Cons. Stato, Sez. V, 13 luglio 2017, n. 3444

1. La giurisprudenza amministrativa ha in numerose occasioni chiarito che l’esclusione dalla gara d’appalto prevista dall'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (errori gravi in precedenti appalti) si fonda sulla necessità di garantire l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della p.a. fin dal momento genetico; per conseguenza, ai fini dell’esclusione di un concorrente non è necessario l’accertamento della responsabilità per l'inadempimento relativo ad un precedente rapporto contrattuale, quale sarebbe richiesto per l’esercizio di un potere sanzionatorio, ma è sufficiente una motivata valutazione dell’amministrazione in ordine alla grave negligenza o malafede nell'esercizio delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara, che abbia fatto venir meno la fiducia nell'impresa, potere il quale, in quanto discrezionale, è soggetto al sindacato del giudice amministrativo nei soli limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti.

1) conformi: Cons. Stato, sez. IV, 11 luglio 2016, n. 3070; Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2011, n. 1107; Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2010, n. 296.

2. In ordine ai limiti che il giudice amministrativo incontra nel sindacare la valutazione di inaffidabilità dell’impresa compiuta dalla stazione appaltante, vanno ancora richiamati i principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza 17 febbraio 2012, n. 2312, secondo cui, al fine di evitare di incorrere nel vizio di eccesso giurisdizionale, il giudice amministrativo, in presenza di una ragionevole scelta legislativa di consentire il rifiuto di aggiudicazione per ragioni di inaffidabilità dell’impresa, nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto, deve prendere atto della chiara scelta del legislatore di rimettere alla stessa stazione appaltante la individuazione del punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente: “il sindacato sulla motivazione del rifiuto deve, pertanto e specularmente, essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appaltante, come ragioni di rifiuto e non può avvalersi, onde ritenere avverato il vizio di eccesso di potere, di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa”. 

 

 

                                                     REPUBBLICA ITALIANA

                                           IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

                                                          Il Consiglio di Stato

                                         in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

                                                                SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6821 del 2016, proposto da:
Ased s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luciano Orlando e Rosario Infantino, con domicilio eletto presso lo studio Antonietta Scopelliti in Roma, via Nizza, n. 46;

                                                                      contro

Comune di Melito di Porto Salvo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Panuccio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Sistina, n. 121;

nei confronti di

Locride Ambiente Spa, non costituita in giudizio;

                                                                 per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n. 00509/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento dei servizi di igiene urbana;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Melito di Porto Salvo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2017 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Rosario Infantino, anche in sostituzione dell'avvocato Orlando, e Alberto Panuccio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

                                                               FATTO e DIRITTO

1. La società Ased s.r.l. ha partecipato alla procedura aperta indetta dalla S.U.A.P. di Reggio Calabria, nell’interesse del Comune di Melito di Porto Salvo, per l’affidamento, con durata triennale, dei servizi di igiene urbana nel territorio comunale e, avendo presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa, è stata dichiarata aggiudicataria in via provvisoria con determina dirigenziale n. 350 del 16 settembre 2015.

Con successiva determina n. 1 del 13 gennaio 2016, l’Amministrazione comunale – dopo aver inviato alla ricorrente apposita comunicazione di avvio del procedimento ex art. 8 della L. n. 241/90 in data 7 dicembre 2015 ed aver ritenuto non giustificative le controdeduzioni presentate da quest’ultima in data 7 gennaio 2016 – ha revocato la predetta aggiudicazione provvisoria in applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 163 del 2006.

Il Comune, a seguito della disposta revoca, ha deliberato lo scorrimento della graduatoria con determina n. 19 del 18 gennaio 2016 e con la successiva determina n. 3 del 22 gennaio 2016 ha aggiudicato la gara in via definitiva alla Locride Ambiente s.p.a.

2. Avverso tali atti la società Ased ha proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, il quale, con la sentenza di estremi indicati in epigrafe, ha respinto il ricorso.

3. Per ottenere la riforma di tale sentenza ha proposto appello la società Ased s.r.l.

4. Si è costituito in giudizio per resistere all’appello il Comune di Melito Porto Salvo.

5. Alla pubblica udienza del 18 maggio 2017, la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. L’appello non merita accoglimento.

7. Va premesso che, come la giurisprudenza amministrativa ha in numeroso occasioni chiarito, l’esclusione dalla gara d’appalto prevista dall'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (errori gravi in precedenti appalti) si fonda sulla necessità di garantire l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della p.a. fin dal momento genetico; per conseguenza, ai fini dell’esclusione di un concorrente non è necessario l’accertamento della responsabilità per l'inadempimento relativo ad un precedente rapporto contrattuale, quale sarebbe richiesto per l’esercizio di un potere sanzionatorio, ma è sufficiente una motivata valutazione dell’amministrazione in ordine alla grave negligenza o malafede nell'esercizio delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara, che abbia fatto venir meno la fiducia nell'impresa, potere il quale, in quanto discrezionale, è soggetto al sindacato del giudice amministrativo nei soli limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 11 luglio 2016, n. 3070; Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2011, n. 1107; Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2010, n. 296).

