Cons. Stato, sez., V, 3 febbraio, 2021, n. 1000

Il partecipante ad una gara di appalto non è tenuto a dichiarare le esclusioni comminate nei suoi confronti in precedenti gare per aver dichiarato circostanze non veritiere, poiché, al di là dei provvedimenti sanzionatori spettanti all’ANAC in caso di dolo o colpa grave nel mendacio, la causa di esclusione dell’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione si riferisce – e si conclude – all’interno della procedura di gara in cui è maturata (in termini, Cons. Stato, V, 9 gennaio 2019, n. 196; V, 21 novembre 2018, n. 6576; V, 13 settembre 2018, n. 5365; V, 26 luglio 2018, n. 4594).
D’altro canto, a rimanere nell’ambito del quinto comma dell’
art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016, non ricorrono neppure i presupposti di applicazione della fattispecie di cui alla lettera f-bis), integrata in presenza di un mendacio, laddove quella addebitata dall’appellante a -Omissis- s.r.l. sarebbe, al più, un’omissione dichiarativa, né quelli di cui alla lettera c-bis), non risultando che l’aggiudicataria abbia attivamente “tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante”, né – per le ragioni viste in precedenza – “omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5160 del 2020, proposto da 
Sicurezza e Ambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Napolitano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Niccoli in Roma, via Alberico II, n. 4; 

contro

Comune di Sant'Arpino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Federico Cappella, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni, n. 35; 

nei confronti

M.P.M. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2; 

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione Sesta, n. 2634/2020, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Sant'Arpino e di M.P.M. s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2021, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Valerio Perotti e uditi per le parti, da remoto, gli avvocati Erra, in dichiarata delega di Napolitano, nonché Cappella e Lucchetti, i quali hanno dichiarato di non avere interesse alla pubblicazione del dispositivo;

Rilevata preliminarmente la complessità della presente controversia e della stesura della relativa sentenza;

Rilevato altresì che la pubblicazione del dispositivo, secondo una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 120, comma 9, c.p.a., presuppone la espressa richiesta delle parti o almeno di una di esse in ragione della natura soggettiva del processo amministrativo e del suo carattere dispositivo; 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il Comune di Sant'Arpino aveva indetto nel corso dell’anno 2019 una procedura aperta di gara per “l'affidamento in concessione del sevizio di ripristino delle condizioni di sicurezza e viabilità stradale post-incidente” sulle strade di pertinenza del medesimo Comune, per un valore presunto pari a 15.000 euro, di durata triennale, da aggiudicarsi secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

In particolare, l’art. 5 del Capitolato d’oneri prevedeva l’attribuzione di dieci punti massimi relativamente al criterio “C1 definizione delle procedure per la quantificazione ed il recupero dei costi sostenuti dalle compagnie assicuratrici con particolare riferimento ad eventuali accordi (da provare documentalmente) stipulati con le stesse compagnie, alle modalità di quantificazione dei costi”.

Per il criterio “D2 minor tempo di intervento offerto rispetto al tempo massimo di 30 e 40 minuti” sarebbero stati inoltre attribuiti un massimo di sei punti.

All’esito della gara si collocava prima in graduatoria la società M.P.M. s.r.l., con un totale di novanta punti, mentre seconda risultava Sicurezza e Ambiente, con un totale di 86,9 punti.

Quest’ultima impugnava il provvedimento di aggiudicazione in favore di M.P.M. chiedendone l’annullamento al Tribunale amministrativo della Campania sulla base di tre motivi, In particolare:

1) con il primo mezzo si doleva della mancata esclusione dell’aggiudicataria che aveva omesso di dichiarare una pregressa revoca, non impugnata, subita nel 2018 da parte del Comune di Vanzago, motivata dal mancato allestimento dell'automezzo adibito, conformemente all'offerta presentata, per il medesimo servizio di ripristino stradale;

2) con il secondo motivo si doleva dell’asserita illegittima attribuzione a M.P.M. del punteggio relativo al sub-criterio C1;

3) con il terzo censurava infine l’attribuzione dei punteggi relativi al sub-criterio D2.

