Consiglio di Stato, Sez. V, 13 febbraio 2017, n.601

  1. è necessario che nel contratto e nella dichiarazione unilaterale dell’impresa ausiliaria indirizzata alla stazione appaltante risulti che l’impresa ausiliaria metta effettivamente a disposizione della concorrente le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità, in conformità a quanto richiesto dagli artt. 49 d.lgs. n. 163 del 2006 e 88, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 207 del 2010 ratione temporis vigenti  pubblici), e che, dunque, l’oggetto del contratto di avvalimento sia determinato attraverso la compiuto indicazione delle risorse e dei mezzi prestati.[1]
  2. il citato art. 88 del DPR 207/2010, per la parte in cui prescrive che il contratto di avvalimento deve riportare «in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…)le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico», non legittima un’interpretazione volta a sancire la nullità del contratto a fronte di un oggetto che sia stato esplicitato in modo non determinato, ma solo determinabile.[2]
  3. l’avvalimento è finalizzato ad ampliare la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici e che occorre quindi evitare di incorrere in aprioristici schematismi concettuali che possano irrigidire in modo irragionevole la disciplina sostanziale della gara ed eccedere le esigenze vantate dall’amministrazione di certezza ed affidabilità degli impegni assunti dai partecipanti alla procedura di affidamento.[3]

 

[1] Consiglio di Stato, IV Sez., 2 dicembre 2016 n.5052, sez. V, 17/03/2014 n. 1322 . sez. IV, 26/05/2014 n. 2675

[2] Consiglio di Stato, Ad. Plen, 4 novembre 2016 n.23

[3] Cons. Stato, V, 22 dicembre 2016, n. 5423, 22 ottobre 2015, n. 4860

 

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3754 del 2016, proposto da:
Acsm Agam s.p.a., in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con Manutencoop Facility Management s.p.a. e Eurenergy s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Torrani, Giuseppina Incorvaia e Patrizio Leozappa, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, via Antonelli, n. 15;

contro

Comune di Como, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Chiara Piatti e Maria Antonietta Marciano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi, in Roma, via Confalonieri, n. 5;

nei confronti di

Nelsa s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con CPL Concordia società cooperativa, rappresentata e difesa dagli avvocati Giannalberto Mazzei, Addolorata Detta Doris Mansueto, Maria Alessandra Sandulli e Marco Sella, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Cuboni, n. 12;
CPL Concordia società cooperativa, non costituita in giudizio;
Siram s.p.a., in persona dell’amministratore e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marcello Clarich e Mauro Pisapia, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale Liegi 32;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE IV, n. 490/2016, resa tra le parti, concernente una procedura di affidamento in appalto del servizio energia per la fornitura di combustibile, gestione, conduzione, manutenzione ordinaria e straordinaria, riqualificazione e ristrutturazione degli impianti termici a servizio degli edifici di proprietà del Comune di Como.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Como, di Nelsa s.p.a. e di Siram s.p.a.;

Vista l’ordinanza cautelare della Sezione n. 4214 del 29 settembre 2016;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2017 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Giuseppina Incorvaia, Paolo Caruso, su delega dell’avvocato Marciano, Mauro Pisapia e Maria Alessandra Sandulli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. La Acsm Agam s.p.a., impugnava davanti al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia gli atti della procedura di affidamento in appalto del “servizio energia” per il Comune di Como, consistente nella fornitura novennale di combustibile e nella gestione, conduzione, manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, adeguamento normativo, riqualificazione tecnologica e lavori di ristrutturazione degli impianti temici a servizio degli edifici di proprietà dell’amministrazione comunale, indetta con bando pubblicato il 1° giugno 2012 ed aggiudicata al raggruppamento temporaneo con capogruppo la Nelsa s.r.l. (determinazione n. 425 del 26 marzo 2015).

2. La ricorrente, mandataria del raggruppamento temporaneo con le società Manutencoop Facility Management s.p.a. e Eurenergy s.r.l., collocatosi al secondo posto della graduatoria definitiva all’esito della selezione mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base d’asta di € 36.415.884,16, contestava la mancata esclusione dell’aggiudicatario:

- per genericità del contratto di avvalimento con l’ausiliaria Siram s.p.a.;

- per difetto dei requisiti di partecipazione (attestazione di qualificazione SOA nelle categorie OG11, classe VI e OG1, classe III), sul presupposto che, dopo la stipula del contratto ex art. 49 del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, la medesima ausiliaria aveva ceduto il ramo di azienda cui le qualificazioni si riferiscono, rimanendone conseguentemente priva;

- per anomalia e/o inidoneità dell’offerta del raggruppamento aggiudicatario.

Nel ricorso erano formulate anche censure rivolte nei confronti della gara.

3. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito dichiarava inammissibile il ricorso principale, per la fondatezza del ricorso incidentale «escludente» della controinteressata Nelsa, esaminato con priorità, e con carattere assorbente rispetto al ricorso principale.

4. In particolare, il giudice di primo grado riteneva che le ricorrenti principali avrebbero a loro volta dovuto essere escluse dalla gara, perché:

- la mandante Manutencoop Facility Management aveva incorporato in data 3 agosto 2011 la Integra Energy s.r.l., il cui amministratore cessato nel corso dell’anno antecedente alla pubblicazione del bando di gara Enrico Giorgio Maria Saraval, contrariamente a quanto dichiarato in gara ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006, era gravato da due precedenti penali, uno dei quali non estinto alla scadenza del termine di presentazione delle offerte;

- inoltre, la mandataria Acsm Agam non aveva reso la dichiarazione in ordine al possesso dei requisiti di modalità ai sensi del citato art. 38 del direttore tecnico dell’incorporata Enercalor s.r.l. in carica all’epoca di partecipazione alla gara, sig. Elvio Leporati.

5. La sentenza di primo grado è appellata dalla Acsm Agam, la quale censura l’accoglimento del ricorso incidentale avversario e ripropone le censure del proprio ricorso principale, di cui chiede in ogni caso l’esame in applicazione dei principi stabiliti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea sui rapporti tra contrapposte impugnazioni relative a procedure di affidamento di contratti pubblici (sentenza 5 aprile 2016, C-689/13).

