Corte di Giustizia UE, Sezione Prima, 21 marzo 2019, C-702/17

Il diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico, letto alla luce del principio della certezza del diritto, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, che modifica le norme di riferimento per il calcolo del rimborso al quale i titolari di concessioni di distribuzione di gas naturale rilasciate in assenza di una procedura di gara hanno diritto a seguito della cessazione anticipata di tali concessioni ai fini di una loro nuova assegnazione mediante gara.

La domanda di pronuncia pregiudiziale oggetto della sentenza in commento verte sull’interpretazione del diritto dell’Unione Europea in materia di concessioni di servizio pubblico, con particolare riferimento al graduale percorso di apertura del settore energetico del gas naturale al libero mercato.

In particolare, la questione interpretativa trae origine da una controversia avente ad oggetto – tra l’altro - i criteri per la determinazione del valore di rimborso spettante ai gestori del servizio di distribuzione del gas naturale, le cui concessioni siano oggetto di cessazione anticipata ex lege, in vista del successivo affidamento con procedura di gara.

Il caso

Il giudizio di primo grado – giunto in appello a seguito di sentenza di rigetto – veniva promosso da un distributore di gas naturale che agiva in giudizio chiedendo l’annullamento di due decreti ministeriali, concernenti – rispettivamente – l’approvazione delle “linee guida su criteri e modalità applicative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale” ed i criteri di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale.

La società ricorrente, in qualità di gestore del servizio pubblico in virtù di concessione oggetto di cessazione anticipata ex lege, si assumeva lesa dai criteri per la determinazione del valore di rimborso ad essa spettante, come introdotti dai provvedimenti impugnati, modificativi di una precedente legislazione di maggior favore.

Invero, i decreti impugnati hanno rideterminato il valore del rimborso al duplice fine di facilitare lo svolgimento delle gare e di ridurre i costi per gli enti locali e per le imprese, queste ultime gravate proprio dell’onere di corrispondere le somme all’impresa uscente.

Le linee guida hanno dunque stabilito nuovi criteri di determinazione rispetto al quadro precedentemente delineato, limitando – tra l’altro - la possibilità di ricorrere a pattuizioni contrattuali in relazione al valore dei predetti rimborsi.

In virtù delle intervenute linee guida, dunque, la società ricorrente assumeva di ritrovarsi retroattivamente privata della possibilità di fare riferimento alla disciplina di maggior favore per il calcolo del rimborso, con lesione del principio di certezza del diritto e dei diritti quesiti.

Respinta la domanda nel primo grado di giudizio, la società proponeva appello.

Il Consiglio di Stato – rilevata la sussistenza di un potenziale conflitto tra la normativa europea concernente l’apertura dei mercati dell’energia e i principi fondamentali del diritto, riconosciuti come tali sia in ambito nazionale che sovranazionale – rimetteva la questione alla Corte di Giustizia UE, affinchè sciogliesse il nodo interpretativo.

In particolare, chiedeva alla Corte di Giustizia di stabilire se i principi generali relativi all’apertura del mercato di distribuzione del gas ostino ad una normativa nazionale che prevede l’applicazione retroattiva dei criteri di determinazione dell’entità dei rimborsi spettanti agli ex concessionari, anche incidendo sui pregressi rapporti negoziali. Chiedeva, inoltre, se tale applicazione retroattiva possa dirsi giustificata alla luce del principio di proporzionalità, nonchè dalla necessità di tutelare altri interessi pubblici di rilevanza europea, quali l’esigenza di consentire una migliore tutela dell’assetto concorrenziale del mercato di riferimento e di assicurare una maggiore protezione degli utenti del servizio, che potrebbero subire indirettamente gli effetti di un eventuale maggiorazione sulle somme spettanti agli ex concessionari.

 

Il quadro normativo europeo

La Corte di Giustizia, nella sentenza in commento, individua la normativa europea rilevante per la risoluzione della questione pregiudiziale nella direttiva 2009/73/CE, concernente “Norme comuni per il mercato interno del gas”, finalizzata all’apertura del settore dell’energia al libero mercato.

La direttiva si propone di creare un mercato unico europeo e intensificare gli scambi transfrontalieri, in modo da conseguire una maggiore efficienza del servizio, prezzi competitivi ed elevati livelli qualitativi di servizio, anche sotto il profilo della sicurezza degli approvvigionamenti e dello sviluppo sostenibile. 

