Consiglio di Stato, Sez. III, 18 gennaio 2018, n. 310

Come precisato dall’ANAC, nelle Linee guida per il ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando, nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili, a proposito dell’attuale art. 63, ma richiamando anche tutta la giurisprudenza formatasi in passato, per i casi in cui una fornitura e un servizio siano effettivamente infungibili, il legislatore, comunitario e nazionale, ha previsto deroghe alla regola della selezione attraverso una selezione pubblica, considerato che l’esito di un’eventuale gara risulterebbe scontato, esistendo un unico operatore economico in grado di aggiudicarsela e, conseguentemente, l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica determinerebbe uno spreco di tempo e di risorse. Naturalmente, trattandosi di una deroga alla regola della gara pubblica, occorre che l’infungibilità sia debitamente accertata e motivata nella delibera o determina a contrarre dell’amministrazione, nel pieno rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, ovvero dei principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità. Come affermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea (cfr. Sentenza della C. Giust. UE 8 aprile 2008, causa C-337/05), confermata del resto dalla giurisprudenza della Sezione (sez. III, 8 gennaio 2013, n. 26) la procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara riveste carattere di eccezionalità rispetto all’obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, per cui la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza. Del resto, va anche precisato che l’esclusiva si riferisce a un prodotto o a un processo, l’esistenza di un diritto esclusivo non implica necessariamente che il bisogno del contraente non possa essere soddisfatto in modo adeguato anche ricorrendo ad altri prodotti o processi.

 

N. 00310/2018REG.PROV.COLL.

N. 06524/2015 REG.RIC.

N. 02759/2016 REG.RIC.

N. 04629/2017 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6524 del 2015, proposto da:
Regione Veneto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati Cristina Zampieri, Emanuele Mio, Ezio Zanon, Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri n. 5;

contro

3m Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati Enrico Adriano Raffaelli, Antonio Pavan e Paolo Todaro, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via dei Due Macelli n. 47;

nei confronti di

Johns Hopkins Bloomberg School Of Public Health Service Research And Development Center (Jhu), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocato Claudio Pezzi, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;
Regione Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati Michela Delneri, Ettore Volpe, con domicilio eletto presso lo studio Ufficio distaccato della Regione Friuli Venezia Giulia in Roma, piazza Colonna, n.355;

 

sul ricorso numero di registro generale 2759 del 2016, proposto da:
3m Italia S.r.l., come sopra rappresentata e difesa;

contro

Regione Veneto, come sopra rappresentata e difesa;

nei confronti di

Johns Hopkins University, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Claudio Pezzi, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;
Bloomberg School Of Public Health, Health Service Research And Development Center non costituita in giudizio;
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, come sopra rappresentata e difesa;

 

sul ricorso numero di registro generale 4629 del 2017, proposto da:
3m Italia S.r.l., come sopra rappresentata e difesa;

contro

Regione Veneto, come sopra rappresentata e difesa;

nei confronti di

Effepici Solutions S.r.l.S., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati Claudio Pezzi e Annamaria De Michele, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato, come già sopra specificato;
Johns Hopkins University, Bloomberg School Of Public Health, Health Service Research And Development Center, Regione Friuli Venezia Giulia, Regione Toscana, Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano non costituiti in giudizio;
Johns Hopkins Healthcare Lcc, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati Claudio Pezzi e Annamaria De Michele, domiciliata ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del Consiglio di Stato, come già sopra specificato;

per la riforma

quanto al ricorso n. 6524 del 2015:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia - Trieste: Sezione I n. 290/2015, resa tra le parti, concernente l’adesione della regione Friuli Venezia Giulia alla sperimentazione del progetto sistema ACG per la misurazione dello stato di salute della popolazione – e la mancata indizione della gara d'appalto;

quanto al ricorso n. 2759 del 2016:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto - Venezia: Sezione III n. 1337/2015, resa tra le parti, concernente la convenzione per la sperimentazione di strumenti per la misurazione del rischio analisi e programmazione sanitaria senza espletamento gara pubblica – e per il risarcimento dei danni;

quanto al ricorso n. 4629 del 2017:

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto - Venezia, Sez. III, n. 476/2017, resa tra le parti, concernente gli atti della procedura aperta indetta dalla Regione Veneto per l'acquisizione, per la durata di tre anni (con facoltà di rinnovo per ulteriori due anni, nonché di proroga tecnica di 180 giorni), della licenza d'uso di un sistema di classificazione del case-mix territoriale e dei servizi a supporto per la Regione del Veneto, la Regione Friuli Venezia Giulia, la Regione Toscana, la Provincia Autonoma di Trento, la Provincia Autonoma di Bolzano;

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della 3m Italia S.r.l., della Johns Hopkins Bloomberg School Of Public Health Service Research And Development Center (Jhu), della Regione Friuli Venezia Giulia e della Regione Veneto nel primo; della Johns Hopkins University e della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia nel secondo; della Regione Veneto, della Effepici Solutions S.r.l.S. e della Johns Hopkins Healthcare Lcc;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2017 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati quanto al primo ricorso Paolo Caruso su delega dichiarata di Andrea Manzi, Fabio Elefante su delega di Enrico Adriano Raffaelli, Ettore Volpe e Claudio Pezzi Fabio Elefante su delega di Enrico Adriano Raffaelli; quanto al secondo, Paolo Caruso su delega dichiarata di Andrea Manzi, Ettore Volpe e Claudio Pezzi Fabio Elefante su delega di Enrico Adriano Raffaelli; quanto al terzo Paolo Caruso su delega dichiarata di Andrea Manzi e Claudio Pezzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

I - Con il ricorso in appello n. 2759 del 2016 (il secondo dei ricorsi qui in esame), la Società 3 M Italia s.r.l. (di qui 3 M) chiede l’annullamento della sentenza n. 1337 del 2015 pronunziata dal TAR per il Veneto, Sez. III emessa in data 22 ottobre 2015 e depositata in data 17 dicembre 2015, non notificata, con la quale era respinto il ricorso dalla stessa proposto per l’annullamento della delibera del G.R. Veneto n. 1103 dell’1 luglio 2014 - con cui si approvavano le risultanze del secondo anno di sperimentazione del progetto ACG (Adjusted Clinical Group) approvato con d.G.R. n. 498/2013 ed iniziato nel marzo 2012 con d.G.R. 439 del 2012, elaborato dalla Johns Hopkins University di Baltimora e si dava avvio al terzo e quarto anno del progetto per l’utilizzo di strumenti gestionali avanzati di misurazione del case-mix, del rischio, della variabilità di ei costi e della performance degli erogatori delle prestazioni sanitarie per la determinazione dei costi attesi nel territorio - e della delibera n. 1336 del 28 luglio 2014, recante l’approvazione del modello di convenzione per la partecipazione al progetto, essendo stata riconosciuta la Regione Veneto come fornitore privilegiato per la promozione del sistema ACG in Italia al fine della partecipazione delle altre regioni; nonché per il risarcimento del danno.

L’appellante formula sette motivi di appello:

1 – erroneità della sentenza perché il Tribunale di prime cure non si sarebbe pronunziato sul merito dell’attività istruttoria svolta dalla Regione Veneto, né sulla richiesta di verificazione nonostante la asserita (e dedotta ) mancanza dell’unicità del prodotto della JHV;

2 – erroneità della sentenza, altresì, laddove si afferma la possibilità di suffragare l’unicità del prodotto attraverso la successiva sperimentazione;

3 – conseguente erronea applicazione dell’art. 57 del codice degli appalti al tempo vigente, non essendo stata motivata neppure la scelta di acquistare il sistema e di assumere il ruolo di fornitore privilegiato del medesimo prodotto in Italia;

4 – mancanza di motivazione della sentenza in ordine alla possibilità per la Regione di assumere la veste di fornitore privilegiato e di promuovere il sistema in causa;

5 – erroneità della decisione sul punto della lievitazione dei costi, poiché la ricorrente nel ricorso introduttivo non aveva censurato la predetta lievitazione ma la circostanza che la Regione aveva stipulato una convenzione per l’utilizzo della licenza del sistema ACG e per usufruire dell’assistenza tecnica necessaria per una spesa complessiva di euro 277.800,00 superiore alla soglia comunitaria;

6 – erroneità della sentenza sul punto del rigetto della domanda risarcitoria svolta dalla 3M in termini di perdita di chance, essendone asseritamene provati i presupposti;

7 - erroneità dell’affermazione in ordine alla mancata pronunzia sulle domande incidentali che – a dire dell’appellante – non sarebbero state introdotte dalle altre parti.

