C.G.A. Sicilia, Sez. giur., 4 dicembre 2018, n. 978

1. In una pubblica gara relativa ad un servizio da aggiudicare mediante il criterio del minor prezzo, la discordanza - nell’offerta di un concorrente - fra ribasso espresso in valore assoluto e ribasso espresso in valore percentuale, deve essere risolta facendo applicazione della norma speciale contenuta nel bando di gara, che, esplicitamente, abbia disposto nel senso di doversi ritenere valida l’indicazione più vantaggiosa per l’amministrazione, nell’ipotesi di divergenza “di qualsiasi genere” fra “gli importi” indicati; infatti, la percentuale di ribasso non è altro che un “importo” espresso in percentuale piuttosto che in valore assoluto e  non vi è alcun elemento, in una disposizione di questo tenore, per ritenere che l’espressione adoperata (“di qualsiasi genere”) abbia inteso limitarne l’applicazione al solo caso di divergenza fra indicazione in lettere e indicazione in cifre del prezzo espresso in valore assoluto.

2. Ai fini del risarcimento del danno per equivalente in favore del concorrente illegittimamente pretermesso, malgrado avesse fatto l’offerta più vantaggiosa - in una pubblica gara per una fornitura a temine, da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo - deve ritenersi in re ipsa la responsabilità dell’Amministrazione per la mancata aggiudicazione, ove questa si ponga in rapporto di causalità diretta ed esclusiva con l’errore in cui è incorsa l’Amministrazione medesima nell’interpretare (restrittivamente) una clausola speciale del bando di gara (nel caso di specie, avente ad oggetto la fissazione di un criterio inderogabile di preferenza, nell’ipotesi di discrepanza fra valore assoluto e valore percentuale, nella formulazione dell’offerta).

Conforme: C.G.A. Sicilia, Sez. Giur., 11 dicembre 2018, n. 543

 

 

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 617 del 2017, proposto dalla società Cogiatech s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Andrea Scuderi e Giovanni Mandolfo, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Daniela Macaluso in Palermo, via Ventura 1;

contro

Airgest s.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. Federico Cappella, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Domenico Cantavenera, in Palermo, via Notarbartolo n.5;

nei confronti

Selcom s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza n.1025 del 14.4.2017 resa dal T.A.R. Sicilia di Palermo, Sez. III^;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Airgest s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2018 il Cons. Carlo Modica de Mohac e uditi per le parti gli Avv.ti Giovanni Mandolfo e Federico Cappella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

I.         Con bando pubblicato nella GURI del giorno 1 agosto 2016, l’Airgest s.p.a. (d’ora in poi denominata “stazione appaltante”) indiceva una procedura aperta per l’affidamento del servizio di manutenzione ordinario e straordinario degli impianti tecnologici ed elettrici relativi all’Aeroporto civile “V. Florio” di Trapani Birgi, da aggiudicarsi mediante il criterio del minor prezzo per importo a base d’asta pari a € 310.370,02, oltre a € 20.008,28 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso.

La Cogiatech s.r.l. presentava un’offerta nella quale veniva indicato un prezzo complessivo pari ad €.234.557, 97 (comprensivo degli oneri di sicurezza non soggetti a ribasso pari a € 20.008,28); somma che corrisponde ad un ribasso pari al 27,97%, ma (per un probabile mero errore materiale) indicava, nell’apposita casella, di aver offerto un ribasso pari al 23,01/%.

La Commissione di gara, anziché tener conto che il prezzo più conveniente per l’Amministrazione era quello in valore assoluto (pari, cioè, ad €.234.557,97, corrispondente al ribasso percentuale del 27,97%) effettuava il calcolo sul ribasso del 23,01% quantificando la cifra offerta in €.238.953,88.

Quindi aggiudicava la gara alla Selcom s.r.l., ritenuta la migliore offerente, con un ribasso del 26,25%.

II.        Con ricorso n. 3466/2016, proposto innanzi al TAR Sicilia di Palermo, la società Cogiatech s.r.l. impugnava il provvedimento di aggiudicazione dell’8 novembre 2016, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia.

