Tar Bari, sez. I, 20 dicembre 2018, n. 1664

1. Un'impresa che ha eseguito lavori sui beni culturali potrà “spenderli” come requisito esclusivamente proprio, con la conseguenza che, se inserita in una struttura come un consorzio stabile, potrà farne uso per la propria qualificazione, senza né giovarsi di quelli eseguiti da altre imprese (sia pure associate o consorziate), né consentire ad altri di giovarsene.

2. La ratio cui è ispirata la disposizione di cui all’art. 146 D. Lgs. n. 50/2016 risiede nell'esigenza di tutela dei beni culturali, che impone un collegamento diretto tra il possesso della qualificazione richiesta e l’esecuzione dei lavori, ciò al fine di evitare che l’intervento sui beni culturali sia effettuato da soggetti non qualificati.

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 830 del 2018, proposto da

Aleasya Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Nino Sebastiano Matassa e Rosa Volse, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Dragonetti e Antonio Puzio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

 

nei confronti

Consorzio Stabile F2B, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Arturo Cancrini, Francesco Vagnucci e Francesco Toscano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Sabino Persichella in Bari, via Principe Amedeo, n.197;

HR Costruzioni Pubbliche S.r.l., non costituita in giudizio;

per l'annullamento, previa sospensiva:

- della determinazione dirigenziale del comune di Foggia n. 623/2018, affissa all'albo pretorio in data 14.6.2018, recante aggiudicazione in favore del Consorzio Stabile F2B dell'appalto dei lavori di consolidamento statico e recupero architettonico della chiesa di San Lorenzo in Carmignano;

- delle determinazioni assunte nel verbale di gara del 22.5.2018, nella parte in cui la Commissione di gara ha disposto l'ammissione alla gara del Consorzio Stabile F2B;

- di ogni altro atto o provvedimento lesivo, ancorché non noto, comunque connesso, preordinato o conseguente, ivi compresa la nota prot. 58707 del 1.6.2018 del Presidente della Commissione di gara;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Foggia e del Consorzio Stabile F2B;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2018 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato il 21.6.2018 e depositato il 29.6.2018, l’odierna ricorrente, Aleasya Costruzioni SRL (d’ora in poi Aleasya), ha impugnato, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, la determinazione dirigenziale n. 623 del 7.6.2018 del Comune di Foggia – Ufficio contratti e appalti, recante l’aggiudicazione definitiva dell’appalto dei lavori di “consolidamento statico e recupero architettonico della chiesa di San Lorenzo in Carmignano”, in favore del Consorzio Stabile F2B.

Ha contestualmente impugnato le determinazioni assunte dalla Commissione di gara nel verbale del 22.5.2018, nella parte in cui questa ha disposto l’ammissione dell’aggiudicataria all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali degli offerenti, successivamente approvate dall’Amministrazione comunale con determinazione dirigenziale n.375/2018.

In particolare, la ricorrente, seconda classificata nella suddetta gara, espone che, con determinazione dirigenziale n. 334/2018 - pubblicata in data 2.5.2018 sul sito del committente ed affissa all’Albo pretorio del Comune di Foggia dal 2.5.2018 al 17.5.2018 - l’Amministrazione indiceva una procedura aperta per l’appalto dei predetti lavori, per un valore a base d’asta pari a € 469.601,04, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Alla procedura de qua partecipavano cinque operatori economici, tra cui l’odierna ricorrente e il Consorzio Stabile F2B, il quale dichiarava di concorrere per la consorziata HR Costruzioni pubbliche SRL, designata esecutrice dei lavori (doc. n. 4 prodotto dalla ricorrente).

Nella seduta di gara del 22.5.2018, la Commissione (nominata con provvedimento prot. n. 54558 del 21.5.2018), constatata la conformità della documentazione presentata a quanto richiesto dal bando di gara, ammetteva tutte le imprese offerenti al proseguo delle operazioni.

La ricorrente, tuttavia, a seguito di accesso agli atti, presentava, a mezzo pec, due note (del 27.5.2018 e del 31.5.2018) con le quali rilevava il mancato possesso, da parte della HR Costruzioni pubbliche SRL (d’ora in poi HR Costruzioni) - per la quale concorreva il Consorzio - della qualificazione nella categoria OG2 (lavori su beni culturali) e del requisito di iscrizione alla C.C.I.I.A.A. per l’attività oggetto dell’appalto, espressamente richiesti dal bando di gara.

