Cons. Stato, Sez. VI, ord. 11 aprile 2017, n. 1690

Il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia dell'Ue le seguenti questioni pregiudiziali relative alle compatibilità con la disciplina normativa dell’Unione europea della stipulazione di un accordo quadro laddove:

  1. un'amministrazione aggiudicatrice agisca per essa stessa e per altre amministrazioni aggiudicatrici specificamente indicate, le quali però non partecipino direttamente alla sottoscrizione dell'accordo quadro stesso

b.1.) e non sia puntualmente determinata la quantità delle prestazioni che potranno essere richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici non firmatarie all'atto della conclusione da parte loro degli accordi successivi previsti dall'accordo quadro medesimo;

b.2.) oppure la quantità delle prestazioni che potranno essere richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici non firmatarie all'atto della conclusione da parte loro degli accordi successivi previsti dall'accordo quadro medesimo sia determinata mediante il riferimento al loro ordinario fabbisogno.

In senso conforme: Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 11 febbraio 2014 n.664, Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 4 febbraio 2016 n.442, Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 20 ottobre 2016 n.4387.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 9816 del 2016, proposto da:

 

Autorita' garante della concorrenza e del mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

contro

Azienda Socio-Sanitaria Territoriale della Vallecamonica - Sebino, Azienda Socio-Sanitaria Territoriale del Garda non costituiti in giudizio;

 

nei confronti di

Markas Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Franco Gaetano Scoca, Pietro Adami, Ignazio Tranquilli, con domicilio eletto presso lo studio Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello 55;

Coopservice S.c. a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Messico, 7;

 

sul ricorso numero di registro generale 9837 del 2016, proposto da:

Coopservice S. coop. a r. l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio eletto presso lo studio Pierpaolo Salvatore Pugliano in Roma, largo Messico, 7;

 

contro

ASST - Azienda Socio-Sanitaria Territoriale della Valcamonica, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Vincenzo Avolio, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

 

nei confronti di

ASST Garda - Azienda Socio-Sanitaria Territoriale del Garda, ATI - Zanetti Arturo & C. Srl e in proprio, Regione Lombardia non costituiti in giudizio;

Markas Srl in proprio e quale capogruppo mandataria ATI, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Ignazio Tranquilli, Franco Gaetano Scoca, Pietro Adami, con domicilio eletto presso lo studio Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello 55;

Autorita' garante della concorrenza e del mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

per la riforma

della sentenza del TAR Lombardia, sezione distaccata di Brescia, sezione I 7 novembre 2016 n.1449, resa fra le parti, con la quale sono stati riuniti e respinti i ricorsi nn. 195/2016 e 616/2016, proposti:

1)         quanto al ricorso 195/2016, per l’annullamento, a) del decreto 30 dicembre 2015 n.1158 del direttore dell’ASST Valcamonica Sebino, di adesione per il periodo dal 1 febbraio 2016 al 15 febbraio 2021 al contratto di sanificazione ambientale nonché di raccolta e smaltimento rifiuti stipulato nel 2012 dall’ASST del Garda con il raggruppamento temporaneo – RTI tra la Markas S.r.l. e la Zanetti Arturo S.r.l. ; b) del decreto 4 novembre 2011 n.828 del direttore dell’ASST del Garda, di definitiva aggiudicazione del servizio al RTI citato per 108 mesi dal 16 febbraio 2012 al 15 febbraio 2021; c) del capitolato speciale della gara, nella parte in cui prevede la clausola di adesione, ovvero la facoltà di estensione del contratto ad altre strutture sanitarie; d) del richiamato accordo interaziendale; e) della deliberazione 23 dicembre 2014 n. X/2989 della Giunta regionale della Lombardia, nella parte in cui indirizza verso le gare con clausola di adesione; e per la declaratoria di inefficacia del contratto stipulato a seguito dell’adesione;

2)         quanto al ricorso 616/2016: a) del decreto 1158/2016 del direttore dell’ASST Valcamonica Sebino sopra citato; b) del capitolato speciale sopra citato; c) della nota congiunta delle ASST Valcamonica e Garda, di non adesione al parere dell’Antitrust sull’inammissibilità della clausola di adesione;

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Markas Srl, della Coopservice S.c. a r.l., della ASST - Azienda Socio-Sanitaria Territoriale della Valcamonica, nonché della Autorita' garante della concorrenza e del mercato - Antitrust;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2017 il Cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Barbara Tidore e gli avvocati Franco Gaetano Scoca, Pietro Adami, Pierpaolo Pugliano ed Emanuele Tomasicchio in delega dell'avv. Vincenzo Avolio;

 

1. PREMESSA IN FATTO

1.         Le Aziende socio sanitarie territoriali –ASST nell’ordinamento italiano sono gli enti, dipendenti dalle Regioni, i quali assicurano in concreto l’assistenza ai cittadini nell’ambito del Servizio sanitario nazionale – SSN.

Tali aziende rientrano, in via del tutto pacifica, fra le amministrazioni aggiudicatrici e sono quindi tenute, in linea di principio, a ricorrere alle pubbliche gare per procurarsi sul mercato, tipicamente concludendo contratti di appalto, i beni e i servizi di cui necessitano per svolgere la loro attività.

Ciò avveniva all’epoca dei fatti di causa secondo l’allora vigente d. lgs. 12 aprile 2006 n.163, attuativo delle direttive 2004/17/UE e 2004/18/UE, avviene ora ai sensi del d. lgs 18 aprile 2006 n.50, di attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE che hanno sostituito le precedenti, ma sono ispirate ai medesimi principi.

2.         Come è noto, in Italia le ASST sono altresì fra i più importanti centri di spesa pubblica. Per ragioni di bilancio, il legislatore ha allora approvato una serie di interventi volti a contenere i relativi costi, e in particolare ha promosso l’acquisto di beni e servizi in forma associata, sul presupposto che ciò possa garantire economie di scala.

3.         In proposito, anzitutto è intervenuto il legislatore nazionale con l’art. 1 comma 449 della l. 27 dicembre 2006 n.296, successivamente modificato e integrato, e con l’art. 1 comma 3 del d.l. 6 luglio 2012 n.95, convertito nella l. 7 agosto 2012 n.135, norme le quali, come meglio si vedrà, hanno reso obbligatorio anche per gli enti del SSN, salve eccezioni molto limitate, l’acquisto attraverso centrali di committenza.

Il riferimento è all’istituto corrispondente, previsto all’epoca dei fatti di causa dagli artt. 3 comma 13 e 33 del d. lgs. 163/2006, e ora dagli artt. 3 comma 1 lettera i) e 37 del d. lgs. 50/2016, di contenuto sostanzialmente identico.

