Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2017, n. 1370

Nelle procedure per l’aggiudicazione di appalti pubblici, la valutazione delle giustificazioni presentate da chi è tenuto a dimostrare che la propria offerta non è da considerarsi anomala è vicenda che rientra nell’ampio potere tecnico-discrezionale della stazione appaltante. Perciò, soltanto in caso di macroscopiche illogicità, vale a dire di errori di valutazione evidenti e gravi, oppure di valutazioni abnormi o affette da errori di fatto di immediata evidenza, è ammissibile il sindacato del giudice.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 5772 del 2016, proposto da:
Alfredo Grassi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e in qualità di mandataria della costituenda ATI,

Marawash s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandante della costituenda ATI,

entrambe rappresentate e difese dagli avvocati Stefano Soncini e Gabriele Di Paolo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Liegi, 35/B;

 

contro

Veritas s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Franco Zambelli e Mario Ettore Verino, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Barnaba Tortolini, 13;

Lavanderie dell'Alto Adige s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Gulina, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Enrico Bracco in Roma, via Flaminia Vecchia, 732/D;

Alisea s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
Asvo s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
Ambiente e Servizi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
Net s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE I n. 00333/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di noleggio e lavaggio indumenti da lavoro – risarcimento danni

 

FATTO

Risulta dagli atti che l’appellante Alfredo Grassi s.p.a. partecipava, in qualità di mandataria del costituendo RTI con Marawash s.r.l., ad una gara indetta dalla società Veneziana Energia Risorse Idriche Territorio Ambiente Servizi – Veritas s.p.a. (di seguito Veritas) tramite procedura aperta, avente ad oggetto la conclusione di un Accordo quadro, ex art. 59, comma 4, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, relativo al servizio di noleggio ed al servizio lavaggio indumenti/D.P.I. (dispositivi di protezione individuale) del valore stimato di euro 9.504.600,00, per la durata di dodici mesi.

Quale criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 83 d.lgs n. 163 del 2006, con un punteggio massimo di 60 punti per il prezzo e di 40 punti per la valutazione tecnica.

Per espressa indicazione del bando di gara, il servizio faceva riferimento alle esigenze di definizione di contratti d’appalto discendenti dal predetto Accordo quadro, senza nuovo confronto competitivo, da parte di Veritas, Alisea s.p.a., Ambiente e Servizi s.p.a., Asvo s.p.a. e Net s.p.a. (società facenti tutte parte del gruppo Veritas s.p.a.).

All’esito delle operazioni di gara, la società Lavanderie dell’Alto Adige s.p.a. (di seguito LAA) si collocava al primo posto in graduatoria, con un punteggio pari a 97,20 (37,20 per la valutazione tecnica e 60 per il prezzo) ed il costituendo RTI tra Alfredo Grassi s.p.a. e Marawash s.r.l. (di seguito, Alfredo Grassi) al secondo posto con punti 87,60 (40 per la valutazione tecnica e 47,60 per il prezzo).

A seguito della valutazione dell’anomalia dell’offerta, con nota dell’11 giugno 2015 Veritas s.p.a. comunicava l’aggiudicazione definitiva della gara in favore di LAA.

Con ricorso al Tribunale amministrativo del Veneto, Alfredo Grassi impugnava l’aggiudicazione definitiva, unitamente ad “ogni atto annesso, connesso o presupposto” (tra cui, in particolare, quelli esplicitamente indicati nell’epigrafe dell’atto di gravame), deducendo cinque distinte censure di legittimità attinenti:

le modalità di presentazione dell’offerta economica da parte di LAA e la relativa aggiudicazione alla stessa.

la valutazione dell’anomalia;

la mancata verbalizzazione del contenuto delle buste riportanti la documentazione amministrativa come da verbale dell’8 gennaio 2015;

l’errata dichiarazione dei commissari di gara circa le condizioni di incompatibilità degli stessi;

la mancata corretta quantificazione del valore stimato dell’appalto.

Con sentenza 30 marzo 2016, n. 333 il Tribunale amministrativo del Veneto respingeva il ricorso.

Avverso tale decisione Alfredo Grassi interponeva appello, riproponendo avanti al Consiglio di Stato gli stessi motivi di ricorso del grado precedente.

 

DIRITTO

L’appello non può trovare accoglimento.

Con il primo motivo di appello, Alfredo Grassi sostiene che la propria offerta economica (relativa al noleggio) sarebbe migliore di quella di LAA, laddove il miglior prezzo teorico offerto da quest’ultima in relazione al lavaggio non sarebbe comunque sufficiente a renderne più conveniente l’offerta complessiva.

