifica di merito sull’offerta dell’aggiudicataria, investendo le singole voci di costo dell’offerta economica assoggettata a verifica di congruità e particolarmente sul costo delle ore di facchinaggio, sul costo dei macchinari, sul costo dei materiai di consumo, sul costo della formazione.

2. Errores in judicando: erroneità dell’impugnata sentenza per violazione dell’art. 97 d. lgs. 50 del 2016 e dei principi che sovrintendono al giudizio di affidabilità e serietà dell’offerta. Carenza di motivazione. Motivazione apparente.

L’INPS concludeva come in atti con vittoria di spese.

La controinteressata -OMISSIS-si costituiva tramite appello incidentale notificato il 24 giugno successivo con cui sosteneva le seguenti censure:

1.Error in judicando. Violazione dell’art. 80 commi 1 e 3, dell’art. 83 comma 9 del d. lgs. 50 del 2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.

2. Error in judicando. Violazione dell’art. 80 comma 5 lett. c) del d. lgs. 50 del 2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.

3. Error in judicando. Violazione dell’art. 23 comma 15 e 95 del d. lgs. 50 del 2016 e della legge di gara. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.

Si è costituita altresì in giudizio la -OMISSIS- la quale aderiva alle conclusioni dell’appello dell’INPS.

All’udienza del 25 febbraio 2021 tenutasi da remoto la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo della Lombardia ha accolto il motivo di presunta anomalia dell’offerta, ritenendo inattendibile il giudizio di congruità della stazione appaltante, mentre ha respinto le censure sulla affidabilità professionale della -OMISSIS-

La stazione appaltante ha successivamente proceduto al riesame dell’offerta in esecuzione della pronuncia, prendendo in specifica considerazione le voci di costo relative al facchinaggio, ai macchinari, ai materiali di consumo e alle ore di formazione, ritenute dal giudice di prime cure non giustificate e quindi, con la determinazione n. 247 del 29 maggio 2020 ha disposto nuovamente l’aggiudicazione in favore della -OMISSIS- tale provvedimento dava atto che il vaglio condotto sulle voci di costo evidenziate dal T.A.R. aveva determinato una rimodulazione dell’utile contrattuale, ricalcolato nella misura dell’1,46% rispetto all’utile inizialmente indicato nella misura del 3,68% e confermava l’aggiudicazione del lotto 2 alla -OMISSIS-motivando in ordine: a) al margine di utile, che seppure esiguo non vale di per sé solo a determinare l’anomalia dell’offerta; b) al giudizio di sostenibilità e sostanziale affidabilità dell’offerta nel suo complesso, c) alla peculiarità del mercato di riferimento, nel cui contesto si è svolta l’analisi di tutte le voci economiche di prezzo.

Con ricorso successivo ricorso dinanzi allo stesso Tribunale amministrativo, -OMISSIS- impugnava anche la nuova aggiudicazione alla -OMISSIS- riproponendo in buona sostanza censure analoghe a quelle del primo ricorso: con sentenza n. -OMISSIS- il Tribunale amministrativo accoglieva parzialmente il secondo ricorso, ritenendo fondate le censure relative ai costi dei macchinari e dei materiali di consumo, per i quali non sarebbe stata sufficiente l’istruttoria svolta dalla stazione appaltante e facendo salvo il potere di riedizione del sub-procedimento di verifica. Nelle more, il contratto stipulato il 1° ottobre 2019 veniva confermato con pec INPS del 10 settembre 2020 e accettazione con firma digitale della -OMISSIS-

Anche la sentenza del Tribunale amministrativo n. -OMISSIS- veniva impugnata dinanzi al Consiglio di Stato, questa volta dalla controinteressata -OMISSIS- -OMISSIS- per cui questa ultima insisteva sulla dichiarazione di improcedibilità al pari della -OMISSIS- in vista della decisione della seconda aggiudicazione e del successivo giudizio instauratosi.