La disciplina europea finalizzata alla realizzazione del mercato unico dell’energia è racchiusa in diversi “pacchetti energia” che hanno man mano posto obiettivi sempre più ambiziosi di liberalizzazione del settore energetico.

Con il primo “pacchetto”, emanato negli anni 1996-1998, sono state poste le basi per la creazione del mercato interno, attraverso il riconoscimento della libertà di accesso alla rete da parte delle imprese e – parallelamente – della libertà di scelta degli operatori da parte dei consumatori.

Il secondo “pacchetto”, adottato negli anni 2003-2005, mirava a realizzare la separazione delle reti dal sistema di gestione e distribuzione, frammentando le varie fasi di proprietà della rete/produzione/distribuzione del servizio. Rendeva inoltre obbligatoria l'istituzione di un regolatore indipendente del settore energetico in tutti i paesi membri, al fine di tutelare i consumatori, di assicurare l’accesso al mercato a privati e imprese e di garantire un livello minimo di armonizzazione della normativa nazionale nel settore.

Il terzo “pacchetto”, adottato nel 2009, mira a rafforzare ulteriormente la separazione tra gli operatori nel settore del commercio dell'energia e i gestori delle reti, al fine di favorire il completamento dell'integrazione del mercato (cd. unbundling).

In tale contesto si inserisce la richiamata direttiva 2009/73/CE, il cui articolo 24 prevede che “Gli Stati membri designano o impongono alle imprese che possiedono o sono responsabili dei sistemi di distribuzione di designare, per un periodo di tempo da determinarsi da parte degli Stati membri tenuto conto di considerazioni di efficienza ed equilibrio economico, uno o più gestori del sistema di distribuzione”.

La normativa nazionale e i dubbi sollevati dal Consiglio di Sato

Nel richiamato contesto europeo, l’Italia si è avviata verso la liberalizzazione del mercato energetico adeguando la propria normativa nazionale di pari passo con i richiamati pacchetti energia, allineandosi agli obiettivi fissati dall’Unione.

All’evoluzione delle direttive europee è conseguita una normativa nazionale di recepimento connotata da aggiustamenti progressivi, che ha creato taluni problemi di diritto intertemporale e di tutela delle posizioni soggettive in essere.

In particolare, il decreto legislativo n.164 del 2000 (conosciuto come “decreto Letta”), di attuazione del primo pacchetto energia, ha disciplinato tutto il settore del gas naturale, delineando il regime di transizione finalizzato alla liberalizzazione e all’apertura del mercato.

Proprio al fine di abolire il previgente regime monopolistico, la normativa nazionale disponeva la progressiva cessazione dei distributori in essere, in vista del successivo affidamento con concessione a seguito di procedura di gara.

In particolare, la norma individuava un periodo transitorio nel caso in cui i distributori in essere non fossero soggetti ad un termine di scadenza della relativa concessione, ovvero qualora questo fosse superiore al periodo transitorio stesso. In tali ipotesi la norma stabiliva che ai titolari degli affidamenti e delle concessioni era riconosciuto un rimborso a carico del nuovo gestore individuato a seguito di gara, calcolato nel rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni e nei contratti. Quanto alle modalità di computo del riscatto, la norma richiedeva di considerare il valore industriale dell’impianto e i materiali mobili ed immobili che ne facevano parte.

Tale impianto normativo è stato poi oggetto di modifiche di pari passo all’introduzione delle nuove direttive. Il legislatore nazionale, al fine di semplificare le procedure di gara e di assicurare la più ampia partecipazione di concorrenti, ha scelto di demandare al Ministero dello Sviluppo Economico il compito di emanare delle linee guida volte stabilire in maniera certa e uniforme i criteri per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale, nonché le modalità operative di svolgimento dei successivi affidamenti.

In sintesi, le modalità di determinazione del valore di rimborso delineate dal d.lgs. n. 164/2000, in occasione del recepimento delle prime direttive europee, sono state oggetto di progressivi aggiustamenti con il susseguirsi della normativa sovranazionale, avendo il legislatore: previsto l’emanazione di linee guida; abbandonato il riferimento ai precedenti criteri di legge e limitato la prevalenza della volontà contrattuale.