In ordine ai limiti che il giudice amministrativo incontra nel sindacare la valutazione di inaffidabilità dell’impresa compiuta dalla stazione appaltante, vanno ancora richiamati i principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza 17 febbraio 2012, n. 2312, secondo cui, al fine di evitare di incorrere nel vizio di eccesso giurisdizionale, il giudice amministrativo, in presenza di una ragionevole scelta legislativa di consentire il rifiuto di aggiudicazione per ragioni di inaffidabilità dell’impresa, nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto, deve prendere atto della chiara scelta del legislatore di rimettere alla stessa stazione appaltante la individuazione del punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente: “il sindacato sulla motivazione del rifiuto deve, pertanto e specularmente, essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appaltante, come ragioni di rifiuto e non può avvalersi, onde ritenere avverato il vizio di eccesso di potere, di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa” (cfr. Cass. Sez. Un. 17 febbraio 2012, n. 2312).

8. Non è dunque fondato quanto deduce l’appellante, ovvero che il potere di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006, possa essere esercitato solo sul presupposto dell’esistenza di un pregresso provvedimento definitivo di revoca, risoluzione, decadenza legato all’inadempimento di precedenti rapporti. Al contrario, la stazione appaltante può ritenere la sussistenza dei gravi errori professionali, anche in mancanza di un accertamento definitivo di precedenti rapporti, purché il relativo provvedimento sia sorretto da adeguata motivazione ed indichi puntualmente le circostanze di fatto che supportano la valutazione espressa.

10. Nel caso di specie, le pregresse violazioni che il Comune ha contestato alla ricorrente (relative all’esecuzione del precedente rapporto contrattuale, iniziato con la sottoscrizione in data agosto 2009 del contratto di appalto relativo ai servizi integrali di igiene ambientali) sono numerose e puntuali: abbandono del servizio, mancata effettuazione della raccolta indifferenziata e dell’organico, incasso di somme per servizi non resi, mancato versamento degli oneri di discarica e le altre puntualmente indicate nella relazione del Responsabile dell’ufficio lavori pubblici qualità urbana ed ambientale del Comune di Melito.

Tali circostanze, considerate singolarmente e globalmente, supportano la motivazione del provvedimento impugnato e resistono alle controdeduzioni formulate dall’appellante.

Dall’esame delle risultanze documentali emerge, in particolare, che il precedente rapporto tra la società appellante e il Comune è stato caratterizzato da una significativa e continua conflittualità: risulta, ad esempio, tutt’ora pendente il giudizio civile di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla società Ased nell’ambito del quale il Comune di Melito ha chiesto proposto domanda riconvenzionale, chiedendo la condanna dell’impresa ricorrente al pagamento della somma di € 4.333.234,10 (oltre interessi e rivalutazione) in ragione del danno subito a causa delle inadempienza nel precedente rapporto contrattuale.

Risulta, ancora, puntualmente documentato che la società Ased (invocando la compensazione di un controcredito per interessi scaduti) ha omesso di corrispondere alla Regione Calabria gli oneri di discarica per tutto il periodo di esecuzione del precedente contratto (2009-2014) e per il successivo periodo di proroga.

Risulta, inoltre, che nell’esecuzione del precedente rapporto contrattuale non sono state raggiunte le percentuali di raccolta differenziata indicate nell’offerta e nel contratto (determinando così l’applicazione di penali da parte della Regione Calabria ai danni del Comune medesimo).

11. Le richiamate circostanze giustificano la valutazione negativa in ordine alla persistenza del rapporto fiduciario, e, quindi, supportano in maniera adeguata la motivazione del provvedimento di esclusione adottato dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. g) d.lgs. n. 163 del 2006.

12. Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, l’appello deve essere respinto.

Sussistono i presupposti, considerata la controvertibilità delle questioni esaminate, per compensare le spese del giudizio di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Guida alla lettura

La società Ased ha partecipato alla procedura aperta indetta dalla S.U.A.P. di Reggio Calabria, nell’interesse del Comune di Melito di Porto Salvo, per l’affidamento, con durata triennale, dei servizi di igiene urbana nel territorio comunale e, avendo presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa, è stata dichiarata aggiudicataria in via provvisoria.

Con successiva determina, l’Amministrazione comunale – dopo aver inviato alla ricorrente apposita comunicazione di avvio del procedimento ex art. 8 della L. n. 241/90 ed aver ritenuto non giustificative le controdeduzioni presentate da quest’ultima – ha revocato la predetta aggiudicazione provvisoria in applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. f) del d.lgs. n. 163 del 2006.

