Cons. Stato, Sez. VI, 15 settembre 2017, n. 4350

1) Ritiene il Collegio che tale clausola sia nulla per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, vigente ratione temporis. Va rilevato che la formulazione di tale disposizione ‒ quale risultante dalla novella introdotta dall’art. 4, comma 2, lettera d), del decreto-legge n. 70 del 2011 ‒ non consente che possano essere introdotte nei bandi di gara ‘clausole espulsive’ che non siano conformi alle regole previste dal codice, dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, salvi i casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, nonché di violazione dei principi di segretezza o di manomissione delle buste e comunque di cause elencate dalla norma.

(2) Dall’accertata contrarietà della clausola del bando di gara e del capitolato speciale rispetto al principio della tassatività delle cause di esclusione, discende la nullità delle stesse. La sanzione della nullità ‒ la quale, ai sensi dell’art. 31, comma 4, c.p.a., «può essere sempre opposta dalla parte resistente» ‒ implica l’automatica inefficacia delle previsioni del bando sulle cause di esclusione non consentite, disapplicabili direttamente dal seggio di gara, senza necessità di attendere l’eventuale annullamento giurisdizionale.

(3) Le informazioni mancanti erano acquisibili mediante il soccorso istruttorio, il quale consente alla stazione appaltante di consentire di completare dichiarazioni o documenti già presentati. In quest’ottica è stata eliminata in radice la possibilità per l’Amministrazione di prescindere dall'onere di una preventiva interlocuzione e di escludere il concorrente sulla base della riscontrata carenza documentale, indipendentemente da ogni verifica sulla valenza “sostanziale” della forma documentale risultata carente.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9481 del 2016, proposto dalla s.r.l. I Rigna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Alberto Salvadori e domiciliato, ai sensi dell’art. 25 c.p.a., presso la Segreteria della Sezione Sesta del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13; 

contro

l’Istituto di istruzione superiore Nicolò Tartaglia – Maffeo Olivieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 

nei confronti di

La ditta Barezzani Fausto, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, Sez. I, n. 1085 del 2016;
 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Istituto di Istruzione Superiore N. Tartaglia - M. Olivieri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2017 il Cons. Dario Simeoli e udito l’avvocato dello Stato Maria Pia Camassa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 

FATTO

1.‒ L’appellante premette che:

- l’Istituto di Istruzione Superiore Tartaglia-Olivieri di Brescia, con bando di data 1° marzo 2016, ha indetto una procedura aperta per l’affidamento del servizio di bar interno per il periodo dal 1° settembre 2016 al 31 agosto 2019, con il criterio del maggiore rialzo rispetto al canone annuo posto a base di gara (€ 15.000);

- il bando (pag. 2, punto 5) e il disciplinare di gara (art. 5, punto b.6) prevedevano l’esclusione delle offerte prive dell’indicazione del produttore, della marca, della qualità e della grammatura dei prodotti elencati nel listino prezzi;

- nella riunione del 22 marzo 2016, la commissione di gara, dopo avere aperto le due offerte pervenute, ossia quella della ricorrente s.r.l. I Rigna e quella della ditta controinteressata Barezzani Fausto, in applicazione della citata regola di gara sull’obbligo di indicare la qualità e la grammatura dei prodotti, ha escluso entrambe le offerte;

- successivamente, sulla base del parere dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Brescia del 15 aprile 2016, la commissione di gara ha riammesso entrambe le offerte, dichiarando vincitrice la ditta di Barezzani Fausto, che aveva proposto il maggiore incremento del canone annuo (€ 30.111, contro € 18.589 offerti dalla ricorrente);

- l’aggiudicazione in favore di quest’ultima è stata preceduta dalla verifica di anomalia, che ha dato esito positivo.

1.1.‒ Con il ricorso di primo grado n. 623 del 2016, la s.r.l. Rigna ha impugnato gli atti recanti l’esito della gara, deducendo:

- la violazione dell’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006 e della lex specialis, in quanto la mancanza di grammatura avrebbe reso l’offerta della ditta controinteressata assolutamente incerta;

- la violazione dell’art. 86 del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto la verifica di anomalia sarebbe insufficiente e non spiegherebbe la differenza con l’offerta della ricorrente.

2.‒ Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, ha respinto il ricorso ed ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

3.‒ Avverso tale pronuncia la s.r.l. I Rigna ha proposto appello, ribadendo le censure già prospettate in primo grado.

L’appellante lamenta che il giudice di prime cure avrebbe disapplicato, senza tener conto del principio della par condicio, il disciplinare di gara, il quale stabiliva l’estromissione dalla procedura di tutti i concorrenti che non avessero indicato la grammatura dei prodotti offerti, ossia la quantità del prodotto, senza la quale non sarebbe stato possibile capire il contenuto dell’offerta.

