Cons. di Stato, Sez. III 2 maggio 2017 n. 2014

Il bando di gara, che prevede il sistema di aggiudicazione della gara del massimo ribasso, è immediatamente impugnabile, sussistendo tutti i presupposti per non rinviare all’avvenuta aggiudicazione il ricorso, quali: a) la posizione giuridica legittimante avente a base, quale interesse sostanziale, la competizione secondo meritocratiche opzioni di qualità oltre che di prezzo; b) la lesione attuale e concreta, generata dalla previsione del massimo ribasso in difetto dei presupposti di legge; c) l’interesse a ricorrere in relazione all’utilità concretamente ritraibile da una pronuncia demolitoria che costringa la stazione appaltante all’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ritenuto dalle norme del nuovo codice quale criterio “ordinario” e generale.

N. 02014/2017REG.PROV.COLL.

N. 01738/2017 REG.RIC.

                                    

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1738 del 2017, proposto dalla Randstad Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Massimiliano Brugnoletti (C.F. BRGMSM62B25M082W), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni N. 26/B;

contro

ASL Salerno, in persona del direttore generale p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Walter Maria Ramunni (C.F. RMNWTR50T08H703O), Valerio Casilli (C.F. CSLVLR57D28H703S), domiciliata ex art. 25 cpa presso la Segreteria della III Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania - sez. staccata di Salerno, sezione I, n. 332/2017, resa tra le parti, concernente l'annullamento del bando, del disciplinare, del capitolato di gara, di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali relativi alla procedura aperta per l’individuazione di una Agenzia per il Lavoro cui affidare, per due anni, la somministrazione di personale infermieristico e tecnico-sanitario, per un importo a base d’asta di €. 2.940.633,66, con il criterio di aggiudicazione del “prezzo più basso”.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Asl Salerno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2017 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Massimiliano Brugnoletti e Valerio Casilli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con bando pubblicato sulla GUUE il 9 dicembre 2016, la ASL di Salerno ha indetto una procedura aperta per l’individuazione di una Agenzia per il Lavoro cui affidare, per due anni, la somministrazione di personale infermieristico e tecnico-sanitario, per un importo a base d’asta di €. 2.940.633,66

Il criterio di aggiudicazione scelto dalla Stazione appaltante è stato quello del “prezzo più basso” sul dichiarato presupposto che si trattasse “di servizio con caratteristiche standardizzate il cui costo è assorbito per la quasi totalità dalle retribuzioni del personale”

L’odierna appellante, Randstad Italia, pur presentando domanda, ha immediatamente impugnato gli atti di gara nella parte in cui fissavano quale criterio di aggiudicazione quello del prezzo più basso, in luogo di quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Nelle more della discussione presso il Tar, ed in mancanza di provvedimenti di sospensione, la procedura è giunta al suo epilogo con collocamento di Randstad all’ultimo posto della graduatoria provvisoria.

Definitivamente decidendo sul ricorso, il TAR, con la sentenza oggetto dell’odierno gravame, non si è pronunciato sul merito della censura, ritenendo pregiudizialmente il ricorso inammissibile poiché “la clausola censurata non è produttiva di alcun pregiudizio, avente i necessari requisiti di concretezza ed attualità, a carico della parte ricorrente, sia nella prospettiva della sua aspirazione all’aggiudicazione del servizio, sia in quella del suo mero interesse partecipativo; Evidenziato infatti, dal primo punto di vista, che non è concretamente prevedibile l’incidenza, eventualmente positiva, del criterio di aggiudicazione sulle chances di conseguimento da parte della società ricorrente del bene della vita perseguito … Rilevato, dal secondo punto di vista, che il criterio del prezzo più basso non prelude la partecipazione alla gara dell’impresa ricorrente, né le impedisce di formulare un’offerta concorrenziale, incidendo esclusivamente sullo spettro operativo del meccanismo concorrenziale e quindi, di riflesso, sui contenuti dell’offerta.”

Ha proposto appello Randstad Italia. Sostiene l’appellante, che il “diritto” degli operatori economici a formulare l’offerta secondo un criterio legittimo in relazione all’oggetto della gara, sia immediatamente leso dalla scelta del criterio da parte della Stazione appaltante. L’onere dell’impugnazione immediata dell’illegittimo criterio di aggiudicazione prescelto: a) discenderebbe dai principi affermati dalla giurisprudenza, che lo predica non solo per le clausole escludenti, ma anche per quelle che incidono sulla formulazione dell’offerta e/o che impongono oneri contra jus; b) sarebbe altresì in linea con l’intento acceleratorio della definizione dei contenziosi che connota il nuovo d.lgs. n. 50/2016.

Nel merito della questione deduce che la scelta del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, operata dalla lex specialis, sarebbe in contrasto con l’obbligo sancito dall’art. 95 d.lgs. n. 50/2016 di affidare i servizi “ad alta intensità di manodopera”, come quello oggetto di gara, mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Nel giudizio si è costituita l’ASL ed ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’appello per mancata notificazione all’aggiudicatario controinteressato, siccome individuato nelle more del giudizio di primo grado.

La causa è stata delibata in sede cautelare all’udienza camerale del 20 aprile 2017, ed in quella sede direttamente trattenuta in decisione, previo avviso alle parti.

DIRITTO

1.Nessun dubbio si pone sull’ammissibilità del gravame. All’epoca dell’impugnazione degli atti non v’era ancora alcuna aggiudicazione, sicchè correttamente la ricorrente si è limitata a notificare il ricorso alla sola stazione appaltante. Del pari correttamente ha notificato l’appello all’unica parte del giudizio di primo grado nei confronti della quale aveva instaurato il giudizio.

L’aggiudicazione a terzi, nelle more del giudizio sul bando, pone piuttosto, in tesi, un problema di procedibilità del giudizio, che tuttavia nel caso di specie è da escludere avendo l’appellante impugnato in primo grado la stessa.

2.Nel merito l’appello è fondato,

3.Esso pone in primis la questione dell’ammissibilità dell’impugnazione immediata del bando da parte di una impresa che si dolga dell’adozione di un criterio di aggiudicazione erroneo e quindi illegittimo.

