Cons. Stato, sez. VI, 11 marzo 2019, n. 1622

  1. Ritiene, peraltro, la Sezione che l’impugnabilità del parere non vincolante dell’ANAC non sia da escludersi in assoluto.
  2. Esso, invero, assume connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedi mentale.
  3. Invero, la sua concreta lesività si manifesta solo nell’ipotesi in cui esso sia trasposto o richiamato nell’atto conclusivo del procedimento, potendo la sua incidenza sulla fattispecie essere valutata solo in relazione alla capacità di integrare la motivazione del provvedimento adottato dalla Stazione appaltante.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7868 del 2018, proposto da 
ANAC - Autorita' Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

contro

Meit Multiservices s.r.l. in proprio e quale Capogruppo Mandataria del Raggruppamento Temporaneo di Imprese con La Cascina Global Service s.r.l., La cascina Global Service s.r.l. , in proprio e quale mandante del Raggruppamento Temporaneo di Imprese con Meit Multiservices s.r.l., rappresentate e difese dall’avvocato Gianluca Greco de Pascalis, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia ed elettivamente domiciliate in Roma alla P.zza San Lorenzo in Lucina n. 26 presso l’avv. Ugo de Luca c/o studio legale Sticchi Damiani; 

nei confronti

A.DI.SU. Puglia- Agenzia per il Diritto Allo Studio Universitario, Regione Puglia, Consorzio Leonardo Servizi e Lavori Società Cooperativa Consortile Stabile, Soc. Coop. di Produzione e Lavoro Tre Fiammelle, C.S.F. Costruzioni e Servizi S.r.l., Consorzio Integra Società Cooperativa, Services Facility Logistics (SFL) Società Cooperativa, non costituiti in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia- Sezione staccata di Lecce (Sezione Seconda) n. 01220/2018, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di La Cascina Global Service S.r.l. e di Meit Multiservice S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2019 il Cons. Francesco Mele e uditi, per le parti, gli avvocati Fabrizio Fedeli dell'Avvocatura Generale dello Stato e Gianluca Greco De Pascalis;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con sentenza n. 1220/2018 del 26-7-2018, resa ai sensi dell’articolo 60 c.p.a., il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia –Lecce (Sezione Seconda) accoglieva il ricorso proposto da La Cascina Global Services s.r.l. e Meit Multiservices s.r.l., inteso ad ottenere l’annullamento della determina del Direttore Generale dell’A.DI.SU. Puglia n. 377 del 26 aprile 2018, con la quale si disponeva l’annullamento della procedura aperta per l’affidamento del servizio di global service delle residenze studentesche di Lecce, Monteroni di Lecce e degli uffici amministrativi della sede di Lecce, nonché, ove occorra, del parere ANAC reso con delibera n. 335 del 28 marzo 2018.

Esso, di conseguenza, disponeva l’annullamento degli atti impugnati.

La prefata sentenza esponeva in fatto quanto segue.

Parte ricorrente premette che l’A.DI.SU. Puglia, con atto n. 487 del 14 giugno 2017, indiceva una procedura di gara per l’affidamento del servizio di global service, della durata di sei anni, per le residenze studentesche di Lecce, Monteroni di Lecce e degli Uffici amministrativi della sede di Lecce (CIG 7089031571). Il criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa e l’importo a base d’asta veniva stabilito in euro 10.414.400,00, oltre euro 4.010,50 per oneri di sicurezza da interferenze non soggetti a ribasso (il tutto oltre IVA). Il termine per la presentazione delle offerte era fissato al 10 agosto 2017.

Con determina di settore n. 93 del 3 agosto 2017, la Stazione Appaltante rettificava l’importo degli oneri di sicurezza per rischi da interferenza, portandolo a euro 4.305,00, quindi innalzandolo di soli euro 294,50 (a fronte di una gara di valore superiore a 10 milioni di euro). L’A.DI.SU., sempre in tale delibera, riteneva di dare pubblicità, alla modifica apportata, sul proprio sito istituzionale e di pubblicare un nuovo modello di offerta con l’indicazione degli oneri corretti, precisando che, qualora un concorrente avesse usato il modello precedente, ciò non avrebbe costituito causa di esclusione. Precisava, altresì, l’A.DI.SU., che la modifica non incideva sulle condizioni di partecipazione, trattandosi di importi riconosciuti integralmente all’appaltatore e non suscettibili di ribasso.