Lamentava al riguardo:

a)         la non corretta valutazione del ribasso dalla stessa offerto, deducendo che la Commissione di gara avrebbe dovuto tener conto del prezzo offerto in valore assoluto, che rappresentava l’offerta più conveniente per l’Amministrazione;

b)        la mancata esclusione della società Selcom, deducendo che la stessa non si era avvalsa del DGUE, contrariamente a quanto stabilito dall’art. 85 del nuovo codice degli appalti;

c)         la violazione dell’art. 5 D.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 6 del DPR n. 74/2013, deducendo che la controinteressata avrebbe dichiarato di voler subappaltare oltre il 30% dei servizi, nonché la figura del Terzo Responsabile, in deroga alla normativa richiamata.

La società Airgest si costituiva, contestando le censure formulate dalla ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 62/2017, confermata in appello con ordinanza del CGA n. 191/2017, la domanda cautelare veniva respinta.

III.       Infine, con sentenza n. 1025/2017 il TAR Sicilia di Palermo ha respinto il ricorso.

In particolare il giudice di primo grado ha ritenuto che le disposizioni del bando e del disciplinare di gara che stabiliscono che in caso di discordanze fra gli importi indicati dev’essere ritenuta valida l’offerta più conveniente per l’Amministrazione, non sarebbero applicabili alla fattispecie dedotta in giudizio, in cui viene in rilievo una discordanza tra ‘ribasso’ offerto (in termini percentuali) e ‘prezzo’ indicato (in cifra assoluta).

IV.       Con ricorso n. 617/2017, la soccombente società Cogiatech, ha impugnato la sentenza in questione ribadendo e sviluppando le doglianze di cui al ricorso introduttivo.

Ritualmente costituitasi, la stazione appaltante ha eccepito l’infondatezza del gravame chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

La società Selcom non si è costituita in giudizio.

Con ordinanza n. 538 del 2.8.2017, il CGA ha accolto l’istanza cautelare e per l’effetto ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.

Nel corso del giudizio le parti hanno insistito, con ulteriori scritti difensivi, nelle rispettive domande ed eccezioni.

Infine, all’udienza fissata per la discussione conclusiva sul merito dell’appello, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato; e va accolto nei sensi, nei limiti e per gli effetti di seguito indicati.

1.1. Con il primo mezzo di gravame l’appellante lamenta l’ingiustizia dell’impugnata sentenza per violazione del punto VI.3 del bando e del disciplinare di gara deducendo che il Giudice di primo grado ha errato nel ritenere che tale disposizione non fosse applicabile alla fattispecie.

La doglianza merita condivisione.

Il punto VI.3 del bando prevede che nel caso in cui nell’offerta si riscontri una discordanza di qualsiasi genere fra gli importi indicati, dev’essere considerata valida l’indicazione più vantaggiosa per l’Amministrazione.

Nel caso dedotto in giudizio la società Cogiatech s.r.l. ha offerto di effettuare i lavori con una somma pari ad €.234.557,97, somma che corrisponde ad un ribasso del 27,97%; ma nella casella dedicata alla “indicazione in percentuale” del ribasso, ha manifestato l’intenzione di offrire un ribasso pari al 23,01% (al quale corrisponde un’offerta, in termini numerici assoluti, pari ad €.238.953,88).

Poiché il contrasto fra i due importi indicati nell’offerta è evidente, si trattava (e si tratta) di decidere se considerare valida l’offerta di €.234.557,97 (pari ad un ribasso del 27,97%), ovvero l’offerta di €.238.953,88 (pari ad un ribasso del 23,01%).

La soluzione al problema è offerta dalla disposizione del bando sopra indicata, la quale stabilisce chiaramente che va considerata valida l’indicazione più vantaggiosa per l’Amministrazione.

Il Giudice di primo grado ha ritenuto che la disposizione in esame non sia applicabile alla fattispecie in quanto, a suo avviso, essa avrebbe la sola ed unica funzione di sanare il contrasto scaturente dalla eventuale discordanza fra l’indicazione dell’offerta effettuata “in cifre” (id est: in numeri arabi) e l’indicazione dell’offerta effettuata “in lettere”, mentre nel caso di specie l’unica discordanza percepibile sarebbe quella fra il prezzo (indicato in cifra assoluta) ed il ribasso (indicato in percentuale).

Ma il ragionamento non convince.

A ben guardare - infatti - si tratta pur sempre di “discordanza”; e, nella specie, di “discordanza fra importi”.

