Consiglio di Stato, sez. V, 12 settembre 2019, n. 6148

1. La clausola sociale [art. 50 d.lgs. n. 50/2016] contenuta nel disciplinare di gara era (…) formulata in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario.
D’altra parte, solo se formulata in questi termini, la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885; III, 30 gennaio 2019, n. 750; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 gennaio 2019, n. 142; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 5 febbraio 2018, n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017, n. 2078; V 7 giugno 2016, n. 2433; III, 30 marzo 2016, n. 1255). E’ stato, così, escluso che una clausola sociale possa consentire alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l’applicazione di un dato contratto collettivo ai lavoratori e dipendenti da assorbire (cfr. Cons. Stato, sez. III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 1 marzo 2017, n. 932; III 9 dicembre 2015, n. 5597).

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 773 del 2019, proposto da
GSA - Gruppo Servizi Associati s.p.a. in proprio e in qualità di mandataria del R.t.i. con Colser s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Feroci, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Paolo Emilio, 32;

contro

Azienda Zero della Regione Veneto, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Luigi Garofalo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ruggero Fauro, 43;
Regione del Veneto, in persona del Presidente della Regione in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Ezio Zanon, Emanuele Mio e Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri, 5;
Azienda ULSS n. 2 Marca Trevigiana, Consiglio Regionale del Veneto, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Sicuritalia Group Service s.c.p.a. e Civis s.p.a., ciascuno in persona del proprio legale rappresentante, rappresentati e difesi dall'avvocato Domenico Gentile, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Virginio Orsini, 19;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 01115/2018, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Zero della Regione Veneto, di Sicuritalia Group Service s.c.p.a. e di Civis s.p.a. e della Regione del Veneto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Marco Feroci, Andrea Manzi, Domenico Gentile e, su delega dell'avv. Garofalo, Federica Scafarelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con bando pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 6 luglio 2017 Azienda Zero della Regione Veneto indiceva una procedura di gara per l’affidamento dei “servizi di vigilanza attiva e attività correlate e di guardiania a favore degli enti che operano nel territorio regionale del Veneto”, divisa in dieci lotti funzionali (da uno a cinque per il servizio di vigilanza e da sei a dieci per il servizio di guardiania) da affidarsi ognuno mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

1.1. Gli atti di gara prevedevano clausole sociali in conformità all’art. 50 d.lgs. 18 aprile 2018, n. 50; l’art. 14 “Salvaguardia dell’occupazione” dello schema di convenzione allegato al disciplinare di gara prescriveva che “nel rispetto di quanto previsto dagli Accordi Nazionali di Categoria e dagli accordi comunitari, in caso di cambio di gestione, si stabilisce l’obbligo per la ditta aggiudicataria di assorbire ed utilizzare prioritariamente nell’espletamento del servizio, qualora disponibili, i lavoratori che già erano adibiti quali soci lavoratovi o dipendenti del precedente aggiudicatario, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante (cfr. Parere Aut. Vig. sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture 13/3/2013 n. AG19/13 e 20/13). Rimane fermo che ciascuna impresa è libera di formulare l’offerta secondo le proprie strategie organizzative, nel rispetto degli obblighi derivanti dalle norme applicabili e del CCNL”.

Il Capitolato tecnico, all’art. 3, prevedeva, altresì, che: “la ditta aggiudicataria si obbliga ad attuare nei confronti dei lavoratori occupati nel servizio oggetto dell’appalto, condizioni normative e retributive non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro nazionali e locali applicabili alla data di aggiudicazione dell’appalto, nonché le condizioni risultanti dalle successive modifiche e integrazioni dei contratti collettivi che venissero successivamente stipulati”, nonché “la ditta si impegna ad osservare tutte le disposizioni derivanti dalla normativa vigente e dai contratti collettivi di lavoro e dagli eventuali accordi integrativi riguardanti l’utilizzazione e l’assunzione della mano d’opera, nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali”.

1.2. Proponeva domanda di partecipazione alla procedura, per i lotti 6, 7 e 8, relativi al servizio di guardiania, il R.t.i. – raggruppamento temporaneo di imprese con capogruppo GSA – Gruppo servizi associati s.p.a. e mandante Colser s.r.l., già affidataria del servizio di portineria presso le sedi dell’azienda U.L.S.S. di Treviso a far data dal 2003 e presso il Consiglio regionale del Veneto, che dichiarava di accettare la clausola sociale imposta dal disciplinare di gara e di voler applicare ai lavoratori, in caso di aggiudicazione del servizio, il CCNL Multiservizi.

1.3. La procedura di gara si concludeva, per i tre lotti richiamati, con la determinazione dirigenziale 2 maggio 2018, n. 139, di aggiudicazione definitiva a favore del R.t.i. con capogruppo Sicuritalia Group Service s.c.p.a. e mandante Civis s.p.a.; GSA si classificava al quarto posto per il lotto 6, al terzo per il 7 e seconda per il lotto 8.

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto GSA impugnava il predetto provvedimento di aggiudicazione definitiva domandone l’annullamento sulla base di quattro motivi.