6. Si sono costituiti in resistenza il Comune di Como, l’aggiudicataria Nelsa e la Siram.

7. Con ordinanza n. 4214 del 29 settembre 2016 la Sezione ha respinto l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza appellata formulata dalla Acsm Agam.

DIRITTO

1. I motivi d’appello diretti a censurare l’accoglimento del ricorso incidentale della controinteressata Nelsa sono fondati.

2. Infatti:

a) il sig. Enrico Giorgio Maria Saraval risulta cessato dalla carica di amministratore della Integra Energy s.r.l., incorporata dalla Manutencoop Facility Management nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando di gara, in epoca antecedente a questo limite temporale, fissato dal citato art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006;

a.1) più precisamente, dalla visura camerale versata agli atti del giudizio di primo grado risulta che la cessazione è avvenuta nel gennaio del 2011, circa un anno e mezzo prima che il bando di gara fosse pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, e quindi oltre il limite temporale in questione, dacché deve ritenersi che difettavano i presupposti del correlativo obbligo dichiarativo ai sensi del comma 2 del medesimo art. 38 del previgente codice dei contratti pubblici;

a.2) non condivisibile è invece l’assunto del giudice di primo grado, secondo cui la verifica sull’affidabilità morale di questo amministratore, e prima ancora sulla completezza e veridicità delle dichiarazioni rese in sede di gara da parte della mandante Manutencoop Facility Management, sarebbe comunque doverosa, perché è stata la stessa concorrente a dichiarare che il medesimo amministratore è cessato nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando di gara;

a.3) in realtà allo scopo enunciato dal Tribunale amministrativo occorre avere riguardo in via esclusiva ai presupposti di legge, tenuto conto che – come puntualmente sottolinea l’appellante – in questa materia vige il principio di tassatività delle cause di esclusione introdotto con l’art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 (introdotto dal decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia, convertito dalla legge 12 agosto 2011, n. 106, che modificando la sopra citata lett. c) dell’art. 38 ha contestualmente limitato all’anno antecedente al bando di gara il periodo di rilevanza temporale per la verifica di affidabilità morale degli amministratori di società cessati dalla carica);

b) per quanto riguarda invece il direttore tecnico dell’incorporata (dall’appellante Acsm Agam) Enercalor s.r.l., deve ritenersi che questi in realtà era il sig. Norberto Zannini, e tale lo è stato fino all’estinzione della medesima società per effetto della sua fusione in Acsm Agam (con effetto dal 28 giugno 2012), mentre il sig. Elvio Levorati rivestiva la diversa carica di responsabile tecnico (a decorrere dal 1° giugno 2012);

b.1) questa circostanza risulta ancora una volta in via documentale, dalla scheda personale estratta dal registro delle imprese relativa a quest’ultimo (prodotta nel giudizio di primo grado dal Comune di Como);

b.2) pertanto, in ragione del sopra richiamato principio di tassatività delle cause di esclusione, sulla cui base questo Consiglio di Stato afferma in modo costante che il responsabile tecnico non è assimilabile al direttore tecnico previsto dalla più volte richiamata lett. c) dell’art. 38 del previgente codice dei contratti pubblici (ex multis: Cons. Stato, III, 6 febbraio 2015, n. 619; V, 22 dicembre 2016, n. 5423, 11 dicembre 2014, n. 6105, Sez. VI, 15 novembre 2014, n. 5608), nessuna dichiarazione circa l’assenza di precedenti penali in capo al sig. Levorati doveva essere resa nella procedura di gara in contestazione.

3. Il definitivo rigetto del ricorso incidentale della Nelsa comporta il superamento dell’eccezione preliminare del Comune di Como di inammissibilità dell’appello per carenza di interesse ex art. 100 cod. proc. civ. della Acsm Agam al suo esame nel merito; eccezione che l’amministrazione resistente fonda, in tutte le sue prospettazioni (ed in particolare anche sul consolidamento della posizione della terza graduata Carbotermo s.p.a.), sul presupposto della conferma della statuizione del Tribunale amministrativo qui riformata.

Del pari, non vi è luogo ad esaminare le complesse questioni riguardanti i rapporti tra contrapposte impugnazioni in materia di contratti pubblici apertesi dopo la sopra citata pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea del sentenza 5 aprile 2016, C-689/13, invocata dall’appellante ai fini dell’esame del proprio ricorso principale anche in ipotesi di accoglimento del ricorso incidentale escludente.

4. Si può allora passare ad esaminare le censure che la Acsm Agam rivolge all’aggiudicazione in favore del raggruppamento temporaneo con capogruppo la s.r.l. Nelsa, oggetto del suo ricorso principale.

5. Si deduce innanzitutto «l’assoluta genericità» del contratto di avvalimento tra la Nelsa e l’ausiliaria Siram, avente ad oggetto le attestazioni di qualificazione SOA nelle categorie OG11, classifica VI e OG1, classifica III. A questo riguardo l’odierna appellante evidenzia che il contratto di avvalimento si limita a riprodurre la formula dell’art. 49 d.lgs. n. 163 del 2006 (in particolare la lett. f), senza tuttavia aggiungere alcunché, ed in particolare senza la compiuta indicazione delle risorse e dei mezzi aziendali oggetto di prestito in favore del raggruppamento temporaneo aggiudicatario. La Acsm Agam sottolinea che secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato questa specificazione degli elementi materiali su cui si fonda l’avvalimento è invece richiesta anche per le attestazioni SOA.

6. Così riassunta la prospettazione dell’appellante, si rileva che il contratto di avvalimento indica le attestazioni che la Siram mette a disposizione della Nelsa e precisa che oggetto del prestito sono tutte le risorse tecniche, economiche e di personale che le hanno consentito di qualificarsi; le attestazioni in questione sono quindi allegate al contratto. Unitamente a quest’ultimo è stata prodotta in sede di gara anche la dichiarazione nei confronti della stazione appaltante richiesta dall’art. 49, comma 2, lett. d), d.lgs. n. 163 del 2006, che ha un tenore analogo ai contenuti del contratto di avvalimento concluso tra le parti.