Ed invero è evidente:

- che la c.d. “offerta in cifra assoluta” corrisponde ad un “ribasso in termini percentuali”;

- e che pertanto il caso in esame, riconducibile ad un caso di non coincidenza (o “discordanza”) fra la cifra offerta (id est: fra l’importo indicato) in termini numerici assoluti e quella risultante dal calcolo percentuale del ribasso offerto, rientra perfettamente nella fattispecie descritta dalla disposizione del bando.

E poiché il punto VI.3 del bando prevede che nel caso in cui si riscontri una discordanza “di qualsiasi genere” fra gli importi indicati nell’offerta, deve ritenersi valida l’indicazione più vantaggiosa per l’Amministrazione, non si vede come si possa sostenere che la disposizione in questione non sia applicabile (rectius: che il caso concreto non si attagli alla fattispecie).

Sicchè non resta che concludere che a fronte di una disposizione così letteralmente chiara e tassativa - espressamente volta a precludere qualsiasi indagine (in funzione scriminante) in ordine alla causa dell’errore o alla tipologia della discordanza - non v’è spazio per alcuna attività ermeneutica atta a restringerne la portata.

Assorbito quant’altro, l’impugnata aggiudicazione merita, dunque, di essere dichiarata illegittima pur se - essendo ormai esauriti gli effetti dell’aggiudicazione ed essendo stato ormai eseguito il contratto (la cui durata era prevista per un anno) - ai soli effetti (risarcitori) che si passa ad illustrare.

1.2. La domanda volta ad ottenere il ‘risarcimento per equivalente’ del danno provocato, merita accoglimento nei sensi, nei limiti e per gli effetti di seguito indicati

1.2.1. Va innanzitutto rilevato che - come già cennato - la “durata” (degli effetti e dell’operatività) del contratto per cui è causa (avente ad oggetto l’affidamento per un anno del servizio di manutenzione ordinario e straordinario degli impianti tecnologici ed elettrici relativi all’Aeroporto civile “V. Florio” di Trapani Birgi) è ormai decorsa (rectius: scaduta) essendo interamente trascorso l’anno per il quale il servizio doveva essere (ed è stato) affidato, sicché il rimedio della dichiarazione di inefficacia del contratto (previsto dall’art.122 del codice del processo amministrativo) non è esperibile.

Per la stessa ragione non ha senso pronunziare l’annullamento dell’aggiudicazione, che ormai ha esaurito ogni suo effetto; mentre è sufficiente dichiararne la illegittimità (analogamente in: CGARS, 11.12.2017 n.543).

1.2.2. E per lo stesso motivo non è possibile neanche pronunziare alcuna condanna al risarcimento in forma specifica (CGARS, 11.12.2017 n.543).

1.2.3. Non resta pertanto che soffermarsi sul ‘risarcimento per equivalente’, invocato in subordine.

Quanto al ‘merito’ del giudizio sulla responsabilità della Stazione appaltante, non appare revocabile in dubbio che nella fattispecie essa sussista, quantomeno a titolo di colpa, posto che l’aggiudicazione in favore della società Selcom s.r.l. è derivata esclusivamente e per nesso di causalità diretta - come evidenziato nei precedenti Capi - dalla violazione, per errata interpretazione ed applicazione, da parte della Stazione appaltante, delle norme del bando e del disciplinare di gara dapprima indicate.

1.2.4. Ne consegue che, in aderenza ad un orientamento già consolidato (cfr., ancora: CGARS, 11.12.2017 n.543), a carico della Stazione appaltante può essere emessa una pronunzia di condanna - per così dire - ‘generica’ (una c.d. sentenza sull’”an”: cfr. sul punto, C.S., VI^, 27.4.2010 n.2384; nonché: CGARS, 20.1.2017 n.24; Id., 26.9.2016 n.332; Id., 3.11.2016 n.381; Id., 5.5.2016 n.131; Id., 5.5.2016 n.132; Id., 8.2.2016 n.39; Id.2.2.2016 n.401) al risarcimento dei danni provocati all’appellante società Cogiatech s.r.l. per la mancata aggiudicazione in suo favore dell’appalto di servizi per cui è causa.