4.         Sempre il legislatore nazionale, con l’art. 1 comma 12 e del citato d.l. 95/2012, ha introdotto una norma ulteriore che consente, senza passare per una nuova procedura di gara e sempre con l’intento di realizzare un risparmio, una successiva modifica migliorativa delle condizioni di contratto stabilite attraverso la gara iniziale.

5.         Lo stesso legislatore, nello specifico settore sanitario, sempre con il fine di contenere la spese, ha anche previsto, all’art. 15 comma 13 lettera b) dello stesso d.l. 95/2012, che un contratto di fornitura di beni o servizi eccessivamente oneroso, nei termini che la norma precisa, si possa rescindere, e che nel caso di rescissione i possa stipulare, anche qui senza nuova gara, un contratto nuovo le cui condizioni sono determinate in base al contratto in essere con altre aziende.

6.         Nel caso di specie, rilevano anche le norme introdotte dal legislatore regionale della Lombardia, il quale, con l’art. 3 comma 7 della l.r. 19 maggio 1997 n.14, ha ribadito l’obbligo per tutta l’amministrazione regionale di servirsi di modalità di acquisto centralizzate, e in particolare della centrale acquisti regionale; con la deliberazione della Giunta regionale 6 dicembre 2011 n. 2633 ha parimenti imposto alle aziende sanitarie di aderire alle aggregazioni di domanda, e in particolare, ancora una volta, di servirsi delle centrali acquisti.

7.         Ciò premesso, l’AAST di Desenzano del Garda -alla quale è poi subentrata l’AAST Garda ora parte del processo- con decreto del proprio direttore generale 4 novembre 2011 n.828, ha aggiudicato ad un raggruppamento temporaneo di imprese – RTI, composto dalle controinteressate appellate, una procedura ristretta relativa ai servizi di sanificazione ambientale, raccolta e smaltimento dei rifiuti per un periodo di 108 mesi (doc. 2 ricorrente in primo grado in ricorso 195/2016 R.G., provvedimento citato).

8.         Nel capitolato relativo al servizio affidato, l’ASST Desenzano ha previsto, al § 5 una clausola rubricata “Estensione del contratto”, con lo scopo appunto di attuare un’aggregazione di domanda quale auspicata dalle norme descritte

Detta clausola richiama anzitutto un accordo, sottoscritto fra l’azienda aggiudicante ed altre aziende ospedaliere, di seguito indicate, al fine di “attivare modalità di acquisto a livello aggregato” in attuazione dei principi sanciti dal Piano sanitario regionale 2002-2004 e dalle correlate deliberazioni della Giunta regionale lombarda, puntualmente citate, conformi a loro volta alle norme citate sopra, le quali “auspicano forme consorziate di acquisto fra gli enti del servizio sanitario regionale”.

La clausola richiama ancora, senza citarle, successive delibere della Giunta, le quali “pongono l’accento su gare aziendali aperte ad adesioni successive”. Ciò posto, in base all’accordo citato, stabilisce che “ai soggetti individuati come aggiudicatari” della procedura “potrà essere chiesto di estendere l’appalto anche ad una o più delle aziende avanti indicate”.

La clausola prosegue individuando la durata dell’estensione, pari alla residua durata del periodo contrattuale di cui alla gara originaria, consente a ciascuna azienda una sola adesione “alle medesime condizioni dell’aggiudicazione in argomento”, precisa che l’aggiudicatario non ha obbligo di accettare la richiesta di estensione e che la stessa darà luogo ad un “rapporto contrattuale autonomo”, distinto da quello oggetto di aggiudicazione. In chiusura, contiene l’elenco delle aziende beneficiarie della clausola di estensione, fra le quali l’Azienda sanitaria locale Valcamonica- Sebino, ora denominata Azienda socio sanitaria territoriale - ASST della Valcamonica, attuale appellata (doc. 3 ricorrente in primo grado in ricorso 195/2016 R.G., capitolato citato).

9.         Con decreto del direttore generale 30 dicembre 2015 n.1158, la ASST Valcamonica ha effettivamente esercitato la facoltà di adesione di cui alla clausola descritta, per il periodo dal 1 febbraio 2016 al 15 febbraio 2021, e quindi per tale periodo ha concluso un contratto per l’appalto dei propri servizi di pulizia senza procedere ad una gara ulteriore rispetto a quella già esperita in origine dalla ASST Desenzano (doc. 1 ricorrente in primo grado in ricorso 195/2016 R.G., provvedimento citato).

10.       Contro tale decreto, e contro gli atti ulteriori indicati in epigrafe, sono state proposti in primo grado due distinti ricorsi: il primo da parte del gestore uscente, imprenditore del settore, rubricato al n.195/2016 R.G.; il secondo da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato – AGCOM, in base alla legittimazione straordinaria conferitale dall’art. 21 bis della l. 10 ottobre 1990 n.287, rubricato al n.616/2016 R.G.

11.       Con la sentenza indicata in epigrafe, il Giudice di primo grado ha riunito i ricorsi per connessione e li ha respinti entrambi, ritenendo in sintesi estrema legittima la clausola di estensione descritta.

12.       Contro tale sentenza, sono stati proposti due distinti appelli, riuniti da questo Giudice all’esito della pubblica udienza del giorno 9 marzo 2017, in quanto proposti contro la stessa sentenza.

13.       Il primo appello, rubricato al n.9816/2016 R.G. è stato proposto dall’AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO – ANTITRUST (AGCM); il secondo appello, rubricato al n.9837/2016 R.G, è stato proposto dal gestore uscente; entrambi, in sintesi estrema, criticano la sentenza impugnata ritenendo che, in base alle norme di principio in materia di pubbliche gare, l’adesione della ASST Valcamonica al contratto già stipulato comporti un affidamento diretto in violazione delle norme europee e nazionali sulla concorrenza nelle pubbliche gare.

14.       Hanno resistito all’appello l’amministrazione intimata ASST Valcamonica e la controinteressata appellata.

15.       Quest’ ultima in particolare, con la memoria difensiva unica depositata il 21 febbraio 2017, ha chiesto che le impugnazioni siano respinte, ritenendo che l’operazione contrattuale per cui è causa sia invece consentita in base ad una corretta interpretazione della norma sull’accordo quadro di cui all’art. 33 della direttiva 2014/24/UE; ha pertanto chiesto di sollevare questione pregiudiziale sull’interpretazione della norma stessa avanti a questa Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFU.

16.       Ai sensi del medesimo art. 267 comma 3 TFU, questo Giudice è “giurisdizione nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno”, e pertanto solleva la questione stessa nei termini che seguono.