Con nota prot. n. 58707 del 1.6.2018, il Presidente della Commissione, sentita la stessa, respingeva i rilievi formulati – in ragione del principio del c.d. “cumulo alla rinfusa” e della rilevata sufficienza della documentazione amministrativa prodotta – e confermava il possesso da parte del Consorzio “dei requisiti per accedere alle fasi successive di gara”.

A seguito dell’esame delle offerte da parte della Commissione e preso atto delle relative determinazioni contenute nei verbali di gara, l’Amministrazione comunale, con determinazione dirigenziale n. 623/2018, disponeva l’aggiudicazione definitiva in favore del Consorzio Stabile F2B.

Avverso tale provvedimento e tutti gli atti meglio indicati in epigrafe, tra cui la disposta ammissione alla gara del Consorzio (di cui al verbale del 22.5.2018), l’Aleasya ha proposto l’odierno ricorso, lamentando l’illegittimità di tale ammissione, e quindi della conseguente aggiudicazione, in quanto la consorziata HR Costruzioni sarebbe priva - in tesi - dei requisiti tecnico-professionali richiesti espressamente dal bando di gara.

A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi in diritto:

1)        Violazione degli artt. 3.6 e 11 del bando di gara, dell’art. 146 D. Lgs. n. 50/2016 e dell’art. 21 D. Lgs. n. 42/2004 ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto la consorziata sarebbe priva della qualificazione in categoria OG2 (lavori su beni culturali) richiesta dalla lex specialis;

2)        Violazione dell’art. 146 D. Lgs. n. 50/2016, del D. M. n. 154/2017 e della lex specialis ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto il Direttore tecnico della HR Costruzioni sarebbe privo dei requisiti professionali di iscrizione all’Albo professionale – Sezione A degli architetti e di esperienza biennale nel settore dei lavori su beni culturali richiesti dal citato D.M.;

3)        Violazione ed erronea applicazione della lex specialis e dell’art. 83 D. Lgs. n. 50/2016 ed eccesso di potere sotto vari profili, in quanto la HR Costruzioni sarebbe priva del requisito di iscrizione al Registro delle Imprese della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Foggia (C.C.I.I.A.A.) per attività di “restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela”, richiesto dall’art. 10 del bando di gara.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Foggia che difeso l’operato dei propri Uffici e il Consorzio Stabile F2B, in qualità di controinteressato, il quale, con varie memorie, ha puntualmente sostenuto l’infondatezza nel merito del ricorso.

All’udienza pubblica del 5.12.2018, accolta l’istanza cautelare con ordinanza n.293 del 27.7.2018, resa a seguito dell’udienza camerale del 25.7.2018, e, per l’effetto, sospesa l’efficacia degli atti impugnati, nonché riservata alla trattazione del merito, la questione, rilevata d’ufficio, inerente l’ammissibilità dell’impugnazione cumulativa della disposta ammissione alla gara del controinteressato e dell’aggiudicazione definitiva in suo favore, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è, in primo luogo, ammissibile.

Occorre, in primo luogo, esaminare la predetta questione preliminare di ammissibilità del ricorso che ha formato oggetto di esplicita eccezione compiutamente illustrata nelle memorie difensive del controinteressato, depositate in vista dell’udienza di discussione di merito.

Giova precisare che il Collegio ben conosce la posizione sul punto assunta dal Giudice di Appello (v. da ultimo Cons. di Stato, Sez. III, n. 310/2018).