Con ulteriore determina di settore n. 95 del 4 agosto 2017, la Stazione Appaltante precisava, tra l’altro, che l’importo della cauzione provvisoria da presentare in sede di gara, stante l’irrisoria differenza, sarebbe stato considerato valido anche se calcolato sull’originario importo.

In data 8 agosto 2017, la società Services Facility Logistics, SFL, chiedeva all’ANAC un parere di precontenzioso ex art. 211 D.Lgs. n. 50/2016, al fine di chiarire se il contegno fino allora tenuto dalla Stazione Appaltante ( e sopra sintetizzato) fosse stato corretto. Sosteneva, in particolare, l’esponente SFL che la predetta modifica dovesse considerarsi sostanziale, con conseguente necessità di nuova pubblicazione degli atti di gara rettificati con le stesse modalità di originaria pubblicazione (cioè sulla GURI e sulla GUUE) – e non semplicemente sul sito istituzionale della Stazione Appaltante, come invece era stato fatto – e con assegnazione di un nuovo termine per la presentazione delle offerte (cosa che la Stazione Appaltante non aveva concesso).

Nelle more del parere dell’ANAC – alla quale la Stazione Appaltante aveva inviato le proprie osservazioni (dicendosi, in buona sostanza, convinta delle proprie ragioni in quanto trattavasi di una modifica “davvero irrisoria”, v. nota A.DI.SU. prot. 463 del 4 settembre 2017, doc.9 ricorrente, pag. 7) e rappresentato, da ultimo, l’esigenza di avere notizie in tempi ragionevolmente brevi (dovendo, altrimenti, insediare la Commissione di gara nella prima settimana di marzo 2018, v. nota A.DI.SU. prot. 129 del 9 febbraio 2018, doc. 10 ricorrente) -, l’A.DI.SU., in data 14 marzo 2018, provvedeva all’apertura delle offerte, all’esito della quale (v. doc. 8 ricorrente), parte ricorrente risultava collocata al primo posto. Dopo tale atto – che, per sola comodità espositiva, può di seguito chiamarsi “graduatoria provvisoria”, atteso che non risulta essere stata approvata – interveniva il parere dell’ANAC, datato 28 marzo 2018 e comunicato alla Stazione Appaltante nelle date 18-19 aprile 2018. In considerazione del predetto parere, che esprimeva un orientamento opposto a quello sino ad allora seguito dalla Stazione Appaltante, l’A.DI.SU., con determina n. 377 – determina di settore n. 65 – del 26 aprile 2018, decideva di annullare la procedura di che trattasi e di indirne una nuova, di tenore identico a quella annullata.”.

Il Tribunale Amministrativo, con la citata sentenza, riteneva preliminarmente che non vi fosse carenza di legittimazione passiva dell’ANAC e che il ricorso proposto avverso il parere da essa reso fosse ammissibile, in quanto l’ANAC non si era limitata ad un pronunciamento di diritto, evidenziando che tale parere si atteggiava, in concreto, quale atto presupposto della determina dell’A.DI.SU., che aveva avuto efficacia determinante nell’assunzione del provvedimento di annullamento della procedura.

Riteneva, poi, l’illegittimità degli atti impugnati per contraddittorietà e carenza di motivazione, in quanto né ANAC, nel suo parere, né la Stazione Appaltante con la decisione di annullamento n. 377/2018 avevano dato conto per quale motivo le modifiche apportate, considerate dalla Stazione Appaltante come irrisorie, fossero divenute – in assenza di ulteriori elementi di valutazione – di natura sostanziale e tali da giustificare la caducazione della procedura fino ad allora svolta.

Avverso la sentenza di accoglimento del giudice di primo grado l’ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione ha proposto appello, nella parte in cui è stata ritenuta l’ammissibilità del ricorso proposto avverso il parere da essa reso e ne è stato disposto l’annullamento, deducendone l’erroneità e chiedendone la riforma.

Ha in proposito lamentato: 1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., dell’art. 211 del D.Lgs. n. 50/2016 – vizio di motivazione; 2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 211 del D.Lgs. n. 50/2016, 3 della legge n. 241/1990, 79 del D.Lgs. n. 50/2016, 21 quinquies l. n. 241/1990 – vizio di motivazione.

Si sono costituiti in giudizio Cascina Global Service s.r.l. (in proprio ed in qualità di società mandante del raggruppamento temporaneo di imprese con la capogruppo Meit Multiservices s.r.l.) e Meit Multiservices s.r.l. (in proprio e in qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese con la mandante Cascina Global Services s.r.l.), deducendone l’infondatezza e chiedendone il rigetto.

