Cons. Stato, Sez. III, 7 maggio 2020, n. 2881

- L’art. 51 contempla due disposizioni, una prescrittiva e l’altra facoltativa. La prima, relativa ai lotti, prescrive che “1. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. ….. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese” (comma 1); la seconda facultizza le stazioni appaltanti a “limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare”.

- Sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le Stazioni Appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie (Cons. Stato, sez. V, 11/01/2018, n.123; Sez. III, 12/02/2020, n. 1076) e derogabile, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669, Sez III, n. 1076/2020 cit.).

-La possibilità di stabilire un limite alla aggiudicazione di tutti i lotti di cui all’articolo 51 del codice dei contratti è una facoltà discrezionale il cui mancato esercizio non è – da solo e di per sé -- sintomo di illegittimità.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1079 del 2020, proposto da
Elior Ristorazione S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Riccardo Anania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza del Popolo 18;

contro

Intercent-ER, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Lolli, Aristide Police, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Aristide Police in Roma, via di Villa Sacchetti 11;

Regione Emilia Romagna, Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma, Azienda Unità Sanitaria Locale di Parma, non costituiti in giudizio;
CamstSoc. Coop. A R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Marco Dugato, Diego Vaiano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Diego Vaiano in Roma, Lungotevere Marzio n.3;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda), n. 868/2019, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Intercent-ER e di CamstSoc. Coop. a r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2020 il Cons. Giulio Veltri; e trattenuta la causa in decisione ex art. 84, co. 5, d.l. n. 18/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. La Elior Ristorazione s.p.a. ha agito in giudizio dinanzi al TAR Emilia Romagna per l’annullamento della determinazione n. 58 del 13/02/2019 di Intercent-ER (Agenzia per lo sviluppo dei mercati telematici, con compiti di stazione di committenza), avente ad oggetto “aggiudicazione procedura aperta per l'affidamento del servizio di ristorazione per le aziende sanitarie e ospedaliere della regione Emilia Romagna - lotto 3” in favore della controinteressataCamstSoc. Coop. A r.l., nonché degli atti prodromici, compresi il bando di gara e quelli concernenti il subprocedimento di verifica della sospetta anomalia relativa all’offerta di CamstSoc. Coop. a r.l., per il lotto 3.

1.1. La ricorrente, nel ricorso introduttivo del primo giudizio ha censurato, con unico articolato motivo, la presunta illegittimità della lexspecialisdi gara che, nel suddividere l’intero appalto in 4 lotti, avrebbe violato i principi di concorrenza, di non discriminazione, par condicio e favorpartecipationis, dal momento che i 4 lotti in gara sarebbero caratterizzati da un rilevante valore economico complessivo (complessivi € 190.340.000,00) e difetterebbero del c.d. “vincolo di aggiudicazione” che, ai sensi dell’art. 51, terzo comma, d.lg. n. 50 del 2016 consente di imporre un numero massimo di lotti aggiudicabili ad un unico concorrente; la lex gara difetterebbe altresì della previsione di requisiti di partecipazione “maggiorati” in capo al concorrente che intenda partecipare a più lotti. Tutto ciò in asserita violazione dei principi affermati dalla sentenza n. 1491 del 2019 della terza sezione del Consiglio di Stato, in un caso riguardante la Regione Veneto, che il ricorrente ritiene identico.

2. Il TAR ha respinto il ricorso. Ha innanzitutto rilevato la carenza di interesse del ricorrente in ordine alle doglianze concernenti la possibilità per un concorrente di aggiudicarsi più lotti e sul cumulo del fatturato, avendo Elior impugnato un solo lotto e partecipato alla gara per uno solo di essi, nonchè avendo, la stessa, fatturati così alti che le avrebbero comunque consentito di partecipare anche per gli altri lotti in gara. In ogni caso, esaminando nel merito la censura, ha osservato che: a) la gara indetta da Intercent ER non pone barriere di ingresso incentrate sul fatturato specifico sanitario (come invece aveva fatto la gara Veneto, oggetto della decisione del Consiglio di Stato, n. 1491 del 2019), ma consente la partecipazione a qualunque fatturato di ristorazione collettiva, non necessariamente sanitaria; b) le cucine previste per la gara di Intercent ER sono quelle ospedaliere, che possono, quindi, essere utilizzate da qualsiasi società si aggiudichi la gara; c) infine, la gara indetta da Intercent ER riguarda solo il 65% della ristorazione ospedaliera regionale, mentre quella del Veneto era estesa all’intera Regione, restando, quindi, estraneo dalla procedura emiliana ben il 35% della ristorazione.