L’appellante censura altresì la sentenza nella parte in cui statuisce che «il potere di soccorso istruttorio poteva essere legittimamente applicato all’offerta della ricorrente, che ha parimenti trascurato di fornire indicazioni complete a proposito di alcuni prodotti».

L’offerta dell’appellante, infatti, sarebbe perfettamente conforme all’obbligo di grammatura, in quanto composta da una dichiarazione di fornitura di «prodotti equivalenti» (ai sensi dell’art. 68, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006).

In subordine, la società contesta gli atti impugnati anche in relazione al procedimento di anomalia, rispetto al quale sarebbe indimostrata la sostenibilità dell’offerta della controinteressata sulla base di elementi specifici e concreti.

4.‒ Si è costituito in giudizio l’Istituto di istruzione superiore Nicolò Tartaglia – Maffeo Olivieri, chiedendo il rigetto integrale dell’appello.

5.‒ Con l’ordinanza n. 923 del 2017, la Sezione:

‒ «considerato che, dopo il passaggio in decisione della causa, il Collegio ha rilevato d’ufficio, ai sensi dell’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006 (vigente ratione temporis), la possibile nullità del bando di gara (prot. n. 1608/C17), nella parte in cui stabilisce (a pagina 4, nella clausola rubricata “avvertenze generali”) che “non sarà ammessa alla gara l’offerta nella quale non siano state compilate le note specifiche riguardanti la qualità e la grammatura dei prodotti offerti (da compilare obbligatoriamente)”; che analogo problema di validità si pone in ordine all’identica previsione contenuta nel disciplinare (pagina 5 lettera b punto 6)»

‒ ha assegnato alle parti il termine di trenta giorni per presentare memorie vertenti su quest’unica questione.

6.‒ All’esito dell’udienza del 6 luglio 2017, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.‒ L’appello è infondato e va, quindi, respinto.

2.‒ Il bando (pag. 2, punto 5) e il disciplinare di gara (art. 5, punto b.6) prevedevano l’esclusione delle offerte prive dell’indicazione del produttore, della marca, della qualità e della grammatura dei prodotti elencati nel listino prezzi.

2.1.‒ Ritiene il Collegio che tale clausola sia nulla per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, vigente ratione temporis.

2.2.‒ Va rilevato che la formulazione di tale disposizione ‒ quale risultante dalla novella introdotta dall’art. 4, comma 2, lettera d), del decreto-legge n. 70 del 2011 ‒ non consente che possano essere introdotte nei bandi di gara ‘clausole espulsive’ che non siano conformi alle regole previste dal codice, dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, salvi i casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, nonché di violazione dei principi di segretezza o di manomissione delle buste e comunque di cause elencate dalla norma.

Come inoltre ripetutamente affermato da questo Consiglio di Stato, il principio di tassatività in esame è finalizzato a ridurre gli oneri formali gravanti sulle imprese partecipanti a procedure di affidamento, quando questi non siano strettamente necessari a raggiungere gli obiettivi perseguiti attraverso gli schemi dell’evidenza pubblica, conducendo a privare di rilievo giuridico, attraverso la sanzione della nullità testuale, tutte le ragioni di esclusione dalle gare, incentrate non già sulla qualità della dichiarazione, ma piuttosto sulle forme con cui questa viene esternata, in quanto non ritenute conformi a quelle previste dalla stazione appaltante nella lex specialis (cfr. ex plurimis: sez. V, 23 settembre 2015, n. 4460; Sez. V, 12 novembre 2013, n. 5375; Sez. VI, 18 settembre 2013, n. 4663).

Il legislatore ha così ridotto la discrezionalità della stazione appaltante nella c.d. (auto)regolamentazione del soccorso istruttorio, atteso che essa non ha più il potere di inserire nel bando, al di fuori della legge, la previsione che un determinato adempimento sostanziale, formale o documentale sia richiesto a pena di esclusione.

In quest’ottica è stata eliminata in radice la possibilità per l’Amministrazione di prescindere dall'onere di una preventiva interlocuzione e di escludere il concorrente sulla base della riscontrata carenza documentale, indipendentemente da ogni verifica sulla valenza “sostanziale” della forma documentale risultata carente (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 9 del 2014).

2.3.‒ Nel caso di specie, lo schema del listino prezzi era ripartito in cinque categorie ‒ “bevande calde”, “bevande fredde”, “pasticceria dolce”, “pasticceria salata”, “piatti caldi/freddi” ‒ e conteneva per ciascuna un elenco di prodotti, in relazione ai quali un apposito spazio era destinato alla descrizione della loro qualità e grammatura.