Rilevavano che il parere ANAC, ove ritenuto atto in concreto lesivo e recante una decisione direttamente riferibile alla fattispecie piuttosto che recante valutazioni di ordine generale ed enunciazioni di principio, era da ritenersi illegittimo, conformemente a quanto statuito dal giudice di primo grado.

La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 7 marzo 2019.

DIRITTO

Deve preliminarmente essere rilevato che l’appello dell’ANAC si rivolge ai quei capi della sentenza che hanno ritenuto l’ammissibilità del ricorso contro un parere non vincolante dalla stessa emanato in fase di precontenzioso, nonché ritenuto quest’ultimo affetto da contraddittorietà e carenza di motivazione, con conseguente annullamento del medesimo.

Il gravame non è, dunque, rivolto avverso la pronuncia del giudice di primo grado nella parte in cui dispone l’annullamento della determina dirigenziale n. 377 del 26-4-2018, la quale ha annullato la procedura aperta per l’affidamento del servizio di global service, di durata sessennale, delle residenze studentesche di Lecce, Monteroni e degli uffici amministrativi.

Tale parte della pronuncia rimane estranea al presente gravame, con la conseguenza che sono fatti salvi lo svolgimento e gli esiti della gara medesima.

Ciò premesso, può passarsi alla disamina dei motivi di appello.

Con il primo motivo l’ANAC lamenta: Violazione e falsa applicazione dell’articolo 100 c.p.c. e dell’articolo 211 del d.lgs. n. 50/2016 – vizio di motivazione.

Lamenta che erroneamente il giudice di primo grado non ha accolto l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso nei suoi confronti, atteso che avverso la sua delibera non sono state formulate specifiche doglianze, se non in via meramente strumentale per sostenere l’illegittimità del provvedimento della Stazione appaltante.

Inoltre, il Tribunale non avrebbe tenuto conto che il parere da essa reso riveste carattere non vincolante ai sensi dell’articolo 3 del Regolamento per il rilascio di pareri di precontenzioso ex art. 211, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, come tale non lesivo degli interessi dell’appellata.

Richiama giurisprudenza secondo cui è escluso che i pareri di precontenzioso possono arrecare pregiudizio diretto nei confronti di chi non ha acconsentito alla loro vincolatività, derivandone l’inammissibilità dei ricorsi avverso gli stessi.

Essi avrebbero natura meramente interlocutoria e non vincolante, evidenziando che la determinazione dell’A.DI.SU. n. 377/2018 di annullare la procedura aperta ha implicato valutazioni di esclusiva pertinenza della stazione appaltante, la quale ha in proposito esercitato il proprio potere discrezionale.

Né rileverebbe la circostanza, rappresentata dal giudice di primo grado, che ANAC avesse contezza del concreto atteggiarsi della fattispecie, atteso che essa, per rendere un parere, deve esaminare la fattispecie che le viene sottoposta, ma ciò non incide sulla natura non vincolante del parere, lasciando integra la discrezionalità dell’amministrazione interessata.

Il motivo di appello non è meritevole di favorevole considerazione.

La gravata sentenza così motiva sul punto.

Occorre preliminarmente chiarire che, nel caso di specie, ANAC non si è limitata ad un pronunciamento di diritto, in quanto risulta, in atti, che l’Autorità avesse contezza del concreto atteggiarsi della fattispecie; la società FSL, infatti, nel richiedere il parere di precontenzioso (v. doc.7 del ricorrente), aveva illustrato lo svolgimento della vicenda e, nello stesso parere ANAC n. 335 del 28 marzo 2018, si legge come, sia nell’oggetto che nelle premesse, l’Autorità avesse contezza della vicenda di cui trattasi. Né risulta che la Stazione Appaltante, nella successiva decisione di annullamento, abbia sostanzialmente addotto una motivazione che vada al di là del richiamo al predetto parere, parere che, quindi, si atteggia, in concreto, come atto presupposto che ha avuto efficacia determinante nell’assunzione del provvedimento – impugnato in via principale-di annullamento della procedura de qua. Ne deriva che sussiste la legittimazione passiva di ANAC, contrariamente a quanto eccepito dall’Avvocatura dello Stato”.

Il Collegio condivide le determinazioni del giudice di primo grado, che resistono rispetto ai dedotti motivi di appello.

E tanto per le ragioni che di seguito si svolgono.

