TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 25 gennaio 2017, n. 187

1. Una clausola che, da un lato, sancisca l’obbligo per i concorrenti e per l’aggiudicatario di tenere comportamenti improntati a correttezza e buona fede “sia nell'intero procedimento di gara sia durante l'esecuzione del contratto”; e che, dall’altro lato, quantifichi nel 10% del valore dell’appalto la somma dovuta dalla parte inadempiente a titolo di liquidazione forfetaria del danno non costituisce una sanzione pecuniaria afflittiva ma riveste la natura di una vera e propria clausola penale.

2. La disposizione della lex specialis di gara che imponga ai partecipanti l’accettazione di una clausola penale ritenuta manifestamente sproporzionata e comunque eccessiva deve essere impugnata entro il termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione del bando; e ciò perché detta previsione ha natura immediatamente lesiva essendo finalizzata all’assunzione da parte di ciascun concorrente di un’obbligazione che incide, per il suo consistente valore economico, sulla possibilità di formulare un’offerta (1).

3. L’atto con il quale l’Amministrazione ha dato applicazione in danno di un appaltatore ad una clausola penale è espressione di una pretesa di natura solo privatistica e correlata ad un fatto di inadempimento di una specifica obbligazione gravante sull’aggiudicatario, sicché la relativa controversia è sottratta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (2).

 

(1)     Sulla immediata lesività di previsioni di gara che impediscano la partecipazione o impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati ovvero che rendano impossibile la stessa formulazione dell'offerta, cfr. tre le tante:  Cons. Stato, Ad. Plen. 29 gennaio 2003, n. 1; Cons. Stato, Sez. III, 10 agosto 2016, n. 3595; Cons. Stato, Sez. III, 7 marzo 2016, n. 921; Cons. Stato, Sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 361.

(2)     Conforme: Cass. Civ., SS.UU., 22 dicembre 2011 n. 28342 e Cass Civ. SS. UU., 22 agosto 2007 n. 17829.

 

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 985 del 2016, proposto da:

Servicedent Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Cerami C.F. CRMCRL65B02L781S, Angela Ruotolo C.F. RTLNGL71H59E864N, Rocco Mangia C.F. MNGRCC42L05F881A, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Galleria S. Babila, 4/A;

contro

Asst Nord Milano (già Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Riccardo Marletta C.F. MRLRCR65S15F205R, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, p.zza Duse, 3;

per l'annullamento

-         del provvedimento dell'ASST Nord Milano, prot. 6356, datato 4 aprile 2016, avente ad oggetto "Servizio di assistenza specialistica in odontoiatria; applicazione della penale", con il quale è stata applicata la penale di euro 4.537.100,00 per la presunta violazione della "dichiarazione d'impegno a tenere un comportamento di correttezza e buona fede" allegata, a pena di esclusione, alla domanda di partecipazione alla gara;

-         di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi, in parte qua, il bando di gara pubblicato sulla GUCE in data 30/07/2014 ed il relativo disciplinare di gara.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Asst Nord Milano (già Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2016 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Servicedent Srl impugna i provvedimenti indicati in epigrafe, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili e ne chiede l’annullamento.

Si costituisce in giudizio Asst Nord Milano, eccependo l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del ricorso avversario, di cui chiede il rigetto.

Le parti producono memorie e documenti.

All’udienza del 15 dicembre 2016 la causa viene trattenuta in decisione.

DIRITTO

1) Dalla documentazione prodotta in giudizio e dalle allegazioni delle parti emerge che:

A) in data 30 luglio 2014 l’Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento, oggi ASST Nord Milano, indiceva una gara aperta del valore di complessivo di Euro 45.371.000,00, divisa in due lotti, per l’affidamento del Servizio di Assistenza Specialistica di Odontoiatria presso i Centri Odontostomatologici dei Poliambulatori Città di Sesto San Giovanni, Cusano Milanino, Cologno Monzese, nonché presso i centri Odontostomatologici dei Poliambulatori di Milano siti in via C. Farini, n. 9, via Livigno, n. 2/a e via Saint Bon;