7. Alla luce delle descritte risultanze la censura dell’odierna appellante non può essere accolta.

Non si intende qui decampare dal costante orientamento di questo Consiglio di Stato, secondo cui anche in caso di avvalimento dell’attestazione di qualificazione SOA, è necessario che nel contratto e nella dichiarazione unilaterale dell’impresa ausiliaria indirizzata alla stazione appaltante risulti che l’impresa ausiliaria metta effettivamente a disposizione della concorrente le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità, in conformità a quanto richiesto dagli (allora vigenti) artt. 49 d.lgs. n. 163 del 2006 e 88, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 207 del 2010 (regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici), e che, dunque, l’oggetto del contratto di avvalimento sia determinato attraverso la compiuto indicazione delle risorse e dei mezzi prestati (in questo senso da ultimo, Consiglio di Stato, IV, 2 dicembre 2016, n. 5052, citata dall’appellante).

Occorre tuttavia porre in relazione questo principio con quelli affermati in materia dall’Adunanza plenaria (sentenza 4 novembre 2016, n. 23). In questa pronuncia di nomofilachia si è tra l’altro affermato che il citato art. 88 del regolamento di esecuzione del previgente codice dei contratti pubblici, per la parte in cui prescrive che il contratto di avvalimento deve riportare «in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…)le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico», non legittima un’interpretazione volta a sancire la nullità del contratto a fronte di un oggetto che sia stato esplicitato in modo non determinato, ma solo determinabile. L’Adunanza plenaria ha quindi posto in risalto la necessità di svolgere un’indagine in ordine agli elementi essenziali del contratto di avvalimento sulla base delle generali regole interpretative sancite dal codice civile, ed in particolare sulla base degli artt. 1363 (rubricato «Interpretazione complessiva delle clausole»), e 1367 (rubricato «Conservazione del contratto»).

8. In questa linea, prima della decisione dell’Adunanza plenaria questa Sezione aveva ritenuto sufficientemente determinato il contratto di avvalimento in cui l’ausiliaria si è obbligata a mettere a disposizione le proprie risorse di carattere economico, finanziario ed organizzativo, nonché il personale dipendente e le attrezzature necessarie per l’esecuzione dei lavori, per categorie specificate, e le relative attestazioni SOA (sentenza 27 aprile 2015, n. 2063).

Più in generale, in materia di avvalimento deve tenersi conto che l’istituto in questione è finalizzato ad ampliare la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici e che occorre quindi evitare di incorrere in aprioristici schematismi concettuali che possano irrigidire in modo irragionevole la disciplina sostanziale della gara ed eccedere le esigenze vantate dall’amministrazione di certezza ed affidabilità degli impegni assunti dai partecipanti alla procedura di affidamento (in questo specifico senso: Cons. Stato, V, 22 dicembre 2016, n. 5423, 22 ottobre 2015, n. 4860).

Allora deve ritenersi che la determinabilità delle risorse aziendali messe a disposizione attraverso la relatio contrattuale a quelle in forza delle quali l’ausiliaria Siram ha ottenuto le qualificazioni SOA soddisfi le suddette esigenze della parte pubblica, perché una simile definizione dell’oggetto del contratto di avvalimento è rispondente al requisito di determinabilità stabilito dall’art. 1346 cod. civ. e quindi consente alla concorrente Nelsa e al Comune di Como di potere confidare su un impegno certo e coercibile nei confronti della medesima ausiliaria. Al contrario, l’opposta tesi – propugnata dall’appellante – comporterebbe la disapplicazione della norma codicistica sull’oggetto del contratto poc’anzi richiamata nello specifico settore dei contratti pubblici e delle norme sull’interpretazione di questi ultimi su cui ha invece posto l’enfasi l’Adunanza plenaria.

9. Si può passare al motivo concernente la soluzione di continuità del possesso dei requisiti speciali in capo al raggruppamento temporaneo con capogruppo la Nelsa, a causa dell’asserita perdita delle qualificazioni SOA da parte dell’ausiliaria Siram.

La Acsm Agam deduce al riguardo che nel periodo intercorrente tra la cessione in data 28 dicembre 2012 del ramo di azienda afferente ai servizi della specie di quello in contestazione da quest’ultima alla Gestione Integrata s.r.l., e fino al rilascio di una nuova attestazione di qualificazione da parte del competente organismo SOA (rilascio risalente al 7 novembre 2013) «l’aggiudicataria era rimasta priva dei necessari requisiti di partecipazione» (pag. 22 dell’appello).

10. Nel successivo contraddittorio tra l’appellante e le parti che ad essa resistono si è dato atto delle pronunce contrastanti che proprio con riguardo alla cessione di ramo d’azienda dalla Siram alla cessionaria Gestione Integrata sono state rese da parte di questo Consiglio di Stato: da un lato, le sentenze della Sezioni III, 12 novembre 2014, n. 5573 e 7 maggio 2015, n. 2296 e IV, 29 febbraio 2016, nn. 811, 812 e 813, favorevoli alla tesi sostenuta da Acsm Agam, e dall’altro quelle di questa Sezione del 18 ottobre 2016, nn. 4347 e 4348, relative alla procedura di gara oggetto del presente giudizio, invece contrarie agli assunti della medesima appellante.

In particolare, con le sentenze da ultimo richiamate questa Sezione ha definitivamente accertato l’illegittimità dell’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione in favore del raggruppamento temporaneo con capogruppo la Nelsa, escludendo che l’ausiliaria Siram abbia mai perso i requisiti di qualificazione (attestazioni di qualificazione SOA nelle categorie OG11, classifica VI e OG1, classifica III) oggetto di avvalimento in favore dell’aggiudicatario.