2.1. Peraltro – aggiunge il TAR - a prescindere dal confronto tra la due gare indette dalla Regione Emilia Romagna e dalla Regione Veneto, non si ravvisano i prospettati vizi di irragionevolezza, né di violazione delle regole della concorrenza nella gara indetta da Intercent-ER, avendo comunque la stazione appaltante previsto requisiti di partecipazione bassi (pari alla metà circa del fatturato di una piccola impresa, con inclusione del fatturato inerente l’intera ristorazione collettiva e non solo sanitaria); dimensionato i lotti, tenendo giustamente in considerazione sia l’assetto del mercato generale (restando nella media delle altre Regioni), che del mercato rilevante (Nord Italia, con ristorazione collettiva, non solo sanitaria); inglobato nei 4 lotti solo 65% il mercato sanitario dell’Emilia Romagna, e non trascurato il dato, senz’altro significativo nella fissazione del valore, dell’ammontare rilevante degli investimenti richiesti sulle cucine per il lotto n. 3.

3. Avverso la sentenza ha proposto appello la Elior. L’appellante deduce in via preliminare che il ricorso è stato proposto non perché essa aspirasse al bene della vita costituito dalla possibilità di aggiudicarsi più lotti (è vero infatti che Elior ha presentato domanda di partecipazione solo per il lotto n. 3) ma perché le limitazioni che la lex di gara avrebbe potuto e dovuto porre agli altri concorrenti (“vincolo di aggiudicazione” e requisiti di partecipazione “maggiorati” in capo al concorrente che intendeva partecipare a più lotti) le avrebbero consentito di aggiudicarsi il lotto 3 al quale aveva partecipato classificandosi al II posto.

3.1. Nel merito, secondo l’appellante, la sentenza sarebbe errata nella parte in cui traccia una differenza fra la gara svolta in Veneto, e annullata dal Consiglio di Stato, e quella oggetto di causa. Segnatamente – a dire dell’appellante- il fatto che la gara indetta da Intercent- ER riguardi il 65% dell’intera ristorazione ospedaliera regionale non assumerebbe un rilievo dirimente posto che si tratta comunque di un appalto di notevole valore, che riguarda la quasi totalità della ristorazione sanitaria regionale; il fatto che “..in Veneto tutti i 6 lotti messi in gara sono stati aggiudicati ad un solo operatore locale, che copre l’intero Veneto..” mentre la gara per l’Emilia Romagna “..ha visto vincitori due operatori diversi”, non sposterebbe le cose, poichè in Veneto l’operatore economico di riferimento nel settore della ristorazione collettiva (asseritamente favorito dalla lex gara) era uno solo, mentre in Emilia Romagna sarebbero due ed equamente distribuiti sul territorio (CAMST a Bologna e CIR FOOD a Reggio Emilia). In ogni caso, diversamente da quanto inteso dal giudice di I grado, Elior non lamentava la presenza di requisiti particolarmente stringenti per la partecipazione, ma proprio l’esatto contrario e cioè l’insufficiente frazionamento e l’assenza di meccanismi e regole che limitassero la possibilità di aggiudicarsi più lotti in gara, al fine di garantire la libera concorrenza, secondo quanto previsto dall’art. 51 del D.lgs. 50/2016.

4. Nel giudizio si è costituita la Camstsoc. coop. a r.l. Si è altresì costituita la stazione appaltante, Intercent-ER. Entrambe hanno chiesto la reiezione del gravame.

5. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 16 aprile 2020, secondo quanto previsto dall’art. 84 comma 5 del d.l. 18/2020.

6. Ritiene il Collegio che l’appello non sia fondato.

6.1. Il giudice di prime cure ha correttamente affrontato e risolto tutte le questioni giuridiche dedotte dalla ricorrente in primo grado, ponendo condivisibilmente l’accento sulle rilevanti differenze che hanno caratterizzato la gara in oggetto rispetto a quella condotta nella regione Veneto e vagliata dalla Sezione con sentenza n. 1491 del 2019, nonché correttamente declinato principi costantemente affermati dalla giurisprudenza in tema di “vincolo di aggiudicazione”.

