Cons. Stato, sez. III, 7 novembre 2018 n. 6299

1. Ogni qualvolta emergano elementi che siano idonei, anche soltanto sotto il profilo potenziale, a compromettere tale delicato e cruciale ruolo di garante di imparzialità delle valutazioni affidato alle commissioni di gara, la semplice sostituzione di un componente rispetto al quale sia imputabile la causa di illegittimità dovrebbe dunque ritenersi né ammissibile, né consentita, in particolare nelle ipotesi in cui la commissione abbia già operato. Il rischio che il ruolo e l’attività di uno dei commissari, dichiarato incompatibile, possano avere inciso nei confronti anche degli altri commissari durante le operazioni di gara, influenzandoli verso un determinato esito valutativo, impedisce la sua semplice sostituzione ed implica la decadenza e la necessaria sostituzione di tutti gli altri commissari. La sostituzione totale di tutti i commissari (in luogo del solo commissario designato in modo illegittimo) garantisce maggiormente il rispetto del principio di trasparenza nello svolgimento delle attività di gara. Non è possibile estendere gli effetti dell’invalidità derivante dalla nomina di una commissione illegittima (…) anche a tutti gli altri atti anteriori, disponendo la caducazione radicale dell’intera gara, atteso che la stessa pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 7 maggio 2013, n. 13, ha stabilito inequivocabilmente e perentoriamente che “secondo i principi generali, la caducazione della nomina, ove si accerti, come nella specie, essere stata effettuata in violazione delle regole (…) comporterà in modo caducante il travolgimento per illegittimità derivata di tutti gli atti successivi della procedura di gara fino all’affidamento del servizio ed impone quindi la rinnovazione dell’intero procedimento. Vengono travolti per illegittimità derivata tutti gli atti successivi della procedura di gara fino all’affidamento del servizio, ma non certo gli atti anteriori, anche in ossequio al principio generale per il quale l’invalidità ha effetti nei confronti degli atti a valle, non certo degli atti a monte.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6895 del 2018, proposto da
Ge Medical Systems Italia S.p.A in proprio e quale mandataria costituendo Raggruppamento temporaneo di imprese con Hc - Hospital Consulting S.p.A e Siemens S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Antonio Lirosi e Marco Martinelli, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio Antonio Lirosi (Origoni & Partners) in Roma, via delle Quattro Fontane, 20;

contro

Società Regionale per la Sanità S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato Leopoldo Di Bonito, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;

nei confronti

Azienda Sanitaria Locale Caserta, Consorzio Tecnologie Campane non costituiti in giudizio;
Tecnologie Sanitarie S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato Valentino Vulpetti, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso il suo studio in Roma, via Sabotino 2/A;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 3063/2018, resa tra le parti, non notificata, nel ricorso proposto per l’annullamento, con riferimento al lotto 2, della determinazione del Direttore Generale n. 5 del 29 gennaio 2018, comunicata via PEC in pari data ex art. 76 del d.lgs. n 50 del 2016, con cui sono stati aggiudicati i lotti 1,2, 4 e 5 della gara indetta da So.re.sa. per l'affidamento “dei servizi integrati per la gestione e gestione e la manutenzione delle apparecchiature biomediche (S.I.G.M.A.) delle aziende del sistema sanitario della Regione Campania”, nonché dell'intera procedura e, segnatamente, dei verbali delle sedute pubbliche e riservate della Commissione e del Seggio di Gara, in particolare, dei verbali della Commissione da nn. 1 a 13, della determina di nomina della Commissione del direttore generale n. 128 del 16 giugno 2017, nonché della delibera del Consiglio di Amministrazione del 15 giugno 2016 di designazione dei componenti, nonché di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali, e, segnatamente del Bando, Disciplinare, del Capitolato tecnico;

FATTO

Con il ricorso in appello, indicato in epigrafe, la GE espone, in premessa, di essere uno dei principali operatori del mercato della manutenzione delle apparecchiature biomedicali e di aver partecipato a tre dei lotti messi in gara da So.re.Sa per l’affidamento del servizio manutenzione delle apparecchiature biomedicali delle aziende ospedaliere della regione Campania, e specificatamente, presentando offerta per il lotti 2 e 3 in RTI con HC e per il lotto 5 in RTI con HC e Siemens.