17.       Nel fare ciò, questo stesso Giudice precisa di considerare in linea di principio allo stato corretta, per quanto si dirà in prosieguo, la qualificazione del contratto complessivo per cui è causa come “accordo quadro”, qualificazione operata come si è visto, dalla controinteressata appellata.

 

2. NORMATIVA DELL’UNIONE EUROPEA

1.         All’epoca dei fatti, la normativa nazionale applicabile era ancora quella di attuazione della direttiva 2004/18/UE, dalla quale pertanto anzitutto si argomenta.

2.         Per quanto qui interessa, tale direttiva, all’art. 1 comma 2 lettera d) definisce “appalti pubblici di servizi” gli “appalti diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all'allegato II”, il quale prevede a sua volta, ai numeri 13 e 16, i servizi di pulizia e di smaltimento rifiuti per i quali è causa.

3.         Sempre la direttiva 2004/18/UE, all’art. 1 comma 9, annovera, come è noto, fra le “amministrazioni aggiudicatrici” ogni “organismo di diritto pubblico”, ovvero quell’organismo che sia “a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, b) dotato di personalità giuridica, e c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”. In tal senso, le ASST sono organismi di diritto pubblico, per quanto si dirà più avanti a proposito della normativa nazionale.

4.         La stessa direttiva 2004/18/UE prevedeva in generale all’art. 28 comma 1 che “Per aggiudicare gli appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici applicano le procedure nazionali adattate ai fini della presente direttiva”, e al successivo comma 2 che “Esse aggiudicano tali appalti pubblici mediante procedura aperta o mediante procedura ristretta. Alle condizioni specifiche espressamente previste all'articolo 29 le amministrazioni aggiudicatrici possano aggiudicare gli appalti pubblici mediante il dialogo competitivo. Nei casi e alle condizioni specifiche espressamente previsti agli articoli 30 e 31, esse possono ricorrere a una procedura negoziata, con o senza pubblicazione del bando di gara.” La direttiva esprimeva quindi in tal modo il principio per cui gli appalti pubblici, e in particolare gli appalti di servizi come quello per cui è causa, si affidano mediante pubblica gara.

5.         Infine, la direttiva 2004/18/UE all’art. 2 comma 5 prevedeva l’istituto dell’“accordo quadro”, e lo definisce “accordo concluso tra una o più amministrazioni aggiudicatrici e uno o più operatori economici e il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste.”.

6.         Al successivo art. 32, la direttiva 2004/18/UE disciplinava nei particolari l’accordo quadro. Dell’articolo in questione, rilevano ai fini di causa anzitutto il generale comma 1, per cui “Gli Stati membri possono prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di concludere accordi quadro.”. Rileva poi il successivo comma 2: “Ai fini della conclusione di un accordo quadro, le amministrazioni aggiudicatrici seguono le regole di procedura previste dalla presente direttiva in tutte le fasi fino all'aggiudicazione degli appalti basati su tale accordo quadro. Le parti dell'accordo quadro sono scelte applicando i criteri di aggiudicazione definiti ai sensi dell'articolo 53. Gli appalti basati su un accordo quadro sono aggiudicati secondo le procedure previste ai paragrafi 3 e 4. Tali procedure sono applicabili solo tra le amministrazioni aggiudicatrici e gli operatori economici inizialmente parti dell'accordo quadro. In sede di aggiudicazione degli appalti pubblici basati su un accordo quadro le parti non possono in nessun caso apportare modifiche sostanziali alle condizioni fissate in tale accordo quadro, in particolare nel caso di cui al paragrafo 3. La durata di un accordo quadro non può superare i quattro anni, salvo in casi eccezionali debitamente motivati, in particolare dall'oggetto dell'accordo quadro. Le amministrazioni aggiudicatrici non possono ricorrere agli accordi quadro in modo abusivo o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza.”.

7.         Come accennato, il Collegio ritiene che sia questa la norma applicabile nel caso di specie. La normativa sulla centrale di committenza, pure richiamata nella sentenza impugnata (motivazione, §11), rinvia ad una situazione in cui un unico soggetto, appunto la centrale di committenza, conclude un unico contratto con un operatore economico, e successivamente, con un’attività essenzialmente interna, ripartisce i beni o servizi acquistati alle altre amministrazioni per conto delle quali agisce. L’operazione contrattuale è però unica, e non prevede adesioni successive.

8.         L’accordo quadro, pure richiamato nella sentenza impugnata (motivazione, § 11) rimanda invece ad un’operazione contrattuale duplici: vi è dapprima l’accordo quadro propriamente detto, che fissa le condizioni di successivi contratti ancora da concludere; vi sono poi i singoli accordi, esecutivi dell’accordo fondamentale.

9.         In questi termini, la peculiarità della figura, descritta dagli artt. 2 comma 5 e 32 comma 2 della direttiva, sta anzitutto nel fatto che gli operatori economici parte dell’accordo quadro sono scelti, ordinariamente, mediante pubblica gara, mentre una gara non è necessaria per concludere gli accordi esecutivi dell’accordo quadro con l’operatore economico che sia unico contraente di esso.

10.       Rileva in tal senso il comma 3 dell’art. 32, per cui: “Quando un accordo quadro è concluso con un solo operatore economico, gli appalti basati su tale accordo quadro sono aggiudicati entro i limiti delle condizioni fissate nell'accordo quadro”, senza appunto una nuova gara.

11.       La seconda particolarità è poi data dall’inciso contenuto nell’art. 2 comma 5, per cui l’accordo quadro individua sempre le persone dei contraenti, ma solo “se del caso” le quantità dell’oggetto contrattuale. Ciò all’evidenza consente che i contratti esecutivi dell’accordo abbiano un contenuto che non si ritrova già all’origine nell’accordo a monte.

12.       La fattispecie concreta per cui è causa si qualifica allora, allo stato, come un accordo quadro concluso dall’ASST capofila per sé e per le altre aziende indicate nella descritta clausola di estensione, senza che sia indicata all’origine la quantità, ovvero la precisa entità del servizio, di cui queste ultime aziende potranno necessitare.

13.       Il diritto nazionale, nei termini che si vedranno oltre, consente infatti pacificamente di configurare le aziende indicate nella clausola di estensione come contraenti dell’accordo quadro, in termini di loro rappresentanza da parte dell’azienda capofila.

14.       La direttiva 2004/18/UE, come si è detto, è rimasta in vigore sino al 16 aprile 2014, ovvero fino a data precedente a quella dei fatti di causa.

15.       Dalla data indicata, è stata sostituita dall’attualmente vigente direttiva 2014/24/UE, che per quanto interessa ha contenuti identici.