La clausola del bando in esame, come rilevato (inizialmente) dalla commissione di gara, avrebbe comportato l’esclusione di entrambe le offerte: - quella della ricorrente, in quanto mancava la descrizione della qualità di alcuni prodotti («aranciata, Pepsi Cola, chinotto; Mars, Galak, Bounty; insalatona greca»); - quella della controinteressata, perché mancava la grammatura di alcune bevande e alimenti («centrifugati, focaccia farcita, pizza al trancio, insalatona mista con tonno, insalatona mista con pollo»).

Sennonché, come correttamente ritenuto dal giudice di prime cure, siffatte imperfezioni nella descrizione di singoli prodotti non rendevano incerto il contenuto dell’offerta, né impedivano di verificare la messa a disposizione di un adeguato e raffrontabile paniere di prodotti.

Il listino prezzi dei prodotti forniti era infatti “bloccato” ‒ nel senso che alle caratteristiche dei prodotti non erano associati specifici punteggi ‒ e la gara era unicamente condotta col criterio del prezzo offerto in relazione al canone d’affitto del locale.

Le informazioni mancanti erano acquisibili mediante il soccorso istruttorio, il quale consente alla stazione appaltante di consentire di completare dichiarazioni o documenti già presentati.

Trattandosi poi di prodotti alimentari normalmente serviti negli esercizi pubblici, tale precisazioni non avrebbero integrato una manipolazione dell’offerta tale da alterare la par condicio tra i concorrenti.

2.4.‒ Dall’accertata contrarietà della clausola del bando di gara e del capitolato speciale rispetto al principio della tassatività delle cause di esclusione, discende la nullità delle stesse.

La sanzione della nullità ‒ la quale, ai sensi dell’art. 31, comma 4, c.p.a., «può essere sempre opposta dalla parte resistente» ‒ implica l’automatica inefficacia delle previsioni del bando sulle cause di esclusione non consentite, disapplicabili direttamente dal seggio di gara, senza necessità di attendere l’eventuale annullamento giurisdizionale.

È dunque legittimo l’operato dell’Istituto scolastico che ha disapplicato le clausole ed ammesso entrambe le offerte.

3.‒ Il motivo di appello relativo al giudizio di anomalia è anch’esso infondato.

3.1.‒ Va premesso che, ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 163 del 2006, la disciplina sull’anomalia delle offerte non si estende alle concessioni di servizi ‒ e dunque all’affidamento in esame ‒ in quanto le disposizioni in esso contenute non si applicano ad esse.

Cionondimeno, la stazione appaltante può decidere di autovincolarsi e di assoggettarsi al sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, come per l’appunto è avvenuto nel caso in esame.

3.2.‒ Su queste basi, il Collegio ‒ nel confermare la sentenza impugnata ‒ rileva che il metodo seguito dalla commissione di gara è stato corretto.

La commissione ha tenuto conto della logistica favorevole (la ditta controinteressata gestisce il bar interno dell’ITCS Abba-Ballini, situato nelle vicinanze dell’Istituto Tartaglia-Olivieri, circostanza che consente di organizzare in modo ottimale i dipendenti impiegati nei due luoghi di lavoro), dei prezzi più alti (i prezzi praticati presso l’ITCS Abba-Ballini sono inferiori a quelli offerti all’Istituto Tartaglia-Olivieri, e dunque presso quest’ultimo vi sono margini di profitto maggiori, che consentono di versare un canone annuo proporzionalmente più consistente) e della platea più ampia di utenti (la ditta controinteressata corrisponde un canone annuo di € 14.000 all’ITCS Abba-Ballini, a fronte di 900 studenti, e un canone annuo di € 30.111 all’Istituto Tartaglia-Olivieri, a fronte di 1.500 studenti).

Si tratta, infatti, di informazioni che hanno plausibilmente indotto la stazione appaltante a concludere nel senso che l’offerta della ditta controinteressata fosse sostenibile.

3.3.‒ Sul punto, va rilevato che il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci.

Il procedimento di verifica dell’anomalia dell'offerta non mira ad individuare specifiche e singole inesattezze nella sua formulazione, ma, piuttosto, ad accertare in concreto che la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto; inoltre, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 12 maggio 2017, n. 2228).

4.‒ Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

La liquidazione delle spese di giudizio del secondo grado di giudizio segue la regola della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 9481 del 2016, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite del secondo grado di giudizio in favore della controparte costituita, che si liquidano in € 3.000,00 (tremila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento trae origine dalla procedura indetta da un istituto scolastico per l’affidamento, in concessione, del servizio di bar interno, da aggiudicare con il criterio del maggior rialzo rispetto al canone annuo posto a base d’asta.

Il bando di gara prevedeva, a pena di esclusione, che i concorrenti dovessero indicare talune caratteristiche dei prodotti inclusi nel listino (tra cui, per quanto di interesse, la grammatura, ossia la quantità del prodotto offerto).