Il Comune, a seguito della disposta revoca, ha deliberato lo scorrimento della graduatoria e con la successiva determina ha aggiudicato la gara in via definitiva alla Locride Ambiente s.p.a.

Avverso tali atti la società Ased ha proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, il quale ha respinto il ricorso.

Per ottenere la riforma di tale sentenza la società Ased s.r.l. ha proposto appello e si è costituito in giudizio per resistere all’appello il Comune di Melito Porto Salvo.

Il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, ha deciso di non accogliere l’appello.

Dato conto dei fatti, di come si sono svolti, bisogna ora analizzare le fonti e risalire alla ratio delle scelte legislative, avendo, come ci ha insegnato Massimo Severo Giannini, sempre come bussola i principi fondamentali che reggono la scienza del diritto amministrativo.

Oggetto del giudizio è la contestata legittimità del provvedimento di esclusione di un’impresa da una gara per l’affidamento del servizio di igiene urbana adottato sul rilievo della ritenuta inaffidabilità dell’impresa medesima, desunta dalle presunte irregolarità commesse nell’esecuzione di precedenti appalti. Al centro del giudizio è, quindi, la fattispecie di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) del D. Lgs. 163/2006 (sostituito dall’art. 80, comma 5, lett. c) del vigente Codice).

Fattispecie che sancisce l’esclusione dalla partecipazione alle gare pubbliche per i soggetti i quali, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, abbiano commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dall’amministrazione che bandisce la gara, o che abbiano commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato attraverso qualsiasi mezzo probatorio.

L’esclusione dalla gara d’appalto si fonda sulla necessità di garantire l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della p.a. fin dal momento genetico. La ratio alla base dell’introduzione della fattispecie normativa operata dal Codice dei contratti pubblici risiede nella volontà di consentire alla stazione appaltante di valutare globalmente l’affidabilità di un’impresa, non configurando, quindi, un’ipotesi di incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione.

La decisione di qualificare un episodio della storia professionale dell’impresa come grave errore professionale è assistita, per univoco orientamento giurisprudenziale, da ampia discrezionalità di apprezzamento, considerando che la nozione di “errore nell’esercizio dell’attività professionale” include qualsiasi comportamento affetto da scorrettezza in grado di incidere sulla credibilità professionale dell’operatore economico.

Ne deriva che è necessario, come emerso nel dibattito, procedere ad una interpretazione costituzionalmente orientata della richiamata disposizione, in quanto il provvedimento di esclusione della stazione appaltante va adottato realizzando un giusto contemperamento tra il principio di “buona amministrazione” (art. 97 Cost.) e il principio di “libera iniziativa economica” (art. 41 Cost.).

Ai fini della tutela del diritto di iniziativa privata economica, così come garantito dalla Carta Primaria, occorre impedire che l’applicazione dell’art. 38, comma 1, lett. f) si traduca, de facto, nella espulsione definitiva dell’operatore economico privato dal mercato degli appalti pubblici.

Si comprende allora perché, in subiecta materia, i ripetuti interventi dei giudici amministrativi abbiano riguardato l’incessante perimetrazione dell’alveo della discrezionalità amministrativa, alla ricerca di una difficile sintesi della contrapposizione tra gli interessi in gioco.

Sul punto è stato con costanza affermato il principio secondo cui la sussistenza delle situazioni ostative individuate dalla fattispecie normativa in questione è desumibile attraverso qualsiasi mezzo di prova, ponendosi la relativa causa di esclusione a garanzia dell’elemento fiduciario destinato a caratterizzare i contratti di appalto pubblico, laddove il comportamento tenuto in altri rapporti contrattuali dal soggetto partecipante alla selezione sia valutato negativamente dalla Amministrazione con provvedimento adeguatamente motivato e soggetto al sindacato del giudice amministrativo nei soli limiti della manifesta illogicità, della chiara irrazionalità o del determinante errore fattuale.

Come affermato anche nella sentenza in commento, il sindacato di legittimità del giudice amministrativo nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto deve prendere atto necessariamente della chiara scelta di rimettere alla stessa stazione appaltante la individuazione del punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente. Il sindacato sulla motivazione del rifiuto deve, pertanto, proiettarsi sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall’appaltante come ragioni del rifiuto e non può avvalersi, onde sfociare nel vizio di eccesso di potere, di criteri tesi ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa.