Il Collegio concorda invece con le difese dell’INPS sulla procedibilità degli appelli in esame, anche secondo la giurisprudenza che ha sottolineato che l’adeguarsi da parte di una P.A. ad una pronuncia giurisdizionale anche non passata in giudicato, rappresenta una dovuta esecuzione di un provvedimento del giudice e non può essere intesa come un superamento del proprio iniziale provvedimento che ha dato luogo alla controversia

Si deve quindi riconoscere che “Nel processo amministrativo l'improcedibilità del ricorso può verificarsi in presenza della sussistenza delle seguenti condizioni: a) il rapporto giuridico sotteso all'impugnato provvedimento è stato oggetto di una nuova regolazione intervenuta in corso di causa e questo ha fatto venir meno gli effetti dell'originario provvedimento; b) l'atto del cui annullamento si discute ha di fatto consumato la sua efficacia, con sostanziale sopravvenuta carenza d'interesse a coltivare l'impugnativa nel caso in cui nessuna concreta utilitas possa derivare alla parte ricorrente dalla decisione di merito del rimedio giurisdizionale proposto” (Cons. Stato, sez. V, 27.10.2014 n. 5281).

Dunque sussiste la necessità dell’intervento di un provvedimento non meramente confermativo di un provvedimento precedente già oggetto di impugnazione giurisdizionale per giungere ad una pronuncia di improcedibilità di un ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, poiché solo la riedizione della funzione amministrativa esprime il superamento della precedente conformazione di una determinata situazione giuridica.

Nel caso di specie, il nuovo provvedimento di aggiudicazione alla -OMISSIS-è stata la manifestazione di un rinnovato riconoscimento di congruità dell’offerta della -OMISSIS-per cui, a parte la lettera del provvedimento che esprime la conferma di una determina di aggiudicazione in esito di nuovo procedimento di valutazione dell’anomalia dell’offerta a seguito della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – è del tutto evidente che vi sia stata l’adozione di altra aggiudicazione di mera esecuzione di un provvedimento giurisdizionale, senza il corredo di un comportamento di rinuncia all’impugnazione di quella sentenza cui si è ritenuto dare esecuzione, né vi è stato l’autoannullamento dell’aggiudicazione precedente, atto questo che avrebbe creato le premesse per una sopravvenuta carenza di interesse a coltivare ancora l’impugnazione in Consiglio di Stato. Perciò in questo senso appare del tutto corretto quanto sostenuto dall’INPS nel sottolineare l’incertezza sulla procedura di gara in questione, anche successivamente alla ripetizione di un procedimento ritenuto viziato dal giudice di primo grado ed affermare la sussistenza dei presupposti processuali per pervenire ad una decisione nel merito dell’appello in esame, decisione che qualora favorevole porterebbe invece ad un superamento dell’avvenuta esecuzione della sentenza n. 69/2020 e questa volta all’improcedibilità delle azioni avverso tale esecuzione – vd. Impugnazione della nuova aggiudicazione alla -OMISSIS-

Va poi ritenuta di conseguenza irrilevante la sostenuta inammissibilità/inefficacia, nonché tardività da parte della -OMISSIS-dell’appello incidentale di -OMISSIS-, sollevata in dipendenza del deposito in data -OMISSIS-del Tribunale amministrativo: il superamento della questione dell’improcedibilità dell’appello principale dell’INPS giustifica l’appello incidentale di -OMISSIS- ed anche la sua tempestività, avvenuta nei termini di cui al combinato disposto degli artt. 96 comma 5, 119 e 120 cod. proc. amm. il 24 giugno 2020, a fronte della notifica dell’appello dell’INPS, si ripete, il 25 maggio 2020.

Va poi affrontata l’eccezione della tardività dell’appello incidentale di -OMISSIS- sollevata dall’appellante principale, basata sulla applicazione ratione temporis alla fattispecie in esame della disciplina dettata dall’art. 120, comma 2 bis, del codice del processo amministrativo, regolante il cd. rito super-accelerato, introdotto dall’art. 204 comma 1 lett. b) del d. lgs. n. 50 del 2016 e, di poi, abrogato dall’art. 1 comma 22, lett. a) del d.l. 18 aprile 2019 n. 32 convertito nella l. 14 giugno 2019 n. 55.

Tale eccezione è inammissibile.

Essa è stata affrontata espressamente nella parte in diritto della sentenza n. 69/2020 a fronte dei rilievi sostenuti tanto dall’INPS quanto dalla -OMISSIS-ed è stata ritenuta infondata prima di procedere all’esame del merito: è del tutto evidente che essa doveva essere espressa tramite un motivo tempestivamente contenuto nell’appello principale e non in una memoria depositata, per giunta, nell’imminenza dell’odierna udienza di trattazione.

Si può ora procedere all’esame del merito, iniziando dall’appello principale proposto dall’INPS.