La 3 M, dunque, in questa sede chiede l’accoglimento della domanda impugnatoria con riferimento alle menzionate delibere e la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno per euro 132.750,00 ossia il prezzo base con cui la 3 M commercializza il proprio prodotto in Europa per un numero da 4 milioni a 5 milioni di abitanti a cui andrebbe aggiunta a anche la somma dovuta per danno curriculare o comunque una somma ritenuta di giustizia o attraverso la fissazione dei criteri ex art. 34 c.p.a..

Si è costituita la Regione Veneto proponendo controricorso.

Con successiva memoria del 20 ottobre 2017 la Regione ribadisce la legittimità della scelta operata di individuare mediante procedura negoziata senza bando la JHU come partner per la sperimentazione del sistema AGC, di cui questa possiede esclusiva mondiale, per la sperimentazione del sistema predetto. La scelta successiva di avviare un’indagine di mercato - che ha confermato l’unicità del prodotto - non sarebbe incompatibile col modello di cui all’art. 57 cvo. 2, d.lgs. n. 163 del 2006. Il vantaggio competitivo acquisito legittimamente sul mercato a causa delle capacità operative non sarebbe, dunque, neppure illegittimo.

La Regione non avrebbe acquistato alcunché per conto di altre Regioni, ma avrebbe messo a disposizione delle altre Regioni la licenza di esclusiva. Di conseguenza, non vi sarebbe un danno ingiusto, né la 3 M avrebbe in alcun modo provato l’an ed il quantum. Inoltre, sarebbe cessata la materia del contendere perché la sperimentazione del sistema ACG si è conclusa nell’aprile 2015 ed all’esito della stessa, valutata la necessità di procedere all’acquisizione del sistema di classificazione di case – mix, la Regione ha indetto la procedura pubblica a cui ha preso parte anche l’appellante.

Conclude, in via preliminare, per la tardività del ricorso di primo grado in quanto parte ricorrente avrebbe semmai dovuto gravare le delibere del 2012 e 2013 che avevano avviato la sperimentazione, e per la reiezione dell’appello o l’improcedibilità dello stesso, alla luce di quanto sarebbe confermato dal decreto n. 58 del 2016, con cui è stata indetta la procedura aperta per l’acquisizione della licenza d’uso del sistema di classificazione avanzato col criterio dell’offerta economicamente più vantaggioso (in atti).

Tali argomentazioni sono ribadite nell’ulteriore memoria del 23 ottobre 2017.

Con memoria depositata il 2 novembre 2017, l’appellante ribadisce motivi di appello e precisa che il ricorso di primo grado non sarebbe inammissibile per mancata impugnazione delle delibere del 2012 e 2013 in ragione dell’autonomia provvedimentale delle delibere del 2014 che estendevano la sperimentazione. Nel merito ribadisce quanto già assunto a fondamento dell’appello.

II – Con il ricorso n. 6524 del 2015 (il primo dei ricorsi in esame) la Regione Veneto chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di prime cure n. 290 del 2015 emessa alla camera di consiglio del 10 giugno 2015 e depositata in data 17 giugno 2015 e notificata in data 25 giugno 2015, con la quale è stato accolto il ricorso della 3M per l’annullamento della delibera regionale del FVG n. 1702 del 19 agosto 2014 avente ad oggetto l’adesione della Regione alla sperimentazione dell’ACG, e degli atti connessi e per la declaratoria dell’inefficacia dei contratti sottoscritti.

Deduce l’appellante i seguenti motivi:

1 – erroneità della sentenza per violazione dei presupposti di fatto, errore nella motivazione con riferimento alla sussistenza dell’interesse della 3 M, poiché nella fattispecie si verterebbe su un contratto firmato con la Johns Hopkins University per l’effettuazione della sperimentazione senza alcun impegno di acquisto dopo il 1° settembre 2015, l’accordo con la Regione Friuli Venezia Giulia consentirebbe solo l’estensione della sperimentazione;

2 – violazione del rapporto di presupposizione tra il giudizio proposto dalla 3M avanti al TAR Veneto rispetto a quello proposto dinanzi al Tribunale per il Friuli Venezia Giulia, in quanto il Tribunale di prime cure, pur negando la presupposizione, ha poi ritenuto di dover far ricorso alle giustificazioni svolte dalla Regione Veneto nel primo giudizio;

3 – ingiustizia della sentenza anche per violazione dell’art. 57 del codice dei contratti pubblici allora vigente, poiché non si sarebbe tenuta in considerazione l’ampia attività istruttoria svolta dalla Regione e tesa a verificare la corrispondenza del prodotto offerto con le esigenze regionali (cfr corrispondenza intercorso con la 3M) a comprova dell’unicità del prodotto della John Hopkins University.

Con appello incidentale la Johns Hopkins University censura la sentenza in primo luogo per inammissibilità del ricorso di primo grado in quanto non proposto nei termini di cui agli artt. 119 e 120 c.p.a. trattandosi di controversia avente ad oggetto l’affidamento del contratto pubblico per la sperimentazione nonché l’inammissibilità del ricorso in primo grado per difetto di interesse della 3 M poiché la Regione Friuli Venezia Giulia non avrebbe acquistato alcunché dalla Regione Veneto o dalla JHU, ma si sarebbe limitata a partecipare ad una sperimentazione con una convenzione a durata limitata.

Nel merito deduce:

1 – error in iudicando per violazione delle norme del codice dei contratti pubblici ed, in particolare degli artt. 20, 57 e 58 d.lgs. n. 163 del 2006, difetto di motivazione e travisamento dei fatti, in quanto l’adesione della Regione Friuli Venezia Giulia non avrebbe comportato alcun onere a carico della stessa e non prevedeva alcun obbligo di acquisto del sistema ACG;

2 – i medesimi vizi sotto il profilo della violazione dell’art. 57 cod. contratti pubblici

Si è costituita 3 M che, controdeducendo alle eccezioni di parte avversa ha precisato che non sarebbe applicabile il procedimento abbreviato in ragione della stessa impostazione degli appellanti, che si fonda sulla mancanza e non necessità di alcuna gara, e che l’interesse permarrebbe in considerazione del vantaggio avuto dalla JHU nel poter perfezionare il proprio sistema attraverso la sperimentazione; la stessa ha ribadito le proprie prospettazioni ed, in particolare, l’interesse alla non alterazione della competizione, indicando come, nei documenti 3 e 12 rimessi in primo grado, aveva già dato dimostrazione dell’equivalenza del proprio sistema a quello della controinteressata in primo grado. Ribadiva la tardività dell’indagine di mercato.

Con riferimento alla posizione degli appellanti incidentali controdeduceva in ordine alla prospettazione della fattispecie censurata quale forma di collaborazione tra enti pubblici, nonché in ordine alla riconducibilità al regime di cui all’art. 19 cod. appalti.

Ancora contestava la legittimità della considerazione ‘frazionata’ del valore dell’affidamento ai sensi degli artt. 125 e 29 del codice.

La Regione svolgeva domanda di sospensione dell’esecutorietà della sentenza di primo grado, che tuttavia era respinta.

Le parti hanno ribadito le loro prospettazioni con memorie in vista dell’udienza di discussione.