2.1. La ricorrente riferiva di applicare il CCNL Multiservizi nell’esecuzione del servizio di portineria presso gli uffici della Regione Veneto (a tanto obbligata dalle clausole dei capitolati posti a base di gara di tali precedenti affidamenti) e che, nella formulazione della propria offerta, era stata costretta a dover calcolare il costo del lavoro in applicazione del medesimo contratto collettivo, giuste le clausole contenute negli atti di gara e la prescrizione in tal senso dell’art. 4 del predetto contratto collettivo, ma che, in questo modo, si era trovata svantaggiata rispetto alle altre imprese concorrenti che avevano calcolato il costo del lavoro applicando contratti collettivi di categoria meno onerosi del CCNL Multiservizi. Prova ne era che la sua offerta tecnica aveva ricevuto il miglior punteggio per tutti i lotti, salvo poi subire, in sede di esame dell’offerta economica, il sorpasso delle imprese concorrenti.

2.2. La ricorrente censurava, pertanto, la lex specialis di gara per non aver imposto l’adozione generalizzata, per tutti i lotti, del CCNL Multiservizi, e l’operato della Commissione giudicatrice per non aver premiato con un punteggio maggiore (ovvero per non aver ritenuto ammissibili solo) le offerte che prevedevano un costo del personale calcolato in applicazione del predetto contratto collettivo (primo motivo di ricorso); contestava, poi, il mancato rispetto della clausola sociale contenuta nell’art. 14 dello schema di convenzione e nell’art.3 del capitolato tecnico da parte della stazione appaltante (secondo motivo di ricorso), e nuovamente gli atti di gara (il bando e il disciplinare di gara) per mancata indicazione degli enti per i quali il servizio avrebbe dovuto essere prestato e degli enti aderenti allo schema di convenzione, come pure del contratto collettivo da applicare in sede di formulazione dell’offerta (terzo motivo); infine, oggetto di contestazione era il sub-procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte svolto per i lotti sei e otto per assenza di motivazione e perché le controinteressate avevano offerto un prezzo insufficiente a coprire il costo del lavoro dei dipendenti.

2.3. Si costituivano in giudizio la Regione Veneto a mezzo dell’avvocatura regionale e l’Azienda Zero della Regione Veneto, nonché, con unico difensore, Sicuritalia Group Service s.c.p.a. e Civis s.p.a.; il giudizio era concluso dalla sentenza sez. I, 4 dicembre 2018, n. 1115, di reiezione del ricorso e condanna della ricorrente alle spese del giudizio.

3. Propone appello GSA – Gruppo servizi associati in proprio e in qualità di capogruppo mandataria del R.t.i. con Colser s.r.l.; si sono costituite in giudizio Azienda Zero della Regione Veneto che ha proposto appello incidentale e Sicuritalia Group Service s.c.p.a.. GSA e Azienda Zero hanno depositato memorie ex art. 73 Cod. proc. amm., cui è seguita rituale replica di GSA. All’udienza del 6 giugno 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con appello incidentale Azienda Zero ha censurato i capi della sentenza di primo grado con cui erano respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio.

L’appello principale di GSA è però infondato e tanto esime dall’esame dei motivi dell’appello incidentale.

2. La sentenza di primo grado respingeva i motivi del ricorso proposto da GSA in base al seguente ragionamento:

- le censure di GSA si risolvono, in sostanza, nella pretesa di imporre a tutti gli operatori economici partecipanti alla procedura di gara l’applicazione del CCNL Multiservizi; senonché, tale pretesa contrasta con l’orientamento giurisprudenziale per il quale la scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative organizzative dell’imprenditore con il solo limite della coerenza con l’oggetto dell’appalto, per cui la stazione appaltante non può imporre l’applicazione di un CCNL e la scelta fatta da un concorrente di applicare un CCNL che consenta un forte abbattimento dei costi, e presentare, in questo modo, un’offerta più competitiva, rileva solo in sede di valutazione di congruità dell’offerta, ma non costituisce causa di non ammissibilità della stessa;

- l’imposizione di un determinato CCNL non può essere giustificata neppure dall’inserimento negli atti di gara di una clausola sociale, avendo la giurisprudenza ha da tempo chiarito che la clausola sociale non può essere intesa nel senso di imporre all’aggiudicatario subentrante di applicare un determinato CCNL, per essere, invece, rimessa alla sua libera determinazione la scelta del CCNL, che, pertanto, potrà anche essere diverso da quello applicato dal precedente contraente, semprechè siano salvaguardati i livelli retributivi dei lavoratori in modo adeguato e congruo;

- può dubitarsi della legittimità e della ragionevolezza, “ove vada in concreto a deprimere la capacità competitiva dell’impresa, senza arrecare alcun effettivo beneficio ai lavoratori”, di un vincolo all’applicazione del medesimo contratto collettivo ai lavoratori già impiegati per l’esecuzione dello stesso servizio in caso di aggiudicazione dell’appalto, come quello che il ricorrente ricaverebbe da talune clausole del CCNL Multiservizi;

- è infondata la doglianza concernente l’omessa indicazione degli enti per i quali il servizio avrebbe dovuto essere prestato poiché l’art. 1 del disciplinare di gara li individuava negli “Enti locali, Aziende sanitarie ed ospedaliere del territorio, Regione ed Enti regionali”;

- la stazione appaltante non era tenuta ad appurare che il costo medio orario offerto dalle controinteressate fosse compatibile con il costo indicato dalle apposite tabelle ministeriali, perché i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle non costituiscono parametro di ammissibilità dell’offerta, ma mero parametro di valutazione della congruità della stessa, con la conseguenza che l’eventuale scostamento dalle voci di costo contenute nelle tabelle non legittima, di per sé, un giudizio di anomalia o di incongruità, per essere necessario, affinchè si pervenga a tale conclusione, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.