Tuttavia, a tale interpretazione della normativa processuale di settore, già espressa con l’ordinanza cautelare n. 1059/2017 (che il Collegio ha dovuto seguire nel relativo giudizio, essendo stata resa la predetta ordinanza in fase cautelare d’appello in una controversia pendente dinanzi a questo Tar e contenendo puntuali indicazioni per il Giudice di I grado) e propugnata in questa sede dal controinteressato (secondo cui la novellata formulazione dell’art. 120, commi 2 bis e 6 bis imporrebbe la proposizione di due separati ricorsi: uno avverso l’ammissione e l’altro avverso l’aggiudicazione, assoggettati a riti differenti e tra loro incompatibili -graduando una diversa forma di specialità connessa a differenti esigenze di celerità-, con conseguente esame, in questa sede, della sola domanda avverso l’ammissione del controinteressato e dichiarazione d’inammissibilità di quella avverso l’aggiudicazione in suo favore), il Collegio ritiene preferibile quella già fatta propria dalla Sezione ed espressa con le sentenze n. 1367/2016 e n. 529/2017 alle cui puntuali motivazioni, per esigenze di sintesi, rinvia, con conseguente ammissibilità del cumulo dell’impugnazione avverso l’ammissione e l’aggiudicazione, da trattarsi con il rito ordinario (v. sentenza di questo Tar n. 529/2017), come disposto dal Collegio mediante la conversione del rito camerale in quello pubblico e la trattazione in pubblica udienza del 5.12.2018.

Né d’altro canto potrebbe, in questa sede predicarsi, l’inammissibilità tout court dell’impugnazione nella parte rivolta avverso l’aggiudicazione e la derivata inoppugnabilità di tale provvedimento, con conseguente improcedibilità del giudizio avverso l’ammissione, in considerazione dell’intervenuto consolidarsi dell’aggiudicazione.

Infatti, visto il contrasto giurisprudenziale esistente e rilevata la pacifica tempestività dell’impugnazione sia nella parte rivolta avverso l’ammissione sia in quella rivolta avverso l’aggiudicazione, non potrebbe che - riconoscendosi l’applicabilità della disciplina dell’errore scusabile - disporsi (come già indicato da CdS ord. n. 1059/2017) la separazione dei giudizi, fissando -su apposita istanza del ricorrente originario diretta a far riassumere e trattare il giudizio contro l’aggiudicazione - a udienza pubblica la trattazione delle domande avverso l’atto di aggiudicazione (e gli atti di gara diversi da quelli dell’art. 120, comma 2-bis, cpa), nel distinto rispetto del relativo rito “speciale” e secondo una numerazione autonoma nel ruolo. (v. ord. già citata n. 1059/2017).

Alla luce delle superiori motivazioni può dunque, riconoscersi l’ammissibilità del gravame anche avverso l’aggiudicazione.

Nel merito il ricorso è fondato.

Con il primo motivo di gravame, la ricorrente lamenta il mancato possesso, da parte della consorziata HR Costruzioni, designata esecutrice diretta dei lavori e per la quale il Consorzio aggiudicatario ha dichiarato di concorrere, della qualificazione nella categoria OG2 (lavori su beni culturali), espressamente richiesta dagli artt. 3.6 e 11 della lex specialis.

In particolare, sostiene che, ai sensi dell’art. 146 D. Lgs. n. 50/2016, in caso di lavori su beni culturali (come quello in esame), le necessarie e specifiche qualificazioni devono essere possedute dal soggetto esecutore diretto dei lavori, non potendosi applicare il principio generale del c.d. “cumulo alla rinfusa” - come, invece, fatto dalla Commissione di gara e sostenuto dal controinteressato - qualora si tratti (come nel caso di specie) di consorzi stabili.

Sicché l’ammissione del Consorzio (e la conseguente aggiudicazione in suo favore), nella fattispecie de qua, sarebbero illegittime per mancanza di un requisito tecnico professionale in capo alla consorziata, designata esecutrice dei lavori.

La doglianza è fondata, dovendosi confermare l’orientamento espresso in sede cautelare (con ordinanza rimasta inappellata), secondo cui “l’applicazione del principio del c.d. “cumulo alla rinfusa” adottata dal seggio di gara, contrasta con la ratio cui è ispirata la disposizione di cui all’art. 146 D. Lgs. n. 50/2016 e con le esigenze di tutela dei beni culturali - quale quello oggetto della presente gara - che pongono un collegamento diretto tra il possesso della qualificazione richiesta e l’esecuzione dei lavori”.