3.1.Il giudice di prime cure l’ha risolta con l’ausilio delle chiavi esegetiche fornite dall’Adunanza Plenaria n. 1/2003, affermando che “il criterio del prezzo più basso non preclude la partecipazione alla gara dell’impresa ricorrente, né le impedisce di formulare un’offerta concorrenziale, incidendo esclusivamente sullo spettro operativo del meccanismo concorrenziale e quindi, di riflesso, sui contenuti dell’offerta”.

3.2.Non c’è dubbio che l’affermazione sia conforme al principio elaborato dalla Plenaria nel 2003 ed ai successivi sviluppi giurisprudenziali registratisi durante la vigenza del vecchio codice. Per riprendere le parole efficacemente utilizzate dalla Corte costituzionale nella sintetica ricostruzione delle posizioni giurisprudenziali sul punto, può dirsi “acquisizione consolidata che i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell'interessato» (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 29 gennaio 2003, n. 1). A queste regole, che discendono dalla piana applicazione alle procedure di gara dei principi generali in materia di legittimazione e interesse a ricorrere, fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell'offerta (Consiglio di Stato, sezione III, 10 giugno 2016, n. 2507; Consiglio di Stato, sezione V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Consiglio di Stato, sezione V, 12 novembre 2015, n. 5181; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4)” (Corte cost., Sent., 22/11/2016, n. 245.)

3.3.Quanto all’esatto perimetro dell’eccezione da ultimo menzionata (clausole non escludenti ma che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell'offerta), la Plenaria n. 1/2003 èperentoria con specifico riguardo ai criteri di aggiudicazione, affermando che: “Non può essere condiviso quell'indirizzo interpretativo che è volto ad estendere l'onere di impugnazione alle prescrizioni del bando che condizionano, anche indirettamente, la formulazione dell'offerta economica tra le quali anche quelle riguardanti il metodo di gara e la valutazione dell'anomalia. Anche con riferimento a tali clausole, infatti, l'effetto lesivo per la situazione del partecipante al procedimento concorsuale si verifica con l'esito negativo della procedura concorsuale o con la dichiarazione di anomalia dell'offerta. L'effetto lesivo è, infatti, conseguenza delle operazioni di gara, e delle valutazioni con essa effettuate, dal momento che è solo il concreto procedimento negativo a rendere certa la lesione ed a trasformare l'astratta potenzialità lesiva delle clausole del bando in una ragione di illegittimità concreta ed effettivamente rilevante per l'interessato: devono pertanto ritenersi impugnabili unitamente all'atto applicativo, le clausole riguardanti i criteri di aggiudicazione, anche se gli stessi sono idonei ad influire sulla determinazione dell'impresa relativa alla predisposizione della proposta economica o tecnica, ed in genere sulla formulazione dell'offerta, i criteri di valutazione delle prove concorsuali, i criteri di determinazione delle soglie di anomalie dell'offerta, nonché le clausole che precisano l'esclusione automatica dell'offerta anomala”.

3.4.La conclusione cui giunge l’Adunanza Plenaria è evidentemente influenzata dalla qualificazione dell’interesse sostanziale di base della cui tutela trattasi, quale interesse all’aggiudicazione. Secondo l’Adunanza, infatti, la “condizione di concorrenti” dei partecipanti alla gara “può essere apprezzata e valutata esclusivamente con riferimento all’unico interesse sostanziale di cui essi sono titolari, che è quello all’aggiudicazione e, comunque, all’esito positivo della procedura concorsuale, sicché l’eventuale incidenza di clausole che conformino illegittimamente la condizione di concorrenti dei singoli partecipanti, può acquistare rilievo esclusivamente se si traduce in un diniego di aggiudicazione o, comunque, in un arresto procedimentale con riferimento al medesimo obiettivo; dall’altra non appare configurabile un interesse autonomo alla legittimità delle regole e delle operazioni di gara, distinto dalla pretesa all’aggiudicazione o alla stipula del contratto”.

3.5.La pronuncia ha cura di precisare che “l’interesse alla legittimità della procedura costituisce un aspetto ed un riflesso dell’interesse all’aggiudicazione, ed è anzi quest’ultimo che può fondare e sostenere il primo, sicché l’eventuale illegittimità della procedura acquista significato e rilievo soltanto se comporta il diniego di aggiudicazione, in tal modo ledendo effettivamente l’interesse protetto, di cui è titolare il soggetto che ha preso parte alla gara”.

4.Essa costituisce una pietra miliare nell’applicazione, alle procedure concorsuali, della teoria della dimensione sostanziale dell’interesse legittimo e della sua conseguente tutela, ma in quanto diritto vivente necessità di interpretazione evolutiva idonea a conservarne la coerenza rispetto alle profonde trasformazioni che hanno investito il diritto degli appalti mutandone impostazione e prospettive.

4.1. La prima innovazione di rilievo è l’espressa comminazione di nullità delle clausole espulsive autonomamente previste dalla stazione appaltante. Il riferimento è al vecchio comma 1 bis dell'art. 46 del codice dei contratti pubblici ed all’art. 83 comma 8 del nuovo codice che ne reitera la previsione, il quale, nel delineare una fattispecie di nullità, prescrive che “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle

L'aver inquadrato il vizio nelle cause di nullità, ex art. 21 septies legge n. 241/1990, costituisce un indizio della vocazione generale ed autonoma dell’interesse partecipationis. Il legislatore ha ritenuto nel caso di specie di abdicare all’ordinario schema dell’annullabilità – in cui l’effetto di ripristino della legittimità è realizzato attraverso la cooperazione e sulla base della dimensione esclusivamente individuale dell’interesse privato leso - a favore dello schema della nullità, in cui invece l’interesse trascende la dimensione meramente individuale sino a giustificare il rilievo d’ufficio da parte del giudice e l’opposizione senza limiti di tempo della parte del resistente.