2.1. Con il primo motivo di appello GSA censura la sentenza di primo grado per “Erroneità della sentenza impugnata in relazione all’applicazione degli artt. 23, comma 16, 30, 50, 95 e 97 del D.Lgs. n. 50/2016, in relazione all’applicazione dell’art. 70 della direttiva 2014/24/UE e in relazione all’applicazione della lex specialis di gara: in particolare, dell’art. 14) dello schema di convenzione e 3) del capitolato tecnico – violazione degli artt. 34 e 112 c.p.c. – Violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale – Difetto di motivazione”.

L’appellante ribadisce che l’offerta presentata era stata elaborata in coerenza con il vincolo imposto dall’art. 4 del CCNL Multiservizi – da essa applicato nell’esecuzione del medesimo servizio a gara per talune sedi della Regione Veneto – di assunzione dei lavoratori alle medesime condizioni economiche e contrattuali praticate dal precedente aggiudicatario nel convincimento che, nei casi in cui negli atti di gara sono presenti c.d. clausole sociali, la libertà dell’operatore economico concorrente, di scegliere il contratto collettivo da applicare al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture, di cui all’art. 30, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, è fortemente limitata, per garantire che il nuovo aggiudicatario mantenga le condizioni economiche e contrattuali già applicate al personale impiegato nelle medesime mansioni oggetto dell’appalto.

3. Il motivo è infondato.

3.1. L’art. 4 CCNL Multiservizi del 31 maggio 2011, che l’appellante stessa ha dichiarato di applicare ai suoi dipendenti nell’esecuzione dei contratti di appalto con la Regione Veneto in essere al momento della formulazione dell’offerta, non vincola – come sembra affermare l’appellante – alla sua applicazione anche l’imprenditore subentrante nel servizio, poiché, anzi, distingue esattamente il caso di “cessazione di appalto a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali” in cui il subentrante procede all’assunzione dei lavoratori senza periodo di prova (ferme le altre condizioni ivi indicate, vale a dire che i lavoratori impiegati risultino da documentazione probante risalente ad almeno quattro mesi prima della cessazione dell’appalto), dal caso di “cessazione di appalto con modificazione di termini, modalità e prestazioni contrattuali”, in cui è previsto un incontro tra impresa subentrante (anche se si tratta della stessa impresa gestore del servizio) e parti sindacali al fine di “armonizzare le mutate esigenze tecnico – organizzative dell’appalto con il mantenimento dei livelli occupazionali” (ed è aggiunto: “tenuto conto delle condizioni professionali e di utilizzo del personale impiegato”).

Solamente per il socio lavoratore, l’art. 4 prescrive un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal presente c.c.n.l. (sull’art. 4 CCNL Multiservizi, cfr. Cons. Stato, sez. III, 30 gennaio 2019, n. 726).

3.1.1. Occorre, peraltro, aggiungere che il Consiglio di Stato, nel parere reso in sede di Commissione speciale 21 novembre 2018, n. 2703, sulle Linee guida ANAC recanti la disciplina delle clausole sociali, si è occupato specificatamente della questione del vincolo all’assunzione dei lavoratori derivante da clausola contenuta in un contratto collettivo, precisando che “ove la successione tra imprese, ai fini sociali, sia già prevista dai CCNL cui aderiscono le imprese del settore, non vi sarà spazio alcuno per la clausola sociale inserita nel bando”, e questo perché “il contratto collettivo rappresenta un assetto complessivo dei rapporti di lavoro che le parti, ovvero i sindacati e le associazioni datoriali, hanno ritenuto conforme ai rispettivi interessi e, come tale, dal punto di vista del datore di lavoro, esso è parte dell’organizzazione di impresa da lui prescelta”.

Ancora più chiaramente è detto, al par. 7.1., “Ad avviso della Commissione, il rapporto fra la disciplina della clausola sociale in esame e clausole di analogo contenuto che possono essere contenute nei contratti collettivi va affrontato tenendo presente il principio più volte ricordato, per cui la clausola in questione va applicata nel rispetto del tipo di organizzazione aziendale prescelto dall’imprenditore subentrante. … 7.2. Ciò posto, sempre ad avviso della Commissione, la clausola sociale inserita in un bando di gara per iniziativa della stazione appaltante può essere efficace, nel suo assetto concreto, solo in via suppletiva, ovvero nel caso in cui l’imprenditore offerente non abbia sottoscritto alcun contratto collettivo… Viceversa, nel caso in cui l’interessato abbia sottoscritto un contratto collettivo che in materia dispone, i contenuti della clausola sociale che egli dovrà osservare saranno quelli previsti dal contratto collettivo stesso”.