III – Con il ricorso n. 4629 del 2017 (il terzo dei ricorsi in esame) 3M propone appello per l’annullamento della sentenza n. 476/2017 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sez. III, nella camera di consiglio dell’11 maggio 2017, depositata in Segreteria il 15 maggio 2017, non notificata, con la quale in parte è stato dichiarato inammissibile ed, in parte, è stato respinto il ricorso promosso da 3M Italia S.r.l. per l’annullamento:

- del decreto n. 34 del 28 febbraio 2017 del Direttore dell’Unità Organizzativa Acquisti Centralizzati SSR, pubblicato in data 1 marzo 2017 sul profilo della Stazione appaltante, con il quale era nominata “la Commissione di aggiudicazione della Gara d’appalto a mezzo procedura aperta per l’acquisizione, per la durata di tre anni (con facoltà di rinnovo per ulteriori due anni, nonché di proroga tecnica di 180 giorni), della licenza d’uso di un sistema di classificazione del case-mix territoriale e dei servizi a supporto per la Regione del Veneto, la Regione Friuli Venezia Giulia, la Regione Toscana, la Provincia Autonoma di Trento, la Provincia Autonoma di Bolzano, per l’attribuzione del punteggio riservato alla qualità e all’offerta economica ex art. 6 del disciplinare di gara”;

- della Comunicazione relativa all’esito della prima seduta pubblica dell’1 marzo 2017, pubblicata sul profilo della Stazione appaltante in data 3 marzo 2017, con la quale sono state ammesse al prosieguo della gara la ricorrente ed il costituendo Raggruppamento Temporaneo d’Impresa tra la Johns Hopkins Healthcare LLC con sede in Baltimora (Maryland U.S.A.) capogruppo/ mandataria e la Effepici Solutions S.r.l.s. con sede a Padova, mandante;

- per quanto occorrer possa, del decreto n. 58 del 22 dicembre 2016 del Direttore dell’Unità Organizzativa Acquisti Centralizzati SSR, pubblicato in data 23 dicembre 2016 sul profilo della Stazione appaltante, avente il seguente oggetto: “Gara d'appalto a mezzo procedura aperta per l'acquisizione, per la durata di tre anni (con facoltà di rinnovo per ulteriori due anni, nonché di proroga tecnica di 180 giorni), della licenza d'uso di un sistema di classificazione del case-mix territoriale e dei servizi a supporto per la Regione del Veneto, la Regione Friuli Venezia Giulia, la Regione Toscana, la Provincia Autonoma di Trento, la Provincia Autonoma di Bolzano. CIG: 6918943C60. Indizione e approvazione dei documenti di gara”;

- per quanto occorrer possa, del bando di gara e del disciplinare e relativi allegati nonché del riscontro alla richiesta di chiarimenti n. 10, nella misura in cui le clausole concernenti la valutazione del possesso dei requisiti di partecipazione ed il riscontro al quesito n. 10 vengano interpretati ritenendo sufficiente il possesso, in capo alla sola mandataria, dei requisiti di capacità tecnica ed economica;

- in subordine, della lex specialis di gara (in specie del bando e del disciplinare) nella misura in cui non siano state specificate le modalità di verifica del possesso dei requisiti di capacità tecnica ed economica in capo agli RTI partecipanti;

- dei verbali della Commissione di gara, ancorché non noti, nella parte in cui hanno ritenuto che l’RTI costituendo dalla JohnJohns Hopkins Healthcare LCC e da Effepici Solutions S.r.l.s. fosse in possesso di tutti i requisiti di partecipazione, dunque dovesse essere ammessa alla gara, specie in ordine alla società mandante;

- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, conseguente e connesso a quelli sopraindicati, anche se non conosciuti dalla ricorrente;

e per ottenere la condanna della Regione Veneto al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi, previa, ove occorra, dichiaratoria di inefficacia dei contratti sottoscritti dalla Regione Veneto e da ogni singolo Ente (Regione o Provincia autonoma) aderente alla presente procedura d’appalto con l’RTI costituendo dalla Johns HopkinsHealthcare LCC e da Effepici Solutions S.r.l.s .

Infatti, la Regione Veneto, valutata positivamente la sperimentazione (cfr. doc. 18 del fascicolo di primo grado), avviava, anche nell’interesse della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, della Regione Toscana e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, la gara d’appalto “a mezzo procedura per l’acquisizione, per la durata di tre anni (con facoltà di rinnovo per ulteriori due anni, nonché proroga tecnica di 180 giorni) della licenza d’uso di un sistema di classificazione del case-mix territoriale e dei servizi a supporto”, per un importo di € 2.994.107,50 - di cui € 1.650.195,00 per il triennio di servizio, € 1.075,130,00 per l’opzione di rinnovo biennale e € 268.782,50 per la proroga di 180 giorni - (cfr. doc. 3 del fascicolo di primo grado).

La 3 M, dunque, ha formulato i seguenti motivi di appello:

1 - Sulla ritenuta inammissibilità dei motivi IV, V e VI del ricorso di primo grado e sull’illegittima nomina della commissione di gara (violazione degli articoli 4, 42 e 77 del d.lgs. n. 50 del 2016; violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione; violazione dell’art. 3 della L. 1990/241; eccesso di potere per manifesta carenza d’istruttoria ed illogicità manifesta), in quanto alla luce dell’orientamento giurisprudenziale affermatosi, la sentenza sarebbe errata nell’affermare il difetto di interesse all’impugnazione della nomina della commissione prima dell’esito della gara, dovendo invece ritenertesi che il ricorrente che intenda contestare la composizione della commissione, se non vuole incorrere in preclusioni, dovrà farlo nel termine perentorio di trenta giorni dalla nomina della stessa (cfr. Cons. St., Sez. V, 17.11.2016, n. 4793). Inoltre, in relazione dell’impugnazione con rito superaccelerato, stante il contrasto giurisprudenziale (Cons. St., 14.3.2017, Ord. n. 1059), ove non si intenda dare seguito all’orientamento secondo cui deve ritenersi ammessa la proposizione di ricorsi cumulativi nell’ambito del rito c.d. superaccelerato, anche all’odierna appellante dovrà essere riconosciuta l’applicabilità dell’art. 37 c.p.a. in tema di errore scusabile; con la conseguenza che i motivi di doglianza relativi alla composizione della commissione dovranno, al più, essere trattati separatamente secondo il rito appalti ordinario (in particolare sottolinea che il ricorso depositato da 3M in primo grado è stato portato alla notifica il 29 marzo 2017, ovvero pochi giorni dopo la pubblicazione della suddetta Ordinanza del Consiglio di Stato)

Venendo, dunque, al merito della questione l’appellante ripropone ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. i motivi non esaminati, in quanto erroneamente ritenuti inammissibili, per carenza di interesse, dal T.A.R. Veneto.

Ribadisce, dunque, la violazione dell’art. 77, d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto volto a tutelare l’imparzialità del giudizio del presidente e dei commissari chiamati a giudicare la gara, richiamando sul punto, la giurisprudenza relativa al vecchio art. 84, quarto comma, (Cons. di Stato sez. V 25 luglio 2011 n. 4450 e Cons. di Stato, Sez. V, 25 gennaio 2016, n. 242), nonché i principi dettati dalla giurisprudenza europea (cfr. C.E.D.U. Sent. Savino, 28 aprile 2009 e C.G.U.E., Grande Sezione, 1 luglio 2008, cause 341 e 342/2006).

Nel caso che occupa ricorda che, con decreto n. 34 del 28 febbraio 2017 del Direttore dell’Unità Organizzativa Acquisti Centralizzati (doc. 1 del fascicolo di primo grado), venivano designati quali componenti della Commissione di aggiudicazione della gara in commento: l’Ing. Lorenzo Gubian (Presidente), la Dott.ssa Elena Clagnan ed il Dott. Stefano Vianello. Sennonché, due dei tre Commissari così nominati, il Dott. Stefano Vianello e l’Ing. Lorenzo Gubian, avrebbero preso parte attiva alla precedente fase di sperimentazione del Sistema ACG (Adjusted Clinical Group), realizzato dalla Johns Hopkins University.

Il primo, infatti, sarebbe stato tra i referenti del progetto nel terzo anno di sperimentazione (cfr. doc. 29, del fascicolo di primo grado) e Responsabile scientifico del progetto (cfr. doc. 30 del fascicolo di primo grado); questi avrebbe anche predisposto una presentazione per il convegno regionale Card Veneto tenutosi in data 5 aprile 2013, nel quale era ‘promosso’ il sistema ACG quale “strumento di aggiustamento per il case/mix (grouper) applicato a popolazioni/pazienti (e non ad episodi di cura come il DRG) sviluppato dalla Johns Hopkins University” (cfr. doc. 31 del fascicolo di primo grado); sarebbe menzionato quale redattore del documento A allegato alla Deliberazione della Giunta Regionale 14 maggio 2015 n. 758, avente ad oggetto il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) per la gestione della Sclerosi Multipla (SM), che prevede l’uso dell’ACG (cfr. doc. 32 del fascicolo di primo grado).

Allo stesso modo, anche l’Ing. Lorenzo Gubian, Presidente della commissione di gara, avrebbe avuto un ruolo attivo rispetto al sistema elaborato in fase di sperimentazione dalla Johns Hopkins, infatti, con Decreto n. 88 del 23 maggio 2012 della Regione Veneto era stato nominato membro del “gruppo di lavoro ristretto, a livello regionale, per la pianificazione, attuazione, feed-back e valutazione del progetto” (cfr. doc. 33 del fascicolo di primo grado); partecipava alla redazione della “Relazione finale sulle attività progettuali del primo anno di sperimentazione” (cfr. doc. 34 del fascicolo di primo grado) ed alla redazione della “Relazione intermedia sullo stato di avanzamento delle attività progettuali” del 2012 (doc. 35 del fascicolo di primo grado); nonché, nel 2014 alla relazione della “Relazione finale sulle attività progettuali del secondo anno di sperimentazione del sistema ACG – Adgiu-sted Clinical Groups” (cfr. doc. 36 del fascicolo di primo grado).

