Cons. Stato, sez. V, 8 giugno 2020, n. 3619

Il provvedimento di revoca che ha ad oggetto un atto endo-procedimentale, quale l’aggiudicazione provvisoria della gara, cioè un atto ad effetti non stabilizzati inidoneo a determinare un affidamento qualificato neppure in capo all’aggiudicatario provvisorio, rientrando nel potere discrezionale dell’Amministrazione, prescinde dall’applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, pur richiedendosi la sussistenza di concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna la prosecuzione delle operazioni di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 6323 del 2018).

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 891 del 2019, proposto dalla Lagrange s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Vinti e Stefano Cresta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro

il Comune di Torino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Colarizi, Donatella Spinelli e Susanna Tuccari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

nei confronti

l’Arcas s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore, in proprio e in qualità di mandataria dell’ATI formata con Simco s.r.l. e Trama s.r.l., non costituita in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, Sezione seconda, n. 1139 del 18 ottobre 2018, resa tra le parti, concernente la deliberazione del Consiglio comunale di Torino, 30 ottobre 2017, n. 3799, avente a oggetto “verifica realizzazione di parcheggi pertinenziali ai sensi dell'art. 9 comma 4 della legge n. 122/1989 e s.m.a. nelle diverse localizzazioni previste da specifiche deliberazioni. Stralcio localizzazioni e nuovi indirizzi in materia. Approvazione” relativamente al parcheggio di piazza e via Lagrange.


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Torino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2020, svoltasi in video conferenza, ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge n. 27 del 2020, il consigliere Nicola D'Angelo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. La società Lagrange - classificatasi terza, dopo la L.L. Torino s.r.l. e l’ATI Arcas, nella procedura di gara bandita dal Comune di Torino per l’affidamento in concessione per novanta anni del diritto di superficie, su un’area situata fra la piazza e la via Lagrange, prodromico alla realizzazione di un parcheggio pertinenziale ai sensi dell’art. 9, comma 4, della legge n. 122/1989 - ha impugnato al Tar per il Piemonte la delibera n. 3799 del 30 ottobre 2017 con la quale il Consiglio comunale ha rivalutato i precedenti provvedimenti (con cui erano stati individuati i siti idonei alla realizzazione dei parcheggi pertinenziali) e ha disposto lo stralcio della localizzazione dello stesso parcheggio di piazza Lagrange, con conseguente caducazione degli atti della gara di affidamento della relativa concessione.

1.1. In sostanza, il Comune - in esito ai nuovi indirizzi programmatici in materia di mobilità assunti con delibera del Consiglio comunale n. 3358 del 2016 - ha stralciato la localizzazione dei suddetti parcheggi, circostanza quest’ultima che ha dato luogo al ricorso impugnatorio della società Lagrange che ha chiesto, al contempo, l’accertamento del diritto allo scorrimento della graduatoria di gara, il risarcimento del danno (da provvedimento illegittimo e da responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione), nonché l’indennizzo di cui all’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.

1.2. Nel ricorso ha quindi prospettato, essenzialmente, la violazione dei principi in materia di contrarius actus, la violazione dell’art. 43 regolamento comunale sul decentramento, il difetto di motivazione ed istruttoria dei provvedimenti impugnati, la violazione del bando di gara, la violazione dei principi di buona fede e correttezza.

1.3. In particolare, ha quindi chiesto che: 

- fosse accertata l’intervenuta decadenza dell’ATI tra Arcas s.p.a., Simco s.r.l. e Trama s.r.l. dalla possibilità di conseguire l’aggiudicazione della concessione e comunque, ex art. 117 c.p.a., il silenzio inadempimento del Comune di Torino nel procedere allo scorrimento della graduatoria, in ottemperanza al bando di gara;

- che il Comune di Torino fosse condannato a provvedere allo scorrimento della graduatoria, con conseguente aggiudicazione a favore della Lagrange s.r.l., o comunque, al risarcimento per equivalente dei danni subiti;

- in via subordinata, che fosse accertata la responsabilità precontrattuale del Comune di Torino con conseguente condanna al risarcimento del danno o, in via gradata, a riconoscere l’indennizzo ex art. 21 quinquies legge n. 241/1990.

2. Il Tar di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso, ritenendo legittime e motivate le determinazioni sulla diversa localizzazione dei parcheggi pertinenziali.

3. Contro la suddetta sentenza ha quindi proposto appello la società Lagrange sulla base dei seguenti motivi di gravame.

3.1. Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ritiene infondato il primo motivo di ricorso con cui si è fatta valere la violazione e la falsa applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990 e dell’art. 43 del regolamento comunale sul decentramento; violazione del procedimento per la revoca del provvedimento; violazione del principio e delle regole che governano il contrarius actus.