Le ragioni di tale evoluzione sono rinvenibili anche negli obiettivi specificamente enunciati nelle menzionate norme primarie, tra cui, in particolare, assicurare una maggiore concorrenza, anche nell’accesso alle gare, garantire i livelli minimi di qualità dei servizi essenziali e la tutela dei consumatori, mediante la riduzione dei costi per enti locali e imprese.

In tale mutato panorama, è chiaro che i criteri pattizi avrebbero comportato una sovrastima del rimborso, con l’effetto di disincentivare le imprese alla partecipazione alla gara, creando una barriera in grado di incidere in maniera sostanziale sui costi a carico del nuovo gestore aggiudicatario.

D’altra parte - osserva il Consiglio di Stato - la modifica retroattiva delle norme di riferimento per il calcolo del rimborso al quale i titolari di concessioni di distribuzione rilasciata in assenza di procedura di gara hanno diritto, a seguito di cessazione anticipata, andrebbe ad incidere sul principio di certezza del diritto, pregiudicando il legittimo affidamento dei soggetti uscenti.

Su punto, il giudice nazionale ricorda che il principio di certezza del diritto e la tutela del legittimo affidamento degli operatori – principi propri di molti ordinamenti nazionali - hanno trovato riconoscimento anche a livello sovranazionale, nelle molte sentenze della Corte di Giustizia in tema di applicazione del diritto europeo, specie nel contesto di periodi transitori propedeutici all’apertura dei mercati.  

La certezza del diritto, pertanto, rientra senz’altro tra i principi ai quali l'ordinamento europeo affida la interpretazione dei contenuti e della forza degli atti comunitari nei confronti degli ordinamenti interni.

La stessa Corte di Giustizia tende a riconoscere, nel richiamo alla certezza, l'elemento in grado di svolgere un ruolo di rafforzamento della integrazione degli ordinamenti nazionali nel più ampio contesto dell'Unione europea.

Risposta al quesito

In risposta al quesito, la Corte di Giustizia UE si esprime valutando la compatibilità della normativa nazionale, sia in relazione al rispetto della direttiva europea 2009/73/CE, che in relazione al principio di certezza del diritto.

Sotto il primo profilo, infatti, la Corte rileva che la normativa nazionale si inserisce nelle ampie maglie della direttiva, che fa riferimento esclusivamente ad “adeguate misure”, individuando obiettivi primari di adeguamento, tra cui: l’apertura del mercato, il raggiungimento di elevati standard qualitativi nella fruizione del servizio, l’ottimizzazione dell’uso delle risorse, nonché la cooperazione e integrazione tra i mercati regionali e nazionali.

In particolare, l’articolo 24 della citata Direttiva, relativo alla designazione dei gestori e del sistema di distribuzione, si limita a stabilire che gli Stati membri dovranno designare o imporre alle imprese che possiedono o sono responsabili dei sistemi di distribuzione di designare uno o più gestori dei sistemi di distribuzione. Null’altro aggiunge circa le modalità operative e la transizione al nuovo sistema, lasciando ampia discrezionalità allo Stato.

In tale contesto, la normativa nazionale si è inserita stabilendo che i titolari di una concessione in essere, rilasciata senza il preventivo svolgimento di una gara, cesseranno dalle proprie funzioni previo riconoscimento di un rimborso gravante sull’aggiudicatario.

A parere della Corte di Giustizia, tale impianto normativo e la conseguente ridiscussione delle concessioni in essere è solo in parte conseguenza del recepimento delle direttive europee in materia di liberalizzazione del mercato del gas naturale.

La lesione del legittimo affidamento dei titolari di concessione in essere – ove sussistente – non dipende dalla normativa europea, bensì discende dai decreti ministeriali impugnati dal ricorrente nel procedimento principale, che sono frutto delle scelte operate dallo Stato nell’esercizio delle proprie competenze attuative.

Sotto il profilo della certezza del diritto dunque, nonostante le aperture alla valorizzazione di principi generali dell’ordinamento comuni alle tradizioni giuridiche dei Paesi membri, la Corte di Giustizia sceglie di limitare la propria sfera di intervento, precisando che tale principio si impone in forza del diritto dell’Unione a qualsiasi autorità nazionale, solo nei limiti in cui quest’ultima è chiamata a fare applicazione del diritto europeo.

