T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 5 luglio 2018, n. 991

E’ illegittima la decisione della stazione appaltante di avviare il procedimento facoltativo di verifica di anomalia dell’offerta di un operatore economico, ove la medesima non ha individuato alcun “elemento specifico” ex art. 97, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 che fosse idoneo a ingenerare fondati dubbi in ordine alla sua inattendibilità (nella specie, la stazione appaltante ha esercitato tale potere sulla base di un mero raffronto tra la gara in questione e quella relativa al precedente triennio, di cui la deducente era risultata aggiudicataria).

Conforme: Cons. Stato, 30 ottobre 2017, n. 497; idem, sez. III, 5 maggio 2017, n. 2078; idem, 30 marzo 2016, n. 1255; idem, sez. IV, 7 giugno 2016, n. 2433; idem, 9 dicembre 2015, n. 5598; T.a.r. Lazio, Roma, sez. II – bis, 16 ottobre 2017, n. 10371.

Non sono stati rinvenuti precedenti difformi.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1378 del 2017, proposto da 
La Cascina Global Service S.r.l., La Cooperativa di Lavoro Solidarietà e Lavoro Soc. Coop., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Michele Perrone, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, Strada Torre Tresca; 

contro

Comune di Barletta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Caruso, Isabella Palmiotti, Rossana Monica Danzi e Domenico Cuocci Martorano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso Francesco De Robertis, in Bari, via Davanzati, 33;

nei confronti

Dussmann Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Filippo Martinez e Davide Moscuzza, con domicilio eletto presso Antonio Farachi, in Bari, corso Vittorio Emanuele II, 60;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia

- del provvedimento di esclusione delle ricorrenti dalla gara comunicato con la nota del Comune di Barletta prot. n. 89980 del 18.12.2017, trasmessa via pec in pari data avente ad oggetto “Bando di gara n. 09/2016 - “Gestione del Servizio di Ristorazione Scolastica per le scuole dell’infanzia e Primarie a tempo pieno della Città di Barletta”. Nota del 27.11.2017 - Dettaglio delle voci di spesa concorrono all’offerta economica formulata corredato degli elementi giustificativi dell’offerta medesima, coerentemente con il progetto tecnico presentato. Comunicazione esclusione”;

- del bando di gara, ove occorra;

- dell’art. 25 del capitolato d’appalto, ove occorra;

- di tutti i verbali di gara, limitatamente alla posizione dell’A.T.I. La Cascina Global Service - Solidarietà e lavoro Soc. Coop., afferenti il sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;

- per illegittimità derivata, del provvedimento di aggiudicazione provvisoria e di quello di aggiudicazione definitiva della procedura de qua, adottato con determinazione dirigenziale n. 2069 del 21.12.2017;

- di ogni altro atto ai predetti presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto;

nonché

per la declaratoria di inefficacia del contratto, ove medio tempore stipulato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Barletta e della società Dussmann Service S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2018 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso principale notificato in data 22.12.2017 e depositato in Segreteria in pari data, la società La Cascina Global Service S.r.l., in proprio e in qualità di mandataria del costituendo R.T.I. con la Cooperativa di Lavoro Solidarietà e Lavoro Soc. Coop., (d’ora innanzi anche R.T.I. La Cascina) adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere le pronunce meglio indicate in oggetto.

Esponeva in fatto parte ricorrente che, in esecuzione delle determinazioni dirigenziali n. 1348 del 21.10.1026 e n. 1407 del 25.10.2016, ai sensi dell’art. 60 D.lgs. n. 50/2016 il Comune di Barletta indiceva una gara a procedura aperta per l’affidamento della gestione del “Servizio di Ristorazione Scolastica per le scuole dell’Infanzia e Primarie a tempo pieno della Città di Barletta”, relativamente agli anni scolastici 2016/2017, 2017/2018, 2018/2019.

Il criterio di aggiudicazione prescelto dalla S.A. era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.

L’importo posto a base d’asta, comprensivo del costo del personale, spese generali e di gestione, era pari ad € 2.763.450,00, esclusa IVA al 4%, per tutta la durata dell’appalto.

A tale somma si aggiungevano i costi della sicurezza, non soggetti a ribasso, ed ammontanti complessivamente ad € 1.783,08.

Il capitolato speciale d’appalto precisava, inoltre, che l’impresa aggiudicataria avrebbe dovuto somministrare complessivamente 200.250 pasti annui.

La ricorrente, sul punto, evidenziava che il numero di pasti annui che l’impresa affidataria avrebbe dovuto garantire era evidentemente inferiore rispetto ai 216.289 di cui al precedente bando del 2013 emanato per l’affidamento del medesimo servizio.

Alla seduta pubblica convocata per il 27.4.2017, con nota prot. n. 30831 del 27.4.2017, trasmessa via p.e.c. in pari data, il Comune di Barletta comunicava l’esclusione del R.T.I. La Cascina dalla procedura in oggetto.

Avverso tali esiti procedimentali, l’odierna ricorrente proponeva autonomo ricorso (pandettato al n. R.G. 645/2017), che veniva accolto con sentenza n. 881/2017.

Pertanto, in forza della detta pronuncia, l’R.T.I. La Cascina veniva riammessa alla gara di cui trattasi.

Alla scadenza del termine previsto dalla lex specialis per la presentazione delle offerte, ne pervenivano complessivamente quattro.