In particolare, la Sezione ha statuito che con il contratto in data 28 dicembre 2012, letto congiuntamente al prodromico accordo quadro di cessione del 5 dicembre 2011, non ha comportato il trasferimento in favore della cessionaria di un complesso di beni autonomi sul piano funzionale e produttivo, per cui nell’effetto traslativo non possono ritenersi incluse le qualificazioni SOA in questione. In base a questi precedenti tale circostanze è evincibile anche dal fatto che la cessionaria Gestione Integrata non ha ottenuto alcuna attestazione in tal senso.

Inoltre, nelle stesse pronunce si è escluso che un atto di cessione, quand’anche qualificabile come cessione di ramo d’azienda, comporti per il cedente in via automatica la perdita delle proprie qualificazioni, tale conseguenza non potendosi evincere dall’art. 76 del d.P.R. n. 207 del 2010.

11. A questi precedenti ha fatto seguito una sentenza della III Sezione nuovamente favorevole alla tesi delle appellate (9 gennaio 2017, n. 30). Quest’ultima, consapevole del contrasto di giurisprudenza, ha ritenuto inoltre di non deferire la questione all’Adunanza plenaria ex art. 99, comma 1, del codice del processo amministrativo.

Anche in quest’ultimo precedente è stata tra l’altro valorizzata la circostanza che dopo la cessione la Siram ha ottenuto la qualificazione SOA nelle categorie che possedeva in precedenza (cfr. in particolare i §§ 12 – 12.6). Prima di questi rilievi, la III Sezione ha anche accertato che, malgrado la cessione, la medesima società aveva comunque conservato un fatturato sufficiente a qualificarsi per la procedura di gara colà in contestazione.

12. Tutto ciò premesso, questo Collegio reputa di aderire all’orientamento espresso in questi ultimi precedenti e che pertanto il motivo d’appello in esame debba essere respinto. Deve inoltre essere disattesa anche la richiesta della Acsm Agam di deferimento della questione in sede di nomofilachia ai sensi della disposizione da ultimo richiamata.

13. Il rigetto del motivo si fonda innanzitutto sulle risultanze di prova già esaminate nei precedenti e versate agli atti anche di questo giudizio.

Come in particolare dedotto e comprovato dalla Siram, la cessione in data 28 dicembre 2012 ha riguardato un compendio di beni di ridottissime dimensioni rispetto alla propria struttura organizzativa ed aziendale: il valore dichiarato in atto è di € 4.158.606, di cui gran parte per avviamento (4 milioni), a fronte di ingenti volumi di fatturato (superiori a 700 milioni di euro). Dalla perizia di stima allegata al contratto di cessione risulta poi che i contratti d’appalto di gestione immobiliare ceduti sono solo cinque e che del tutto trascurabili sono i beni materiali parimenti alienati (ed infatti il valore è di soli € 158.606).

Quindi, come attestato all’Autorità nazionale anticorruzione dal proprio organismo SOA, ai fini del riesame delle attestazioni rilasciate dalla Siram, la cessione di ramo d’azienda del 28 dicembre 2012 ha avuto una incidenza minima su cifra d’affari, ammortamenti per attrezzature e personale dipendente, nel quinquennio 2003 – 2007 e nel successivo quinquennio 2008 – 2012 (nota del 31 luglio 2013, prodotta in primo grado da quest’ultima). Di ciò vi è rappresentazione grafica e numerica a mezzo di apposite tabelle nel documento in questione.

14. Dopo questo chiarimento fornito all’Autorità di vigilanza di settore il medesimo organismo ha quindi proceduto in senso conforme, con il rilascio alla Siram in data 7 novembre 2013 dell’attestazione di qualificazione SOA per le categorie e classifiche già possedute, tra cui quelle richieste per la procedura di gara in contestazione (attestazione n. 13307/11/00). L’attestazione in questione risulta inoltre essere stata rilasciata in relazione alla scadenza triennale ex art. 77 d.P.R. n. 207 del 2010 di quella originaria, risalente al 2010.

15. Così precisate le vicende fattuali sottese all’esame del motivo, che la stessa Acsm Agam non contesta, si ricava come nessuna soluzione di continuità dei requisiti di partecipazione si sia mai verificata per effetto della cessione di ramo d’azienda in questione.

L’appellante in realtà incentra la propria censura su ragioni di diritto, ed in particolare sulla tesi per cui ogni vicenda modificativa del patrimonio aziendale di un’impresa comporta automaticamente la perdita dei requisiti di qualificazione per partecipare a procedure di affidamento di contratti pubblici.

16. Questo assunto è stato tuttavia condivisibilmente disatteso dapprima da questa Sezione con le più volte citate sentenze del 18 ottobre 2016, nn. 4347 e 4348, proprio con riguardo alla medesima gara oggetto del presente giudizio, e quindi dalla III Sezione, con la parimenti menzionata sentenza del 9 gennaio 2017, n. 30.

A base di queste pronunce è posto innanzitutto il corretto rilievo di ordine generale secondo cui l’art. 76 d.P.R. n. 207 del 2010 non fornisce alcun supporto testuale alle tesi dell’odierna appellante. Quindi, gli stessi precedenti si fondano sul riscontro in concreto del fatto che la Siram ha conservato le proprie qualificazioni SOA anche dopo la cessione del ramo d’azienda, ottenendo alla scadenza prevista dal successivo art. 77 del regolamento di attuazione al previgente codice dei contratti pubblici la relativa attestazione.

17. La tesi della Acsm Agam è in particolare smentita dai commi 10 e 11 del medesimo art. 76.

La prima disposizione, relativa al caso «di cessione del complesso aziendale o del suo ramo», prevede che «il soggetto richiedente l’attestazione presenta alla SOA perizia giurata redatta da un soggetto nominato dal tribunale competente per territorio». Il successivo comma specifica che in tale ipotesi ai fini «dell’attestazione di un nuovo soggetto», gli organismi SOA «accertano quali requisiti di cui all’articolo 79 sono trasferiti al cessionario con l’atto di cessione», con la precisazione che la cedente non può qualificarsi sulla base del compendio aziendale ceduto, ma solo «sulla base dei requisiti acquisiti successivamente alla cessione del complesso aziendale o del suo ramo».