4.2. L’altra significativa ed innovativa previsione è contemplata dall’art. 211 comma 2 del nuovo codice. Trattasi di un’autotutela “doverosa” (così il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, n.2777 del 28 dicembre 2016) attivabile dalla stazione appaltante, su impulso dell’Autorità di vigilanza, al fine del ripristino della legalità procedurale, che prescinde dall’interesse del singolo partecipante all’aggiudicazione e mira invece al corretto svolgimento delle procedure di appalto nell’interesse di tutti i partecipanti e finanche di quello collettivo dei cittadini, interesse quest’ultimo che và via via emancipandosi dallo schema del mero interesse di fatto (sul punto cfr. considerando 122 della direttiva 24/2014).

4.3. Ancora più rilevante rispetto al thema decidendum è la previsione dell’onere di impugnazione dell’altrui ammissione alla procedura di gara (art. 120 c.p.a., così come modificato dall’art. 204, comma 1 lett. b del nuovo codice appalti). A fronte di un sistema che in precedenza precludeva l’impugnazione delle ammissioni, sull’implicito e pacifico presupposto che concorrente avesse in interesse concreto ed attuale a contestare l’ammissione altrui solo all’esito della procedura selettiva, si è previsto l’onere di impugnazione immediata, con ciò dando evidentemente sostanza e tutela ad un interesse al corretto svolgimento della gara, scisso ed autonomo, sebbene strumentale, rispetto a quello all’aggiudicazione.

4.4. Un’altra delle principali novità portate dal Dlgs. n. 50/16, ed in particolare dall’art. 95 – dirimente per la decisione dello specifico caso oggetto dell’odierno giudizio - è la creazione di una vera e propria gerarchia fra i due tipici metodi di aggiudicazione di un appalto, ovvero l’offerta economicamente più vantaggiosa e il massimo ribasso.

4.4.1.Se nell’art. 83 del vecchio Dlgs. n. 163/06 tali criteri erano posti su una posizione di parità, e spettava unicamente all’Amministrazione nella sua discrezionalità optare per l’uno per l’altro, l’art. 95 dopo avere affermato che “I criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell'offerta” e che “Essi garantiscono la possibilita' di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l'efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte”, ha imposto l’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio “principale”, e il massimo ribasso come criterio del tutto “residuale” utilizzabile solo in alcuni e tassativi casi, e comunque previa specifica ed adeguata motivazione.

5. Trattasi di elementi che profilano una nozione di “bene della vita” meritevole di protezione, più ampia di quella tradizionalmente riferita all’aggiudicazione, che sebbene non coincidente con il generale interesse alla mera legittimità dell’azione amministrativa, è nondimeno comprensiva del “diritto” dell’operatore economico a competere secondo i criteri predefiniti dal legislatore, nonchè a formulare un’offerta che possa validamente rappresentare la qualità delle soluzioni elaborate, e coerentemente aspirare ad essere giudicata in relazione anche a tali aspetti, oltre che sulla limitativa e limitante (se isolatamente considerata) prospettiva dello “sconto”.

5.1.Il “blocco normativo” che si è rapidamente passato in rassegna, caratterizzato da norme sia sostanziali che processuali, rende in altri termini chiaro che vi sono elementi fisiologicamente disciplinati dal bando o dagli altri atti di avvio della procedura, che assumono rilievo sia nell’ottica del corretto esercizio del potere di regolazione della gara, sia in quella dell’interesse del singolo operatore economico ad illustrare ed a far apprezzare il prodotto e la qualità della propria organizzazione e dei propri servizi, così assicurando, nella logica propria dell’interesse legittimo (figlio della sintesi di potere e necessità) la protezione di un bene della vita che è quello della competizione secondo il miglior rapporto qualità prezzo; un bene, cioè, diverso, e dotato di autonoma rilevanza rispetto all’interesse finale all’aggiudicazione.

5.2.Ciò non può che condurre, sul versante delle condizioni e dei tempi di esperibilità dell’azione di annullamento, alla conclusione dell’onere dell’immediata impugnazione dell’illegittima adozione del criterio del massimo ribasso. Tutti i presupposti sono sussistenti: a) la posizione giuridica legittimante avente a base, quale interesse sostanziale, la competizione secondo meritocratiche opzioni di qualità oltre che di prezzo; b) la lesione attuale e concreta, generata dalla previsione del massimo ribasso in difetto dei presupposti di legge; c) l’interesse a ricorrere in relazione all’utilità concretamente ritraibile da una pronuncia demolitoria che costringa la stazione appaltante all’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ritenuto dalle norme del nuovo codice quale criterio “ordinario” e generale.

5.3.Del resto, una diversa soluzione - più aderente alla lettera che alla ratio dell’Adunanza Plenaria del 2003 ed all’esigenza della sua interpretazione in chiave evolutiva – finirebbe per svilire e depontenziare le due architravi del nuovo impianto normativo:

a) da un lato il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - assunto da legislatore ad elemento di rilancio di una discrezionalità “sana e vigilata” da porre a disposizione di amministrazioni qualificate sì da renderle capaci di selezionare le offerte con razionalità ed attenzione ai profili qualitativi – sarebbe destinato a rimanere privo di garanzie di effettività, posto che, la sua correzione si avrebbe solo all’esito della procedura concorsuale e della sua appendice giurisdizionale, in presenza di un operatore (quello offerente il massimo ribasso) in capo al quale si sono tra l’altro già ingenerate aspettative;

b) dall’altro sarebbe irragionevolmente derogata la logica bifasica (ammissioni/esclusioni prima fase; aggiudicazione seconda fase) che ha caratterizzato il nuovo approccio processuale in tema di tutela, poiché è evidente che l’illegittimità del bando, sub specie del criterio di aggiudicazione, è un prius logico giuridico rispetto alle ammissioni, condizionandole e rendendole illegittime in via derivata. Con il risultato che l’intento di affrancare il contenzioso sull’aggiudicazione da tutte le questioni sollevabili in via incidentale dal controinteressato (e fra queste anche quelle relative all’illegittimità del bando, strumentali all’utilitas della riedizione della gara) che ha ispirato la formulazione delle nuove norme processuali, risulterebbe tradito proprio in relazione ad aspetti basilari della prima fase.