Nello specifico, partecipavano alla procedura in questione, oltre all’odierna deducente, anche le seguenti società: Dussman Service S.r.l., Sodexo ed EP S.p.A.

In data 26.09.2017, la Commissione procedeva con l’apertura delle buste contenenti le offerte economiche.

Nella medesima seduta, inoltre, si comunicavano ai concorrenti anche i punteggi conseguiti in sede di valutazione delle offerte tecniche.

I punteggi complessivi totalizzati dalle imprese partecipanti alla procedura erano i seguenti: R.T.I. La Cascina pt. 85,2650 (55,2650/70 punti per l’offerta tecnica e 30,000 per l’offerta economica, con un ribasso non indicato ed un prezzo pari ad € 3,63 per pasto); Dussman Service S.r.l pt. 79,0289 (66,7860/70 per l’offerta tecnica e 12,2429 per l’offerta economica, con un ribasso pari all’ 8,57% ed un prezzo pari ad € 4,2057 per pasto); EP S.p.A. pt. 72,0606 (57,3177/70 punti per l’offerta economica e 14,7429 per l’offerta economica, con un ribasso pari al 10,32% ed un prezzo pari ad € 4,13 per pasto); Sodexo pt. 67,3293 (55,9007/70 per l’offerta tecnica e 11,4286 per l’offerta economica, con un ribasso pari al’8% ed un prezzo pari ad € 4,23 per pasto).

Il R.T.I. La Cascina, dunque, risultava primo graduato, mentre al secondo posto si classificava la controinteressata Dussman Service S.r.l.

L’offerta dell’odierna istante, non avendo conseguito i 4/5 del punteggio massimo all’elemento qualitativo, non raggiungeva la soglia di anomalia.

Poiché la fase di verifica e comprova dei requisiti non veniva completata entro l’inizio dell’anno scolastico, il Comune di Barletta - con determinazione dirigenziale n. 1490 del 10.10.2017 - affidava l’appalto all’odierna ricorrente in via temporanea, nell’attesa di concludere la procedura di verifica.

In data 11.10.2017, la censurante veniva immessa nel servizio con la consegna dei locali della cucina comunale e dei furgoni.

Nel verbale di consegna, si dava atto, tra l’altro, che il servizio sarebbe dovuto iniziare il 23.10.2017, con onere a carico dell’impresa di procedere all’ordinativo di tutti i mezzi, delle attrezzature e dei macchinari necessari all’esecuzione del servizio medesimo, così come indicati nel progetto tecnico.

Ottemperando a quanto richiesto dalla S.A., il R.T.I. La Cascina provvedeva a dotarsi di attrezzature, mezzi e materiali.

Tuttavia, con nota prot. n. 79110 del 7 novembre 2017, la P.A. resistente comunicava alla istante che l’offerta appariva anormalmente bassa.

Tanto, in forza della differenza che veniva rilevata tra il prezzo unitario offerto nella procedura di gara oggetto del presente giudizio (pari ad € 3,63, oltre IVA) e quello applicato nel precedente contratto - aggiudicato sempre all’istante in forza del bando del 7/2013 - pari ad € 3,88, oltre IVA.

Detta differenza, pari ad € 0,25, costituiva ad avviso della S.A. “elemento specifico”, che faceva apparire anormalmente bassa l’offerta.

Pertanto, la S.A. richiedeva le giustificazioni relative alle singole voci di costo.

Tale istanza veniva tempestivamente riscontrata dall’odierna censurante.

Cionondimeno, la S.A., con provvedimento del 18.12.2017, disponeva l’esclusione dell’offerta per ritenuta incongruità.

In data 21.12.2017, l’Amministrazione resistente comunicava al R.T.I. La Cascina che il 22.12.2017, ore 15:00, si sarebbe proceduto alla riconsegna dei locali cucina.

Inoltre, con comunicazione del 21.12.2017, i Sindacati e la Dussman Service S.r.l. richiedevano un incontro al fine di definire modalità e termini del passaggio di consegne.

Avverso tali esiti procedimentali, insorgeva l’odierna ricorrente impugnando i provvedimenti epigrafati.

Con un primo motivo di gravame, parte istante eccepiva il carattere illegittimo degli atti censurati per «Violazione e falsa applicazione degli artt. 23, comma 16, 50 e 97 comma 6 del d.lgs. 50 del 2016, Violazione dell’autovincolo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione. Contraddittorietà».

1.A La ricorrente premetteva che il Comune di Barletta aveva avviato nei suoi confronti la verifica di anomalia facoltativa, ex art. 95 (rectius 97), comma 6, del Codice dei contratti pubblici, non risultando l’offerta del R.T.I. La Cascina “anomala” secondo quanto disposto dall’art. 95 (rectius 97), comma 3.

Tuttavia, in tesi di parte istante, la S.A. incorreva in una violazione del disposto di cui all’art. 95 (rectius 97), comma 6, del D.lgs. n. 50/2016, in quanto la stessa non individuava alcun “elemento specifico” che giustificasse la scelta di esercitare la facoltà di cui alla disposizione in oggetto.

Infatti, la S.A. motivava il suo agere solamente sulla base della differenza sussistente tra l’offerta proposta dalla ricorrente nella gara da cui scaturiva l’odierna controversia, e quella presentata nella procedura del 2013.