Vale precisare sin d’ora che, quanto al lotto 5, esso costituisce oggetto di autonoma impugnativa da parte di Ge, mentre HC ha proposto altro gravame avente cumulativamente più lotti; tali controversie trovano contestuale esame dinanzi a questo Consiglio.

La gara era indetta con bando GURI del 13 marzo 2017 ed in GUUE il 25 febbraio 2017 a seguito di determinazione di So.re.Sa n. 31 del 21 febbraio 2017 per un importo complessivo di euro 98.192.704; era previsto il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e la modalità di assegnazione del punteggio tecnico ed i relativi sub criteri erano specificati a pag. 42 del disciplinare.

Con riguardo al giudizio che occupa, la GE si duole che RTI EBM-Higea e TECNOLOGIE SANITARIE S.P.A. (TS)-CTC si siano aggiudicati rispettivamente i lotti 5 e 2 per quanto d’interesse, notando, tuttavia, che per i diversi lotti, nonostante i numerosi partecipanti, RBM e TS siano risultati concorrenti prevalenti.

Con il ricorso introduttivo del giudizio, la GE censurava:

1 – le modalità seguite dalla Commissione per l’attribuzione del punteggio tecnico discrezionale e la violazione della collegialità;

2 – la violazione del principio di pubblicità delle sedute di gara;

3 – la violazione del principio di imparzialità e terzietà dei membri della Commissione.

Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso con una sentenza resa in forma semplificata con le motivazioni che seguono.

A - Quanto al primo motivo:

- la Commissione non avrebbe abdicato allo scrutinio delle offerte dei concorrenti, ma si sarebbe limitata, in ossequio ai principi di economicità e celerità che notoriamente contraddistinguono le procedure di evidenza pubblica a richiamare pregresse valutazioni concernenti l’apprezzamento delle caratteristiche qualitative delle offerte dei concorrenti con la riserva di valutare nel merito l’eventuale sussistenza di vizi di contraddittorietà, disparità di trattamento, irragionevolezza, illogicità o manifesta erroneità delle valutazioni, in tale senso deporrebbe il verbale n. 10 del 20 ottobre 2017 relativo al lotto 2 da cui emerge “che la commissione si è limitata a prendere atto della parziale sovrapponibilità, non già delle offerte tecniche nel loro complesso, ma solo “dell’approccio metodologico e delle migliorie proposte, in relazione ai parametri e ai sub-criteri oggetto di valutazione” senza abdicare in alcun modo allo scrutinio del merito delle offerte presentate dai concorrenti””;

- in assenza di profili di irragionevolezza il giudizio della commissione è insindacabile;

- la disciplina di settore e la lex specialis di gara non vietano ai commissari di esprimere una valutazione concorde, né di pervenire ad essa attraverso una condivisione collegiale dell’apprezzamento da svolgere che, a sua volta, conduca a giudizi individuali omogenei.

B - Quanto al secondo motivo:

- benché il disciplinare di gara prevedesse all’art. 19.2 l’obbligo della Commissione di procedere allo sblocco delle “buste tecniche” collocate a sistema (trattandosi invero di procedura telematica) e alla constatazione della documentazione ivi contenuta, la censura relativa alla mancata verbalizzazione della fase di apertura in seduta pubblica sarebbe infondata in punto di fatto, in quanto nel verbale n.1 del 24 luglio 2017 la Commissione di aggiudicazione dava atto di essersi riunita al fine proprio di procedere allo sblocco in seduta pubblica della documentazione tecnica prodotta dai partecipanti, alla presenza dei rappresentanti delle ditte interessate i cui nominativi venivano annotati nel foglio “registrazione presenze” (sottolineando che tra questi ultimi figura anche un rappresentante della società ricorrente).

C – Quanto al terzo motivo:

- sarebbe, altresì, infondata la dedotta violazione degli obblighi di segnalazione e di apprezzamento delle situazioni potenzialmente incidenti sulla legittimità dell’atto di nomina con riguardo all’ing. Flaminio Salvatore, Direttore U.O.C. Tecnologie Informatiche dell’A.S.L. Napoli 2 Nord, che ha avuto in passato esperienze professionali con l’impresa concorrente Elettronica Bio Medicale; nonché all’ing. Matteo Balsamo, Direttore U.O.C. Servizio Tecnico Area Nord dell’A.S.L. Napoli 3 Sud, ha un figlio (ing. Antonio Balsamo) che in passato ha svolto attività lavorativa presso la predetta società Elettronica Bio Medicale fino al mese di novembre 2016, poiché i fatti evocati avrebbero semmai potuto comportare una causa di astensione facoltativa.