3.1.1. Il giudice di prime cure avrebbe erroneamente ritenuto che la decisione di revoca impugnata trovava il proprio fondamento in plurime valutazioni dell’Amministrazione molte delle quali relative a scelte politiche generali. In realtà, tali scelte sarebbero state influenzate da una istruttoria incompleta e comunque sarebbe mancata l’acquisizione del parere del Consiglio della Circoscrizione competente, parere che, la di là del suo possibile effetto sulla decisione presa, andava comunque richiesto. 

3.2. Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui è stato ritenuto infondato il secondo motivo di ricorso con il quale si è fatta valere la violazione e la falsa applicazione dell’art. 21quinquies della legge n. 241/1990; violazione dei principi di buon andamento; eccesso di potere per insufficiente istruttoria, travisamento dei fatti, insufficiente motivazione; sviamento di potere.

3.2.1. Il Tar avrebbe inoltre erroneamente ritenuto infondato il secondo motivo di ricorso originario, alla luce di diverse argomentazioni:

- le valutazioni dell’Amministrazione poste a fondamento dell’atto di revoca sarebbero state espressione di un potere ampiamente discrezionale e, come tali, non sindacabili se non per gravi vizi di irrazionalità che nella specie non sarebbero stati riscontrabili;

- la società Lagrange non avrebbe fatto altro che lamentare in modo generico il difetto d’istruttoria e contestare il merito di una scelta discrezionale, senza dedurre né fornire un principio di prova di errori di fatto o di profili di abnormità e irragionevolezza della pluralità di ragioni (contesto ambientale, storico, architettonico; rischio archeologico; presenza di un collettore fognario; sovradimensionamento del parcheggio in questione), sottese alla decisione assunta dall’Amministrazione;

- non sarebbe stata ravvisabile una manifesta illogicità nel mutamento degli intendimenti dell’Amministrazione rispetto a quelli posti a fondamento dei provvedimenti revocati, ben potendo l’Amministrazione, ex art.21 quinquies della legge n. 241/1990, compiere una differente valutazione dell’interesse pubblico originario e altresì prendere in considerazione il sopravvenire di nuovi motivi d’interesse pubblico e intervenire in autotutela sulle proprie precedenti determinazioni, a maggior ragione ove, come ritenuto nel caso di specie, la procedura di gara non fosse pervenuta neppure all’“aggiudicazione provvisoria” e dunque non fossero state ingenerate posizioni di legittimo affidamento nella possibilità di ottenere l’affidamento della concessione;

- non sarebbe stata affetta da vizi la valutazione circa la scarsa appetibilità economica dell’intervento, avendo la ricorrente solo riportato la sua personale opinione, al contrario di quanto invece adeguatamente motivato dall’Amministrazione facendo riferimento ad analoghe procedure in essere dal 2004;

- le Linee di indirizzo previste dalla deliberazione del Consiglio comunale n. 3358/2016, pur non ponendo un vincolo in capo all’Amministrazione, tuttavia ben potevano costituire il fondamento di una decisione come quella contestata.

3.2.2. Secondo l’appellante, tutte le predette considerazioni presentano un carattere di infondatezza sia sotto il profilo della motivazione che dell’istruttoria. 

3.3. Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ritiene infondato il terzo motivo di ricorso con cui si è fatta valere la violazione e la falsa applicazione dell’art. 37 del d.lgs. n. 163/2006, dell’art. 21, quater, comma 2, della legge n. 241/1990 e dell’art. 7 del bando di gara; violazione dei principi di libera concorrenza e parità di trattamento; violazione dei principi di buona fede e correttezza; erroneità della decisione sulla domanda di accertamento dell’intervenuta decadenza dell’ATI Arcas, sull’accertamento del silenzio inadempimento maturato e sulla domanda di risarcimento danni da provvedimento illegittimo.

3.3.1. Con la sentenza gravata il Tar ha in parte assorbito ed in parte ritenuto infondato il terzo motivo del ricorso introduttivo del giudizio relativo alla domanda di accertamento della decadenza dell’ATI Arcas, al conseguente silenzio inadempimento dell’Amministrazione, al mancato scorrimento della graduatoria, nonché alla domanda di risarcimento dei danni per provvedimento illegittimo. Parte appellante ripropone, pertanto, i motivi di censura riferiti:

- all’illegittima della gravata deliberazione nella parte in cui non ha ritenuto accoglibili le osservazioni dedotte dalla ricorrente nel corso del procedimento rispetto al fatto che l’ATI Arcas s.p.a. ha proposto una inammissibile modifica della compagine del raggruppamento in fase di gara;

- all’illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui non considera l’intervenuta decadenza dell’ATI Arcas dall’aggiudicazione della gara e il conseguente silenzio inadempimento dell’Amministrazione nel procedere allo scorrimento della graduatoria in favore della ricorrente;

- alla domanda di risarcimento dei danni da provvedimento illegittimo.