L’articolo 211 del d.lgs. n. 50/2016, rubricato “Pareri di precontenzioso dell’ANAC”, dispone, al comma 1 che “Su iniziativa della stazione appaltante o di una delle altre parti, l’ANAC esprime parere, previo contraddittorio, relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta. Il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente consentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Il parere vincolante è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell’articolo 120 del codice del processo amministrativo”.

Dal tenore della richiamata norma emerge che, in sede di precontenzioso, l’ANAC può esprimere pareri vincolanti e pareri non vincolanti.

Il parere vincolante, obbligando le parti ad attenervisi, è atto immediatamente lesivo, condizione questa che ne consente – giusta anche quanto espressamente previsto dalla norma- l’autonoma impugnabilità.

Il parere non vincolante, invece, avendo carattere di manifestazione di giudizio, non presenta aspetti di autonoma lesività e non è, dunque, autonomamente impugnabile.

Ritiene, peraltro, la Sezione che l’impugnabilità del parere non vincolante dell’ANAC non sia da escludersi in assoluto.

Esso, invero, assume connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale.

Ne consegue che l’impugnazione del parere facoltativo è consentita unitamente al provvedimento conclusivo della Stazione appaltante che ne abbia fatto applicazione.

La giurisprudenza (cfr., ex multis, TAR Lazio, I, 3-11-2006, n. 1087; sez. II, 2-3-2018 n. 2394) ritiene che l’atto non provvedimentale adottato dall’ANAC, pur non essendo idoneo ex se ad arrecare un vulnus diretto ed immediato nella sfera del destinatario, lo diviene se e nella misura in cui integri la motivazione del provvedimento finale.

Invero, la sua concreta lesività si manifesta solo nell’ipotesi in cui esso sia trasposto o richiamato nell’atto conclusivo del procedimento, potendo la sua incidenza sulla fattispecie essere valutata solo in relazione alla capacità di integrare la motivazione del provvedimento adottato dalla Stazione appaltante.

Pertanto, nelle dette ipotesi di suddetta incidenza nella fattispecie concreta, esso è impugnabile unitamente al provvedimento finale che lo recepisce e del quale diviene presupposto o laddove esso diventi segmento procedimentale.

Questo stesso Consiglio (cfr. sez. V, 17-9-2018, n. 5424) ha affermato che la lesività del parere si manifesta solo se sia trasposto o richiamato nell’atto conclusivo del procedimento che dispone in senso negativo per il destinatario. Lo stesso non è, in linea di principio, sottratto al sindacato giurisdizionale, che, però, è differito al momento in cui si dà luogo alla lesione della posizione giuridico-soggettiva dell’interessato da parte dell’organo istituzionale competente ad intervenire sulla situazione concreta (cfr. Cons. Stato, 3-5-2010, n. 2503).

Dalle considerazioni sopra svolte consegue, dunque, che correttamente il giudice di primo grado non ha pronunziato l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui è stato proposto, sia pure “per quanto occorra”, nei confronti del parere ANAC né ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva di quest’ultima, considerandosi che le conclusioni rese nel citato parere sono state poste a base del provvedimento di annullamento della stazione appaltante quale ragione di illegittimità degli atti della procedura.

Invero, la determinazione dirigenziale n. 337 del 26-4-2018 pone a fondamento del disposto annullamento proprio il parere di precontenzioso ANAC prot. n. 0034145 del 18-4-2018, così esprimendosi: “Visto il parere di precontenzioso Anac del giorno 18-4-2018 prot. n. 0034145 acquisito al prot. n. 517 del giorno 19-4-2018, nel frattempo pervenuto, che riporta letteralmente la seguente disposizione: “la rettifica dell’importo dei costi della sicurezza da interferenze di cui i concorrenti devono tener conto ai fini della formulazione dell’offerta, ha carattere sostanziale e doveva essere pubblicizzata nelle stesse forme con cui era stata data pubblicità ai documenti di gara, con proroga dei termini di ricezione delle offerte”.

Tale conclusione evidenzia, invero, la ragione di illegittimità che aveva inficiato i pregressi comportamenti dell’Amministrazione (la quale aveva ritenuto di dover rettificare, a seguito di errore materiale, l’importo degli oneri di sicurezza da euro 4.010, 50 ad euro 4.305,00 e conseguentemente l’importo della cauzione in aumento di euro 6, dandone pubblicità unicamente sul sito dell’ADISU).

Da quanto sopra consegue che il parere dell’ANAC è impugnabile unitamente alla determinazione di autotutela della stazione appaltante, considerandosi che i contenuti del richiamato parere hanno individuato il vizio di legittimità, presupposto necessario per disporre l’annullamento della procedura di gara.