L’impugnativa è composta da una introduzione in cui si critica la sentenza di primo grado sotto due aspetti che sono tra loro complementari: da un lato l’Istituto si duole delle conclusioni di incongruità dell’offerta svolte in modo analitico su singole voci, contrariamente ai principi richiamati dalla giurisprudenza amministrativa che rimandano principalmente alla necessità di un giudizio sintetico e globale, da quale si possa trarre la conclusione che l’offerta in apparenza anomala lo sia concretamente; dall’altro che tali conclusioni siano state svolte in maniera talmente analitica da sovrapporre un esame svolta giudizialmente su quello della stazione appaltante, in buona sostanza in sostituzione del titolare del potere da esercitarsi.

Lo stesso appello poi si muove nello specifico, andando ad analizzare l’offerta della -OMISSIS-nei punti oggetto di critica, ovverosia il costo dell’attività di facchinaggio, i costi per i macchinari, il costo delle forniture di prodotti e materiali da economato, il costo della formazione del personale.

A tali censure aggiungeva la credibilità delle giustificazioni del r.u.p., disattese dal giudice di primo grado principalmente sulla base del richiamo all’esiguità dell’utile da ricavarsi.

Preliminarmente si rileva l’ammissibilità del complesso delle censure, criticate da -OMISSIS- sotto il profilo della novità rispetto al giudizio di primo grado: a prescindere dal fatto che l’INPS era resistente in primo grado, le critiche ora mosse sono rivolte alla sentenza, elemento terminale del giudizio di primo grado ed è logico che il ruolo dell’appellante resistente in primo grado non può che addurre almeno in parte profili non dibattuti dinanzi al Tribunale amministrativo, ma comunque la lettura delle memorie di difesa dell’Istituto nel giudizio introduttivo si soffermano sufficientemente sugli elementi ora rassegnati.

La lettura della sentenza impugnata dimostra la correttezza degli assunti contenuti nell’appello principale; pur nella condivisione della giurisprudenza richiamata che esige un esame globale dell’offerta, la sentenza infatti si limita ad un richiamo sul ribasso medio offerto del 41,99% e sull’utile dichiarato, pari a €. 113.361,78 sull’intero quadriennio, ritenuto molto esiguo e quindi non in grado di assorbire scostamenti minimi rispetto ai costi ipotizzati.

Successivamente la pronuncia procede ad un esame parcellizzato di una serie di voci, dapprima sulla effettività delle ore di facchinaggio offerte nel cui computo entrerebbero irrazionalmente le ore teoriche non lavorate, un’asserita vetustà dei macchinari con una conseguente ipotesi di spese non irrilevanti per manutenzione, la mancata dimostrazione dei modesti costi (già) sopportati per l’acquisto dei materiali di consumo, il mancato calcolo dei costi per la formazione on job.

A prescindere dalla analiticità manifesta delle ultime due voci di costo il cui “peso” è oggettivamente insensibile nel complesso dell’appalto, c’è da rilevare quanto al primo punto che l’attività di facchinaggio è una prestazione del tutto secondaria dell’appalto, principalmente di pulizia e igiene ambientale, e le 40 ore offerte sono 40 ore di prestazioni assolutamente teoriche, occasionali ed accessorie, comunque non previste come attività costante, dunque il calcolo ore effettive/ore teoriche è del tutto fuori luogo.

Quanto al costo dei macchinari, ultimo dato analizzato, appare da un lato isolatamente probabilistico e dall’altro non può autonomamente incidere sulla congruità o meno dell’offerta.

Resta la questione centrale del giudizio sintetico e globale dell’offerta anomala, come affermato da pacifica giurisprudenza, giudizio che va tratto in altra maniera e sarebbe sufficiente per superare la verifica di anomalia il rilievo del r.u.p., secondo cui i costi generali per la manodopera sono inferiori del 3,89% rispetto alla media delle offerte: da ciò si desume che l’offerta è globalmente attendibile, così come il dato attinente l’utile determinato in €. 113.361,78, ovverosia nella percentuale del 3,68% dell’incasso, non può oggettivamente destare perplessità, soprattutto nei tempi odierni e comunque non è pari allo “0”, situazione in cui vi sarebbero ragioni per dubitare.

Per tali considerazioni l’appello principale deve essere accolto.