5.4. A ciò si aggiunga, a riprova dell’irrazionalità della tesi dell’impugnazione postergata del criterio di aggiudicazione, che il ricorrente, costretto ad attendere, quale dies a quo per l’impugnativa, il momento dell’aggiudicazione ad altri, non è vincolato dalla correlazione tra criterio del massimo ribasso e la mancata aggiudicazione, non dovendo egli dimostrare un rapporto di causalità tra effetto lesivo del bene “aggiudicazione” e lex gara: la lesione, nell’orientamento giurisprudenziale tradizionale varato dall’Adunanza Plenaria nel 2003 , è infatti solo l’elemento, che integrando una delle condizioni dell'azione, abilita alla tutela dell'interesse legittimo attraverso l'esperimento dell'azione demolitoria. Una volta realizzatasi la condizione dell'azione, il ricorrente è ammesso a far valere la violazione dell’obbligo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, insieme a tutti gli altri vizi di legittimità del bando che non attengano a clausole escludenti, a prescindere se la mancata aggiudicazione sia riferita, o meno, proprio all'operare di quella o di quelle clausola (si pensi, oltre che al criterio di aggiudicazione, alla difettosa composizione del seggio di gara o alle previsioni sulle modalità di apertura delle buste o, in generale, alle norme sul modus procedendi). In questi casi non è cioè necessaria la dimostrazione che, in assenza del vizio, l'aggiudicazione sarebbe stata senz'altro riconosciuta al ricorrente, costituendo, la violazione delle norme di legge, un sintomo della cattiva organizzazione e gestione della gara e conseguentemente dell'erroneità dei suoi esiti.

6. Se così è, allora, non v’è ragione alcuna per attendere, al fine di invocare tutela, che la procedura di concluda con l’aggiudicazione a terzi. Tale soluzione non risponderebbe a finalità deflattive ed anzi infici erebbe quelle legate al pur contemplato onere di impugnazione delle ammissioni; non risponde del resto a finalità di coerenza giuridica o dogmatica, poiché il postergare l'impugnazione della lex gara finanche quando la violazione è già conclamata, può avere un senso solo in relazione a clausole che non violino immediatamente l’interesse del singolo imprenditore, è così certamente non è per quelle che gli impediscono di concorrere sulla qualità; è inoltre contraria al dovere di leale collaborazione ed al rispetto del principio di legittimo affidamento, immanenti anche nell’ordinamento amministrativo.

7.Chiarito, in ragione di quanto sopra esposto, che il ricorso introduttivo è ammissibile, occorre ora scrutinare, nel merito, la censura con la quale il ricorrente deduce l’illegittima adozione del criterio del massimo ribasso.

7.1.E’ pacifico, nel caso di specie, che trattasi di un appalto di servizi ad alta intensità di manodopera secondo quanto chiarito dall’art. 50 del nuovo codice. Tuttavia l’amministrazione ritiene che ricorra la condizione, assorbente, del servizio caratterizzato da “elevata ripetitività” o, detto altrimenti, del servizio “standard”.

7.2.L’assunto è radicalmente erroneo. Il rapporto, nell’ambito dell’art. 95, tra il comma 3 (casi di esclusivo utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tra i quali v’è quello dei servizi ad alta intensità di manodopera) ed il comma 4 (casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo, tra i quali v’è quello dei servizi ripetitivi), è di specie a genere. Ove ricorrano le fattispecie di cui al comma 3 scatta, cioè, un obbligo speciale di adozione del criterio dell’o.e.p.v. che, a differenza della ordinaria preferenza per tale criterio fatta in via generale dal codice, non ammette deroghe, nemmeno al ricorrere delle fattispecie di cui al comma 4, a prescindere dall’entità dello sforzo motivazionale dell’amministrazione.

La soluzione è del resto in linea con i criteri direttivi dettati dal legislatore delegante. Infatti l’art. 1, co. 1, lett. gg), per i contratti relativi (tra gli altri) ai servizi “ad alta intensità di manodopera”, precisa, quale criterio direttivo, che l’aggiudicazione debba avvenire “esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come definita dalla lettera ff), escludendo in ogni caso l’applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta”.

8.Il ricorso è pertanto accolto. Per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, il bando è annullato.

9.Avuto riguardo alla novità delle questioni ed all’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, è senz’altro equo disporre la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio, ad eccezione del contributo unificato che dev’essere rimborsato dall’amministrazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie. Per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla gli atti di gara impugnati con il ricorso introduttivo in primo grado.

Compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio, ad eccezione del contributo unificato che dev’essere rimborsato dall’amministrazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:

 

Franco Frattini, Presidente

Francesco Bellomo, Consigliere

Manfredo Atzeni, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere, Estensore

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

 

 

PREMESSA

La sentenza in esame fornisce l’occasione per   affrontare   il tema  dell’onere dell’immediata impugnazione delle clausole del bando di gara in seguito all’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti.

La necessità di rendere più agevole la trattazione giustifica una digressione sulla sua natura e sul regime impugnatorio al quale è assoggettato.

 

LA NATURA GIURIDICA DEL BANDO DI GARA.  IL REGIME IMPUGNATORIO

Tralasciando la querelle sui vari orientamenti a confronto in materia, la giurisprudenza amministrativa maggioritaria riconosce al bando di gara, atto di attuazione della determina a contrarre,  natura pubblicistica sub specie  di atto amministrativo generale.

Quest’ultimo, i cui destinatari sono inizialmente indeterminati  ma individuabili a posteriori, si  differenzia dagli atti normativi, i quali si rivolgono  indistintamente a tutti i consociati, indeterminati  ex ante e tali   anche  ex post.

Inoltre, l’atto amministrativo generale, circoscrivendo la sua efficacia ad un singolo caso, risulta privo  del  carattere dell’astrattezza, ossia dell’attitudine a regolamentare una serie indefinita di casi.

Infatti, il bando di gara si riferisce esclusivamente ad una sola procedura, terminata la quale  esaurisce i suoi effetti.

La natura provvedimentale induce ad escluderne la disapplicabilità (ex pluribus Cons.Stato, sez.IV n.5005/2005), e ad affermarne la riconducibilità alla corrispondente   disciplina impugnatoria.

