Cons. Stato, Sez. V, 5 ottobre 2017 n. 4916

Qualora, pertanto, l’operatore economico presenti un’offerta contenente una riduzione delle assenze dal lavoro che vada al di sotto della media prevista dalle tabelle ministeriali, pur non potendo, per ciò solo, considerare anomala l’offerta (così, la più recente, Cons. Stato, sez. V, 5 ottobre 2017, n. 4644), si impone alle stazioni appaltanti un’attenta verifica di sostenibilità, alla luce, in particolare, delle giustificazioni fornite dall’offerente (cfr., art. 87, comma 2, lett. g) d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che richiamava proprio l’entità del costo di lavoro determinato nelle tabelle ministeriale come uno degli argomenti cui potevano attenere le giustificazioni fornite dall’operatore economico).

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 410 del 2017, proposto da:
Co.L.Ser. Servizi s.c.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Michiara, con domicilio eletto presso lo studio del dott. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;

contro

Issitalia A. Barbato s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Michele Rosario Luca Lioi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 32;
Comune di Cassano D'Adda, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE IV n. 02417/2016, resa tra le parti, concernente l'affidamento del servizio di pulizia degli immobili comunali;

FATTO

1. Il Comune di Cassano d’Adda concludeva la procedura per l’affidamento del servizio di pulizia degli immobili comunali per il periodo dal 01.10.2015 al 30.09.2018 con la determinazione n. 1595 del 07 agosto 2015 di aggiudicazione a favore della società Co.L.Ser. servizi s.c.r.l.

2. L’aggiudicazione era impugnata dalla società Issitalia A. Barbato s.r.l., collocatasi al secondo posto della graduatoria, dinanzi al Tribunale amministrativo per la Lombardia; la ricorrente sosteneva che la commissione aggiudicatrice aveva erroneamente ritenuto congrua l’offerta della aggiudicataria, pur in presenza di un notevole scostamento del costo orario del lavoro indicato in offerta da quello previsto nelle tabelle ministeriali di categoria.

2.1. Secondo la ricorrente, lo scostamento era dovuto, quanto alle ore di lavoro ordinario, alla riduzione in sede di offerta delle ore previste come mediamente non lavorate a livello tabellare (da 507 a 385) e, quanto alle ore di lavoro supplementare, all’utilizzazione di una base retributiva non corretta.

3. Si costituivano in giudizio il Comune di Cassano d’Adda e la società Co.L.Ser. servizi s.c.r.l. che contestavano i motivi di ricorso proposti e ne chiedevano il rigetto.

4. L’adito tribunale, con ordinanza n. 1425/15, accoglieva l’istanza cautelare della ricorrente, ordinando alla amministrazione di eseguire una nuova valutazione di congruità dell’offerta della società Co.L.Ser. servizi s.c.r.l.; a questo fine, il tribunale richiedeva all’amministrazione di considerare se la soluzione – prospettata dall’aggiudicataria – del ricorso al lavoro supplementare per coprire le assenze nelle ore ordinarie fosse effettivamente praticabile e, da altro punto di vista, consentisse di giustificare la riduzione del costo complessivo del personale, tenuto conto della necessità di remunerare, comunque, le ore di assenza e della maggiore retribuzione da corrispondere ai lavoratori per il lavoro straordinario.

5. La stazione appaltante riapriva, allora, la procedura di valutazione dell’anomalia dell’offerta che si concludeva con la conferma del giudizio di congruità e, con essa, dell’aggiudicazione definitiva a favore della Co.L.Ser. servizi s.c.r.l.

5.1. La ricorrente proponeva motivi aggiunti con i quali lamentava che il Comune non aveva operato alcuna verifica in ordine ad uno dei profili di criticità dell’offerta individuati nell’ordinanza cautelare, e precisamente il pagamento della retribuzione ai lavoratori ordinari anche per le ore di assenza dal lavoro. Su tale profilo – sosteneva la ricorrente – nessuna richiesta di giustificazioni o chiarimenti era stata formulata e nessuna giustificazione o ulteriore documentazione presentata dall’aggiudicataria. Per questi motivi, permanevano le ragioni di illegittimità dell’aggiudicazione fatte valere con il ricorso principale e, con esse, l’esigenza cautelare di sospensione degli atti impugnati.