16.       Nell’ordine, la definizione di “appalti pubblici di servizi” si trova all’art. 1 punto 9), nel senso di “appalti pubblici aventi per oggetto la prestazione di servizi diversi da quelli di cui al punto 6)”, punto quest’ultimo che non riguarda la pulizia e lo smaltimento rifiuti oggetto dell’appalto per cui è causa.

17.       Le definizioni di amministrazione aggiudicatrice e di organismo di diritto pubblico sono identiche a quelle contenute nella previgente direttiva 2004/18/UE e si ritrovano nell’art. 1 rispettivamente ai numeri 1) e 4).

18.       Il principio generale per cui i pubblici appalti si aggiudicano mediante gara è contenuto nel primo comma dell’art. 26 comma 1, per cui la previa pubblicazione del bando è regola: “Nell’aggiudicazione di appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici applicano le procedure nazionali adattate in modo da essere conformi alla presente direttiva, a condizione che, fatto salvo il disposto dell’articolo 32, sia stato pubblicato un avviso di indizione di gara conformemente alla presente direttiva.” Per completezza, si aggiunge che l’art. 32 non riguarda in alcun modo le procedure come quella per cui è causa.

19.       Infine, nella direttiva vigente, la disciplina dell’accordo quadro, per quanto interessa identica alla previgente, è raccolta nell’art. 33. Di esso, sono pertinenti al caso di specie i primi tre commi. Il comma 1 recita: “Le amministrazioni aggiudicatrici possono concludere accordi quadro, a condizione che applichino le procedure di cui alla presente direttiva. Per «accordo quadro» s’intende un accordo concluso tra una o più amministrazioni aggiudicatrici e uno o più operatori economici allo scopo di definire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste. La durata di un accordo quadro non supera i quattro anni, salvo in casi eccezionali debitamente motivati, in particolare dall’oggetto dell’accordo quadro.”.

20.       Il comma 2 dispone: “Gli appalti basati su un accordo quadro sono aggiudicati secondo le procedure previste al presente paragrafo e ai paragrafi 3 e 4. Tali procedure sono applicabili solo tra le amministrazioni aggiudicatrici chiaramente individuate a tal fine nell’avviso di indizione di gara o nell’invito a confermare interesse e gli operatori economici parti dell’accordo quadro concluso. Gli appalti basati su un accordo quadro non possono in nessun caso comportare modifiche sostanziali alle condizioni fissate in tale accordo quadro, in particolare nel caso di cui al paragrafo 3.”

21.       Il comma 3 infine dispone: “Quando un accordo quadro è concluso con un solo operatore economico, gli appalti basati su tale accordo quadro sono aggiudicati entro i limiti delle condizioni fissate nell’accordo quadro.”

22.       Questo Giudice precisa infine di considerare rilevante ai fini del decidere il disposto di entrambe le direttive citate, ovvero tanto della direttiva 2004/18/UE quanto della direttiva 2014/24/UE.

Entrambe infatti rilevano ai fini della corretta interpretazione delle norme nazionali applicabili, che come si vedrà sono state emanate in attuazione della prima e sono rimaste vigenti dopo l’emanazione della seconda.

 

3.         NORMATIVA NAZIONALE

1.         Nell’ordine della trattazione di cui sopra, le AAST sono previste dall’art. 3 del d. lgs. 30 dicembre 1992 n.502, che al comma 1 prevede: “Le regioni, attraverso le unità sanitarie locali, assicurano i livelli essenziali di assistenza…” e al successivo comma 1 bis aggiunge che “In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti da disposizioni regionali.”

2.         Trattandosi di enti subregionali, incaricati di soddisfare un esigenza di pacifico interesse generale e di carattere né industriale né commerciale come è l’assistenza sanitaria, le ASST sono allora pacificamente qualificabili come organismi di diritto pubblico, ai sensi dell’art. 3 comma 26 del d. lgs. 12 aprile 2006 n.163, che riproduce sul punto le sopra citate norme europee: “L'«organismo di diritto pubblico» è qualsiasi organismo, anche in forma societaria: - istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; - dotato di personalità giuridica; - la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.

3.         Lo stesso d. lgs. 163/2006 obbligava quindi gli enti in questione a procedere mediante pubbliche gare per affidare gli appalti necessari a svolgere le loro funzioni. Norma rilevante era anzitutto quella dell’art. 3 comma 10, conforme alle norme europee sopra citate, per cui “Gli «appalti pubblici di servizi» sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture, aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all’allegato II”, che faceva menzione espressa delle pulizie e dello smaltimento dei rifiuti ai numeri 14 e 16.

4.         A sua volta, il principio della pubblica gara era stabilito dall’art. 54 comma 1 dello stesso decreto, anch’esso conforme alle norme europee descritte sopra: “Per l'individuazione degli operatori economici che possono presentare offerte per l'affidamento di un contratto pubblico, le stazioni appaltanti utilizzano le procedure aperte, ristrette, negoziate, ovvero il dialogo competitivo, di cui al presente codice”.

5.         Infine, l’istituto dell’accordo quadro, per quanto qui rileva, era definito dall’art. 3 comma 13 del decreto, “L'«accordo quadro» è un accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici e il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste.”

6.         Il suo funzionamento, nel caso che interessa, in cui esso è concluso con un solo operatore economico, era poi descritto dall’art. 59 commi 2, 3 e 4: “Ai fini della conclusione di un accordo quadro, le stazioni appaltanti seguono le regole di procedura previste dalla presente parte in tutte le fasi fino all'aggiudicazione degli appalti basati su tale accordo quadro. Le parti dell'accordo quadro sono scelte applicando i criteri di aggiudicazione definiti ai sensi degli articoli 81 e seguenti (comma 2). Gli appalti basati su un accordo quadro sono aggiudicati secondo le procedure previste ai commi 4 e 5. Tali procedure sono applicabili solo tra le stazioni appaltanti e gli operatori economici inizialmente parti dell'accordo quadro. In sede di aggiudicazione degli appalti pubblici basati su un accordo quadro le parti non possono in nessun caso apportare modifiche sostanziali alle condizioni fissate in tale accordo quadro, in particolare nel caso di cui al comma 4 (comma 3) Quando un accordo quadro è concluso con un solo operatore economico, gli appalti basati su tale accordo quadro sono aggiudicati entro i limiti delle condizioni fissate nell'accordo quadro. Per l'aggiudicazione di tali appalti, le stazioni appaltanti possono consultare per iscritto l'operatore parte d quadro, chiedendogli di completare, se necessario, la sua offerta (comma 4)”. In base a tali norme, era allora (ed oggi in base all’art. 54 del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) quindi di per sé possibile aggiudicare senza una gara ulteriore i contratti successivi, basati sull’originario accordo quadro.