In quanto atto amministrativo generale, il  bando di gara contiene prescrizioni inidonee  ad incidere in maniera diretta sulla sfera giuridica dei destinatari (a priori indefinibili), tale effetto prodotto  dall’adozione degli atti applicativi delle stesse.

Di conseguenza,  la lesività delle clausole  rimane,  fino a quel momento, ad uno stato meramente potenziale.

Ciò posto, il primo intervento di un  certo rilievo in materia può  considerarsi l’ordinanza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.1/1998 per la quale i bandi di concorso, ove prevedano, a causa dei requisiti richiesti,  clausole  immediatamente lesive degli interessi di quanti intendano parteciparvi, devono essere immediatamente ed autonomamente impugnati.

Ne consegue l’inammissibilità tanto dell’impugnazione del  solo provvedimento di esclusione, poiché atto prettamente esecutivo del bando, quanto dell’impugnazione del primo congiuntamente al secondo se spirati i termini per il ricorso  avverso il bando medesimo.

Il principio richiamato è ” quello per cui in sede di impugnazione di un provvedimento non sono più  contestabili i vizi di un atto  presupposto, ove questo fosse impugnabile ex se, ma non sia stato utilmente impugnato. Ed è proprio in virtù di  tale principio che l’azione amministrativa si svolge con relativa certezza di diritto…”.

L’Adunanza Plenaria prosegue affermando che “…uno degli esempi classici di atto presupposto suscettibile di acquisire l’inoppugnabilità pur in  pendenza di ulteriori atti,  è proprio il bando di concorso rispetto ai provvedimenti di ammissione. Ciò in quanto in  tal caso l’atto presupposto chiude un procedimento o un sub-procedimento e  consuma, in tutto o in parte, la  discrezionalità amministrativa, ponendosi come vincolante rispetto all’ulteriore corso…omissis

Poiché la lesione della sfera giuridica degli aspiranti concorrenti deriva direttamente dalle clausole del bando che prescrivono determinati requisiti di ammissione, essi hanno l’onere di impugnare immediatamente dette clausole, giacchè è con il bando che si ha la lesione del loro interesse  a partecipare al concorso, e non con il provvedimento di esclusione che è atto meramente consequenziale  e totalmente vincolato nel contenuto, rispetto al quale l’organo  amministrativo preposto all’adozione dei conseguenti provvedimenti non ha alcun margine di discrezionalità”.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione n.1/2003, attraverso una trama argomentativa di ampio respiro, affronta in maniera più approfondita il tema, rimarcando come  “l’onere di immediata impugnazione del bando di gara debba, normalmente, essere riferito alle clausole riguardanti requisiti soggettivi di partecipazione. L’Adunanza ritiene, tuttavia, che, non possa essere escluso un dovere di immediata impugnazione delle clausole del bando in quei limitati casi in cui gli oneri imposti all’interessato ai fini della partecipazione risultino, manifestatamente incomprensibili o implicanti oneri per la partecipazione del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della gara o della procedura concorsuale”.

Il Collegio individua nei  principi che presiedono  “all’ammissibilità del ricorso giurisdizionale (o amministrativo)” gli strumenti per la determinazione  del momento della tempestiva impugnazione degli atti generali che siano immediatamente lesivi,  ossia che rechino un pregiudizio diretto alla sfera giuridica dei destinatari  prima dell’adozione degli atti applicativi.

Più precisamente, sia l’interesse sostanziale ( quello a difesa del quale  si agisce) che l’interesse ad agire devono recare i caratteri  della personalità e dell’attualità “…devono, cioè essere propri del soggetto ricorrente e devono avere riferimento ad una fattispecie già perfezionatasi, diversamente, infatti, si sarebbe di fronte ad interessi meramente potenziali”

Anche la lesione dell’interesse sostanziale deve necessariamente presentare i caratteri dell’immediatezza, della concretezza e dell’attualità ( ossia la sussistenza “al momento della decisione del ricorso)”,  cioè, “costituire una conseguenza diretta ed immediata del provvedimento dell’Amministrazione”.

Sinteticamente, per la connotazione propria degli atti generali, il provvedimento  applicativo, se da un versante rende attuale e concreto il   pregiudizio della sfera giuridica dei destinatari, dall’altro, realizza la contestuale individuazione dei soggetti conculcati .

Queste considerazioni consentono la  formulazione della regola generale che impone l’onere dell’impugnazione del bando di gara unitamente all’atto esecutivo dello stesso.

La pronuncia,  ridimensionando la portata di tali conclusioni,  non le ritiene  estensibili alle  clausole con le quali vengono indicati i requisiti soggettivi  al cui possesso è subordinata la partecipazione o l’ammissione alla gara degli operatori economici.

Invero, le prescrizioni in parola, identificando coloro i quali non possono partecipare  ovvero essere ammessi alla gara, esprimono una lesione che si manifesta immediatamente. 

Detto altrimenti, il vulnus  è prodotto direttamente dal bando, il quale riguarda uno stato di fatto preesistente e già perfezionatosi; l’atto di esclusione avrà, invece,  carattere meramente ricognitivo di un pregiudizio già verificatosi.

 

CONS. DI STATO, SEZ. III 2 MAGGIO 2017 N.2014

La sentenza de qua affronta, alla luce del rinnovato quadro normativo ad opera dell’entrata in vigore del d.lgs. n.50/2016, l’argomento dell’immediata impugnabilità del bando di gara nella misura in cui dispone un  illegittimo criterio di aggiudicazione.

Il Collegio cita innanzitutto  gli strumenti esegetici di cui il giudice di  primo grado si è servito e che consistono, principalmente, nelle indicazioni contenute nell’Adunanza Plenaria n.1/2003.

Quest’ultima non ritiene fondata la possibilità dell’autonoma impugnazione delle clausole   “che condizionano, anche indirettamente, la formulazione dell’offerta economica tra le quali anche quelle riguardanti il metodo di gara e la valutazione dell’anomalia….omissis…L’effetto lesivo è, infatti, conseguenza delle operazioni di gara, e delle valutazioni con essa effettuate… omissis…devono pertanto ritenersi impugnabili unitamente all’atto applicativo, le clausole riguardanti i criteri di aggiudicazione, anche se gli stessi sono idonei ad influire sulla determinazione dell’impresa relativa alla predisposizione della proposta economica o tecnica, ed in genere sulla formulazione dell’offerta. L’effetto lesivo  è, infatti, conseguenza delle operazioni di gara, e delle valutazioni con esse effettuate…”.