Preliminarmente va ricordato che la documentazione di gara quantificava le dotazioni e la tipologia di indumenti per ciascun ente interessato, con possibilità di stabilire i valori di base d’asta per i vari servizi. Per l’appellante, in particolare, l’attribuzione dei 60 punti a LAA sarebbe dipesa dai forti sconti operati da quest’ultima su alcuni prezzi unitari nel modulo B i quali, corretti dai coefficienti indicati dalla stazione appaltante, avevano determinato il prezzo medio ponderato da utilizzare nella formula per attribuire il punteggio all’offerta economica.

In sintesi, per Alfredo Grassi la concorrente LAA avrebbe artificiosamente praticato fortissimi sconti (ritenuti dall’appellante irrealistici e fuori mercato) sulle prestazioni cui la stazione appaltante aveva attribuito il maggior peso ponderale (ossia, la maggior importanza: in particolare, la voce n. 10 progressiva - codifica 4/a e la voce n. 24 progressiva - codifica 10/a), con ciò assicurandosi un punteggio finale sostanzialmente distorto.

A riprova di ciò l’appellante riporta, a pag. 9 del proprio atto di gravame, che “Nella preparazione del modulo B in riferimento agli articoli con maggior peso ponderale (voci 4/a e 10/a) solo LAA ha presentato fortissimi ribassi mentre tutti gli altri concorrenti risultano allineati tra loro. Analizzando l’offerta di LAA emerge infatti che per tutti gli articoli con peso ponderale inferiore al 9% è stato fatto uno sconto dello 0,50% mentre per gli altri articoli con peso superiore sono stati fatti sconti maggiori, fino all’80% nei casi sopramenzionati, con chiaro intento turbativo dei criteri di valutazione”.

Nel caso di specie, però, ciò che per l’appellante sarebbe un “chiaro intento turbativo dei criteri di valutazione” sembra in realtà null’altro che una concreta applicazione del generale principio di concorrenza.

Invero, atteso che all’esito dei controlli l’offerta di LAA non è stata giudicata anomala dalla stazione appaltante, la circostanza che gli altri concorrenti abbiano scelto di formulare offerte con prezzi maggiori per determinate prestazioni non altro qui prova, se non che le dette offerte, sotto tale profilo, apparivano meno convenienti di quelle di LAA per la committente.

In questi termini, è condivisibile quanto rilevato dalla sentenza impugnata che – dopo dato atto della legittimità (e ragionevolezza tecnica) dei criteri di valutazione dell’offerta economica e di successiva attribuzione del punteggio, ha così concluso: “… passando, più specificatamente, all’esame dell’offerta presentata da LAA – sulla quale si concentrano, in buona sostanza, le doglianze della ricorrente che costituiscono il nucleo centrale del ricorso –, si osserva che la stessa non è stata predisposta in violazione di alcuna previsione contenuta nella lex specialis di gara: invero, LAA, nell’ambito della propria libertà di impresa e della definizione della strategia di partecipazione alla procedura di gara, ha ritenuto di modulare la propria offerta economica in modo mirato, usufruendo della specifica disciplina sopra illustrata, utilizzando la possibilità di variare il ribasso in ragione della tipologia di articolo e di prestazione richiesta, ovviamente tenendo in debito conto il peso ponderale che la Stazione appaltante ha ritenuto di attribuire a quello specifico servizio o articolo piuttosto che ad un altro”.

Con il secondo motivo d’appello, in parte ripetitivo del precedente (in particolare, per quanto attiene l’asserita miglior convenienza economica della propria offerta), Alfredo Grassi s.p.a. contesta la decisione della stazione appaltante di escludere che l’offerta di LAA fosse anomala, deducendo l’erroneità del calcolo effettuato dalla concorrente per giustificare la propria offerta.

Si legge, in particolare, a pag. 19 dell’atto d’appello: “La dichiarazione rilasciata da LAA a seguito di richiesta di Veritas di dimostrazione della congruità dei prezzi nel corso del verbale del 28 maggio 2015 (doc. 20), è solo volta a dichiarare che nell’insieme l’offerta risulta essere per loro redditizia ma non viene fornito alcun dettaglio specifico dei costi dei capi, eludendo quindi l’analisi dei costi richiesta da Veritas e dimostrando quindi ancora una volta la volontà di escludere i criteri di aggiudicazione definiti da Veritas. Infatti nel predetto verbale con specifico riferimento alla richiesta di ottenere informazioni sugli straordinari ribassi nei capi 4/a e 10/a per i quali il peso ponderale era più elevato, il che ha alterato il risultato finale dell’offerta economica, LAA da un lato ha affermato che la valutazione della congruità va fatta nel suo insieme e non per singole voci, e poi ha dichiarato che “per entrambi, anche in considerazione del loro peso ponderale rispetto all’insieme del costo complessivo della commessa, è riuscita ad ottenere dai singoli fornitori delle condizioni particolarmente favorevoli e non ripetibili per altri capi” […]”.