Con la sentenza segnata in epigrafe il tribunale giudice adito respingeva il ricorso, rilevando in particolare che “in merito alla causa di esclusione di cui alla lettera f-bis) del citato comma 5, in quanto di stretta interpretazione perché derogatoria al generale principio di massima partecipazione alle gare d'appalto, va affermato che tale disposizione si riferisce (testualmente) all'ipotesi in cui venga resa una dichiarazione espressa "non veritiera", ossia falsa, laddove ipotesi affatto diversa è – come appunto nella fattispecie – la semplice omissione dichiarativa di mera esclusione non incidente sulla affidabilità ed integrità morale dell’operatore economico, dal momento che un’omissione dichiarativa giammai potrebbe integrare gli estremi della "falsa dichiarazione" o del grave illecito disciplinare in presenza di violazione di una norma civile, penale o amministrativa”.

Avverso tale decisione la società Sicurezza e Ambiente s.p.a. ha interposto appello, chiedendone la riforma per:

1) Error in iudicando – Error in iudicando in ordine alla violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lettere c, c bis e f bis d.lgs. 50/2016.

2) Error in iudicando – Error in iudicando in ordine all’esame del secondo e terzo motivo di gravame.

3) Violazione di legge – Violazione e falsa applicazione art. 95 d.lgs. 50/2016 – Violazione della lex specialis – Eccesso di potere, eccesso di potere per difetto di istruttoria – Illogicità manifesta – Falsità dei presupposti – Sviamento.

Sia il Comune di Sant’Arpino che M.P.M. s.r.l. si sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione del gravame in quanto infondato.

Successivamente le parti hanno ulteriormente ribadito con apposite memorie le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 14 gennaio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di appello Sicurezza e Ambiente s.p.a. deduce che la dichiarazione – resa da M.P.M. s.p.a. in data 28 marzo 2019 – di essere in possesso dei requisiti di moralità di cui all'art.80 del Codice dei contratti pubblici, sarebbe falsa e, comunque, contrastante con i doveri di leale 

collaborazione e degli obblighi informativi che incombono sui concorrenti a procedure di evidenza pubblica.

L’appellante evidenzia infatti che con determinazione n. 273 del 14 giugno 2018 il Comune di Vanzago, per servizio analogo a quello su cui ora si controverte, aveva contestato all'aggiudicataria “carenze tali da dover escludere dall'affidamento la M.P.M. Group”, revocando l'originaria aggiudicazione: la contestazione aveva riguardato il mancato allestimento dell'automezzo adibito al servizio de quo conformemente all'offerta presentata in gara.

Di tale vicenda, secondo l’appellante, M.P.M. s.r.l. avrebbe dovuto dare puntuale notizia alla stazione appaltante allo scopo di consentirle di svolgere ogni opportuna valutazione in ordine alla sua affidabilità; contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, nessuna rilevanza poteva attribuirsi al fatto che, nella specie, non si versasse nell'ipotesi tipizzata di "risoluzione anticipata" di un precedente contratto di appalto, bensì nel diverso caso di "revoca" e/o "annullamento" e/o "decadenza" dall'aggiudicazione. Invero, ad avviso dell’appellante “La circostanza per cui, infatti, il rapporto fiduciario con il Committente pubblico sia venuto a mancare in una fase del procedimento diversa da quella dell'esecuzione del contratto non fa alcuna differenza”, venendo pur sempre in considerazione la “medesima conseguenza del venir meno dell'affidamento in capo all'aggiudicatario”; del resto, “ciò che rileva è l'imperizia palesata nel corso dell'attività professionale, trasfusa nel provvedimento di revoca, anche se il contratto non fosse stato ancora stipulato, ben risultando presenti nel codice dei contratti pubblici dei casi nei quali si dà avvio all'esecuzione del contratto in via d'urgenza senza che da ciò possa derivare che le eventuali inadempienze commesse in quella sede dall'aggiudicatario siano sottratte ad una valutazione delle altre amministrazioni ai sensi della lett. f dell’art. 38” (in termini, Cons. Stato, V, 3 febbraio 2016 n. 404) e “l'omessa dichiarazione del provvedimento di decadenza e revoca dell'aggiudicazione integra pertanto violazione dell'obbligo informativo di cui al ridetto art. 8, comma 5, lett. c-bis”(Cons. Stato, V, 22 luglio 2019 n. 5171).

Il motivo, ancorché suggestivo, non è fondato.