La pronuncia, muovendo dall’aggiudicazione quale bene della vita, giunge a negare la possibilità di elevare al rango di interesse autonomo la  legittimità della procedura  di gara poiché   “costituisce un aspetto ed un riflesso dell’interesse all’aggiudicazione, ed è anzi quest’ultimo  che può fondare e sostenere il primo, sicchè l’eventuale illegittimità della procedura acquista significato e rilievo soltanto se comporta il diniego di aggiudicazione, in tal modo ledendo definitivamente l’interesse protetto, di cui è titolare il soggetto che ha preso parte alla gara…omissis…L’aggiudicazione costituisce  il bene della vita che l’interessato intende conseguire attraverso la gara; ed è il medesimo che si intende conseguire attraverso la tutela giurisdizionale, nell’ipotesi di illegittimo diniego di aggiudicazione”.

Il  Cons. di Stato, Sez.III n.2014/2017, pur riconoscendo  l’importanza dei principi appena esposti, sottolinea la necessità di adeguarli  ai cambiamenti succedutisi nella disciplina dei contratti pubblici.

Il primo elemento di novità è costituito dalla  nullità,  prevista dal c.1 bis  art.46 d.lgs. n.163/2006,  delle  clausole contenenti ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle disposte dal Codice degli Appalti e dalle leggi vigenti.

La scelta del legislatore si è posta a presidio del favor partecipationis, ossia della massima partecipazione alla procedura di gara.

Tale risultato viene conseguito attraverso la tipizzazione  e la tassatività delle cause di esclusione dalle gare che restringono i margini di  discrezionalità in capo alla Stazione Appaltante.

Segnatamente, viene attribuita dignità normativa al  canone dell’utilità delle clausole in merito al quale è possibile citare Cons.di Stato, sez.VI n.1305/2010: “…la giurisprudenza amministrativa ha sempre costantemente affermato che il canone della <utilità> delle clausole della necessità di evitare inutili  appesantimenti, e di garantire in massimo grado la più ampia partecipazione di offerenti, nell’interesse dell’Amministrazione e purchè non sia alterata la par condicio, costituisca metodo operativo (prima), ed interpretativo (dopo) irrinunciabile…omissis… Orbene: ogniqualvolta la giurisprudenza si è trovata al cospetto di clausole <inutili> o <nocive>, ha sempre postulato , comunque, la necessità di preventiva ed immediata impugnazione delle medesime (anche in assenza di domanda partecipativa, talvolta, allorché esse lasciassero preconizzare un assoluto impedimento alla partecipazione alla gara dell’aspirante)”.

La disciplina esaminata è stata ripresa dall’art.83 c.8  d.lgs. n.50/2016: ”I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono nulle”.

Uno degli aspetti di rilievo della sentenza del Cons. di Stato, Sez.III  n.2014/2017 è rappresentato dal riconoscimento della natura autonoma (sebbene strumentale rispetto a quello all’aggiudicazione)  dell’interesse al corretto svolgimento della gara.

Il percorso logico-giuridico è tracciato dal Collegio esponendo il  mutato assetto  normativo della materia dei contratti pubblici e, di riflesso, del  codice del processo amministrativo.

La pronuncia fa innanzitutto riferimento all’art.211.c.2 del nuovo Codice degli Appalti, che, in vigore al momento della decisione, è stato successivamente abrogato dal d.lgs. n.56/2017.

In base a tale prescrizione,  l’ANAC,  riscontrato un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura di gara, avrebbe dovuto  invitare, tramite una raccomandazione vincolante, la Stazione Appaltante ad esercitare il potere di autotutela. 

La mancata rimozione della illegittimità e dei suoi effetti avrebbe comportato l’irrogazione di una sanzione amministrativa.

Il d.lgs. n.50/2016 ha altresì interessato il processo amministrativo che,  segnatamente, all’art.120 c.2bis recita: “Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa  all’esito  della  valutazione dei      requisiti      soggettivi,      economico-finanziari       e tecnico-professionali va impugnato  nel  termine  di  trenta  giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente  della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1,  del  codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28  gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facolta’ di far valere l’illegittimita’ derivata dei  successivi  atti  delle  procedure  di affidamento, anche con ricorso incidentale. E’ altresi’ inammissibile l’impugnazione della proposta  di  aggiudicazione,  ove  disposta,  e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesività’”.

Obliterando, quindi, il sistema previgente per il quale l’illegittimità della procedura acquistava consistenza nei limiti in cui comportava il diniego di aggiudicazione, l’articolo di che trattasi  prevede l’onere di immediata impugnazione dei provvedimenti ivi indicati

Altro profilo della sentenza in commento meritevole di attenzione è quello  concernente la disciplina dei criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici.

Al fine di cogliere il carattere innovativo delle modifiche apportate dal legislatore, pare opportuno tratteggiare sinteticamente  il contesto all’interno del quale le stesse hanno operato.

Invero, l’art.81 c.1  d.lgs. n.163/2006 sanciva la piena equivalenza e la tassatività  tra i due metodi di aggiudicazione degli appalti, per cui era precluso alle  Stazioni Appaltanti il ricorso ad altri strumenti di selezione.

A tal proposito, giova rammentare come l’AVCP con Determinazione n.5/2008 sia intervenuta in materia: “ … il criterio del prezzo più basso può reputarsi adeguato al perseguimento delle esigenze dall’Amministrazione quando l’oggetto del contratto non sia caratterizzato da un particolare valore tecnologico o si svolga secondo procedure largamente standardizzate; il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa può essere adottato quando le caratteristiche oggettive dell’appalto inducano a ritenere rilevanti, ai fini dell’aggiudicazione, uno o più aspetti qualitativi, quali ad esempio, l’organizzazione del lavoro,  le caratteristiche tecniche dei materiali, l’impatto ambientale, la metodologia utilizzata”.