La disamina cade ora sull’appello incidentale di -OMISSIS-

Con i primi due motivi che possono essere esaminati congiuntamente, la -OMISSIS- si duole che l’aggiudicataria -OMISSIS-sia posseduta con una quota pari al 10% da -OMISSIS- il possiede a sua volta il 97,89% del capitale della -OMISSIS- s.p.a., a sua volta socio di maggioranza della -OMISSIS-s.p.a.: dunque, attraverso tale meccanismo di incroci, -OMISSIS-sarebbe il dominus di -OMISSIS-ed in quanto tale quest’ultima avrebbe dovuto, in sede di domanda di partecipazione, indicare il giudizio penale pendente dinanzi al Tribunale di Napoli per otto episodi corruzione in gare Consip, l’indagine a suo carico da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma per turbata libertà di incanti in concorso ed altra indagine prorogata presso lo stesso Ufficio sempre per reati contro la pubblica amministrazione e ciò secondo una lettura non tassativa dell’art. 80 comma 5 lett. c) del d. lgs. 50 del 2016 ed anche ipotizzando l’ammissibilità del soccorso istruttorio, come attivato dalla stazione appaltante, l’art.80 predetto sarebbe stato violato, vista la risposta data dalla -OMISSIS-limitata all’inesistenza di condanne.

A parere dell’appellante incidentale, la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere la -OMISSIS-per il mancato possesso del requisito richiesto dalla norma.

Le censure sono fondate in parte nei sensi che seguono.

La sentenza impugnata si è limitata ad affermare che la controinteressata ha dato ampio riscontro alla richiesta, includendo nella dichiarazione anche la situazione del socio -OMISSIS-e la stazione appaltante nella sua ampia discrezionalità ha ritenuto i procedimenti sub iudice, l’adozione di sufficienti misure di self cleaning antecedenti la gara in questione.

Ma, come affermato dall’appellante incidentale, in realtà tutte le informazioni necessarie e prima rappresentate non sono state portate a conoscenza dell’INPS e lo dimostra la stessa sentenza di primo grado, ampiamente lacunosa sul punto, senza dimenticare quanto affermato da -OMISSIS- nel punto 31 del proprio appello, non risultava nel Dgue corrispondente alcun rapporto tra -OMISSIS-e la -OMISSIS-

Questa Sezione ha avuto modo molto recentemente di affermare che, giusta la pronuncia dell’Adunanza plenaria 28 agosto 2020 n. 16, il canone alla cui stregua la stazione appaltante deve esprimere il proprio motivato giudizio sull'ammissione del concorrente è quello della “integrità o affidabilità” dell'operatore: per questo, non solo i profili della condotta dichiarativa endoprocedurale in sé, ma anche quelli inerenti il fatto non adeguatamente dichiarato rientrano nell’oggetto dell'apprezzamento di competenza dell'amministrazione (V, 22 febbraio 2021 n. 1542).

Ora la pendenza di giudizi penali, richieste di rinvio a giudizio ed indagini di Procure della Repubblica tutte concernenti lo stesso soggetto la cui influenza sulla concorrente aggiudicataria è innegabile, costituiscono circostanze idonee ad incidere sull’affidabilità ed integrità morale e professionale di un concorrente e la relativa omissione in sede di domanda di partecipazione e la reticenza nel rispondere al soccorso istruttorio sono elementi che assumono un rilievo innegabile; né il riferimento alle misure di self cleaning adottate dalla società, misure di cui non si comprende la portata, sono sufficienti a superare gli elementi ostativi alla aggiudicazione dell’appalto, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 in assenza di una concreta e soddisfacente motivazione che dia conto dell’affidabilità professionale della società aggiudicataria.

Naturalmente il ragionamento fin qui svolto non può portare alle conclusioni radicali indicate dall’appellante incidentale, ossia all’esclusione della -OMISSIS-

Si deve tornare sulle conclusioni dell’Adunanza plenaria n. 16/2020, in cui si afferma che l’elemento comune alle fattispecie dell’omissione dichiarativa con quella relativa alle informazioni false o fuorvianti suscettibili di incidere sulle decisioni dell’amministrazione concernenti l’ammissione, la selezione o l’aggiudicazione, è dato dal fatto che in nessuna di queste fattispecie si ha l’automatismo espulsivo proprio del falso dichiarativo di cui alla lettera f-bis). Infatti, tanto “il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”, quanto “l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” sono considerati dalla lettera c) quali “gravi illeciti professionali” in grado di incidere sull’”integrità o affidabilità” dell’operatore economico. E’ pertanto indispensabile una valutazione in concreto della stazione appaltante, come per tutte le altre ipotesi previste dalla medesima lettera c) [ed ora articolate nelle lettere c-bis), c-ter) e c-quater), per effetto delle modifiche da ultimo introdotte dalla legge decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 - Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici; convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55].