Pertanto, ed in tesi, la verifica di anomalia facoltativa presentava i caratteri dello sviamento di potere, oltre ad essere stata esercitata in violazione di legge.

1.B. Il R.T.I. La Cascina censurava, altresì, per contraddittorietà l’azione amministrativa.

Infatti, con provvedimento n. 1490 del 10.10.2017, il Comune affidava temporaneamente l’esecuzione del servizio di cui alla gara in questione all’odierna ricorrente.

Nel provvedimento de quo, la S.A. affermava che l’aggiudicazione definitiva sarebbe intervenuta una volta completate le verifiche di cui all’art. 32 D.lgs. n. 50/2016, senza manifestare in alcun modo la volontà di procedere ad un controllo di anomalia.

In tesi, quanto statuito nel summenzionato provvedimento comunale implicitamente ammetteva una valutazione di congruità dell’offerta ad opera della S.A.

Risultava, così, del tutto contraddittoria ed apodittica la scelta dell’Amministrazione procedente di effettuare una successiva - ed ulteriore - valutazione sul carattere di congruità della stessa. Infatti, non sarebbe stato possibile comprendere perché la P.A. avesse affidato temporaneamente il servizio ad un concorrente la cui offerta veniva sospettata di anomalia.

1.C La censurante, inoltre, lamentava che il Comune di Barletta aveva effettuato la verifica di anomalia dell’offerta sulla base di un mero confronto tra questa e quella relativa alla gara del 2013, senza riconoscere adeguata rilevanza alle differenze obiettivamente ed agilmente rilevabili tra i due contratti.

Così ragionando, la S.A. escludeva la ricorrente per ritenuta incongruità di due voci di spesa (rispetto alle 20 sulle quali aveva richiesto le giustificazioni), e cioè per il costo del personale e quello delle derrate alimentari.

1.C.1.A. Preliminarmente, la ricorrente precisava che secondo il Comune l’importo corretto del costo del personale avrebbe dovuto essere pari ad € 922.029,079, anziché ad € 920.953,47, come indicato nelle giustificazioni rese dalla istante.

Sul punto, il R.T.I. La Cascina - Solidarietà e Lavoro rilevava che, all’evidenza, si trattava di una differenza di soli € 2.000,00 che non appariva in grado di scalfire la complessiva affidabilità dell’offerta.

Peraltro, proseguiva parte istante, il ragionamento posto in essere dalla S.A. per addivenire alla quantificazione del costo della manodopera era del tutto erroneo.

Infatti, il Comune di Barletta sosteneva - a causa di una, in tesi, distorta applicazione della clausola sociale contenuta nell’art. 25 del Capitolato Speciale d’appalto - che l’odierna ricorrente avrebbe dovuto quantificare il costo della manodopera partendo non già dal monte ore di servizio indicato nell’offerta tecnica relativa alla gara odierna - pari a 648,5 ore - ma utilizzando le 732 ore settimanali di servizio scaturenti dal monte ore del personale impiegato nella gestione dell’appalto in proroga.

In tesi di parte ricorrente, l’Amministrazione comunale riteneva, in maniera erronea, che in forza della clausola sociale contenuta nella lex specialis, la ricorrente avrebbe dovuto riassorbire tutti i lavoratori già impiegati nel 2013, cui si sarebbero dovuti aggiungere le tre figure proposte dal R.T.I. La Cascina in sede di offerta migliorativa.

1.C.1.B. La censurante riteneva, altresì, fallaci le determinazioni assunte dalla Stazione Appaltante relativamente alla quantificazione del costo delle derrate alimentari.

In tesi, la verifica di congruità non veniva effettuata concentrandosi su quanto riportato nell’offerta tecnico-economica prodotta nelle procedura di gara bandita nel 2017, ma mediante un discutibile confronto con i costi scaturenti dall’offerta presentata nella gara precedente.

La S.A., dunque, non teneva in debita considerazione tutta una serie di differenze sussistenti tra le offerte presentate nelle due diverse procedure di gara.

Segnatamente, ed in tesi, il Comune di Barletta non aveva considerato che, nella gara da cui scaturiva l’odierna controversia, i pasti che l’aggiudicataria avrebbe dovuto garantire erano 50.000 in meno rispetto alla precedente.

Inoltre, la S.A. aveva omesso di sottrarre al vecchio costo della voce “derrate” l’incidenza del materiale monouso, nonché di tenere in debita considerazione che i prodotti biologici offerti dal R.T.I. La Cascina - Solidarietà e Lavoro erano nettamente inferiori rispetto a quelli garantiti nella precedente gara.

In data 28.12.2017, si costituiva in giudizio la controinteressata Dussman Service S.r.l., instando per la dichiarazione di inammissibilità, improcedibilità ed infondatezza del gravame ex adverso proposto.

Con controricorso depositato in Segreteria 08.01.2018, si costituiva in giudizio il Comune di Barletta, eccependo la infondatezza del ricorso.

Con ordinanza n. 12/2018, questo Collegio «considerato che sussiste, altresì, il periculum in mora, in quanto occorre tener conto delle esigenze di continuità del servizio pubblico di mensa scolastica per come attualmente affidato, in considerazione della ripresa dell’anno scolastico 2017/2018»,accoglieva l’istanza cautelare proposta in uno con il ricorso introduttivo, sulla scorta della seguente motivazione

In data 22.01.2018, la Dussman Service S.r.l. depositava in Segreteria istanza di revoca di ordinanza cautelare ex art. 58, comma 2, c.p.a.