Attenta dottrina ha scolpito la differenza tra i due criteri di selezione dei contraenti in materia di contratti pubblici, pronunciandosi nei seguenti termini: “L’offerta migliore può essere selezionata con il criterio del prezzo più basso o con quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il criterio del prezzo più basso prende in considerazione esclusivamente la convenienza economica dell’offerta, per cui ha carattere automatico richiedendo per l’individuazione della migliore offerta un semplice raffronto tra cifre.

Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, invece, è maggiormente complesso perché l’offerta è composta non solo dall’elemento prezzo ma anche da altri elementi afferenti ai profili qualitativi della prestazione ed a ciascuno di tali elementi è attribuito un punteggio.

La differenza tra i due criteri, sotto altro angolo visuale, si concreta nella circostanza che in un caso, il criterio del prezzo più basso, l’amministrazione aggiudicatrice compie un mero accertamento tecnico, nel senso che verifica la migliore offerta sulla base di scienze esatte, mentre nell’altro caso, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, esercita la c.d. discrezionalità tecnica, nel senso che la valutazione della migliore offerta postula il riferimento a parametri opinabili.         

Peraltro, in entrambe le ipotesi, la stazione appaltante svolge un’attività amministrativa vincolata in quanto – individuata, per mezzo dell’accertamento tecnico o dell’esercizio di discrezionalità tecnica, la migliore offerta – deve aggiudicare la gara all’operatore economico che ha presentato la stessa…omissis

Le stazioni appaltanti scelgono tra i due criteri quello più adeguato in relazione alle caratteristiche dell’oggetto del contratto in quanto la specificazione del tipo di prestazione richiesta e delle sue caratteristiche peculiari consente di determinare correttamente ed efficacemente il criterio più idoneo all’individuazione della migliore offerta. (1)

Dall’equivalenza  dei due criteri di aggiudicazione discendeva la natura discrezionale della scelta dell’Amministrazione: “Rientra nei poteri discrezionali dell’amministrazione appaltante operare la scelta del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa in base alle caratteristiche dell’appalto, avendo di mira unicamente la garanzia della libera concorrenza e la selezione della migliore offerta (Corte di Giustizia C.E. sent. 7 ottobre 2004, in causa C- 247/02, Cons. St. Sez. IV, 23.settembre 2008, n.4613, Sez. VI, 3 giugno 2009, n. 3404). Da tale principio discende la sindacabilità del criterio prescelto solo in caso di manifesta illogicità, inadeguatezza o travisamento”. (2)

Nella stessa direzione si muoveva la dottrina: ”La scelta del criterio di selezione delle offerte, invece, ha carattere discrezionale e, al pari di ogni altra attività amministrativa discrezionale, deve ritenersi sindacabile per eccesso di potere, nelle sue forme sintomatiche della manifesta illogicità o irragionevolezza”. (3)   

Ai fini della presente disamina è possibile evidenziare come la Corte di Giustizia C.E. sent. 7 ottobre 2004, in causa C- 247/02  abbia   affermato: “35. Si deve rilevare che la direttiva, come emerge dal suo secondo ‘considerando’, mira a garantire lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel settore degli appalti di lavori pubblici (v. sentenze 16 settembre 1999, causa C‑27/98, Fracasso e Leitschultz, Racc. pag. I‑5697, punto 26; 27 novembre 2001, cause riunite C‑285/99 e C‑286/99, Lombardini e Mantovani, Racc. pag. I‑9233, punto 34, e 12 dicembre 2002, causa C‑470/99, Universale-Bau e a., Racc. pag. I‑11617, punto 89) …omissis…

40. Tuttavia, la fissazione da parte del legislatore nazionale, in termini generali ed astratti, di un unico criterio di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici priva le amministrazioni aggiudicatici della possibilità di prendere in considerazione la natura e le caratteristiche peculiari di tali appalti, isolatamente considerati, scegliendo per ognuno di essi il criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza e ad assicurare la selezione della migliore offerta”.

Obiter dicta,  si percepisce come l’estensione della disciplina degli appalti di lavori di cui alla  l.n.109/1994 a quelli di servizi e forniture ad opera dell’art.81 d.lgs. n.163/2006 trovi le sue motivazioni proprio nella sentenza appena citata.

L’entrata in vigore del d.lgs. n.50/2016, disponendo una gerarchia tra i due criteri di aggiudicazione, segna un deciso revirement.

Infatti, l’art.95 c.2 recita: “Nel rispetto dei principi di trasparenza, di  non  discriminazione  e  di parita’ di trattamento, procedono all’aggiudicazione degli appalti  e all’affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell’offerta economicamente piu’  vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualita’/prezzo  o  sulla base dell’elemento prezzo  o  del  costo,  seguendo  un  criterio  di comparazione costo/efficacia  quale  il  costo  del  ciclo  di  vita, conformemente all’articolo 96”.

Quindi,  il metodo principale risulta l’offerta economicamente più vantaggiosa, mentre quello del prezzo più basso, limitato ad ipotesi tassativamente previste, è relegato ad un ruolo secondario.

Il Consiglio di Stato individua, alla luce delle disposizioni sino ad ora  citate, un altro bene della vita ossia “quello della competizione secondo il miglior rapporto qualità prezzo; un bene, cioè, diverso, e dotato di autonoma rilevanza rispetto  all’interesse finale all’aggiudicazione”.

In caso di illegittima scelta del criterio del prezzo più basso la lesione del bene in parola  si realizza in quanto viene violato  “ <il diritto> dell’operatore economico a competere   secondo i criteri predefiniti dal legislatore, nonché a formulare un’offerta che possa validamente rappresentare la qualità delle soluzioni elaborate, e coerentemente aspirare ad essere giudicata  in relazione anche a tali aspetti…" ovvero ” l’interesse del singolo operatore economico a far apprezzare il prodotto e la qualità della propria  organizzazione e dei propri servizi”.