Avverso la sentenza di primo grado propone, dunque, appello la GE, capovolgendo l’ordine dei motivi come di seguito esposto:

I – error in iudicando in relazione al terzo motivo di ricorso: violazione del principio di imparzialità e terzietà dei membri della Commissione; illegittimità della composizione della Commissione; violazione e falsa applicazione degli artt. 11, cod.proc.civ., per infrapetiziaone, dell’6-bis, l. n 241 del 1990, degli artt. 42 e 77 del d.lgs. n. 50 del 2016, dell’art. 7 del d.P.R. n. 62 del 2013, dell’art.51 cod.proc.civ, dell’art. 97 Cost.; violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento; eccesso di potere per difetto di istruttoria, sviamento;

II. error in iudicando in relazione al primo motivo di ricorso, sulla violazione del principio di pubblicità delle sedute di gara; violazione degli artt. 19.2. e 19.3. del disciplinare, dell’art. 78 del codice dei contratti e delle Linee Guida dell’ANAC n. 5;

III. error in iudicando in relazione al secondo motivo di ricorso, sulle modalità seguite dalla Commissione per l’attribuzione del punteggio tecnico discrezionale e sulla violazione del principio di collegialità, violazione e falsa applicazione dell’art. 18.1 del Disciplinare, degli artt. 77 e 78 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 84 del d.lgs. 163 del 2006, dell’art. 97 Cost. e dei principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento.

La GE chiede, dunque, l’annullamento della sentenza di primo grado e, conseguentemente degli atti di gara, concludendo per l’illegittimità dell’intera procedura, in via prioritaria per l’alterazione delle regole di imparzialità relative alla composizione della Commissione e, di poi, per gli ulteriori vizi attinenti alla pubblicità della procedura ed all’attribuzione dei punteggi.

Si è costituita la So.Re.Sa. s.p.a., eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del primo ordine di censure, poiché la GE non avrebbe chiesto la sostituzione dei componenti della Commissione, così sostanzialmente facendo acquiescenza alle nomine ed ancora, non avrebbe notificato il ricorso ai commissari da intendersi quali controinteressati. Nel merito ha controdedotto sui singoli motivi.

Si è costituita, altresì, la controinteressata, TS, riproponendo, in via preliminare, l’eccezione di inammissibilità non esaminata dal primo giudice, relativa alla carenza di interesse in capo all’appellante per mancanza della c.d. prova di resistenza.

Ulteriormente ha evidenziato che, in data 28 febbraio 2018 è intervenuta la stipulazione della convenzione-quadro relativa al lotto n. 3 tra Tecnologie Sanitarie e So.re.sa., mentre, in data 23 maggio 2018, è stata stipulata la convenzione relativa al lotto 2. Successivamente, le suddette convenzioni sono state attuate ed eseguite tramite gli ordinativi di fornitura presso l’AORN Caserta, l’ASL Avellino, l’ASL Benevento, l’AORN Moscati e l’AORN Rummo.

Di qui ha eccepito la mancanza di interesse della parte appellante che sarebbe conclamata dalla mancata proposizione della domanda di inefficacia e di subentro.

A seguito di ulteriori memorie, all’udienza del 25 ottobre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I – Osserva il Collegio che, in via del tutto preliminare, al fine di circoscrivere esattamente l’oggetto dell’appello deve rilevarsi che la parte appellante ha posto in evidenza, nel presente grado di giudizio, il preminente interesse alla rinnovazione della gara, diversamente articolando l’ordine delle censure.

Ne discende che per primo dovrà essere esaminato il motivo di appello attinente all’errore della sentenza di prime cure con riferimento ai vizi inerenti alla composizione e alla nomina della Commissione e, solo in via gradata, gli altri due profili.

II – Venendo, dunque, ad esaminare le eccezioni di inammissibilità formulate dalle parti appellate, rileva il Collegio che esse non possono essere condivise.