B) ai fini della partecipazione alla procedura il disciplinare di gara prevedeva espressamente la sottoscrizione di una dichiarazione, allegata al disciplinare stesso (All. 3), con la quale la società partecipante si obbligava “a tenere un comportamento di estrema correttezza e di rigorosa buona fede, sia nell'intero procedimento di gara., sia nella fase di esecuzione del contratto. A tale scopo la Società si fa garante dell'operato dei propri amministratori, funzionari e dipendenti tutti, a prescindere dai limiti del rapporto organico e institorio. La sottoscritta Società, pertanto, si obbliga, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1382, I° e II° comma del Codice Civile, al pagamento di una penale, a favore dell'Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento, pari al 10% del valore globale dell'appalto, e salvo, ai sensi dello stesso articolo 1382 C.C., il risarcimento degli ulteriori danni dovuti per la risoluzione del contratto e per l'affidamento della fornitura a terzi, qualora, in violazione dell'impegno assunto, i soggetti prima indicati, direttamente o tramite interposta persona, abbiano commesso o commettano fatti, comunque connessi ovvero finalizzati a turbare il legale e trasparente svolgimento della gara, o la corretta ed utile esecuzione del contratto e, più specificatamente ma non esaustivamente, previsti e descritti dalle seguenti norme…”;

C) in data 6 ottobre 2016 Servicedent srl, per il tramite del legale rappresentante Dott.ssa Maria Paola Antonia Canegrati, provvedeva alla sottoscrizione di tale dichiarazione e alla presentazione dell’istanza di partecipazione alla gara;

D) all’esito delle operazioni di gara entrambi i lotti venivano aggiudicati a Servicedent srl, con deliberazione n. 873, datata 23 dicembre 2014; E) nel corso dell’esecuzione dell’appalto, il G.I.P. presso il Tribunale di Monza, in data 27 gennaio 2016, adottava nei confronti di più persone, compresa la Dott.ssa Paola Canegrati, allora rappresentante legale di Servicedent srl, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per diversi episodi di corruzione e di turbativa d’asta asseritamente consumati nell’ambito di procedure pubbliche d’appalto, comprese quelle indette dall’Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento, oggi ASST Nord Milano;

E) la stazione appaltante, con nota del 4 aprile 2016, da un lato, evidenziava che le condotte descritte nell’ordinanza di custodia cautelare rappresentavano un’evidente violazione dell’impegno a “tenere un comportamento di estrema correttezza e di rigorosa buona fede, sia nell'intero procedimento di gara sia durante l'esecuzione del contratto”, dall’altro, richiedeva a Servicedent srl il pagamento della penale, pari al 10% del valore globale dell’appalto e, quindi, per un importo di Euro 4.537.100,00;

F) vale precisare, ai fini della compiuta esposizione della situazione di fatto, che in data 10 giugno 2016, su proposta del Presidente della Autorità Nazionale Anticorruzione, il Prefetto di Milano ha nominato due amministratori straordinari per la gestione temporanea della società Servicedent srl;

G) non nota datata 13 giugno 2016, n. 11508 la ASST Nord Milano intimava nuovamente il pagamento della penale suindicata.

2) La ricorrente contesta, da un lato, il disciplinare di gara nella parte in cui introduce la clausola in contestazione, ossia l’obbligo di presentare l’allegato 3 al disciplinare medesimo, dall’altro, l’atto con il quale la stazione appaltante ha chiesto il pagamento della penale.

Si tratta di due profili che devono essere esaminati separatamente.

2.1) La prima contestazione attiene all’introduzione nel corpo della lex specialis della clausola contenuta nell’art. B.4.3 del disciplinare, nonché all’allegato 3 del disciplinare stesso.

In parte qua il ricorso è inammissibile.

Si è già evidenziato che la legge di gara prevede che l’offerta sia corredata, sin dal momento della sua presentazione, da una dichiarazione, firmata digitalmente da parte del legale rappresentante della ditta concorrente, recante “l’impegno a tenere un comportamento di correttezza e buona fede redatta in conformità a quanto contenuto nel modulo Allegato 3” al disciplinare.

L’allegato 3, che è parte integrante della lex specialis, prevede a sua volta che l’obbligo in questione attiene sia al comportamento da tenere durante “l’intero procedimento di gara”, sia alle condotte attinenti alla “fase di esecuzione del contratto”.