1.2.5. Per la liquidazione del danno (e cioè per la specifica determinazione del ‘quantum’), si ritiene opportuno far ricorso, invece - in aderenza ad un consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr, per tutte, C.S., V^, 8.11.2012 n.5686, nonché CGARS, 11.12.2017 n.543 e pronunzie ivi menzionate) - al ‘metodo’ introdotto dall’art.34 del codice del processo amministrativo (come rielaborato ed adattato alle concrete necessità processuali dalla citata giurisprudenza), ordinando alla Stazione appaltante di formulare, entro centottanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa (o dalla notifica ad istanza di parte, se precedente) della presente sentenza, una offerta risarcitoria che contempli una somma da corrispondere quale ristoro per il c.d. “lucro cessante” ed una somma da corrispondere per il c.d. “danno curriculare” (id est: il danno per mancata acquisizione della commessa, e dunque per la impossibilità di farla valere come requisito di qualificazione nelle successive procedure di gara), esclusa - ancora una volta sulla scorta della pacifica giurisprudenza formatasi sulla questione (C.S., V^, 3.5.2012 n.2546; CGARS, 11.12.2017 n.543) - ogni risarcibilità per il “danno emergente” derivante dalla spese di partecipazione alla gara (CGARS, 20.1.2017 n.24; Id., 26.9.2016 n.332; Id., 3.11.2016 n.381; Id., 5.5.2016 n.131; Id., 5.5.2016 n.132; Id., 8.2.2016 n.39; Id.2.2.2016 n.401).

1.2.5.1. Quanto ai criteri da seguire per la determinazione del ‘lucro cessante’, in aderenza al più accreditato orientamento della giurisprudenza (C.S., IV^, 21.6.2011 n.3670; C.S., IV^, 7.9.2010 n.6485), la Stazione appaltante dovrà basare la sua proposta sugli elementi emergenti dall’’offerta’, posto che nella stessa sono esposti i costi dai quali sono desumibili, seppur approssimativamente, i ricavi netti - e dunque l’utile (rectius: il profitto) - che la società prevedeva di trarre dall’aggiudicazione e dalla conseguente esecuzione dell’appalto (CGARS, 20.1.2017 n.24; CGARS, 11.12.2017 n.543; Id., 26.9.2016 n.332; Id., 3.11.2016 n.381; Id., 5.5.2016 n.131; Id., 5.5.2016 n.132; Id., 8.2.2016 n.39; Id.2.2.2016 n.401).

1.2.5.2. Quanto alla determinazione del ‘danno curriculare’, che - come già affermato dalla giurisprudenza formatasi sul punto (C.S., V^, 3.5.2012 n.2546) - va quantificato in via equitativa e comunque a prescindere dall’assolvimento di qualsiasi onere probatorio (C.S., V^, n.2546 cit.), il Collegio ritiene che esso si attesti su una somma pari all’1% dell’offerta, che sarà sommata alla cifra relativa al lucro cessante (CGARS, 11.12.2017 n.543; Id., 20.1.2017 n.24; Id., 26.9.2016 n.332; Id., 3.11.2016 n.381; Id., 5.5.2016 n.131; Id., 5.5.2016 n.132; Id., 8.2.2016 n.39; Id.2.2.2016 n.401).

1.2.5.3. Nella determinazione della proposta risarcitoria l’Amministrazione terrà conto, infine della rivalutazione monetaria da calcolare a far data dalla stipula del contratto (C.S., III^, 14.12.2012 n.6444) e degli interessi maturati e maturandi (secondo i criteri evidenziati in C.S., 8.11.2012 n.5686).

1.2.5.4. Quanto ai criteri per il calcolo della rivalutazione e degli interessi, dovrà farsi riferimento a quanto indicato nella sentenza n.842 del 7.10.2008, di questo Consiglio di Giustizia Amministrativa (secondo cui “sulle somme … determinate, dovute a titolo risarcitorio andranno perciò ulteriormente aggiunti la rivalutazione monetaria, secondo indice ISTAT dei prezzi al consumo, e gli interessi legali sulle somme anno per anno rivalutate”).