La controinteressata sosteneva che l’accoglimento della domanda interinale avversaria, con riferimento al requisito del periculum in mora, fosse frutto di un errore di fatto.

In tesi, alla data di emanazione della detta ordinanza, il servizio non era svolto dal R.T.I. ricorrente, ma era già stato affidato in toto alla Dussman Service S.r.l., ed era stato dalla stessa avviato alla ripresa delle attività scolastiche, ossia a far data dall’8 gennaio 2018.

All’udienza in camera di consiglio del 7.2.2018, il Presidente, su istanza concorde delle parti, disponeva la cancellazione dal ruolo della summenzionata istanza di revoca dell’ordinanza cautelare.

Parallelamente, l’ordinanza de qua veniva appellata dalla controinteressata dinanzi al Consiglio di Stato.

Con ordinanza n. 1930/2018, la V Sez. del Cons. di Stato accoglieva l’appello «considerato che nel bilanciamento dei contrapposti interessi coinvolti nella vicenda appare prevalente quello alla prosecuzione del servizio sino al termine dell’anno scolastico» e per l’effetto, in riforma dell'ordinanza impugnata, respingeva l'istanza cautelare proposta in primo grado, pronunciandosi, peraltro, solo sul periculum in mora, ma non anche sulla sussistenza, o meno, del fumus boni iuris.

Alla udienza pubblica del 6.6.2018 il ricorso veniva trattenuto definitivamente per la decisione.

Tutto ciò premesso in fatto, il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.

Innanzitutto, il Collegio ritiene opportuno prendere le mosse dall’erroneo convincimento in cui è incorsa l’Amministrazione resistente, nel momento in cui ha effettuato il controllo sulla congruità dell’offerta avanzata dalla censurante.

Invero, le valutazioni compiute dalla S.A., infatti, non si sono focalizzate sulla congruità dell’offerta relativa allo stipulando contratto - come avrebbe dovuto essere in base a mera logica - ma, piuttosto, hanno avuto ad oggetto le differenze che vi erano tra l’offerta proposta dalla ricorrente nella gara in questione e quella relativa alla procedura ad evidenza pubblica svolta per l’affidamento del medesimo servizio nel 2013.

Tanto, senza tenere in debita ed adeguata considerazione le nette divergenze che pur vi erano tra l’aggiudicando contratto e quello precedentemente sottoscritto.

Partendo da tale presupposto, in limine, il Collegio ritiene che il Comune di Barletta non sia riuscito a fornire adeguate motivazioni in merito alla scelta di avvalersi della facoltà di cui all’art. 97, comma 6, del D.lgs. n. 50/2016.

Tale disposizione, infatti, riconosce la possibilità per la Stazione Appaltante di sottoporre a verifica di anomalia quelle offerte che non rientrino nei casi di cui al comma 3, a condizione che l’offerta appaia anormalmente bassa, sulla base di specifici elementi.

Cionondimeno, la resistente Amministrazione si è limitata a giustificare il proprio operato solo sulla differenza intercorrente tra l’offerta in esame e quella afferente al bando del 2013; mancando di indicare ed individuare qualsivoglia elemento dell’offerta, ex se considerato, che fosse in grado di far sorgere un ragionevole dubbio in merito al carattere globalmente anomalo della stessa, e che, dunque, giustificasse l’esercizio della facoltà di cui alla summenzionata norma.

Né, tantomeno, veniva chiarito perché l’offerta della deducente avrebbe dovuto considerarsi anomala, anche in raffronto a quelle presentate dalle altre imprese concorrenti.

In sostanza, con tale modus operandi, l’Amministrazione resistente non ha evidenziato se vi fossero - ed eventualmente quali fossero - gli elementi dell’offerta idonei ad ingenerare un sospetto di anomalia e a giustificare congruamente, in tal modo, il ricorso al controllo facoltativo in concreto posto in essere.

Sul punto, l’art. 97, comma 6, D.lgs. n. 50/2016 stabilisce expressis verbis che «… La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa»; subordinando, in maniera inconfutabile, la scelta di esercitare tale potere alla circostanza che sussistano “elementi specifici”, la cui individuazione difetta totalmente nel provvedimento gravato.

Ad avviso del Collegio, deve, infatti, escludersi che la semplice differenza tra le due offerte proposte dalla ricorrente (la prima relativa alla gara bandita nel 2013, la seconda inerente alla procedura in esame) possa costituire un elemento sintomatico dell’anomalia.

Tanto, anche, e soprattutto, ove si rifletta sulle oggettive differenze che sussistono tra la gara bandita nel 2013 e quella da cui discende l’odierna controversia.

Deve ritenersi, pertanto, che la motivazione addotta dalla S.A. circa la scelta di esercitare la facoltà di cui alla più volte richiamata disposizione, non regga alla critica di ragionevolezza intrinseca.

In un caso analogo, il TAR Lazio ha precisato che «la decisione di valutare la congruità assume una valenza facoltativa, ai sensi del medesimo art. 97, comma 6. Ciò detto, deve convenirsi con quanto sostenuto dalle parti resistenti in ordine alla genericità degli elementi addotti dalle ricorrenti a supporto della violazione denunciata, poiché totalmente disancorati dalla produzione di elementi concreti ed oggettivi, atti a ingenerare validi dubbi in ordine alla inattendibilità dell’offerta della concorrente Innova, precisando - per completezza - che, tenuto conto delle peculiarità che connotano ciascuna gara, non vale in alcun modo a sopperire a tale carenza il mero richiamo degli importi che connotano le offerte della gara indetta per il triennio precedente» (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sent. n. 10371/2017).