6. Il tribunale, con ordinanza n. 113/16, accoglieva nuovamente l’istanza cautelare ritenendo non superate le ragioni di criticità che avevano condotto alla prima sospensione dei provvedimenti impugnati.

7. Con sentenza 20 dicembre 2016 n. 2417, il tribunale, dichiarata l’improcedibilità del ricorso principale in ragione delle nuove determinazioni assunte dall’amministrazione a seguito del riesame imposto dalle ordinanze cautelari, accoglieva il ricorso per motivi aggiunti, riconoscendo l’illegittimità dell’aggiudicazione impugnata per non aver considerato anomala l’offerta presentata dalla Co.L.Ser. servizi s.c.r.l. e condannando le parti resistenti al pagamento delle spese di giudizio.

8. Per la riforma della sentenza di primo grado ha proposto appello la società Co.L.Ser. servizi s.c.r.l..

Si è costituita la società Issitalia A. Barbato s.r.l.; è rimasto intimato il Comune di Cassano d’Adda, pur regolarmente citato.

In vista dell’udienza pubblica, le parti hanno depositato memoria e la Issitalia A. Barbato s.r.l. ha depositato anche memoria di replica.

8.1. All’udienza pubblica del 5 ottobre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di appello, la Co.L.Ser critica la sentenza di primo grado per aver ritenuto sussistente la riduzione delle ore di assenza dal servizio rispetto a quelle previste dalle tabelle ministeriali di riferimento (e la conseguente riduzione del costo del lavoro), senza procedere ad una lettura integrata delle tabelle sul costo del lavoro; più precisamente, sarebbe stato necessario considerare le tabelle relative al costo del lavoro ordinario unitamente a quelle relative al costo del lavoro supplementare per rendersi conto che le assenze riferite al lavoro ordinario venivano coperte interamente con le ore di lavoro supplementare.

2. Il motivo di appello non merita favorevole considerazione.

3. L’appellante non coglie esattamente – e per questo non censura in maniera efficace – il nucleo argomentativo centrale della sentenza di primo grado.

3.1. L’art. 86, comma 3bis, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, introdotto, nella sua originaria formulazione, dall’art. 1 della l. 27dicembre 2006, n. 296, e, successivamente riformulato dall’art. 8 della l. 3 agosto 2007, n. 123, ratione temporis applicabile alla vicenda oggetto del giudizio, imponeva alle stazioni appaltanti di considerare, nella valutazione dell’anomalia dell’offerta, che il valore economico fosse adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro, il quale, poi, doveva essere specificatamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi.

Non vi è dubbio che la riduzione del costo del lavoro consenta la predisposizione di un’offerta più vantaggiosa per l’amministrazione, accrescendo le chances di aggiudicazione per l’operatore economico; è altrettanto chiaro che, limitando le ore di assenza dei lavoratori, si incide sul costo del lavoro. Qualora, pertanto, l’operatore economico presenti un’offerta contenente una riduzione delle assenze dal lavoro che vada al di sotto della media prevista dalle tabelle ministeriali, pur non potendo, per ciò solo, considerare anomala l’offerta (così, la più recente, Cons. Stato, sez. V, 5 ottobre 2017, n. 4644), si impone alle stazioni appaltanti un’attenta verifica di sostenibilità, alla luce, in particolare, delle giustificazioni fornite dall’offerente (cfr., art. 87, comma 2, lett. g) d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che richiamava proprio l’entità del costo di lavoro determinato nelle tabelle ministeriale come uno degli argomenti cui potevano attenere le giustificazioni fornite dall’operatore economico).