In argomento, va ribadito il principio (ex multis, Cons. Stato, V, 16 gennaio 2015, n. 89; VI, 15 dicembre 2014, n. 6154; Id., IV, 11 novembre 2014, n. 5530) secondo cui, nelle procedure per l’aggiudicazione di appalti pubblici, la valutazione delle giustificazioni presentate da chi è tenuto a dimostrare che la propria offerta non è da considerarsi anomala è vicenda che rientra nell’ampio potere tecnico-discrezionale della stazione appaltante. Perciò, soltanto in caso di macroscopiche illogicità, vale a dire di errori di valutazione evidenti e gravi, oppure di valutazioni abnormi o affette da errori di fatto di immediata evidenza, è ammissibile il sindacato del giudice.

La sentenza del Tribunale amministrativo del Veneto ha fatto corretta applicazione di tale regola, evidenziando: “nel caso di ricorso proposto avverso il giudizio di anomalia dell’offerta presentata in una pubblica gara, il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni compiute dall’Amministrazione sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell’istruttoria, ma non può effettuare autonomamente la verifica della congruità dell’offerta presentata e delle sue singole voci, sostituendo così la sua valutazione al giudizio, non erroneo né illogico, formulato dall’organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell’interesse pubblico nell’apprezzamento del caso concreto”.

Il giudice amministrativo, infatti, in ragione del principio di separazione dei poteri può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione quanto a logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non può procedere ad un’autonoma e distinta verifica della congruità dell’offerta e delle sue singole voci, poiché costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera amministrativa della stazione appaltante: per l’effetto, tale sindacato rimane limitato ai casi di macroscopiche illegittimità, quali valutazioni abnormi o inficiate da manifesti errori di fatto (Cons. Stato, V, 2 dicembre 2015, n. 5450).

Nel caso di specie, le giustificazioni addotte da LAA e le successive valutazioni di Veritas s.p.a. non presentano profili di manifesta incoerenza o irragionevolezza, né appaiono inattendibili perché sintomatiche di una palese, falsa rappresentazione della realtà fattuale.

Ciò detto sul piano generale, deve evidenziarsi come – nello specifico – la censura sia fondata sul rilievo per cui, in particolare, le singole voci 4/a e 10/a del Modulo B dell’offerta di LAA non sarebbero state adeguatamente giustificate.

L’argomento non è però idoneo a bene fondare la doglianza.

Non v’è infatti, allo stato, ragione di discostarsi dal principio per cui il giudizio di verifica della congruità di un’offerta sospetta di anomalia ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme, essendo irrilevanti delle – pur sempre possibili – isolate e singole voci di scostamento (ex multis, Cons. Stato, VI, 14 agosto 2015, n. 3935; Id., V, 22 dicembre 2014, n. 6231.

Tale giudizio non ha infatti per oggetto la ricerca di ipotetiche inesattezze parziali dell’offerta economica, ma è finalizzato ad accertare se quest’ultima, nel complesso, sia attendibile e, dunque, se dia serio affidamento circa la corretta esecuzione dell’appalto: ciò che conta è che l’offerta, nel suo complesso, appaia effettivamente seria.

Un sindacato nel dettaglio sugli aspetti (o voci) puntuali, come additato da parte appellante, è precluso al giudice amministrativo, cui per i limiti della sua giurisdizione non è consentita un’autonoma valutazione della congruità delle singole voci, non potendosi appunto sostituire ad un’attività valutativa spettante, nella sua manifestazione, all’Amministrazione procedente.

Correttamente, dunque, il Tribunale amministrativo del Veneto ha rigettato l’argomento, pur precisando – per completezza – che comunque “LAA, a seguito di specifica richiesta della Stazione Appaltante, ha fornito giustificazioni anche in relazione alle suddette voci; giustificazioni che, diversamente da quanto affermato in ricorso, non appaiono incongrue né irragionevoli”.