18. Dalle disposizioni regolamentari in esame si ricava in primo luogo che la qualificazione è demandata ad un accertamento in concreto, che deve essere compiuto dal competente organismo SOA e che in particolare che questo è richiesto – come è logico che sia - per il cessionario. In secondo luogo, nel negare che il cedente possa qualificarsi in base ai requisiti inerenti ai beni aziendali ceduti, la medesima disposizione postula evidentemente che lo stesso cedente possa conservare le precedenti qualificazioni, se e nella misura in cui queste siano riferibili al restante compendio aziendale. Lo strumento apposito è quindi la verifica prevista dal successivo art. 77.

19. Tutto ciò consente il libero esplicarsi dell’autonomia privata e la piena continuità nell’esercizio dell’impresa, anche quando siano in corso procedure di affidamento di contratti pubblici.

In particolare, la continuità nel possesso dei requisiti richiesta per questi ultimi inderogabilmente richiesta per queste ultime (per tutte, Cons. Stato, Ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8) può così coniugarsi con le fisiologiche dinamiche aziendali, senza la necessità, non giustificata da esigenze di pubblico interesse, che queste subiscano “arresti” o “cesure”. Ciò che invece pretenderebbe l’appellante, con detrimento delle esigenze di massima concorsualità, sottolineate in modo puntuale da questa Sezione nei precedenti relativi alla procedura di gara in contestazione più volte richiamati.

20. Per tutte queste ragioni non si ravvisano i presupposti per deferire la questione all’Adunanza plenaria, come accennato in precedenza.

Del resto l’ipotesi applicabile al caso di specie, di contrasto di giurisprudenza tra Sezioni del Consiglio di Stato, prevista dall’art. 99, comma 1, cod. proc. amm., ha carattere facoltativo (a differenza di quella obbligatoria di cui successivo comma 3), per cui la Sezione alla quale sia posta può disattendere la richiesta di parte, laddove non ravvisi la necessità di un intervento di nomofilachia (cfr. sul punto: Cons. Stato, III, 1 aprile 2016, n. 1307; V, 23 settembre 2015, n. 4441, 22 settembre 2015, n. 4419).

21. Si può passare ad esaminare il motivo d’appello nel quale la Acsm Agam sostiene che l’offerta della Nelsa sarebbe anomala.

L’appellante deduce al riguardo che il flusso ricavi attesi dal servizio a favore dell’appaltatore, da rapportare ai costi dallo stesso indicati nella propria offerta, è stato calcolato sulla base del dato storico, ovvero del consumo medio registrato nell’ultimo quinquennio, senza tenere conto che l’elemento qualificante del contratto in contestazione è l’“efficientamento” degli impianti tecnologici e la conseguente riduzione del fabbisogno energetico degli edifici, da cui conseguirebbe una diminuzione dell’«energia termica fatturata» rispetto ai consumi storici. L’appellante stima in € 248.230,78 questo minore introito, a fronte dei recuperi di efficienza energetica pari all’8,82% dichiarati dall’aggiudicatario.

22. Oltre a prospettare questo errore metodologico di base, la Acsm Agam censura l’operato dell’amministrazione in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta laddove in virtù degli interventi finalizzati al miglioramento dell’efficienza energetica offerti dalla controinteressata a quest’ultima è stato riconosciuto un abbattimento dei costi a titolo di consumo di gas (per € 99.103,97), mentre la riqualificazione degli impianti in realtà si riverbera sul rendimento energetico e dunque sui ricavi spettanti all’appaltatore.

23. L’appellante ritiene inoltre che non sia possibile riconoscere a quest’ultimo un incremento dei ricavi per effetto degli incentivi connessi alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico previsto nell’offerta del raggruppamento temporaneo aggiudicatario (c.d. quinto conto energia, per un valore stimato di € 46.854,00), dal momento che, come comunicato dal Gestore del servizio elettrico – GSE, questa contribuzione pubblica è cessata a decorrere dal 6 luglio 2013.

24. Inoltre Acsm Agam sostiene che nella verifica di congruità non si sarebbe tenuto conto di ulteriori costi a carico dell’aggiudicatario o di ulteriori anomalie dell’offerta, e cioè, non sarebbero stati computati i costi dovuti per l’avvalimento e quelli per la ritaratura e nuova certificazione dei sistemi di contabilizzazione dell’energia, che peraltro la Nelsa non ha offerto provvisti di tecnologia ad ultrasuoni, come invece previsto dal capitolato d’appalto, mentre gli interventi offerti non sarebbero tecnicamente eseguibili; la commissione non avrebbe considerato che il sistema di telecontrollo offerto non è compatibile con i misuratori di calore installati.

25. Quindi, sempre secondo l’appellante, la quantificazione delle spese generali nella misura del 6,5% sarebbe insufficiente in relazione alle spese di progettazione, certificazione energetica e riqualificazione degli impianti, per i quali dovrebbe invece applicarsi la maggior quota del 10%, già stimata dalla Nelsa per gli interventi di ristrutturazione impiantistica.

26. Per effetto di queste correzioni – conclude Acsm Agam - l’utile finale riveniente dal contratto in contestazione passerebbe dal 6,69% ad un valore negativo pari a -3,11%, dacché l’insostenibilità economica dell’offerta della Nelsa.

27. Le censure sono infondate.

Come innanzitutto osservano amministrazione resistente e controinteressata, in modo condivisibile secondo questa Sezione, gli interventi di riqualificazione energetica che il raggruppamento di imprese aggiudicatario si è impegnato ad eseguire comporta una riduzione di costi per quest’ultimo a fronte di una quantità di energia prodotta, e conseguentemente fatturata al Comune, corrispondente a quella pregressa. Gli interventi volti ad incrementare l’efficienza hanno proprio lo scopo di ridurre gli oneri di produzione del “servizio calore” attraverso una diminuzione dei consumi, a fronte di fabbisogni energetici immutati.