3.1.2. In sostanza, le clausole del contratti collettivi che disciplinano il “cambio appalto” con l’obbligo del mantenimento dell’assetto occupazionale e delle medesime condizioni contrattuali ed economiche vincolano l’operatore economico, non già in qualità di precedente aggiudicatario, come prospettato dall’odierno appellante, ma solo se imprenditore appartenente ad associazione datoriale firmataria del contratto collettivo; a queste condizioni, infatti, la clausola, frutto dell’autonomia collettiva, ove più stringente, prevale anche, sulla clausola contenuta nel bando di gara. Di tale appartenenza l’appellante non riferisce nel motivo di appello.

3.2. Neppure le c.d. clausole sociali inserite all’interno degli atti di gara vincolavano l’aggiudicatario ad applicare il contratto collettivo del precedente aggiudicatario imponendo, al subentro nel contratto d’appalto, l’assorbimento e l’utilizzo nell’esecuzione dello stesso dei soci lavoratori e dei dipendenti del precedente aggiudicatario.

3.3. L’art. 14 dello schema di convenzione allegato al disciplinare di gara, già riportato nella parte in fatto, prevedeva “l’obbligo per la ditta aggiudicataria di assorbire ed utilizzare prioritariamente nell’espletamento del servizio, qualora disponibili, i lavoratori che già erano adibiti quali soci lavoratovi o dipendenti del precedente aggiudicatario”, ma con esplicita limitazione a che “…il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante (cfr. Parere Aut. Vig. sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture 13/3/2013 n. AG19/13 e 20/13)” nonché ulteriormente rimarcando che “Rimane fermo che ciascuna impresa è libera di formulare l’offerta secondo le proprie strategie organizzative, nel rispetto degli obblighi derivanti dalle norme applicabili e del CCNL”.

3.4. La clausola sociale contenuta nel disciplinare di gara era, dunque, formulata in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario.

D’altra parte, solo se formulata in questi termini, la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885; III, 30 gennaio 2019, n. 750; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 gennaio 2019, n. 142; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 5 febbraio 2018, n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017, n. 2078; V 7 giugno 2016, n. 2433; III, 30 marzo 2016, n. 1255).

E’ stato, così, escluso che una clausola sociale possa consentire alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l’applicazione di un dato contratto collettivo ai lavoratori e dipendenti da assorbire (cfr. Cons. Stato, sez. III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 1 marzo 2017, n. 932; III 9 dicembre 2015, n. 5597).

3.5. Infine, il vincolo prospettato dall’appellante non derivava neppure dall’art. 30, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; la norma, nell’imporre l’applicazione al personale impiegato nel servizio di un contratto collettivo (in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, nonché) “strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto”, intende riferirsi al contratto che meglio regola le prestazioni rese dalla categoria dei lavoratori impiegati nell’espletamento del servizio, e non a quello imposto dai vincoli e alle clausole sociali inserite negli atti di gara, come suggerito dall’appellante.

3.6. In conclusione, gli operatori economici partecipanti alla procedura di gara indetta dall’Azienda zero, ivi compresa naturalmente GSA, non erano tenuti ad applicare il CCNL Multiservizi nella formulazione dell’offerta, potendo, invece, scegliere il contratto collettivo ritenuto più adeguato alla propria organizzazione aziendale, e le clausole degli atti di gara, che tale scelta consentivano, erano pienamente legittime.

3.7. Occorre compiere a questo punto una precisazione imposta dal pressante richiamo dell’appellante al vincolo per il subentrante di garantire il medesimo trattamento economico e contrattuale già praticato ai lavoratori impiegati: la cognizione del giudice amministrativo, avendo ad oggetto esclusivamente la fase di scelta del contraente, si arresta necessariamente all’accertamento precedentemente compiuto sulla legittimità della clausola sociale inserita nel bando di gara; in che modo l’imprenditore subentrante dia seguito all’impegno assunto con la stazione appaltante di riassorbire i lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario (id est. come abbia rispettato la clausola sociale) attiene, infatti, alla fase di esecuzione del contratto, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro (cfr. Cons. Stato, sez. III, 29 gennaio 2019, n. 726; V, 15 dicembre 2016, n. 5311).

3.8. È certo, peraltro, che, al subentro nel contratto di appalto, si possono verificare due situazioni anche se, come sempre avverrà, l’aggiudicatario si sia impegnato al rispetto della clausola sociale e proprio in ragione del tenore necessariamente elastico con cui la clausola va formulata per garantire la libertà di organizzazione dell’impresa, vale a dire che l'impresa subentrante si impegni a garantire ai lavoratoti assorbiti parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali, ovvero che, per le mutate esigenze tecnico – organizzative, prospetti un mutamento anche delle condizioni economiche e contrattuali praticate ai lavoratori impiegati.

È per questa ragione che la giurisprudenza amministrativa ha chiaramente affermato che la clausola non comporta alcun obbligo per l'impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata, nonché alle medesime condizioni, il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria, ma solo che l’imprenditore subentrante salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo (cfr. Cons. Stato sez. III, 18 settembre 2018, n. 5444; III, 27 aprile 2018 n. 2569; V, 17 gennaio 2018 n. 272; V, 18 luglio 2017 n. 3554; III, 9 dicembre 2015 n. 5597).