3.4. Erroneità della sentenza appellata, nella parte in cui ha omesso di pronunciare sulla domanda di accertamento della decadenza delle altre imprese, sulla illegittimità del silenzio inadempimento serbato sulla pertinente diffida e sulla richiesta di aggiudicazione.

3.4.1. Secondo l’appellante, l’Amministrazione avrebbe dovuto accertare l’avvenuta decadenza dell’ATI Arcas all’aggiudicazione della gara per il parcheggio di piazza e via Lagrange perché si sarebbe verificato il fatto che essa non ha accettato, con presentazione del progetto nei 90 giorni, così come previsto dall’art. 7 del bando, con conseguente scorrimento della graduatoria a favore della ricorrente.

3.5. Sul risarcimento del danno per esercizio illegittimo della funzione amministrativa.

3.5.1. La condotta dell’Amministrazione sarebbe stata colposa, alla luce dei vizi che inficiano il provvedimento impugnato. Il danno da provvedimento illegittimo, in caso di revoca della procedura di gara, avrebbe dunque dovuto comprendere tanto il danno emergente, costituito dalle spese e dai costi sostenuti per la preparazione dell’offerta e per la partecipazione alla procedura, quanto il lucro cessante, il danno curricolare ed il danno all’immagine

3.6. Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ritiene infondata la domanda in via subordinata di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale

3.6.1. La sentenza impugnata sarebbe erronea anche nella parte in cui ha ritenuto priva di fondamento la domanda, proposta in via subordinata, di risarcimento del danno a titolo di responsabilità precontrattuale, non avendo lo stesso Tribunale ravvisato nell’azione posta in essere dal Comune di Torino alcun comportamento contrastante con i doveri di correttezza e di buona fede. Secondo il Giudice di prime cure, non sarebbe stata fornita prova di provvedimenti ovvero comportamenti dell’Amministrazione comunale atti a indurre la Lagrange s.r.l., terza classificata all’esito della procedura di evidenza pubblica, a confidare nella possibilità di divenire affidataria della concessione. Anzi e al contrario, anche in seguito alla disposta revoca dell’aggiudicazione in favore della Società L.L. Torino, il fatto che la Lagrange s.r.l. si trovasse in una posizione subordinata a quella della seconda classificata ATI Arcas, dichiaratasi interessata alla realizzazione del progetto, avrebbe escluso potesse serbare un affidamento legittimo nell’assegnazione della concessione. 

3.6.2. La società appellante ritiene invece che vi sia stato un comportamento contrario a buona fede e correttezza da parte del Comune di Torino.

3.7. Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ritiene infondata la domanda in via gradata di corresponsione dell’indennizzo ex art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.

3.7.1. Il giudice di primo grado ha erroneamente respinto l’ulteriore richiesta di corresponsione di un indennizzo ai sensi dell’art. 21quinquies della legge n. 241/1990. Il Tar ha rilevato che nel caso di specie si trattava di una revoca in autotutela di una procedura di evidenza pubblica non incidente su un atto di aggiudicazione, neppure provvisoria. 

3.8. Erroneità della sentenza appellata, ai sensi e agli effetti dell’art. 26 c.p.a., nella parte in cui ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del giudizio di primo grado invece che compensarle.

4. Il Comune di Torino si è costituito in giudizio l’8 febbraio 2019, chiedendo il rigetto dell’appello ed ha depositato un’ulteriore memoria il 6 marzo 2020.

5. La società Lagrange ha depositato anch’essa una memoria e documentazione il 22 febbraio 2019 e brevi note, ai sensi dell’art. 84, comma 2, del decreto legge n. 18 del 2020, il 6 aprile 2020. 

6. Nella camera di consiglio del 28 febbraio 2019, l’istanza di sospensione della sentenza impugnata, presentata contestualmente all’appello, è stata rinviata al merito.

7. Il ricorso, infine, è stato trattenuto in decisione - alla luce della istanza presentata da tutte le parti costituite, ex art. 84, comma 2, primo periodo, del decreto legge n. 18 del 2020 - nell’udienza pubblica tenutasi in video conferenza il 9 aprile 2020.

8. Preliminarmente, il Collegio rileva l’inammissibilità dei documenti depositati dalla società appellante il 22 febbraio 2019 (dichiarazioni Emmegibi s.r.l. del 19 febbraio 2019, Domusre del 20 febbraio 2019, Immobiliare Gran Torino s.r.l. del 20 febbraio 2019). Tali nuovi documenti violano, infatti, il divieto di nova di cui all’art. 104, comma 2, c.p.a. 