Pertanto deve ritenersi corretta la metodologia di stima dell’equilibrio economico dell’offerta seguito dalla stazione appaltante nel sub-procedimento di verifica di anomalia, così come non censurabile l’abbattimento di costi di produzione del servizio ipotizzati dalla commissione incarica di effettuare tale verifica.

28. Quanto all’insussistenza dei presupposti per l’accesso al regime agevolativo previsti dal quinto conto energia per impianti di produzione di energia da fonti alternative, la controinteressata Nelsa ha replicato ammettendo tale circostanza, ma soggiungendo che gli impianti che essa realizzerà in esecuzione del contratto in contestazione potranno beneficiare del «conto termico di cui al DM 28/12/2012 per un totale di € 1.811.827,00», senza che a tale deduzione sia seguita alcuna replica da parte di Acsm Agam. Inoltre, la medesima Nelsa ha specificato che gli incentivi inizialmente previsti a titolo di quinto conto energia si attestano all’1,33% del valore del contratto, per cui non comporterebbero una elisione totale dell’utile atteso (che secondo l’aggiudicataria è pari al 6,76%).

Non è dunque possibile configurare a questo specifico riguardo alcun errore della stazione appaltante incidente sulla doverosa verifica della complessiva sostenibilità economica dell’offerta.

29. Venendo agli ulteriori costi asseritamente non computati, Nelsa ha precisato che:

- per quelli rivenienti dall’avvalimento sono stati inseriti in quelli generali pari al 6,5% e per quelli per la specifica messa a disposizione delle risorse aziendali oggetto di tale contratto si farà ricorso al subappalto, anche qui senza alcuna avversa deduzione contraria da parte dell’appellante;

- con riguardo agli oneri per la ritaratura e nuova certificazione dei sistemi di contabilizzazione dell’energia, espressamente consentita dal capitolato speciale (art. 10.1), gli stessi figurano nei computi metrici prodotti in sede di verifica dell’anomalia, mentre per quelli forniti ex novo, lo stesso capitolato consentiva di proporre offerte migliorative (art. 12), come in effetti avvenuto;

- nella fornitura del nuovo sistema di telecontrollo è inclusa la sostituzione della telegestione precedente, con indicazione del relativo costo e l’installazione del relativo protocollo operativo e configurazione di sistema;

- l’assunto secondo cui una quantificazione del 10% del valore dell’appalto delle spese generali per le spese di progettazione, certificazione energetica e riqualificazione degli impianti comporta una sovrapposizione valutativa tra le censure della Acsm Agam e il giudizio tecnico della commissione incaricata della verifica di congruità dell’offerta, che si pone al di fuori del sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

30. Le difese della Nelsa sono nel loro complesso convincenti e idonee a smentire le avverse tesi di manifesta inattendibilità, irragionevolezza, arbitrarietà o illogicità delle valutazioni tecniche operate della stazione appaltante, così il motivo di censure in questione deve essere respinto.

31. Si può dunque procedere all’esame dei motivi diretti a censurare la gara, svolti da Acsm Agam in via subordinata.

32. L’appellante reitera innanzitutto la censura di incompetenza del segretario generale del Comune di Como a nominare le commissioni di gara (quella giudicatrice dell’offerta e quella incaricata della verifica di congruità), per violazione degli artt. 107, comma 3, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e 84, comma 2, del codice dei contratti pubblici allora vigente.

33. Il motivo non è fondato.

Deve premettersi sul punto che il segretario generale riveste un ruolo e svolge funzioni all’interno dell’ente locale non assimilabili a quelle del vertice politico. In particolare, rispetto a quest’ultimo, il segretario generale è posto in rapporto di dipendenza funzionale (art. 98), e la sua attività si esplica nella «collaborazione» e nell’«assistenza giuridico-amministrativa» a favore dello stesso (comma 2 dell’art. 97), laddove nei confronti della dirigenza la stessa figura ne sovrintende e coordina l’operato (art. 97, comma 4, t.u.e.l.). Il rapporto organico del segretario generale è quindi condizionato dalle scelte e dalla durata del medesimo vertice politico (artt. 98 – 100), in modo non dissimile rispetto a quanto previsto per l’alta dirigenza statale e, molto spesso, per l’alta dirigenze delle amministrazioni regionali.

34. Dal complesso di queste disposizioni si evince quindi che la figura in esame, sostanzialmente di raccordo tra la funzione di indirizzo politico - amministrativo e quella di amministrazione/gestione, non è riconducibile alla prima.

Di essa il segretario generale è fiduciario, ma questo elemento è consustanziale alla funzione di orientamento dell’azione di indirizzo politico-amministrativo di questa nel rispetto dei limiti consentiti dall’ordinamento giuridico prevista dalle norme in esame. Peraltro, analoga funzione è svolta dal segretario rispetto all’attività di amministrazione attiva della dirigenza.

35. Ne consegue che l’attribuzione statutaria al proprio segretario generale di questo potere di nomina, che la Acsm Agam contesta, non collide con le citate disposizioni normative.

Infatti, il sopra richiamato art. 84, comma 2, nell’estendere al settore dei contratti pubblici il principio di separazione politica-amministrazione sancito in via generale dall’art. 107, comma 7, d.lgs. n. 267 del 2000, al fine di assicurare l’imparzialità degli organi di gara, pone un divieto di ingerenza nelle procedure di affidamento di tali contratti nei confronti di figure di estrazione politica e non burocratica, mentre quest’ultima è la natura del segretario generale alla luce delle norme di cui sopra.

36. Con una ulteriore censura l’appellante ribadisce che la commissione giudicatrice nominata dal segretario generale sarebbe sprovvista del requisito dell’esperienza «nello specifico settore cui si riferisce l'oggetto del contratto», ai sensi del medesimo art. 84, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006.

37. Il motivo è infondato.

In primo luogo deve essere richiamato l’orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato formatosi con riguardo alla disposizione del previgente codice dei contratti ora citata.