L’allegato 3 specifica il contenuto di tale obbligo, stabilendo che ciascun operatore concorrente “si fa garante dell'operato dei propri amministratori, funzionari e dipendenti tutti, a prescindere dai limiti del rapporto organico e institorio”.

Tale obbligo si traduce, espressamente, “ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1382, I° e II° comma del Codice Civile” nel “pagamento di una penale, a favore dell'Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento, pari al 10% del valore globale dell'appalto, e salvo, ai sensi dello stesso articolo 1382 C.C., il risarcimento degli ulteriori danni dovuti per la risoluzione del contratto e per l'affidamento della fornitura a terzi, qualora, in violazione dell'impegno assunto, i soggetti prima indicati, direttamente o tramite interposta persona, abbiano commesso o commettano fatti, comunque connessi ovvero finalizzati a turbare il legale e trasparente svolgimento della gara, o la corretta ed utile esecuzione del contratto e, più specificatamente ma non esaustivamente, previsti e descritti” dalle disposizioni penali che configurano determinate tipologie di reato, tra le quali, turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione e istigazione alla corruzione.

La ricorrente lamenta l’illegittimità di tale previsione, in quanto introdurrebbe, a pena di esclusione, un onere sproporzionato e manifestamente eccessivo.

Sul punto, va evidenziato che, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, soggiacciono all’onere dell’immediata impugnazione le clausole della lex specialis che impediscano la partecipazione, o impongano oneri manifestamente incomprensibili, o del tutto sproporzionati, ovvero che rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta (cfr. da ultimo, tra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, 10 agosto 2016, n. 3595 e giur. ivi citata).

Nel caso di specie, il bando, nel prevedere come elemento essenziale dell’offerta anche la dichiarazione di accettazione della clausola prevista nell’art. B.4.3 del disciplinare, nonché nell’allegato 3 del disciplinare stesso, introduce una previsione che, siccome ritenuta manifestamente sproporzionata e comunque eccessiva, lede ab origine la sfera giuridica del concorrente, perché finalizzata all’assunzione da parte di quest’ultimo di un’obbligazione che incide, per il suo consistente valore economico, sulla possibilità di formulare un’offerta.

Il carattere immediatamente lesivo della clausola de qua ne impone l’immediata impugnazione, attraverso la diretta contestazione del disciplinare di gara, entro i termini di impugnazione stabiliti dalla legge.

Nel caso di specie, la ricorrente ha contestato la clausola in questione solo congiuntamente all’atto con il quale la stazione appaltante, in sede di esecuzione del contratto, ha attivato la pretesa risarcitoria prevista dalla lex specialis, pretendendo il pagamento della relativa somma.

La contestazione è, pertanto, inammissibile, perché rivolta avverso una previsione della lex specialis immediatamente lesiva, non impugnata direttamente entro il termine perentorio stabilito dalla legge e, pertanto, ormai consolidatasi.

Va, pertanto, ribadita l’inammissibilità del ricorso in parte qua.

2.2) Servicedent Srl contesta, altresì, l’atto prot. 6356, datato 4 aprile 2016, avente ad oggetto “Servizio di assistenza specialistica in odontoiatria; applicazione della penale” con il quale l'ASST Nord Milano ha applicata la penale di euro 4.537.100,00 per la presunta violazione della “dichiarazione d'impegno a tenere un comportamento di correttezza e buona fede”, allegata alla domanda di partecipazione alla gara.

E’ fondata l’eccezione con la quale la stazione appaltante deduce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

L’appartenenza o meno della controversia in esame alla giurisdizione del giudice amministrativo dipende dalla qualificazione della clausola prevista nell’art. B.4.3 del disciplinare, nonché nell’allegato 3 del disciplinare stesso e, quindi, dalla definizione della natura giuridica del vincolo che discende dalla presentazione della dichiarazione prevista proprio da tale allegato.