Il provvedimento del Comune di Vanzago che – ad avviso dell’appellante – avrebbe integrato un precedente rilevante ai fini degli obblighi dichiarativi di cui all’art. 80, comma quinto, d.lgs. n. 50 del 2016, consisteva nella revoca di una aggiudicazione precedentemente a seguito dell’ispezione – disposta dalla stazione appaltante – di un automezzo (di proprietà di una ditta terza) indicato, unitamente ad altri, nell’offerta tecnica come mezzo da utilizzare nell’effettuazione del servizio.

All’esito dell’ispezione, in particolare, era stato contestato a M.P.M. s.r.l. il mancato allestimento –in seguito al suo lavaggio – del suddetto mezzo (tra l’altro, non di proprietà di M.P.M. bensì di una ditta terza che ne avrebbe dovuto curare anche l’allestimento e con cui M.P.M. intratteneva un rapporto di collaborazione).

Parte appellante fonda le proprie censure sul disposto di cui alle lettere c), c-bis) ed f-bis) del predetto art. 80, laddove la prima disposizione prevede che è escluso dalla gara l’offerente ove “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”, la seconda che analoga conseguenza subisce colui che “[…] abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, mentre in base alla terza va estromesso ogni “operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.

Anche in ragione della ratio che ha ispirato il Codice dei contratti pubblici la vicenda presupposta alla revoca dell’aggiudicazione da parte del Comune di Vanzago non è riconducibile alla categoria del “grave illecito professionale” di cui all’art. 80, comma 5 lett. c) cit., bensì – al più – alla diversa ipotesi dell’esclusione dalla gara per mancata fornitura del materiale indicato nell’offerta.

Non si è pertanto in presenza di una revoca dell’aggiudicazione o di risoluzione contrattuale per fatto dell’operatore, quanto piuttosto di un’esclusione dalla gara, sia pur dopo l’aggiudicazione definitiva.

A favore di tale conclusione milita non solo la circostanza – già riscontrata dal primo giudice – che i fatti in questione si riferivano ad un momento antecedente l’esecuzione (e la stessa stipula) del contratto di servizio oggetto di aggiudicazione, quanto una serie di fatti qualificati dai quali fin da allora poteva evincersi, senza ombra di dubbio, l’assenza dei presupposti dell’illecito professionale, ossia la mancata acquisizione, da parte della stazione appaltante, delle cauzioni prestate dall’aggiudicataria e l’assenza di provvedimenti (sanzionatori o anche solo di segnalazione) conseguentemente adottati dalla competente Autorità di controllo (l’ANAC).

L’irrilevanza dell’esclusione disposta dal Comune di Vanzago nel caso di specie trova inoltre sostegno alla luce del principio per cui il partecipante ad una gara di appalto non è tenuto a dichiarare le esclusioni comminate nei suoi confronti in precedenti gare per aver dichiarato circostanze non veritiere, poiché, al di là dei provvedimenti sanzionatori spettanti all’ANAC in caso di dolo o colpa grave nel mendacio, la causa di esclusione dell’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione si riferisce – e si conclude – all’interno della procedura di gara in cui è maturata (in termini, Cons. Stato, V, 9 gennaio 2019, n. 196; V, 21 novembre 2018, n. 6576; V, 13 settembre 2018, n. 5365; V, 26 luglio 2018, n. 4594).

D’altro canto, a rimanere nell’ambito del quinto comma dell’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016, non ricorrono neppure i presupposti di applicazione della fattispecie di cui alla lettera f-bis), integrata in presenza di un mendacio, laddove quella addebitata dall’appellante a M.P.M. s.r.l. sarebbe, al più, un’omissione dichiarativa, né quelli di cui alla lettera c-bis), non risultando che l’aggiudicataria abbia attivamente “tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante”, né – per le ragioni viste in precedenza – “omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.

Con il secondo motivo di appello, ripropositivo del secondo motivo dell’introduttivo ricorso, si contesta invece la presunta erronea attribuzione, all’offerta di M.P.M. s.r.l., del punteggio per il sub-criterio C1 (“definizione delle procedure per la quantificazione ed il recupero dei costi sostenuti dalle compagnie assicuratrici con particolare riferimento ad eventuali accordi [da provare documentalmente] stipulati con le stesse compagnie, alle modalità di quantificazione dei costi”).

In particolare, secondo l’appellante, nonostante la prova dei predetti accordi dovesse essere fornita “documentalmente”, era stata la stessa M.P.M. a specificare nella propria offerta che dette intese non erano “formalizzate in contratti scritti ma espresse in accordi verbali fondati sulla reciproca fiducia e stima professionale”; per l’effetto, all’aggiudicataria non avrebbe dovuto essere attribuito alcun punteggio per il parametro in questione.