Spetterà all’amministrazione stabilire se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità. Del pari dovrà stabilire allo stesso scopo se quest’ultimo ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità; come dettato dalla Plenaria una simile valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativo. Osta a ciò, nel caso in cui tale valutazione sia mancata, il principio di separazione dei poteri, che in sede processuale trova emersione nel divieto sancito dall’art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo (secondo cui il giudice non può pronunciare «con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati»). I consolidati limiti del sindacato di legittimità rispetto a valutazioni di carattere discrezionale non escludono poi in radice, ovviamente, il sindacato della discrezionalità amministrativa, ma impongono al giudice una valutazione della correttezza dell’esercizio del potere informato ai princìpi di ragionevolezza e proporzionalità e all’attendibilità della scelta effettuata dall’amministrazione.

In questi sensi ed in questi limiti anche l’appello incidentale deve essere accolto.

Le spese di giudizio vanno compensate tra le parti, viste le evidenti peculiarità e complessità della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, accoglie l’appello principale ed accoglie nei limiti di cui in motivazione l’appello incidentale ed in tale senso riforma la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con recente pronuncia (22 febbraio 2021, n. 1542) la V Sezione del Consiglio di Stato, richiamando quanto sostenuto dalla Plenaria n. 16/2020, ha avuto modo di affermare che “il canone alla cui stregua la stazione appaltante deve esprimere il proprio motivato giudizio sull’ammissione del concorrente è quello della “integrità o affidabilità” dell’operatore: per questo, non solo i profili della condotta dichiarativa endoprocedurale in sé, ma anche quelli inerenti al fatto non adeguatamente dichiarato, rientrano nell’oggetto dell’apprezzamento di competenza dell’amministrazione”.

Traendo avvio dal principio innanzi espresso, con la decisione oggetto di commento la medesima V Sezione sostiene che la pendenza di giudizi penali, richieste di rinvio a giudizio e indagini di Procure della Repubblica - tutte concernenti lo stesso soggetto -, e la cui influenza sulla concorrente aggiudicataria è innegabile, costituiscono circostanze idonee ad incidere sull’affidabilità e integrità morale e professionale di un concorrente. Ne consegue che la relativa omissione in sede di domanda di partecipazione e la reticenza nel rispondere al soccorso istruttorio sono elementi che assumono un rilievo innegabilené il riferimento alle misure di self cleaning adottate dalla società - delle quali, invero, non si comprende la portata - sono sufficienti a superare gli elementi ostativi alla aggiudicazione dell’appalto, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 in assenza di una concreta e soddisfacente motivazione che dia conto dell’affidabilità professionale della società aggiudicataria.

Il ragionamento fin qui svolto non può però condurre alle radicali conclusioni indicate dall’appellante.

Richiamando ancora una volta le considerazioni fatte proprie dalla Adunanza Plenaria n. 16/2020, si sostiene, infatti, che l’elemento comune alle fattispecie dell’omissione dichiarativa con quella relativa alle informazioni false o fuorvianti, suscettibili di incidere sulle decisioni dell’amministrazione concernenti l’ammissione, la selezione o l’aggiudicazione, è dato dal fatto che in nessuna di queste fattispecie si ha l’automatismo espulsivo proprio del falso dichiarativo di cui alla lettera f-bis).

Infatti, tanto “il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” quanto “l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” sono considerati dalla lettera c) quali “gravi illeciti professionali” in grado di incidere sull’“integrità o affidabilità” dell’operatore economico. 

È pertanto indispensabile una valutazione in concreto della stazione appaltante, come per tutte le altre ipotesi previste dalla medesima lettera c) - ora articolate nelle lettere c-bis), c-ter) e c-quater).

Spetterà all’amministrazione stabilire se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità. Del pari dovrà allo stesso scopo stabilire se quest’ultimo ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità e affidabilità; come già sostenuto dalla Plenaria una simile valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativoOsta a ciò, nel caso in cui tale valutazione sia mancata, il principio di separazione dei poteri, che in sede processuale trova emersione nel divieto sancito dall’art. 34, comma 2 c.p.a. (secondo cui il giudice non può pronunciare “con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”). I consolidati limiti del sindacato di legittimità rispetto a valutazioni di carattere discrezionale non escludono poi in radice il sindacato sulla discrezionalità amministrativa, ma impongono al giudice una valutazione della correttezza dell’esercizio del potere informato ai princìpi di ragionevolezza e proporzionalità e all’attendibilità della scelta effettuata dall’amministrazione.