9. L’appello non è fondato.

10. Nel 2012 il Comune di Torino approvava un piano per la realizzazione, nel sottosuolo di aree appartenenti al suo demanio, di parcheggi pertinenziali da assegnarsi in concessione con diritto di superficie. Venivano quindi individuate venti aree e, tra esse, quella identificata da piazza e via Lagrange. Quest’ultima area veniva posta a gara nel 2013, con avviso n.48/2013, per l’attività di progettazione preliminare delle opere e per la relativa offerta economica. Alla aggiudicazione provvisoria doveva seguire l’indizione di apposita conferenza di servizi per la valutazione di tutti gli interessi coinvolti con acquisizione dei pareri (in particolare, quello della Soprintendenza) e la redazione del progetto esecutivo ed il suo assoggettamento a valutazione di impatto ambientale. Alla favorevole conclusione di tutte le predette fasi avrebbe poi fatto seguito la stipula della convenzione di concessione con il soggetto prescelto per una durata di novanta anni.

10.1. All’esito della gara si collocava al primo posto della graduatoria la società LL. Torino s.r.l., al secondo l’ATI Arcas, al terzo l’appellante società Lagrange. Quest’ultima, impugnava innanzi al Tar di Torino la determinazione dirigenziale di aggiudicazione del 22 novembre 2013. Con sentenza n.1738/2015 il ricorso veniva respinto.

10.2. Dopo l’aggiudicazione provvisoria si svolgevano una serie di conferenze di servizi nel corso delle quali venivano acquisiti i pareri delle Soprintendenze ai Beni Archeologici e Storico Paesistici (che richiedevano approfondimenti ed integrazioni progettuali), del Comando Provinciale dei VV.FF. e di altre Amministrazioni competenti. Nelle stesse conferenze emergevano alcuni profili di criticità e, comunque, la necessità di dare corso a scavi e sondaggi per la presenza di reperti archeologici. 

10.3. In data 5 aprile 2015 la progettazione era assoggettata a valutazione di impatto ambientale. Nel frattempo, essendo scaduti tutti i termini assegnati senza che LL. Torino, aggiudicataria della gara, provvedesse alla presentazione dei progetti esecutivo e definitivo, il Comune di Torino, previa comunicazione di avvio del procedimento, disponeva, il successivo 4 maggio 2016 la revoca della aggiudicazione. L’Amministrazione provvedeva, quindi, all’interpello della Associazione Temporanea di Imprese, classificatasi al secondo posto della graduatoria (ATI Arcas), la quale manifestava il suo interesse al subentro. 

10.4. Con successiva delibera del Consiglio comunale n. 3358 del 2016, l’Amministrazione adottava nuovi indirizzi in materia di mobilità e di conseguenza, con deliberazione consiliare 30 ottobre 2017, n. 3799, formalizzava la decisione di stralciare alcune aree da destinare a parcheggi pertinenziali tra le quali quella relativa a via e piazza Lagrange. 

11. Contro quest’ultima deliberazione, ha proposto ricorso la società Lagrange, ricorso respinto dal Tar di Torino con la sentenza indicata in epigrafe.

11.1. In particolare, lo stesso Tribunale ha respinto i due motivi posti a sostegno domanda cassatoria della deliberazione di revoca n. 3799 del 2017, sulla base di un’intervenuta rivalutazione dell’interesse pubblico, a seguito della modifica dell’indirizzo politico di cui alla delibera consiliare del 2016 n. 3358, sulla localizzazione e sulla realizzazione del parcheggio in via e piazza Lagrange. Ha poi assorbito in parte il terzo motivo (sul silenzio inadempimento dell’Amministrazione a fronte dell’obbligo di scorrimento) e ritenuta non fondata la domanda di accertamento della decadenza della seconda classificata Ati Arcas. Ha poi respinto la domanda di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale e di corresponsione dell’indennizzo ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, condannando la ricorrente alle spese di lite per euro 4.000,00. 

12. La società Lagrange ha appellato la predetta sentenza sulla base di una serie di motivi che richiamano in larga misura temi critici contenuti nel ricorso di primo grado. Per comodità espositiva, pertanto, il Collegio esamina le censure proposte partendo dalle principali questioni prospettate anche in primo grado.

13. Nel primo e nel secondo motivo di appello (che riproducono i primi due profili di censura del ricorso introduttivo del giudizio), la società ricorrente contesta la sentenza impugnata laddove ha ritenuto infondata la prospettata violazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990 e più in generale dei principi relativi al c.d. contrarius actus, nonché il difetto di istruttoria. In particolare, parte appellante lamenta la violazione dell’art. 43 del regolamento sul decentramento del Comune di Torino che avrebbe imposto, nel caso delle opere pubbliche di rilevanza circoscrizionale e negli atti intesi a modificare le destinazioni d’uso degli immobili di proprietà comunale, l’acquisizione obbligatoria del parere della circoscrizione interessata. In ogni caso, il provvedimento impugnato non sarebbe stato adeguatamente motivato e sarebbe scaturito all’esito di una istruttoria insufficiente. 