3.2. Così tratteggiato il quadro normativo di riferimento, la sentenza impugnata si sottrae ad ogni censura.

Accertato, infatti, che nella tabella relativa al costo del lavoro ordinario l’appellante aveva dichiarato un numero di ore annue mediamente non lavorate inferiore a quello previsto dalle tabelle ministeriali (385 a fronte dell’indicazione tabellare di 507 ore), il tribunale ha correttamente ritenuto che, in sede di valutazione dell’offerta, la società non avesse dato adeguate giustificazioni di detta riduzione delle ore non lavorate.

3.3. Al riguardo, in particolare, secondo il giudice di primo grado, non poteva ritenersi convincente il riferimento alla copertura delle ore di assenza per il lavoro ordinario con l’utilizzo del lavoro supplementare di altri dipendenti impiegati nell’esecuzione di appalti di servizi in località limitrofe, per l’ovvia considerazione che i lavoratori assenti per lavoro ordinario debbono essere pur sempre retribuiti e che il lavoro straordinario (cui la società intendeva ricorrere) comporta maggiorazioni retributive ex art. 34 CCNL di riferimento. Siccome, poi, era proprio la riduzione delle ore non lavorate ad aver determinato la riduzione del costo del lavoro nell’offerta formulata dalla Co.L.Ser, il tribunale amministrativo ha ragionevolmente concluso nel senso che l’aggiudicataria non aveva adeguatamente dimostrato l’effettiva sostenibilità del minor costo del lavoro esposto in offerta.

4. Tale apparato argomentativo non è intaccato dalle considerazioni svolte nel motivo di appello: il tribunale amministrativo ha tenuto conto di entrambe le tabelle presentate dalla società ed è la stessa appellante ad ammettere che nella tabella relativa al costo del lavoro ordinario sono state “azzerate” le ore di assenza per talune voci e che ciò sia spiegabile con l’impiego dei lavoratori “supplementari”; rimane, dunque, indimostrata la copertura del costo delle ore di assenza dei lavoratori ordinari posto che, anche a voler seguire la tesi appellante che invita a considerare congiuntamente le due tabelle, nella tabella del lavoro supplementare potrà essere riportato esclusivamente il costo per il lavoro supplementare, a qualsiasi scopo svolto, non certamente il costo sostenuto per le ore non lavorate in via ordinaria.

4.1. La circostanza che l’offerta garantisca, comunque, un utile – questione prospettata in maniera succinta nell’ultimo motivo di appello (rubricato come VI e, in realtà, V) - non vale a modificare i termini del discorso; la presenza di un utile non è elemento, di per sé solo, idoneo a scongiurare il rischio di un’offerta insostenibile e non remunerativa, senza considerare che la riduzione del costo del lavoro è idonea ad incidere sui diritti dei lavoratori, prima ancora che sugli esiti dell’attività imprenditoriale.

5. In conclusione, un’impresa che intenda coprire le ore non lavorate facendo ricorso al lavoro supplementare di altri lavoratori è, pur sempre, tenuta a quantificare, in sede di offerta, il costo del lavoro considerando le retribuzioni corrisposte ai lavoratori ordinari per le ore non lavorate. Diversamente, l’offerta formulata, sebbene teoricamente più conveniente, per la presenza di un costo del lavoro meno elevato, risulta, in concreto, insostenibile.

6. Le considerazioni precedentemente svolte conducono a respingere agevolmente anche tutti gli altri motivi di appello ed, in particolare, i motivi (secondo e quarto) con i quali l’appellante lamenta l’esercizio da parte del giudice amministrativo di poteri spettanti alla stazione appaltante nella valutazione di congruità dell’offerta.

6.1. Invero il tribunale non si è affatto sostituito all’amministrazione, avendo esercitato il suo sindacato nei limiti consentiti.

6.2. Con i motivi formulati in sede di ricorso principale la Issitalia A. Barbato s.r.l. ha contestato la valutazione di congruità con la quale si è conclusa la verifica di anomalia dell’offerta presentata dalla Co.L.Ser., ritenendola in contrasto con le norme del codice dei contratti pubblici e con le disposizioni del disciplinare di gara, oltre che affetta da eccesso di potere nelle figure sintomatiche del difetto di istruttoria, carenza ed errore di motivazione. Successivamente, nel ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente ha contestato l’inadeguatezza dell’istruttoria compiuta dalla stazione appaltante sulle giustificazioni fornite dall’aggiudicataria nell’ambito della nuova verifica avviata a seguito dell’ordinanza propulsiva adottata in sede cautelare.