Sotto altro profilo, il ruolo svolto dal Dott. Vianello e dall’Ing. Gubian nella precedente fase di sperimentazione determinerebbe – secondo parte appellante - una potenziale situazione di conflitto di interessi ai sensi dell’art. 42, d.lgs. 50 del 2016, ciò per due principali ragioni:

il Dott. Stefano Vianello, nel corso della sperimentazione, avrebbe collaborato con il socio di maggioranza della neo costituita Effepici Solutions s.r.l.s. (partecipante alla gara quale mandante dell’RTI controinteressato), dott. Massimo Fusello (cfr. doc. 37 del fascicolo di primo grado);

nel caso in cui il sistema elaborato dalla JHU non venisse ora scelto dalla Stazione appaltante, il lavoro di valutazione – durato oltre tre anni – del sistema ACG svolto da dott. Stefano Vianello e dall’ing. Gubian nel corso della sperimentazione verrebbe – a dire dell’appellante - inevitabilmente screditato.

2 - Sul ritenuto possesso dei requisiti speciali di gara in capo al RTI (Violazione degli artt. 30, 48, 80 e 83 d.lgs. 50/2016; III.2.2 e III.2.3 del bando di gara; violazione dell’art. 2 “Modalità di partecipazione” del Disciplinare di gara; violazione dell’art. 97 della Costituzione, dei principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione; Violazione dell’art. 3 legge 241/1990. Eccesso di potere nella forma sintomatica della carenza di istruttoria e della disparità di trattamento).

Innanzitutto, la sentenza non specificherebbe se il costituendo RTI sia da qualificarsi come verticale o come orizzontale; pertanto, alla luce della disciplina codicistica, in assenza di disposizioni del bando, il raggruppamento dovrebbe essere considerato orizzontale con conseguente necessità di possesso dei requisiti pro quota da parte di tutte le partecipanti. Né i chiarimenti della stazione appaltante potrebbero integrare le disposizioni del bando.

Nel caso specifico, invece, il costituendo RTI sarebbe stato ammesso anche se una delle concorrenti risulti sfornita di qualsivoglia requisito.

Infatti, nella dichiarazione di impegno per la costituzione del RTI (cfr. doc. 23 del fascicolo di primo grado) si evincerebbe che Effepici avrà una percentuale di partecipazione all’appalto pari al 20% e svolgerà alcune delle parti del servizio principale (tra cui traduzione del software ACG System; formazione degli utenti delle Regioni/Province Autonome, fornitura della manualistica in lingua italiana etc.).

Nella procedura in esame, Effepici avrebbe dunque dovuto provare di avere eseguito servizi analoghi, in rapporto alla cifra di euro 1.650.000 precisata nella lex specialis, corrispondente alla parte di prestazione da eseguire.

Invece, Effepici, come da visura camerale già prodotta in atti (doc. 20 cit. del fascicolo di primo grado), risulta costituita il 15 febbraio 2017, ed iscritta presso la Camera di Commercio il giorno successivo.

Le offerte relative alla procedura dovevano pervenire entro il 21 febbraio 2017 (cfr. par. IV.3.4 del bando), dunque appena sei giorni dopo la costituzione della mandante.

È evidente, quindi, come Effepici non possegga alcuno dei requisiti previsti dalla lex specialis.

L’ammissione del RTI sarebbe altresì illegittima per carenza di istruttoria, non avendo la Stazione appaltante accertato l’indicata carenza di requisiti in capo alla mandante Effepici, in violazione del disposto dell’art. 83, co. 8, d.lgs. n. 50/2016.

3 - Sulla ritenuta assenza di un vantaggio concorrenziale del RTI (Violazione dell’art. 67 del d.lgs n. 50 del 2016; violazione dei principi di par condicio tra i concorrenti, imparzialità e trasparenza nelle procedure ad evidenza pubblica).

La decisione del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, laddove giudica non verificato un illegittimo vantaggi concorrenziale ad esito del periodo di sperimentazione non terrebbe in considerazione il fatto che anche tale affidamento in sperimentazione è sub judice, essendo la procedura negoziata senza pubblicazione del bando ex art. 57 del d.lgs. n. 163 del 2006, adottata dalla Regione Veneto, ancora all’esame del Consiglio di Stato per impugnazione da parte della 3 M della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, di rigetto del ricorso dalla stessa precedentemente proposto. Ancora e diversamente da quanto afferma la sentenza appellata, non si tratterebbe di appalti autonomi e distinti, perché la fase di sperimentazione a cui ha partecipato la JHU non sarebbe altro che una fase preparatoria della procedura qui contestata. Non si verterebbe poi su un servizio analogo, ma sullo stesso servizio, come sarebbe dimostrato dal fatto che la John Hopkins, tanto durante il periodo di sperimentazione, quanto durante la gara qui contestata, avrebbe offerto lo stesso software di case mix dalla stessa ideato, denominato ACG (Adjusted Clinical Groups). Ammesso e non concesso, dunque, che la Regione Veneto abbia pubblicato tutti e ciascuno dei dati risultanti dalla sperimentazione, sarebbe evidente che testare in concreto un software – in modo da verificarne i limiti e le potenzialità – dovrebbe essere ritenuta cosa ben diversa dall’elaborare un sistema sulla base dei dati (assolutamente parziali) estrapolati dalle prove effettuate da un altro soggetto.

La sentenza appellata non coglierebbe nel segno laddove precisa che comunque la JHU non avrebbe in alcun modo preso parte alla predisposizione del bando, laddove invece la censura della 3 M era diretta ad evidenziare che il Codice degli appalti, all’art. 67, chiede che siano osservate delle particolari cautele verso gli operatori che abbiano preso parte alle consultazioni preliminari. Nello specifico, il “gruppo” Johns Hopkins, avendo preso parte attiva alla sperimentazione, avrebbe potuto acquisire tutte le informazioni necessarie per la corretta esecuzione dell’appalto, a differenza di 3M che, invece, non aveva potuto aderire a tale fase.

La Regione Veneto, tuttavia, non avrebbe adottato alcuna cautela atta a garantire la concorrenza tra le partecipanti alla gara d’appalto e la mera “pubblicità degli atti della procedura di consultazione” non potrebbe considerarsi misura idonea e sufficiente a garantire la concorrenzialità. A conforto della tesi sostenuta, la parte appellante evidenzia, a titolo di esempio, il sito della Regione Veneto dedicato al sistema ACG elaborato dalla Johns Hopkins (http://acg.regione.veneto.it/) ove si legge: “Il Veneto è la prima Regione d’Italia che si doterà di una minuziosa mappatura dei bisogni di salute espressi dal territorio. Lo farà realizzando un progetto, denominato “ACG” (Adjusted Clinical Groups), approntato dall’Università Johns Hopkins di Baltimora (Usa)” (cfr. doc. 27 del fascicolo di primo grado).

Si sono costituite Johns Hopkins Healthcare LCC (da ora in avanti JHHC) e EFFEPICI Solutions s.r.l.s. (d’ora in avanti EFFEPICI) per resistere avverso tutte le argomentazioni dell’appellante e la Regione Veneto con controricorso ribadendo l’inammissibilità dell’appello con rifermento alle censure attinenti alla composizione della commissione ed insistendo sull’infondatezza delle altre censure.

Con ordinanza 3254 del 2017 questa Sezione respingeva la richiesta di sospensione dell’esecutorietà della sentenza del Tar per il Veneto.

Le controinteressate e la Regione appellata con memoria di replica hanno precisato che 3M Italia S.r.l. è stata esclusa dalla procedura di gara per cui è causa, non avendo raggiunto il punteggio minimo previsto nel cd. “test di performance”. Segnatamente, 3M ha conseguito un solo punto su otto punti assegnabili, laddove il minimo previsto per poter superare il “test di performance” era di almeno sei punti.