Pertanto, l’azione dell’Amministrazione procedente risulta viziata per violazione di legge, e segnatamente del disposto di cui all’art. 97, comma 6, D.lgs. n. 50/2016.

Sotto altro profilo, il Collegio ritiene che il Comune di Barletta non abbia valutato in modo congruo le giustificazioni prodotte nel corso dell’iter procedimentale dal R.T.I. La Cascina.

Ancora una volta, l’errore metodologico in cui è incorsa la S.A. è stato quello di valutare il materiale giustificativo prodotto dalla ricorrente non rapportandolo agli atti della aggiudicanda gara, bensì tenendo come unico punto di riferimento l’offerta afferente alla procedura del 2013.

Quanto al costo del personale, va da subito chiarito che l’Amministrazione resistente è incorsa in una ulteriore non corretta interpretazione della portata della clausola sociale di cui all’art. 25 della lex specialis.

Infatti, il Comune di Barletta ha ritenuto che la deducente avrebbe dovuto quantificare il costo della manodopera partendo non dal monte ore indicato nell’offerta tecnica relativa alla gara di cui trattasi, ma utilizzando come parametro di riferimento le 732 ore settimanali di cui al monte ore del personale impiegato nella gestione del precedente appalto.

A siffatta conclusione la S.A. è pervenuta sulla base di una interpretazione della clausola sociale contenuta nel capitolato non esente da critiche.

Infatti, l’Amministrazione procedente ha ritenuto che per effetto di detta clausola, la nuova aggiudicataria avrebbe dovuto automaticamente riassorbire - alle stesse condizioni - tutti i dipendenti impiegati nell’esecuzione della precedente gara.

Così ragionando, il Comune resistente ha ritenuto che alle 732 ore settimanali - ossia al monte ore del personale impiegato nell’esecuzione del contratto stipulato nel 2013 - avrebbero dovuto sommarsi i costi del monte ore (pari a 24 ore settimanali) sviluppato dalle tre figure aggiuntive effettivamente proposte dalla ricorrente in sede di offerta migliorativa.

Seguendo siffatto ragionamento, il monte ore complessivo avrebbe dovuto essere pari a 756 ore settimanali, date dalla somma tra le 732 ore del personale impiegato nel precedente appalto e le 24 ore di impiego delle tre figure aggiuntive.

Il costo della manodopera, dunque, avrebbe dovuto essere pari ad € 1.079.828.92, cui si sarebbero dovuti aggiungere € 32.505,78 per le 24 ore settimanali degli ulteriori tre lavoratori.

La ricostruzione appena illustrata, tuttavia, non regge alle critiche di ragionevolezza mosse dalla deducente, per varie ragioni.

Anzitutto, il dato di riferimento da utilizzare come parametro per calcolare il costo del personale avrebbe dovuto essere il monte ore indicato nell’offerta tecnica.

Quest’ultimo, infatti, sarebbe stato l’elemento oggetto del sinallagma contrattuale del caso concreto.

Ciò posto, il Collegio rileva che l’odierna deducente abbia offerto un monte ore settimanale pari a 648,5 ore, giustificando, correttamente, i costi della manodopera su tale numero di ore lavorative.

Nel provvedimento di esclusione gravato, invece, si legge che la deducente avrebbe dovuto calcolare il costo della manodopera sul monte ore di «756 = 732 (art. 25 CSA) + 24 ore ASM (offerta migliorativa pag. 45 dell’offerta tecnica)».

L’art. 25 della lex specialis, sul punto, recita « La stazione appaltante stabilisce per l’affidatario l’obbligo di assorbire ed utilizzare prioritariamente nell’espletamento del servizio, qualora disponibili, i lavoratori che già vi erano adibiti quali soci lavoratori o dipendenti del precedente aggiudicatario a condizione che il numero e la qualifica degli stessi siano armonizzabili con l’organizzazione di impresa della ditta aggiudicataria e con le esigenze tecnico organizzative previste per l’esecuzione del servizio. Il numero del personale, con i ruoli organizzativi e il monte ore settimanale, in servizio nel periodo 2015/2016, è riportato nell’allegato A al presente capitolato».

Da una piana lettura della disposizione appena richiamata, risulta evidente che la stessa non imponesse affatto - né avrebbe potuto imporre - l’obbligo di riassorbire in maniera incondizionata tutto il personale già utilizzato nella gestione precedente.

Ciò che è previsto, infatti, è un mero obbligo di preferenza a favore del personale utilizzato dall’impresa uscente.

Peraltro, anche la giurisprudenza ha più volte affrontato il tema del carattere cogente della clausola sociale, ritenendo, in maniera pressoché univoca, che la stessa debba interpretarsi nel senso che l’appaltatore subentrate debba prioritariamente assumere gli stessi addetti - per numero e qualifica - che operavano alle dipendenze della ditta uscente, ma solo e soltanto a condizione che questi, per numero e qualifica, siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 2078/2017; Cons. Stato, Sez. III, n. 1255/2016; n. 5598/2015; Cons. Stato, Sez. IV, n. 2433/2016).