7.         Le norme nazionali che consentono, in generale, ai soggetti dell’ordinamento di contrattare per altri, sono quelle sulla rappresentanza contenute nel codice civile. Rilevano in particolare gli articoli 1388, per cui “Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato”, e 1398, per cui nel caso di contratto concluso senza poteri “il contratto può essere ratificato dall’interessato, con l’osservanza delle forme prescritte per la conclusione di esso”.

8.         In base alle citate norme sulla rappresentanza, quindi, una azienda capofila, come nel caso presente, può concludere un accordo quadro vincolante anche per altre aziende, che siano indicate alla stipula, sia previo loro incarico, sia in mancanza di esso. Nel secondo caso, infatti, le aziende non firmatarie che intendessero perfezionare un contratto successivo basato sull’accordo quadro procederebbero per ciò solo alla ratifica di esso.

9.         Le norme, citate nella prima parte, che esprimono un favore per il ricorso alle procedure di gara centralizzate sono poi le seguenti.

10.       Viene per primo in questione l’art. 1 comma 449 ultima parte della l. n.296/2006, per cui “Gli enti del Servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro stipulate da Consip S.p.A.”

11.       L’art. 1 comma 12 e del d.l. 95/2012 a sua volta dispone: “L'aggiudicatario delle convenzioni stipulate da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali ai sensi dell’articolo 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 può offrire a Consip S.p.A. e alle centrali di committenza regionali, nel corso della durata della rispettiva convenzione e dei relativi contratti attuativi, una riduzione delle condizioni economiche previste nella convenzione che troverà applicazione nei relativi contratti attuativi stipulati e stipulandi a far data da apposita comunicazione che Consip S.p.A. e le centrali di committenza pubblicano sui relativi portali previa verifica dell'effettiva riduzione.”

12.       L’art. 15 comma 13 lettera b) dello stesso d.l. 95/2012 prevede ancora che “all'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, il quarto e il quinto periodo sono sostituiti dai seguenti: «Qualora sulla base dell'attività di rilevazione di cui al presente comma, nonché sulla base delle analisi effettuate dalle Centrali regionali per gli acquisti anche grazie a strumenti di rilevazione dei prezzi unitari corrisposti dalle Aziende Sanitarie per gli acquisti di beni e servizi, emergano differenze significative dei prezzi unitari, le Aziende Sanitarie sono tenute a proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti che abbia l'effetto di ricondurre i prezzi unitari di fornitura ai prezzi di riferimento come sopra individuati, e senza che ciò comporti modifica della durata del contratto. In caso di mancato accordo, entro il termine di 30 giorni dalla trasmissione della proposta, in ordine ai prezzi come sopra proposti, le Aziende sanitarie hanno il diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a carico delle stesse, e ciò in deroga all'articolo 1671 del codice civile. Ai fini della presente lettera per differenze significative dei prezzi si intendono differenze superiori al 20 per cento rispetto al prezzo di riferimento. Sulla base dei risultati della prima applicazione della presente disposizione, a decorrere dal 1º gennaio 2013 la individuazione dei dispositivi medici per le finalità della presente disposizione è effettuata dalla medesima Agenzia di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, sulla base di criteri fissati con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente a parametri di qualità, di standard tecnologico, di sicurezza e di efficacia. Nelle more della predetta individuazione resta ferma l'individuazione di dispositivi medici eventualmente già operata da parte della citata Agenzia. Le aziende sanitarie che abbiano proceduto alla rescissione del contratto, nelle more dell'espletamento delle gare indette in sede centralizzata o aziendale, possono, al fine di assicurare comunque la disponibilità dei beni e servizi indispensabili per garantire l'attività gestionale e assistenziale, stipulare nuovi contratti accedendo a convenzioni-quadro, anche di altre regioni, o tramite affidamento diretto a condizioni più convenienti in ampliamento di contratto stipulato da altre aziende sanitarie mediante gare di appalto o forniture.” Si prevede quindi, come accennato, un caso ulteriore di affidamento diretto.

13.       Da ultimo, l’art. 3 comma 7 della l.r. Lombardia 19 maggio 1997 n.14 incentiva, come si è detto, il ricorso alla committenza centralizzata, e prevede che “Le procedure di acquisto sono esperite anche attraverso l'utilizzo di sistemi e strumenti telematici, come previsti dalla normativa nazionale, ovvero mediante il ricorso a infrastrutture tecnologiche appositamente predisposte, nonché avvalendosi di modalità centralizzate di acquisto, ivi compresa la centrale regionale acquisti istituita ai sensi dell'articolo 33 del d. lgs. n. 163/2006 e dell'articolo 1, comma 455 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato "legge finanziaria 2007") nel rispetto dei principi di tutela della riservatezza e della concorrenza, di semplificazione, trasparenza ed economicità dell'azione amministrativa, nonché di parità di trattamento dei partecipanti.”.

 

4.         ILLUSTRAZIONE DEI MOTIVI DEL RINVIO PREGIUDIZIALE

1.         Vi sono dubbi sulla compatibilità della sopra citata normativa nazionale con il diritto dell’Unione. Secondo il Giudice di primo grado, infatti, tale normativa consente senz’altro di stipulare un accordo quadro con le caratteristiche indicate, che ora si riassumono. In primo luogo, tale accordo è concluso con un dato operatore economico da una sola amministrazione aggiudicatrice, la quale agisce per sé e per altre amministrazioni aggiudicatrici, che sono indicate nell’accordo stesso, ma non partecipano direttamente alla sua conclusione. In secondo luogo, tale accordo non indica espressamente la quantità delle prestazioni che potranno essere richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici non firmatarie all’atto della conclusione da parte loro degli accordi successivi previsti dall’accordo quadro medesimo, se pure tale quantità potrebbe essere prevista ritenendo implicito il riferimento all’ordinario fabbisogno delle amministrazioni stesse.

2.         Argomento ulteriore a sostegno di tale interpretazione è la normativa, pure ricostruita, di favore nei confronti della centralizzazione delle gare, poiché indubbiamente in tal modo viene stipulata una sola gara, quella relativa all’accordo quadro stesso, là dove ordinariamente ne sarebbe richiesta una per ciascuna amministrazione interessata.

3.         Peraltro, è dubbio se l’interpretazione in parola sia consentita in base al disposto delle norme europee, che si limitano ad affermare che l’accordo quadro indica “se del caso” le quantità delle prestazioni richieste.