II. 1 – Non è fondata l’eccezione di inammissibilità per mancata immediata impugnazione poiché, come ribadito, da ultimo, dall’Adunanza Plenaria (n. 8 del 2018): “non è possibile affermare che si possa trarre dalla disposizione di cui ai commi 2 bis e 6 bis dell’art. 120 c.p.a. una tensione espressiva di un principio generale secondo cui tutti i vizi del bando dovrebbero essere immediatamente denunciati, ancorché non strutturantisi in prescrizioni immediatamente lesive in quanto escludenti”; tale principio trova ancora più riscontro proprio con riferimento ai vizi di composizione della Commissione, in quanto si può notare come “nello schema originario del codice dei contratti pubblici, sottoposto al parere del Consiglio di Stato, si prevedeva un’estensione del detto rito, ma limitata unicamente alla composizione della commissione”, poi, tuttavia, “ il testo definitivo ha espunto tale indicazione, recependo i suggerimenti dell’organo consultivo, incentrate sul vincolo imposto dalla legge di delega, che non contemplava tali ipotesi”.

Ne discende, pertanto, che l’interesse all’impugnazione degli atti di gara per vizi attinenti alla composizione della Commissione non può che radicarsi ad esito della gara; mentre per lo stesso motivo, non potendo la parte conoscere l’esito della procedura, non può di contro neppure formarsi acquiescenza a riguardo.

II. 2 –Inoltre, deve evidenziarsi che il Collegio ha ben presente l’orientamento, fatto proprio dalla Sezione (cfr. sentt. n. 2050/2015, n. 619/2015 e n. 571/2014), secondo il quale il ricorrente, per superare la prova di resistenza, nel sottoporre a critica l’operato della Commissione di gara, deve esplicitare le caratteristiche della propria offerta e raffrontarle con quelle dei concorrenti, e dimostrare che la propria offerta avrebbe meritato un punteggio più alto o una valutazione comparativamente migliore, al punto da poter conseguire il risultato sperato.

Tuttavia, come osservato dalla Sezione stessa (sentenza n. 921 del 2016) “la prova di resistenza deve assumere diversa consistenza a seconda del contesto di gara nell’ambito del quale viene effettuata. Qualora venga messa in dubbio la legittimità di alcuni criteri di valutazione o l’applicazione che la Commissione ne abbia fatto, è certamente corretto ritenere che il ricorrente debba dimostrare che, accogliendo l’interpretazione alternativa che propone, avrebbe potuto conseguire l’aggiudicazione.

…Qualora, invece, venga censurata la (sostanziale) assenza complessiva di prefissati criteri di valutazione delle offerte tecniche, e dunque una lex specialis tale da demandare in modo decisivo l’esito della gara alle scelte discrezionali in senso stretto della Commissione giudicatrice, è la stessa natura del vizio demolitorio che rende sufficiente una prospettazione come quella data dall’appellante. Nel senso che la prova di resistenza si intende superata se le risultanze della gara non consentono di escludere che l’offerta del ricorrente, attraverso una diversa valutazione, potesse divenire aggiudicataria” (in terminis anche Cons. St., Sez. V, n. 1292 del 2018 ).

Orbene, seppure è vero che nella gara oggetto di controversia l’appellante si classificava quarta con rifermento al lotto 2 (ed al lotto 5), non può non rilevarsi come sia proprio la natura dei vizi dedotti che tende a minare la legittimità sotto il profilo dell’imparzialità del giudizio della Commissione di gara (cui, peraltro, era demandato un apprezzamento discrezionale pari al 25%)..

II. 3 – Quanto alla mancata notificazione ai commissari, anche tale eccezione è infondata.

Infatti, nella specie si censura non tanto l’operato dei commissari medesimi, quanto la determina di nomina della Commissione del direttore generale n. 128 del 16 giugno 2017, nonché della delibera del Consiglio di Amministrazione del 15 giugno 2016 di designazione dei componenti, non costituendo oggetto della presente lite ogni eventuale responsabilità dei commissari medesimi in relazione alle dichiarazioni svolte.

Orbene, come è noto, la nozione di controinteressato in senso tecnico, postula la contestuale presenza di due elementi, l’uno di tipo formale ovvero l’espressa menzione del soggetto nel provvedimento impugnato o, comunque, la sua agevole individualità, l’altro di tipo sostanziale, consistente nel riconoscimento, in capo a tale soggetto, di un interesse giuridico qualificato al mantenimento degli effetti dell’atto gravato.