3.9. In conclusione, l’obbligo di garantire ai lavoratori già impiegati le medesime condizioni contrattuali ed economiche non è assoluto né automatico.

La sentenza di primo grado, che a tali principi è coerente, merita, dunque, conferma.

4. Con il secondo motivo d’appello la sentenza di primo grado è censurata ancora una volta per “Erroneità della sentenza impugnata in relazione all’applicazione degli artt. 23, comma 16, 30, 50, 95 e 97 del D.Lgs. n. 50/2016, in relazione all’applicazione dell’art. 70 della direttiva 2014/24/UE e in relazione all’applicazione della lex specialis di gara: in particolare, dell’art. 14) dello schema di convenzione e 3) del capitolato tecnico – violazione degli artt. 34 e 112 c.p.c. – Violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale – Difetto di motivazione”.

4.1. L’appellante assume che il giudice di primo grado, escludendo la necessità per la stazione appaltante di apprezzare il costo del lavoro offerto dagli operatori economici come requisito di ammissibilità dell’offerta, abbia erroneamente interpretato il motivo di ricorso proposto; spiega, infatti, di aver inteso affermare che le offerte delle controinteressate non sarebbero dovute essere ammesse poiché non conformi alle condizioni contrattuali e retributive previste dal CCNL Multiservizi.

4.2. Ribadisce, poi, che la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere le offerte degli operatori economici ove il calcolo del costo del lavoro era effettuato secondo il diverso CCNL “servizi fiduciari”, perché portanti un costo del lavoro inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle ministeriali di cui all’art. 23, comma 16, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

5. Il motivo è infondato.

5.1. Sono state esposte in precedenza le ragioni per le quali gli operatori economici non erano tenuti ad applicare il CCNL Multiservizi ai lavoratori impiegati nell’espletamento del servizio; la conseguenza inevitabile è l’ammissibilità delle offerte che abbiano fatto applicazione di altri CCNL, purchè coerenti con l’attività oggetto dell’appalto da affidare, come, nel caso in esame il CCNL “Servizi fiduciari”. La prima censura è, per questo motivo, da respingere.

5.2. Da respingere, però, è anche la seconda censura.

L’appellante ha dato prova della maggiore onerosità del costo orario derivante dall’applicazione del CCNL Multiservizi rispetto a quello derivante dal CCNL Servizi fiduciari, e, di seguito, dello scostamento rispetto alle tabelle ministeriali (d.m. 13 febbraio 2014) del settore “Pulizia e Multiservizi”, laddove, invece, per le considerazioni in precedenza svolte, avrebbe assunto rilevanza, piuttosto, lo scostamento dalla tabelle ministeriali (d.m. 21 marzo 2016) del “settore vigilanza privata e servizi fiduciari”.

Ad ogni buon conto, è sufficiente richiamare, per superare ogni contestazione, l’orientamento giurisprudenziale per il quale i costi medi della manodopera, indicati nella tabelle ministeriali, non costituiscono parametro assoluto ed inderogabile di ammissibilità dell’offerta, ma sono parametro di valutazione dell’offerta, per essere comunque rimesso alla stazione appaltante giudicare della sua congruità, pur in presenza di scostamento dalle predette tabelle (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 febbraio 2019, n. 1097, V, 18 febbraio 2019, n. 1099; V, 28 gennaio 2019, n. 690; III, 4 gennaio 2019, n. 90; V, 26 novembre 2018, n. 6689; V, 2 agosto 2018, n. 4785).

5.3. Sebbene, dunque, le offerte delle controinteressate prevedessero un costo medio orario del lavoro inferiore a quello previsto dalle tabelle ministeriali elaborate per il settore “Servizi fiduciari”, ciò non avrebbe potuto comportare l’esclusione dell’operatore dalla procedura; la sentenza di primo grado, dunque, merita conferma.

6. Il terzo e il quarto motivo di appello possono essere congiuntamente esaminati.

Con il terzo motivo di appello è contestata la sentenza di primo grado per “violazione degli artt. 34, 30, 40, 43 c.p.a. e 112 c.p.a. e per violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale – difetto di motivazione”, con il quarto, invece, per “violazione dell’art. 112 c.p.c. e per violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale – difetto di motivazione – erroneità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 23, comma 16, 30, 50, 95 e 97 del D. Lgs. 50/2016 e in relazione all’applicazione dell’art. 70 della direttiva 2014/24/UE ed in relazione all’applicazione della lex specialis di gara: in particolare, dell’art. 14) dello schema di convenzione 3) del capitolato tecnico”.

6.1. GSA si duole che il giudice di primo grado abbia ritenuto inammissibile, in quanto proposto solo con memoria difensiva depositata in corso di causa (precisamente, il 29 ottobre 2018), il motivo di contestazione dell’operato della stazione appaltante per non aver verificato se il CCNL che le altre imprese avevano dichiarato di voler applicare ai lavoratori fosse sufficiente a garantire una retribuzione proporzionata.