In talune pronunce l’ambito della discrezionalità amministrativa della stazione appaltante è stato ampliato al punto da riconoscere che la valutazione di gravità sottesa all’esclusione dalla gara della impresa che sia incorsa in grave negligenza o malafede nell’esecuzione dell’appalto, possa essere esternata con il mero richiamo per relationem al provvedimento con cui, in altro rapporto contrattuale, il Comune abbia provveduto alla risoluzione per inadempimento. Secondo questa tesi non assume alcun rilievo la mancanza di una espressa valutazione di gravità, dal momento che la stessa è pacificamente contenuta nell’atto richiamato, dove è già accertata la grave inadempienza.

La legge, quindi, prevede una necessaria intermediazione tra la notizia di una serie di reali carenze di professionalità, emergenti dal passato aziendale e riconducibili a rapporti contrattuali pregressi, e l’assunzione della misura espulsiva.

Al cuore di questa intermediazione prende forma la valutazione discrezionale, e al tempo stesso complessiva, circa l’attuale inaffidabilità, deducibile dall’analisi delle precedenti condotte, dell’impresa a realizzare, nel caso concreto, l’appalto.

L’impresa partecipante alla gara deve presentare una dichiarazione esauriente, che permetta all’Amministrazione una valutazione informata sulla sua affidabilità.

Bisogna sottolineare, come emerso nella sentenza in commento, che l’esclusione dalla gara d’appalto, di cui alla fattispecie normativa in oggetto, non ha valenza sanzionatoria, fondandosi, come detto, sulla necessità di garantire l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della p.a. fin dal momento genetico; ne deriva che, ai fini dell’esclusione di un concorrente, non è necessario un accertamento della responsabilità per l’inadempimento relativo ad un precedente rapporto contrattuale, come sarebbe richiesto per l’esercizio di un potere sanzionatorio, risultando sufficiente una motivata valutazione dell’Amministrazione in ordine alla grave negligenza o malafede nell’esercizio delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara, che abbia fatto venir meno la fiducia nell’impresa.

Ancora, non rileva che la risoluzione del contratto sia “sub iudice”, poiché ciò che giustifica la scelta di esclusione è l’imperizia emersa nel corso dell’attività professionale, che ha leso il rapporto di fiducia nella capacità professionale dell’impresa.

Al fine di salvaguardare l’elemento fiduciario, in riferimento al requisito dell’affidabilità professionale, è, peraltro, sufficiente la sola contestazione unilaterale della stazione appaltante, diversamente da altre fattispecie ove il legislatore ha richiesto la definitività degli accertamenti in sede amministrativa o giurisdizionale.

La ratio alla base di questo orientamento attiene alla inconciliabilità del concetto di accertamento definitivo della violazione, riferito alle ipotesi di valutazione di inidoneità professionale dell’operatore economico, con gli obblighi di celerità della procedura di gara ed in particolar modo con il preminente ed imprescindibile fine pubblico che la Stazione appaltante, tramite la gara, intende assolvere, appunto il soddisfacimento del pubblico interesse.

Peraltro, come è emerso nel dibattito giurisprudenziale, ove si ritenesse non operante la causa di esclusione rispetto alle infrazioni non accertate in modo definitivo in giudizio, la stazione appaltante sarebbe obbligata, nelle more dell’accertamento giudiziale, a contrarre con soggetti nei cui confronti non nutre fiducia, giungendo, logicamente, ad un paradosso.

Bisogna segnalare, tuttavia, che un diverso orientamento, minoritario, ritiene necessaria, ai fini dell’adozione del provvedimento di esclusione dell’impresa concorrente, la previa pronuncia del giudice sulla legittimità della precedente risoluzione contrattuale a danno dell’impresa, evidenziando che, altrimenti, le imprese private si vedrebbero costrette, in fase di esecuzione del contratto pubblico, ad accogliere ogni richiesta della Stazione appaltante per evitare risoluzioni unilaterali in grado di determinare in futuro l’esclusione dalle successive gare. Inoltre, l’impresa esclusa sarebbe costretta a ricorrere al giudice ordinario per far accertare l’illiceità della risoluzione del precedente contratto.

Questo orientamento ha ancorato il ragionamento alla giurisprudenza comunitaria recepita nelle lettere g) e i) dell’art. 38 del D. Lgs. n. 163/2006 che espressamente richiamano il concetto di infrazioni “definitivamente” accertate, per cui non rileva, ai fini dell’esclusione, il fatto che un concorrente non sia stato ritenuto in regola con gli obblighi fiscali e contributivi, laddove, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, i relativi provvedimenti siano ancora oggetto di contestazione in sede amministrativa o giurisdizionale.

Probabilmente, anche per i motivi spiegati nella trattazione, quanto affermato da questo orientamento minoritario non potrebbe estendersi all’ipotesi di cui all’art. 38 lettera f, riguardante il caso specifico della grave negligenza o malafede, che comunque deve essere oggetto di motivata valutazione della stazione appaltante, oltre che di indicazione puntuale delle circostanze di fatto che supportano la valutazione espressa.