Né a diversa conclusione conduce il rilievo dell’ANAC secondo cui, trattandosi di parere facoltativo e non vincolante, la determinazione provvedimentale sarebbe stata rimessa all’autonomo ed esclusivo apprezzamento discrezionale della stazione appaltante.

Va in proposito osservato, come si evince dai contenuti della richiamata determina dirigenziale n. 377/2018, che la Stazione appaltante ha svolto autonomamente le sue valutazioni in punto di valutazione comparativa degli interessi coinvolti e di interesse pubblico, mentre, quanto allo specifico presupposto del vizio di legittimità, si è riportata in maniera pedissequa al contenuto del parere ANAC, il quale ne ha , pertanto, integrato la motivazione in un aspetto essenziale, con conseguente sua impugnabilità unitamente al provvedimento finale.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, dunque, il primo motivo di appello è infondato.

Con il secondo motivo l’ANAC lamenta: Violazione e falsa applicazione degli artt. 211 del d.lgs. n. 50/2016, 3 l. n. 241/1990, 79 del d.lgs. n. 50/2016, 21 quinquies l. n. 241/1990.

L’Autorità ritiene che la sentenza sia censurabile anche nel merito, in quanto l’ANAC, con il parere n. 335/2018 avrebbe enunciato un principio giuridico generale, utile per orientare la stazione appaltante nell’esercizio delle sue esclusive funzioni e competenze, richiamando propri precedenti.

Deduce che i rilievi del TAR nel merito riguardano aspetti procedimentali afferenti alla carenza di motivazione e valutazioni esclusivamente imputabili all’A.DI.SU., per cui non si comprendono le ragioni per le quali venga illegittimamente coinvolta anche l’ANAC in determinazioni che esulano le proprie competenze, confondendo i ruoli dei diversi soggetti; l’ANAC sarebbe estranea all’esercizio del potere di autotutela.

Sarebbe, pertanto, erronea la sentenza gravata laddove conclude per l’annullamento del parere di ANAC “per contraddittorietà e difetto di motivazione”, risultando il parere adeguatamente motivato ed adottato nell’esercizio della funzione consultiva.

Ad opinione di questo Giudicante, il motivo non è meritevole di favorevole considerazione.

La Sezione non condivide il rilievo dell’appellante secondo il quale il parere reso si sarebbe limitato ad esprimere un principio giuridico generale, attraverso il richiamo a propri precedenti.

Il parere reso, invero, non presenta il carattere di atto meramente interlocutorio, non impugnabile, intendendosi per tale l’atto preordinato alla mera ed astratta illustrazione di principi di carattere generale, inteso ad orientare la successiva azione amministrativa, integralmente rimessa all’autonomo apprezzamento della stazione appaltante (così Cons. Stato, V, 17-9-2018, n. 5424).

Esso, infatti, si è pronunciato con riferimento alla fattispecie concreta sottoposta al suo esame, dettando non un principio giuridico astratto bensì indicando in quale modo andasse regolamentata la concreta fattispecie.

Va, in primo luogo, considerato che la delibera ANAC n. 335 del 28 marzo 2018 descrive la vicenda concreta in relazione alla quale il parere è stato richiesto.

Essa indica in premessa la posizione di Service Facility Logistics, soggetto richiedente il parere, specificando che esso: “ …riferisce che la S.A., a pochi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, variava in aumento i costi della sicurezza, che passavano da euro 4.010,50 a euro 4.305,00, e pubblicava un nuovo modello di offerta economica, dandone notizia solo sul proprio sito istituzionale. L’istante rileva che tale rettifica incideva sulla base d’asta, nonché sull’importo della cauzione, e pertanto avrebbe dovuto essere oggetto di pubblicazione con le stesse modalità di pubblicazione iniziale e avrebbe dovuto comportare un differimento del termine per la presentazione delle offerte”.

Richiama, poi, i contenuti delle memorie della stazione appaltante (prot. 104435 del 5-9-2017 e prot. 12583 del 9-2-2018), evidenziando che: “…a seguito dell’accoglimento di alcuni rilievi sulle modalità di determinazione degli oneri della sicurezza, essa ne modificava l’importo da euro 4.010,00 a euro 4.305,00, mentre l’importo della cauzione provvisoria subiva un’integrazione…Nel ritenere che ciò non comportava modifiche alle condizioni di partecipazione né alla predisposizione dell’offerta tecnica, la S.A. riteneva di dare notizia delle suddette modifiche solo attraverso il proprio sito istituzionale….”.