6.2. L’unica statuizione sulla quale il collegio nutre dubbi è quella relativa al difetto di interesse a coltivare le censure avverso la mancata apposizione del vincolo di aggiudicazione, posto che come giustamente sottolineato dall’appellante, se il vincolo di aggiudicazione fosse stato posto (e quindi fosse stato, per l’effetto, inibita l’aggiudicazione di più lotti a Camstsoc. coop. a r.l.), l’essersi classificato al secondo posto nel lotto 3, sarebbe stato sufficiente per aggiudicarsi la gara. Siffatta considerazione tuttavia non sposta affatto le conclusioni sulla validità delle statuizioni finali del primo giudice, il quale, nonostante l’obiterdictumha comunque valutato nel “merito” le censure svolte dal ricorrente per poi respingerle in quanto “infondate”.

6.3. Venendo a tali statuizioni, la tesi dell’appellante può scindersi nelle seguenti tre componenti argomentative: 1.la gara in Veneto, già vagliata negativamente dal Consiglio di Stato, sarebbe, a differenza di quanto affermato in prime cure, del tutto soprapponibile a quella oggetto dell’odierno contenzioso, sicchè il precedente avrebbe dovuto incidere sulla valutazione di quest’ultima; 2. La ripartizione in quattro lotti sarebbe insufficiente avuto riguardo all’importo complessivo dei servizi messi a gara; 3. La mancata previsione di un vincolo di aggiudicazione avrebbe determinato una violazione dei principi di concorrenza e non discriminazione.

6.4. Sul primo punto, il Collegio fa proprie le considerazioni del giudice di prime cure in punto di differenze sostanziali delle due gare, e respinge le considerazioni dell’appellante secondo le quali la lex gara sarebbe “piegata” a decretare la vittoria dei due più grossi operatori che si contendono il mercato nella regione; considerazioni che, in assenza di documentati elementi e circostanziate argomentazioni, appaiono come mere illazioni, vieppiù in quanto provenienti da uno dei più grossi operatori nazionali (come lo stesso appellante si definisce) già gestore uscente del lotto 3.

6.5. Quanto alle due rimanenti questioni è sufficiente richiamare il disposto d. lgs. n. 50 del 2016, che all'art. 51 contempla due disposizioni, una prescrittiva e l’altra facoltativa. La prima, relativa ai lotti, prescrive che “1. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. ….. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese” (comma 1); la seconda facultizza le stazioni appaltanti a “limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare”.

6.6. Ebbene, quanto alla prima, il Collegio osserva, con il conforto della giurisprudenza prevalente,

che sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le Stazioni Appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie (Cons. Stato, sez. V, 11/01/2018, n.123; Sez. III, 12/02/2020, n. 1076) e derogabile, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669, Sez III, n. 1076/2020 cit.). Nel caso di specie la gara è stata suddivisa in quattro lotti e il quomodo della suddivisione non ha certamente impedito all’appellante di partecipare, indi l’amministrazione ha pedissequamente applicato il disposto di legge, senza derogarvi, pur potendo, in astratto, motivatamente farlo. Nessuna violazione di legge v’è stata.

6.7. Quando al secondo aspetto, la legge configura il cd vincolo di aggiudicazione quale mera facoltà (le stazione appaltanti “possono”, recita il comma 3 cit.), sicchè non si comprende per quali motivi e in che misura l’averne omessa la previsione possa ridondare in illegittimità stigmatizzabile dinanzi al giudice amministrativo. La stessa sentenza della Sezione, citata dall’appellante (n. 1491/2019 cit.), ribadisce il principio per il quale “la possibilità di stabilire un limite alla aggiudicazione di tutti i lotti di cui all’articolo 51 del codice dei contratti è una facoltà discrezionale il cui mancato esercizio non è – da solo e di per sé -- sintomo di illegittimità”. E’ pur vero che nella medesima sentenza si sottolinea, subito dopo, che in alcuni peculiari casi il difetto del vincolo di aggiudicazione può essere il sintomo di una gara sbilanciata a favore di determinate imprese, e tuttavia in quell’occasione la Sezione aveva acclarato che la “Centrale di committenza per la Regione Veneto aveva dato luogo alla formazione di un vero e proprio “mercato chiuso” di tutte le Aziende Sanitarie Locali della Regione, per un importo rilevantissimo e per un periodo prolungato..”. Circostanza che nel caso di specie, il collegio ritiene possa escludersi, giusto quanto sopra detto.