4.         Non constano orientamenti della Corte di Giustizia sul punto specifico (l’unico precedente della Corte di Giustizia UE sugli accordi quadro è la sentenza (Quarta Sezione) 5 marzo 1991 causa C-330/88).

5.         La questione è evidentemente rilevante ai fini della decisione del giudizio a quo, perché solo ove l’interpretazione del Giudice di primo grado fosse corretta l’atto impugnato sarebbe legittimo, e i ricorsi dovrebbero essere respinti. Viceversa, se si ritenesse che in ogni caso l’accordo quadro debba determinare con specificità i servizi che verranno richiesti negli accordi successivi ad esso conformi, i ricorsi andrebbero accolti, con annullamento degli atti impugnati.

6.         La rilevanza della questione permane anche nel momento attuale, in cui il d. lgs. 163/2006 non è più in vigore, abrogato dal d. lgs. 18 aprile 2016 n.50, attuativo della direttiva 2014/24/UE.

7.         Nell’ordinamento italiano vige infatti il principio tempus regit actum, per cui la legittimità di un provvedimento amministrativo va accertata con riferimento allo stato di fatto e, per quanto qui interessa, alle norme di diritto esistenti al momento della sua emanazione: così per tutte, da ultimo C.d.S. sez. IV 10 febbraio 2017 n.576. In altri termini, le norme abrogate non vengono eliminate dall’ordinamento, ma continuano a disciplinare una serie potenzialmente definita di fatti passati, anziché un numero indeterminato di fatti futuri. Il ricorso quindi va deciso applicando le norme abrogate, la cui interpretazione resta rilevante.

 

5.         PUNTO DI VISTA DEL GIUDICE DEL RINVIO

1.         Questo Giudice ha affrontato la questione nelle sentenze 11 febbraio 2014 n.664 della Quinta Sezione, 4 febbraio 2016 n.442 della Terza Sezione e 20 ottobre 2016 n.4387 sempre della Terza Sezione, quest’ultima relativa ad un distinto caso di adesione al medesimo accordo quadro per cui è processo.

2.         In tutti i casi, questo Giudice ha ritenuto necessario, ai fini della validità dell’accordo quadro, che la clausola di estensione in esso contenuta sia determinata sia sotto l’aspetto soggettivo, e quindi ha richiesto che essa indichi in modo specifico gli enti i quali se ne potrebbero avvalere, sia sotto l’aspetto oggettivo, nel senso di prevedere il “valore economico”, come afferma la sentenza 664/2014, della possibile estensione, anche nei termini di un importo massimo.

3.         In sintesi estrema, si ritiene infatti che la contraria opinione legittimerebbe una serie indefinita di affidamenti diretti, che negherebbero i principi fondamentali di diritto europeo dell’affidamento mediante gara dei pubblici appalti e della concorrenza che in tal modo si garantisce.

4.         Tale orientamento, si osserva, porterebbe a offrire un’interpretazione restrittiva dell’inciso per cui l’accordo quadro determina “se del caso” le prestazioni, nel senso che una determinazione potrebbe essere omessa solo se le prestazioni stesse fossero determinate o determinabili in modo chiaro ed univoco in base alla situazione di fatto o di diritto che le parti dell’accordo hanno presente, pur non avendola trasfusa nel contenuto dell’accordo.

 

6. FORMULAZIONE DEI QUESITI E RINVIO ALLA CORTE

1.         In conclusione, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale solleva questione di pregiudizialità invitando la Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, a pronunciarsi sui seguenti quesiti:

(1)       se gli articoli 2 comma 5 e 32 della direttiva 2004/18/UE e l’articolo 33 della direttiva 2014/24/UE possano essere interpretati nel senso di consentire la stipulazione di un accordo quadro in cui:

un’amministrazione aggiudicatrice agisca per essa stessa e per altre amministrazioni aggiudicatrici specificamente indicate, le quali però non partecipino direttamente alla sottoscrizione dell’accordo quadro stesso;

non sia determinata la quantità delle prestazioni che potranno essere richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici non firmatarie all’atto della conclusione da parte loro degli accordi successivi previsti dall’accordo quadro medesimo;

(2)       nel caso in cui la risposta al quesito (1) fosse negativa,

se gli articoli 2 comma 5 e 32 della direttiva 2004/18/UE e l’articolo 33 della direttiva 2014/24/UE possano essere interpretati nel senso di consentire la stipulazione di un accordo quadro in cui:

un’amministrazione aggiudicatrice agisca per essa stessa e per altre amministrazioni aggiudicatrici specificamente indicate, le quali però non partecipino direttamente alla sottoscrizione dell’accordo quadro stesso;

la quantità delle prestazioni che potranno essere richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici non firmatarie all’atto della conclusione da parte loro degli accordi successivi previsti dall’accordo quadro medesimo sia determinata mediante il riferimento al loro ordinario fabbisogno.

2.         Ai sensi delle “Raccomandazioni all’attenzione dei Giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” 2012/C 338/01, in G.U.C.E. 6 novembre 2012, vanno trasmessi in copia alla cancelleria della Corte mediante plico raccomandato i seguenti atti: 1) i provvedimenti impugnati con i ricorsi di primo grado, 2) i ricorsi di primo grado dell’ AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO - ANTITRUST e della Coopservice S.c. a r.l.; 3) la sentenza del TAR appellata; 4) gli atti di appello dell’ AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO - ANTITRUST e della Coopservice S.c. a r.l. nonché la memoria difensiva unica 21 febbraio 2017 della Markas S.p.a.; 5) la presente ordinanza; 6) la copia delle seguenti norme nazionali: a) art. 3 del d. lgs. 30 dicembre 1992 n.502; b) d. lgs. 12 aprile 2006 n.163; c) artt. 1388 e 1398 del codice civile; d) art. 1 comma 449 della l. 27 dicembre 2006 n.296; e) d.l. 6 luglio 2012 n.95, convertito nella l. 7 agosto 2012 n.135; f) art. 3 comma 7 della l.r. Lombardia 19 maggio 1997 n.14; g) deliberazione della Giunta regionale della Lombardia 6 dicembre 2011 n. 2633.