Deve, infatti, condividersi il parere dell’ANAC (delibera n. 1239 del 6.12.2018) - richiamato dalla ricorrente - “secondo il quale se principio generale del “cumulo alla rinfusa” dei consorzi stabili non è stato superato della legislazione in materia di contratti pubblici, non può essere applicato per le qualificazioni nelle gare per lavori relativi ai beni culturali per i quali vi è una chiara disposizione derogatoria costituita in particolare dall’art. 146 comma 2 del D. Lgs, n. 50 del 2016, laddove si stabilisce che “I lavori di cui al presente capo – ovverosia interventi sui beni culturali, n.d.e. - sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall’operatore che li ha effettivamente eseguiti. Il loro utilizzo, quale requisito tecnico, non è condizionato da criteri di validità temporale.”

La disposizione afferma con tutta evidenza che una determinata impresa che ha eseguito tale tipo di lavori potrà “spenderli” come requisito esclusivamente proprio.

Ne consegue che, se inserita in una struttura come un consorzio stabile, potrà farne uso per la propria qualificazione, senza né giovarsi di quelli eseguiti da altre imprese (sia pure associate o consorziate), né consentire ad altri di giovarsene.

L’interpretazione, letterale, ora tratta del comma 2 dell’art. 146 del codice dei contratti pubblici deve essere letta congiuntamente ai commi 1 e 3 dello stesso articolo, poiché il comma 1 dichiara espressamente che tali disposizioni sono dettate in conformità agli artt. 9-bis e 29 del codice dei beni culturali – D.Lgs. n. 42/2004 – per i quali coloro che seguono lavori attinenti detti beni necessitano del possesso dei requisiti qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela dei beni oggetto di intervento, con il corollario rafforzativo – comma 3 - dell’eccezionale esclusione dell’istituto dell’avvalimento, esclusione ammessa, per la specificità del settore, dallo stesso art. 36 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Gli artt. 9-bis e 29 del codice dei beni culturali richiamano, il primo la necessità che gli interventi operativi di tutela, protezione conservazione dei beni culturali siano affidati alla responsabilità ed all’attuazione secondo le rispettive competenze delle figure specializzate nei singoli settori ed il secondo - segnatamente il comma 6 - ribadisce la specificità in materia di progettazione e di esecuzione di opere su beni architettonici e richiede, altresì, che gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili vengano eseguiti in via esclusiva dai soggetti formalmente individuati come restauratori di beni culturali” (così Cons. di Stato, Sez. V, n. 6114/2018).

Nel caso di specie, dalla documentazione versata in atti, emerge chiaramente che, mentre il Consorzio è in possesso della qualificazione in categoria OG2, la consorziata designata esecutrice dei lavori ne è priva (e tale dato è pacifico e non contestato); sicché l’averlo ammesso e dichiarato aggiudicatario collide con il chiaro dettato normativo delle disposizioni sopra citate (il quale si è, da ultimo, arricchito del D.M. n. 154/2017 - di attuazione dell’art. 146 - che ha individuato i requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori in questione), la cui finalità è proprio “quella di evitare che l’intervento sui beni culturali sia effettuato da soggetti non qualificati, a prescindere dall’esistenza di qualcuno che se ne assuma la responsabilità nei confronti dell’amministrazione.

Si tratta, a giudizio del Collegio, di una previsione ragionevole e proporzionata, in quanto gli eventuali danni recati al patrimonio culturale sono irreversibili e non possono essere compensati in alcun modo” (cosi Tar Campania, Napoli, Sez. VI, n. 3795/2018).

Né vale eccepire, come fatto dal controinteressato, l’inammissibilità della doglianza per mancata impugnazione della lex specialis nella parte in cui richiederebbe - in tesi- il possesso della qualificazione nella categoria OG2 in capo al solo Consorzio e non anche alla consorzia esecutrice dei lavori, atteso che nel bando di gara non si rinviene alcuna espressa previsione che consenta di affidare i lavori oggetto di gara ad un’impresa consorziata priva della qualificazione de qua.

Inoltre, il possesso (in proprio) della qualificazione da parte dell’impresa designata esecutrice diretta dei lavori su beni coperti da tutela storico-artistica (e la conseguente esclusione in caso di mancata o parziale qualifica) “discende direttamente dalla legge, per cui oltre alla necessità del rispetto delle norme di qualificazione, una diversa soluzione (dalla esclusione) costituirebbe solamente un’elusione amministrativa in una Nazione che pone la tutela del proprio patrimonio culturale dei principi costituzionali fondamentali” (sempre Cons. di Stato, Sez. V, n. 6114/2018).