13.1. La tesi della ricorrente non può essere condivisa. Innanzitutto, non sussiste la violazione del richiamato art. 43 regolamento comunale, non essendo necessario il parere della circoscrizione rispetto ad una delibera, la n. 3358 del 2016, con una valenza che trascende l’ambito circoscrizionale e che ha introdotto nuovi indirizzi strategici nella materia della mobilità cittadina. Peraltro, come rilevato dal Tar, il caso non rientra tra quelli per i quali è richiesta l’assunzione obbligatoria del parere della circoscrizione, tenuto conto che nella originaria individuazione dell’area per il parcheggio, alla stessa circoscrizione era stata richiesta un’opinione e non una valutazione su un progetto d’opera pubblica o su un diverso uso del sottosuolo.

13.2. In secondo luogo, i principi generali relativi al cosiddetto contrarius actus non sono stati messi in discussione dalla determinazione impugnata (n. 3799 del 30 ottobre 2017), la quale è intervenuta a seguito di una riconsiderazione del Comune di Torino su scelte precedentemente compiute, fondate su articolate motivazioni riguardanti i mutamenti verificatisi nel corso di cinque anni dall’adozione del primo provvedimento relativo al programma dei parcheggi pertinenziali per l’intera città (la delibera ha in particolare disposto lo stralcio delle iniziative non ancora avviate considerando diversamente l’interesse pubblico che aveva determinato la scelta originaria alla luce delle sopravvenute linee del Programma di Governo per la Città di Torino 2016-2021, assunte, ai sensi dell’art. 38 dello Statuto, con la richiamata delibera n. 3358 del 2016 ). 

13.3. Sono, in concreto, sopravvenute una serie di ragioni, oltre quelle inerenti ad una diversa organizzazione della mobilità cittadina (soprattutto connesse all’ampliamento dell’offerta di mezzi pubblici) e ad una complessiva scarsa appetibilità economica della tipologia di intervento (su 18 bandi 11 gare deserte, 2 rinunce da parte dell’aggiudicatario, 2 revoche), che hanno adeguatamente supportato il profilo motivazionale del provvedimento impugnato e che sono scaturite non solo dalle proteste dei cittadini, ma anche dalle risultanze della conferenza di servizi, tenutasi nell’ambito della procedura successiva all’aggiudicazione provvisoria in favore della società LL Torino dei parcheggi di via e piazza Lagrange. In particolare, per la prescritta campagna di scavi archeologici e per la riscontrata ed oggettiva presenza di problemi di interferenza con la falda idrica e con la rete fognaria, nonché per ulteriori criticità ambientali (profili richiamati espressamente anche dalla VIA del 5 agosto 2015 n.180). 

13.4. Quanto al difetto di istruttoria, la ricorrente, come rilevato dal Tar “si è limitata a lamentare genericamente il difetto di istruttoria e a contestare il merito di una valutazione discrezionale senza tuttavia dedurre né fornire un principio di prova di errori di fatto o di profili di abnormità e irragionevolezza della pluralità di ragioni poste a fondamento della decisione assunta dall’amministrazione”.

13.5. Ed in effetti, una volta che, come nel caso di specie, il quadro fattuale che emerge dall'istruttoria procedimentale raggiunga un grado sufficiente di plausibilità, va escluso che l'atto possa essere annullato per difetto di motivazione, spettando, invece, al ricorrente di allegare e provare fatti e circostanze che possano valere ad inficiare le conclusioni cui è pervenuta l'Amministrazione.

13.6. Non possono poi essere considerate ammissibili le doglianze prospettate, per i medesimi profili motivazionali ed istruttori, con riferimento alla presupposta delibera n. 3358 del 2016, perché tali censure sono relative al merito di scelte rimesse a valutazione politiche ampiamente discrezionali che non esorbitano dal limite della abnormità; parimenti inammissibili, stante la loro genericità, sono le critiche svolte con riferimento all’art. 38 dello Statuto.

14. Con il terzo ed il quarto motivo di appello, la società ricorrente lamenta il silenzio-inadempimento dell’Amministrazione, consistente nell’omessa dichiarazione di decadenza dalla partecipazione alla procedura di gara dell’ATI Arcas e il mancato scorrimento della graduatoria ed insiste nella domanda di risarcimento danni da provvedimento illegittimo.

14.1. I profili di censura, già svolti in primo grado ed in parte assorbiti dal Tar, non sono fondati. Non può infatti rinvenirsi un’ipotesi di “decadenza automatica” dell’ATI, come preteso dalla controparte, o comunque la violazione dell’obbligo di scorrimento della graduatoria di gara, in quanto l’Amministrazione non è mai pervenuta ad una aggiudicazione definitiva della stessa (peraltro, la procedura di gara ha formato oggetto del ricorso della Lagrange respinto dal Tar di Torino con la citata sentenza n. 1738 del 2015). In ogni caso tutte le vicende relative sono state poi superate dal mutamento degli intendimenti dell’Amministrazione rispetto a quelli posti a base dei provvedimenti.