In ogni caso, l’attribuzione di un punteggio superiore a M.P.M. s.r.l. rispetto all’appellante sarebbe stata affetta da illogicità macroscopica: l’offerta di Sicurezza e Ambiente s.p.a. sarebbe risultata “infatti chiaramente coerente e pertinente rispetto a quanto richiesto dalla normativa di gara e debitamente documentata, mentre quella di MPM invece è radicalmente incompleta, inconferente e volutamente generica […]”.

Neppure questo motivo può trovare accoglimento.

In ragione di quanto previsto all’art. 5 del capitolato, il punteggio su cui su controverte ha ad oggetto non l’esistenza di accordi (del resto, considerati come meramente “eventuali” dalla stessa disposizione della lex specialis di gara), bensì le “Modalità con cui viene assicurato l’equilibrio economico del servizio” offerto, ossia il livello di sicurezza con cui il concorrente ritenga di riuscire ad assicurare l’equilibrio economico del servizio, attraverso il recupero delle somme dovute dalle compagnie assicuratrici dei mezzi responsabili dei sinistri.

La relativa valutazione della stazione appaltante – connotata da eminenti profili di discrezionalità tecnica – è pertanto suscettibile di essere sindacata dal giudice amministrativo solamente per l’ipotesi di manifesta abnormità, contraddittorietà o travisamento dei fatti, circostanze che allo stato non risultano integrate con immediata evidenza.

L’onere di prova documentale cui si riferisce l’appellante concerne, testualmente, l’ipotesi nella quale il concorrente affermi, nella propria offerta, di aver stipulato specifici accordi con alcune compagnie assicurative, laddove l’aggiudicataria risulta invece aver dichiarato nella propria offerta una cosa diversa, ossia di aver raggiunto delle semplici intese verbali, “fondate sulla reciproca fiducia e stima professionale” in ragione di pregressi e costanti rapporti di lavoro, con le quali erano state stabilite, a priori, modalità, condizioni e termini fungenti da linee guida per giungere alla definizione delle future procedure di liquidazione.

In tale prospettiva sarebbe stato preciso onere dell’appellante dimostrare la contraddittorietà e/o abnormità del giudizio valutativo della commissione di gara in ordine alle complessive soluzioni prospettate dall’offerente per garantire l’equilibrio economico del servizio, tanto più che M.P.M. s.r.l. risulta averne fornita a suo tempo apposita comprova, articolando un piano economico-finanziario nel quale raffrontare le voci dei ricavi (in particolare quanto liquidato dalle Compagnie assicuratrici) con quelle relative ai costi, onde desumere una attendibile previsione del margine di profitto idoneo ad assicurare l’equilibrio.

Con il terzo motivo di gravame viene infine dedotta l’irragionevolezza manifesta della valutazione della commissione di gara nell’attribuire, per il sub-criterio D2 (“minor tempo di intervento offerto rispetto al tempo massimo di 30 e 40 minuti”), all'aggiudicataria ben 5,4 punti (a fronte dell’offerta di un tempo di intervento pari a 18 minuti), laddove all’appellante, che pure aveva offerto un tempo di intervento più breve, di appena 10 minuti, erano stati attribuiti solamente 4.8 punti.

Il motivo non è persuasivo e trova una convincente smentita nelle difese della stazione appaltante.

Va preliminarmente dato atto che oggetto di valutazione – e dunque di attribuzione di punteggio – non era in sé il numero di sedi indicate nell’offerta, bensì la capacità dell’operatore economico – anche grazie alla dislocazione ed organizzazione delle stesse – di assicurare una sensibile riduzione dei tempi di intervento a livello territoriale.

Invero nella propria offerta M.P.M. s.r.l. aveva dichiarato di avere una sede nel Comune di San Marcellino di Aversa ed un’altra in San Nicola La Strada, laddove Sicurezza e Ambiente s.p.a. ne aveva indicato un numero maggiore, ossia due sedi in Aversa e San Felice a Cancello.

A fronte di tali dati oggettivi la commissione di gara aveva ritenuto – nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica – che l’offerta di M.P.M. garantisse nonostante tutto dei tempi di intervento minori rispetto a quelli dell’appellante, conseguentemente attribuendo alla prima un punteggio maggiore.