Orbene, rileva il Collegio che la fattispecie concreta non viene richiamata e descritta unicamente per inquadrare la vicenda in relazione alla quale esprimere un principio giuridico generale, bensì per inferirne la concreta regola applicabile al caso di specie.

Invero, l’Autorità non si limita all’affermazione generale secondo cui “una volta accertata la necessità di una rettifica della lex specialis che comporti modifiche sostanziali alla procedura, la stazione appaltante è tenuta a prorogare i termini originari per la ricezione delle offerte”, lasciando alla stazione appaltante ogni valutazione sull’applicazione del principio alla fattispecie concreta, con precipuo riferimento al carattere sostanziale delle modifiche in concreto apportate.

L’Autorità piuttosto entra nel merito della vicenda concreta, indicando quale sia per essa la concreta regola da seguire.

Tanto si evince, in primo luogo, dall’inciso “nel caso di specie”, contenuto nel penultimo periodo della motivazione, ove si legge: “RITENUTO, pertanto, che, nel caso di specie, la rettifica dell’importo dei costi della sicurezza da interferenze, di cui i concorrenti devono tenere conto ai fini della formulazione dell’offerta, ha carattere sostanziale e deve essere pubblicizzata nelle stesse forme con cui è stata data pubblicità ai documenti di gara, con conseguente proroga dei termini di ricezione delle offerte”.

Dunque, in tal modo l’Autorità non si è limitata alla affermazione del principio generale della necessità della ripubblicazione degli atti di gara in caso di modifiche sostanziali lasciando la verifica concreta di tale presupposto alla stazione appaltante, ma ha affermato essa stessa che “nel caso di specie” la rettifica dell’importo dei costi della sicurezza ha carattere sostanziale e comporta la ripubblicazione.

Tale conclusione risulta, poi, avvalorata dal dispositivo del parere, il quale si esprime nel senso che: “ –la rettifica dell’importo dei costi della sicurezza da interferenze, di cui i concorrenti devono tenere conto ai fini della formulazione dell’ offerta, ha carattere sostanziale e doveva essere pubblicizzata nelle stesse forme con cui era stata data pubblicità ai documenti di gara., con proroga dei termini di ricezione delle offerte”.

L’utilizzo dell’inciso “doveva essere pubblicizzata”, con il tempo imperfetto, rende chiaramente la valutazione operata non espressione di una regola di carattere generale, la cui concreta applicazione al caso concreto andava verificata dalla stazione appaltante, ma di una regola dettata con specifico riferimento a quest’ultimo, oggetto di specifica e concreta valutazione.

Sicchè il parere reso dall’Autorità viene, nella cennata configurazione, ad integrare la motivazione della determinazione dell’A.DI.SU. n. 377 del 26-4-2018 quale specifico vizio di legittimità degli atti posti in essere dall’amministrazione universitaria, costituente presupposto per l’esercizio del potere di annullamento dalla stessa esercitato.

Correttamente, pertanto, a giudizio del Collegio, la sentenza di primo grado ha disposto l’annullamento per contraddittorietà e difetto di motivazione anche del parere dell’ANAC.

Essendosi, come sopra visto, pronunciata l’Autorità con riferimento al caso concreto, la sua valutazione del carattere sostanziale delle modifiche apportate (tali da comportare la ripubblicazione degli atti di gara e la concessione di un nuovo termine per la presentazione delle offerte) non ha, infatti, tenuto conto della peculiarità della vicenda, della quale essa comunque è stata portata a conoscenza con la produzione delle determine di settore n. 93 del 3 agosto 2017 e n. 95 del 4 agosto 2017.

Essa, invero, non ha motivato sul perché le modificazioni apportate rivestissero comunque carattere sostanziale, nonostante la Stazione appaltante avesse rilevato, nelle richiamate determine, l’irrisorietà delle modificazioni (aumento dell’importo degli oneri della sicurezza di euro 294,50 e della cauzione provvisoria di soli 6 euro), avesse disposto che, ove il concorrente avesse utilizzato, per l’offerta economica, il modello precedente alla modifica, non sarebbe stato escluso, nonché chiarito che l’importo della cauzione provvisoria sarebbe stato considerato valido anche se calcolato sull’importo originario di euro 208.368,21 piuttosto che in quello rideterminato in euro 208.374,10.