7. L’appello è pertanto respinto.

8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite sostenute in appello da Intercent-ER e da CamstSoc. Coop. a r.l., forfettariamente liquidate in €. 2.500, per ciascuna della parti, oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2020.

 

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

La sentenza in esame affronta contestualmente due importanti tematiche.

 In primis la pronuncia evidenzia come, nel settore degli appalti, il diritto, europeo e nazionale, abbia sempre considerato di peculiare importanza il rispetto del confronto competitivo tra tutti gli operatori economici: in tal modo microimprese, piccole e medie imprese possono partecipare alla gara.

 Inoltre si rammenta un ulteriore importante criterio: è sempre consentito alla stazione appaltante valutare discrezionalmente l’assunzione di decisioni rilevanti.

Quanto prospettato trova riscontro proprio nella disciplina di cui all’articolo 51 del Codice degli appalti.

Come è noto tale norma contiene due specifiche disposizioni: una prescrittiva e l’altra facoltativa.

La prima prevede che, con la finalità di favorire l’accesso delle suddette imprese al mercato, le stazioni appaltanti debbano suddividere gli stessi appalti in lotti funzionali ed in lotti prestazionali, come specificamente indicato, rispettivamente, idall’articolo 3, comma 1, lettera qq) e lettera ggggg) del citato codice.

Il secondo dettato fornisce la possibilità, alle suddette stazioni appaltanti, di decidere come, nell’ambito di una specifica attività discrezionale, possa essere limitato il numero di lotti da aggiudicare ad un solo offerente “a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare”.

Il supremo Consesso esamina dettagliatamente le sopra elencate disposizioni.

In relazione alla prima, di natura, come detto, prescrittiva, il Collegio ricorda come, anche alla luce di specifica giurisprudenza[1] , lo stesso dettato rappresenti sicuramente una norma finalizzata all’applicazione del favor partecipationis per  le predette imprese. Tuttavia , sempre secondo la Sezione, la disposizione non è necessariamente connotata da assoluta inviolabilità poiché, se si verificasse tale condizione, la medesima limiterebbe necessariamente la discrezionalità amministrativa.

Tale decisione, precisa tuttavia il Collegio, deve essere adeguatamente motivata, come del resto deve accadere per ogni scelta che l’amministrazione compie in merito all’adozione dei propri atti, in base ai noti principi della normativa sulla trasparenza amministrativa.

Peraltro il Consiglio di Stato rileva come, nel caso di specie, la stessa stazione appaltante non sia incorsa in alcuna violazione di legge. Infatti la procedura di suddivisione in quattro lotti della gara non ha impedito all’appellante di partecipare alla medesima procedura competitiva; ciò è dovuto al fatto che l’amministrazione ha applicato rigorosamente le disposizioni di legge, pur essendo la stessa in grado di potervi derogare motivatamente, come sopra ricordato.

Infine il Collegio sofferma l’attenzione sul modus operandi del “vincolo di aggiudicazione”. Secondo la Sezione la stazione appaltante è fornita, in relazione al predetto vincolo, di una vera e propria facoltà discrezionale, il cui mancato esercizio, ad opera proprio dell’amministrazione, non determinerebbe, in alcun modo, profili di illegittimità.

In conclusione il Consiglio di Stato rileva come un eventuale difetto del vincolo di destinazione potrebbe causare potenzialmente un “mercato chiuso” e, di conseguenza, creare le condizioni di una gara palesemente sbilanciata a favore di determinate imprese.

Tuttavia la Sezione, proprio in considerazione del proprio ragionamento, non accoglie tale argomento, prospettato dall’appellante, rigettando, di conseguenza, il ricorso di quest’ultimo.

 

[1] A tal proposito si cita la sentenza Cons. Stato 3 aprile 2018, n. 2044 la quale ha, tra l’altro, stabilito che” il principio della suddivisione in lotti…. non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili”. Peraltro, nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto che la motivazione dell’amministrazione sia stata “puntualmente enunciata”.