Dovrà, pertanto, tenersi conto dei criteri generali ormai fissati in materia dalla giurisprudenza civile ed amministrativa (Cass., SSUU, n.1712/1995; C.S., III^, 14.12.2012 n.6444; Id., 8.12.2012 n.5686; Id., 13.10.2011, n.18; C.S., Ad. Plen., 15.6.1998, n.3; Id., 20.07.1998, n. 6); criteri in base ai quali:

- in tema di risarcimento del danno per debiti di valore, la somma calcolata dev'essere aumentata con la rivalutazione secondo i dati ISTAT e gli interessi (Cass., cit.);

- la rivalutazione ha la funzione di reintegrare il danneggiato nella stessa situazione patrimoniale nella quale si sarebbe trovato se il danno non si fosse verificato, adeguando l’importo della somma (che viene liquidata con riguardo al fatto in cui il danno si è verificato) in valori monetari correnti alla data in cui è compiuta la liquidazione giudiziale (Cass., cit.);

- la rivalutazione è calcolata ogni anno sempre sul capitale iniziale utilizzando la variazione dell'indice ISTAT rispetto all' anno e al mese iniziali (in modo da evitare di rivalutare ogni volta un capitale già rivalutato nell'anno precedente) (Cass., cit.);

- gli interessi vanno calcolati dalla data del fatto non già sulla somma complessiva rivalutata alla data della liquidazione, ma sulla somma originaria rivalutata anno dopo anno (id est: sul capitale rivalutato anno per anno; ovvero, ciò che esprime il medesimo concetto, sulle somme annualmente rivalutate) (Cass., cit.);

- gli interessi non vanno ad accrescere il capitale da rivalutare e non sono a loro volta produttivi di ulteriori interessi, per il divieto di anatocismo di cui all’art.1282 c.c. (C.S., Ad. Plen., 20.07.1998, n. 6).

Ed al riguardo non dovrà essere ignorato che, specificando e confermando gli orientamenti già fissati, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha in ultimo ulteriormente precisato che:

- gli interessi legali e la rivalutazione debbono essere calcolati separatamente sull’importo nominale del credito retributivo, escludendo sia il computo degli interessi e della rivalutazione monetaria sulla somma dovuta quale rivalutazione sia il riconoscimento di ulteriori interessi e rivalutazione monetaria sulla somma dovuta a titolo di interessi (C.S., Ad. Pl., 13.10.2011, n.18);

- gli interessi legali sono dovuti sugli importi nominali dei singoli ratei, dalla data di maturazione di ciascun rateo e fino all’adempimento tardivo, e le somme da liquidare a tale titolo devono essere calcolate sugli importi nominali dei singoli ratei, secondo i vari tassi in vigore alle relative scadenze, senza che gli interessi possano, a loro volta, produrre ulteriori interessi (C.S., Ad. Pl. cit.);

- la rivalutazione deve essere calcolata sull’importo nominale dei singoli ratei e va computata con riferimento all’indice di rivalutazione monetaria vigente al momento della decisione; mentre la somma dovuta a tale titolo, stante la sua natura accessoria, non deve essere a sua volta ulteriormente rivalutata (C.S., Ad. Pl., cit.).

2. In considerazione delle superiori osservazioni e ‘assorbito’ quant’altro, il ricorso in appello va accolto, con conseguente dichiarazione giudiziale dell’illegittimità dell’aggiudicazione; e, per l’effetto - ferma restando, ai sensi dell’art.122 del codice del processo amministrativo, l’efficacia del contratto stipulato a seguito dell’illegittima aggiudicazione - l’Amministrazione (Stazione appaltante) appellata va condannata al risarcimento dei danni provocati alla società Cogiatech s.r.l. s.r.l., da liquidare con il metodo di cui all’art.34 del c.p.a. in conformità ai criteri enucleati nell’ultimo capo.

Alla soccombenza della Stazione appaltante non può che seguire - in assenza di esimenti che il Collegio non ritiene di ravvisare - la sua condanna al pagamento, in favore della ditta appellante, delle spese processuali, che si liquidano in complessivi €.2.000,00, oltre i.v.a., c.p.a. ed accessori dovuti ex lege.

La mancata costituzione in giudizio dell’aggiudicataria esime il Collegio, infine, da ogni statuizione sulle spese a suo carico.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, accoglie l’appello; e, per l’effetto, ferma restando l’efficacia del contratto stipulato a seguito dell’illegittima aggiudicazione, condanna l’Amministrazione appellata al risarcimento dei danni provocati alla società Cogiatech s.r.l, da liquidare con il metodo di cui all’art.34 del c.p.a. in conformità ai criteri ed ai termini enucleati in motivazione.