La Corte, pertanto, conclude nel senso di ritenere che le questioni sollevate dal giudice nazionale non attengono nè assumono rilevanza in termini di violazione o errata applicazione della normativa e dei principi di matrice sovranazionale, ma afferiscono alla semplice applicazione di quel diritto nell’ordinamento nazionale.

Considerazioni conclusive

In conclusione, la Corte di Giustizia UE non si è dimostrata sensibile ai sollevati problemi di certezza del diritto, intesa come chiarezza dei rapporti sociali, che – innegabilmente - discendono dall’adeguamento dell’Italia agli obiettivi europei.  

La sentenza in commento, a parere di chi scrive, rappresenta una occasione mancata nell’ottica della cooperazione, che – è bene ricordarlo – non si muove in via unilaterale dagli Stati membri verso l’Unione, ma è reciproca, in quanto finalizzata alla realizzazione dell’armonizzazione delle legislazioni nazionali.

È proprio in virtù di tale obiettivo primario – ed anche al fine di prevenire eventuali procedure di infrazione promosse dall’Unione nei confronti del nostro Paese - che il Consiglio di Stato ha ritenuto di devolvere alla Corte di Giustizia la risoluzione della vertenza, al fine di assicurare una migliore e più uniforme applicazione del diritto europeo (o comunque di derivazione europea).

È chiaro che l’evidente aumento delle questioni di pregiudizialità rilevate dal giudice nazionale – cui si è assistito negli ultimissimi anni – si pone proprio in linea con le esposte considerazioni ed è espressione di un contegno virtuoso, proprio nell’ottica della cooperazione tra Stati membri e Europa.

LEGGI LA SENTENZA

 

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

21 marzo 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Mercato interno del gas naturale – Concessioni di servizio pubblico di distribuzione – Cessazione anticipata delle concessioni al termine di un periodo transitorio – Rimborso dovuto dal nuovo concessionario all’ex concessionario – Principio della certezza del diritto»

 

Nella causa C-702/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con sentenza del 15 giugno 2017, pervenuta in cancelleria il 14 dicembre 2017, nel procedimento

U. SpA

contro

Ministero dello Sviluppo Economico,

Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli Affari Regionali,

Autorità Garante per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico – Sede di Milano,

Presidenza del Consiglio dei Ministri – Conferenza Stato Regioni ed Unificata,

Ministero per gli affari regionali – Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie,

Conferenza Unificata Stato Regioni e Enti Locali,

nei confronti di:

L. S.,

 

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da J.-C. Bonichot (relatore), presidente di sezione, C. Toader, A. Rosas, L. Bay Larsen e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–    per l’U. SpA, da G. Caia, A. Clarizia, M. Midiri e S. Colombari, avvocati;

–     per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Sclafani, avvocato dello Stato;

–    per la Commissione europea, da O. Beynet, G. Gattinara e P. Ondrušek, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico e del principio della certezza del diritto.

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone l’U. SpA al Ministero dello Sviluppo Economico (Italia), alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli Affari Regionali (Italia), all’Autorità Garante per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico – Sede di Milano (Italia), alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Conferenza Stato Regioni ed Unificata (Italia), al Ministero per gli Affari regionali – Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie (Italia) e alla Conferenza Unificata Stato Regioni e Enti Locali (Italia), controversia riguardante un ricorso diretto all’annullamento, da un lato, del decreto ministeriale del 22 maggio 2014, n. 74951 – Approvazione del documento «Linee Guida su criteri e modalità applicative per la valutazione del valore del rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale» (GURI n. 129, del 6 giugno 2014), e, dall’altro, del decreto interministeriale del 20 maggio 2015, n. 106 – Regolamento recante modifica al decreto del 12 novembre 2011, n. 226, concernente i criteri di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale (GURI n. 161, del 14 luglio 2015).

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3. L’articolo 24 della direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE (GU 2009, L 211, pag. 94), prevede quanto segue:

«Gli Stati membri designano o impongono alle imprese che possiedono o sono responsabili dei sistemi di distribuzione di designare, per un periodo di tempo da determinarsi da parte degli Stati membri tenuto conto di considerazioni di efficienza ed equilibrio economico, uno o più gestori del sistema di distribuzione, (...)».

Diritto italiano

4. L’articolo 14 del decreto legislativo del 23 maggio 2000, n. 164 – Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144 (GURI n. 142, del 20 giugno 2000), prevede che l’attività di distribuzione di gas naturale sia, in linea di principio, attività di servizio pubblico affidata dai comuni a concessionari scelti esclusivamente mediante gara per periodi non superiori a dodici anni.