Alla luce delle superiori motivazioni, la doglianza è fondata e il ricorso va, quindi, accolto e, per l’effetto, annullati sia il provvedimento di ammissione del Consorzio Stabile F24 sia quello di aggiudicazione in suo favore, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure.

Le spese di lite, in ragione dei discordanti approdi giurisprudenziali esistenti in ordine alle questioni in rito e di merito esaminate dal Collegio e della complessità e particolarità delle stesse, vengono integralmente compensate tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez.I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla la determinazione di ammissione del Consorzio Stabile F24 di cui al verbale di gara del 22.5.2018 e la determinazione dirigenziale n. 623 del 7.6.2018 del Comune di Foggia – Ufficio contratti e appalti.

Spese integralmente compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2018 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri,           Presidente

Desirèe Zonno,          Consigliere, Estensore

Angelo Fanizza,         Primo Referendario

 

 

Guida alla lettura

 

Il “consorzio stabile” (art. 45, comma 2, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016) è un soggetto giuridico autonomo, costituito in forma collettiva e con causa mutualistica, che opera in base ad uno stabile rapporto organico con le imprese associate.

Nel previgente Codice era previsto che detta forma associativa, proprio in ragione del vincolo mutualistico che avvince le imprese associate, potesse giovarsi, senza dover ricorrere all’avvalimento, degli stessi requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del “cumulo alla rinfusa[1].

In particolare l’art. 36, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006 prevedeva che “il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”; ancora più nel dettaglio, l’art. 94 del D.P.R. 207/2010 disponeva (e dispone tuttora) quanto segue: “1. I consorzi stabili di cui agli articoli 34, comma 1, lettera c), e 36 del codice, eseguono i lavori o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante. 2. I consorzi stabili conseguono la qualificazione a seguito di verifica dell’effettiva sussistenza in capo alle singole consorziate dei corrispondenti requisiti. 3. Il conseguimento della qualificazione da parte del consorzio stabile non pregiudica la contemporanea qualificazione dei singoli consorziati, ma il documento di qualificazione di questi ultimi deve riportare la segnalazione di partecipazione ad un consorzio stabile…”.

Il portato di tale precetto normativo è che il Consorzio Stabile non era (e non è) obbligato in sede di gara ad indicare la consorziata qualificata per l’esecuzione dei lavori, potendo giovarsi dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse.

Il meccanismo del “cumulo alla rinfusa” per i consorzi stabili continua ad operare anche nel nuovo quadro ordinamentale conseguente alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016. In tal senso depongono l’art. 83, comma 2, e l’art. 216, comma 14, del citato decreto che sanciscono – nelle more dell’adozione di specifiche disposizioni ministeriali su proposta dell’Anac – la vigenza del detto meccanismo, com'è delineato dall’art. 36, comma 7, del D.Lgs. n. 163/2006, richiamato a sua volta dall’art. 81 del D.P.R. n. 207/2010[2].

 

Sulla portata di tale principio e, in particolare, sulla sua applicabilità agli appalti di lavori relativi a beni culturali, si riscontrano due opposte interpretazioni del disposto normativo di cui all'art. 146 del D.lgs. 50/2016, il quale prevede che per i lavori di questo tipo “è richiesto il possesso di requisiti di qualificazione specifici e adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento” (comma 1); tali lavori “sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall'operatore che li ha effettivamente eseguiti”.

L'Anac propone una lettura riduttiva della norma, rilevando che le disposizioni sulla qualificazione nell’ambito dei  contratti relativi ai beni culturali costituiscono una species delle norme sulla qualificazione in generale e che pertanto, sulla base del principio  interpretativo secondo cui “lex specialis derogat generali”, in tale  specifico settore i consorzi stabili possono indicare quali esecutori delle opere i soli consorziati che siano in possesso (in proprio) delle  qualificazioni richieste dalla lex specialis per l’esecuzione dei lavori  oggetto di affidamento[3].