Nella specie, i commissari non hanno un interesse differenziato e qualificato uguale e contrario a quello del ricorrente, atteso che semmai nella specie che occupa, vengono in esame due diversi beni della vita rispetto ai quali manca proprio quella qualità di ‘uguale/contrario’ che si è individuato quale elemento caratterizzante dell’interesse facente capo al controinteressato: - la ripetizione della gara ( e lo svolgimento della stessa secondo le regole dell’imparzialità e di buona amministrazione per l’appellante), semmai un interesse alla retribuzione dell’incarico svolto e la non assegnabilità alla condotta tenuta di una qualificazione illecita.

II. 4 – Quanto, infine, alla mancanza di interesse per assenza di una domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto, deve farsi riferimento alla giurisprudenza di questo Consiglio (n. 1126 alla n. 1137 del 2016), che, richiamando l’Adunanza Plenaria n. 13 del 2011, ha precisato che “…l’articolo 122” che “regola l’inefficacia del contratto attribuendo al giudice di stabilire se dichiarare tale inefficacia, tenendo conto degli elementi ricordati dagli appellanti, e soprattutto, se vi sono elementi per ritenere che l’appalto possa essere aggiudicato al ricorrente vittorioso (Cons. St., Sez. 6, 15 giugno 2010, n. 3759)…e’ applicabile, testualmente, “nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara””.

E’ stato quindi sancito il principio in base al quale, laddove debba essere rinnovata l’intera gara, ciò implica la potestà del giudice di caducare l’atto negoziale medio tempore stipulato.

Orbene, alla luce della precisazione di cui al punto I della presente decisione, nella specie che occupa, la tesi dell’appellante è primariamente volta ad inficiare l’intera procedura, poiché nella prospettazione di parte istante dalla composizione della Commissione risulterebbero alterati i principi di imparzialità e buona amministrazione, derivandone significativamente, peraltro, la prevalenza nei vari lotti – nonostante i numerosi concorrenti – di solo due partecipanti RTI EBM Higea e TS-CTC, rispetto ai quali sono formulati i dedotti profili di incompatibilità di due commissari su tre.

III – Passando, dunque, ad esaminare i motivi di appello, come detto, assume prioritaria rilevanza il dedotto errore del primo giudice nel sottovalutare la portata dell’incompatibilità dei commissari.

Il motivo è fondato.

Ribadiscono le Linee Guida Anac n. 5 del 2016 come aggiornate con deliberazione n. 4 del 2018 sui criteri di nomina dei commissari che:

Al momento dell’accettazione dell’incarico, o in una fase antecedente, i commissari di gara devono dichiarare l’inesistenza delle cause d’incompatibilità o di astensione. L’assenza di cause di incompatibilità, astensione, esclusione previste dall’art. 77 del Codice dei contratti pubblici e dalle presenti Linee guida deve persistere per tutta la durata dell’incarico. Si tratta in particolare di:

a) le cause di incompatibilità di cui all’art. 77, comma 4, del Codice dei contratti pubblici;

b) non avere, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale per l’affidamento in esame. Non trovarsi in alcuna delle situazione di conflitto di interesse di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62. In particolare, non possono essere assunti incarichi di commissario qualora la suddetta attività può coinvolgere interessi propri, ovvero di parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente;

c) non aver ricoperto cariche di pubblico amministratore (componente di organo amministrativo, incarichi amministrativi di vertice), nel biennio antecedente all'indizione della procedura di aggiudicazione, per l’amministrazione che ha indetto la gara.

3.7 Il dipendente delle amministrazioni aggiudicatrici deve produrre, oltre alla dichiarazione sull’insussistenza delle cause ostative previste dall’articolo 77 del Codice dei contratti pubblici e dalle presenti Linee guida e di impedimento all’incarico, anche l’autorizzazione di cui all’articolo 53, comma 7, del d.lgs. 165/2001 della propria amministrazione, o per chi non è assoggettato alla disciplina di cui al d.lgs. 165/2001 nei casi in cui è prevista dagli ordinamenti peculiari delle singole amministrazioni”.

Dalla lettura delle Linee guida e dell’art. 77 codice dei contratti menzionato, si evince che i divieti di partecipazione alle commissioni di gara non si esauriscono nelle previsioni di cui ai commi 4 e 5 della norma che recitano: “I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun'altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura.