Ferma l’impossibilità per il giudice amministrativo di sindacare il merito delle valutazioni discrezionali della stazione appaltante, per quanto più propriamente pertiene all’odierno giudizio va detto che una tale conclusione non risulta manifestamente contraddetta dalle risultanze di causa, atteso, ad esempio, che le sedi indicate nell’offerta dell’appellante, ancorché in numero maggiore, risultano purtuttavia ubicate in posizioni più lontane rispetto a quelle indicate da M.P.M. s.p.a.

E’ pertanto del tutto generico e non dirimente l’argomento in cui si sostanzia il motivo di gravame, per cui “L'eclatante illogicità del giudizio della Commissione in ordine al criterio de

qua emerge per tabulas […] ove si considerino, da una parte, le ridotte dimensioni territoriali del Comune, e dall’altra, il fatto che al fine di servire detto territorio MPM metteva a disposizione solo 7 unità operative, mentre SA garantiva la presenza di ben 17 strutture operative”.

D’altra parte non risulta dedotto, né dimostrato dall’appellante, che le tempistiche tempi indicati da M.P.M. s.r.l. in ragione dell’ubicazione delle unità operative non fossero coerenti con il reale tempo di intervento.

Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello va respinto e, con esso, anche l’istanza risarcitoria (per equivalente) genericamente avanzata dall’appellante.

La complessità delle questioni esaminate giustifica peraltro, ad avviso del Collegio, l’integrale compensazione tra le parti delle spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

 

Guida alla lettura

La V sezione del Consiglio di Stato, con la pronuncia in commento, ribadisce le differenze contenutistiche tra falsità dichiarative e omissioni dichiarative, precisando inoltre quando queste ultime integrino un grave illecito professionale, venendo in rilievo le cause di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c, c-bis e f-bis, d.lgs. 50 del 2016.

In particolare, la questione all’esame del Collegio investe il valore da attribuire alla mancata notizia, relativa a una precedente esclusione da una gara, che avrebbe dovuto fornire l’operatore economico quale aggiudicatario dell’appalto da cui prende le mosse il ricorso.

Il ricorrente, difatti, lamenta in primo grado, riproponendo le medesime censure in appello, che l’aggiudicatario avrebbe dovuto informare la stazione appaltante delle contestazioni che allo stesso erano state mosse in una precedente procedura di affidamento di una commessa pubblica, in cui gli erano state contestate specifiche carenze di portata tale da comprometterne l’esclusione.

Una simile mancanza, per la posizione assunta dal ricorrente, avrebbe perfezionato un’ipotesi di grave illecito professionale, in quanto simile reticenza sarebbe stata qualificabile come falsa e perciò contrastante con i doveri di lealtà. 

Nello specifico, per le doglianze prospettate dall’appellante, l’omessa informazione contestata avrebbe, se rilasciata, consentito alla stazione appaltante di svolgere le opportune valutazioni in ordine alla sua affidabilità, minandosi in tal modo il rapporto di fiducia tra operatore economico e Committente pubblico, a nulla rilevando la fase, se esecutiva del contratto o precedente alla stessa. L’effetto preclusivo a fondare un reale e compiuto affidamento sulle caratteristiche e capacità della stazione appaltante si sarebbe comunque realizzato.

Il Consiglio di Stato, ribadendo le statuizioni dei Giudici di primo grado, all’opposto esclude che nel caso di specie possano integrarsi gli estremi del grave illecito professionale, di cui alla lettera c del comma quinto dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 così come la differente ipotesi di false dichiarazioni, quale ulteriore causa di esclusione, prevista dalla lett. f-bis della norma da ultimo citata.

Secondo le motivazioni addotte dal Collegio, difatti, la vicenda in esame non sarebbe riconducibile alla categoria del «“grave illecito professionale” di cui all’art. 80, comma 5 lett. c) cit., bensì – al più – alla diversa ipotesi dell’esclusione dalla gara per mancata fornitura del materiale indicato nell’offerta».

Le censure mosse all’attuale aggiudicatario nel corso di una precedente gara, invero, e per le quali lo stesso era stato escluso dalla procedura non integrano un’ipotesi di revoca dell’aggiudicazione o di risoluzione del contratto, vertendosi piuttosto nell’alveo di un’esclusione dalla gara e non di cessazione degli effetti del contratto. Ciò in ragione del dato secondo cui i fatti in contestazione si riferivano a un momento precedente all’esecuzione del contratto oggetto di aggiudicazione.