Ancora, a ribadire l’infondatezza della logica argomentativa del motivo di appello, va ricordato che il procedimento di verifica dell’anomalia non ha carattere sanzionatorio, né potrebbe averlo l’eventuale verifica giudiziale, pur circoscritta nei limiti di cui si è detto in precedenza.

Con il terzo motivo di appello, Alfredo Grassi deduce – in via subordinata – l’illegittimità della procedura di gara per mancata verbalizzazione del contenuto delle buste riportanti la documentazione amministrativa (come dovrebbe arguirsi dal verbale dell’8 gennaio 2015).

In particolare, non risulterebbe in alcun modo specificato a verbale “il contenuto della documentazione reperita nei plichi contenenti la documentazione amministrativa che i concorrenti dovevano presentare a pena di esclusione, ai sensi dell’art. 6.1 delle norme di gara […] In definitiva non si ha modo di avere alcuna certezza che la documentazione reperita nei plichi delle sedute pubbliche dell’8 gennaio 2014 (rectius 2015) e 4 febbraio 2014 (rectius 2015) sia quella effettivamente passata all’esame della commissione di gara quanto alla verifica della stessa, e della commissione giudicatrice che poi sono riunite in seduta riservata. Si precisa che né le norme di gara né il foglio disciplinare prevedono norme derogatorie ai principi sopra indicati e tuttavia anche tali norme vengono impugnate ove abbiano consentito alla stazione appaltante di assumere i suddetti comportamenti”.

Premesso che l’ultimo inciso è assunto inammissibile per genericità, non deducendo l’appellante specifiche censure avverso le “norme di gara” (neppure individuate) ovvero il “foglio disciplinare”, il motivo di ricorso è comunque infondato.

La censura è infatti decontestualizzata e priva di obiettivi elementi di supporto, nel senso richiesto da consolidato insegnamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, V, 22 febbraio 2011, n. 1094; Id., 25 luglio 2006, n. 4657; Id., 10 maggio 2005, n. 2342; Id., 20 settembre 2001, n. 4973; Id., IV, 5 ottobre 2005, n. 5360): una tale evenienza di suo non integra un’autonoma causa di invalidità delle operazioni di gara, dovendosi piuttosto indicare specifici elementi di fatto che impongano obiettivamente di dubitare della genuinità dei plichi. Elementi che però non sono stati indicati dall’appellante, limitatosi questa ad un’ipotetica deduzione a priori.

Con il quarto motivo di appello la società Alfredo Grassi s.p.a. – sempre in via subordinata – sostiene che le dichiarazioni dei commissari circa la sussistenza di eventuali condizioni di incompatibilità non sarebbero corrette.

In sintesi, l’appellante richiama l’attenzione sul fatto che i singoli componenti della commissione giudicatrice avrebbero dichiarato – in calce alla comunicazione del 2 febbraio 2015 (di nomina a commissario) – non sussistere loro incompatibilità, nonostante che a quella data ancora non potessero conoscere i nominativi dei concorrenti, appresi solo in occasione della successiva seduta del 4 febbraio 2015. Il che avrebbe comportato, ad avviso di parte appellante, una violazione dell’art. 83 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nel combinato disposto con l’art. 120, ultimo comma, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207.

Il Tribunale amministrativo del Veneto aveva rigettato il motivo di gravame, sul presupposto che “… i nominativi dei concorrenti erano noti quanto meno dalla data dell’8.1.2015, a seguito dell’apertura e dell’esame della documentazione amministrativa, come emerge dal relativo verbale. Peraltro, anche in tale caso, la ricorrente non adduce alcun elemento, nemmeno in via presuntiva, idoneo ad affermare la possibile sussistenza di cause di incompatibilità o di astensione ex art. 84, commi 4, 5 e 7, del D.Lgs. n. 163/2006, relativamente ad uno o più membri della Commissione di gara, limitandosi a lamentare, per le ragioni esposte, la insufficienza della dichiarazione resa dai commissari”.

A fronte di tali rilievi, parte appellante eccepisce che “Anche questa parte di motivazione appare palesemente illogica, poiché l’8 gennaio 2015 è stata effettuata l’apertura delle offerte non da parte della commissione giudicatrice ma da parte della commissione di gara e quindi non consta in nessun modo che alla data del 4 febbraio 2015 i soggetti componenti della commissione fossero a conoscenza del nominativo dei concorrenti. Le dichiarazioni di assenza di incompatibilità sono quindi state effettuate palesemente alla cieca”.

L’argomento non è condivisibile.