Torna utile ricordare come Tar Lazio, sez.III n.12439/2016, nella stessa prospettiva,  ha condiviso  la tesi per la quale “la scelta del minor prezzo, preclusivo di apprezzamenti su aspetti di tipo qualitativo, influirebbe sulla formulazione dell’offerta, incidendo irrimediabilmente sulle determinazioni dell’impresa, per un verso < costretta  a strutturare la propria offerta non in rapporto alla qualità del servizio > e, per altro  verso, impossibilitata, in ipotesi di aggiudicazione (non avendone l’interesse), < a rimuovere la situazione antigiuridica che l’ha portata a dover praticare ‘un’ prezzo enormemente più basso rispetto  alla qualità del servizio che intende rendere”.

A questo punto, il Collegio afferma l’immediata impugnabilità del bando nella parte in cui adotta illegittimamente il criterio del massimo ribasso, ritenendone sussistenti tutti i presupposti:

1.    l’interesse sostanziale a tutela del quale si agisce, cioè la selezione del contraente sulla base dell’offerta fondata sul rapporto qualità -  prezzo;

2.     l’interesse ad agire, posto che l’annullamento della disposizione porterebbe alla celebrazione della competizione secondo il criterio generale dell’offerta economicamente più vantaggiosa;

3.     l’attualità e la concretezza della lesione.

Da tale ultimo elemento, in particolare, essendo  il  criterio del massimo ribasso stato scelto in assenza dei requisiti previsti dal Codice degli Appalti, deriva l’inutilità dell’attesa del provvedimento di aggiudicazione unitamente al quale contestare la clausola del bando relativa al metodo di selezione del contraente.

Infatti, “l’illegittimità del bando, sub specie del criterio di aggiudicazione, è un prius logico giuridico rispetto alle ammissioni, condizionandole  e rendendole illegittime in via derivata”.

Pertanto, il riconoscimento di un bene della vita affrancato (anche sotto il profilo temporale) dall’interesse all’aggiudicazione, fa sì che il ricorrente non debba dimostrare il nesso causale tra l’illegittima scelta operata nel bando e l’aggiudicazione in favore di terzi,  “costituendo la  violazione delle norme di legge, un sintomo della cattiva organizzazione e gestione della gara e conseguentemente dell’erroneità dei suoi esiti”.

 

LA PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA DI PARTECIPAZIONE ALLA GARA  COME  CONDIZIONE PER L’IMPUGNABILITA’ DEL BANDO.

Le sentenze passate in rassegna non  trattano in maniera esplicita un aspetto importante dell’argomento, ossia l’ammissibilità dell’immediata impugnazione delle clausole del bando in assenza della presentazione della domanda di partecipazione.

Quest’ultima, secondo l’Adunanza   Plenaria n.1/2003, evidenziando  l’interesse concreto all’impugnazione, è da ritenere una  condizione di impugnabilità del bando  perché   “…fa del soggetto che comunque ha provveduto a tale adempimento un destinatario identificato, direttamente inciso dal bando”.   

Sulla stessa posizione si è  collocata la giurisprudenza successiva, secondo la quale la  presentazione della domanda di partecipazione rappresenta un  “evidente indizio della sussistenza di  un concreto ed attuale interesse a ricorrere, poiché …omissis…  denota l’interesse della ditta a partecipare alla  gara e ad avere aggiudicato il servizio “. (4)        

Pertanto, a tale  adempimento veniva riconosciuta la funzione di differenziare la situazione giuridica soggettiva dell’impresa da quella delle altre ditte operanti nel settore, rendendola,  quindi,  meritevole di tutela.

Da tale direzione, si è discostato, seppure  parzialmente, un certo indirizzo pretorio (5)        che ha individuato alcune fattispecie in cui è ammissibile  l’impugnazione delle clausole del bando di gara prescindendo dalla presentazione della richiesta di partecipazione. 

Si fa riferimento, in particolare, alle prescrizioni che, violando gli obblighi di pubblicità del bando, impediscono  la partecipazione di un operatore economico ed alla decisione dell’Amministrazione di indire la gara.

Sul punto è intervenuta nuovamente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n.4/2011 (6) : “…la legittimazione al ricorso deve essere correlata ad una situazione differenziata, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione.

La regola, ormai consolidata, subisce, ora, alcune notevoli deroghe, concernenti, rispettivamente:

-       la legittimazione del soggetto che contrasta, in radice, la scelta della stazione appaltante di indire la procedura;

-       la legittimazione dell’operatore economico di <settore>, che intende contestare  un <affidamento diretto>  o senza gara;

-       la legittimazione dell’operatore che manifesta l’intenzione di impugnare una clausola del bando <escludente>, in relazione alla illegittima previsione di determinati requisiti di qualificazione”.

Viene, dunque, ribadito, con le necessarie ipotesi derogatorie, il principio generale  per il quale un operatore economico non può chiedere l’annullamento del  bando di una gara alla quale non partecipa, costituendo la stessa  una res inter alios acta. 

Tuttavia, perseguendo l’obiettivo di garantire l’effettiva concorrenza, si assiste ad un ampliamento dell’alveo nel quale ricondurre le fattispecie relative alle clausole escludenti di cui innanzi le quali “…non sono  e non possono essere esclusivamente quelle afferenti ai requisiti soggettivi, posto che possono darsi…omissis…casi nei quali tale effetto si realizza attraverso la configurazione di caratteristiche oggettive, attinenti alla formulazione dell’offerta, sia sul piano tecnico che economico, che realizzano un effetto egualmente impeditivo, sicchè la concorrente non può e non deve essere costretta a presentare un’offerta inesorabilmente destinata all’esclusione solo per soddisfare formalisticamente l’onere di impugnare quest’ultima o l’approvazione della graduatoria…”. (7)       

          Dott.Nicola Andriulli

 

 

1.    Valutazione delle offerte e verifica delle anomalie, Roberto Caponigro in www.giustamm.it, 2011

2.    Consiglio di Stato, sez.V n.8408/2010.

3.    Roberto Caponigro , cit.

4.    Ex multis: TAR Palermo , sez.III, n.290/2008.

5.    Cons. di Stato, sez.V, n.4059/2008.

6.    In questi termini : Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato  n.9/2014.

7.    Cons. di Stato, sez.III n.491/2015;  in questi termini anche Cons. di Stato, sez.IV, n.4180/2016.