Nonostante la ditta Brezzani Fausto avesse omesso di indicare la grammatura dei prodotti offerti, essa si aggiudicava la gara dal momento che la commissione, ritenuto che la clausola del bando che sanzionava con l’esclusione i concorrenti che avessero omesso di indicare le caratteristiche dei prodotti inclusi nel listino violava il principio di tassatività delle cause di esclusione, ammetteva la ditta a completare la propria offerta.

Avverso l’aggiudicazione proponeva ricorso l’altra impresa concorrente contestando che l’omessa indicazione della grammatura avrebbe determinato una incertezza assoluta del contenuto dell’offerta, non sanabile tramite soccorso istruttorio, pena la violazione del principio della par condicio dei concorrenti.

Nel pronunciarsi sulla legittimità dell’aggiudicazione, il Consiglio di Stato ha, innanzitutto, ricostruito il tenore della clausola controversa.

Ad avviso del Consiglio di Stato, l’indicazione della grammatura dei prodotti non poteva considerarsi essenziale all’individuazione del contenuto dell’offerta poiché, ai fini dell’aggiudicazione della procedura, rilevava unicamente il prezzo offerto a titolo di canone di affitto del locale, e non le caratteristiche dei prodotti offerti (cui, infatti, non veniva attribuito alcun punteggio).

Partendo da tale elemento, il Consiglio di Stato ha tratto le seguenti conclusioni:

(i) il concorrente non poteva essere escluso considerato che l’art. 46 co. 1 bis del d.lgs. n. 163/2006 (il “Codice Previgente”) prevede l’esclusione automatica e non sanabile solo ove l’omessa indicazione di un elemento determini un’incertezza assoluta del contenuto dell’offerta;

(ii) la clausola del bando di gara che prevedeva di indicare, a pena di esclusione, la grammatura dei prodotti elencati nel listino, è nulla per violazione del principio della tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 46, co. 1 bis del Codice Previgente “che non consente che possano essere introdotte nei bandi di gara clausole espulsive che non siano conformi alle regole previste dal codice, dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti”;

(iii) rilevata la nullità della clausola de qua, la stazione appaltante ha legittimamente disapplicato la stessa, dovendosi ritenere che le clausole del bando di gara che sanzionano con l’esclusione il concorrente al di fuori dei casi previsti dalla legge, siano automaticamente inefficaci e, dunque, disapplicabili dalla commissione di gara, senza necessità di intermediazione di una pronuncia giurisdizionale[1];

(iv)  disapplicata la clausola nulla, la commissione di gara ha doverosamente richiesto al concorrente, nell’esercizio dei propri poteri di soccorso istruttorio, di fornire le informazioni mancanti sulla qualità dei prodotti offerti;

(v) l’acquisizione, in soccorso istruttorio, degli elementi mancanti, non ha determinato un’inammissibile integrazione postuma dell’offerta - in violazione del principio di par condicio dei concorrenti - dal momento che l’omessa indicazione delle grammatura dei prodotti non ha avuto alcun impatto sull’esito della procedura, da aggiudicare sulla sola base del prezzo offerto a titolo di canone di affitto del locale. Si tratta, dunque, di una irregolarità formale, seppur attinente al contenuto dell’offerta e, pertanto, sanabile.

Va rilevato che le conclusioni cui è giunto il Consiglio di Stato si basano sull’interpretazione oramai consolidata in giurisprudenza sull’ambito di operatività del principio di tassatività delle cause di esclusione di cui all’art. 46, co. 1 bis del d.lgs. n. 163/2006. Ed infatti alla procedura cui fa riferimento la sentenza in commento si applicano le disposizioni del Codice Previgente, essendo stata bandita il 1 marzo 2016. Deve, però, segnalarsi che il principio di tassatività è stato diversamente declinato dall’art. 83, comma 9 del d.lgs. n. 50/2016 (il “Nuovo Codice”)[2].

Difatti, il regime previgente ammetteva il soccorso istruttorio anche con riferimento all’offerta, con l’unico limite di quelle mancanze, incompletezze o irregolarità dell’offerta che avessero determinato incertezza sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per le quali era precluso l’esercizio dei poteri di soccorso istruttorio.

Diversamente, l’attuale formulazione dell’art. 83, comma 9 del Nuovo Codice, esclude testualmente la possibilità di sanare, in soccorso  istruttorio, eventuali incertezze o mancanze afferenti all’offerta.

 

[1] Consiglio di Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014,  n. 9.

[2] TAR Genova, 28 febbraio 2017 n. 145, TAR, Campania-Salerno, sez. I, 31 gennaio 2017, n. 194.