La ricorrente sostiene che, al di là del formale riferimento alla disciplina civilistica della clausola penale, il disciplinare di gara e l’allegato 3 non introdurrebbero una penale in senso proprio, con la “funzione di integrare la disciplina contrattuale con la previsione di una pena privata a garanzia della regolare esecuzione delle operazioni prodromiche alla stipulazione del contratto e della sua successiva esecuzione”, ma conterrebbero “un vero e proprio atto autoritativo che dispone - quale conseguenza sfavorevole dell'illecito contestato – l’applicazione coattiva, da parte della Stazione Appaltante, di una sanzione pecuniaria di tipo afflittivo nei confronti del trasgressore, diversa ed ulteriore rispetto alle sanzioni che l’ordinamento prevede per la repressione dei comportamenti descritti nell'ambito” della dichiarazione prevista dall’allegato 3.

Di qui la sussistenza, secondo la tesi della ricorrente, della giurisdizione del giudice amministrativo con riguardo alle relative controversie, non vertendosi in materia di contestazioni afferenti alla fase esecutiva del contratto e non trattandosi neppure di misure sanzionatorie riconducibili all'ambito di applicazione della L. n. 689/1981, ossia derivanti dell’esercizio di poteri di polizia amministrativa asseritamente spettanti alla stazione appaltante.

La tesi non può essere condivisa.

La clausola in esame non si caratterizza per la previsione dell’obbligo di tenere comportamenti improntati a correttezza e buona fede, tanto durante la procedura di gara, quanto nel corso dell’esecuzione del contratto, poiché per tale aspetto il disciplinare è meramente ricognitivo di previsioni normative generali, che impongono ai soggetti parti di un rapporto contrattuale in formazione di comportarsi secondo i canoni generali della correttezza e della buona fede.

L’elemento che qualifica la clausola è, piuttosto, la quantificazione, in caso di violazione degli obblighi suindicati, della prestazione risarcitoria cui è tenuta la parte inadempiente; in particolare, viene definita una liquidazione forfetaria minima del danno da inadempimento, con espressa salvezza delle prese risarcitorie per “gli ulteriori danni dovuti per la risoluzione del contratto e per l'affidamento della fornitura a terzi previsione”.

A ben vedere, quindi, il disciplinare riproduce la struttura tipica dell’istituto delineato dall’art. 1382 e seg. c.c., non solo richiamando espressamente tale disposizione, ma soprattutto introducendo una disciplina che integra, formalmente e sostanzialmente, una clausola penale, perché quantifica una prestazione risarcitoria correlata all’inadempimento di una specifica obbligazione che il concorrente ha assunto nel presentare la domanda di partecipazione alla gara, corredata dalla dichiarazione prevista dall’allegato 3.

Si tratta di una pattuizione negoziale diretta a forfetizzare il danno da inadempimento dell’obbligazione di comportarsi secondo correttezza e buona fede, obbligazione che viene specificata nel suo concreto contenuto, sia sul piano soggettivo, con la previsione della responsabilità di ciascun concorrente per l’operato “dei propri amministratori, funzionari e dipendenti tutti, a prescindere dai limiti del rapporto organico e institorio”, sia sul piano oggettivo, mediante l’enucleazione, solo esemplificativa, di fattispecie, anche penalmente rilevanti, cui si correla la violazione dell’obbligazione de qua.

La clausola non è espressione di un potere sanzionatorio, che, secondo la ricorrente, la stazione appaltante avrebbe assunto come proprio in difetto di qualunque previsione normativa, in quanto, l’inequivoco tenore letterale evidenzia che la sua funzione non è quella di sanzionare il concorrente incorso in violazioni di precetti puntualmente indicati e funzionali alla tutela di specifici interessi pubblici, ma di stabilire una quantificazione forfetaria minima del danno da inadempimento di una specifica obbligazione.

La prestazione patrimoniale è correlata all’inadempimento di un’obbligazione, a tutela dell’interesse patrimoniale della stazione appaltante, a fronte del danno conseguente all’inadempimento medesimo.

Per effetto della presentazione alla stazione appaltante, da parte di Servicedent srl, della dichiarazione prevista dall’allegato 3 al disciplinare di gara, è sorto tra le parti un vincolo negoziale, avente il contenuto tipico della clausola penale, che, nel caso di specie, inerisce sia alla procedura di gara e ai comportamenti serbati durante il suo svolgimento, sia alla fase di esecuzione dell’appalto, ossia ai comportamenti realizzati in sede propriamente esecutiva.