Secondo le resistenti in appello, dunque, non avendo la ricorrente più titolo per partecipare alla gara – poiché la 3 M sarebbe divenuta titolare di un interesse di mero fatto non dissimile a quello di qualsiasi operatore che, non avendo partecipato alla gara, non ha titolo ad impugnarne gli atti (cfr. Tar Sicilia, Palermo, Sez. III, 5 gennaio 2017, n. 21; Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1560; Consiglio di Stato, Sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8969; id. 13 settembre 2005, n. 4692; id. 21 novembre 2007, n. 5925) - dovrebbero essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse tutti i motivi del ricorso che hanno ad oggetto la domanda di esclusione della controinteressata, la composizione della Commissione di gara e la presunta violazione delle regole concorrenziali.

L’appellante ha, invece, precisato di aver, in data 11 ottobre 2017, indirizzato ad ANAC apposito esposto, chiedendo all’Autorità di pronunciarsi sulla legittima composizione della Commissione. Allo stato, attende dunque il pronunciamento dell’Autorità predetta. Ha anche evidenziato che l’esclusione comunicata alla seduta del 6 novembre u.s. sarà stata fatta oggetto di apposita impugnazione.

Vengono tutte e tre i ricorsi in appelli sono stati trattenuti in decisione all’udienza di discussione del 23 novembre 2017.

DIRITTO

I – In considerazione della connessione soggettiva ed oggettiva, i ricorsi di appello indicati in epigrafe devono essere riuniti.

II – In via del tutto preliminare, deve ritenersi non condivisibile l’eccezione svolta dalla Regione e dalle Società controinteressate, con cui si ritiene venuto meno l’interesse a seguito dell’esclusione dell’appellante ad esito del test di cui alla gara impugnata con il terzo dei ricorsi in esame per due ordini di considerazioni:

- in primo luogo, in quanto la stessa 3M ha affermato di aver intenzione di impugnare l’esclusione (non essendo decorsi i termini);

- in secondo luogo, perché la pretesa impugnatoria e risarcitoria della 3 M nei diversi giudizi si fonda proprio sull’assunto della avvenuta alterazione della par condicio tra i partecipanti alla competizione.

Deve dunque procedersi al compiuto esame dei ricorsi in appello.

Per seguire il corretto e logico svolgersi della complessa vicenda deve essere esaminato per primo il ricorso in appello n. 2759 del 2016 con cui la 3M contesta la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto di reiezione del ricorso promosso avverso l’estensione della sperimentazione.

III – I primi tre motivi di appello devono essere esaminati insieme, infatti gli stessi sono strettamente connessi, vertendo sull’insufficiente motivazione ed erroneità della sentenza che ha ritenuto infondata la pretesa di parte ricorrente in ordine all’illegittimo uso dell’istituto di cui all’art. 57 cod. contratti pubblici n. 163/2006, all’epoca in vigore, ed alla ricorrenza dei presupposti.

Osserva il Collegio che lo stesso art. 57 del codice vigente al momento dell’affidamento, disponeva alla b) che l’affidamento diretto fosse legittimo qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato (norma che peraltro ha trovato la sua riproduzione anche nella vigente disciplina).

Come precisato dall’ANAC, nelle Linee guida per il ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando, nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili, a proposito dell’attuale art. 63, ma richiamando anche tutta la giurisprudenza formatasi in passato, per i casi in cui una fornitura e un servizio siano effettivamente infungibili, il legislatore, comunitario e nazionale, ha previsto deroghe alla regola della selezione attraverso una selezione pubblica, considerato che l’esito di un’eventuale gara risulterebbe scontato, esistendo un unico operatore economico in grado di aggiudicarsela e, conseguentemente, l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica determinerebbe uno spreco di tempo e di risorse.

Naturalmente, trattandosi di una deroga alla regola della gara pubblica, occorre che l’infungibilità sia debitamente accertata e motivata nella delibera o determina a contrarre dell’amministrazione, nel pieno rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, ovvero dei principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.

Come affermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea (cfr. Sentenza della C. Giust. UE 8 aprile 2008, causa C-337/05), confermata del resto dalla giurisprudenza della Sezione (sez. III, 8 gennaio 2013, n. 26) la procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara riveste carattere di eccezionalità rispetto all’obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, per cui la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza.

Del resto, va anche precisato che l’esclusiva si riferisce a un prodotto o a un processo, l’esistenza di un diritto esclusivo non implica necessariamente che il bisogno del contraente non possa essere soddisfatto in modo adeguato anche ricorrendo ad altri prodotti o processi.

Nei casi di infungibilità dei prodotti e dei servizi, il Codice prevede la possibilità di derogare ai principi dell’evidenza pubblica.

Orbene, con riguardo al caso che occupa, nelle delibere del 2014 impugnate nel ricorso definito con la sentenza del Tar Veneto n. 1337 del 2015 emerge con chiarezza che:

1 – l’ACG è un sistema che si discosta dagli altri poiché “consente una rappresentazione più accurata della costellazione globale di morbilità”, in quanto a differenza degli altri sistemi “ACG tiene contro della costellazione di malattie che una persona di che si alterna tra visite, luoghi di cura ed erogatori diversi”;

2 – la JHU detiene l’esclusiva sul predetto sistema.

Ne discende che devono ritenersi verificati i presupposti (esclusiva/infungibilità e dunque, unicità del prodotto, nonché finalità di sperimentazione e studio) richiesti dalla norma e versati nei provvedimenti impugnati in primo grado per l’avvenuto affidamento diretto nel periodo di sperimentazione, che - proprio al fine di consentire all’amministrazione di verificare l’utilità del prodotto - in via preliminare ed ai fini di una corretta progettazione e dell’utilizzo delle risorse pubbliche ha preceduto l’indizione della gara pubblica per l’acquisizione del sistema (oggetto del terzo dei gravami).

Né i dati appena riferiti possono essere smentiti, ma anzi sono confermati, dal fatto che l’amministrazione abbia – in corso di sperimentazione – effettuato un’indagine di mercato ed abbia, conseguentemente interloquito anche con la 3M per verificare l’effettiva unicità del prodotto. Tale istruttoria, lungi dal corroborare la tesi dell’appellante, non può che essere ulteriore riprova della serietà della condotta tenuta dall’amministrazione a tutela ella trasparenza e dei canoni di correttezza ed economicità.

Di tali aspetti dà correttamente conto la sentenza appellata, che, dunque, non vi è motivo di riformare.

IV – Da quanto appena rilevato, discende anche il rigetto degli altri motivi di ricorso come condivisibilmente ritenuto dal Tribunale di prime cure. Infatti, da un lato, la reiezione delle censure avverso la legittimità della procedura seguita comporta necessariamente il venir meno della prospettazione dell’odierna appellante in ordine ai rapporti tra Regione Veneto e Regione Friuli Venezia Giulia. Secondo l’appellante – ricorrente in primo grado, infatti, alla Regione Veneto sarebbe da attribuirsi, nella specie, un ruolo simile a quello di una centrale di committenza, che però altererebbe il corretto svolgersi della concorrenza, avendo indebitamente la Regione promosso il prodotto della JHU. L’assunto non è fondato.

Nella specie, ritenuta corretta la procedura di sperimentazione, discende evidentemente che si verte in una fase di sperimentazione (in tutto prodromica rispetto allo svolgimento di una gara pubblica) – come osservato dal Tribunale amministrativo per il Veneto - richiamando la sentenza di questo Consiglio di Stato n. 3997 del 2014.

La posizione della Regione Veneto non è dunque, paragonabile in tale fase a quella di una centrale di committenza, avendo lo schema di convenzione – i cui effetti sono chiaramente producibili solo ad esito dell’adesione delle altre regioni – teso a diffondere la sperimentazione al fine di valutare al meglio la modalità operativa ed economica anche per le altre regioni.

Una volta che sia determinata la liceità della procedura, e, dunque, in assenza di violazione delle norme pubblicistiche preposte peraltro proprio alla tutela della concorrenza deve affermarsi, conseguentemente, il principio in forza del quale non è configurabile un illegittimo vantaggio concorrenziale (tale assunto peraltro trova conferma anche nella giurisprudenza della Suprema Corte con rifermento all’illecito di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 co. 3 c.c. cfr. Cass. 27 aprile 2004, n. 8012).

Né risulta dal primo ricorso alcuno specifico motivo attinente alla quantificazione dei corrispettivi, se non nel raffronto con 3 M. Tale raffronto, come detto, non rileva trattandosi – come comprovato dall’istruttoria svolta dalla Regione – di prodotti differenti.

V – Da ultimo, non può che respingersi anche il motivo di appello teso a censura la sentenza nella parte in cui ha rigettato la pretesa risarcitoria, evidentemente in assenza di uno dei presupposti essenziali ovvero di una condotta illegittima della pubblica amministrazione.