3.         Il presente giudizio viene sospeso nelle more della definizione dell’incidente europeo, e ogni ulteriore decisione, anche in ordine alle spese, è riservata alla pronuncia definitiva.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), non definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti in epigrafe (nn. 9816 e 9837/2016 R.G.), così provvede:

1)         dispone a cura della Segreteria, la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 TFUE, nei sensi e con le modalità di cui in motivazione, e con copia degli atti ivi indicati;

2)         dispone la sospensione del presente giudizio;

3)         riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2017 con l'intervento dei magistrati:

Sergio Santoro,           Presidente

Silvestro Maria Russo,           Consigliere

Vincenzo Lopilato,     Consigliere

Francesco Mele,         Consigliere

Francesco Gambato Spisani,  Consigliere, Estensore

 

 

Guida alla lettura

Il Consiglio di Stato, nella ordinanza che si segnala, solleva dinanzi alla Corte di Giustizia dell'Ue, ai sensi dell'art. 267 TFUE, due questioni pregiudiziali relative all’interpretazione degli artt. 2, c. 5, e 32 della direttiva 2004/18/UE e dell'art. 33 della direttiva 2014/24/UE inerenti alla compatibilità con la disciplina dell’Ue della stipulazione di un accordo quadro in materia di appalti.

La controversia trae origine dall’aggiudicazione disposta all’esito di una procedura ristretta relativa ai servizi di sanificazione ambientale, raccolta e smaltimento dei rifiuti dall’AAST di Desenzano del Garda - in favore di un raggruppamento temporaneo di imprese e ruota intorno alla legittimità di una clausola del capitolato relativo al servizio rubricata “Estensione del contratto”, che, al fine di attuare un’aggregazione di domanda, ammette che si possa chiedere agli aggiudicatari della procedura di estendere l’appalto anche ad una o più delle Aziende socio sanitarie territoriali indicate.

Il Collegio prende le mosse dall’analisi della natura delle ASST, che, nell’ordinamento italiano sono enti, dipendenti dalle Regioni, i quali assicurano in concreto l’assistenza ai cittadini nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e rientrano, in via pacifica, fra le amministrazioni aggiudicatrici, tenute, in linea di principio, a ricorrere alle pubbliche gare per procurarsi sul mercato, i beni e i servizi di cui necessitano per svolgere la loro attività attraverso contratti di appalto.

Procedure disciplinate, all’epoca dei fatti di causa, dall’allora vigente d.lgs. 12 aprile 2006 n.163, (attuativo delle direttive 2004/17/UE e 2004/18/UE), ed ora dal d.lgs 18 aprile 2006 n.50 (di attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE che hanno sostituito le precedenti, ma sono ispirate ai medesimi principi).

La VI Sezione rimarca che in Italia le ASST sono fra i più importanti centri di spesa pubblica e che, per ragioni di bilancio, il legislatore è intervenuto più volte per contenere i relativi costi, promuovendo l’acquisto di beni e servizi in forma associata per garantire economie di scala.

Fatte queste premesse, il Collegio passa alla ricostruzione del quadro normativo europeo e nazionale, per poi esprimere il proprio punto di vista sulla questione che intende rimettere alla Corte di Giustizia.

A livello europeo, all’epoca dei fatti, la normativa applicabile era ancora data dalla direttiva 2004/18/UE, che:

- all’art. 1 comma 2 lettera d) definisce “appalti pubblici di servizi” gli “appalti diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all'allegato II”, il quale prevede a sua volta, ai numeri 13 e 16, i servizi di pulizia e di smaltimento rifiuti per i quali è causa

- e, all’art. 1 comma 9, annovera fra le “amministrazioni aggiudicatrici” ogni “organismo di diritto pubblico”, ovvero quell’organismo che sia “a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, b) dotato di personalità giuridica, e c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.

Ne consegue che le ASST sono organismi di diritto pubblico.

Inoltre, la stessa direttiva 2004/18/UE prevedeva il principio generale per cui gli appalti pubblici e, in particolare, gli appalti di servizi - come quello oggetto della controversia - si affidano mediante pubblica gara (v. art. 28 commi 1 e 2) e definiva l’istituto dell’accordo quadro quale “accordo concluso tra una o più amministrazioni aggiudicatrici e uno o più operatori economici e il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste.” (v. art. 2, comma 5).

Nello specifico, l’art. 32 della direttiva 2004/18/UE ammetteva che gli Stati membri potessero prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di concludere accordi quadro, dopo aver applicato le regole di procedura previste in tutte le fasi fino all'aggiudicazione degli appalti basati su tale accordo quadro, procedure applicabili solo tra le amministrazioni aggiudicatrici e gli operatori economici inizialmente parti dell'accordo quadro senza ammettere, in sede di aggiudicazione, alcuna modifica sostanziale alle condizioni fissate dall’accordo quadro e nemmeno il ricorso agli accordi quadro “in modo abusivo o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza”.

Ricostruito il quadro normativo di riferimento, applicabile alla fattispecie, il Collegio ritiene che l’accordo quadro, oggetto della controversia, rimandi invece ad un’operazione contrattuale duplice: vi è dapprima l’accordo quadro propriamente detto, che fissa le condizioni di successivi contratti ancora da concludere; vi sono, poi, i singoli accordi, esecutivi dell’accordo fondamentale.

La peculiarità della figura, descritta dalla direttiva, risiede anzitutto nel fatto che gli operatori economici parte dell’accordo quadro sono scelti, ordinariamente, mediante pubblica gara, mentre una gara non è necessaria per concludere gli accordi esecutivi dell’accordo quadro con l’operatore economico che sia unico contraente di esso (v. art. 32, comma 3, ed art. 2, comma 5).

Di contro, la fattispecie concreta all’esame del Collegio si qualifica come un accordo quadro concluso dall’ASST capofila per sé e per le altre aziende indicate nella descritta clausola di estensione, senza che sia indicata all’origine la quantità, ovvero la precisa entità del servizio, di cui queste ultime aziende potranno necessitare.

Ora, la VI Sezione precisa che il diritto nazionale consente pacificamente di configurare le aziende indicate nella clausola di estensione come contraenti dell’accordo quadro, in termini di loro rappresentanza da parte dell’azienda capofila ed aggiunge che la direttiva 2004/18/UE, è rimasta in vigore sino al 16 aprile 2014, data precedente a quella dei fatti di causa, per poi essere sostituita dalla direttiva 2014/24/UE, attualmente vigente, che -  per quanto interessa - ha contenuti identici.

Infatti:

- la definizione di “appalti pubblici di servizi” si trova all’art. 1 punto 9), nel senso di “appalti pubblici aventi per oggetto la prestazione di servizi diversi da quelli di cui al punto 6)”, punto quest’ultimo che non riguarda la pulizia e lo smaltimento rifiuti oggetto dell’appalto per cui è causa

- e le definizioni di amministrazione aggiudicatrice e di organismo di diritto pubblico sono identiche a quelle contenute nella previgente direttiva 2004/18/UE (v. art. 1, rispettivamente ai numeri 1) e 4), della direttiva 2014/24/UE).