Indipendentemente dal momento in cui sono tenuti i comportamenti espressivi, secondo la stazione appaltante, dell’inadempimento all’obbligazione di comportarsi secondo buona fede, resta fermo che l’amministrazione, nel momento in cui chiede la corresponsione della penale, fa valere una pretesa di natura negoziale e risarcitoria, non riconducibile all’esercizio di un ipotetico potere sanzionatorio.

La natura negoziale della clausola e la circostanza che la sua attivazione sia subordinata, per lo meno nella prospettazione dell’amministrazione, all’inadempimento di una specifica obbligazione patrimoniale evidenziano che ad essa sono sottese posizioni di diritto soggettivo, estranee alla procedura di gara in senso proprio.

Non solo, il presupposto di attivazione della clausola è la maturazione di un danno a carico dell’amministrazione in conseguenza di un inadempimento, sicché la pretesa patrimoniale dell’amministrazione non è neppure indirettamente collegabile all’esercizio di un potere autoritativo.

Una volta chiarita la natura privatistica sia della clausola esaminata, sia della richiesta di pagamento della penale, contestata con il presente ricorso, è agevole evidenziare l’estraneità della relativa controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista, in materia di appalti pubblici, dall’art. 133 lett. e) cpa.

E’ noto che la ratio della previsione legale di materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, a tutela, quindi, di posizioni di diritto soggettivo e di interesse legittimo, consiste, secondo il vigente art. 103, primo comma, Cost., nel fatto che si tratta di materie in cui, pur essendo coinvolte posizioni soggettive di diversa natura, l’amministrazione agisce “come autorità”, in quanto titolare di potere autoritativo, mentre resta del tutto irrilevante il mero coinvolgimento di un’amministrazione nella fattispecie concreta e nel relativo giudizio, così come il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia (cfr. Corte Costituzionale, 06 luglio 2004, n. 204; Corte Costituzionale, 11 maggio 2006, n. 191).

Quindi, la giurisdizione esclusiva non si estende alle controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita - nemmeno mediatamente e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - un pubblico potere.

Questa è la situazione riferibile al caso di specie, in quanto l’amministrazione nel momento in cui fa valere la pretesa risarcitoria, chiedendo l’importo previsto dalla clausola penale, non esercita un potere amministrativo, ma attiva una prerogativa privatistica, come tale sottratta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Si badi, il Tribunale è consapevole del fatto che la clausola penale è configurata da un provvedimento amministrativo, ossia il disciplinare di gara, ma ciò non muta la natura della pretesa e la sua correlazione ad una posizione paritetica di diritto privato, tanto che lo stesso disciplinare richiede la presentazione della dichiarazione prevista dall’allegato 3, che integra una manifestazione di volontà di adesione al vincolo negoziale, in cui si sostanzia la penale medesima.

Vale precisare, in via di ulteriore specificazione, che resta aperto il problema della legittimità di una simile clausola inserita in un disciplinare di gara, come elemento dell’offerta, problema sotteso, nel caso in esame, all’impugnazione della lex specialis, ma non esaminabile in concreto stante l’inammissibilità di tale impugnazione, secondo quanto già evidenziato.

In definitiva, quindi, l’atto con il quale l’amministrazione ha chiesto il pagamento della penale è espressione di una pretesa di natura solo privatistica e correlata ad un fatto di inadempimento di una specifica obbligazione gravante sul concorrente, sicché la relativa controversia è sottratta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, innanzi al quale la domanda potrà essere riproposta ex art. 11 c.p.a..