Nell’ambito di questo indirizzo si afferma in particolare che il requisito di capacità in questione deve essere inteso in modo coerente con la poliedricità delle competenze richieste in relazione all’appalto da affidare e che non si può esigere che l’esperienza professionale di ciascun componente copra tutti gli aspetti oggetto della gara, essendo invece sufficiente che le professionalità dei vari membri si integrino e completino reciprocamente, in modo da assicurare il rispetto del requisito imposto dalla legge da parte dell’organo di gara nel suo insieme (ex plurimis, Cons. Stato, III, 9 gennaio 2017, n. 31, 17 dicembre 2015, n. 5706, 14 dicembre 2015, n. 5670; VI, 20 aprile 2016, n. 1556, 11 dicembre 2014, n. 6079, 10 giugno 2013, n. 3203).

38. Tanto precisato in diritto, nel caso di specie i cinque commissari nominati esibiscono una professionalità composita e pertinente all’oggetto del servizio in contestazione. I membri in questione risultano infatti tutti laureati, in scienze ingegneristiche, architettoniche, economiche giuridiche, tutte implicate nella procedura di affidamento in contestazione, e vantano una pregressa esperienza di incarichi simili o connessi in gare o contratti precedenti.

39. La Acsm Agam censura quindi la genericità i criteri di valutazione tecnica delle offerte, ritenendoli generici.

40. Anche questo motivo deve essere respinto.

L’appellante lamenta innanzitutto che solo per un elemento di valutazione, quello relativo alle proposte migliorative, il Comune di Como abbia specificato i sub-criteri di valutazione.

Sennonché, come controdedotto da quest’ultimo, in base all’art. 83, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006 questa ulteriore definizione dei parametri valutativi costituisce una facoltà per le stazioni appaltanti e non già un obbligo la cui mancata osservanza determina l’illegittimità della normativa di gara.

Quindi, questa facoltà risulta essere stata esercitata in modo ragionevole, dal momento che, diversamente da quanto sostiene l’appellante, gli altri criteri di valutazione - relativi alla riqualificazione degli impianti energetici e all’utilizzo di fonti energetiche alternative – sono sufficientemente specifici ed idonei a rendere verificabile l’operato della commissione giudicatrice nell’esame delle offerte tecniche.

41. Con un ultima censura la Acsm Agam deduce l’incompletezza della documentazione di gara, per mancanza della diagnosi energetica degli impianti, la quale costituirebbe – secondo l’appellante - «una base informativa sullo stato degli immobili e degli impianti indispensabile per assicurare, da un parte, alle imprese concorrenti di predisporre offerte tecniche affidabili in quanto coerenti con lo stato di fatto esistente e, dall’altra parte, alla Commissione giudicatrice di apprezzare in modo corretto, trasparente ed imparziale l’effettiva validità di tali offerte ed il valore delle stesse rispetto agli elementi di valutazione prospettati nel Disciplinare di gara» (pag. 47 dell’appello). Secondo la Acsm Agam, inoltre, la mancanza di questo documento non è surrogabile dal sopralluogo previsto dal medesimo disciplinare.

42. Anche questo motivo è infondato.

L’assunto secondo cui l’assenza di questo documento impedirebbe ai concorrenti di formulare offerte consapevoli è contraddetto dalla presentazione di un’offerta da parte della stessa appellante, la quale, rispetto ad una previsione di lex specialis immediatamente lesiva, secondo la sua stessa prospettazione, avrebbe dovuto insorgere in sede giurisdizionale quando il bando e il disciplinare di gara sono stati pubblicati.

43. Come peraltro controdedotto dal Comune di Como, la mancanza di questa diagnosi energetica è stata giudicata legittima dall’Autorità nazionale anticorruzione, cui l’amministrazione si è rivolta con richiesta di parere ex art. 6, comma 7, lett. n), d.lgs. n. 163 del 2006, ottenendo risposta favorevole. A questa carenza la medesima stazione appaltante ha quindi inteso ovviare, deducendo la formazione di questo documento tra le prestazioni demandate all’appaltatore, ma prima consentendo ai concorrenti di prendere la necessaria cognizione sulle caratteristiche degli impianti attraverso il sopralluogo.

44. In conclusione, l’appello deve essere accolto solo in parte, e cioè relativamente al ricorso incidentale di primo grado della Nelsa, che contrariamente a quanto statuito dal Tribunale amministrativo deve essere respinto. Il medesimo appello deve invece essere respinto nella parte relativa al ricorso principale riproposto in secondo grado dalla Acsm Agam. Nei limiti ora descritti deve quindi essere riformata la sentenza di primo grado, dovendosi per il resto respingere quest’ultimo mezzo.

Le spese di causa seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso incidentale della Nelsa s.p.a. e pronunciando sul ricorso principale della Acsm Agam s.p.a., lo respinge anch’esso.

Condanna quest’ultima a rifondere alle parti appellate Comune di Como, Nelsa s.p.a. e Siram s.p.a. le spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 6.000,00, oltre agli accessori di legge, per ciascuna parte.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Raffaele Prosperi, Consigliere

 

 

Guida alla lettura.

La giurisprudenza del Supremo Consesso amministrativo ritorna, in mondo confermativo, sui requisiti e sulla portata dell’istituto dell’avvalimento, specie se riferito all’avvalimento delle certificazioni di qualità SOA; richiamando un principio più che consolidato in ordine alla effettività dei requisiti prestati dall’ausiliaria che, quindi, ostano alla ammissibilità di contratto di avvalimento estremamente generico in quanto, vi deve essere una compiuta indicazione dei mezzi e risorse “prestate”.

Posto infatti che l 'art. 88 del dPR n. 207/2010 chiarisce che "per la qualificazione in gara", il contratto di avvalimento "deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente", per quanto riguarda l'oggetto, "le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico", laddove l'ausiliaria non abbia messo a disposizione alcuna risorsa, né vi sia stata specificazione sul tipo di dotazioni, mezzi e personale rese disponibili deve operare il secondo cui va esclusa dalla gara pubblica l'impresa che, ai fini della partecipazione, abbia prodotto contratto di avvalimento nel quale però manchi del tutto la puntuale indicazione delle risorse, dei mezzi o di altro elemento necessario, che s'intende mettere a disposizione dell'impresa istante, dovendo escludersi che l'oggetto del contratto possa essere determinato per relationem alla qualificazione SOA.