5. Coloro che, nel biennio antecedente all'indizione della procedura di aggiudicazione, hanno ricoperto cariche di pubblico amministratore, non possono essere nominati commissari giudicatori relativamente ai contratti affidati dalle Amministrazioni presso le quali hanno esercitato le proprie funzioni d'istituto”.

Altri sono contenuti nel successivo comma 6 – rispetto al quale poi si connettono gli obblighi di auto dichiarazione da parte dei commissari medesimi: “6. Si applicano ai commissari e ai segretari delle commissioni l'articolo 35-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l'articolo 51 del codice di procedura civile, nonché l'articolo 42 del presente codice. Sono altresì esclusi da successivi incarichi di commissario coloro che, in qualità di membri delle commissioni giudicatrici, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all'approvazione di atti dichiarati illegittimi”.

Per quanto qui d’interesse si evince dalla lettera delle norme, attraverso il sistema di rinvii, che la disciplina relativa alla composizione della Commissione coinvolge molteplici aspetti, ed in particolare, oltre a quelli della competenza e della non influenzabilità del giudizio (cui fanno riferimento più prettamente il 4° e 5° co. dell’art. 77 cit.), anche di prevenzione delle frodi e della corruzione attraverso l’eliminazione del conflitto di interessi.

Il comma 2 del richiamato art. 42 recita “Si ha conflitto d’interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l'obbligo di astensione previste dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013 n. 62”.

L’art. 7 dispone: “1. Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.

Dalla lettura della norma discende che quanta alla prima parte non si verte in ipotesi di mera facoltà, quanto piuttosto di dovere, essendo l’astensione facoltativa prevista per gli altri casi.

Vale precisare, per quanto d’interesse, che il complesso principi di cui al menzionato art. 77, come integrato dalle disposizioni in esso stesso richiamate, deve trovare applicazione alla fattispecie in esame, risultano indifferente la questione del completamento della disciplina inerente l’Albo dei commissari.

La disciplina dell’incompatibilità risulta, dunque, arricchita di quei profili (già presenti, nell’ordinamento, con riguardo alla magistratura) tendenti alla salvaguardia dell’immagine di imparzialità ed ad evitare che possa determinarsi un’oggettiva ‘confusione’ tra valutatore e concorrente, di per sé idonea ad appannare l’immagine di imparzialità e di buona amministrazione.

Ciò posto, deve rilevarsi che quanto all’Ing. Balsamo risulta agli atti (e dalla sentenza appellate) che l’esperienza professionale rispetto alla quale si radicherebbe l’incompatibilità non è diretta, ma riguarda il figlio che, sebbene distaccato presso l’impresa concorrente, era in realtà dipendente di una società di lavoro interinale che è estranea alla gara con incarico cessato prima della gara (v. chiarimenti del 20 dicembre 2017 resi del commissario agli atti del giudizio di primo grado).

Con riferimento a tale posizione, ritiene il Collegio che la natura c.d. ‘triangolare’ del rapporto di lavoro, che coinvolge il somministratore, l'utilizzatore e il lavoratore, e si caratterizza per la scissione tra la titolarità del rapporto di lavoro (che fa capo all’agenzia somministratrice) e l’effettiva utilizzazione del lavoratore che compete all’utilizzatore, tuttavia non sottrae il dipendente dal diretto controllo dell’utilizzatore medesimo ed in ogni caso, non è idonea ad eliminare quella ‘confusione’ di ruoli di cui si è detto.

Con riferimento alla posizione dell’Ing. Flaminio, risulta, in effetti, che lo stesso avesse svolto attività lavorativa personalmente presso l’EBM sia pur quattordici anni addietro.

Ciò non di meno, da un lato, tale lasso temporale non costituiva motivo di esonero dalla dichiarazione da parte del commissario del predetto rapporto, mentre la compresenza nella medesima Commissione di due commissari legati (seppure in passato o indirettamente per tramite del figlio) alle imprese concorrenti rafforza la percezione di compromissione dell’imparzialità che, invece la disciplina vuole garantire al massimo livello, al fine di scongiurare il ripersi nelle gare pubbliche di fenomeni distorsivi della par condicio e di una ‘sana’ concorrenza tra gli operatori economici.

Ed ancora, va rilevato che – per quanto già evidenziato – il fatto che il rilievo di eventuali legami sia rimesso alla autodichiarazione dei commissari medesimi, non rende il motivo di incompatibilità meno stringente o vincolante per l’Amministrazione, cui comunque è rimesso il controllo.