5. Per quanto riguarda le concessioni di distribuzione di gas naturale in essere che non sono state affidate con procedura ad evidenza pubblica, l’articolo 15, comma 5, del suddetto decreto legislativo precisa quanto segue:

«Per l’attività di distribuzione del gas, gli affidamenti e le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché quelli alle società derivate dalla trasformazione delle attuali gestioni, proseguono fino alla scadenza stabilita, se compresa entro i termini previsti dal comma 7 per il periodo transitorio. Gli affidamenti e le concessioni in essere per i quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine che supera il periodo transitorio, proseguono fino al completamento del periodo transitorio stesso. In quest’ultimo caso, ai titolari degli affidamenti e delle concessioni in essere è riconosciuto un rimborso, a carico del nuovo gestore (...), calcolato nel rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti, con i criteri di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 [– Approvazione del testo unico della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province (GURI n. 52, del 4 marzo 1926)]. Resta sempre esclusa la valutazione del mancato profitto derivante dalla conclusione anticipata del rapporto di gestione».

6. L’articolo 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, dispone che, nell’ambito della disciplina relativa al riscatto da parte dei comuni di servizi dati in concessione, occorre tenere in considerazioni i seguenti criteri:

«a) valore industriale dell’impianto e del relativo materiale mobile ed immobile, tenuto conto del tempo trascorso dall’effettivo cominciamento dell’esercizio e dagli eventuali ripristini avvenuti nell’impianto o nel materiale ed inoltre considerate le clausole che nel contratto di concessione siano contenute circa la proprietà di detto materiale, allo spirare della concessione medesima;

b) anticipazioni o sussidi dati dai comuni, nonché importo delle tasse proporzionali di registro anticipate dai concessionari e premi eventualmente pagati ai comuni concedenti, sempre tenuto conto degli elementi indicati nella lettera precedente».

7. L’articolo 5, commi 2 e 3, del decreto del Ministro dello Sviluppo economico e del Ministro per i Rapporti con le regioni e la Coesione territoriale del 12 novembre 2011, n. 226 – Regolamento per i criteri di gara e per la valutazione dell’offerta per l’affidamento del servizio della distribuzione del gas naturale, in attuazione dell’articolo 46-bis del decreto legge 1° ottobre 2007 n. 159, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 (supplemento ordinario alla GURI n. 22, del 27 gennaio 2012), nella sua versione originaria, prevede quanto segue:

«2. Il valore di rimborso ai titolari degli affidamenti e concessioni cessanti, per i quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine di scadenza naturale che supera la data di cessazione del servizio prevista nel bando di gara del nuovo affidamento, viene calcolato in base a quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti, conformemente a quanto previsto nell’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n.164, e sue modificazioni, in particolare per i casi di cessazione anticipata del contratto rispetto alla scadenza naturale.

3. Nel caso in cui la metodologia di calcolo del valore di rimborso ai titolari di cui al comma 2 non sia desumibile dai documenti contrattuali, incluso il caso in cui sia genericamente indicato che il valore di rimborso debba essere a prezzi di mercato, si applicano i criteri di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 24, comma 4, del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, con le modalità specificate nei commi da 5 a 13, limitatamente alla porzione di impianto di proprietà del gestore, che, alla scadenza naturale dell’affidamento, non sia prevista essere trasferita in devoluzione gratuita all’Ente locale concedente».

8. L’articolo 4, comma 6, del decreto-legge del 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge del 9 agosto 2013, n. 98 – Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia (supplemento ordinario alla GURI n. 144, del 21 giugno 2013), dispone che, al fine di facilitare lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas e di ridurre i costi per gli enti locali e per le imprese, «il Ministero dello sviluppo economico può emanare linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale, in conformità con l’articolo 5 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 12 novembre 2011, n. 226».

9. Le «linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale» menzionate dal decreto-legge del 21 giugno 2013, n. 69, sono state approvate mediante il decreto ministeriale del 22 maggio 2014, n. 74951.