6.3. La giurisprudenza è da tempo assestata nel senso di riconoscere al giudice amministrativo il potere di sindacare la valutazione operata dall’amministrazione nell’ambito del giudizio di congruità dell’offerta nei limiti della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, secondo il metodo tipico del c.d. sindacato estrinseco sugli atti della pubblica amministrazione (così, per i riferimenti più recenti, Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2017, n. 1676 e Cons. Stato, sez. III, 25 novembre 2016, n. 4989). È precluso, invece, al giudice amministrativo sottoporre a valutazione gli elementi tecnici indicati nell’offerta allo scopo di valutarne la remuneratività e sostenibilità.

6.4. Il tribunale amministrativo ha contenuto il suo sindacato all’interno dei limiti descritti: il giudice, infatti, non ha valutato la remuneratività dell’offerta, essendosi limitato a constatare come le giustificazioni fornite dalla controinteressata fossero illogiche e irragionevoli e carente si presentasse l’istruttoria operata dall’amministrazione. Nessun superamento dei limiti del sindacato ammesso è, dunque, riscontrabile nell’operato del Tribunale amministrativo.

7. Infine, va rigettato anche il terzo motivo di appello con il quale si contesta al giudice di primo grado di aver accolto i motivi aggiunti senza rendersi conto che in essi erano solamente reiterate le censure rivolte, in sede di ricorso originario, alla prima valutazione di congruità dell’offerta operata dalla stazione appaltante, laddove, invece, le nuove verifiche, avviate a seguito delle ordinanze cautelari, avrebbero imposto la elaborazione di censure diverse e meglio calibrate sulle determinazione aggiornate dell’amministrazione.

7.1. La critica è infondata: come è dato evincere dalla sentenza impugnata e dalla memoria di parte appellata del 16 marzo 2017, nella quale è riportato, sia pure in sintesi, il contenuto del ricorso per motivi aggiunti, non ulteriormente contestato dall’appellante, la ricorrente in primo grado non si è limitata a ripetere, nell’atto contenente i motivi aggiunti, le doglianze già esposte con il ricorso originario, ma ha contestato l’approdo del nuovo giudizio di verifica di anomalia dell’offerta, svolto a seguito delle pronunce cautelari, in ragione del mancato approfondimento dei profili di criticità già evidenziati dal tribunale nelle ordinanze di accoglimento delle istanze di sospensione (e, segnatamente, quelli relativi alla riduzione del fenomeno assenteistico e all’accertamento delle modalità di retribuzione del lavoratore assente).

D’altra parte, il mancato superamento delle ragioni di contestazione contenute nel ricorso originario rendeva del tutto ragionevole anche la mera reiterazione dei motivi già trattati nell’atto introduttivo del giudizio, in quanto comunque idonei ad attivare il sindacato giurisdizionale anche sui provvedimenti impugnati con motivi aggiunti.

Quanto alla mancata contestazione da parte dell’appellata delle proposte migliorative formulate in uno con le giustificazioni richieste dalla stazione appaltante, si tratta di aspetto irrilevante, non essendo in grado di incidere sulle conclusioni cui è pervenuto il giudice di primo grado in punto di irragionevolezza dell’offerta.

8. In conclusione l’appello va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la società Co.L.Ser. servizi s.c.r.l. al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida nella somma di € 4.000,00, a favore della società Issitalia A.Barbato s.r.l..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Guida alla lettura

Nel ribadire ancora una volta la natura del giudizio di congruità dell’offerta posto in essere dal giudice amministrativo, il Collegio sofferma la sua attenzione sul peculiare elemento del costo del lavoro, nello specifico verificando le ricadute applicative che l’anomala manipolazione di tale dato produce sull’offerta di gara nel suo complesso.