Sulla base del dato testuale che individua, tra i motivi di esclusione, gli obblighi informativi necessari per un corretto espletamento della gara finalizzati alla scelta del contraente più affidabile, del resto, non rientrano le vicende che hanno condotto, a monte, a una esclusione dalla procedura di evidenza pubblica.

Chiarisce, sul punto, la V sezione che «il partecipante ad una gara di appalto non è tenuto a dichiarare le esclusioni comminate nei suoi confronti in precedenti gare per aver dichiarato circostanze non veritiere, poiché, al di là dei provvedimenti sanzionatori spettanti all’ANAC in caso di dolo o colpa grave nel mendacio, la causa di esclusione dell’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione si riferisce – e si conclude – all’interno della procedura di gara in cui è maturata (in termini, Cons. Stato, V, 9 gennaio 2019, n. 196; V, 21 novembre 2018, n. 6576; V, 13 settembre 2018, n. 5365; V, 26 luglio 2018, n. 4594)».

Nel caso in esame si riscontra, pertanto, una mera omissione dichiarativa di per sé inidonea a integrare un illecito professionale immediatamente escludente.

Del resto, l’Adunanza Plenaria n. 16 del 2020, nello scandire consistenza, perimetrazione e portata degli obblighi informativi il cui mancato rispetto integra motivo di esclusione ai sensi dell’art. 80 d.l.gs. cit., ha evidenziato le differenze tra i gravi illeciti professionali e le false dichiarazioni e documentazioni, rispettivamente previste dalle lett. c e c-bis, da un lato, e f-bis, dall’altro, del comma quinto della disposizione citata.

Solo in capo a quest’ultime si riscontra una intrinseca attitudine lesive da cui discende un automatismo espulsivo. Benché integranti una species di gravi illeciti professionale, le false dichiarazioni non presentano elementi di carattere giuridico ma semplici dati della realtà, rispetto alla quale si pone una oggettiva alternativa di falsità e validità.

L’omissione contestata dall’appellante non può ritenersi sussumibile nell’ipotesi in esame, di cui all’a lett. f-bis­ cit., nonricorrendo i presupposti qualificativi del mendacio. Su questo profilo, d’altronde, chiarisce il Collegio come non risulti che «l’aggiudicataria abbia attivamente “tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante”, né – per le ragioni viste in precedenza – “omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”».  

 tantomeno può contestarsi la differente causa di esclusione del grave illecito professionale, potendosi muovere un rimprovero per a una mera omissione dichiarativa, da sola insufficiente a integrare l’ipotesi escludente. 

Anche tale aspetto è stato attenzionato dalla pronuncia n. 16 del 2020 che ha chiarito come manchi in tale fattispecie omissiva, al contrario dii quanto avviene per le ipotesi di falsità dichiarative, un’attitudine lesiva in sé. Stante la necessità che dalla mancata informazione derivi un’effettiva influenza sul potere decisionale dell’amministrazione aggiudicatrice, difatti, vengono in rilievo solo in questo caso valutazione che inferiscono a «elementi di carattere giuridico, irriducibili all’antitesi vero/falso […]» (Cons. Stato, Ad. Pl., 28 agosto 2020, n. 16). 

È, perciò, richiesto che la stazione appaltante ponga in essere specifiche valutazione volte a verificare l’attitudine di quella data informazione, omessa e scorretta, a sviare la decisione finale dell’amministrazione nell’adozione di provvedimento concernenti la procedura di gara.

Proprio in ragione del margine di discrezionalità di cui è titolare la Committente pubblica, non può richiedersi che un simile vaglio sia rimesso al giudice, integrandosi in tal modo un’ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale.

Nel caso oggetto di esame, inoltre, il Collegio non ha neppure dovuto interrogarsi sull’effettivo espletamento da parte della p.a. procedente del suddetto accertamento, in ragione della riscontrata assenza dei presupposti dell’illecito professionale.

La V sezione del Consiglio di Stato, confermando il giudizio di primo grado, per i motivi appena esaminati e in ragione della necessità di compiere una stretta interpretazione dei motivi di esclusione di cui all’art. 80, comma quinto lett. c, c-bis e f-bis, d.lgs. 50/2016 perché derogatori del principio di massima partecipazione alla gara, ritiene non doversi accogliere il ricorso in appello vertendosi in una ipotesi di mera omissione dichiarativa.