14.2. Il Comune aveva dunque tutto il diritto di operare una differente valutazione dell’interesse pubblico alla luce delle circostanze sopravvenute e di conseguenza agire senza che ciò potesse incidere su un legittimo affidamento di un soggetto peraltro terzo graduato nella proceduta di gara. 

14.3. Il provvedimento di revoca che ha ad oggetto un atto endo-procedimentale, quale l’aggiudicazione provvisoria della gara, cioè un atto ad effetti non stabilizzati inidoneo a determinare un affidamento qualificato neppure in capo all’aggiudicatario provvisorio, rientrando nel potere discrezionale dell’Amministrazione, prescinde, infatti, dall’applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, pur richiedendosi la sussistenza di concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna la prosecuzione delle operazioni di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 6323 del 2018). 

14.4. D’altra parte, una volta consolidata la delibera n. 3799 del 30 ottobre 2017 e quindi divenuta definitiva la scelta di non localizzare il parcheggio pertinenziale in piazza Lagrange, risultano inammissibili, per difetto di legittimazione e interesse ad agire, sia le censure cassatorie del terzo motivo che le domande di accertamento e condanna, tutte riferibili alla procedura di affidamento della concessione che non potrà mai più avere luogo. 

14.5. Le stesse ragioni debbono indurre anche al rigetto dell’ulteriore domanda di indennizzo ex art. 21 quinquies della legge n. 241/1990 (profilo ripreso nel settimo motivo di appello), facendo difetto il presupposto stesso per l’applicazione della norma e cioè la legittimazione derivante da una posizione di interesse qualificato, che soltanto la titolarità dell’aggiudicazione avrebbe potuto conferire. Peraltro, la domanda di indennizzo spetta solo se l’atto revocato ha effetti durevoli nel tempo, ovvero se ha effetti istantanei ma incide su rapporti negoziali in atto, evenienze queste che non ricorrono nel caso di specie.

15. Nel quinto motivo di appello, la ricorrente prospetta un danno per esercizio illegittimo della funzione amministrativa. 

15.1. Il motivo non è fondato. Per le ragioni sopra descritte nessuna illegittimità o colpa è ravvisabile nel comportamento dell’Amministrazione. 

L’espresso riferimento al “danno ingiusto” – contenuto nell’art. 2 bis della legge n. 241 del 1990, così come nel comma 2 dell’art. 30 c.p.a., secondo cui può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa - induce a ritenere che per poter riconoscere la tutela risarcitoria non possa in alcun caso prescindersi dalla spettanza di un bene della vita (che nel caso di specie non è mai stato appannaggio della ricorrente), atteso che è soltanto la lesione di quest’ultimo che qualifica in termini di ingiustizia il danno derivante tanto dal provvedimento illegittimo e colpevole dell’amministrazione quanto dalla sua colpevole inerzia e lo rende risarcibile (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n.1437 del 2020). 

16. Nel sesto motivo di appello, la società ricorrente censura la sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto alla stessa il risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale. 

16.1. Il motivo è infondato. 

La domanda a titolo di responsabilità precontrattuale non può essere accolta non ravvisandosi in concreto né una lesione dell’affidamento, né una violazione degli obblighi di correttezza comportamentale da parte del Comune. 

In proposito è decisivo il rilievo che dopo la rinuncia della prima classificata alla gara è trascorso solo un anno di attesa per una diversa determinazione dell’Amministrazione, cioè un periodo di tempo non eccessivo alla luce della complessità della vicenda e della molteplicità di interessi coinvolti.

16.2. Peraltro, la ricorrente, terza graduata, non ha dato prova rigorosa del danno derivante dalla lesione della propria libertà di autodeterminazione imprenditoriale come richiesto dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 5 del 2018; successivamente sez. V, n. 7161 del 2019). 

17. Nell’ultimo motivo di appello (l’ottavo) la ricorrente censura la condanna disposta dal giudice di primo grado alle spese di lite in luogo della compensazione delle stesse. 

17.1. Anche quest’ultimo profilo di censura è infondato. 

Alla soccombenza segue di regola il pagamento delle spese lite e questo anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 2018. 

Il giudice amministrativo ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, degli eccezionali motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali ovvero per escluderla, con il solo limite del divieto di condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio. Tale discrezionalità è sindacabile in sede di appello solo nei limiti in cui la statuizione sulle spese possa ritenersi aberrante, alla stregua dell'eventuale motivazione adottata, ovvero tenendo conto da un lato, in punto di diritto, del principio in base al quale, di regola, le spese seguono la soccombenza, e dall'altro, in punto di fatto, della vicenda e delle circostanze emergenti dal giudizio (cfr. Cons. Stato, sez. V, n.4536 del 2018; sez. IV, n. 4036 del 2019).

18. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va rigettato e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata con le precisazioni e le integrazioni sopra indicate.

19. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo. 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata con le precisazioni e le integrazioni indicate in motivazione. 

Condanna la società Lagrange s.r.l. al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore del Comune di Torino nella misura complessiva di euro 8.000,00(ottomila/00), oltre agli altri oneri accessori previsti per legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2020, svoltasi da remoto in audio conferenza, ai sensi dell’art. 84, comma 6, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge n. 27 del 2020.

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

La sentenza in commento propone diversi spunti di riflessione da leggere coniugando l’applicazione del Codice dei Contratti pubblici con la legge sul procedimento amministrativo.

Partendo dalla legge n. 241/90, risulta importante richiamare l’art. 21-quinquies, rubricato revoca del provvedimento, secondo il quale “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo”.

La vicenda posta all’attenzione - inizialmente - del giudice di primo grado e poi del Consiglio di Stato fa riferimento ad un bando approvato il 15 gennaio 2013, con il quale il Comune di Torino ha indetto una procedura aperta di gara per la concessione onerosa novantennale del diritto di superficie dell’area di proprietà comunale denominata “piazza e via Lagrange” finalizzata alla realizzazione, nel sottosuolo, di un parcheggio pertinenziale ad uso privato ai sensi dell’art. 9 comma 4 della L. 24 marzo 1989 n. 122 e s.m.i. Il bando ha previsto che l’affidamento avrebbe avuto ad oggetto:

- la redazione del progetto preliminare relativo alla qualificazione superficiale, secondo le indicazioni tecniche contenute nell’allegato A al bando stesso;

- la redazione del progetto definitivo del parcheggio interrato pertinenziale ad uso privato ed esecutivo della sistemazione superficiale al di sopra di tale autorimessa, nonché la successiva realizzazione di tali opere secondo le indicazioni tecniche contenute nel progetto, che sarebbe stato approvato con deliberazione della giunta comunale;

- la concessione onerosa del diritto di superficie del sottosuolo dell’area di proprietà comunale delimitata dalle vie Lagrange, Guarini, Vittorio Emanuele II e piazza Carlo Felice, per la durata di 90 anni, per la realizzazione di un parcheggio pertinenziale ad uso privato con un numero minimo di 100 posti auto/box e di un numero minimo di due piani interrati.

Con apposita determina dirigenziale, il Comune di Torino ha approvato l’esito della gara e la conseguente aggiudicazione, dando atto che la concessione del diritto di superficie dell’area si sarebbe perfezionata alla conclusione, con esito positivo, del successivo iter previsto dal bando di gara e alla sottoscrizione della relativa convenzione. Pertanto, il procedimento amministrativo successivo all’aggiudicazione definitiva non poteva essere considerato concluso, fino alla definizione delle fasi endo-procedimentali suindicate.

In particolare, la stazione appaltante avrebbe dovuto indire una apposita Conferenza di Servizi per la valutazione di tutti gli interessi coinvolti e la redazione del progetto esecutivo. In effetti, si sono svolte una serie di conferenze di servizi nel corso delle quali venivano acquisiti i pareri delle Soprintendenze ai Beni Archeologici e Storico Paesistici (che richiedevano approfondimenti ed integrazioni progettuali), del Comando Provinciale dei VV.FF. e di altre Amministrazioni competenti. Nelle stesse conferenze emergevano alcuni profili di criticità e, comunque, la necessità di dare corso a scavi e sondaggi per la presenza di reperti archeologici.

Ancora più in particolare: si sono svolte le conferenze di servizi preordinate alla redazione del progetto definitivo e quelle volte all’esame del progetto definitivo/esecutivo; si è svolta la fase preliminare di verifica dell’assoggettamento del progetto alla procedura di valutazione di impatto ambientale, che si è conclusa con la valutazione di necessità dell’assoggettamento a VIA; è stato acquisito il nulla-osta antincendio dei Vigili del Fuoco; è stata acquisita l’autorizzazione all’esecuzione delle opere della Soprintendenza delle Belle Arti e del Paesaggio; allo stato, il procedimento è stato sospeso in attesa della conclusione della fase di valutazione di impatto ambientale.

Inoltre, l’Operatore economico primo in graduatoria non ha provveduto a consegnare quanto necessario nei termini previsti per addivenire alla sottoscrizione della Convenzione e pertanto la Stazione Appaltante ne ha disposto la revoca della aggiudicazione, interpellando l’Operatore economico classificatosi al secondo posto per il relativo subentro.

La dinamica prospettata originariamente dal bando di gara, però, non si realizza compiutamente poiché, con successiva delibera del Consiglio comunale n. 3358 del 2016, l’Amministrazione ha provveduto ad adottare nuovi indirizzi in materia di mobilità e di conseguenza, formalizzando pertanto la decisione di stralciare alcune aree da destinare a parcheggi pertinenziali tra le quali quella oggetto del giudizio promosso.