10. L’articolo 1, comma 16, del decreto-legge del 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge del 21 febbraio 2014, n. 9 – Interventi urgenti di avvio del piano «destinazione Italia» per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015 (GURI n. 300, del 23 dicembre 2013), ha modificato l’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo del 23 maggio 2000, n. 164, sostituendo, per la disciplina degli aspetti non regolati dalle convenzioni o dai contratti interessati, il riferimento ai criteri di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 24 del regio decreto del 15 ottobre 1925, n. 2578, con il riferimento «alle linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso di cui all’articolo 4, comma 6, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69».

11. Il decreto-legge del 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge dell’11 agosto 2014, n. 116 – Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea (GURI n. 144, del 24 giugno 2014), ha apportato una ulteriore modifica all’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo del 23 maggio 2000, n. 164, stabilendo che il rimborso è calcolato nel rispetto di quanto disposto nelle convenzioni e nei contratti, «purché stipulati prima della data di entrata in vigore» del decreto del 12 novembre 2011, n. 226.

12. L’articolo 5, comma 2, del decreto del 12 novembre 2011, n. 226, come modificato dal decreto interministeriale del 20 maggio 2015, n. 106, prevede che il criterio di determinazione convenzionale operi «purché i documenti contrattuali siano stati stipulati prima dell’11 febbraio 2012 e contengano tutti gli elementi metodologici, quali le voci di prezzario applicabili alle diverse tipologie di cespiti da applicare allo stato di consistenza aggiornato e il trattamento del degrado fisico, incluse le durate utili per le diverse tipologie di cespiti, per il calcolo e per la verifica del valore di rimborso anche da parte dell’Autorità». Tale articolo aggiunge, al suo paragrafo 3, che, nel caso in cui la metodologia di calcolo del valore di rimborso «non sia desumibile da documenti contrattuali stipulati prima dell’11 febbraio 2012, inclusi i casi in cui sia genericamente indicato che il valore di rimborso debba essere calcolato in base al regio decreto 15 ottobre 1925 n. 2578, senza precisare la metodologia, o debba essere valutato a prezzi di mercato», si applicano le modalità specificate nei commi da 5 a 13 dell’articolo 5 del decreto del 12 novembre 2011, n. 226, «limitatamente alla porzione di impianto di proprietà del gestore che, alla scadenza naturale dell’affidamento, non sia prevista essere trasferita in devoluzione gratuita all’Ente locale concedente, con le modalità operative specificate nelle linee guida su criteri e modalità operative per la valutazione del valore di rimborso».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

13. Risulta dalla sentenza di rinvio che l’U. garantisce il servizio pubblico di distribuzione di gas naturale in 213 comuni italiani, situati per la maggior parte in Lombardia, con una rete di circa 7 650 chilometri (km) e per un volume di distribuzione annua pari a circa 2 miliardi di metri cubi di gas.

14. Essa ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) di annullare le «linee guida su criteri e modalità applicative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale» approvate mediante il decreto ministeriale del 22 maggio 2014, n. 74951.

15. Essa ha successivamente integrato il proprio ricorso con domande dirette all’annullamento del decreto interministeriale del 20 maggio 2015, n. 106.

16. L’U. ha sostenuto, in particolare, che i decreti impugnati sono contrari al principio di certezza del diritto, in quanto essa potrebbe ritrovarsi retroattivamente privata della possibilità di far riferimento, per il calcolo del rimborso cui ha diritto in qualità di ex concessionario, alle clausole contrattuali o al regio decreto del 15 ottobre 1925, n. 2578, ed essere costretta a riferirsi alle «linee guida su criteri e modalità applicative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale», approvate dal decreto ministeriale del 22 maggio 2014, n. 74951, il che sarebbe per lei svantaggioso.

17. Con sentenza del 14 ottobre 2016, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso.

18. L’U. ha impugnato tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato (Italia).

19. Detto giudice precisa di essere chiamato a conciliare l’apertura alla concorrenza del mercato di cui trattasi con la tutela dei rapporti contrattuali già in essere. A tal fine, esso ritiene necessario che la Corte interpreti le «norme europee rilevanti» e il principio della certezza del diritto, in particolare alla luce delle sentenze del 17 luglio 2008, ASM Brescia (C-347/06, EU:C:2008:416, punto 71), e del 12 dicembre 2013, Test Claimants in the Franked Investment Income Group Litigation (C-362/12, EU:C:2013:834, punto 44), al fine di stabilire se essi ostino alle modifiche introdotte dai decreti impugnati.