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, in conclusione, l’appello è infondato e deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

Le spese del grado seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta, confermando l’appellata sentenza.

Condanna l’ANAC al pagamento, in favore di La Cascina Global Service s.r.l. e di Meit Multiservices s.r.l., delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 2000 (duemila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

La sesta sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza in rassegna, ha chiarito la portata ed i limiti dell’impugnabilità del parere non vincolante reso dall’ANAC in fase precontenziosa, e della conseguente legittimazione passiva della stessa in giudizio, ritenendo al riguardo che l’impugnabilità del parere non vincolante non sia da escludere in assoluto.

In particolare, ad avviso dei Giudici di Palazzo Spada, il parere non vincolante è impugnabile nelle ipotesi in cui lo stesso non si limiti a dettare la regola iuris da applicare, ma esprima parere sul caso concreto sottoposto al suo vaglio, integrando la motivazione del provvedimento adottato successivamente dalla Stazione appaltante in autotutela.

E’ opportuno, al fine di comprendere appieno le opportune distinzioni effettuate dal Consiglio di Stato, ripercorrere brevemente la vicenda giudiziaria sottoposta al vaglio della sesta sezione.

La vicenda processuale traeva origine dall’indizione di una procedura aperta da parte della stazione appaltante, la quale nelle more della procedura di gara rettificava il bando relativamente all’importo degli oneri di sicurezza, innalzandolo in maniera non particolarmente significativa.

Una delle imprese partecipanti alla gara, chiedeva parere ex art. 211 del D.lgs 50/2016 all’ANAC, al fine di comprendere se la rettifica operata dalla stazione appaltante fosse corretta, o, se, al contrario, dovesse essere inserita la relativa clausola nella lex specialis, con conseguente riapertura dei termini per la presentazione delle domande.

L’ANAC rendeva nel termine di trenta giorni il parere richiesto, stabilendo, al contrario di quanto asserito dalla stazione appaltante,  che la modifica dell’importo richiesto per gli oneri di sicurezza non fosse una modifica irrisoria, bensì sostanziale e che, di conseguenza, fosse necessaria l’indizione di una nuova procedura di gara.

A seguito della ricezione del parere, la Stazione appaltante annullava in autotutela gli atti di gara.

L’impresa aggiudicataria, a seguito dell’annullamento in autotutela, impugnava sia il parere reso dall’ANAC, chiamando in causa l’Autorità, che l’atto di annullamento in autotutela, sostenendo che gli stessi fossero carenti di motivazione e contraddittori.

Nel costituirsi in giudizio, l’ANAC sosteneva la carenza di legittimazione passiva, posto che il parere reso era un parere non vincolante e di conseguenza non impugnabile perché non immediatamente lesivo.

I Giudici di prime cure, al contrario, accoglievano il ricorso, sostenendo che nel caso di specie il parere dell’ANAC costituisse il presupposto dell’atto di annullamento in autotutela, avendo avuto un effetto determinante sulla scelta della Pubblica Amministrazione, poiché il parere reso dall’ANAC per il caso di specie, più che contenere valutazioni di ordine generale ed enunciazioni di principio, conteneva prescrizioni concrete relative alla fattispecie oggetto di gara, e per l’effetto annullava l’atto di annullamento in autotutela.

L’ANAC impugnava in parte qua la predetta decisione, e, precisamente nella parte i Giudici di prime cure avevano ritenuto che sussistesse, per le ragioni illustrate sopra la legittimazione passiva della stessa.

Più precisamente, l’Autorità indipendente si doleva del fatto che il parere non vincolante fosse stato ritenuto immediatamente lesivo e, di conseguenza, impugnabile.

Prima di analizzare la sentenza resa dalla sesta sezione del Consiglio di Stato, è opportuno analizzare brevemente la disciplina concernente il parere precontenzioso reso dall’ANAC ex art. 211 del D.lgs 50/2016.

L’art. 211 del D.Lgs 50/2016 disciplina l’istituto dei pareri di precontenzioso.

Il primo comma affida all’Autorità nazionale anticorruzione, ad iniziativa di una stazione appaltante o di una o più delle parti coinvolte in una procedura di gara ed in riferimento a questioni insorte durante il suo svolgimento, il compito di esprimere un parere che obbliga le parti che vi abbiano preventivamente consentito ad adeguarsi alle indicazioni ivi contenute.

Il secondo comma disciplina il caso in cui l’ANAC rilevi un possibile vizio di legittimità negli atti della procedura di gara.