3) In conclusione, il ricorso è inammissibile, per carenza di interesse, nella parte relativa all’impugnazione del bando e del disciplinare di gara, mentre è inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, nella parte relativa alla contestazione dell’atto con cui la stazione appaltante ha preteso il pagamento della penale.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando:

1)     dichiara inammissibile, per difetto di giurisdizione, il ricorso nella parte relativa all’impugnazione dell’atto prot. 6356, datato 4 aprile 2016, adottato da ASST Nord Milano e avente ad oggetto “Servizio di assistenza specialistica in odontoiatria; applicazione della penale” ed individua, ex art. 11 c.p.a., nel giudice ordinario l’autorità giurisdizionale cui spetta la cognizione della controversia;

2)     dichiara inammissibile il ricorso nella parte relativa all’impugnazione del bando e del disciplinare di gara;

3)     condanna Servicedent Srl, al pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente, liquidandole in euro 2.000,00 (duemila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Gabbricci, Presidente

Mauro Gatti, Consigliere

Fabrizio Fornataro, Consigliere, Estensore

 

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento merita di essere segnalata perché affronta da uno specifico angolo visuale - quello dell’ammissibilità in rito -  un tema di particolare delicatezza ed attualità: la violazione da parte dei concorrenti alle pubbliche gare dei generali doveri di correttezza e buona fede e l’individuazione degli strumenti di cui le stazioni appaltanti dispongono per contrastarla.

Si tratta di una questione che, com’è noto, rileva sia nella fase della partecipazione alla procedure di gara (nel cui contesto la condotta scorretta o in malafede può assumere, tra l’altro, la veste dell’“illecito professionale” previsto dall’articolo 80, comma 5, lett. “c” del D.lgs. 50/2016); sia nell’ambito della fase esecutiva della commessa.

Peraltro, non vi è dubbio che a seconda dei “momenti” dell’appalto (in gara o in fase esecutiva) saranno diversi il peso e l’incidenza dei comportamenti tenuti dal privato.

Mentre infatti il D.lgs. 50/2016 ha elencato – pur senza pretese di completezza – le tipologie di “illecito professionale” suscettibili di determinare l’esclusione del concorrente che se ne sia reso responsabile, il “ventaglio” delle possibili violazioni ai doveri di correttezza e buona fede che possono concretarsi dopo la gara e durante l’esecuzione di un appalto si presenta ben più ampio ed indeterminato.

È in questo contesto che si colloca il sempre più frequente impiego, da parte di molte stazioni appaltanti, dell’inserzione nella lex specialis di gara di clausole penali che - anziché essere abbinate a specifici inadempimenti contrattuali, ovvero a ritardi nello svolgimento di determinate attività dell’appalto a cui accedono - sono poste a tutela (secondo una logica deterrente) del rispetto da parte dell’appaltatore dei canoni generali della correttezza, della lealtà e  della buona fede contrattuale.

Senonché, è proprio sotto tale profilo che le legittimità di simili clausole desta perplessità.

È evidente, infatti, che imporre una penale pari al 10% del valore di un appalto per ogni violazione in fase esecutiva dei doveri di correttezza, ovvero – come nella clausola esaminata dal TAR Lombardia – per ogni condotta idonea “a turbare …  la corretta ed utile esecuzione del contratto” rischia, per la genericità del contenuto precettivo della clausola stessa, di rimettere esclusivamente alle valutazioni della stazione appaltante (o, per ipotesi, al suo arbitrio) l’individuazione dei casi in cui la penale sarà dovuta.

Diverso è invece il caso in cui i comportamenti scorretti o sleali tenuti dal privato abbiano negativamente inciso sulla regolare espletamento delle operazioni di gara.

In questa eventualità, infatti, l’applicazione di una penale sarebbe presumibilmente destinata ad aggiungersi all’adozione, a seconda dei casi:

·         di un provvedimento di espulsione dalla procedura determinato - ai sensi dell’articolo 80, comma 5, lett. c) del D.lgs. 50/2016 - dall’aver tentato di “influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante…”; o dall’aver cercato “di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio”; ovvero – ancora - dall’aver fornito, “anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione” anche omettendo “le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”;

·         oppure di un provvedimento di risoluzione del contratto d’appalto (o di decadenza dall’aggiudicazione), stante la sopravvenuta accertata carenza dei requisiti generali dell’aggiudicatario (Cons. Stato, Ad. Plen. 4 maggio 2012, n. 8).

Un problema, semmai, potrà porsi laddove all’adozione del provvedimento di esclusione (o di risoluzione) si accompagni sia l’applicazione della penale, sia l’escussione della cauzione provvisoria o definitiva; in simili ipotesi, infatti, si concreterebbe un “cumulo” di penali a carico del concorrente escluso che pare estraneo all’ordinamento di settore.