20. In tale contesto, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«[S]e tali principi e norme ost[i]no ad una normativa nazionale (...) che prevede una applicazione retroattiva dei criteri di determinazione dell’entità dei rimborsi spettanti agli ex concessionari con incidenza su pregressi rapporti negoziali ovvero se tale applicazione sia giustificata, anche alla luce del principio di proporzionalità, dall’esigenza di tutelare altri interessi pubblici, di rilevanza europea, afferenti all’esigenza di consentire una migliore tutela dell’assetto concorrenziale del mercato di riferimento unitamente alla maggiore protezione degli utenti del servizio che potrebbero subire, indirettamente, gli effetti di un’eventuale maggiorazione delle somme spettanti agli ex concessionari».

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

21. Occorre, anzitutto, respingere l’argomento con cui il governo italiano sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile in quanto non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte.

22. Ai sensi di detto articolo, oltre al testo delle questioni sottoposte alla Corte in via pregiudiziale, una domanda di pronuncia pregiudiziale deve contenere, in primo luogo, un’illustrazione sommaria dell’oggetto della controversia nonché dei fatti rilevanti, quali accertati dal giudice del rinvio o, quanto meno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni, in secondo luogo, il contenuto delle norme nazionali applicabili alla fattispecie e, se del caso, la giurisprudenza nazionale in materia e, in terzo luogo, l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale [sentenza del 26 maggio 2016, NN (L) International, C-48/15, EU:C:2016:356, punto 22].

23. Orbene, dai termini della sentenza di rinvio emerge che quest’ultima rispetta detti requisiti, in quanto fornisce una sufficiente illustrazione dei fatti di cui al procedimento principale, descritti ai punti da 13 a 15 della presente sentenza, porta a conoscenza della Corte il quadro normativo nazionale rilevante, richiamato ai punti da 4 a 12 della presente sentenza, e consente alla Corte di comprendere i motivi, menzionati ai punti 16 e 19 della presente sentenza, che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico e del principio della certezza del diritto nell’ambito del procedimento principale.

24. Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Sulla questione pregiudiziale

25. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico, letto alla luce del principio della certezza del diritto, debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, che modifica le norme di riferimento per il calcolo del rimborso al quale i titolari di concessioni di distribuzione di gas naturale rilasciate in assenza di una procedura di gara hanno diritto a seguito della cessazione anticipata di tali concessioni ai fini di una loro nuova assegnazione mediante gara.

26. Occorre ricordare che, in materia di concessioni di servizio pubblico, il diritto derivato dell’Unione applicabile nel procedimento principale, vale a dire l’articolo 24 della direttiva 2009/73, si limita a prevedere che gli Stati membri designino uno o più gestori dei sistemi di distribuzione per un periodo di tempo da determinarsi ad opera degli stessi Stati tenuto conto di considerazioni di efficienza ed equilibrio economico.

27. La Corte ha peraltro giudicato che, anche se una concessione di servizio pubblico non rientra nell’ambito di applicazione delle direttive relative alle diverse categorie di appalti pubblici (v., in particolare, sentenza del 21 luglio 2005, Coname, C-231/03, EU:C:2005:487, punto 16), dal diritto primario dell’Unione risulta che le autorità pubbliche, qualora intendano assegnare tale tipo di concessione, sono tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato FUE, in generale, e il principio di non discriminazione sulla base della nazionalità, in particolare (v., in tal senso, segnatamente, sentenza del 7 dicembre 2000, Telaustria e Telefonadress, C-324/98, EU:C:2000:669, punto 60).

28. Segnatamente, qualora siffatta concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, la sua assegnazione in totale assenza di trasparenza ad un’impresa con sede nello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice costituisce una disparità di trattamento a danno di imprese con sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate alla suddetta concessione (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2008, ASM Brescia, C-347/06, EU:C:2008:416, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

29. Salvo non sia giustificata da circostanze obiettive, una tale disparità di trattamento, che, escludendo tutte le imprese aventi sede in uno Stato membro diverso da quello dell’amministrazione aggiudicatrice, opera principalmente a danno di queste ultime, costituisce una discriminazione indiretta in base alla nazionalità, vietata ai sensi degli articoli 49 e 56 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2008, ASM Brescia, C-347/06, EU:C:2008:416, punto 60).