In tal caso l’Autorità è tenuta ad indirizzare una raccomandazione alla stazione appaltante, invitandola ad agire in autotutela e rimuovere gli effetti degli atti illegittimi entro un termine non superiore a 60 giorni.

La ratio della previsione legislativa risiede nell’esigenza di razionalizzare i metodi di risoluzione delle controversie alternative al rimedio giurisdizionale in materia di appalti pubblici, contribuendo in tal modo ad un recupero di efficienza del settore.

Ciò posto, è opportuno ancora, analizzare la natura del parere precontenzioso reso dall’ANAC.

Lo stesso risulta vincolante, e, quindi, impugnabile con conseguente legittimazione passiva dell’ANAC, nelle ipotesi in cui le parti abbiano preventivamente consentito ad adeguarsi alle prescrizioni ivi contenute, risultando lo stesso, pertanto, immediatamente lesivo del bene della vita.

Viceversa, nelle ipotesi in cui non vi sia assenso delle parti, lo stesso non è vincolante e le parti restano libere di adeguarvisi o meno, avendo natura meramente interlocutoria.

Premessa tale doverosa distinzione, l’ANAC nel giudizio di cui alla sentenza in rassegna, ha ritenuto che vi fosse carenza di legittimazione passiva, proprio perché il parere reso non era vincolante e, quindi, non immediatamente lesivo.

Nelle proprie difese, l’ANAC sosteneva, infatti, che l’atto di annullamento in autotutela non fosse una esecuzione del parere dalla stessa reso, ma fosse il frutto di una scelta discrezionale della Stazione appaltante.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza in oggetto, disattende le argomentazioni fornite dall’ANAC, e conferma la sentenza di primo grado, anche per quel che riguarda la legittimazione passiva della stessa in giudizio.

Più precisamente, il Consiglio di Stato, pur condividendo la distinzione operata dall’ANAC tra pareri vincolanti e pareri non vincolanti, con le relative conseguenze in punto a immediata lesività e impugnabilità, ha svolto un’actio finium regundorum relativamente alle ipotesi di impugnabilità del parere non vincolante.

I Giudici di Palazzo Spada, esaminano la vicenda prendendo le mosse dalla non impugnabilità dei pareri non vincolanti, in quanto non immediatamente lesivi, sostenendo, tuttavia, che la regola generale appena esposta è soggetta ad eccezioni, quale quella concernente il caso di specie.

In particolare, nel caso oggetto del parere, l’ANAC non si è limitata alla mera ed astratta illustrazione di principi di carattere generale, volti ad orientare la successiva azione amministrativa, ma si è pronunciata sulla fattispecie concreta, regolamentandola nel merito.

Tant’è, che la stazione appaltante, nell’annullare in autotutela la propria precedente determinazione, si è riportata pedissequamente al contenuto del parere reso dall’ANAC, che ne ha, pertanto, integrato la motivazione.

In tali ipotesi, l’atto non provvedimentale adottato dall’ANAC, pur non essendo idoneo ex se ad arrecare un vulnus diretto ed immediato nella sfera del destinatario, lo diviene se e nella misura in cui integri la motivazione del provvedimento finale.

Il parere non vincolante, come da giurisprudenza consolidata, infatti, non è sottratto al sindacato giurisdizionale, che è differito al momento in cui si dà luogo alla lesione della posizione giuridico – soggettiva dell’interessato da parte dell’organo istituzionale competente ad intervenire sulla situazione concreta.

Invero, la sua concreta lesività si manifesta solo nell’ipotesi in cui esso sia trasposto o richiamato nell’atto conclusivo del procedimento, potendo la sua incidenza sulla fattispecie essere valutata solo in relazione alla capacità di integrare la motivazione del provvedimento adottato dalla Stazione appaltante.

In definitiva, il parere non vincolante, pur non essendo lesivo ex se, risulta lesivo nelle ipotesi in cui lo stesso diventi presupposto dell’atto adottato dalla stazione appaltante, la cui motivazione sia basata esclusivamente sulle asserzioni contenute nel parere, senza svolgimento di attività discrezionale.

Infine, i Giudici di Palazzo Spada avallando le argomentazioni di cui sopra, anche alla luce della formulazione letterale del parere, che lungi dall’enunciare una regola astratta, si riferisce al “caso di specie”, con ciò mostrando chiaramente di aver disciplinato la vicenda nel merito, ritenengono il provvedimento carente di motivazione, per non aver indicato le motivazioni per le quali le modificazioni apportate rivestissero carattere sostanziale.