6.2. Precisa l’appellante di essersi limitata a sviluppare, con la memoria difensiva, censure già svolte nel ricorso introduttivo del giudizio, sia in punto di fatto, che nei successivi motivi di diritto, e, in particolare, nel primo motivo di ricorso (ove era oggetto di contestazione l’attribuzione di un punteggio più alto per l’offerta economica di imprese che avevano previsto minor tutele per i lavoratori con una paga base di circa il 30% più bassa) e nel secondo motivo (ove, unitamente all’inammissibilità delle offerte, era oggetto di doglianza anche la decisione di non attribuire un punteggio più alto alle sole offerte con un costo del personale conforme alle condizioni contrattuali e retributive del CCNL).

6.3. Nel quarto motivo, però, la stessa contestazione è riproposta quale autonoma censura sulla quale sarebbe mancata pronuncia da parte del giudice di primo grado; era richiesto al giudice, sostiene l’appellante, di accertare l’illegittimità dell’ammissione alla procedura di offerte economiche con costo del lavoro di circa il 30% più bassi rispetto a quelli derivanti dall’applicazione del CCNL Multiservizi.

7. I motivi, unitariamente considerati, sono inammissibili, oltre che infondati.

7.1. Il giudice di primo grado ha dichiarato irricevibile, in quanto tardivamente proposto, oltre che inammissibile, perché non veicolata tramite motivi aggiunti, il motivo di ricorso contenuto nella memoria del 29 ottobre 2018; censura così riportata in sintesi dal giudice: “…per la quale la stazione appaltante avrebbe omesso di verificare se il CCNL indicato dalle altre ditte concorrenti nelle rispettive offerte fosse sufficiente a garantire una retribuzione proporzionale (rectius: proporzionata) ai lavoratori”; l’appellante assume che con la memoria del 29 ottobre non aveva inteso proporre una nuova censura, ma articolare argomentazioni difensive a sostegno delle censure proposte.

7.2. L’esame della memoria del 29 ottobre 2018 conferma quanto affermato dall’appellante: il riferimento alla necessità che gli operatori economici prevedessero nelle proprie offerte una retribuzione proporzionata per i lavoratori impiegati non costituiva autonomo motivo di ricorso ma semplice deduzione difensiva; più esattamente, la stessa era spesa nell’ambito del richiamo ad una sentenza del giudice del lavoro (la Corte d’appello di Milano) che aveva dichiarato la paga oraria prevista dal CCNL Servizi fiduciari insufficiente a garantire una retribuzione proporzionata ex art. 36 Cost. ai lavoratori di istituti ed imprese di vigilanza privata.

7.3. Così più esattamente ricostruita l’argomentazione proposta da GSA, ne segue la sola correzione della sentenza e non anche la riforma poiché resta assorbita dalle considerazioni svolte nell’esame dei motivi di ricorso ed ora dei motivi di appello: la scelta del CCNL nell’elaborazione del costo del lavoro in offerta è rimessa alla libertà dell’operatore economico, la stazione appaltante si occupa del costo del lavoro indicato in offerta per valutarne la congruità in presenza di scostamenti dalle tabelle ministeriali; resta fermo, però, a carico dell’operatore economico, nella sua veste di datore di lavoro, la corresponsione di una retribuzione proporzionata all’entità e alla durata dell’attività in concreto svolta dal prestatore di lavoro.

Si tratta di un accertamento da compiersi necessariamente in concreto, poiché i minimi retributivi previsti dai contratti collettivi – quali che siano quelli che l’operatore economico ritenga di applicare – si presumono idonei a garantire una retribuzione proporzionata ex art. 36 Cost..

8. Con l’ultimo motivo di appello GSA contesta la sentenza di primo grado per “violazione e falsa applicazione dell’art. 120, comma 11-bis, D.Lgs. 104/2010 – difetto di motivazione – difetto di istruttoria, travisamento del fatto, illogicità”.

Si duole l’appellante che il giudice di primo grado abbia dichiarato inammissibile per carenza delle condizioni previste per il ricorso cumulativo ai sensi dell’art. 120, comma 11-bis Cod. proc.amm., il quarto motivo di ricorso diretto a contestare la verifica di congruità operata dalla stazione appaltante.

8.1. Il giudice di primo grado riteneva, in effetti, il motivo di ricorso inammissibile perché rivolto a censurare esclusivamente le verifiche di anomalia svolte in relazione ai lotti sei ed otto e non anche quanto al lotto sette che pure era stato oggetto di impugnazione, in contrasto con la regola per la quale il ricorso cumulativo è ammissibile solo se, nel caso di presentazione di offerte per più lotti, sono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto; per il principio utile per inutile non vitiatur il giudice di primo grado escludeva che l’inammissibilità del singolo motivo di ricorso potesse estendersi all’intero ricorso introduttivo del giudizio.

8.2. L’appellante sostiene che la verifica di anomalia dell’offerta – e con essa il motivo rivolto a censurarne gli esiti – non poteva essere considerata quale segmento procedurale autonomo, perché fase solo eventuale ed in quanto censurato per avere l’offerente applicato un contratto collettivo non coerente con l’oggetto dell’affidamento e con i documenti in gara; ne segue, nella ricostruzione dell’appellante, che anche il motivo di contestazione sull’anomalia era riconducibile alla questione di fondo posta dal ricorso, comune, in sostanza, a tutti i lotti nei quali era articolata la procedura di gara.