A riguardo, ritiene il Collegio di dover fare applicazione dei principi recentemente affermati dalla Sezione (sentenza n. 4830 del 2018):

- “ogni qualvolta emergano elementi che siano idonei, anche soltanto sotto il profilo potenziale, a compromettere tale delicato e cruciale ruolo di garante di imparzialità delle valutazioni affidato alle commissioni di gara, la semplice sostituzione di un componente rispetto al quale sia imputabile la causa di illegittimità dovrebbe dunque ritenersi né ammissibile, né consentita, in particolare nelle ipotesi in cui la commissione abbia già operato;

- il rischio che il ruolo e l’attività di uno dei commissari, dichiarato incompatibile, possano avere inciso nei confronti anche degli altri commissari durante le operazioni di gara, influenzandoli verso un determinato esito valutativo, impedisce la sua semplice sostituzione ed implica la decadenza e la necessaria sostituzione di tutti gli altri commissari;

- la sostituzione totale di tutti i commissari (in luogo del solo commissario designato in modo illegittimo) garantisce maggiormente il rispetto del principio di trasparenza nello svolgimento delle attività di gara;

- non è possibile estendere gli effetti dell’invalidità derivante dalla nomina di una commissione illegittima (…) anche a tutti gli altri atti anteriori, disponendo la caducazione radicale dell’intera gara, atteso che la stessa pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 7 maggio 2013, n. 13, ha stabilito inequivocabilmente e perentoriamente che “secondo i principi generali, la caducazione della nomina, ove si accerti, come nella specie, essere stata effettuata in violazione delle regole (…) comporterà in modo caducante il travolgimento per illegittimità derivata di tutti gli atti successivi della procedura di gara fino all’affidamento del servizio ed impone quindi la rinnovazione dell’intero procedimento”;

- vengono travolti per illegittimità derivata tutti gli atti successivi della procedura di gara fino all’affidamento del servizio, ma non certo gli atti anteriori, anche in ossequio al principio generale per il quale l’invalidità ha effetti nei confronti degli atti a valle, non certo degli atti a monte”.

Nella specie che occupa, la concomitante presenza in commissione di ben due commissari che hanno avuto rapporti – direttamente o indirettamente – con uno dei concorrenti appare integrare l’ipotesi di conflitto di interessi di cui all’art. 42 del codice dei contratti, che, per come è formulata la norma, include anche la percezione di un pericolo di imparzialità.

Tale interpretazione risulta, peraltro confermata dalla molteplicità di strumenti che il nostro ordinamento ha predisposto con finalità di prevenzione dei fenomeni corruttivi e dell’azione della criminalità organizzata, strumenti che, peraltro, hanno passato il vaglio del giudice sovrannazionale proprio in considerazione della peculiarità della situazione nazionale.

Basti ricordare come la Corte di Giustizia, Sez. X, 22 ottobre 2015, nella causa C-425/14, abbia rilevato che «va riconosciuto agli Stati membri un certo potere discrezionale nell’adozione delle misure destinate a garantire il rispetto del principio della parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza, i quali si impongono alle amministrazioni aggiudicatrici in tutte le procedure di aggiudicazione di un appalto pubblico», perché «il singolo Stato membro è nella posizione migliore per individuare, alla luce di considerazione di ordine storico, giuridico, economico o sociale che gli sono proprie, le situazioni favorevoli alla comparsa di comportamenti in grado di provocare violazioni del rispetto del principio e dell’obbligo summenzionati».

Ed è dunque, proprio nell’ambito della valutazione svolta dal legislatore, di cui si è detto, che devono trovare interpretazione coerente le norme sopra menzionate, come finalizzate alla garanzia della imparzialità ed al buon andamento dell’azione della pubblica amministrazione.

A fronte di siffatte conclusioni, non appare rilevante in quale lotto siano risultate vincitrici TS o EBM, essendo la situazione di conflitto di interessi sopra evidenziata, capace di inficiare il giudizio espresso dall’intera Commissione.

IV - Dunque, si deve concludere che la fondatezza del motivo esaminato è idonea a determinare (anche in ragione dei criteri di cui all’ Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5) l’accoglimento dell’appello, e, conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, l’accoglimento del ricorso di primo grado n. 902/18 e l’annullamento – con riferimento al lotto d’interesse - della delibera di designazione dei componenti della Commissione e, conseguentemente degli atti successivi della procedura (e non anche degli atti precedenti, quali il bando ed il disciplinare ed il capitolato che sono anteriori), dovendo, per l’effetto, disporsi la nuova nomina della Commissione di gara e la riedizione delle valutazioni.