 In altri termini, deve convenirsi che nelle gare pubbliche non può ritenersi valido ed efficace il contratto di avvalimento che si limiti ad indicare genericamente che l'impresa ausiliaria si obbliga nei confronti della concorrente a fornirle i propri requisiti e a mettere a sua disposizione le risorse necessarie, di cui essa è mancante, per tutta la durata dell'appalto, senza però in alcun modo precisare in che cosa tali risorse materialmente consistano e senza che tale carenza possa reputarsi colmata dal semplice riferimento contrattuale all'attestazione SOA per le categorie in questione; le parti, principale e ausiliaria, devono infatti impegnarsi a mettere a disposizione non il solo requisito soggettivo quale mero valore astratto, ma è necessario che risulti chiaramente che l'ausiliaria presti le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, a seconda dei casi: mezzi, personale e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti.

Il quid pluris segnato dalla sentenza in esame, rispetto ad un orientamento giurisprudenziale praticamente granitico è che, tuttavia, il disposto dell’art.88 del previgente Regolamento va necessariamente letto ed armonizzato con il principio affermato in materia dall’Adunanza plenaria (sentenza 4 novembre 2016, n. 23).

La pronunzia di nomofilachia appena citata, tra l’altro afferma che l’ art. 88 del regolamento di esecuzione del previgente codice dei contratti pubblici, per la parte in cui prescrive che il contratto di avvalimento deve riportare «in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…)le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico», non legittima un’interpretazione volta a sancire la nullità del contratto a fronte di un oggetto che sia stato esplicitato in modo non determinato, ma solo determinabile. L’Adunanza plenaria ha quindi posto in risalto la necessità di svolgere un’indagine in ordine agli elementi essenziali del contratto di avvalimento sulla base delle generali regole interpretative sancite dal codice civile, ed in particolare sulla base degli artt. 1363 (rubricato «Interpretazione complessiva delle clausole»), e 1367 (rubricato «Conservazione del contratto»).

In questo ultimo contesto, argomenta il Consiglio di Stato nella parte motiva della sentenza n.23/2016, occorre premettere che l’istituto dell’avvalimento è stato introdotto nell’ordinamento nazionale in attuazione di puntuali prescrizioni dell’ordinamento UE e che esso risulta volto, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, a conseguire l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile.

Si tratta, secondo la Corte, di un obiettivo perseguito dalle direttive a vantaggio non soltanto degli operatori economici, ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici (in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009 in causa C-305/08, CoNISMa).

L’enucleazione dell’istituto mira inoltre a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, cui tende altresì la direttiva 2004/18, come posto in rilievo dal considerando 32 (in tal senso la sentenza del 10 ottobre 2013 in causa C-94/12 –SWM Costruzioni).

Trattandosi di obiettivi generali dell’ordinamento eurounitario (e sulla base di generali canoni ermeneutici di matrice UE), grava sull’operatore nazionale l’obbligo di interpretare le categorie del diritto nazionale in senso conforme ad essi (c.d. criterio dell’interpretazione conforme) e di non introdurre in relazione ad essi vincoli e limiti ulteriori e diversi rispetto a quelli che operano in relazione alle analoghe figure del diritto interno (si tratta di un corollario applicativo dei generali principi di parità di trattamento e di non discriminazione che devono assistere le posizioni giuridiche e gli istituti di matrice eurounitaria).

Anche di recente la giurisprudenza della Corte di Giustizia si è soffermata sui vincoli e sui limiti che i Legislatori nazionali possono legittimamente imporre in sede di disciplina positiva dell’istituto dell’avvalimento.

E’ stato affermato al riguardo che gli articoli 47, paragrafo 2 e 48 paragrafo 3 della direttiva 2004/18/CE (in tema, appunto, di avvalimento) non ostano in via assoluta a disposizioni di diritto interno volti a limitare - in casi eccezionali - la possibilità per gli operatori di fare ricorso all’istituto dell’avvalimento.

Tuttavia, in assenza di siffatte e motivate condizioni eccezionali, l’applicazione dei richiamati principi di parità di trattamento e di non discriminazione osta all’introduzione da parte dei Legislatori nazionali di vincoli e limiti alla generale possibilità per gli operatori di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti.

Ne consegue che l’applicazione dei richiamati canoni di parità di trattamento e di non discriminazione osta alla proposta interpretazione secondo cui l’individuazione dell’oggetto del contratto di avvalimento dovrebbe sottostare a requisiti ulteriori e più stringenti rispetto a quelli ordinariamente previsti per la generalità dei contratti ai sensi degli articoli 1325 e 1346 e del codice civile; sicché, al contenuto di tali disposizioni, ed all’interpretazione che ne è comunemente data, va riportato anche il disposto di cui all’art. 88, comma 1, del D.P.R. n. 207 del 2010, che va pertanto letto in coerenza con le predette disposizioni codicistiche.

Allora, l’indagine in ordine agli elementi essenziali del contratto (anche ai fini dell’individuazione di eventuali forme di invalidità) deve essere svolta sulla base delle generali regole sull’ermeneutica contrattuale e, segnatamente, sulla base:

- dell’articolo 1363 cod. civ. (rubricato ‘Interpretazione complessiva delle clausole’), secondo cui “le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto” e

- dell’articolo 1367 del medesimo codice (rubricato ‘Conservazione del contratto’), secondo cui “nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”.

Quanto appena argomentato è necessario corollario della precisa volontà del legislatore nazionale e comunitario di considerare l’avvalimento quale istituto deputato ad ampliare la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici e che occorre quindi evitare di incorrere in aprioristici schematismi concettuali che possano irrigidire in modo irragionevole la disciplina sostanziale della gara ed eccedere le esigenze vantate dall’amministrazione di certezza ed affidabilità degli impegni assunti dai partecipanti alla procedura di affidamento.