Partendo dall’ormai pacifico dato secondo cui il giudizio di congruità dell’offerta complessiva è sottoposto ad un sindacato estrinseco da parte del giudice amministrativo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2017, n. 1676; Cons. Stato, sez. III, 25 novembre 2016, n. 4989), lo stesso potendo solo verificare la logicità, la ragionevolezza e l’adeguatezza dell’istruttoria, il Supremo Consesso amministrativo sostiene l’inammissibilità di sottoporre al medesimo giudizio gli elementi tecnici dell’offerta, allo scopo di verificarne la loro remuneratività e sostenibilità.

Con particolare riferimento all’elemento del costo del lavoro, poi, i Giudici mettono in evidenza il peso determinante che lo stesso possiede all’interno della complessiva offerta di gara, nella misura in cui una forte riduzione delle ore di assenza dal lavoro al di sotto della media prevista nelle tabelle ministeriali determina un concreto aumento della chance di aggiudicazione della gara.

Partendo da tale semplice considerazione, la pronuncia oggetto di attenzione, pur ribadendo l’impossibilità di accostare ad una forte contrazione del dato indicato in apertura un automatico giudizio di anomalia dell’offerta, afferma che la predetta circostanza fattuale impone alla stazione appaltante una attenta verifica di sostenibilità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 ottobre 2017, n. 4644).

Le considerazioni che precedono restano intatte anche in presenza di un’offerta che garantisca un utile, la presenza di tale elemento non essendo in grado di escludere sic et simpliciter l’insostenibilità dell’offerta.

In buona sostanza, l’eccessiva riduzione del costo del lavoro, in grado di generare un forte pregiudizio (quantomeno allo stato potenziale) ai diritti dei lavoratori, oltre che possedere un elevato effetto influenzante della consistenza del valore dell’offerta finale, impone alla stazione appaltante un dovere di verifica della sostenibilità dell’offerta.

 

Ancora una volta la giurisprudenza fornisce lo spunto per analizzare il delicato tema delle offerte anomale.

Al riguardo preme ricordare che la discrezionalità decisionale manifestata dalla stazione appaltante nella fase di scelta dell’offerta e aggiudicazione della gara rappresenta un terreno non calpestabile da parte del giudice amministrativo, se non nei limiti esterni della manifesta irragionevolezza, arbitrarietà, illogicità o travisamento dei fatti.

Trattasi di un giudizio a carattere generico, che prescinde dalle singole criticità numeriche per analizzare l’attendibilità di un’offerta nella sua complessità.

Nel rispetto dei principi di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, l’ordinamento respinge le cosiddette “offerte irrealizzabili” così come formulate partendo dal parametro dell’utilità, senza tuttavia vincolarsi ad una freddo limite numerico: “anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico” (nello stesso senso Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2017, n. 2556; Id, 13 febbraio 2017, n. 607; Id, 25 gennaio 2017, n. 242).

A questo punto utile risulta l’inserimento del dato normativo di riferimento: ai sensi dell’art. 97 comma 5 D.lgs. 50/2016 (nuovo Codice appalti), infatti, “La stazione appaltante richiede per iscritto, assegnando al concorrente un termine non inferiore a quindici giorni, la presentazione, per iscritto, delle spiegazioni. Essa esclude l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 2 o se ha accertato, con le modalità di cui al primo periodo, che l’offerta è anormalmente bassa in quanto: a) non rispetta gli obblighi di cui all’articolo 30, comma 3; b) non rispetta gli obblighi di cui all’articolo 105; c) sono incongrui gli oneri aziendali della sicurezza di cui all’articolo 95, comma 9, rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi e delle forniture; d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16”.

Dalla lettura della disciplina codicistica si comprende come il Codice ripudia l’adozione del criterio dell’esclusione automatica delle offerte anomale (poiché contrastante con i principi di libertà dell’iniziativa economica e di massima partecipazione alle competizioni selettive), preferendo adottare un vero e proprio procedimento collocato dopo la fase dell’apertura delle buste e prima dell’aggiudicazione dell’appalto.