Il ragionamento “in negativo” condotto dall’appellante (“non consta … che alla data del 4 febbraio 2015 i soggetti componenti della commissione fossero a conoscenza del nominativo dei concorrenti”), infatti, non assolve l’onere della prova in capo alla dichiarante Alfredo Grassi, che avrebbe invece dovuto positivamente dimostrare quanto sostenuto (ossia, che i suddetti commissari obiettivamente fossero impossibilitati, alla data del 4 febbraio 2015, ad avere contezza dei nominativi dei partecipanti alla gara, una volta che questi erano stati resi pubblici – cfr. Cons. Stato, III, 11 giugno 2013, n. 3228 – nel corso della precedente riunione del seggio di gara, in data 8 gennaio 2015).

A ciò aggiungasi il decisivo rilievo che l’appellante Alfredo Grassi non solo omette di indicare specifici profili di incompatibilità dei commissari, ma neppure allega un qualche concreto riscontro dal quale poter arguire che almeno uno dei commissari ricadesse nella fattispecie di cui all’art. 84, commi 4, 5 e 7 del d.lgs. n. 163 del 2006.

Da ultimo, con quinto motivo d’appello, la ditta Alfredo Grassi, sulla base di proprie stime e di quanto affermato da LAA in sede di giustificazioni, censura la determinazione della base d’asta operata dalla stazione appaltante. Ad avviso dell’appellante, il prezzo posto a base d’asta sarebbe sottostimato, con conseguente necessità di annullare l’intera gara.

Sul punto, la sentenza appellata così motiva: “non pare condivisibile il percorso logico seguito dalla ricorrente che, per contestare la base d’asta indicata nella legge di gara, ritiene di determinare il corretto importo individuando il costo a base d’asta del solo noleggio in base alle proprie stime, per poi sommare il costo del lavaggio indicato da LAA nelle proprie giustificazioni in sede di verifica dell’anomalia, la ricostruzione proposta appare artificiosa ed arbitraria, implicando la commistione di dati del tutto disomogenei e soprattutto di differente origine. Al contrario, la ricorrente omette di addurre elementi concreti atti a dimostrare l’inadeguatezza della base d’asta fissata da Veritas, in modo da supportare l’asserita violazione dell’art. 29 del D.Lgs. n. 163/2006”.

Da parte sua, la stazione appaltante Veritas aveva ribadito che “La base d’asta di € 9.504.600,00 … è stata determinata partendo da prezzi unitari relativi a ciascun capo per ciascuna delle tipologie di servizio (noleggio e lavaggio) oggetto dell’appello. I prezzi unitari sono stati individuati dalla Stazione Appaltante sulla base dell’esperienza maturata nel corso del precedente rapporto contrattuale iniziato nel 2006, dei costi sostenuti e di un’attività di indagine delle materie prime del mercato di riferimento. Si è, inoltre, tenuto conto, da un lato, delle nuove clausole contrattuali previste nello Schema di Accordo Quadro che prevedono, tra l’altro, la possibilità per la committenza di un’uscita anticipata dai contratti discendenti rispetto alla loro naturale scadenza ed il mancato riconoscimento di valore residuo dei capi alla scadenza naturale di ciascun contratto attivato, dall’altro, delle nuove tipologie di capi da fornire, sia in termini di diversità di tessuto utilizzato, sia in termini di diversità di confezionamento.

Si precisa, infine, che al fin della stima della base d’asta complessiva si è tenuto conto anche del valore delle forniture di alcune tipologie di capi non oggetto di noleggio e degli oneri di sicurezza per l’abbattimento dei rischi interferenziali (non soggetta a ribasso)”.

In considerazione dello specifico oggetto dell’appalto su cui si controverte, che ha ad oggetto una pluralità di prestazioni (forniture e servizi) non atomisticamente intese ma tra loro strumentali, le considerazioni espresse dalla sentenza appellata appaiono condivisibili.

Invero, nel caso di specie non sarebbe corretto determinare una base d’asta correlata alle singole componenti di lavaggio e di noleggio, poiché la (complessiva) base d’asta deriva dalla contestuale considerazione – sulla base dell’ampia discrezionalità tecnica di cui la stazione appaltante in tale contesto dispone (cfr. Cons. Stato, III, 19 ottobre 2015, n. 4789; Id., V, 13 maggio 2011, n. 2896; Id., V, 1° aprile 2011, n. 2033) – delle due attività complementari dedotte in contratto, che dunque andranno sommate per poi giungersi all’indicazione dell’offerta di gara.