Risulta, pertanto, confermato il principio generale per cui i pubblici appalti si aggiudicano mediante gara (al primo comma dell’art. 26, per cui la previa pubblicazione del bando è regola) e la disciplina dell’accordo quadro, identica alla previgente, è raccolta nell’art. 33 (si vedano, in particolare, i primi tre commi).

Entrambe le direttive rilevano ai fini della corretta interpretazione delle norme nazionali applicabili, emanate in attuazione della prima e rimaste vigenti dopo l’emanazione della seconda, nell’ambito del quadro normativo nazionale che il Collegio ricostruisce a cominciare dalle disposizioni relative alle AAST, previste dall’art. 3 del d. lgs. 30 dicembre 1992 n.502 come “aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale”, con organizzazione e funzionamento “disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti da disposizioni regionali.”

La VI Sezione sostiene che, trattandosi di enti subregionali, incaricati di soddisfare un esigenza di interesse generale e di carattere né industriale né commerciale come è l’assistenza sanitaria, le ASST sono qualificabili come organismi di diritto pubblico, ai sensi dell’art. 3 comma 26 del d. lgs. 12 aprile 2006 n.163, che riproduce sul punto le norme europee indicate ed obbliga, quindi, a procedere mediante pubbliche gare per affidare gli appalti necessari a svolgere le loro funzioni. (v. art. 3 comma 10, per cui “Gli «appalti pubblici di servizi» sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture, aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all’allegato II”, che faceva menzione espressa delle pulizie e dello smaltimento dei rifiuti ai numeri 14 e 16) e soggetti al principio della pubblica gara (stabilito dall’art. 54 comma 1 dello stesso d. lgs. n. 163/2006, anch’esso conforme alle norme europee descritte).

In merito all’istituto dell’accordo quadro, definito dall’art. 3 comma 13 del decreto come accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici allo scopo di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste, il Collegio precisa che esso - se è concluso con un solo operatore economico – era disciplinato, all’epoca dei fatti,  dall’art. 59 commi 2, 3 e 4 e che in base a tali norme, era allora (ed oggi in base all’art. 54 del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) possibile aggiudicare senza una gara ulteriore i contratti successivi, basati sull’originario accordo quadro.

Le norme nazionali di riferimento - che consentono, in generale, ai soggetti dell’ordinamento di contrattare per altri - sono quelle civilistiche sulla rappresentanza, contenute negli artt. 1388 e ss. del codice civile (v. artt. 1388, per cui “Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato”, e 1398, per cui nel caso di contratto concluso senza poteri “il contratto può essere ratificato dall’interessato, con l’osservanza delle forme prescritte per la conclusione di esso”).

In base alle norme sulla rappresentanza, quindi, una azienda capofila può concludere un accordo quadro vincolante anche per altre aziende, che siano indicate alla stipula, sia previo loro incarico, sia in mancanza di esso, qualora le aziende non firmatarie che intendessero perfezionare un contratto successivo basato sull’accordo quadro procedessero alla ratifica di esso.

Al Collegio non sfugge, peraltro, che la normativa civilistica riportata si colloca all’interno di un contesto legislativo che esprime un generale favore per il ricorso alle procedure di gara centralizzate.

Vengono in questione:

  •  l’art. 1 comma 449 ultima parte della l. n.296/2006 (per cui “Gli enti del Servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro stipulate da Consip S.p.A.”)
  • e gli artt. 1 comma 12 e 15 comma 13 lettera b) del d.l. 95/2012 (che consentono, rispettivamente, all'aggiudicatario delle convenzioni stipulate da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali di offrire una riduzione delle condizioni economiche previste nella convenzione, anche nell’ambito dei relativi contratti attuativi stipulati e stipulandi e che obbligano le Aziende Sanitarie a proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti per ricondurre i prezzi unitari di fornitura ai prezzi di riferimento, senza che ciò comporti modifica della durata del contratto e, al tempo stesso, riconoscono alle Aziende sanitarie il diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a carico delle stesse, in deroga all'articolo 1671 del codice civile).
  • Da ultimo, l’art. 3 comma 7 della l.r. Lombardia 19 maggio 1997 n.14, applicabile al caso in esame, incentiva il ricorso alla committenza centralizzata.

 

Il Collegio, ricostruito il quadro normativo europeo e nazionale, avanza dubbi sulla compatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione dato che consente senz’altro di stipulare un accordo quadro con le seguenti caratteristiche:

  • in primo luogo, tale accordo è concluso con un dato operatore economico da una sola amministrazione aggiudicatrice, la quale agisce per sé e per altre amministrazioni aggiudicatrici, che sono indicate nell’accordo stesso, ma non partecipano direttamente alla sua conclusione.
  • In secondo luogo, tale accordo non indica espressamente la quantità delle prestazioni che potranno essere richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici non firmatarie all’atto della conclusione da parte loro degli accordi successivi previsti dall’accordo quadro medesimo, se pure tale quantità potrebbe essere prevista ritenendo implicito il riferimento all’ordinario fabbisogno delle amministrazioni stesse.

Se un argomento ulteriore a sostegno di tale interpretazione è dato dalla normativa di favore nei confronti della centralizzazione delle gare, poiché indubbiamente in tal modo viene stipulata una sola gara, quella relativa all’accordo quadro stesso, là dove ordinariamente ne sarebbe richiesta una per ciascuna amministrazione interessata, la VI Sezione è dubbio se l’interpretazione in parola sia consentita in base al disposto delle norme europee, che si limitano ad affermare che l’accordo quadro indica “se del caso” le quantità delle prestazioni richieste.

Il Consiglio di Stato ricorda, in proposito, di aver già affrontato la questione ritenendo necessario, ai fini della validità dell’accordo quadro, che la clausola di estensione in esso contenuta sia determinata sia sotto l’aspetto soggettivo, e quindi richiedendo che essa indichi in modo specifico gli enti i quali se ne potrebbero avvalere, sia sotto l’aspetto oggettivo, nel senso di prevedere il “valore economico” della possibile estensione, anche nei termini di un importo massimo.

Il Collegio ritiene, infatti, che la contraria opinione legittimerebbe una serie indefinita di affidamenti diretti, che negherebbero i principi fondamentali di diritto europeo dell’affidamento mediante gara dei pubblici appalti e della concorrenza che in tal modo si garantisce.

Con la conseguenza che sarebbe opportuna un’interpretazione restrittiva dell’inciso per cui l’accordo quadro determina “se del caso” le prestazioni, nel senso che una determinazione potrebbe essere omessa solo se le prestazioni stesse fossero determinate o determinabili in modo chiaro ed univoco in base alla situazione di fatto o di diritto che le parti dell’accordo hanno presente, pur non avendola trasfusa nel contenuto dell’accordo.