Per ragioni di economia processuale, possono essere assorbiti gli altri motivi di ricorso.

V - Da quanto sin qui evidenziato, deriva altresì che deve essere anche dichiarata l’inefficacia dell’affidamento, a prescindere dalla richiesta specifica della parte, ricadendo l’ipotesi nella esclusione disposta dall’art. 122 della necessità di una specifica valutazione dell’interesse delle parti e pubblico.

VI – Le spese di lite seguono il principio della soccombenza, pertanto la Società regionale per la Sanità deve essere condannata al pagamento in favore della GE appellante delle spese del doppio grado di giudizio che sono determinate in euro 2000,00 (duemila/00) oltre IVA e CPA, sono compensate con riguardo all’altra parte del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, ed in accoglimento del ricorso di primo grado n. 902/18, annulla – nei limiti d’interesse - la delibera di designazione dei componenti della commissione e, conseguentemente gli atti successivi della procedura gravati (e non anche degli atti precedenti, quali il bando ed il disciplinare ed il capitolato che sono anteriori), dovendo, per l’effetto, disporsi la nuova nomina della Commissione di gara e la riedizione delle valutazioni, con gli ulteriori effetti richiamati in motivazione sugli atti di affidamento del contratto.

Condanna la Società regionale per la Sanità al pagamento in favore della GE appellante delle spese del doppio grado di giudizio, che sono determinate in euro 2000,00 (duemila/00) oltre IVA e CPA; compensa per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Guida alla lettura

Nella pronuncia in esame il Consiglio di Stato ribadisce la caducazione dell’intera commissione in presenza di condotte lesive del principio di imparzialità: a fronte di elementi idonei a comprovare una compromissione, anche solo potenziale, delle valutazioni poste in essere da una commissione di gara, non può ammettersi la sostituzione del singolo componente macchiatosi di condotte illegittime, al contrario dovendosi procedere con la sostituzione dell’intera commissione, essendo altamente probabile l’inquinamento prodotto dalla singola condotta rispetto all’intera attività valutativa.

Detta decadenza, tuttavia, non produce effetti invalidanti rispetto all’intera gara, ma solo un’illegittimità derivata degli atti successivi.

Nel formulare il presente principio di diritto il Consiglio di Stato si sofferma preliminarmente sull’individuazione dell’interesse all’impugnazione degli atti di gara per vizi attinenti alla composizione della commissione, al riguardo statuendo che tale interesse non può che radicarsi in una fase successiva della gara, la parte non potendo a monte conoscere l’esito della procedura. Ne consegue che la sua non immediata impugnazione non può essere letta in termini di acquiescenza.

Secondariamente, poi, i Giudici di Palazzo Spada operano un’ampia ricostruzione della disciplina del conflitto di interessi in materia di procedura ad evidenza pubblica, in specie richiamando le linee guida ANAC n. 5 del 2016 (come modificate con deliberazione n. 4 del 2018) oltre che gli artt. 42 e 77 commi 4, 5 e 6 del Codice dei Contratti pubblici, evidenziando come la disciplina dell’incompatibilità delineata dal nuovo Codice “risulti arricchita di quei profili (già presenti nell’ordinamento con riguardo alla magistratura) tendenti alla salvaguardia dell’immagine di imparzialità e ad evitare che possa determinarsi un’oggettiva confusione tra valutatore e concorrente, di per sé idonea ad appannare l’immagine di imparzialità e buona amministrazione tipiche delle PP.AA.”.

Il Collegio in sostanza richiama i principi di recente delineati dalla medesima III sezione con pronuncia n. 4830/2018, nella quale si è affermato come il rischio che il ruolo e l’attività anche solo di un solo commissario, dichiarato incompatibile, possano aver inciso nei confronti degli ulteriori componenti la commissione nell’espletamento di tutte le attività di gara, impedisce la sua semplice sostituzione, ex adverso imponendo la decadenza e dunque la necessaria sostituzione dell’intera commissione.

Solo in tal modo dunque si ritiene maggiormente garantito l’imprescindibile principio di trasparenza nello svolgimento delle operazioni di gara.