Condanna la Stazione appaltante appellata al pagamento delle spese processuali in favore dell’appellante, nella misura di €.2000,00 oltre i.v.a., c.p.a ed accessori dovuti ex lege; mentre nulla nulla dispone, al riguardo, nei confronti dell’aggiudicataria.

 

 

Guida alla lettura:

La sentenza in commento offre la chiave di lettura delle clausole con le quali (nel bando e nel disciplinare di gara) l’Amministrazione si è autolimitata nella individuazione dell’offerta più vantaggiosa, nel caso di aggiudicazione da effettuare con il criterio del minor prezzo.

Il caso è di specie.

Il ricorrente, pretermesso nella aggiudicazione, aveva offerto un prezzo indicato in un valore assoluto non corrispondente alla percentuale di ribasso (che, applicata alla base di gara, dava, in valore assoluto, un prezzo superiore a quello indicato nell’offerta).

L’Amministrazione ha ritenuto di dover dare la preferenza al prezzo offerto in percentuale di ribasso, omettendo di fare applicazione di apposita disposizione del bando e del disciplinare di gara, in forza della quale - nell’ipotesi di discordanza “di qualsiasi genere” fra “gli importi” indicati nell’offerta – dovesse ritenersi valida l’indicazione più vantaggiosa per l’Amministrazione.

Il T.A.R. palermitano, cui si è rivolto, in primo grado, il concorrente pretermesso, ha ritenuto che correttamente l’Amministrazione avesse omesso di fare applicazione della disposizione speciale invocata dal ricorrente a sostegno dell’impugnazione (punto VI.3 del bando), in quanto la stessa troverebbe applicazione soltanto all’ipotesi di discordanza fra indicazione in cifra e in lettere del prezzo espresso in valore assoluto.

Sennonché, il C.G.A. siciliano - davanti al quale la sentenza di primo grado è stata impugnata, sulla base, in prima linea, della violazione e falsa applicazione della clausola del bando in prime cure – ha ritenuto, che il significato letterale delle espressioni adoperate è nel senso più ampio, che riconduce il valore del ribasso offerto, indicato in percentuale, nella nozione di “importo”, e la divergenza fra il prezzo offerto in valore assoluto e il prezzo offerto in percentuale, nella indefinita nozione di “qualsiasi genere”, indicata nella norma speciale, con la conseguenza di cui alla massima, ovvero che la discordanza - nell’offerta di un concorrente - fra ribasso espresso in valore assoluto e ribasso espresso in valore percentuale, deve essere risolta attribuendo validità all’importo più favorevole per l’amministrazione (nella specie, il prezzo espresso in valore assoluto).

Si rinviene, nella linea esegetica indicata in sentenza, l’applicabilità - alle norme speciali contenute nei bandi e nei disciplinari di gara – della regola generale che privilegia, per le norme giuridiche, l’interpretazione letterale (ovvero il senso “fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse”, sia pure temperato dalla ricerca dell’intenzione che è alla base della enunciazione, secondo quanto prescritto dall’art. 12 disp. prel. c.c.), secondo la concezione pubblicistica che rinviene nel bando natura parzialmente normativa: seguendo questa interpretazione le clausole del bando vincolerebbero non solo i concorrenti, ma anche l’Amministrazione (Cons. St., sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 263).

Al contrario, seguendo la concezione privatistica-negoziale (ormai minoritaria) si finirebbe per applicare la regola opposta contenuta nell’art. 1362 c.c., che, a conti fatti, annetterebbe valore e contenuto di clausole contrattuali alle disposizioni dei bandi di gara, e, nella sostanza, finirebbe con il privare il partecipante alla gara di ogni e qualsiasi garanzia di oggettività, nella competizione concorrenziale.

La linea interpretativa deve essere condivisa, attesa la natura – parzialmente – normativa delle regole del bando, così come deve essere condivisa la riconducibilità dell’errore esegetico alla responsabilità dell’Amministrazione che in tale errore è incorsa, ai fini della riparazione “per equivalente” del danno irreversibile derivante dalla pretermissione.