VI – Passando, ora all’esame del primo dei ricorsi in appello, proposto dalla Regione Veneto ed avverso la sentenza del Tribunale per il Friuli Venezia Giulia, con la quale è stata annullata la delibera della Regione Friuli Venezia Giulia di adesione alla sperimentazione - in disparte ogni considerazione sulla circostanza che la sperimentazione stessa risulta ormai terminata e si è avviata la fase di evidenza pubblica – possono essere superate le questioni preliminari proposte dall’appellante incidentale, con riferimento alla tempestività del ricorso di primo grado, perché l’appello della Regione Veneto è fondato nel merito.

Deve essere respinta l’eccezione preliminare di parte appellante in ordine alla sussistenza di un interesse della 3 M. Nella specie è evidente che l’interesse della Società si appalesa sempre il medesimo, ovvero quello strumentale alla edizione della gara. Nel caso che occupa si verte proprio in una di quelle ipotesi enucleate dalla giurisprudenza – la legittimazione dell’operatore economico “di settore” che intende contestare un “affidamento diretto” o senza gara – in cui non è contestabile a priori la qualificazione della posizione del ricorrente.

L’estensione della sperimentazione avrebbe – secondo la prospettazione della 3M - inevitabilmente posticipato lo svolgimento del procedimento di evidenza pubblica, circostanza che – come si è detto – trova, invece, la sua concreta motivazione e ragionevolezza nella necessità di individuare l’idoneità di una tipologia di sistema (prescelto per la fase di sperimentazione con riguardo al prodotto che aveva caratteri specifici e tesi ad assicurare un maggiore spettro possibile di studio) prima di avviare una procedura selettiva nel rispetto dei principi di economicità, efficienza, buon andamento dell’azione pubblica.

VII – E’ fondato il primo motivo dell’appello della Regione Veneto, laddove è evidenziata l’erroneità dell’iter ermeneutico seguito dal Tribunale di prime cure che ha accolto il ricorso della 3M in ordine al difetto istruttorio della scelta operata dalla Regione Friuli Venezia Giulia.

In estrema sintesi, con il ricorso di primo grado la 3 M censurava la delibera regionale per violazione del codice dei contratti pubblici con riferimento all’avvio della sperimentazione ina assenza di una preventiva procedura ad evidenza pubblica, violazione ei principi di parità di trattamento ed imparzialità, economicità ed efficacia, difetto di istruttoria, violazione altresì dei principi del Trattato europeo.

Lamenta la Regione appellante che la sentenza non ha preso in considerazione la particolarità della posizione del Friuli Venezia Giulia che – lungi dall’aver illegittimamente violato le disposizioni ed i principi nazionali e comunitari sopra menzionati – avrebbe esclusivamente aderito alla sperimentazione avviata dalla Regione Veneto per meglio consentire la verifica del modello e del prodotto in studio, per un arco temporale molto limitato e senza alcun impegno all’acquisizione del prodotto nei confronti della JHU.

Osserva il Collegio, a riguardo, che l’errore del giudice di prime cure si evince dalla mancata considerazione di quanto specificamente indicato nella delibera impugnata: “Verificato, grazie alla consultazione dei documenti progettuali e i contatti con i Referenti della Regione Veneto, che la sperimentazione da loro attivata ha avuto successo”. Ne discende che l’Amministrazione ha avuto a disposizione tutte le risultanze della sperimentazione, comprensive anche della indagine di mercato e delle comparazioni effettuate dalla Regione Veneto. Sul prodotto specificamente la Regione ha svolto una valutazione anche di compatibilità con le finalità programmate, in ambito tecnico-discrezionale che sfugge al sindacato di questo giudice.

Quanto alla compatibilità dell’utilizzo del meccanismo richiamato di cui all’art. 57 co. 2 del codice dei contratti pubblici, non può che richiamarsi quanto già sopra evidenziato. Tuttavia, le considerazioni non possono che riferirsi al rapporto sottostante tra Regione Veneto e Johns Hopkins University di Baltimora per l’utilizzo della licenza relativa al sistema ACG.

Nella specie, la sperimentazione avrebbe avuto durata di un anno ed avrebbe comportato unicamente la corresponsione di un contributo annuale di partecipazione al progetto (euro 15.000,00) e per assistito (euro 0,051 per assistito) a favore della Regione e non della JHU.

VIII – Per motivi di sinteticità non è qui necessario ripetere quanto ampiamente evidenziato nei punti III e IV della presente motivazione. Devono valere le medesime considerazioni con riguardo a quanto dedotto nel merito dall’appellante incidentale. Mentre non può essere presa in considerazione la diversa prospettazione introdotta dalla parte resistente in appello.

Quanto sin qui ritenuto è sufficiente per l’accoglimento dell’appello proposto dalla Regione Veneto e, conseguentemente dell’appello incidentale, e, pertanto, per l’annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia n. 290 del 2015 e conseguente reiezione del ricorso presentato in prime cure per l’annullamento della delibera di G. Reg. Friuli Venezia Giulia n. 1702 del 19 agosto 2014 (e degli atti presupposti, connessi e conseguenti e la declaratoria dell’inefficacia dei contratti sottoscritti).

IX – Con il terzo dei ricorsi in appello in esame, la 3 M contesta la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sopra richiamata, con la quale era respinto (in parte dichiarati inammissibili) il ricorso avverso l’ammissione della parte originaria controinteressata costituendo RTI tra la Johns HopkinsHealthcare LCC e la Effecpici Solutions S.r.l.s..

X - Ad un più attento esame, proprio della presente fase di merito, il Collegio ritiene di dover approfondire le questioni relative alla ammissibilità del cumulo delle azioni con riferimento alla specificità della controversia in esame, rispetto a quanto espresso in sede cautelare.

In primo luogo, infatti, deve essere vagliato il primo motivo di appello con cui 3M contesta la decisione sull’inammissibilità dei motivi di gravame attinenti alla nomina della commissione per essere stati proposti contestualmente alla impugnazione, con rito ‘superaccelerato’, dell’ammissione del RTI controinteressato.

Deve evidenziarsi, infatti, la diversità del caso che occupa, rispetto alla fattispecie, in vero molto diversa, in cui si verta della contestuale proposizione di un ricorso avverso l’ammissione di un concorrente ed avverso l’aggiudicazione della gara. La soluzione ermeneutica adottata dalla sentenza appellata, infatti, riguarda erroneamente quest’ultima ipotesi, rispetto alla quale non possono che condividersi le conclusioni raggiunte da questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, V, n. 1059/2017- ord., nel solco di A.P., n. 32/2012), secondo le quali: ”un’interpretazione della vigente disciplina processuale nel senso di ammettere il cumulo e la trattazione congiunta delle domande con applicazione ad entrambe del rito “speciale” in luogo del rito “specialissimo” o “super speciale” apparirebbe in contrasto non solo con la ratio della disciplina dettata dai citati commi 2-bis e 6-bis, in quanto – introducendo surrettiziamente un terzo rito, misto tra i due - ostacolerebbe il conseguimento sistematico delle finalità che con il rito dell’art. 120, comma 2-bis la nuova norma intende realizzare; ma anche con le ricordate e distinte condizioni dell’azione e struttura del rito anticipato, che - a differenza di quanto avviene per altre azioni del processo amministrativo - non possono né essere confuse con le usuali, né esservi assorbite o assorbirle; del resto la novella all’art. 120 disegna per le gare pubbliche un nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda” e pertanto “nel quadro del procedimento cautelare – nel caso di proposizione con unico ricorso di domanda di annullamento avverso l’atto di ammissione di un concorrente e di domanda avverso” un altro atto (nel caso di specie si parlava dell’ “atto di aggiudicazione definitiva”) dovendosi esaminare “la sola domanda avverso l’atto di ammissione, secondo l’ordine di priorità logica e processuale dei due riti disciplinati dall’art. 120 Cod. proc. amm., mentre” – l’altra domanda (“la domanda (qui cautelare) proposta avverso l’aggiudicazione definitiva”) - “deve ritenersi non ritualmente introdotta e come tale inammissibile”.

Nella specie che occupa, invece, la proposizione di motivi di ricorso relativi all’illegittimità della nomina della commissione di gara – secondo la prospettazione della ricorrente in primo grado – è strettamente connessa all’impugnazione dell’ammissione della controinteressata, proprio perché parte di una medesima tesi difensiva finalizzata a contestare la situazione di ingiustificato vantaggio concorrenziale assegnato al raggruppamento, che sarebbe stato illegittimamente ammesso alla gara in carenza dei requisiti di partecipazione.