9. Il motivo è infondato.

9.1. L’appellante tenta di dimostrare di aver inteso far valere anche per il lotto sette il medesimo motivo di critica del giudizio di anomalia svolto dalla stazione appaltante incentrato, peraltro, sulla medesima questione – l’inapplicabilità del contratto “Servizi fiduciari” – sollevata con gli altri motivi di ricorso, pacificamente comuni a tutti i lotti e a tutte le controinteressate.

9.2. Senonchè la semplice lettura del quarto motivo del ricorso di primo grado dimostra l’infondatezza dell’assunto; la ricorrente ha inteso proporre uno specifico motivo di ricorso volto a contestare le modalità con le quali la stazione appaltante aveva svolto il giudizio di anomalia delle offerte ma solo in relazione ad alcune e non a tutte le offerte presentate nei vari lotti.

10. In conclusione, l’appello è infondato e la sentenza di primo grado merita di essere integralmente confermata.

11. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna GSA s.p.a. al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi € 6.000,00, oltre accessori e spese come per legge, a favore di Azienda Zero della Regione Veneto e di Sicuritalia s.c.p.a..

Compensa le spese del presente grado di giudizio con le altre parti in causa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

L’art. 50 del D.lgs. 50/2016 stabilisce che “Per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. I servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto”.

L’art. 30 comma 3 dello stesso Decreto prevede che “Nell’esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X”. Il successivo comma 4 precisa che “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.

Il quesito affrontato dal CDS è il seguente: la clausola sociale, in base alla quale l’aggiudicatario si impegna a garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato nell’esecuzione dell’appalto, obbliga il medesimo aggiudicatario anche ad applicare un determinato CCNL, oppure la scelta di quest’ultimo è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante?

Il CDS ha applicato il seguente principio: quando la clausola sociale non viene formulata nel bando in maniera rigida, nel senso che essa lascia i concorrenti liberi di decidere quale CCNL applicare, resta ferma, in capo agli stessi, la facoltà di individuare il CCNL da utilizzare per l’esecuzione dell’appalto. Pertanto, tutto dipende da come la medesima clausola è stata strutturata negli atti di gara.

Si tratta di verificare se la soluzione adottata dal CDS può considerarsi effettivamente corretta.

Anzitutto, occorre fare un esame combinato dell’art. 50 e dell’art. 30 comma 4.

L’art. 50, quanto meno nella sua formulazione letterale, pone la clausola sociale in diretto collegamento con l’obbligo di rispettare i CCNL previsti dal D.lgs. 81/2015: “specifiche clausole sociali … prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”. La clausola sociale può essere attuata solo nella misura in cui venga applicato il CCNL previsto dal D.lgs. 81/2015.

Ciò posto, sarà poi il concorrente a scegliere, in base all’autonomia ad egli riconosciuta dall’art. 30 comma 4, il CCNL da applicare: potrebbe accedere che il CCNL stipulato dalle associazioni sindacali comparative più rappresentative sul piano nazionale non preveda sufficienti meccanismi di tutela della stabilità del personale occupato e che invece tali meccanismi siano più efficacemente previsti dal CCNL più connesso all’attività oggetto dell’appalto. In tal caso, il concorrente che scelga di applicare il CCNL stipulato dalle associazioni più rappresentative non rispetterà la clausola sociale mentre il concorrente il quale scelga di applicare il CCNL più vicino all’oggetto dell’appalto (anche se non sottoscritto dalle predette associazioni) sarà colui che dimostrerà alla stazione appaltante di rispettare la clausola sociale.

Pertanto l’offerta fatta dal secondo concorrente dovrebbe essere scelta con preferenza rispetto alla prima.

Di conseguenza, la scelta del CCNL dovrà essere fatta, da parte dell’appaltatore, valutando se tale CCNL tuteli effettivamente o meno la stabilità occupazionale.

E che tale tutela dipenda pressochè esclusivamente dalla scelta del singolo concorrente, lo evidenzia anche lo stesso D.lgs. 81/2015 – richiamato dall’art. 50 del D.lgs. 50/2016 – il quale, all’art. 31, prevede che “Salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore, il numero dei lavoratori somministrati con contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato non può eccedere il 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del predetto contratto”. Cosa si deduce da questo? Che il concorrente, il quale intenda utilizzare per l’esecuzione dell’appalto la tipologia del contratto di somministrazione di lavoro, dovrà necessariamente scegliere (se sussiste ovviamente) un CCNL che modifichi in senso ampliativo la suddetta percentuale: in tal modo egli sarà preferito rispetto ad un altro concorrente il quale, pur utilizzando la medesima tipologia contrattuale, abbia dichiarato di applicare un CCNL che, invece, non contempla un tale ampliamento della percentuale o che addirittura ne prevede un abbassamento.

Allo stesso modo, l’art. 24 del D.lgs. 81/2015 stabilisce che “Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine”. Potrebbe accadere che il CCNL stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative non preveda tale diritto di precedenza e che invece tale diritto sia contemplato dal CCNL con oggetto più vicino a quello oggetto dell’appalto: in tal caso, il concorrente il quale scelga il secondo CCNL verrà considerato dalla stazione appaltante come colui che rispetta la clausola sociale, mentre il concorrente il quale abbia dichiarato di applicare il primo CCNL verrà considerato come colui che ha violato la clausola sociale.