Dunque, costituisce jus receptum che la clausola sociale abbia portata cogente, ma non comporti l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere alle stesse condizioni, in forma automatica e generalizzata, tutto il personale già utilizzato dall’impresa uscente, ove la precedente pianta organica non coincida perfettamente con l’organizzazione imprenditoriale scaturente dalla nuova offerta di gara (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 5598/2015).

Pertanto, la corretta osservanza della clausola sociale di cui all’art. 25 della lex specialis non imponeva alcun obbligo di assumere tutti i lavori alle dipendenze del gestore uscente, con annessa attribuzioni agli stessi di identiche mansioni, né comportava automatismi tali da inficiare la libertà dell’imprenditore nell’organizzare la propria attività di impresa.

Essa imponeva, sic et simpliciter, di assumere un numero di lavoratori tali da assicurare il servizio, attingendo prioritariamente dalla platea dei dipendenti del gestore uscente.

Anche la giurisprudenza europea si è espressa sul punto, ritenendo illegittime le clausole sociali, presenti nella legislazione italiana ed in quella tedesca, aventi ad oggetto obblighi di riassunzione del personale, nel passaggio da un gestore all’altro di servizi dell’handling aeroportuale (cfr. CGCE 9 dicembre 2004, C-460/2992, Commissione delle Comunità Europee c. Repubblica italiana; 14 luglio 2005, C-386/2003, Commissione delle Comunità Europee c. Repubblica federale di Germania.)

Secondo la Corte di Giustizia della Comunità Europea, l’illegittimità di siffatte clausole era rinvenibile nella limitazione delle libertà di impresa e di concorrenza che tali prescrizioni comportavano, consentendo di esercitare pressioni finalizzate ad imporre obblighi di riassunzione del personale già in forza al gestore uscente.

I principi suesposti, peraltro, sono stati consacrati in una recentissima sentenza della V Sezione del Consiglio di Stato, dove si leggeche in relazione alla «clausola sociale, la prevalente giurisprudenza ha avuto modo di affermare che l'appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell'appaltatore uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l'organizzazione d'impresa prescelta dall'imprenditore subentrante, mentre i lavoratori, che non trovano spazio nell'organigramma dell'appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall'appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali (sul punto - ex plurimis -: Cons. Stato, IV, 2.12.2013, n. 5725).

E’ stato altresì osservato la clausola sociale, perseguendo la prioritaria finalità di garantire la continuità dell'occupazione in favore dei medesimi lavoratori già impiegati dall'impresa uscente nell'esecuzione dell'appalto, risulta costituzionalmente legittima, quale forma di tutela occupazionale ed espressione del diritto al lavoro (art. 35 Cost.), se si contempera con l'organigramma dell'appaltatore subentrante e con le sue strategie aziendali, frutto, a loro volta, di quella libertà di impresa pure tutelata dall'art. 41 Cost. (ivi).

In una logica di contemperamento fra valori di rilievo costituzionale la compressione del diritto di libertà economica e di libera organizzazione imprenditoriale non può essere predicata in modo incondizionato, incontrando piuttosto specifici limiti nella compatibilità con le strategie aziendali dell’operatore subentrante e – più in generale – nell’identità di ratio e di oggetto di tutela» (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 4079/2017).

Ciò posto, risulta pacifico che l’Amministrazione resistente abbia disatteso - con motivazione contraddittoria ed errata - i principi ampiamente riconosciuti ed affermati sul punto, risultando la sua azione del tutto illegittima per eccesso di potere, nella forma dello sviamento.

Il Collegio, sul punto, ritiene di prendere le mosse da una circostanza di carattere oggettivo, ossia dalla differenza che vi è tra le condizioni di gestione del servizio dell’appaltanda gara, e quelle afferenti la procedura ad evidenza pubblica del 2013.

Infatti, è diminuito in maniera considerevole il numero di pasti annui che l’appaltatore avrebbe dovuto garantire, passando dagli originari 216.789 ai 200.250. Trattasi, all’evidenza, di una contrazione percentuale non trascurabile, pari a circa il 10%.

La diminuzione del numero dei pasti annui ha reso possibile - recte necessario - la riduzione del fabbisogno di forza lavoro, coerentemente con le dinamiche imprenditoriali, a carattere privatistico, sottese alla formulazione dell’offerta, sia tecnica che economica.

Inoltre, non va sottaciuto che il Comune di Barletta abbia notevolmente ridotto il prezzo posto a base d’asta.

L’immediata conseguenza di siffatta scelta è stata che le ditte partecipanti abbiano dovuto tenere in debita considerazione tale fondamentale dato, nell’ottica del contemperamento dei costi con i ricavi.

Ciò premesso, è evidente che nel caso di specie non avrebbe potuto trovare applicazione la clausola sociale, così come intesa dall’Amministrazione resistente, ossia come clausola da cui scaturisce per l’impresa vincitrice l’obbligo di totale riassorbimento, alle stesse condizioni, del personale impiegato nella gestione del precedente appalto, considerate le differenze sostanziali intercorrenti tra questo e quello da aggiudicarsi.

È stato proprio il cambiamento delle condizioni di gestione dell’aggiudicando appalto, rispetto al precedente, a rendere possibile, al limite del necessario, un rimaneggiamento della pianta organica ad opera delle concorrenti.