Applicando le linee guida interpretative fornite dalla giurisprudenza allo specifico tema del peso del costo del lavoro all’interno di una offerta di gara risulta agevole condividere il principio di diritto secondo cui la semplice difformità del dato numerico relativo al costo del lavoro rispetto alle indicazioni fornite dalle tabelle ministeriali genera irrilevanza giuridica, l’attenzione dovendo porsi sull’eventuale grado di abnormità della prima rispetto ai parametri ministeriali e sull’assenza di logiche giustificazioni (cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 marzo 2017, n. 1465).

L’intento del legislatore, pertanto, è quello di escludere l’automatica esclusione del concorrente dalla gara, subordinando tale circostanza all’espletamento di un contraddittorio tra le parti all’interno del sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.

Con maggiore impegno esplicativo, “non determina l’automatica esclusione dalla gara, il mancato rispetto dei minimi tabellari o, in mancanza, dei valori indicati dalla contrattazione collettiva, ma costituisce un importante indice di anomalia dell’offerta che dovrà poi essere verificata attraverso un giudizio complessivo di remuneratività. Perché possa dubitarsi della congruità dell’offerta occorre che la discordanza da quei valori indicati nelle tabelle ministeriali o dai contratti collettivi, sia considerevole e palesemente ingiustificata (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 luglio 2015, n.3329).

Il giudizio di anomalia risulta pertanto imprescindibilmente connesso all’esperimento del contraddittorio tra le parti, al fine ultime di consentire all’impresa partecipante alla gara di fornire spiegazioni circa le reali condizioni organizzative e contrattuali adottate.

 

Sempre restando sul tema forte rilevanza possiede la pronuncia del TAR Lazio 20 dicembre 2016 n. 12873, per la specificità della fattispecie sottoposta alla sua attenzione.

Nell’occasione, chiamato a verificare la rilevanza giuridica in materia di tenuta dell’offerta degli elementi del costo del lavoro e del costo delle materie prime i Giudici apportano un importante intervento chiarificatore.

In primo luogo, con riferimento al lavoro supplementare (che può essere richiesto dal datore di lavoro in misura non superiore al 25 per cento delle ore di lavoro settimanale e può essere rifiutato dal lavoratore per comprovate esigenze lavorative, di salute o familiari) i Giudici affermano come la possibilità, per il lavoratore part-time, di rifiutare lo svolgimento di lavoro supplementare, rende del tutto aleatoria la previa quantificazione delle relative ore da parte del datore di lavoro e, conseguentemente, affetto da un evidente errore di fatto il giudizio di affidabilità dell’offerta espresso dalla commissione, laddove appare aver considerato il lavoro supplementare alla medesima stregua del lavoro straordinario.

Analoghi rilievi possono sostenersi con riferimento al costo dei prodotti necessari per l’esecuzione dell’appalto: la semplice e personale convinzione di poter beneficiare di significativi sconti da parte dei propri fornitori, in virtù di un aumento del fatturato, infatti, rappresenta un parametro del tutto incerto che non può in alcun modo giustificare un’indicazione eccessivamente bassa del predetto costo.

In linea con la consolidata giurisprudenza, nel dibattito in esame si inserisce anche la Deliberazione ANAC del 26 ottobre 2016 n. 1092 in cui emerge come anche in base al nuovo Codice, la mancata osservanza dei minimi tabellari continua a non essere in sé sufficiente a determinare l’esclusione dell’offerta in quanto è ancora necessario che venga consentito all’impresa di spiegare in contraddittorio le reali condizioni contrattuali e organizzative utilizzatecon riferimento all’eventuale scostamento o meno dai minimi tabellari previsti, ovvero se, pur in presenza di violazione dei suddetti, ciò non sia plausibile in considerazione delle possibili economie che l’impresa può conseguire, nel rispetto comunque delle disposizioni di legge e dei contratti collettivi, tali da escludere l’anomalia dell’offerta”.

Alla luce delle considerazioni che precedono deve dunque concludersi che le tabelle ministeriali non riportano parametri inderogabili, ma meri indicatori di congruità dell’offerta.