I vizi dedotti relativamente alla nomina della commissione – in disparte l’indirizzo giurisprudenziale, richiamato da parte istante, a mente del quale, in ragione dell’autonoma efficacia immediatamente lesiva, la nomina della commissione, ed implicitamente il mancato esame di una situazione di incompatibilità, dovevano essere immediatamente impugnati senza attendere o condizionarne l’impugnazione all’esito dell’aggiudicazione dell’appalto all’impresa controinteressata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2008 n. 2188; Id., sez. VI, 6 ottobre 2005 n. 5427) - così come del resto, l’impugnazione in via subordinata del bando e del disciplinare di gara, non potrebbero – ove ritenuti sussistenti - che riverberarsi nel primo atto ‘lesivo’ del principio di par condicio tra i concorrenti, per l’appunto l’ammissione del raggruppamento controinteressato.

XI – Ciò posto, deve essere riformata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sez. III, n. 476 del 2017, nella parte in cui ha ritenuto inammissibile il ricorso di primo grado con riguardo alle censure attinenti alla composizione ed alla nomina della commissione di gara.

Tuttavia, nel merito, i motivi di ricorso debbono essere respinti.

Da un lato, infatti deve essere escluso il presupposto logico del conflitto di interessi che la ricorrente in primo grado paventa. I commissari nei confronti dei quali sono rivolte le censure di incompatibilità non hanno svolto incarichi con riferimento al contratto per il quale si svolge la gara. Tale dato non è in contestazione e viene confermato dalla ricostruzione sopra svolta, nella quale si è evidenziato – differentemente da quanto vorrebbe 3 M - la diversità delle fasi di sperimentazione (la più ampia possibile attraverso l’utilizzo del sistema ACG) di un prodotto per valutarne l’efficienza e la corrispondenza alle esigenze dell’amministrazione ed allo svolgimento del servizio pubblico e di indizione della gara per l’acquisizione del sistema di classificazione ‘case mix’ per la durata di tre anni, rinnovabile.

La giurisprudenza formatasi sugli antefatti normativi dell’attuale disciplina (cfr. Cons. Stato n. 5441 del 2014) ha precisato che “L'art. 84 del D.Lgs. n. 163/2006, relativo alla composizione della commissione giudicatrice, pel caso di aggiudicazione di un appalto con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, al comma 4 prevede che i commissari diversi dal presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcuna altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. Come evidenziato da ricorrente giurisprudenza, l'incompatibilità mira a garantire l'imparzialità dei commissari di gara che abbiano svolto incarichi relativi al medesimo appalto, quali compiti di progettazione, di verifica della progettazione, di predisposizione della legge di gara e simili e non incarichi amministrativi o tecnici genericamente riferiti ad altri appalti (Consiglio di Stato, sez. VI, 29.12.2010, n. 9577; sez. V, 22.6.2012, n. 3682)”.

Il comma 4 dell’art. 77 d.lgs. n. 50 del 2016 ribadisce che la preclusione non può che valere che per i soggetti che abbiano avuto incarichi con riferimento al medesimo contratto.

Nella specie, la procedura ad evidenza pubblica in atto ha contenuto necessariamente differente rispetto a quanto fatto oggetto di sperimentazione.

Dall’altro lato, non è rinvenibile neppure il profilo soggettivo dell’incompatibilità.

Il ‘conflitto di interessi’ implica, infatti, secondo la stessa disposizione di cui all’art. 42 d.lgs. n. 50 del 2016, come richiamato dalla parte ricorrente in primo grado, un conflitto tra la missione pubblica e gli interessi privati di un funzionario pubblico, in cui quest’ultimo possiede a titolo privato interessi che potrebbero influire indebitamente sull’assolvimento dei suoi obblighi e delle sue responsabilità pubblici.

Ne discende che non possono richiamarsi a confortare la tesi dell’originaria ricorrente elementi e circostanze – come la partecipazione a studi – che lungi dall’evidenziare un interesse privato dei componenti, pongono in luce, in vero, una loro specifica esperienza e competenza, secondo i canoni di professionalità che sono affermati dallo stesso codice dei contratti pubblici vigente.

XII - Passando, pertanto, ad esaminare gli ulteriori motivi prospettati con riferimento alla mancanza dei requisiti di qualificazione in capo alla mandante del costituendo R.T.I. appellato, emerge dagli atti che la lex specialis ha previsto come unico requisito l’elenco dei servizi analoghi rispetto a quello richiesto prestati negli ultimi tre anni (2014-2016) a favore deli enti sanitari pubblici o privati con indicazione della durata del contratto e l’importo contrattuale, dell’oggetto dell’appalto, del destinatario del servizio per un importo complessivo di 1.650.00 euro.

Il RTI JHH LCC (mandataria) - Effepici (mandante) era ammesso alla gara a seguito di richiesta di chiarimento sulla necessità che – in caso di raggruppamento verticale – le capacità tecniche dovessero essere possedute da ciascun partecipante e del relativo chiarimento n. 10 con il quale la stazione precisava che non era previsto alcun requisito minimo di partecipazione. Peraltro, le stesse società specificavano chiaramente le parti del servizio complesso che ciascun partecipante avrebbe svolto: la JHHC la fornitura di software e la Effepici l’attività di supporto.

Vale ricordare che a riguardo l’appellante lamenta che la Effepici in quanto costituita solo il 15 febbraio 2017 non poteva possedere i requisiti richiesti dal bando e che, poiché il bando nulla prevedeva a riguardo, il raggruppamento doveva intendersi necessariamente orizzontale.

Va premesso che la pronuncia dell’Adunanza Plenaria, n. 27/2014 ha enunciato il seguente principio che continua a trovare applicazione anche a seguito dell’entrata n vigore del nuovo codice dei contratti: “per gli appalti di servizi e forniture continua a trovare applicazione unicamente la norma sancita dal comma 4 dell'art. 37, che impone alle imprese raggruppate il più modesto obbligo d'indicare le parti del servizio o della fornitura facenti capo a ciascuna di esse, senza pretendere anche l'obbligo della corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione, fermo restando, però, che ciascuna impresa va qualificata per la parte di prestazioni che s'impegna ad eseguire, nel rispetto delle speciali prescrizioni e modalità contenute nella normativa di gara”.

Del resto questo Consiglio ha evidenziato – sotto la vigenza del vecchio codice – che l’obbligo generale di specificazione delle parti del servizio da eseguire da ciascuna impresa, riunita in R.T.I. con altre imprese, si applica, in termini letterali, indistintamente ai raggruppamenti di tipo verticale o di tipo orizzontale, trattandosi, per la Stazione Appaltante, di un dato conoscitivo essenziale al fine di verificare il possesso, in capo a tutti i concorrenti, dei richiesti requisiti di idoneità (Cons. Stato, Sez. IV, 2 novembre 2009, n. 6787).

Come è noto, a differenza dei raggruppamenti orizzontali, i raggruppamenti di tipo verticale sono quelli nei quali le imprese che lo costituiscono sono in possesso di specializzazioni diversificate e, quindi, distribuiscono l’esecuzione della prestazione secondo le proprie specifiche competenze, ovvero l’impresa mandataria esegue le prestazioni di servizi indicate come principali, anche in termini economici, mentre le imprese mandanti quelle indicate come secondarie. Con la conseguenza che nei raggruppamenti cd. verticali solo l’impresa mandataria deve possedere requisiti di idoneità poziori rispetto ai mandanti, essendo responsabile dell’intera prestazione nei confronti della Stazione Appaltante, mentre le altre imprese mandanti, che hanno assunto le parti scorporate, lo sono esclusivamente con riguardo alla parte che ciascuna ha eseguito (cfr. documento n. 25 allegato al ricorso di primo grado, documentazione amministrativa recante la dichiarazione di impegno del R.T.I.).

Tale definizione è ora contenuta per i servizi e le forniture nel comma 2 dell’art. 48.

Stante la mancanza di una definizione nel bando di gara, non può che valere la relazione principale/secondaria che può assegnarsi al rapporto dichiarato fornitura software /attività di supporto. Si tratta dunque, di un raggruppamento di tipo verticale, come del resto emerge dalla volontà delle parti dichiarata in sede di richiesta di chiarimenti nel febbraio 2017.

Nella specie, conformemente alla lex specialis (e di questa al disposto del vigente art. 49 comma 4 – richiamato dalla stessa appellante), le Società partecipanti al raggruppamento hanno specificato esattamente la parte del servizio/fornitura che avrebbero svolto: la mandataria alla fornitura del software e la mandante la attività di supporto.