Secondo una ricostruzione ermeneutica che tende, invece, ad ampliare in massimo grado la portata del richiamato precetto normativo, il secondo comma dell’art. 146 dispone unicamente in ordine alla spendita dei certificati di esecuzione dei lavori per l’incremento di qualificazione SOA da parte dell’impresa consorziata esecutrice, ma non modifica il regime di qualificazione dei consorzi stabili nelle gare per l’affidamento dei lavori su immobili sottoposti a vincolo storico-artistico[4].

Nella sentenza in commento la I sezione del Tar Bari aderisce al primo dei due orientamenti sopra illustrati. Oggetto del giudizio è la contestata ammissione di un Consorzio e la successiva aggiudicazione in suo favore di un appalto di lavori per il recupero architettonico di una chiesa.

Il principale motivo di contestazione a base della impugnazione è incentrato, per l'appunto, sul mancato possesso, da parte della consorziata per la quale concorreva il Consorzio, della qualificazione nella categoria OG2 (lavori su beni culturali) e del requisito di iscrizione alla C.C.I.I.A.A. per l’attività oggetto dell’appalto, espressamente richiesti dal bando di gara.

In rito, la Sezione dichiara ammissibile il ricorso presentato, tempestivamente e congiuntamente, contro l'ammissione alla gara e l'aggiudicazione dell'appalto, preferendo alla tesi propugnata sul tema dal Consiglio di Stato[5] quella già fatta propria dalla Sezione medesima nelle sentenze n. 1367/2016 e n. 529/2017[6], con conseguente ammissibilità del cumulo dell’impugnazione avverso l’ammissione e l’aggiudicazione, da trattarsi con il rito ordinario.

Nel merito la Sezione ritiene il ricorso fondato, tanto sul rilievo che “l’applicazione del principio del c.d. “cumulo alla rinfusa” adottata dal seggio di gara, contrasta con la ratio cui è ispirata la disposizione di cui all’art. 146 D. Lgs. n. 50/2016 e con le esigenze di tutela dei beni culturali - quale quello oggetto della presente gara - che pongono un collegamento diretto tra il possesso della qualificazione richiesta e l’esecuzione dei lavori”. La disposizione afferma, infatti, che un'impresa che ha eseguito lavori sui beni culturali potrà “spenderli” come requisito esclusivamente proprio. Ne consegue che, se inserita in una struttura come un consorzio stabile, potrà farne uso per la propria qualificazione, senza né giovarsi di quelli eseguiti da altre imprese (sia pure associate o consorziate), né consentire ad altri di giovarsene.

Tale interpretazione letterale del comma 2 dell’art. 146 del codice dei contratti pubblici deve essere letta congiuntamente ai commi 1 e 3 dello stesso articolo, poiché il comma 1 dichiara espressamente che tali disposizioni sono dettate in conformità agli artt. 9-bis e 29 del codice dei beni culturali – D.Lgs. n. 42/2004[7] – per i quali coloro che seguono lavori attinenti detti beni necessitano del possesso dei requisiti qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela dei beni oggetto di intervento, con il corollario rafforzativo – comma 3 - dell’eccezionale esclusione dell’istituto dell’avvalimento, esclusione ammessa, per la specificità del settore, dallo stesso art. 36 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Nel caso di specie la consorziata designata per l'esecuzione dei lavori è priva della qualificazione in categoria OG2; sicché l’averla ammessa e dichiarata aggiudicataria collide con il chiaro dettato normativo delle disposizioni sopra citate (il quale si è, da ultimo, arricchito del D.M. n. 154/2017 - di attuazione dell’art. 146 - che ha individuato i requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori in questione), la cui finalità è proprio quella di evitare che l’intervento sui beni culturali sia effettuato da soggetti non qualificati.

Si tratta, a giudizio del Collegio, di una previsione ragionevole e proporzionata, in quanto gli eventuali danni recati al patrimonio culturale sono irreversibili e non possono essere compensati in alcun modo[8].

 

 

[1]           Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2013 n. 2563.

[2]           Cfr. TAR Napoli, 28.06.2017 n. 3507; T.A.R. Lazio, Roma, n. 1324/2017; sul punto cfr. anche Anac, comunicato dell’8 giugno 2016 “sulle questioni interpretative relative all’applicazione delle disposizioni del d.lgs. 50/2016 nel periodo transitorio”.