Inoltre, non va sottaciuto che l’impresa aggiudicataria si sia comunque adoperata per rispettare, nel limite di quanto oggettivamente possibile, la clausola sociale.

Essa, infatti, ha interamente riassorbito il personale impiegato nella gestione del precedente appalto, limitandosi semplicemente a ridurre il numero di ore di lavoro per ciascun addetto.

In conclusione, sul punto, deve ritenersi che la ricorrente abbia correttamente qualificato il costo della manodopera sulla base dei dati scaturenti dalla propria offerta, laddove era stata specificata la dotazione organica ed indicato il monte ore di servizi; elementi, peraltro, valutati dalla Commissione di Gara e ritenuti idonei alla corretta gestione del servizio medesimo.

Pertanto, anche sotto quest’ottica, l’agere della resistente Amministrazione risulta illegittimo per eccesso di potere, meritando pertanto di essere censurato.

Parimenti erronee risultano le determinazioni assunte dal Comune resistente in ordine alla quantificazione del costo delle derrate alimentari.

Anche in questo caso, infatti, l’Amministrazione ha valutato la congruità dell’offerta procedendo - in maniera del tutto erronea ed irragionevole - ad un discutibile confronto tra i costi delle derrate alimentari di cui all’offerta relativa alla procedura di gara per cui è causa, e quelli inerenti l’offerta presentata nella precedente procedura ad evidenzia pubblica.

Dunque, il Comune di Barletta ha reiterato, anche sul punto, l’originario errore metodologico che ha viziato tutte le ponderazioni compiute in sede di valutazione di congruità dell’offerta, non essendosi concentrato in quella sede, come viceversa avrebbe dovuto, sui dati e sugli argomenti riportati dalla odierna istante, prima nell’offerta economica, e poi successivamente nelle giustificazioni.

Infatti, la S.A. si è limitata a confrontare il costo delle derrate alimentari relative all’offerta presentata nella precedente gara, pari ad € 943.032,15, con quello specificato nella presente procedura, pari ad € 665.820,00; mancando, tuttavia, di tenere in debita considerazione le divergenze intercorrenti tra il contratto che si sarebbe dovuto stipulare e quello precedente.

Difatti, la procedura ad evidenza pubblica del 2013 era stata strutturata sulla base di prezzi e di ricavi relativi alla produzione di 650.367 pasti nel triennio, mentre la diversa gara di cui qui si discute riguardava la produzione dell’inferiore quantitativo di 600.750 pasti.

Trattasi, all’evidenzia, di una differenza sostanziale e non di secondo momento, pari a ben 50.000 pasti in meno.

Tanto sarebbe valso, ex se, a giustificare una riduzione in valore assoluto del costo delle derrate alimentari rispetto all’appalto precedente, diminuendo, materialmente, la quantità di derrate che si sarebbe dovute acquistare per produrre un numero nettamente inferiore di pasti.

Nella valutazione compiuta dal Comune, invece, risulta del tutto omessa una siffatta ponderazione, quasi che la Stazione Appaltante avesse mancato di considerare che una riduzioni dei pasti è destinata a generare, in maniera del tutto realistica, una riduzione dei costi.

Peraltro, le valutazioni compiute su tale punto specifico dalla resistente Amministrazione si rivelano affette da sviamento anche sotto ulteriore profilo.

Infatti, nella comparazione del costo tra le derrate alimentari di cui alla precedente e di cui alla nuova gestione, la S.A. ha omesso di sottrarre al “vecchio” costo della voce “derrate” l’incidenza del materiale monouso, come evidenziato dalla ricorrente sia nelle giustificazioni, che negli atti versati in giudizio.

Nella verifica di congruità della precedente gara, la scomposizione del prezzo era stata suddivisa in sole sei voci di costo, per cui, in tale occasione, nella voce “costo delle derrate” era stato inserito anche il costo del materiale monouso necessario al confezionamento del pasto.

Viceversa, nella procedura di gara in esame, il Comune ha formulato la richiesta di scomporre il prezzo in ben venti voci di costo, inserendo tra le stesse, in maniera distinta, i costi per il materiale monouso.

Ciò posto, come correttamente evidenziato dalla deducente nel ricorso introduttivo del presente giudizio, volendo uniformare i parametri di valutazione tra precedente e attuale gara, si sarebbe dovuta paragonare l’importo di € 943.032,15 con la somma delle voci 2 e 3, pari ad € 809.820,00 (Voce 2 = € 665.820,00 + Voce 3 = € 144.000,00).

Pertanto, dividendo € 809.820 per 600.750 pasti si ottiene un costo per pasto di € 1,35.

Volendo svolgere, a parità di condizioni, la stessa operazione in relazione al precedente contratto, invece, si otterrebbe € 943.032,15/650.375, con una incidenza per pasto pari ad € 1,45.

Vi è, dunque, fra le due offerte una differenza in termini reali di soli € 0,10 per pasto, che peraltro risulta altresì giustificata da una riduzione in senso qualitativo dei prodotti offerti.

Infatti, l’Amministrazione resistente non sembra aver tenuto in debita considerazione che mentre nella precedente gara l’ATI ricorrente aveva offerto prodotti biologici per un quantitativo pari all’ 8,955% del totale dei prodotti necessari all’erogazione dei pasti, nella procedura per cui vi è causa tale incidenza si è notevolmente ridotta, passando allo 0,846%.