Da un lato, non coglie dunque nel segno la censura di parte appellante che è rivolta alla mancanza del requisito di professionalità della mandante (che è stata costituita solo nell’imminenza della procedura di gara), poiché il requisito tecnico professionale è – dato non contestato – posseduto dal raggruppamento proprio a mezzo della mandataria. Né vi è spazio per ritenere che nella specie sia configurabile un raggruppamento orizzontale e del resto le conclusioni dell’Adunanza Plenaria sopra richiamate sono proprio nel senso della forza etero integrativa delle norme sui raggruppamenti (al fine precipuo voluto dalla norma di evitare l’elusione delle garanzie di serietà voluti dalla legge).

Sul punto, pertanto, le conclusioni raggiunte dal primo giudice devono essere confermate.

Vale comunque precisare che ad un’attenta lettura, deve dubitarsi della necessità di immediata impugnazione della risposta al quesito n. 10, che in verità è stata resa in data 15 febbraio 2017 ed, dunque, tempestivamente impugnata nel ricorso come atto presupposto.

Né può ritenersi che tale risposta dovesse essere impugnata autonomamente con autonomo impugnazione per i canoni di sinteticità e concentrazione.

XIII - Infine, quanto all’insussistenza di un indebito vantaggio concorrenziale a favore del R.T.I. appellato, deve essere confermato il principio, già sopra richiamato, in forza del quale non è configurabile il dedotto illegittimo vantaggio concorrenziale proprio per la mancanza della asserita delle norme sull’evidenza pubblica.

Ne discende che nessun vantaggio competitivo è stato in via scorretta acquisito dalla odierna mandataria in ragione del collegamento con la Johns Hopkins University titolare della sperimentazione.

Anche sotto tale profilo, dunque, la sentenza appellata si appalesa idoneamente motivata.

Ne discende che l’appello avverso la sentenza n. 476 del 2017 deve essere accolto solo con riferimento alla riforma della dichiarazione di parziale inammissibilità del ricorso originario; mentre deve essere respinto per il resto, e, per l’effetto, deve essere respinto per intero il ricorso proposto in primo grado.

XIV – La complessità della fattispecie esaminata giustifica la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa riunione degli stessi, così dispone:

accoglie il ricorso in appello e l’appello incidentale proposti avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sez. I n. 290 del 2015 e, per l’effetto, respinge il ricorso proposto in primo grado n. 429 del 2014;

respinge il ricorso in appello n. 2759 del 2016 avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sez. III, n. 1337 del 2015 ;

accoglie in parte il ricorso in appello n. 4629 del 2017, con riguardo unicamente alla parziale dichiarazione di inammissibilità di cui alla sentenza n. 476 del 2017, resa dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sez. III, e lo respinge per il resto, e per l’effetto, respingendo anche i motivi dichiarati inammissibili, conferma la reiezione del ricorso proposto in primo grado n. 373 del 2017 cit..

Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Giorgio Calderoni, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore

Ezio Fedullo, Consigliere

GUIDA ALLA LETTURA

La Regione Veneto è stata la prima in Italia a dotarsi di una minuziosa mappatura dei bisogni di salute espressi dal territorio, mediante la realizzazione di un progetto denominato “ACG” (“Adjusted Clinical Groups”) approntato dall’Università “Johns Hopkins” di Baltimora.

Ciò in quanto la Regione Veneto, nel percorso di riforma dell’organizzazione dei servizi territoriali sancita dalla Legge Regionale n. 23 del 29/06/2012, ha evidenziato la necessità di adottare strumenti di misurazione analisi e gestione della salute del cittadino.

Di conseguenza, essa, con la Delibera n. 439/2012, ha approvato il progetto biennale ACG, ossia un progetto pilota per l’adozione di strumenti di misurazione ed analisi.

A seguito dell’approvazione di tale progetto, la Regione Veneto ha quindi affidato, mediante una procedura negoziata senza bando, alla Johns Hopkins Bloomberg School Of Public Health Service Research And Development Center (di seguito: “JHU”), titolare del diritto di esclusiva mondiale del sistema ACG, il servizio di sperimentazione di tale sistema.

La stessa Regione, dopo la fine di tale sperimentazione (terminata ad Aprile 2015), ha indetto una procedura ad evidenza pubblica  finalizzata all'acquisizione, per la durata di tre anni (con facoltà di rinnovo per ulteriori due anni, nonché di proroga tecnica di 180 giorni), della licenza d'uso di un sistema di classificazione del case-mix territoriale, ed a tale procedura ha partecipato sia la “JHU” sia la stessa Società appellante 3M.

La procedura ad evidenza pubblica si conclude con l’acquisizione della licenza d’uso del sistema brevettato da “JHU”, ma la La Società “3M Italia srl” ricorre avverso tale aggiudicazione sostenendo che, per effetto della precedente procedura negoziata senza bando, Johns Hopkins, avendo preso parte attiva alla sperimentazione, ha potuto acquisire tutte le informazioni necessarie per la corretta esecuzione dell’appalto.

Il Consiglio di Stato ha giudicato corretto l’operato della Regione Veneto, la quale, dapprima, ha accertato, mediante la procedura negoziata senza bando, l’effettiva idoneità del sistema ACG a rispondere alle esigenze di tutela della salute sul territorio, e, successivamente, ha indetto una procedura aperta (e quindi concorrenziale) finalizzata alla definitiva acquisizione del sistema stesso.

A tale procedura aperta ha partecipato anche la Società 3M (ora appellante), la quale, tuttavia, non è riuscita – secondo la valutazione fatta dalla Regione – ad offrire  un servizio migliore di quello rappresentato dal progetto ACG.

 

La questione esaminata dal Consiglio di Stato riguarda, pertanto, il caso in cui la stazione appaltante, prima di affidare ad un soggetto, all’esito di una procedura ad evidenza pubblica, l’esecuzione di un pubblico servizio,  intenda accertare – mediante una procedura negoziata senza bando - l’effettiva idoneità di tale servizio a soddisfare le esigenze della collettività.

La stazione appaltante, quando decide di adottare un determinato prodotto o servizio, tra i tanti potenzialmente disponibili, e tuttavia tale scelta presuppone necessariamente un “periodo di prova”di tale prodotto o servizio in quanto non vi è ancora la certezza assoluta in ordine alla piena efficacia del medesimo, può legittimamente affidare tale sperimentazione tramite una procedura non concorrenziale, fermo restando l’obbligo – in caso di comprovata efficacia – di attivare poi una procedura aperta alla quale invitare altri operatori potenzialmente in grado di offrire un prodotto o servizio anche di qualità superiore a quello che è stato oggetto della predetta sperimentazione.

In tal modo, non soltanto non si lede il principio della parità di trattamento tra operatori, ma vengono applicati, in maniera combinata, due principi, entrambi contenuti nell’art. 30 del D.lgs. 50/2016: quello della “efficacia” (con la procedura negoziata senza bando si cerca di verificare la reale idoneità del prodotto o servizio scelto) e quello della “concorrenza” (con la procedura aperta si invitando altri operatori i quali devono dimostrare di saper offrire un prodotto o servizio migliore di quello prescelto).

L’attivazione immediata (ovvero senza alcuna indagine preliminare) della procedura aperta presuppone la piena certezza, da parte della stazione appaltante, della efficacia del prodotto o servizio oggetto del contratto che si andrà a stipulare; ma quando non vi è, per motivi oggettivi, tale certezza, l’indizione di un bando avrebbe come unico effetto quello di coinvolgere una platea di operatori i quali poi si troverebbero verosimilmente costretti a subire gli effetti di una revoca del bando stesso motivato dal fatto che la stazione appaltante ha dovuto riconsiderare le esigenze di interesse pubblico sottese alla procedura (revoca per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, determinata dal fatto che la stessa stazione appaltante ha deciso, ma solo a posteriori, di orientarsi su un prodotto o servizio ritenuto più rispondente all’interesse pubblico). Simile revoca – oltre a ledere il principio di economicità del procedimento (la PA, se non era certa del prodotto da richiedere, non avrebbe dovuto fare alcun bando) – rischierebbe verosimilmente di esporre la stessa PA ad azioni risarcitorie da parte degli operatori invitati, i quali ben potrebbero dimostrare di aver non aver potuto partecipare, nel frattempo, a gare d’appalto indette da altre PA, proprio a causa della partecipazione al suddetto bando.