Infine, che la base d’asta fosse incongrua risulta smentito dallo stesso fatto che a suo tempo l’appellante Alfredo Grassi ha potuto regolarmente effettuare una propria offerta, giudicata non anomala, senza necessità di proporre, a suo tempo, un’autonoma e specifica impugnativa sul punto, per immediata e diretta lesività dei propri interessi partecipativi alla gara.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello e, per l'effetto, conferma l’impugnata sentenza n. 333 del 2016 del Tribunale amministrativo del Veneto.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore di Veritas s.p.a. e Lavanderie dell’Alto Adige s.p.a., che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00) ciascuna, oltre Iva ed accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

 

Guida alla lettura

In tema di sindacato del giudice in materia di offerta anomala può dirsi ormai pacifico l’orientamento secondo cui la valutazione delle giustificazioni presentate da parte dell’impresa la cui offerta è sottoposta a giudizio di anomalia risulta connaturata dal potere tecnico discrezionale della stazione appaltante, insindacabile dal giudice amministrativo, se non in presenza di macroscopiche illogicità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 30 marzo 2017 n. 1465).

La necessità che il valore numerico di un’offerta non costituisca il frutto della sola cinica volontà di addivenire all’aggiudicazione definitiva dell’appalto, quanto piuttosto della migliore strategia commerciale, spinge il legislatore ad assegnare alla stazione appaltante un potere valutativo sul merito della stessa, contraddistinto pertanto da discrezionalità tecnica. La natura di siffatto potere rende perciò impotente il giudicante, o quantomeno ridimensiona fortemente il suo potere, lo stesso potendo far caducare il provvedimento amministrativo solo in presenza di errori di valutazione evidenti e gravi, oppure di valutazioni abnormi o affette da errori di fatto di immediata evidenza.

In termini il Consiglio di Stato sez. V 2 dicembre 2015 n. 5450 ha affermato che “nel caso di ricorso proposto avverso il giudizio di anomalia dell’offerta presentata in una gara pubblica, il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni compiute dall’amministrazione sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell’istruttoria, ma non può effettuare autonomamente la verifica della congruità dell’offerta presentata e delle sue singole voci, sostituendo così la sua valutazione al giudizio, non erroneo né illogico, formulato dall’organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell’interesse pubblico nell’apprezzamento del caso concreto”.

La palese discrezionalità tecnica che connota l’agire pubblico nella specifica ed eventuale fase di valutazione dell’offerta risulta sindacabile dal giudice solo con riferimento alla logicità e alla ragionevolezza dell’esercizio del potere discrezionale, non anche con riguardo al merito della decisione.

Al riguardo la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che “il giudice può sindacare le valutazioni compiute dalla Pubblica Amministrazione in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta non al fine di valutare l’eventuale anomalia, bensì solo come verifica della sussistenza dei profili di completezza dell’istruttoria, nonché di ragionevolezza e logicità della valutazione effettuata dalla P.A.” (Cons. Stato, sez. IV, 27 giugno 2011, n. 3862; Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2011, n. 3807). Ancora, “in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta il giudizio della stazione appaltante costituisce esplicazione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di illogicità manifesta o erroneità fattuale” (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 27 settembre 2011, n. 1396).

Per dovere di chiarezza espositiva, dunque, può affermarsi che il giudizio espresso dalla stazione appaltante in ordine ad una potenziale congruità dell’offerta costituisce espressione di un potere di discrezionalità tecnica, in quanto tale sindacabile dal giudice amministrativo solo in presenza di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale.

In buona sostanza il potere cognitorio del giudice amministrativo non può estendersi ad un’autonoma verifica circa la congruità dell’offerta, poiché ove così fosse lo stesso si sostituirebbe sostanzialmente nell’esercizio del potere spettante all’amministrazione competente (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2012, n. 36).

Prendendo in prestito le parole del Consiglio di Stato può affermarsi che “nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci” (Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 2016, n. 4755).

A tenore di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, inoltre, l’attività di verifica della congruità di un’offerta deve necessariamente avere natura globale e sintetica, non potendo in alcun modo concentrarsi sulle singole voci componenti l’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 marzo 2015, n. 1369).

Ancora, detta attività risulta per sua natura sprovvista di elementi oggettivi: non è possibile individuare un parametro al di sotto del quale l’offerta debba considerarsi sempre anomala, tale verifica dovendo al contrario più correttamente parametrarsi ai singoli elementi che contraddistinguono lo specifico caso, essendo infatti possibile che un utile apparentemente modesto possa produrre un vantaggio importante (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 963).