Di conseguenza, per tornare alla fattispecie oggetto della sentenza in commento (ossia il caso in cui il bando, nel prevedere la clausola sociale, abbia lasciato i concorrenti liberi di decidere quale CCNL applicare), il concorrente, nell’esercitare tale libertà, dovrà comunque tenere conto, anche in base alle norme contenute nel D.lgs. 81/2015, che per rispettare la clausola sociale egli dovrà necessariamente scegliere quel CCNL il quale dia ai propri dipendenti maggiori garanzie di stabilità rispetto ad un altro CCNL che invece non contempli un tale meccanismo.

La libertà lasciata dal bando di gara non dovrebbe essere scambiata per assoluta discrezionalità: la clausola sociale costituisce comunque un vincolo, e quindi la suddetta libertà va interpretata non nel senso di potere incondizionato di applicare un CCNL che non preveda il benchè minimo strumento di tutela della stabilità del personale, bensì come una sorta di “messa alla prova da parte della stazione appaltante”, la quale ai concorrenti sostanzialmente dice (nel bando di gara):

1) avete a disposizione diversi CCNL;  

2) tenete conto che c’è una clausola sociale da rispettare

3) vedete voi quale CCNL applicare

Pertanto, a parere di chi scrive, non appare possibile – come sembra fare il CDS – slegare la libertà di scelta del CCNL dall’obbligo di tutela della clausola sociale. Non appare possibile perché è una libera scelta solo in apparenza: il concorrente può anche scegliere di applicare un CCNL che non preveda nessuna stabilizzazione del personale dipendente (e quindi un contratto per lui più vantaggioso in termini economici), ma deve sapere che, così facendo, non rispetterà la clausola sociale e che pertanto la sua offerta sarà destinata ad essere scartata a preferenza di quella fatta da un concorrente il quale invece abbia operato un altro tipo di scelta. Nel caso di specie l’appellante sosteneva proprio questo: “nei casi in cui negli atti di gara sono presenti c.d. clausole sociali, la libertà dell’operatore economico concorrente, di scegliere il contratto collettivo da applicare al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture, di cui all’art. 30, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, è fortemente limitata, per garantire che il nuovo aggiudicatario mantenga le condizioni economiche e contrattuali già applicate al personale impiegato nelle medesime mansioni oggetto dell’appalto

Il CDS, invece, sostiene quanto segue: “l’imposizione di un determinato CCNL non può essere giustificata neppure dall’inserimento negli atti di gara di una clausola sociale, avendo la giurisprudenza ha da tempo chiarito che la clausola sociale non può essere intesa nel senso di imporre all’aggiudicatario subentrante di applicare un determinato CCNL, per essere, invece, rimessa alla sua libera determinazione la scelta del CCNL, che, pertanto, potrà anche essere diverso da quello applicato dal precedente contraente”;

la scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative organizzative dell’imprenditore con il solo limite della coerenza con l’oggetto dell’appalto, per cui la stazione appaltante non può imporre l’applicazione di un CCNL e la scelta fatta da un concorrente di applicare un CCNL che consenta un forte abbattimento dei costi, e presentare, in questo modo, un’offerta più competitiva, rileva solo in sede di valutazione di congruità dell’offerta, ma non costituisce causa di non ammissibilità della stessa”.

La critica che chi scrive sente di dover fare al ragionamento del CDS è questa: se l’attuazione della clausola sociale passa attraverso l’applicazione dei CCNL (art. 50 del D.lgs. 50/2016)  e se i concorrenti sono liberi di scegliere tra due tipologie di CCNL (ossia o quello stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative oppure quello più vicino all’oggetto dell’appalto, ex art. 30 comma 4 del D.lgs. cit.), il fatto che il bando di gara preveda la clausola sociale senza prevedere il tipo di CCNL da applicare nulla toglie all’obbligo dei concorrenti di prediligere il contratto che meglio garantisca l’applicazione della suddetta clausola.

Se, invece, si afferma – come fa il CDS - che il rapporto tra clausola sociale e CCNL è un rapporto di reciproca indipendenza, nel senso che i concorrenti possono tranquillamente scegliere un CCNL che non consente di attuare la clausola sociale, si svuota di significato la norma contenuta nell’art. 50 del D.lgs. 50/2016 ed anche la rilevanza stessa della clausola, una rilevanza che è invece fortemente presente nella Direttiva 24/2014, la quale prevede:

Parimenti, durante l’esecuzione di un appalto dovrebbero essere applicati gli obblighi derivanti da accordi internazionali ratificati da tutti gli Stati membri ed elencati nell’allegato X. Tuttavia, ciò non dovrebbe in alcun modo impedire l’applicazione di condizioni di lavoro e di occupazione che siano più favorevoli ai lavoratori” (art. 37 delle Premesse). In base alla Direttiva l’allegato X – Elenco delle Convenzioni internazionali in materia sociale ed ambientale – potrebbe addirittura essere superato da parte degli Stati membri mediante l’applicazione di normative nazionali ancor più tutelanti per la stabilizzazione dei dipendenti dell’appaltatore: un aspetto (non proprio secondario) di cui il CDS non pare tenere conto.