[3]           Cfr. Anac,  delibera n.1239 del 6 dicembre 2017.

[4]           Cfr.  TAR Piemonte, 24.04.2018 n. 483

[5]           Secondo cui la novellata formulazione dell’art. 120, commi 2 bis e 6 bis imporrebbe la proposizione di due separati ricorsi: uno avverso l’ammissione e l’altro avverso l’aggiudicazione, assoggettati a riti differenti e tra loro incompatibili -graduando una diversa forma di specialità connessa a differenti esigenze di celerità-, con conseguente esame, in questa sede, della sola domanda avverso l’ammissione del controinteressato e dichiarazione d’inammissibilità di quella avverso l’aggiudicazione in suo favore. In proposito v. da ultimo Cons. di Stato, Sez. III, n. 310/2018.

[6]           Il sistema non esclude, bensì consente, l’impugnativa congiunta dei provvedimenti di ammissione e di aggiudicazione definitiva (ove tempestiva), non potendosi obliterare l’indubbia connessione oggettiva e soggettiva, idonea a giustificare la trattazione in un unico giudizio delle domande proposte, atteso che - a mente dell’art. 32, comma 1 c.p.a. - “È sempre possibile nello stesso giudizio il cumulo di domande connesse proposte in via principale o incidentale. Se le azioni sono soggette a riti diversi, si applica quello ordinario, salvo quanto previsto dal Titolo V del Libro IV” (cfr. paragrafo 3.2); l’applicabilità, in caso di cumulo di domande proposte avverso l’ammissione e l’aggiudicazione, del rito appalti disciplinato dall’art. 120 c.p.a., comma 6, desumendosi in via analogica dall’art. 32 c.p.a. la regola per cui, salvo deroghe espresse, deve ritenersi prevalente il rito meno speciale, ovvero quello in grado di fornire maggiori garanzie di difesa, per termini e adeguatezza del contraddittorio, per tutte le parti coinvolte nell’unica vicenda processuale (cfr. paragrafo 5). Diversamente opinando, va ribadito, ci sarebbe un’eccessiva compromissione del diritto delle parti di difendersi e contraddire, in ragione dalla iper brevità dei termini processuali di cui al più volte richiamato comma 6 bis, che non appare più giustificata ove si consideri che, a procedura di gara conclusa, viene a mancare l’interesse che il legislatore presume sussistere ab initio (indipendentemente dalla lesione conseguente alla mancata aggiudicazione) in capo a tutti i concorrenti, funzionale allo sviluppo della gara scevro da incertezze sui soggetti titolati a parteciparvi e di per sé idoneo a legittimare il ricorso avverso l’ammissione degli altri concorrenti, a prescindere dalla rispettiva collocazione nella graduatoria finale. E’ chiaro, infatti, che una volta sopravvenuto il provvedimento di aggiudicazione, viene meno la ratio sottesa al nuovo e speciale microsistema processuale, pacificamente individuata nella rapida costituzione di certezze giuridiche circa la “platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione” (cfr. sullo specifico punto parere del Consiglio di Stato n. 855/2016 del 1° aprile 2016), in modo da creare un giudicato formale che consenta lo sviluppo “pacificato” delle fasi successive della procedura (in termini, oltre T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, n. 1367/2016, cfr. TAR Campania, Napoli, sez. XIII, 5 maggio 2017, n. 2420 e 24 aprile 2017, n. 2230; sez. I, 19 gennaio 2017, n. 434).

[7]           Gli artt. 9-bis e 29 del codice dei beni culturali richiamano, il primo la necessità che gli interventi operativi di tutela, protezione conservazione dei beni culturali siano affidati alla responsabilità ed all’attuazione secondo le rispettive competenze delle figure specializzate nei singoli settori ed il secondo - segnatamente il comma 6 - ribadisce la specificità in materia di progettazione e di esecuzione di opere su beni architettonici e richiede, altresì, che gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili vengano eseguiti in via esclusiva dai soggetti formalmente individuati come restauratori di beni culturali.

[8]           In tal senso Tar Campania, Napoli, Sez. VI, n. 3795/2018.