Si tratta di un elemento ictu oculi degno di nota, che ha reso possibile una oggettiva contrazione del costo delle derrate alimentari rispetto alla gara bandita nel 2013.

Peraltro, l’Amministrazione resistente ha contestato che il R.T.I. La Cascina abbia omesso di indicare il costo di due prodotti, ossia dell’olio extravergine di oliva e dei succhi di frutta. In realtà, i prodotti de quibus non rappresentano una miglioria, in quanto già richiesti come dotazione di base, sia dal nuovo capitolato, che da quello precedente.

È evidente, dunque, che, anche in questo caso, le valutazioni compiute dalla Stazione Appaltante sono frutto di un ragionamento viziato dall’erroneo convincimento posto a base del suo agere.

Infatti, lo si ripete ancora una volta, Il Comune di Barletta è incorso in un errore metodologico da cui è derivata l’irragionevolezza di tutte le ponderazioni compiute in sede di valutazione di congruità.

La S.A. ha erroneamente preteso di valutare il carattere anomalo dell’offerta, semplicemente mettendo a confronto due proposte inerenti a bandi del tutto differenti; senza tenere in debita considerazione le oggettive divergenze che vi erano tra queste, sia dal punto di vista qualitativo, che da quello quantitativo.

Divergenze che, peraltro, trovavano la loro radice prima nella scelta politica di allocare meno risorse per un medesimo servizio, in tal modo necessitandosi una integrale rimaneggiamento economico aziendale della relativa offerta imprenditoriale così come presentata a fini di partecipazione alla più volte menzionata gara.

Per tutti i motivi suesposti, il ricorso è fondato e pertanto deve essere accolto.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663; sez. I, 27 dicembre 2013 n. 28663).

Da ultimo, in considerazione della particolare complessità procedimentale e processuale della fattispecie in esame, oltre che della evidente peculiarità in fatto della presente controversia, sussistono i presupposti di legge per compensare integralmente le spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

La vicenda al vaglio del T.A.R. di Bari concerne l’esclusione dell’o.e. da una gara d’appalto, indetta mediante procedura aperta ex art. 60, d.lgs. n. 50/2016 da un Comune per l’affidamento della gestione del servizio di ristorazione per le scuole dell’infanzia e primarie, da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

A seguito della sua esclusione, l’impresa ricorrente è insorta dianzi il G.A. barese, in quanto, oltre al resto, a suo avviso, la stazione appaltante non aveva congruamente motivato il ricorso alla procedura facoltativa di verifica dell’anomalia non avendo individuato alcun “elemento specifico” dell’offerta di cui all’art. 97, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 idoneo a ingenerarne il “sospetto”.

La resistente P.A., infatti, ha giustificato tale scelta sulla base della differenza tra l’offerta proposta nella gara de qua e quella relativa al precedente triennio, senza tenere in debita considerazione tutte le diversità sussistenti tra le due procedure di gara (es. i pasti da garantire erano 50.000 annui in meno rispetto al precedente contratto; vi era minore offerta di prodotti biologici; il monte ore dei dipendenti coinvolti nel servizio indicato nell’offerta tecnica era inferiore rispetto a quello precedente 648,5 anziché 732).

Il Collegio ha ritenuto l’assunto della ricorrente fondato.

Ha, infatti, chiarito come la civica P.A. non fosse riuscita a fornire adeguate motivazioni in merito alla scelta di avvalersi della facoltà di cui all’art. 97, comma 6, d.lgs. n. 50/2016.

La suddetta norma, infatti, prevede la possibilità per la s.a. di sottoporre a verifica le offerte che non rientrano nei casi di verifica obbligatoria di cui al comma 3 (“… quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara …”), ma che sulla base di “specifici elementi” fanno apparire l’offerta anormalmente bassa.

Di talché la s.a., ad avviso del Collegio, è incorsa in un errore metodologico da cui è derivata l’irragionevolezza di tutte le ponderazioni compiute in sede di valutazione di congruità, tenendo come unico punto di riferimento l’offerta afferente alla procedura del triennio precedente.

Al medesimo proposito è opportuno rammentare, in linea di principio, che la verifica di anomalia dell’offerta non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, ma mira ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile e affidabile e, dunque, se sia in grado di offrire serio affidamento alla P.A. circa la corretta esecuzione della prestazione richiesta (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 29 gennaio 2018, n. 589; idem, 30 ottobre 2017, n. 497).

In siffatta prospettiva incombe, così, sul soggetto che contesta l’aggiudicazione o la propria esclusione per anomalia l’onere di individuare gli specifici elementi da cui il Giudice amministrativo possa evincere che la valutazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione sia stata manifestamente irragionevole ovvero sia stata basata su fatti erronei o travisati.

Nella giurisprudenza più recente si è precisato che la decisione di valutare la congruità dell’offerta assume valenza facoltativa, dovendo gli elementi – atti a ingenerare validi dubbi in ordine alla inattendibilità dell’offerta – avere contenuto specifico (T.a.r. Lazio, Roma, sez. II bis, 16 ottobre 2017, n. 10371).

Alla luce di quanto rilevato, è dunque ben evidente come tale carenza non potesse essere, giammai, supportata con il richiamo, come nella vicenda delibata dal T.a.r di Bari, agli importi che avevano caratterizzato le offerte della gara indetta nel triennio precedente.