Contro quest’ultima deliberazione, ha proposto ricorso la società, collocatasi terza in graduatoria; ricorso respinto dal Tar.

Pertanto, la società, collocatasi terza in graduatoria, ha appellato la predetta sentenza sulla base di una serie di motivi che richiamano in larga misura temi critici contenuti nel ricorso di primo grado.

“La società ricorrente contesta la sentenza impugnata laddove ha ritenuto infondata la prospettata violazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990 e più in generale dei principi relativi al c.d. contrarius actus, nonché il difetto di istruttoria”.

Il Giudice di primo grado chiarisce che i principi generali relativi al cosiddetto contrarius actus non sono stati messi in discussione dalla determinazione impugnata, la quale è intervenuta a seguito di una riconsiderazione del Comune su scelte precedentemente compiute, fondate su articolate motivazioni riguardanti i mutamenti verificatisi nel corso di cinque anni dall’adozione del primo provvedimento relativo al programma dei parcheggi pertinenziali per l’intera città. “Sono, in concreto, sopravvenute una serie di ragioni, oltre quelle inerenti ad una diversa organizzazione della mobilità cittadina e ad una complessiva scarsa appetibilità economica della tipologia di intervento, che hanno adeguatamente supportato il profilo motivazionale del provvedimento impugnato e che sono scaturite non solo dalle proteste dei cittadini, ma anche dalle risultanze della conferenza di servizi, tenutasi nell’ambito della procedura successiva all’aggiudicazione provvisoria. In particolare, per la prescritta campagna di scavi archeologici e per la riscontrata ed oggettiva presenza di problemi di interferenza con la falda idrica e con la rete fognaria, nonché per ulteriori criticità ambientali.

La V Sezione del Consiglio di Stato conferma quanto statuito dal TAR, focalizzando l’attenzione, tra l’altro, tra la posizione in graduatoria che ha assunto la società ricorrente (terza in graduatoria), l’aggiudicazione intervenuta e gli atti prodromici per rendere la definitiva Convenzione tra le parti.

In tale quadro, risulta interessante richiamare pacifica ulteriore giurisprudenza in merito all’applicazione dell’istituto del legittimo affidamento. In particolare, secondo costante giurisprudenza amministrativa, occorre una comparazione tra l’interesse pubblico e l’entità del sacrificio imposto all’interesse privato, tanto più quando, in ragione del tempo trascorso, l’interessato abbia maturato un legittimo affidamento alla conservazione del bene della vita (exmultis, Tar Campobasso, n. 219 del 2012; Tar Puglia, Lecce, n. 863 del 2012, Tar Lazio n. 12485 del 2018).

La disamina delle suindicate sentenze risulta interessante con particolare riferimento all’operato del Comune. L’Ente aveva tutto il diritto di operare una differente valutazione dell’interesse pubblico alla luce delle circostanze sopravvenute e di conseguenza agire senza che ciò potesse incidere su un legittimo affidamento di un soggetto peraltro terzo graduato nella proceduta di gara.

Nella fattispecie, a seguito dell’intervenuta aggiudicazione, la concessione del diritto di superficie dell’area si sarebbe perfezionata alla conclusione, con esito positivo, del successivo iter previsto dal bando di gara e alla sottoscrizione della relativa convenzione.

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, il provvedimento di revoca che ha ad oggetto un atto endo-procedimentale, quale l’aggiudicazione provvisoria della gara, cioè un atto ad effetti non stabilizzati inidoneo a determinare un affidamento qualificato neppure in capo all’aggiudicatario provvisorio, rientrando nel potere discrezionale dell’Amministrazione, prescinde, infatti, dall’applicazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, pur richiedendosi la sussistenza di concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna la prosecuzione delle operazioni di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 6323 del 2018).

Secondo giurisprudenza pacifica, la natura giuridica di atto provvisorio ad effetti instabili, tipica dell’aggiudicazione provvisoria, spiega la non tutelabilità processuale di quest’ultima ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. n. 241 del 1990 (ex multis, Cons. Stato, V, 20 agosto 2013, n. 4183): la sua revoca (ovvero, la sua mancata conferma) non è infatti qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, tale cioè da richiedere un raffronto tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario, dal momento che l'aggiudicazione provvisoria non è l'atto conclusivo del procedimento.

Difatti, una volta consolidata la delibera comunale e quindi divenuta definitiva la scelta di non localizzare il parcheggio pertinenziale in piazza Lagrange, risultano inammissibili, per difetto di legittimazione e interesse ad agire, sia le censure cassatorie del terzo motivo che le domande di accertamento e condanna, tutte riferibili alla procedura di affidamento della concessione che non potrà mai più avere luogo.