30. Ciò premesso, occorre rilevare che le regole menzionate ai punti da 26 a 29 della presente sentenza riguardano gli obblighi imposti all’amministrazione aggiudicatrice in sede di assegnazione di una concessione di servizio pubblico di distribuzione di gas naturale, in particolare nel caso in cui tale concessione presenti un interesse transfrontaliero certo.

31. Tuttavia, non è questo lo scopo né l’effetto dei decreti impugnati nel procedimento principale, che riguardano solo le norme di riferimento per il calcolo del rimborso previsto dal diritto nazionale – vale a dire l’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo del 23 maggio 2000, n. 164, nella versione applicabile alla controversia principale – a favore del titolare di una concessione in essere rilasciata senza il preventivo svolgimento di una gara e risolta anticipatamente ai fini di una sua riassegnazione in esito a una procedura di gara ai sensi del solo diritto nazionale, vale a dire l’articolo 14 del medesimo decreto legislativo, dato che la direttiva 2009/73 non prevede che le concessioni di distribuzione di gas in essere siano ridiscusse.

32. Ne consegue che la ridiscussione delle concessioni in essere, le cui conseguenze sono in parte determinate dai decreti impugnati nel procedimento principale, non discende dal diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico di distribuzione di gas.

33. Inoltre, la modifica delle norme di riferimento introdotta da questi decreti, che mira a limitare, in determinate ipotesi, la possibilità per i beneficiari del rimborso di fare riferimento alle clausole del contratto di concessione o al regio decreto del 15 ottobre 1925, n. 2578, non può, di per sé, configurare una disparità di trattamento a danno di imprese che potrebbero essere interessate a un servizio come quello gestito dalla U. e con sede nel territorio di uno Stato membro diverso dall’Italia. Infatti, una tale modifica delle norme di riferimento è indistintamente applicabile alle imprese con sede in Italia e a quelle con sede in un altro Stato membro.

34. In tale contesto, si deve ricordare che, sebbene il principio della certezza del diritto si imponga, in forza del diritto dell’Unione, a qualsiasi autorità nazionale, lo fa solo nei limiti in cui quest’ultima sia chiamata ad applicare il diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2008, ASM Brescia, C-347/06, EU:C:2008:416, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

35      Ebbene, come esposto ai punti 32 e 33 della presente sentenza, le autorità italiane, nel porre anticipatamente fine alle concessioni in essere e nell’adottare i decreti impugnati nel procedimento principale, non hanno agito sulla base del loro obbligo di applicare il diritto dell’Unione.

36. Questa caratteristica rende il procedimento principale, sotto questo aspetto, differente da quelli, menzionati dal giudice del rinvio, che hanno dato luogo alle sentenze del 17 luglio 2008, ASM Brescia (C-347/06, EU:C:2008:416, punto 71), e del 12 dicembre 2013, Test Claimants in the Franked Investment Income Group Litigation (C-362/12, EU:C:2013:834), in cui il principio della certezza del diritto ha trovato applicazione con riferimento all’esistenza di obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, in base ai quali le autorità nazionali competenti erano tenute, rispettivamente, a giustificare una disparità di trattamento che derogava alle regole richiamate ai punti da 27 a 29 della presente sentenza e a rimborsare imposte riscosse in violazione del diritto dell’Unione.

37. Di conseguenza, occorre rispondere alla questione sottoposta dichiarando che il diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico, letto alla luce del principio della certezza del diritto, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, che modifica le norme di riferimento per il calcolo del rimborso al quale i titolari di concessioni di distribuzione di gas naturale rilasciate in assenza di una procedura di gara hanno diritto a seguito della cessazione anticipata di tali concessioni ai fini di una loro nuova assegnazione mediante gara.

 Sulle spese

38. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

Il diritto dell’Unione in materia di concessioni di servizio pubblico, letto alla luce del principio della certezza del diritto, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, che modifica le norme di riferimento per il calcolo del rimborso al quale i titolari di concessioni di distribuzione di gas naturale rilasciate in assenza di una procedura di gara hanno diritto a seguito della cessazione anticipata di tali concessioni ai fini di una loro nuova assegnazione mediante gara.

Bonichot

Toader

Rosas

Bay Larsen

 

Safjan

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 marzo 2019.

 

Il cancelliere

 

Il presidente della Prima Sezione

A. Calot Escobar

 

J.-C. Bonichot

 

*      Lingua processuale: l’italiano.